Perdersi

[Francia. Parigi. Casa Misaki]

Taro si sentiva svuotato. L'indifferenza di Laure, la guerra psicologica scatenata da Pierre...e ora quella telefonata che non poteva più rimandare. Continuava a guardare il telefono. Il numero di telefono di Ozora era ormai quasi illeggibile sul foglio stropicciato dalla sua tensione.
Come posso dirgli che...
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani ancora umidi.
Sono un codardo.


Ripensò al tempo passato alla Nankatsu al fianco di Tsubasa. La leggendaria golden combi sembrava appartenere a un'altra vita. Era sempre stato Tsubasa il più forte tra loro. Taro se ne rendeva conto ora più che in qualsiasi altro momento. Non avrebbe dovuto avere paura di quella telefonata, eppure sentiva che con quelle poche parole avrebbe strappato dal cuore dell'amico qualcosa di importante. E' vero Tsubasa era sempre stato la colonna della squadra, sempre pronto a raccogliere su di sé le paure e le incertezze degli altri e a trasformarle in nuovi stimoli per andare avanti, una sua parola aveva il potere di farli sentire capaci di raggiungere qualsiasi obiettivo. Allora perché non riusciva a decidersi a comporre quel numero? Tsubasa avrebbe superato anche quello...non c'era da preoccuparsi...

Finalmente si decise a telefonare, con le dita tremanti battè sui tasti bianchi...poi attese.

* * *

[Brasile. San Paolo. Dormitori]

Tsubasa sentì lo squillo del telefono interrompere lo scorrere regolare dell'acqua della doccia. Una telefonata a quell'ora...forse...

Si infilò in fretta l'accappatoio e raggiunse la cornetta.

-Hola!-

-Tsubasa?-

Non gli ci volle molto per riconoscere quella voce.

-Taro!-

Chissà perché si sentiva deluso...si era quasi convinto che questa volta fosse lei...chissà perché.

-Sì...ciao Tsubasa-

Che inizio del cavolo. Doveva dirglielo senza tanti giri di parole...era la cosa migliore.

-Ah allora sei tu! Mi pareva di aver riconosciuto la tua voce! Ma che sorpresa, è da tanto che non ci si sente! Allora Parigi?-

-Ah, è stupenda! In squadra mi trovo bene...e tu?-

Idiota! Così sviava l'argomento, invece doveva dirglielo...gli aveva telefonato per quello no?

-Sai qui giocano anche per le strade...il calcio è davvero lo sport nazionale e il livello è altissimo...quest'anno puntiamo al campionato nazionale-
-Sembri felice...-

Tsubasa ebbe una leggera esitazione, ma fu solo un attimo.

-Sono entusiasta, c'è tantissimo da imparare...il calcio sudamericano è grande e qui sento che realizzerò il mio sogno!-

Il solito Tsubasa. Per un momento gli era sembrato spento...ma no, aveva il solito tono allegro di sempre. Taro non sapeva più come proseguire, ma ormai non poteva più aspettare.

-Senti Tsubasa...-

Il tono di Taro era fin troppo serio. Tsubasa se ne stupì.

-Qualcosa non va?-

Le parole erano strozzate in gola, non volevano uscire. Taro fece un lungo respiro, deglutì.

-Tsubasa, sai...qualche giorno fa mi ha telefonato Ishizaki-

-Ah, davvero!?-

Il capitano del San Paolo si trattenne dal fare l'unica domanda che gli interessava.

-E come va la squadra?-

-Veramente non è di calcio che volevo parlarti, ma di Nakazawa-

Tsubasa sentì il suo cuore mancare un battito. Gli venne in mente il suo incubo ricorrente...

Sanae avvolta da accecanti bende bianche...Sanae che se ne andava senza voltarsi...

Scacciò quel pensiero dalla mente con violenza.

Taro non gli lasciò il tempo di replicare. Disse la bruciante verità d'un fiato come quando correva per fare un contropiede.

Tsubasa rise. Rise così forte che sentì lo stomaco contrarsi e la gola inaridirsi.

Non sapeva neppure lui perché stesse ridendo, ma non riusciva a trattenersi. E poi si ride agli scherzi no?

-Tsubasa? Hai sentito quello che ti ho detto? Nakazawa è...-

-Basta!-

L'urlo lacerò l'aria.

-Mi ha fatto piacere sentirti Taro, ma adesso smettila di scherzare, non so cosa ti ha detto di dirmi Ishizaki ma non è divertente-

Il silenzio dall'altra parte del telefono gli ferì le orecchie.

-Tsubasa...io capisco che sia una cosa difficile da accettare, neanch'io volevo crederci, ma...devi cercare di farti forza e andare avanti con la tua vita...sono sicuro che Sanae vorrebbe questo e...-

Le parole di Tsubasa tagliarono l'aria vibranti di odio e disprezzo.

-E cosa ne sai eh?! Cosa vuoi saperne di quello che vuole Sanae?! Voi non sapete niente...NIENTE!-

Riattaccò il telefono con rabbia. La stanza girava intorno a lui come impazzita. Non era possibile, non era vero...

Chiamò uno dopo l'altro tutti i suoi compagni, sua madre...ma tutti continuavano a ripetergli quell'orrenda bugia.

Davanti a lui non riusciva a vedere altro che il volto di Sanae, i suoi occhi pieni di lui che ogni volta sapevano ridargli fiducia.

Strinse i pugni finché le nocche non diventarono bianche e le unghie non si conficcarono nei palmi, ma non riuscì a provare niente. Era come se tutte le sue emozioni fossero bloccate, impietrite di fronte a quella realtà inaccettabile.

Se ne era andato senza un saluto, certo che l'avrebbe ritrovata ad aspettarlo al suo ritorno...come sempre.

E ora scopriva che era troppo tardi per tornare indietro...troppo tardi per andare avanti...

Sanae...

* * *

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un succulento
osso,
Chiudete i pianoforti, e con un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino
i dolenti.
Lasciate che areoplani lamentosi si incrocino lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lei E'
Morta,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei
piccioni,
i vigili se li mettano neri
i guanti.
Lei era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est e
Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzogiorno, la mia mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo
torto.
Non servono più le stelle: spegnetele
tutte;
impacchettate la luna e smontate il sole;
svuotate l'oceano e sradicate la
foresta;
perché ormai niente può giovare.  

Funeral Blues. W.H.Auden

 

* * *

[Brasile. San Paolo. Residenza Hongo]

-E' ancora chiuso nella sua stanza?-

Roberto si lasciò cadere su una sedia.

-Si rifiuta di mangiare...non vuole parlare neanche con sua madre...io davvero non so...-

Amaya salì le scale lentamente.

-E' inutile...ti ignorerà!-

La ragazza continuò a salire senza voltarsi.

La porta della stanza era aperta. Le tende tirate coprivano i mobili con un'oscurità artificiale. Amaya socchiuse gli occhi cercando di abituarli al buio. Tsubasa stava inginocchiato in un angolo rigido e immobile. Non diede segno di aver percepito la presenza della ragazza.

.-Lo so che mi hai sentita entrare, quindi tanto vale che mi saluti-

Il ragazzo non si mosse.

Lei era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est e
Ovest

Con decisione Amaya si diresse verso la finestra e tirò le tende lasciando che la luce del pomeriggio invadesse la stanza, ma Tsubasa rimase chiuso nella sua immobilità.

il mio mezzogiorno, la mia mezzanotte, la mia lingua, il mio canto

Amaya si sedette proprio di fronte al ragazzo sfiorandogli le mani, ma gli occhi di Tsubasa rimasero serrati.

pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo
torto

-Vattene-

Amaya si morse un labbro per impedirsi di scappare. Di fronte a lei non c'era più Tsubasa, era come se fosse scomparso insieme a quella ragazza.

-Guardami Tsubasa, ti prego-

Gli occhi che si aprirono su di lei erano vuoti e asciutti. Era come se il ragazzo non la vedesse affato, il suo sguardo la attraversava.

Non servono più le stelle: spegnetele
tutte

-Vattene-

Quell'unica parola risuonò nella stanza vibrante di odio.

Amaya ricacciò le lacrime. Sapeva. Sapeva ancora prima di entrare in quella stanza che Tsubasa avrebbe rifiutato di guardarla. Lei così simile all'altra, quella che lui aveva amato. Eppure non aveva potuto impedirsi di salire quelle maledette scale, di entrare in quella stanza che la rifiutava.

Forse non l'avrebbe guardata mai più. L'avrebbe semplicemente cancellata...dalla sua vita.

La ragazza serrò i pugni.

La odiava. Odiava quella ragazzina giapponese che andandosene l'aveva portato via con lei. Come avrebbe potuto competere con lei ora? La patina del ricordo l'avrebbe resa perfetta, intoccabile, irraggiungibile.

Guardò il ragazzo inginocchiato di fronte a lei. Aveva serrato di nuovo le palpebre. L'aveva di nuovo esclusa dal suo mondo. Provò l'impulso di scappare, di correre il più lontano possibile da quel pavimento, da quella stanza, da quella casa...da lui.

Inspirò profondamente. Il segreto è continuare a respirare. Le parole che tante volte le avevano restituito la forza risuonarono nella sua mente. Devi lottare per quello che vuoi, chi non scende in campo non può vincere. Avrebbe mai potuto vincerla questa battaglia? Inspirò di nuovo prima di parlare.

-Il tuo cuore continua a battere che tu lo voglia o no, il tuo sangue continua a scorrere, i tuoi polmoni continuano a chiedere aria...ora devi solo decidere cosa vuoi fare della tua vita...perché tu sei ancora vivo ricordatelo-

Il ragazzo non reagiva. La ragazza si morse il labbro prima di continuare.

-Puoi nasconderti qui per sempre, rimanere rinchiuso nel tuo silenzio contrito...ohh tutti ti capiranno povero piccolo Tsubasa con il cuore spezzato! Il suo grande amore se ne è andato e la sua vita è finita. Beh non mi fai pena, sei solo un vigliacco! Credi che la tua amichetta sarebbe orgogliosa di te? Io credo che si stia chiedendo come diavolo ha fatto a perdere tanto tempo dietro a uno che si arrende così facilmente...-

Tsubasa alzò la testa di scatto.

-E' vero sono un vigliacco! Sono inutile, un debole! So che dovrei seguirla...con che coraggio la lascio andare da sola?! E invece non ci riesco...non ci riesco! Perché questo stupido corpo è così orrendamente attaccato alla vita?! Ogni respiro che faccio, mi allontana da lei! E allora perché, perché continuare a respirare?!-

Lentamente Amaya circondò le spalle di Tsubasa, sfiorandogli i capelli con il suo respiro.

-Sanae ha sacrificato tutta la sua vita per te...per il tuo sogno. Tu devi vivere, devi realizzare quel sogno...fatti forza capitano!-

Forza capitano!

Tsubasa spalancò gli occhi...quelle parole...

All'improvviso non era più la voce di Amaya che gli sfiorava il volto...era Sanae a parlare.

 

Sei grande Ozora!

E' inutile che fai tanto lo sbruffone Wakabayashi! Ozora ti batterà!

Hyuga se provi a fare del male a Ozora te la vedrai con me!

Forza Capitano! Sei il migliore!

Scusa capitano, ero così concentrata a passarti i palloni che non mi sono accorta di quanto era tardi!

Ce la farai capitano e quando Hongo ti rivedrà sarà orgoglioso di te!

Tsubasa deve giocare! La prego Mister non lo lasci in panchina!

Promettimi che vincerai!

Forza capitano...forza!

 

All'improvviso sentì gli occhi bruciare. Le lacrime che aveva trattenuto dentro di sé scorrevano dolorose sul suo viso.

Le emozioni che credeva perse per sempre lo travolsero.

-Sanae...Sanae!-

Lei era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est e
Ovest

Tsubasa continuò a gridare quel nome tra le lacrime che scorrevano senza più ritegno sul suo volto.

Amaya strinse a sé il ragazzo con tutte le sue forze.

Non lo aveva mai sentito così lontano.

 

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