Ricominciare a vivere

Yayoi sentì una lacrima scivolarle sulla guancia. Jun le strinse istintivamente la mano quasi volesse trasmetterle la sua forza.

-E' che non riesco a credere che sia morta, lei...- la voce si trasformò in un singhiozzo strozzato.

Don't let yourself go
'Cause everybody cries
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L'aveva saputo solo da pochi giorni, ma a quanto pareva la tragedia doveva essere successa il giorno della partenza di Tsubasa per il Brasile. Dopo aver tentato invano di telefonarle a casa, Yayoi aveva provato a rintracciare l'amica tramite il club della Nankatsu e così Ishizaki le aveva dato la notizia: Sanae era morta insieme al padre in un incidente d'auto. Sembrava impossibile.Per di più sembrava che la madre avesse abbandonato la sua abitazione in fretta e furia senza lasciare recapiti, non si sapeva neanche in quale cimitero Sanae fosse stata sepellita...avrebbe voluto andarla a trovare almeno lì, portarle quei fiori rossi che le piacevano tanto...e invec la sua amica sembrava scomparsa nel nulla. Nessuna traccia di lei era rimasta, solo quella divisa abbandonata negli spogliatoi della Nankatsu.

And everybody hurts
Sometimes

Jun guardò di nuovo il viso arrossato della sua manager e decise che non poteva lasciarla sola col suo dolore. Con decisione la prese per mano e la fece alzare.

-Hai bisogno di una gita.-

-Una...gita?-

-Si esatto! Con queste giornate è uno spreco di vita rimanere chiusi in casa...sono sicuro che la Nakazawa sarebbe stata d'accordo con me.-

Yayoi si lasciò riscaldare dal sorriso dolce di Jun prima di sorridere a sua volta.

-E gli allenamenti capitano?-

-Bé per un giorno se la caveranno anche senza di me...e poi nella vita non c'é solo il calcio, l'ho capito molto tempo fà.-

Yayoi fu colta di sorpresa dalla frase del capitano della Musashi. Avrebbe giurato di non sentire mai una dichiarazione come quella uscire dalle sue labbra...nella vita non c'é solo il calcio...voleva forse dire che lei...ma no! Cosa andava a pensare! Doveva smetterla di fantasticare!

Take comfort in your friends
And everybody hurts

Avevano camminato a lungo fino a raggiungere il parco cittadino. Di tanto in tanto Yayoi guardava con apprensione Jun, non voleva si stancasse a causa sua...in fondo era ancora convalescente. ogni volta però Jun le rispondeva con uno sguardo tranquillo e rassicurante. Camminare sull'erba morbida dei prati era piacevole, ma presto Yayoi decise che avevano camminato abbastanza e si sedette ai piedi di un grande albero. Il sole autunnale scendeva a fiotti attraverso le fronde alleggerite disegnando strane macchie sugli abiti e i visi dei due ragazzi.

Yayoi guardò il cielo terso, il sole brillava come non mai in quel pomeriggio di settembre. Chiuse gli occhi per qualche istante.

-Hai mai provato a chiudere gli occhi al sole? Quando lo faccio mi sembra che non solo gli occhi, ma tutto il viso si riempia di luce rosa e di calore. E' una sensazione così bella...potrei stare così per ore.-

Jun guardò Yayoi seduta sul prato del parco che teneva il volto proteso verso il cielo come se volesse berlo quel sole che li riscaldava. La guardò senza distogliere gli occhi e pensò che non aveva mai visto niente di più bello.

-Anch'io...per ore-

Yayoi si riscosse a quelle parole e notò arrossendo che Jun la fissava in un modo diverso dal solito.

-Bé che ne dici di dare un'occhiata alla rivista che hai comprato?- esordì la ragazza cercando di nascondere il suo imbarazzo.

Jun aprì la rivista che teneva fra le mani, naturalmente era una rivista di calcio. In fondo non aveva resistito alla tentazione di portare con sé un pò del suo amato calcio. Il capitano della Musashi fece per appoggiarsi al tronco nodoso dell'albero, ma era una sistemazione decisamente troppo scomoda. Si guardò intorno cercando una soluzione e naturalmente il suo sguardo si posò su Yayoi.

-Posso appoggiarmi sulle tue gambe? Così vedi anche tu.-

Jun aveva proferito quella richiesta senza pensarci, il fatto di conoscere Yayoi da così tanto tempo e di aver condiviso con lei gran parte dei suoi dolori, gli aveva fatto acquistare una confidenza e una spontaneità nei suoi confronti che non aveva neanche con i suoi genitori. Yayoi guardò il ragazzo dapprima stupita, poi lesse una tale ingenuità in quegli occhi castani che sorridendo acconsentì. A volte Jun non si rendeva conto di metterla in imbarazzo con certe richieste o certi commenti. In fondo era rimasto un bambino e probabilmente non pensava minimamente che il loro rapporto sarebbe inevitabilmente cambiato presto o tardi. per lei tutto era già cambiato da molto tempo, o forse non era mai stato un rapporto d'amicizia.

Jun cominciò a sfogliare la rivista commentando di tanto in tanto le foto o gli articoli. Con un gesto quasi automatico Yayoi cominciò a carezzargli i capelli lunghi e morbidi.

-

-Ah, ma quella non è la squadra di Wakabayashi?-

-Dunque...eh sì è l'Amburgo! Ma guarda comprano un nuovo portiere...strano...dunque "La società dell'Amburgo firma un nuovo contratto con il talentuoso Mirko Muller. bla bla bla Dopo il grave infortunio toccato al suo primo portiere il giapponese Genzo Wakabayashi"...-

-Infortunio?!-

-Così sembra, ma non dice molto di più...solo che si è infortunato...vediamo...a una gamba durante un'amichevole. Certo se hanno firmato con un nuovo portiere significa che Wakabayashi è grave!-

-Povero Wakabayashi! Pensare che sembrava così felice di stare in Germania! Ma come mai non se ne è saputo niente?!-

-Bè probabilmente siamo noi che non l'abbiamo saputo! In questi ultimi tempi non è che abbia letto molti giornali...-

Yayoi fece scorrere le dita tra i capelli di Jun che chiuse gli occhi sospirando soddisfatto come un gatto che fa le fusa. Già quel periodo era stato intenso per Jun, la terapia, il ritorno alla vita di tutti i giorni. Non aveva avuto molto tempo per gli altri...neanche per lei, ma adesso...

-Senti facciamola diventare un'abitudine, ti va?-

-Cosa?- Yayoi guardò il volto del ragazzo appoggiato sul suo grembo.

-Questo...venire in questo parco a riposarci da tutto, insieme.-

Yayoi non riuscì a trattenere una lacrima, ma Jun ancora con gli occhi chiusi non se ne accorse.

-D'accordo capitano.-

 

* * *

 

E così c'era un altro caso "critico". Questa volta un ragazzo, un campione di calcio a quanto aveva capito, che rifiutava la fisioterapia. Aveva subito un'operazione ai legamenti crociati del ginocchio...niente di che per una persona normale, ma per un atleta...bé la cosa era più complicata. Ormai era diventata un'abitudine rivolgersi a lei per risolvere quelle situazioni, dicevano che sapeva "entrare in sintonia" con i malati. Forse perché aveva vissuto una situazione simile alla loro, anche lei aveva pensato di farla finita. Poi c'era il fatto che stava studiando per diventare fisioterapista e così il suo "mentore" le affidava spesso quel tipo di problemi da risolvere, diceva che un buon fisioterapista deve innanzitutto stabilire un rapporto di fiducia con il paziente e convincerlo che la terapia è indispensabile per fare dei progressi. Certo, come diceva lei, quei progressi bisogna volerli fare, ed era esattamente su questo punto che avrebbe dovuto lavorare quel giorno. Per di più si trattava di un ragazzo giapponese e così era sembrato naturale che fosse proprio lei ad affrontarlo.

-Eccolo, è seduto sul davanzale della finestra, di spalle. Si mette lì ogni giorno a guardare fuori, glielo ho detto un sacco di volte che è pericoloso, nelle sue condizioni, potrebbe cadere di sotto! Ma quello lì niente eh! Come se non mi sentisse! Che ragazzo indisponente. E poi non vuole sentire parlare di calcio, ma non si separa mai da quel pallone. Mah! Siete proprio strani voi giapponesi. Vuoi che ti accompagni?- l'infermiera Rauer le strinse la mano per sollecitare una risposta. Possibile che fossero sempre di fretta in quell'ospedale?

-No ci arrivo da sola, grazie- così dicendo la ragazza si fece strada nella stanza che ormai conosceva a memoria e si lasciò cadere sulla panchina accanto alla finestra. Se l'aveva sentita sedersi, il ragazzo non lo diede a vedere. Rimase immobile sul davanzale. Lo sguardo perso nella luce del primo pomeriggio.

- Ho sentito dire che ti rifiuti di fare la riabilitazione-

Sanae percepì con chiarezza la risata amara del ragazzo seduto al suo fianco.

-Riabilitazione? Ma non farmi ridere! Al massimo potrò tornare a camminare senza zoppicare.-

-Ti sembra poco avere la certezza che tornerai a camminare come prima?-

-Come prima?-

Genzo Wakabayashi guardò incredulo la sconosciuta che era venuta a sedersi di fianco a lui. Ma cosa ne voleva sapere di quello che stava passando? E poi parlava senza neanche guardarlo in faccia, una cosa che proprio non sopportava.

-Come prima dici- il tono si era fatto tagliente - Niente sarà come prima. Io ero il migliore capisci? Il milgiore portiere d'Europa, sai come mi avevano soprannominato? Eh? Super Great Goal Keeper1 Ero un dio, la gente mi adorava! L'ultima partita che ho giocato i miei fan hanno invaso il campo, c'è voluta più di mezz'ora per disperderli e cominciare l'incontro. E poi uno stupido incidente e mi ritrovo bloccato per un anno...un anno! E il mio allenatore non è più tanto convinto che io sia indispensabile alla squadra. "Spero che ti riprenderai Wakabayashi", "Auguri Genzo" e intanto facevano firmare un contratto a un nuovo portiere i bastardi...fanculo a tutti-

If you're on your own
In this life
The days and nights are long
You're sure you've had too much
Of this life
To hang on

Genzo studiò le reazioni della ragazzina, ma non riuscì a decifrare l'espressione del suo viso. Però non replicava, segno che lo stava ascoltando...e ci sarebbe mancato altro!

-La mia carriera è finita, la mia vita è finita...cosa vuoi che me ne freghi di tornare a camminare?! Chi credi che voglia nella sua squadra un portiere che è stato fermo per più di un anno con una gamba fuori uso?-

Ma perché non diceva niente? Bè doveva essere rimasta impressionata, era normale del resto, di certo aveva sentito parlare di lui in tv o sui giornali. Il suo infortunio aveva fato molto scalpore. Ora gli avrebbe chiesto scusa per essere stata insolente, ma se si aspettava che le facesse un autografo dopo quello che gli aveva detto...

-E' così che sei diventato il Super Great Goal Keeper? Autocommiserandoti?-

-Autocom...ma come osi?!-

-No! Come osi tu.-

Il tono della ragazza era così secco e deciso che Genzo non ebbe la forza di replicare.

-E' vero io non ti posso capire, non si può paragonare una sofferenza ad un'altra e siamo tutti così diversi che provare le stesse cose sarebbe impossibile. Ma ti sei mai guardato intorno? O sei così occupato a guardarti allo specchio e a ripeterti quanto sei stato sfortunato che non ne hai il tempo? Sai cosa darebbe la metà della gente di questo ospedale per avere le certezze che hai tu? La certezza di tornare a camminare! La certezza di vivere! E se il calcio è davvero la tua vita perché non te la riprendi?!-

Sometimes everything is wrong
Now it's time to sing along
When your day is night hold on
Hold on

Genzo guardò di nuovo la ragazza. Il viso arrossato e i pugni stretti, gli occhi persi in chissà quale orizzonte. Ora che la guardava meglio gli sembrava quasi di conoscerla da sempre...ma no, non poteva essere. E poi nessuno aveva mai osato buttargli in faccia la realtà così brutalmente. Il ragazzo sospirò.

-Te l'ho già detto. Posso tornare a camminare, ma i medici dicono che ho solo una possibilità su cento di tornare a giocare al livello di prima-

-E sei così poco sicuro di te stesso da permettere a degli estranei di dirti fino a dove puoi arrivare?-

-Ma...- Genzo era confuso.

-Vedi una bambina bionda vicino alla balaustra?-

Genzo cercò la stanza con lo sguardo fino a che non individuò una bambina dai lunghi capelli biondi. Doveva avere almeno dodici anni, ma ne dimostrava molti meno con quel corpo esageratamente sottile e quei due occhi azzurri enormi spalancati su un viso dal pallore lunare. I muscoli erano contratti allo spasmo nel tentativo di spostare una delle due gambe che parevano senza vita di qualche centimetro in avanti. Genzo sentì una stretta allo stomaco mentre la guardava, ma come al solito ricacciò indietro quella sensazione e continuò a fingere indifferenza.

-Si chiama Katy, ha quattordici anni e la leucemia.-

Quelle tre parole legate insieme katy...quattordici anni...leucemia vagarono nell'aria per qualche secondo prima di ricadere sul ragazzo pesanti come macigni.

When you think you've had enough
Of this life
Hang on

-La malattia è in stadio così avanzato che sta cominciando a perdere l'uso delle gambe. Senza un trapianto le rimangono solo pochi mesi, purtroppo non hanno ancora trovato un donatore compatibile. Eppure lei non si arrende. Viene qui tutti i giorni a quest'ora per esercitarsi a camminare e mantenere i muscoli attivi. Dice che vuole essere in forma quando tornerà a correre nei giardini con gli altri ragazzi. E sai una cosa? Non l'ho mai vista lamentarsi o dire che la sua vita non aveva più senso...anzi! Anche se è così giovane è un punto di riferimento qui in ospedale, i ragazzi che si sentono giù di morale vanno a parlare con lei, le chiedono consiglio, speranza. E lei gli da tutto questo senza chiedere niente in cambio.-

Everybody hurts
Sometimes
Everybody cries
Sometimes

Genzo sentì qualcosa sciogliersi mentre guardava quella bambina così piccola lottare attaccata alla balaustra contro un destino così violento.

-Quando mi dissero che avevo pochissime possibilità di tornare a vedere...-

Genzo sussultò. Vedere? Guardò meglio la ragazza. Ecco perché il suo sguardo gli sembrava perso nel vuoto! Era cieca!

-...anch'io mi convinsi che la mia vita era finita. Non poter più distinguere i colori, le luci del mondo mi sembrava troppo crudele, troppo ingiusto. Non pensavo a lottare, non facevo altro che piangermi addosso proprio come fai tu! Poi ho conosciuto Katy le ho raccontato la mia storia e sai cosa mi ha detto? Che dovevo essere felice perché avevo almeno qualche speranza di tornare a vedere. Mi sentii un verme te lo confesso, poi però fu come riscoprire una nuova forza dentro di me...un nuovo scopo. Katy mi salvò da me stessa e farò di tutto per non deluderla...per non deludermi.-

Don't let yourself go
'Cause everybody cries
And everybody hurts
Sometimes

Gli occhi liquidi della ragazza erano pieni di forza, di nuovo vivi e Genzo lasciò che il suo sguardo si perdesse per un attimo in quegli occhi così caldi e sicuri. Poi abbassò la testa come sconfitto.

-E dove lo trovo tutto questo coraggio, tutta questa speranza di cui parlate tanto?-

Per la prima volta da quando si erano incontrati la ragazza gli rivolse un sorriso.

-E' dentro di te! E quando smetterai di commiserarti la vedrai così chiaramente in mezzo a tutto il buio di cui ti sei circondato che andare verso di lei ti sembrerà l'unica cosa possibile.-

Genzo guardò di nuovo la ragazza che nel frattempo si era alzata.

-Bene, allora ti aspetto nella sala per la fisioterapia.-

-Come?-

-Ah già, dimenticavo di dirtelo. Sono l'assistente del tuo fisioterapista. Sanae Shwartz.-

Sanae...quel nome...ma no era impossibile! E poi il cognome non era giapponese...però...

-Anego?!- Genzo pronunciò quel nome così lontano nel tempo della sua memoria quasi con esitazione, come se potesse rompersi a contatto con l'aria.

-Scusami?-

Il viso di Sanae sembrava confuso, perplesso. Era evidente che la ragazza non aveva la minima idea di cosa significasse quel nome. Si era illuso...ma no forse era meglio così, voleva chiudere con il passato.

-Niente, scusa io...ti ho scambiato per un'altra.-

Vide la ragazza sorridere con comprensione prima di allontanarsi seguendo la direzione dei muri. Dopo qualche minuto si alzò anche lui appoggiandosi pesantemente a due stampelle. La gamba destra sembrava non volerne sapere di muoversi, ma forse qualcosa poteva davvero cambiare, forse...sentì la speranza di cui gli aveva parlato la ragazza farsi strada lentamente anche nel suo cuore e pensò che in fondo quella non era una brutta giornata.

Yeah everybody hurts
Sometimes
Everybody cries
Sometimes
Everybody hurts
Sometimes

Everybody hurts sometimes

So hold on, hold on

To know you're not alone

 

 

Indice capitoli / Gallery Fan Fic 2

La canzone in sottofondo è Everybody Hurts dei Rem. Se vuoi leggere il testo originale vai qui.