Ritrovarsi

Era stata un'incosciente. Lei che non era praticamente mai uscita dal centro di riabilitazione ora si trovava su un autobus di linea tra il vociare disordinato e le spinte scomposte della folla pomeridiana.

Le parole di Stefan le risuonavano ancora nelle orecchie.

-Non riesco a capire perché non vuole che Sanae conosca la sua famiglia. Sono sicuro che le sarebbe utile per recuperare i suoi ricordi...-

-Sciocchezze-

La voce della donna era risuonata fredda e metallica.

-Non li conosceva prima e non vedo come potrebbe esserle utile conoscerli adesso-

Stefan respirò a lungo per recuperare la calma. Quella donna metteva a dura prova il suo autocontrollo.

-Potrebbero parlarle di suo padre...aiutarla a costruirsi nuovi ricordi...a sentire di nuovo il calore di una famiglia!-

-Sta insinuando che la mia presenza non è sufficiente per mia figlia?-

-Non è questo...-

-E comunque ci avevo già pensato-

Stefan fissò la donna senza capire.

-Anch'io pensavo potesse farle bene conoscere la famiglia di suo padre, così li ho contattati-

La donna fece una pausa prima di continuare.

-Purtroppo ho scoperto che quelle persone hanno disonorato la memoria di mio marito e non ho la minima intenzione di permettere che contaminino anche Sanae-

-Ma che significa?!-

Stefan sentì che la sua pazienza aveva raggiunto il limite.

-La sorella di mio marito ha divorziato, cosa che per altro era prevedibile dato che aveva sposato un calciatore. Io non avevo mai approvato quel matrimonio, ma addirittura divorziare...dopo aver messo al mondo due figli per di più! In Giappone quella donna sarebbe stata cacciata di casa! E come se non bastasse ha lasciato che suo figlio seguisse le orme del padre rovinando la sua vita! Mio marito si starà rivoltando nella tomba di fronte al disfacimento della sua famiglia!-

Stefan non sapeva se ridere o piangere.

-Ma che importanza vuole che abbia tutto questo?! Non siamo più nel Medioevo! D'accordo sua cognata ha divorziato e suo nipote è un calciatore...non sono certo dei criminali! A volte sembra che le importi più conservare le apparenze che fare il bene di sua figlia! Cosa c'è nel suo passato che cerca così disperatamente di nascondere? Cos'è che vuole che Sanae non ricordi?!-

Gli occhi di Akiko si erano fatti sottili come fessure, il suo sguardo era diventato indecifrabile. Stefan ebbe la certezza di essersi spinto troppo oltre.

-Mi ascolti attentamente dottor Lindeman-

La voce della donna vibrava d'ira.

-Se solo vengo a sapere che ha parlato con mia figlia della famiglia di mio marito le assicuro che non rivedrà mai più né me né tanto meno mia figlia. Si ricordi che Sanae è ancora sotto la mia tutela e posso sempre decidere che la sua permanenza in quest'ospedale non è più necessaria...-

Stefan percepì d'un tratto tutta la propria impotenza.

-Per quanto crede che potrà nasconderglielo? Gli Schneider sono famosi qui ad Amburgo...Karl è molto seguito dai ragazzi dell'età di Sanae...-

La donna rise sarcastica.

-Lei dimentica che il cognome di Sanae è Schwartz e non Schneider. Non vedo alcun modo in cui Sanae possa venire a conoscenza di questa parentela e sono sicuro che per il bene della sua 'assistente' saprà essere molto discreto su questo punto-

Stefan non aveva tradito il tacito patto stipulato con sua madre, ma Sanae non aveva impiegato molto a raccogliere informazioni su suo cugino. Gli Schneider erano davvero molto famosi ad Amburgo e quel pomeriggio il grande Karl Heinz Schneider si sarebbe allenato a porte aperte nel piccolo stadio dell'Hambug College. Poteva essere la sua unica occasione di incontrarlo e Sanae non voleva sprecarla.

-Capolinea!-

Sanae si lasciò trascinare dalla folla cercando di orientarsi, ma presto le urla che provenivano dallo stadio coprirono ogni altro suono. La ragazza sentì che il panico si impadroniva del suo corpo. Le gambe sembravano pesanti come macigni, mentre sentiva il cuore batterle selvaggiamente nel petto. Il buio la circondava e corpi disordinati continuavano a urtarla sballottandola senza meta. Sentì il desiderio irrefrenabile di urlare.

-E' il Keiser!-

-E' Schneider presto!-

-Tira fuori la macchina fotografica dai! Karl una foto per favore!-

Era lui! Lo aveva trovato! Lasciò che lo sciame di ragazzine urlanti la trascinassero verso il ragazzo, ma non riusciva a capire dove si trovasse esattamente. Istintivamente allungò un braccio cercando di farsi strada tra quei corpi aggrovigliati, ma era come trovarsi in una fossa di serpenti urlanti che si contorcevano attorno a lei rischiando di soffocarla.

-K-karl...Karl! Karl!-

Karl Heinz Schneider cercava solo di trovare il modo migliore per sfuggire alla folla degli ammiratori che lo assediavano regolarmente fuori dallo stadio.

Non era mai stato un tipo da folla e detestava fare foto con gente di cui non sapeva neanche il nome. Di solito riusciva a sfuggire velocemente all'assedio sgusciando agilmente tra le braccia protese verso di lui, ma quel giorno qualcosa lo aveva trattenuto.

Una voce tra le altre. Flebile come un soffio di vento, ma vibrante di speranza e disperazione. Era come sentir pronunciare il proprio nome per la prima volta. Cercò quella voce tra i volti degli sconosciuti che lo circondavano. Un viso orientale, liquidi occhi neri pieni di domande, una mano in cerca di sostegno.

Karl si fece spazio tra la folla e strinse quella mano ambrata trascinandola verso di sé.

Intrecciò saldamente le sue dita con quelle della ragazza che aveva amato prima ancora di cominciare ad apprezzare le ragazze. Non poteva essere che lei, ora ne era certo.

-Sanae!-

La ragazza sentì il suo cuore accelerare i battiti. Il suo nome...conosceva il suo nome! Per molto tempo non era riuscita a sentirsi legata a quel nome...aveva la sensazione che non fosse il suo...ma ora...

Sentì le lacrime pungerle gli occhi pieni di stupore.

-Sanae...sei Sanae, vero?-

Profondi singhiozzi le scuotevano il petto mentre riusciva solo a ripetere quello che non era mai stata in grado di provare.

-Sì...sì! Io sono Sanae...sono Sanae!-

Gli occhi della ragazza erano pieni di lacrime e di gioia.

-Ho...avevo paura di non trovarti...non sapevo come...credevo che non mi avresti riconosciuta e io...non avrei mai potuto riconoscerti...-

Un lampo di dolore attraversò lo sguardo di Karl mentre realizzava quanto avrebbe già dovuto capire osservando i movimenti incerti e gli occhi vacui della ragazza.

-Tu sei...-

Sanae alzò il volto lasciando che le lacrime le rigassero le guance arrossate.

-Sono felice di incontrarti-

* * *

Aveva insistito per accompagnarla al centro di riabilitazione. Era così bello sentire i suoi passi che la precedevano, tracciando per lei un cammino sicuro.

-Ascolta Sanae-

Il ragazzo si era fermato all'improvviso.

-Io lo so che non sono nessuno per te...che non lo sono mai stato-

-Karl non...-

Il ragazzo le prese una mano stringendola.

-No, lasciami finire...io non riesco neanche a immaginare quanto tu abbia sofferto dopo la morte dello zio...di tuo padre voglio dire...-

Sanae sentì che le forze la abbandonavano di nuovo. Non riusciva a trattenere le lacrime.

-Sapere che mi ha amato così tanto...e non riuscire a ricordarlo, non poterlo sentire nel mio cuore è così...doloroso-

Sanae sentì il braccio del ragazzo che le circondava le spalle, le sue dita leggere tra i capelli. Il suo viso era così vicino che poteva sentire il suo respiro sulla fronte.

Karl chiuse gli occhi. Quante volte aveva osservato quel volto in fotografia sognando terre lontane e piene di sole...e ora lei era lì davanti a lui, come se i suoi sogni di bambino fossero diventati realtà. Accarezzandole il viso le asciugò le lacrime e parlò con una dolcezza di cui non si credeva capace.

-Ti prometto che ti farò ricordare ogni cosa...-

Sanae lasciò che i singhiozzi le scuotessero il petto, chiusa nell'abbraccio di Karl.

Aveva visto suo padre nelle parole di Karl e forse presto sarebbe stata in grado di riconoscere se stessa.

 

* * *

-E anche oggi ho finito!-

Candance si stiracchiò al sole del tardo pomeriggio.

-Caaaaaandy!!!!-

Olga e Sarah saltellavano sui tacchi a spillo emettendo urletti striduli. Candance si lasciò sfuggire una risata. Erano riuscite ad attirare l'attenzione di tutto l'ospedale.

-Ma che siete venute a fare?!-

-Naturalmente siamo venute a prenderti!-

Candance incrociò le braccia sul petto storcendo la bocca in una smorfia sarcastica.

-Ma dai! Non dirmi che ti sei dimenticata che oggi comincia la stagione dei saldi!-

Candance rise di nuovo.

-Intendevo dire come mi avete trovata...-

Olga e Sarah si scambiarono uno sguardo di intesa.

-Dai Candy vieni qui tre volte a settimana a fare volontariato...Davvero credevi che le tue migliori amiche non avessero scoperto la tua doppia vita? Non sei mica Superman a cui bastava un paio di occhiali per non farsi riconoscere da quell'oca di Lois Lane!-

Candance sorrise con fare circospetto.

-Mhhh...allora dite alle mie migliori amiche di tenere chiusa la loro boccaccia o non potrò più dedicarmi alla salvezza dell'umanità in santa pace...-

Olga trascinò Candance per un braccio.

-Sì tranquilla il tuo segreto è al sicuro, ma adesso muoviti o troveremo i negozi chiusi!-

Ridendo le ragazze si diressero verso l'uscita. Incrociarono una coppia di ragazzi che chiacchieravano. Sembravano felici. Lei aveva i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle e si lasciava guidare dal braccio di lui. Ecco ora lui le prendeva la borsa e lei lo lasciava fare sorridendo.

-Ahh l'amour!!!-

Sarah e Olga ridacchiarono, ma Candance non aveva nessuna voglia di ridere.

Karl Heinz Schneider, la leggenda vivente del calcio tedesco, chiacchierava divertito con una ragazzina orientale. L'impassibile Keiser rideva e lanciava a quell'esserino insignificante sguardi che Candance aveva visto nei suoi occhi solo sui campi da gioco.

-Allora Candance! Vuoi accelerare il passo?!-

Le amiche la presero sotto braccio allontanandola da quella scena, eppure la risata di Karl continuava a calamitare la sua attenzione.

Be' che male c'era? E va bene Karl era con una ragazza...e allora? Lui era sempre circondato da ragazze! Del resto non c'era da stupirsi...E allora perché quel senso di disagio che le cresceva dentro?

All'improvviso capì. Da quando lo aveva conosciuto aveva sempre avuto l'impressione che ci fosse qualcosa di forzato e al tempo stesso trattenuto nei suoi atteggiamenti. E' vero lo aveva visto con altre ragazze...ma non lo aveva mai visto rilassato con loro. Ora che per la prima volta aveva l'occasione di vedere il suo vero sorriso, non poteva fare a meno di pensare che era stata un'altra a portarlo alla luce.

* * *

Genzo guardava la vita scorrere sotto la finestra dell'ospedale. Presto anche lui sarebbe tornato a tuffarsi in quel flusso ininterrotto. Un gruppo di bambini giocava con una palla colorata, forse un regalo dei genitori. Ricordò quando suo padre gli aveva regalato il primo pallone da calcio, un pallone di cuoio fatto arrivare apposta dall'Italia. Allora in Giappone il calcio era uno sport pressoché sconosciuto e suo padre aveva passato l'intero pomeriggio a spiegargli le regole, a giocare con lui.

Le grida concitate dell'infermiera Rauer lo riscossero dai suoi pensieri, stava inutilmente cercando di disperdere i bambini e sottrarre loro la palla. Disturbavano la quiete dei pazienti, o così sosteneva.

Delle risate attirarono il suo sguardo in una direzione precisa.

Sanae se ne stava appoggiata al tronco di un albero, il petto scosso da una risata che sembrava incontenibile. Di fronte a lei, le mani nelle tasche della tuta e un sorriso nuovo negli occhi stava Karl Heinz Schneider. Istintivamente Genzo si ritrasse dallo specchio della finestra, ma anche nella penombra della stanza non poteva fare a meno di vedere quel sorriso pieno di sole.

Credeva che la rivalità con Schneider fosse finita da molto tempo, ma forse era appena cominciata...

* * *

-Scusate-

Le amiche la guardarono perplesse.

Candance indietreggiò di qualche passo prima di iniziare a correre in direzione dell'ospedale.

-Candy aspetta! Non faremo in tempo!-

-Devo controllare una cosa!-

Chi era quella ragazza? Perché Karl sembrava così a suo agio con lei? Forse si era...no! Poteva anche sopportare che non si interessasse a nessuna ragazza in particolare, che non si interessasse a lei...ma non avrebbe mai permesso che si innamorasse di un'altra...per di più di un essere insignificante come quello.

* * *

-Ti aspettavo nella sala della fisioterapia...-

Genzo continuò a guardare nel folto degli alberi che lo circondavano.

-Lo so che ho fatto tardi, ma...-

-Avevi di meglio da fare che occuparti dei tuoi pazienti oggi. Ti capisco. E dimmi come sta il grande Karl Heinz Schneider?-

Sanae sussultò. E' vero Genzo doveva conoscere Karl da tempo, avevano giocato a lungo insieme prima dell'incidente.

-Ecco io...lui...-

Genzo sentì una rabbia irrefrenabile impadronirsi delle sue parole.

-Sai cosa ti dico? Non me ne frega niente! Ma sì hai ragione salta sul carro del vincitore! Lo farebbero tutti no? Chi te lo fa fare di perdere tempo con un giocatore finito come me, io non sono nessuno, mentre Karl è all'apice della carriera. Fai bene sì...fai bene. Anzi sai cosa ti dico? Ti facilito il compito, me ne vado da questo ospedale, me ne vado dalla tua vita!-

Genzo si alzò per andarsene, voltando le spalle alla ragazza.

Sanae sentì i suoi passi allontanarsi

-Aspetta...aspetta ti prego! E' mio cugino...Karl è mio cugino!-

Genzo si bloccò. Aveva sentito certo, ma non riusciva a dare un senso a quelle parole.

Sanae si fece coraggio.

-L'ho scoperto per caso, ascoltando una conversazione di mia...madre. Ma lei non vuole che lo incontri, che parli con lui. Per questo io...-

-Come è possibile?-

Sanae si avvicinò a Genzo.

-Mio padre era tedesco, sua sorella ha sposato uno Schneider e così...credevo che incontrare Karl mi avrebbe fatto ricordare ogni cosa-

-Ed è stato così?-

Sanae abbassò lo sguardo frustrata.

-No. Karl non sa molto della mia vita in Giappone e ascoltare la storia di mio padre...è stato come leggere un libro o sentir parlare di qualcuno che non si è mai conosciuto ed è così...difficile da accettare-

-Scusa se ti ho aggredito...è che mi sono sentito tradito ecco-

Sanae lo guardò senza capire. Genzo si accorse di essersi lasciato andare più di quanto avesse voluto, ma ormai era tardi per tornare indietro.

Fece un respiro profondo prima di parlare di nuovo.

-Io ho te e tu hai me...ricordi?-

Vide la ragazza assentire sorridendo. Sembrava rilassata, serena di fronte a lui...e allora perché sentiva che il cuore gli stava scoppiando in petto?

-Quando ti ho visto con Karl...così felice...ho creduto che non avessi più bisogno di me, che avessi trovato qualcuno di più forte a cui appoggiarti....-

E invece io continuo ad avere bisogno di te per essere felice. Genzo socchiuse gli occhi. Perché non era riuscito a finire la frase?

Sanae prese le mani del ragazzo e le giunse alle sue come in una preghiera poi chiuse gli occhi ascoltando i loro respiri confondersi con il soffio del vento che scuoteva le foglie autunnali.

-Tu sei la mia forza-

Genzo sorrise stringendo tra le sue le mani della ragazza.

-E tu la mia-

Candance Cameron non poteva sentire le parole che si scambiavano i due ragazzi, ma non aveva bisogno di molti indizi per capire quello che stava succedendo. Ai suoi occhi quella scena era fin troppo chiara, così come era chiaro che quella ragazzina stava facendo il doppio gioco e che Karl non era certo l'unico ragazzo nel suo cuore. Se pensava che le avrebbe lasciato il campo libero per i suoi giochetti si sbagliava di grosso...

Che piccola vipera...forse puoi abbindolare quei due con i tuoi sguardi ingenui, ma con me non attacca. Ti giuro che rimpiangerai di esserti presa gioco di Karl...

 

 

Indice capitoli / Gallery Fan Fic 4