dr. med. Cosimo Savoia

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SOMMARIO

1 - RUOLI DELL’ALIMENTAZIONE

Coprire i fabbisogni energetici tramite:

Il metabolismo basale

La termogenesi

Determinazione dei fabbisogni energetici

Coprire i fabbisogni di sostanze nutritive, quali gli aminoacidi, gli acidi grassi, le vitamine e sali minerali               

Valutazione dello stato nutrizionale della persona anziana

2 - ASPETTI NON FISIOLOGICI LEGATI ALL’ALIMENTAZIONE

3 - L’EQUILIBRIO ALIMENTARE

Equilibrio alimentare quantitativo

Equilibrio alimentare qualitativo:

Frequenze di consumo quotidiane         

4 - DESCRIZIONE DEl DIFFERENTI TIPI D’ALIMENTAZIONE

Alimentazione di tipo A

Alimentazione di tipo B

5 - ALIMENTAZIONE IPOENERGETICA 0 PER IL MANTENIMENTO DEL PESO

II sovrappeso e l’obesità

Definizione         

Le cause             

Cinetica della perdita e della ripresa ponderale           

Caratteristiche  

6 - ALIMENTAZIONE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Alimentazione per ridurre il tasso di colesterolo

Obiettivi             

Caratteristiche dell’alimentazione           

Alimentazione per la riduzione dei trigliceridi          

7 - ALIMENTAZIONE DIABETICA

Gli obiettivi

Basi del trattamento       

Caratteristiche dell’alimentazione diabetica

L’indice glicemico degli alimenti       

Coprire i fabbisogni energetici tramite

I glucidi (carboidrati) il cui valore energetico è di 4 kcal per grammo.

I lipidi (grassi) il cui valore energetico è di 9 kcal per grammo.

Le proteine il cui valore energetico è di 4 kcal per grammo.

 

La spesa energetica quotidiana si compone:

dal metabolismo basale (MB).
dalla termogenesi
dall’attività fisica.

 

il metabolismo basale

 

Definizione: è la spesa energetica misurata in un soggetto a riposo completo e a digiuno da 12 ore.

Corrisponde al dispendio energetico legato alla respirazione, al battito cardiaco, e al metabolismo cellulare.

Il metabolismo basale dipende principalmente dalla massa magra di un individuo (tutti gli organi dell’organismo meno il tessuto adiposo), il quale varia in funzione:

del sesso. Generalmente le donne hanno una massa grassa (20 al 25 % del peso corporeo) superiore a quella degli uomini (10-15 %) siccome questi ultimi presentano una massa muscolare più sviluppata.
dell’età. Con gli anni la massa muscolare diminuisce mentre il tessuto adiposo aumenta. La spesa legata al metabolismo di base si riduce del 5% ogni decennio dai 30 ai 69 anni e del 10% ogni decennio dopo i 70 anni.
dalla predisposizione genetica a sviluppare del tessuto adiposo.
dal peso. Più il peso è elevato e più il metabolismo basale è importante, infatti, il soprappeso induce uno sviluppo notevole della massa muscolare delle gambe.
dall’altezza.

Il metabolismo basale si calcola secondo la formula di Harris e Benedict:

MB (kcal): donne: [66 + (13,7 x Peso (kg) + (5 x Altezza (cm) (6,8 x età)]

MB (kcal) uomini: [655 + (9,6 x Peso (kg) + (1,7 x Altezza (cm) (4,7 x età)]

Genericamente il metabolismo basale è stimato a 1650 kcal per gli uomini e a 1300 kcal per le donne.

La termogenesi

La termogenesi è suddivisa in due elementi:

obbligatoria: che corrisponde alla spesa energetica necessaria alla digestione, al metabolismo degli alimenti e alla messa in riserva dei nutrimenti

facoltativa: la quale permette di dissipare sotto forma di calore una parte dell’energia ingerita.

L’attività fisica

La spesa energetica legata all’attività fisica è stata tradotta in fattori di moltiplicazione del MB, oppure misurata per ogni differente attività che occorre poi aggiungere al MB.

Per esempio per un’attività sedentaria il fattore di moltiplicazione è di 1,2 mentre per giocare una partita a tennis, in singolo necessitano 800 kcal/ora.

Determinazione dei fabbisogni energetici

1° metodo.

Si può determinare il MB con la formula di Harris e Benedict e moltiplicarne il risultato con un fattore d’attività e di tempo.

Esempio

Attività sedentaria: MB/24 x 1,2 x tempo

Faccende domestiche: MB/24 x 2,7 x tempo

Attività sportiva media: MB124 x 4 x tempo

2° metodo

Si può anche semplificare l’operazione utilizzando il metodo proposto dall’OMS, il quale consiste nel moltiplicare il peso dell’individuo per:

25-30 kcal per kg quando l’attività è leggera

30-35 kcal per kg quando l’attività è moderata

35-40 kcal per kg quando l’attività è elevata

Quando il peso non si situa nella forchetta del “peso ideale” (PI), si sceglie come peso di riferimento la media tra il PI e il peso osservato. Poiché scegliendo unicamente il peso osservato o al contrario il PI i fabbisogni risulteranno insufficienti quando il peso osservato è inferiore al peso ideale oppure eccessivi quando il peso osservato è superiore al PI.

Nell’ambiente ospedaliero le raccomandazioni sono:

per le donne: 20-25 kcal/kg

per gli uomini: 25-30 kcal/kg

A questo valore si devono però aggiungere i fabbisogni in proteine che sono di 1,2-1,5 g di proteine per kg, a dipendenza della patologia e dello stato nutrizionale del paziente. L’apporto in proteine non è preso in considerazione come sorgente d’energia perché questi elementi devono essere utilizzati per la rigenerazione, o la sintesi proteica.

Coprire i fabbisogni in sostanze nutritive, quali gli aminoacidi, gli acidi grassi, le vitamine e sali minerali.

Gli aminoacidi sono gli elementi costitutivi di tutte le proteine d’origine animale e vegetale. Le proteine alimentari sono scisse dall’organismo in aminoacidi per formare le nuove proteine che costituiranno per esempio le fibre muscolari, gli elementi del sistema immunitario, oppure gli enzimi.

L’apporto in proteine deve essere sufficiente e di buona qualità (d’origine animale o secondo la complementarità tra vegetali) affinché i fabbisogni in aminoacidi essenziali siano coperti (infatti, 8 sui 20 aminoacidi disponibili non possono essere sintetizzati dall’organismo umano e sono detti,perciò, essenziali).

Gli aminoacidi essenziali sono i seguenti:

isoleucina, leucina, lisina, triptofano, metionina, fenilalanina, treonina, valina.

Un altro tipo di nutrimenti indispensabili per l’organismo sono gli acidi grassi essenziali quali:

acido linoleico

acido a-linolenico

I ruoli di questi elementi sono molteplici e tutti molto importanti.

essi fanno parte delle membrane cellulari e permettono l’espressione della specificità cellulare grazie ai fosfolipidi.

sono i precursori per la formazione dell’acido arachidonico il quale gioca un ruolo predominante nella formazione delle prostaglandine

influiscono sulla lipemia

In generale, un’alimentazione variata permette di soddisfare tutti i fabbisogni dell’organismo anche se presso alcune “categorie” della popolazione (giovanissimi, persone anziane, persone sofferenti di malattie croniche o ancora le persone maniache della “linea”) l’alimentazione é estremamente ridotta o squilibrata tale da poter generare delle carenze nutrizionali

Valutazione dello stato nutrizionale della persona anziana.

La valutazione dello stato di nutrizione oltre a permettere di diagnosticare una malnutrizione già esistente aiuta ad individuare le persone “a rischio” e quindi di prevenire l’insorgere di una malnutrizione. Effettivamente, la malnutrizione proteino-energetica (MPE) tra la popolazione anziana è più frequente di quanto s’immagini, essa è riscontrata:

dall’1 al 25% della popolazione anziana che vive ai proprio domicilio
nel 50-60% delle persone che entrano in ospedale nell’unità di medicina.
nel 80-85% dei pazienti con una frattura del collo del femore
nel 80% dei pazienti che presentano dei decubiti vi é carenza di Zn, che è una conseguenza diretta della MPE.

Cause della MPE

malattie croniche (insufficienza renale e respiratoria, BPCO) o patologie che influiscono sullo stato nutrizionale (tumori, infezioni, chirurgia delle vie digestive), poiché causano aumento del catabolismo e/o deficit di assorbimento dei nutrimenti;
riduzione delle capacità d’assorbimento intestinale e di sintesi cellulare;
perdita dell’appetito, anoressia;

Gli individui più a rischio sono spesso le persone anziane poiché presentano uno o più di questi fattori.

Conseguenze della MPE:

peggioramento delle malattie già esistenti;
aumento del rischio di mortalità;
aumento dei giorni di degenza ospedaliera;
riduzione della qualità della vita.

Soluzione:

valutazione dello stato nutrizionale (indici antropometrici, apporto alimentare), valutazione sociale complessiva;
alimentazione iper-energetica e iperproteica (alimentazione frazionata, apporto energetico elevato in piccoli volumi, integratori alimentari).

Alcuni dei fabbisogni alimentari per le persone anziane:

Energia: 1800 kcal minimo; Proteine: 1 g/kg di peso minimo, ideale 1,2 - 1,5 g/kg di peso; Calcio: 1200 mg;                Mg: 420 mg.

Calcolo dei fabbisogni in energia alla presenza di una MPE:

I fabbisogni energetici si ottengono con il calcolo del MB (formula di Harris e Benedict) scegliendo il peso di riferimento teorico. In seguito si aggiunge al MB il 30% per la rinutrizione, e il 10% per un’attività fisica molto leggera.

I fabbisogni in proteine si situano tra 1,2 e 1,5 g /kg di peso di riferimento.

Instaurare una buona nutrizione richiede molta ENERGIA E TEMPO, la prevenzione della MPE é molto importante.

L’atto di alimentarsi non si può considerare unicamente come un bisogno fisiologico, ma racchiude degli altri aspetti cui una persona che può mangiare come lo desidera non pensa o gli considera come irrilevanti. Al contrario, per una persona che per varie ragioni deve rispettare un’alimentazione particolare, dei fattori non nutrizionali fanno in modo che mangiare diventi una “guerra dei nervi” costante.

Per esempio, alla domanda “qual è l’aspetto più difficile da mantenere nella sua alimentazione?”, un gruppo di persone adulte diabetiche insulino-dipendenti, ha risposto:

Non poter mangiare dei desserts zuccherati;

Non poter mangiare più pane;

Non potersi servire due volte;

Non poter “spiluccare” la sera davanti al televisore;

Dovermi trattenere dal mangiare durante le feste o gli inviti;

Sapere come limitare le quantità durante i pasti in comitiva;

Restare a tavola dopo aver mangiato.

La frustrazione, di non poter mangiare come e quanto gli altri oppure come se n’avrebbe voglia, traspare da quasi tutte le risposte.

Per questa ragione, confrontati ad una persona che necessita di una “dieta”, occorre prendere in considerazione anche gli aspetti non fisiologici che sono legati direttamente o indirettamente all’alimentazione.

L’alimentazione è un atto sociale e culturale e fa parte dei piaceri della vita;
Gli alimenti, soprattutto i dolci, sono spesso sinonimo di ricompensa e/o utilizzati come rimedio allo stress e alla noia;
Le tentazioni ostentate dall’industria sono innumerevoli;
Il ritmo della vita spesso impedisce di mettere in atto quello che uno vorrebbe o dovrebbe fare dal punto di vista alimentare.

Tutti questi fattori rendono difficile il mantenimento di un’alimentazione equilibrata e regolare da un giorno all’altro, per questa ragione i “fallimenti” sono numerosi. Il paziente, pertanto, va incoraggiato e sostenuto anche da un punto di vista sociale e psicologico se si vogliono ottenere dei buoni risultati.

L’equilibrio alimentare è da considerarsi secondo due aspetti complementari tra loro, infatti, un equilibrio qualitativo permette di ottenere in generale anche un equilibrio quantitativo.

Equilibrio alimentare quantitativo:

Equilibrio energetico

teorico: MB + la spesa legata all’attività fisica (30-45 Kcal x peso corporeo, secondo l’attività)

pratico: apporto energetico che mantiene il peso stabile nei pressi della forchetta del peso ideate (P1)

Copertura dei fabbisogni in proteine, vitamine, elettroliti e sali minerali.

variano durante le differenti fasi dello sviluppo (infanzia, età adulta, gravidanza, terza età)

al disotto di un apporto energetico di 1400 kcal la copertura dei fabbisogni dell’organismo sono difficilmente coperti

Equilibrio alimentare qualitativo

Un equilibrio qualitativo corrisponde a! consumo dei differenti generi alimentari secondo una determinata frequenza, quotidiana o settimanale, la quale permette di coprire tutti fabbisogni dell’organismo e mantenere le riserve corporee inalterate.

Frequenze di consumo quotidiane dei differenti gruppi d’alimenti per la persona adulta
Gruppi di alimenti
Frequenza

Proteine (pesce, carne, formaggio, legumi,affettati magri)

1-2 volte al giorno

Farinacei e cereali

3-4 volte al giorno

Latte e derivati

2-3 volte al giorno

Frutta o verdura cruda

Almeno 2 volte al giorno

Frutta o verdura cotta

1-2 volte al giorno

Apporto idrico

1-1,5 litri

Alimentazione di tipo A

Questo tipo corrisponde ad un’alimentazione equilibrata nelle quantità e nelle proporzioni delle elemento nutrizionali quali:

le proteine (circa il 15 % dell’apporto energetico totale AET),

i grassi (circa il 30 - 35 % dell’AET)

i glucidi (circa il 50 a 55 % dell’AET)

Il tasso energetico è compreso tra le 1800 e le 2000 kcal.

Particolarità:

Si tratta di un’alimentazione con un tasso d’acidi grassi saturi limitato;
L’apporto in fibre è elevato;
I metodi di cottura impiegati non alterano il valore nutritivo degli alimenti (senza fritture e cibi impanati);
I fabbisogni di vitamina C sono sicuramente coperti.

Alimentazione di tipo B

L’alimentazione di tipo B presenta le stesse caratteristiche dell’alimentazione di tipo A (circa il 15 % dell’AET in proteine, il 30-35 % dell’AET in lipidi e 50-55 % dell’AET in carboidrati).

L’apporto energetico è valutato anch’esso attorno alle 1800-2000 kcal.

La differenza è unicamente qualitativa e consiste nella selezione di alcuni alimenti.

Non esiste una classificazione precisa e univoca degli alimenti che possono essere proposti in quest’alimentazione. In effetti, la tolleranza digestiva é molto individuale e variabile in funzione delle condizioni di salute del paziente e del tipo di patologia.

Particolarità

Anche se a lungo termine, a causa del gran numero di alimenti proscritti, quest'alimentazione può diventare monotona, il tipo B è più digeribile poiché esente da:

fibre non idrolizzabili (cellulosa) contenute nei cereali integrali, nelle leguminose, negli oleosi e in tutti i tipi di cavoli;
alcuni alimenti e condimenti reputati irritanti per l’intestino quali per esempio, i funghi, il pepe, la senape;
alimenti dal gusto forte e persistente come aglio, cipolle, peperoni;
formaggi grassi;
alcune pasticcerie troppo grasse o alla crema.

Indicazioni: aerofagia, flatulenze, digestione lenta; diarree, affezioni pancreatiche ed epatiche in fase di remissione.

Controindicazioni: costipazione, presenza di diverticoli, diabete, alimentazione dimagrante, ipercolesterolemia.

Molto spesso, pazienti, per i quali è consigliata un'alimentazione ricca in fibre, presentano dei disturbi che richiedono un'alimentazione più leggera, per loro il parametro della migliore digeribilità è prioritario.

Riassumendo, la differenza tra l'alimentazione di tipo A e di tipo B è unicamente “qualitativa”. In altre parole cambiano alcuni alimenti (in generale il pane o le verdure) oppure le salse, però la quantità degli alimenti energetici resta uguale (carni, farinacei e materie grasse crude) cosicché l’apporto energetico totale è in generale identico tra i due tipi di alimentazione.

Esempio n° l:

a colazione o col piatto freddo un paziente con un'alimentazione A può ricevere del pane bianco o nero o alle noci, invece la persona che ha un’alimentazione B riceverà solo pane bianco.

Esempio n° 2

i pazienti con un’alimentazione di tipo B ricevono il risotto quando l’alimentazione di tipo A prevede un risotto ai funghi

Per ottenere una perdita di peso è necessario creare un bilancio energetico negativo. Questo è possibile aumentando la spesa energetica con dell’attività fisica oppure diminuire l’apporto energetico alimentare. Per mantenere il peso occorre ovviamente avere un Bilancio Energetico nullo il che è molto più difficile di quello che sembra. In generale un’alimentazione ipoenergetica è prescritta alle persone il cui peso è al di fuori dei limiti del peso ideale (P1) teorico determinato con la formula di Lorentz:

Peso ideale per una donna: [ Altezza (cm) - 100 - (altezza - 150) ] ± 10%

                                                                                          2,5

Peso ideale per un uomo:            [ Altezza (cm) - 100 - (altezza - 150) ] ± 10%

                                                                                                 4

Il sovrappeso e l’obesità

Definizione:

L’obesità è definita come un eccesso ponderale legato all’accumulo di tessuto adiposo, il cui grado è considerato in base all’indice di massa corporea (IMC) (o BMI= body mass index).

Questa relazione è valida per gli adulti dai 18-20 anni a ± 55 - 60 anni, poiché oltre quest’età, l’aumento moderato del tessuto adiposo, e dunque del peso, è fisiologico.

BMI=           peso (Kg)                     normale: 20-25    sovrappeso: 25-30    obesità I°: 30-35    obesità II°: 35-40   

            altezza X altezza (m)              obesità III°: 40>

Le cause dell’obesità sono multifattoriali:

predisposizione genetica allo sviluppo degli adipociti
una termogenesi facoltativa insufficiente
un’alterazione del metabolismo dei lipidi in quanto l’ossidazione dei lipidi è ridotta
problemi ormonali (2%)
la sedentarietà
alcuni medicamenti (cortisone,beta-bloccanti, anti-depressivi, etc.) possono aumentare il ristagno dei liquidi corporei e/o l’appetito.

La causa principale è comunque uno squilibrio alimentare legato ad un apporto energetico elevato rispetto al consumo cosa che può essere dovuta ad una elevata proporzione di grassi

Durante una consulenza individuale, l’apporto energetico che si propone al paziente, si calcola dopo aver effettuato un’anamnesi alimentare dettagliata alla quale si sottrae il 30% dell’energia, una percentuale maggiore può avere delle conseguenze negative sulla perdita di peso in quanto:

crea un abbassamento notevole del consumo energetico e del MB;

la frustrazione legata alle eccessive proibizioni rende più difficile sostenere un’alimentazione ipoenergetica a lungo, e di conseguenza la sospensione della dieta è frequente.

non è educativo, poiché l’alimentazione é percepita come un’alternanza d’alimentazione eccessiva con rispettivo aumento ponderale, seguita da periodi di restrizioni alimentari molto severe.

Inoltre, col passare “degli anni e delle diete” tre fenomeni si manifestano:

diventa sempre più difficile eliminane i Kg superflui;
peso si riprende sempre più rapidamente dopo un periodo di dieta;
non si riesce ad ottenere il peso iniziale.

Cinetica della perdita di peso e della ripresa ponderale

Sovrappeso

Alimentazione ipoenergetica

Perdita di peso                e                Rallentamento delle funzioni biologiche

perdita di tessuto adiposo e muscolare

(paziente immobilizzato perde 50% di muscolo e 50% di tessuto adiposo durante la prima settimana e 30% di muscolo in seguito)

abbassamento del metabolismo basale

diminuizione dei fabbisogni energetici rispetto al valore iniziale

rallentamento della perdita di peso

ripresa ponderale rapida se arresto dell’alimentazione ipoenergetica

cambiamento della proporzioni corporee (+tessuto adiposo, - muscolatura)

abbassamento del MB

diminuizione dei fabbisogni rispetto al valore iniziale

diminuizione dell’apporto energetico per creare un bilancio energetico negativo.

 

Un dimagrimento per essere efficace e duraturo implica:

che l'apporto energetico non sia eccessivamente ristretto
che la perdita di peso sia lenta
che non crei delle carenze nutrizionali
che avvenga a tappe successive
che l'alimentazione ipoenergetica evolva verso un'alimentazione spontanea equilibrata
aumento dell'attività fisica, che permette in una prima fase di perdere più tessuto adiposo e acquisire della muscolatura e nella fase di stabilizzazione di mantenere il peso

Caratteristiche dell’alimentazione ipoenergetica

Per ottenere un'alimentazione ipoenergetica occorre innanzi tutto limitare i grassi mantenendo un apporto di acidi grassi essenziali sufficiente.

L'apporto in proteine (1.2-1,5 g/kg peso) è generalmente uguale o leggermente superiore quello di un’alimentazione normoenergetica (1-1,2 g/kg peso).

L'apporto di glucidi deve essere mantenuto poiché il cervello utilizza di preferenza, e quasi esclusivamente, il glucosio. I suoi fabbisogni quotidiani ammontano a circa 120 g. al giorno, e questo indipendentemente dalla quantità di “lavoro intellettuale” esercitata.

Le percentuali dell’apporto energetico totale (AET) nei differenti nutrimenti sono:

20-25 % di proteine dell’AET
20-25 % di grassi dell’AET
45-50 % di glucidi dell’AET

L’alimentazione ipoenergetica deve essere ricca in fibre (tipo A) poiché:

le fibre permettono di anticipare la sensazione di sazietà e fare in modo che questa si protragga più a lungo dopo il pasto.

Le bevande alcoliche sono in generale proscritte poiché l’apporto energetico ammonta a 7 kcal/g d’alcool (1 dl di vino corrisponde dunque a circa 75 kcal) e si tratta di calorie, da un punto di vista nutritivo, senza nessun interesse.

L’alimentazione dovrebbe essere frazionata in 3 pasti e 2 o 3 spuntini. Lo scopo del frazionamento è di permettere da un lato di evitare i vuoti di stomaco tra un pasto e l’altro, e d’altro canto di giungere ai pasti con un appetito moderato. Quest’aspetto aiuta a prevenire i cedimenti poiché ii sentimento di fame, per essere soddisfatto richiede degli alimenti in genere molto energetici.

Anche durante un periodo d’alimentazione ipoenergetica occorre prendere in considerazione la copertura dei fabbisogni in vitamine e minerali e questo tramite dei complementi nutrizionali se è necessario.

Alimentazione per ridurre il tasso di colesterolo

Fattori biologici che si riflettono sul rischio d'insorgenza delle cardiopatie ischemiche:

Il tasso di colesterolo totale

Il colesterolo HDL

Il rapporto colesterolo tot./HDL

Il rapporto AGS/AGPI

Fattori che intervengono nell'aumento del tasso di colesterolo del sangue:

Il sovrappeso (soprattutto di tipo androide)

Una produzione endogena eccessiva

Un apporto elevato in colesterolo d’origine alimentare

Un consumo eccessivo di alimenti ricchi in acidi grassi saturi

La sedentarietà

Il tabacco

Aspetti nutrizionali correlati positivamente con l’abbassamento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari poiché favorenti la riduzione del tasso di colesterolo nel sangue:

Un consumo in acidi grassi monoinsaturi elevato

Un bicchiere di vino rosso a pasto

Un’alimentazione ricca in sostanze protettrici di tipo mediterranea.

Per contro, il consumo lipidico totale e/o il consumo di acidi grassi poliinsaturi non influenzano in nessun modo l'incidenza delle MCV.

Il miglioramento dei parametri, in seguito ad un'alimentazione ipocolesterolemizzante è molto individuale e si situa attorno al 10-15% che può essere sufficiente per scendere al disotto dei limiti massimi.

Per contro quest’alimentazione favorisce marcatamente il trattamento medico.

Obiettivi dellalimentazione:

 Abbassare i fattori di rischio come il colesterolo totale

Aumentare i fattori protettori come l’HDL
Migliorare il rapporto colesterolo tot./HDL
Migliorare il rapporto AGS/AGPI

Caratteristiche dell’alimentazione preventiva e/o terapeutica in caso d’ipercolesterolemia:

Indurre un calo del peso corporeo in caso di soprappeso
Limitare il consumo di colesterolo non superiore a 300 mg al giorno
Utilizzare proporzioni adeguate tra i differenti acidi grassi (apporto lipidico totale: AGS ¼; AGPI ¼; AGMI ½):

Utilizzare preferibilmente olio d’oliva (spremitura a freddo) per i condimenti le cui proprietà sono:

fissare le LDL sui ricettori

aumentare il flusso dell’HDL per incrementare il recupero del colesterolo

ridurre l’ossidazione delle lipoproteine

Avere un apporto corretto di acido alfa-linolenico per favorire la fluidità del sangue e di acido linoleico che invece favorisce l'aggregazione piastrinica.

Essere ricca in fattori protettori quali:

frutta e verdura poiché ricchi in vitamine anti-ossidanti (vit.C, vit. A, beta-carotene). Inoltre le fibre alimentari riducono l’assorbimento intestinale del colesterolo alimentare non aumentando quello del colesterolo endogeno presente nel circolo entero-epatico.

Alcuni vegetali qua!i: aglio, cipolle, soia e frutti oleosi, contengono delle sostanze che inibiscono l’aggregazione piastrinica, altri aumentano i recettoni LDL. I frutti oleosi e la soia sono ricchi di acido alfa-linolenico e di vit. E i quali riducono i rischi d'insorgenza della trombosi. Inoltre la soia é ricca di rame che inibisce la HMG Coenzima-reduttasi.

vino, succo d’uva o thè, essendo ricchi di polifenoli, stimolano la produzione di HDL ed esercitano un’azione anti-ossidante. La dose d’alcool non deve però oltrepassare i 34 g al giorno altrimenti si manifesta l’effetto contrario (aumento dell’incidenza delle MCV), i migliori risultati si ottengono quando l’alcool, di preferenza il vino rosso, è ingerito durante i pasti.

Il consumo di pesce (anche grasso) 2 volte alla settimana è auspicabile data la sua ricchezza in acido alfa-linolenico, inoltre contiene pochi AGS, ed e ricco in selenio il quale è un anti­ossidante.

Alimentazione per la riduzione dei trigliceridi

I fattori che intervengono nell'aumento dei trigliceridi (TG) nel sangue, all'infuori della predisposizione genetica sono:

il sovrappeso (la riduzione del peso corporeo mostra una spettacolare riduzione dei TG)

l’apporto di carboidrati, soprattutto ad alto indice glicemico poiché il picco d’insulina aumenta la formazione di trigliceridi epatici.

il consumo di bevande alcoliche è anch’esso responsabile di un aumento della sintesi dei TG epatici.

L’alimentazione per la riduzione dei trigliceridi è basata dunque sulla riduzione del consumo di carboidrati e di alcool. In questo caso la percentuale di grassi (di tipo monoinsaturi) può essere elevata a 40% dell'AET. Per quanto concerne i carboidrati, si riduce principalmente il consumo di dolci e bevande gassate.

Inoltre gli aspetti nutrizionali, come un'alimentazione ricca in fibre e fattori protettori rivestono un interesse terapeutico per la riduzione dei TG.

In caso di dislipidemia mista, si tratta di determinare le priorità terapeutiche ed elaborare una linea equilibrata fra la proporzione in carboidrati e quella in lipidi.

Gli obiettivi principali dell’alimentazione diabetica sono:

mantenere la glicemia entro, o il più vicino possibile, alla norma fisiologica.
evitare delle iperglicemie o ipoglicemie eccessive.

Basi del trattamento

l’alimentazione
gli antidiabetici orali (ADO) o l’insulina
l’attività fisica

Esistono tre tipi di pazienti diabetici:

  1. pazienti che presentano un diabete non insulino-dipendente (DNID) oppure una forte resistenza ai carboidrati dei tessuti periferici, un controllo dell'alimentazione può essere sufficiente per mantenere la glicemia entro valori accettabili.
  2. pazienti affetti da un diabete non-insulinodipendente trattato con degli ADO; questi influenzano il tipo d'alimentazione secondo la loro composizione. In effetti, gli ADO a base di “sulfulinuree” come il Diamicron, il Diabinese, il Daonil, e il Glutril per esempio, rendono il paziente diabetico soggetto a delle ipoglicemie, mentre con il Glucophage questo rischio é quasi nullo.
  3. pazienti insulino-dipendenti (DID) il cui rischio di ipoglicemie è molto elevato. Questo é soprattutto il caso di pazienti affetti da un diabete insulino-dipendente giovanile (tipo I), oppure quando il trattamento permette di mantenere un'emoglobina glicosilata attorno a 6-7.

Caratteristiche dell’alimentazione diabetica

Il consumo di glucidi dovrebbe essere regolare da un giorno all’altro. I glucidi possono rappresentare dal 45 al 55% dell’apporto energetico totale (AET).
Per i diabetici é sconsigliato “saltare” un pasto per evitare un’eventuale ipoglicemia. D’altro canto, quando la sensazione di fame diventa troppo importante, ed è il caso dopo 7-8 ore di digiuno, il controllo dei glucidi diventa difficile.
Nella situazione d’inappetenza occorre pensare ad assicurare l’apporto in carboidrati con degli alimenti concentrati come dei succhi di frutta, della frutta sciroppata con zucchero, della purea di patate.
La quantità in glucidi deve essere proporzionale all’attività fisica. In caso d’attività intensa è importante compensare con un apporto regolare in glucidi prima, durante e dopo lo sforzo. Eventualmente, se questo non è sufficiente è necessario dover diminuire il trattamento (insulina). L’attività muscolare influenza in diverse maniere il metabolismo del glucosio:
  1.                - aumenta i fabbisogni in glucosio;

  2.                - aumenta la sensibilità all’insulina;

  3.                - richiede il ripristino delle riserve in glicogeno.

La quantità in glucidi e il trattamento medico devono essere corrispondenti.
L’alimentazione quotidiana dovrebbe essere frazionata affinché l’apporto in glucidi sia moderato durante i pasti, evitando così un aumento eccessivo della glicemia postprandiale. Quest’aspetto non ha dunque molto senso quando la quantità in glucidi dei pasti è eccessiva.
Dovrebbe tenere conto dell’indice glicemico degli alimenti o di un pasto.
L’indice glicemico degli alimenti

L’indice glicemico rappresenta il potere glicemico (variazione della glicemia) di un alimento paragonato a quello di un alimento di referenza (50 g di glucosio).

Variazioni della glicemia in funzione dell’indice glicemico degli alimenti

- Alimenti ad alto indice glicemico

- Alimenti a medio indice glicemico

- Alimenti a basso indice glicemico

Esempi:

Alimenti ad alto indice glicemico:

bevande zuccherate (Coca-Cola, succhi di frutta)

pane

purea di patate e patate fritte

corn flakes

Alimenti a medio indice glicemico:

patate

pasta

riso

saccarosio

Alimenti ad indice glicemico basso:

frutta

leguminose

cioccolata

latticini

L’indice glicemico di un alimento dipende:

dalla sua composizione (per esempio il fruttosio e il lattosio esercitano un effetto poco iperglicemizzante, le fibre solubili diminuiscono l’indice glicemico di un alimento)
dalla sua preparazione culinaria oppure dall’eventuale trasformazione industriale subita (per esempio la purea di patate e molto più iperglicemizzante delle patate, e i corn flakes lo sono molto di più del mais)

Inoltre è possibile “giocare” con l’indice glicemico di un pasto il quale dipende:

dalla consistenza e dagli alimenti che lo compongono poiché secondo il tipo di alimenti la velocità dello svuotamento gastrico varia (gli alimenti liquidi passano rapidamente nel duodeno).
Dalla composizione (sostanze che riducono la velocità di svuotamento gastrico: grassi, fibre, proteine)

L’interesse nel prendere in considerazione. l’indice glicemico degli alimenti o di un pasto risiede nel fatto che a questi pazienti permette:

di limitare l’elevazione della glicemia postprandiale

di mantenere una glicemia più regolare per un arco di tempo più lungo (si evitano cosi le ipoglicemie)

di poter mangiare una quantità maggiore quando si ha fame scegliendo degli alimenti poco iperglicemizzanti (esempio le leguminose).

Lo schema alimentare è teoricamente identico per tutti i tre tipi di pazienti diabetici tuttavia per le persone trattate con l’insulina o gli ADO ipoglicemizzanti, il frazionamento riveste un’importanza maggiore.