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+STORIA DEL VISUAL KEI+
di Eleonora Galli per Djibril ^_^

 

Quello del visual kei è un fenomeno esclusivamente giapponese. Il movimento (“kei” in giapponese) visual nasce a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, prendendo le mosse soprattutto dal punk, ma in minor misura anche dal glam rock, e che probabilmente ha subito anche le remote influenze del tradizionale teatro kabuki (il quale prevede la presenza di attori maschi che rivestono anche ruoli femminili). Il risultato è uno stile che coinvolge la moda e la musica giapponese moderna, ma che non è comunque facile da inquadrare proprio per la quantità di elementi che hanno contribuito alla sua nascita. Se diamo un’occhiata alle varie rock band giapponesi che hanno adottato questo stile, non possiamo fare a meno di notare le acconciature stravaganti e spesso coloratissime, il trucco pesante, l’apparenza androgina, e le mises provocatorie dei musicisti, caratterizzate dalla presenza ricorrente di tessuti quali pizzo e pelle, e di elementi metallici: piercing, cinghie, borchie e quant’altro. Il look in sè non è, ripetiamo, di facile catalogazione, in quanto può spaziare dal mondo colorato e luccicante del glam, ai canoni decisamente opposti del gotico.

 
L’elemento visual kei può essere più o meno presente nel look di un artista: ci sono gruppi che vengono considerati non “abbastanza” visual, come i  Sophia, Kuroyume o Siam Shade (anche se non bisogna dimenticare che, in  Giappone, il solo fatto di tingersi i capelli è gia di per sè un segno di ribellione); ed altri gruppi che invece ne sono la migliore espressione: primi fra tutti i Malice Mizer, ma anche i Dir En Grey, Syndrome, La’Mule, Raphael, o primi X Japan e Luna Sea.
Spesso però l’adozione dello stile visual da parte di una band subisce l’influenza del tempo che passa, o delle sorti della band stessa: nel primo caso, generalmente succede che, col trascorrere del tempo, i musicisti sentano l’esigenza di apparire meno provocatori, o di fare una musica più calma, ben lontana dal sound duro e pesante degli esordi. Per questo abbiamo alcune band come gli X Japan, i Luna Sea, i Rouage, che hanno esordito all’insegna del  visual kei, per poi successivamente abbandonarlo, sia pure in maniera totale o parziale.


Nel secondo caso, bisogna invece precisare un fatto importante: la stragrande maggioranza delle visual band giapponesi, prima di diventare famose, muovono i primi passi nella scena indipendente, suonando per etichette minori o esibendosi nelle varie “live house”. Può succedere allora che, nel momento in cui uno di questi gruppi passa ad un’etichetta major, il visual kei venga abbandonato, magari per imposizione della major stessa. Anche qui però ci sono le dovute eccezioni, come nel caso degli Shazna, che al contrario, hanno adottato il visual proprio quando passavano al professionismo, oppure i Glay, che nel tempo si sono discostati dal loro debutto piuttosto “classico”.

 
Comunque, ciò che è veramente arduo e difficile da definire, nel contesto del visual kei, è proprio il limite dei generi musicali: ce n’è praticamente per tutti i gusti. Il panorama musicale contemplato dal visual kei spazia dal punk all’hard rock, al pop, al trip-hop fino ad altri generi più o meno definiti. Lo stile del vestiario, come accennato sopra, può cambiare notevolmente a seconda del gusto personale dei musicisti, e talvolta può essere in contrasto con la musica suonata.

 
Ma è anche molto significativo che il visual look non coinvolga solo i gruppi musicali, ma anche i loro fans. I giovani giapponesi sono famosi proprio per l’importanza data al modo di vestire, e per gli innumerevoli clan giovanili che negli anni si sono formati, e che facevano del look il loro principale segno distintivo: dai fifties, new wave e bodi-kon, fino alle più attuali kogyaru e gothic lolita.
E sono proprio le ragazze “gothic lolita” la più interessante manifestazione del fandom visual. Questo look può essere a prima vista etichettato come “gotico”, ma in realtà il gotico giapponese somiglia ben poco a quello occidentale. Lo stile “gothic lolita” si rifà espressamente al look di certe band musicali che richiama, in effetti, atmosfere di altri tempi: i più famosi esempi di questo stile sono Mana, chitarrista dei Malice Mizer, o Kengo dei Noir Fleurir. Lo stesso Mana è anche titolare della Moi Meme Moitier, una delle più famose marche produttrici di abiti e accessori in stile “goth loli”.
Altre etichette famose sono: Devil, Pretty, Baby The Stars Shine Bright, Victorian Maiden, Metamorphose Temps De Fille, ecc.
Anche il gothic lolita, che viene in genere adottato dalla fascia delle ragazzine più giovani, può subire la contaminazione di altri elementi, provenienti dal punk, o dal kitsch con l’uso di paillettes, spille da balia, balze, svolazzi e quant’altro, dando vita a delle combinazioni personalissime. Per finire, esiste anche un gotico più adulto ed “estetico”, supportato da firme come h.NAOTO, Na+H, Alice Auaa, Atelier Pierrot, ed altre ancora. E’ uno stile più raffinato, bello esteticamente, meno confusionario e più vicino ai canoni del gotico tradizionale occidentale.


N.B.: Le foto a corredo di questo articolo stono state prese dal sito internet:

 http://www.yumemiru.info