Prologo

 

Un buio intenso ad abbracciare nel freddo il suo corpo nudo. Dentro di se solo solitudine mentre la sua anima eterea vagava in uno statico silenzio. Raphael aprì lentamente gli occhi e quello che gli si presentò d’avanti furono solo milioni e milioni di stelle buttate lì senza un senso logico, come se un pennello avesse macchiato di bianco una tela completamente nera. Non ricordava molto di ciò che era accaduto prima che chiudesse gli occhi. Non sapeva nemmeno da quanto tempo stesse dormendo. E se stesse veramente dormendo. Sentì del vento gelido circondargli ogni arto e l’aria congelargli i polmoni. Respirava a fatica, portandosi una mano al cuore che batteva senza regolarità. Dov’era? Cosa ci faceva in un luogo così irreale? Che fosse tutto frutto della sua mente? Un’altra folata di vento lo convinse che tutto questo era tremendamente reale. Non riusciva a capire. L’unica cosa che percepiva era un’immensa tristezza dentro di se. Sentiva il suo animo congelato da una forza che non riusciva a scacciare. La sua mente non riusciva a comprendere quello stato. Nudo, infreddolito, con l’animo intriso di ghiaccio e la mente completamente distante dalla realtà; m ala sua razionalità lo costringeva a tenere gli occhi aperti e cercare di capire.

Intorno a lui tutto si stava lentamente muovendo. Era un movimento impercettibile, ma dopo qualche minuto parso eterno tutto quel piccolo universo aveva mutato posizione. Una stella, se così si potevano definire, lo colpì piano sulla spalla destra, e la pelle in quel punto cominciò a bruciare con violenza. R si rese conto che non erano quei fuochi a spostarsi, era lui che stava lentamente cadendo, verso cosa non lo sapeva.

Raphael…

Una voce dolce, lontana e molto flebile lo chiamò con calma e tristezza.

Raphael…

Raphael si guardò intorno, ma l’unica cosa che vide fu solo vuoto e buio. E stelle, troppe stelle.

Nel voltarsi si rigirò su se stesso e i capelli biondi gli coprirono gli occhi senza permettergli di vedere con esattezza cosa avesse davanti. Un’ombra alata gli si presentò innanzi. Era piccola, ma il movimento ritmico delle ali la faceva sembrare imponente. Allungò una mano per avvicinare quella creatura a se e vederla meglio, ma questa lo colpì con forza. Una piuma nera sfiorò il volto di Rapahel che osservava attentamente questa figura.

Si dice che quando le persona muoiono un corvo scorta le loro anime nel regno dei morti…

Un voce di bambina, morbida, rassicurante. Le ali del corvo si richiusero e l’uccello si posò sulla spalla ferita.

“Sono morto…?” la voce dell’angelo era quasi impercettibile tanto era bassa, e già questo gli era costato enorme fatica. Ma in essa si era sentita tanta tristezza.

No, tu non sei un essere umano… lo dimostra il fatto che hai ancora un corpo…

“Queste non sono stelle vero?”

Infatti sono anime…

Il ragazzo si guardò in giro. La sua testa si muoveva a scatti, tutto il suo corpo era anchilosato e una strana sensazione di paura si era insinuata a forza nel suo cuore. Gli occhi incerti scrutavano nel buio.

“Dove sono?”

Sei all’entrata dell’Hades, ma non sei qui per essere giudicato…

Il corvo riprese a volteggiare intorno alla testa di Rapahel, che cominciava a pulsare e a far male: la pressione stava cambiando, si stava avvicinando a qualcosa.

Tu devi superare una prova…

“Una prova?…”

Se la supererai potrai vivere ancora per un po’, altrimenti qui finirà il viaggio della tua vita Raphael, Arcangelo dell’aria…

“Ma questo è un sogno?”

il corvo non rispose, continuò a volare

“Questo è un sogno, io non posso essere morto…” un risolino nervoso raggiunse le sue labbra. Stava per essere colto da un attacco nervoso. Quella situazione era assurda, quelle “stelle” erano assurde, lui era assurdo…

Ora il suo corpo era immobile, nulla si muoveva.

“Ho smesso di cadere…?”

No Raphael, è da qui che comincia la tua prova…

“Cosa?”

e di colpo la caduta riprese, più veloce e angosciante. Ma nessuna terra in vista.

Rapahel precipitava tra nuvole e nebbie grigiastre. Si coprì il volto con le mani, per proteggere gli occhi dalle polveri che li scalfivano.

Chiuse gli occhi e non pensò a niente. Lui era un angelo, non poteva farsi sconfiggere dalle altezze. Lui poi, l’Arcangelo dell’aria. Concentrò la sua energia sulla schiena, per far apparire le sue ali. Ma con sgomento si accorse che esse non rispondevano ai suoi comandi.

Di sorpresa qualcosa lo colpì in fronte.

No Rapahel, non si bara…

“Barare? Dimmi come posso fermarmi se non posso aprire le ali!!”

Vola, ma senza di esse…

“E come faccio??” cominciava ad avere seriamente paura. Abbassò lo sguardo verso il basso: le nuvole si erano diradate e la terra aspra dell’Hades ora appariva nitida davanti ai suoi occhi. Riusciva a distinguerne ogni minimo particolare, ogni anima dannata che calpestasse quel suolo lui riusciva a scorgerla.

“No, questo è un sogno, mi sveglierò prima di toccare il suolo…”

Tu dici?

“Sì, io non posso volare senza ali e questo è solo un sogno…”

Ti stai arrendendo? Allora puoi anche morire, non sei degno di vivere…

Degno di vivere? Cosa voleva dire essere degni di vivere? Poi subito una domanda: perché doveva morire? Richiuse gli occhi e rivide immagini confuse nella sua mente. Fotografie di ricordi che aveva impresso nella memoria e aveva perso senza accorgersene. Rivide Sara, o meglio il suo copro privo di vita e si ricordò di essersi innamorato di quel umana. Rivide i suoi occhi che lo abbattevano ogni volta che la guardava. Rivide il salvatore, ucciso dalla rabbia quando vide l’anello di sua sorella nelle sue mani. Rivide Michael che lo colpiva in volto e lo risvegliava da quella pazzia. Risentì le sue parole Io sarò sempre con te…

Rivide Barbiel, il suo copro lacerato e il dolore che aveva attanagliato la sua anima nel momento in cui quel corpo era caduto ai suoi piedi. Rapahel ricordava, ricordava perfettamente quando per salvarla fece appello a tutte le sue forze e compì la sua ultima guarigione.

Inconsapevolmente stava piangendo. Tutte le persone che aveva lasciato là, nel mondo in cui viveva. Sì, doveva… doveva riprendere un litigio lasciato in sospeso… doveva sapere come fosse finita quella guerra… doveva sostenere Michael, che senza di lui era perso… e poi doveva dire ad una donna che l’Arcangelo dell’aria era uno stupido…

“Io… voglio…”

il corvo si avvicinò alla sua bocca e beccò il labbro inferiore dal quale cominciò a uscire sangue.

Il suo sapore aspro fu come un fuoco che risvegliò del tutto l’anima di Raphael.

Dillo, gridalo, che tutto l’Hades ti senta…

“IO VOGLIO VIVERE!!!”

la caduta rallentò ma non si arrestò. Tuttavia il suo cuore era libero da ogni paura, poiché era stata scacciata dalla verità di avere persone che non lo avrebbero mai abbandonato, ne nella morte ne nella vita…

Ma la terra si avvicinava ancora e Raphael non sapeva cosa fare.

Non vacillare, credi fermamente nel tuo desiderio di vita…

Ormai la terra era troppo vicina, non avrebbe mai fatto in tempo ad arrestarsi.

Ti ho detto di non cedere… non lasciare che la paura porti via la tua speranza… fallo per le persone che ami e che ti amano… fallo per te stesso… devi credere fermamente nella tua vita, perché oltre la morte non si può rimediare ai propri errori, mentre da vivi… da vivi si è sempre in tempo a chiedere scusa o a dire ti amo…

“RAPHAEEEEEEEL!!!!!!!”

Un grido lontano, una voce roca rotta da singhiozzi che non volevano essere uditi. Il suolo con la sua promessa di morte certa ormai a pochi metri di distanza.

All’improvviso il corpo si ferma e il braccio sinistro tira tutti i muscoli: qualcosa l’ha afferrato. Una figura senza volto, della quale Raphael riconosce solo la mano tesa a tenere la sua. Con l’altra mano si aggrappa con ancora più forza a questa nuova ancora di salvezza.

“Raphael, devi rimanere con noi…” la voce si fece risentire distante. E Raphael tirò un sospiro di sollievo.

 

“STUPIDO!!! STUPIDO STUPIDO STUPIDO E STUPIDO!!!”

il ragazzo tirava pugni al vetro che proteggeva il corpo di Raphael, insultandolo, imprecandogli contro. La macchina che controllava le sue funzioni vitali aveva ricominciato a trasmettere strani suoni. Michael non sapeva minimamente cosa significava ognuno di essi, ma una cosa era certa: il cuore di Raphael aveva ripreso a battere. Era la quarta volta nel giro di un mese che correvano il rischio di perderlo e per lui questo stava diventando troppo da sopportare. Era da quattro notti che non dormiva, non mangiava e soprattutto non si sfogava su nessuno. Michael non aveva più la forza di reagire. Era rimasto solo, completamente solo. Non sapeva più dove sbattere la testa.

Appoggiò la fronte al vetro freddo di quella bara irreale.

“Non azzardarti a morire… non ci pensare minimamente… è un lusso che io non ti concederò, chiaro Raphael?”

il respiro irregolare per via delle sue urla, dei suoi colpi al vetro, tirati nella speranza di farsi sentire, e soprattutto della paura intensa che aveva provato.

“Michael, va tutto bene… è ancora vivo…”

Barbiel gli appoggiò le mani sulle spalle, nel tentativo di consolarlo. Ma quale angelo potrebbe consolare le fiamme di Dio, che ora imploravano pietà per la propria anima dannata.

“Non mi toccare…”

il vetro si appannava ad ogni tocco del respiro del ragazzo, rendendogli ancora più difficile la visione del suo unico vero amico. Sentì gli occhi bruciare ma non poteva permetterselo, non lì, dinnanzi alla donna che Raphael ama. Farsi vedere senza speranza da lei, piangendo come un bambino, avrebbe solo rotto anche la sua anima.

Michael si voltò verso la donna. Era rimasto solo un medico a segnare gli ultimi dati. La macchina reagiva ad ogni movimento del corpo di Raphael. Il ragazzo scrutò negli occhi di Barbiel e vi lesse le sue stesse paure. Si rivolse al medico.

“Possiamo toccarlo?”

Barbiel si portò una mano alla bocca tentando di trattenere le lacrime. Il medico rimase sorpreso. “Prego?”

“T’ho chiesto se possiamo toccarlo.”

L’uomo passò lo sguardo dall’Arcangelo alla ragazza, per poi tornare a fissare gli occhi del rosso.

“Allora?” la voce di Michael si faceva spazientita.

“N-Non saprei, io non sono il responsabile, se poi accadesse qualcosa mentre apriamo la…”
”Possiamo almeno parlargli?”

“Beh, è un vegetale praticamente, non so se vi sentirà…”

“Non t’ho chiesto se ci sentirà, c’è un modo per parlargli?”

il medico tirò un lungo sospiro, poi si voltò verso la macchina e premette un paio di volte un pulsante sulla destra. Sul vetro, all’altezza della testa, si aprì una piccola fessura con una retina sottile. Dopodiché raccolse le cartelle e uscì dalla sala,

Barbiel lanciò un gridolino di gioia mentre Michael, osservandola, sorrise. Poi il suo sguardo tornò serio, si avvicinò alla retina e gridò con tutta la sua forza

“DEFICIENTEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!! TI SEMBRA IL MODO DI COMPORTARTI? PRIMA SALVI UAN DONNA E POI L’ABBANDONI?? NON È DA TE… NON È DA TE ASSOLUTAMENTE! QUESTO È L’ULTIMATUM R: O TI RISVEGLI ENTRO UN TEMPO RAGIONEVOLE OPPURE TI VENGO A PRENDERE IO OVUNQUE TU SIA!!!”

e una lacrima bagnò il dragone che volava fiero sul suo corpo.

Subito Michael la cancellò con un gesto secco, poi a capo chino ringraziò e lasciò Barbiel da sola con il suo amore. Le frasi zuccherose che sarebbero seguite non aveva il diritto di udirle e sapeva già che alla terza parola avrebbe vomitato preda di un attacco di diabete.

Camminando nei corridoi del palazzo sentiva i suoi passi risuonare all’infinito. Rimase ad ascoltarli: quel eco non terminava mai, e nessuno sarebbe giunto a fermarli. Solo… che parola strana. Essere “soli”… pensava di saper bene cosa volesse dire. Pensava di conoscere a fondo il significato malinconico di queste parole. Ma allora perché, se ci era abituato, ora la sua solitudine lo stava schiacciando?

Dodici anni, dodici anni erano passati, ma Raphael non dava segno di volersi risvegliare. Questo era strano: il dempo massimo necessario doveva essere dieci anni, poco di più forse. E invece quel cretino era ancora lì, sdraiato in quella falsa bara, con delle macchine che lo nutrivano e gli permettevano di respirare. Tutto questo a Michael faceva paura. Non lo avrebbe mai ammesso, non agli altri. Ma a se stesso lo stava ripetendo incessantemente: e se morisse? E se tutti i nostri sforzi si dissolvessero in una nuvola di fumo? D scatto si mise a correre a casaccio nei corridoi, come se un fulmine l’avesse appena colpito. Il rumore dei suoi passi era angosciante, dacché sembrava che altre persone fossero lì a camminare con lui in quel corridoio lungo. Mentre così non era. Il dragone fu bagnato nuovamente e nuovamente Michael cancellò la lacrima che non doveva cadere. Ma subito ne seguì un’altra, poi un’altra ancora. Gli occhi bruciavano e le lacrime evaporavano al tocco della sua pelle dalla temperatura più elevata rispetto agli altri angeli. Ma il diventare aria non la spaventava, e inesorabili continuavano a scendere. E d’un tratto Michael si rese conto che stava piangendo incessantemente, mentre correndo si dirigeva nell’unico posto in cui nessuno sarebbe venuto a cercarlo, ma dove, immobile, qualcuno lo stava inconsapevolmente aspettando: il giardino dell’acqua.

 

La mano stringeva forte il suo polso destro, mentre anche lui cercava di tirarsi su, facendo leva con le braccia. Chissà chi era che aveva fermato la sua caduta. Raphael fantasticava su questo, anche se sapeva perfettamente che una simile opera poteva compierla solo la persona più pura che lui conosceva.

Raphael…

Nuovamente il corvo si presentava d’innanzi a lui.

“Grazie”

Non mi devi ringraziare, almeno non me…

Raphael parve sorpreso.

Ricorda Raphael, non lasciare mai questa mano…

Il corvo prese le sembianze di un donna, seduta su una sedia antica, con le lunge gambe bianche accavallate per nascondere la propria nudità. Un mantello nero, che si confondeva con il buio del cielo, le cingeva le spalle e ricadeva ai suoi fianchi come fosse un paio di ali. Del suo volto si distinguevano solo la bocca e il mento, il resto era nascosto da un cappello scuro con una retina nera, squisitamente ricamata. Stava sorridendo, mentre tra le dita teneva un lungo bocchino nero. Un sorriso ironico e crudele, freddo. Raphael rabbrividì, mentre la sua presa cominciava a scivolare.

Non devi lasciarla mai… rise.

La presa cedette…

E il suo corpo precipitò nelle tenebre…