Terenzio Pedini

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"Il cavallo di Orlando"
ferro
cm 264 x cm 289 x cm 119

Le sculture in ferro e acciaio inox, sono frutto di lavorazione che il maestro esegue a caldo col maglio, ed a freddo tramite coniatura. I singoli elementi che le costituiscono, così lavorati, vengono poi assemblati tramite saldatura elettrica. Le scelte stilistiche ed espressive di Terenzio pedini, lo hanno portato ad escludere completamente, dai suoi lavori, la tecnica della fusione a cera persa.

 

La critica

 

E' sempre stato raro trovare un artista capace di sorprendere e di restituirci gioia ed inquietudini, meraviglie e stupori attraverso il quieto e forte lavoro dell'arte. In questi giorni di programmate irriverenze e di obbligate trasgressioni le ruvide, potenti sculture di Terenzio Pedini testimoniano di uno stato di grazia creativa quasi inconcepibili. Ma poiché non si possono negare gli esiti felici a cui l'artista giunge forgiando le sue immagini d'amore e d'incubo, non resta che prendere atto di una superstite forza dell'arte e dell'individuo che crede e crea in solitudine come se pregasse. Non riesco -pensando a Pedini e a quella sua sperduta bottega marchigiana dove egli batte da anni nel ferro i simulacri di sogni ostinati e fors'anche i fantasmi di qualche allucinazione- a liberarmi della idea che perfino la serenità può essere cosa di questo tempo e che a volte la gioia del fare superi la coscienza del dolore e della passione, vivissima in questo artista. Certo è che Pedini non appartiene alla schiera dei maledetti per vocazione, ma anche la serenità ha diritto ai propri incubi. Così non mancano i mostri nell'angelico bestiario di questo maestro del ferro che ripete nelle forme di una modernità ancora confidente la strada segnata dalla tradizione della scultura italiana classica e primitiva. Sarà agevole cogliere nell'opera di Pedini la memoria arcaica di Wiligelmo e del maestro delle Metope, di Nicola e Giovanni Pisano. Il gotico incupito blocca l'immagine dell'arcivescovo Turpino e si scioglie nell'eleganza potente e vagamente bizantina del Cavallo d'Orlando. Alci ed Elefanti, il Levriero filante e i tipi d'un singolare campionario zoomorfo s'affollano ghignanti e gentili come in una pagina di Rabelais, e testimoniare di una cultura che è aulica in quanto trattiene in sé il vigore del volgare e il concreto senso dell'essere sublimato nella metafore del monumentum. Si fa presto a comprendere che l'immaginazione di Pedini preme e forza gli argini del quieto ben fare rivelandosi anche nella prepotenza artigiana di cui si colora l'umano sublime del Cristo-martire. E' il miracolo del mestiere, della dignità estetica che si propone senza mediazioni come dignità morale. Si potrebbe definire Pedini, con tutto il carico di denuncia che le sue opere implicano, un artista di consacrazioni, un moralista sincero. Ciò gli ha dato il coraggio e la discrezione bastanti per lavorare come un eremita in letizia, tenendosi ai margini, ma non al di fuori, dei circuiti per i quali passa il bello ed il brutto, il buono e il cattivo dell'arte.
(Franco Solmi)

La galleria

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"Aquila"
acciao inox
cm 545 x cm 465 x cm 215

 

 

 

 

"Alce"
acciao inox
cm 143 x cm 100 x cm 75

 

 

 

 

"Ariete"
acciaio inox
cm 75 x cm 75 x cm 38

 

 

 

 

"Bucranio con corno"
acciao inox
cm 60 x cm 30 x cm 30

 

 

 

 

"Donna seduta"
acciaio inox
cm 138 x cm 100 x cm 46

 

 

 

 

"La bagnante"
acciaio inox
cm 227 x cm 97 x cm 97

 

 

 

 

"Uccello"
acciaio inox
cm 200 x cm 280 x cm 100

 

 

 

 

"Angeli del nostro tempo"
acciaio inox
cm 380 x cm 260 x cm 180

Mi piace ricordare il giorno in cui Terenzio Pedini scaricò da un furgoncino le sue sculture dinanzi al portone della redazione di un periodico che allora dirigevo. Ci eravamo accordati telefonicamente. Pedini aveva chiesto di incontrarmi: "vorrei farle vedere qualche cosa di mio ", aveva detto. Ed io pensavo che intendesse portarmi foto e diapositive dei suoi lavori, magari assieme ad un paio di sculture di piccole dimensioni. Invece, in pochi minuti, il giardinetto antistante la porta del mio ufficio si trasformò in un piccolo museo plastico "en plain air": Pedini aveva scaricato una decina di sculture di grande mole e pesantissime. E stava lì, sudato e quasi trepidante, ad attendere da me un giudizio sul suo lavoro. Così ho conosciuto Terenzio Pedini e la sua opera plastica. Uno scultore che lavora il ferro come si usava fare un tempo, con una maestria sapiente che, adoperando la forza delle braccia e il maglio, trasforma quasi alchemicamente il "vile" metallo in forme di eccezionale vigore espressivo. Ciò che mi pare particolarmente importante sottolineare in lui è la capacità di unire, quasi paradossalmente, un robustissimo senso della sintesi ad un vibrante e spesso lirico gusto dell'analisi. Voglio dire che la forma di Pedini è per lo più fortemente condensata, a volte quasi rappresa nel proprio "pondus" (si veda, per esempio, un'essenzialissima figura di cardinale), mentre altre volte è analiticamente indagata nel particolare anatomico (una testa, un busto, un arto) o decorativo (il minuzioso grafismo delle corna di un alce, i capelli e la pelle brulicante di una donna seduta). E questi due aspetti (riassuntivo e conciso, l'uno, frammentato e diffuso, l'altro) che sono dicotomici per definizione, nell'espressione artistica di Pedini, nella sua magica attitudine a creare metafore visive, convivono quasi come parti complementari in perfetta unione osmotica. ….Pedini opera nello spazio fisico in modo estremamente dinamico, nel senso che le sue sculture non sono dei puri contenuti collocati all'interno di un puro contenitore; al contrario le sue opere plastiche si agganciano allo spazio, interagiscono con esso, creando un'area energetica che si unisce e che si fonde con quella propria dello spazio circostante. Lo spazio cioè finisce per essere la pagina su cui risultano tracciate le parole di un racconto, oppure la scena naturale all'interno della quale si svolge un evento. E' per questo che Terenzio Pedini va considerato un narratore e la sua scultura dovrebbe sempre più assumere le caratteristiche di un racconto visualizzato in cui figure umane, cose, animali e spazio vivono assieme, in perfetta simbiosi, come accade sul palcoscenico teatrale, ma anche in quello della vita.
(Armando Ginesi)

 

"…..avvertiamo, dentro i corpi di queste figure, come il premere di una linfa vitale, un fremito che pare correre sotto la pelle, indugi di sensibilità che si producono in note più alte, che danno a tutta la scultura una singolare esaltazione, un sentimento energico, largo ed impregiudicato di vita."
(Bruno Ceci)


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