Oltre l'apparenza

[Germania, Amburgo. Hamburg College.]

 

- Passami il compito di matematica, dai!-

- Markus, sbrigati è tardi!-

-Avete saputo l'ultima della sezione C? Dicono che...-

- Ehi! Guardate chi arriva!-

-E' Candance Cameron!-

-Ragazzi arriva Candance, venite-

Candance Cameron non dovette fare che pochi passi oltre il cancello d'ingresso della scuola perché tutta l'attenzione fosse calamitata su di lei. I capelli color miele morbidamente abbandonati sulle spalle nude. La pelle pura e luminosa lasciata scoperta da un succinto abito rosa. Gli occhi di un azzurro così intenso da ricordare quello delle pervinche. Il sorriso sincero che schiudeva le labbra carnose perfettamente truccate su una fila di denti candidi. Il corpo sinuoso capace di muoversi con innata eleganza e spontaneità.

Candance Cameron era perfetta. I ragazzi la adoravano, incapaci di resistere al suo fascino, le ragazze la veneravano come una dea. Dal momento in cui aveva fatto il suo ingresso nel prestigioso College di Amburgo era diventata di fatto la ragazza più popolare della scuola.

Eppure c'era qualcuno in quella scuola che non si era lasciato ammaliare dall'immagine luminosa di Candance. Quando la incrociava nei corridoi il suo sguardo rimaneva immancabilmente freddo. In realtà non la guardava affatto, non c'era ammirazione né riprovazione in quegli occhi, solo indifferenza. Era qualcosa che Candance non riusciva a sopportare. E non perché, come tutti credevano, era troppo abituata ad essere idolatrata per accettare di essere ignorata, ma perché quell'unica persona che non la degnava di uno sguardo era anche l'unica da cui desiderava essere guardata. Avrebbe fatto volentieri a meno di tutte le attenzioni che le venivano costantemente riservate pur di avere un saluto, un sorriso, uno sguardo da quell'unica persona.

-Ehi Karl! Hai visto in cortile? E' arrivata Candance e si è scatenato il solito delirio!-

Il ragazzo dagli occhi cristallini non diede alcun segno di interesse nei confronti della notizia.

-Dovresti vedere i ragazzini del primo anno! Bisognerà andare a raccogliere la bava che hanno lasciato...qualcuno potrebbe scivolare!-

Herman Kalz si girò verso il suo capitano che continuava a leggere con indifferenza una rivista sul calcio internazionale.

-Non puoi immaginare come si è vestita oggi-

-Sarà vestita di rosa come al solito-

Schneider si guadagnò uno sguardo di disapprovazione da parte del compagno, ma neppure questo riuscì a distoglierlo dalla sua lettura.

-Tu non sei normale Schneider, te lo dico io. Non si può rimanere indifferenti di fronte a una visione simile-

Herman tornò con un sospiro a guardare verso il cortile dove Candance era stata attorniata da una piccola folla di fedeli ammiratori. La ragazza stava generosamente distribuendo sorrisi e sguardi condiscendenti proprio come avrebbe fatto una diva circondata dai suoi fan.

* * *

 

-In ritardo come al solito signorina Cameron-

Candance si lasciò cadere sulla sedia appoggiando i libri sul banco. Lanciò uno sguardo al libro della sua compagna di banco e aprì il suo alla stessa pagina.

-Bè signorina Cameron mi auguro che questa sia l'ultima volta che interrompe le mie lezioni e in futuro mi auguro che si presenterà vestita in modo più decoroso-

Tutta la classe puntò gli occhi su Candance. Il brusio abituale era improvvisamente cessato. Tutti aspettavano.

Candance era una ragazza tranquilla. Certo il suo improvviso ingresso nel rigido istituto tedesco aveva suscitato molta curiosità e altrettanta perplessità. Continuava a vestirsi come se fosse ancora in California e il suo modo di fare era decisamente troppo disinvolto per le rigide tradizioni per cui l'Hamburg College era famoso.

Eppure Candance era una ragazza tranquilla. Non aveva mai ricevuto note disciplinari, non aveva mai dato preoccupazioni ai suoi genitori, insomma era sempre stata una ragazza tranquilla. Tranquilla.

E infatti fu con la massima tranquillità che Candance accavallò le lunghe gambe ambrate e incrociò le braccia sul petto.

-Ma professor Krause sgridandomi fa solo perdere altro tempo prezioso alla classe. E poi mi sono tanto impegnata per non perdere neanche un minuto delle sue illuminanti lezioni, non è colpa mia se sono stata bloccata in cortile-

Tutta la classe spostò l'attenzione sul professore a cui si stavano pericolosamente gonfiando le vene del collo.

-Ah e un'altra cosa- aggiunse Candance sporgendosi in avanti in modo che il professore potesse avere la migliore visuale sull'ampia scollatura del suo vestito rosa -il giallo di quella camicia ha un effetto devastante sul suo colorito, per non parlare della fantasia della sua cravatta...se vuole posso suggerirle il nome di qualche negozio dove potranno consigliarle qualche abbinamento più adatto alla sua carnagione. Anzi devo avere proprio qui l'ultimo numero di Vogue-

Mentre pronunciava le ultime parole Candance si era messa a rovistare nella sua borsa fantasia perfettamente abbinata ai sandali laccati.

-A quanto pare non c'è speranza di vedere uscire qualche frase sensata dalla sua bocca signorina Cameron. Comunque la prossima volta veda di arrivare in orario-

Con un sospiro di esasperazione il professore riprese il gesso in mano e continuò a scrivere formule di equazioni di secondo grado alla lavagna.

Tra qualche risatina e gomitata di condiscendenza la classe tornò a rivolgere la propria attenzione alla lezione.
Nessuno notò il sorriso ironico che attraversò per un attimo il viso di Candance mentre riponeva la borsa vicino alla sedia. Come sempre aveva evitato la punizione.
Non aveva impiegato molto a capire che i suoi capelli biondi, il suo aspetto fisico appariscente e il suo modo insolito di vestirsi venivano automaticamente letti come un sinonimo di superficialità e scarsa intelligenza. Aveva anche scoperto che era poco produttivo e addirittura quasi impossibile convincere chi si faceva quell'idea che lei possedeva anche un cervello ben funzionante e che i suoi interessi non si esaurivano nella lettura di riviste di moda.

Così aveva deciso di assecondare le aspettative altrui concentrandosi sul suo aspetto fisico e sfruttando al massimo l'ascendente che aveva sul sesso maschile. Era diventata così credibile nella sua interpretazione della "bionda svampita" che nessuno sembrava far caso al fatto che la sua media fosse una delle più alte della scuola. Nessuno notava il modo in cui manipolava a proprio vantaggio le conversazioni. Nessuno notava i suoi sorrisi ironici.

Solo un ragazzo dal sorriso altrettanto cinico la osservava con circospezione.

* * *

[Germania, Amburgo. Alpha Klinik]

La luce entrava soffusa nella stanza. La finestra aperta lasciava entrare l'aria vibrante del mattino. Katy sospirò soddisfatta sprofondando tra i cuscini. Le piaceva la mattina, ogni volta le sembrava un nuovo inizio e per lei una piccola vittoria. Ormai sapeva di non avere molto tempo e doveva fare ancora tante di quelle cose...la cosa più strana era che in quel periodo si sentiva in piena forma, a volte le sembrava impossibile doversene andare così presto.

-Ahhhh tanto è inutile pensarci!-

-Pensare a cosa?-

Katy sobbalzò prima di rendersi conto che la voce che aveva interrotto i suoi pensieri apparteneva a Sanae.

-Sanae! Ma che ci fai qui?! Non hai il tuo turno a quest'ora?-

Sanae sorrise sedendosi accanto al letto di Katy.

-In realtà...avrei bisogno di un favore-

* * *

L'infermiera Stephanie Rauer lavorava al centro di riabilitazione da dodici anni. Aveva affrontato casi difficili e ormai era diventata a buon diritto il braccio destro del direttore. Eppure in tutti quegli anni non si ricordava di aver mai incontrato un ragazzino indisponente come quello.

-Ehi ragazzino vuoi deciderti a scendere da quella finestra?-

Aveva cercato di mantenere la calma, ma il suo tono tradiva una forte irritazione.

Il ragazzo dai capelli scuri non fece nemmeno l'atto di voltarsi verso di lei. Era davvero insopportabile. Da quando era arrivato non aveva fatto altro che dare problemi e far perdere tempo a tutti.

Genzo socchiuse gli occhi lasciandosi andare contro lo stipite della finestra. Era inutile, per quanto ci provasse non riusciva a togliersi quella conversazione dalla mente. All'inizio non gli era sembrato vero che suo padre fosse venuto fin lì solo per informarsi sulle sue condizioni. Gli era corso incontro felice come un bambino. Quanto era stato stupido.

-Rimani qui ragazzo. Vado a parlare con i tuoi dottori-

E lui aveva aspettato per un tempo che gli era sembrato interminabile. Ma perché non tornava? Non poteva essersene andato senza salutarlo...o forse sì? Per fortuna lo studio del dottore era vicino alla sua stanza, abbastanza vicino perché potesse riuscire a trascinarsi fino lì con le stampelle. La porta era socchiusa ed era stato mentre cercava di aprirla che aveva sentito la voce del dottore.

-La lesione esterna non è particolarmente grave, non credo ci saranno grossi problemi perché si rimargini. Il problema è il colpo alla nuca. Vede qui? Ecco a questo livello non è possibile operare-

-La prego di parlare più chiaramente-

La voce di suo padre aveva tagliato l'aria come un coltello affillato. Sembrava spazientito.

-Ecco...la possibilità che suo figlio riacquisti il controllo della gamba e del braccio destro non arriva al venti per cento. Anche con una terapia di riabilitazione intensa non ci sono molte possibilità che...Signor Wakabayashi cosa....si alzi la prego!-

-La prego dottore lo guarisca. Sono pronto a pagare qualsiasi cifra perché mio figlio possa tornare a giocare a calcio-

-Ma signor Wakabayashi lei...la prego di alzarsi, lei non capisce non è una questione di denaro...il massimo che posso prometterle è che faremo di tutto perché suo figlio torni a camminare normalmente...-

-No dottore, è lei che non capisce. Senza il calcio mio figlio non vale niente!-

Genzo strinse gli occhi. Possibile che quelle semplici parole lo facessero stare così male? In fondo suo padre aveva detto solo la verità. Non valeva niente senza il calcio. Niente.  Lo aveva capito da tempo, per questo aveva lasciato dietro di sé tutto il resto e aveva dedicato tutta la sua vita a quello sport. E allora perché non riusciva ad accettare che suo padre avesse detto quello che lui stesso pensava?

Aprì gli occhi e rivolse lo sguardo verso il cortile. Due sagome minute passeggiavano lungo il viale alberato sorreggendosi l'una all'altra. Non gli ci volle molto per riconoscere Sanae e la ragazzina bionda era...come si chiamava? Ma sì, in fondo che gli importava...la verità era che non gli importava più di nulla ormai...o forse non gli era mai importato...

* * *

-Ecco qui va bene, fammi sedere-

Katy si lasciò cadere sulla panchina. Sanae si sedette al suo fianco e le porse le cartelle cliniche.

Certo che Sanae era proprio strana...Katy non riusciva a capire perché si fosse presa tanto a cuore il caso di quel ragazzo. Per di più era un tipo così scontroso...forse lo faceva perché era giapponese come lei. No doveva esserci qualcosa di più. Fin dall'inizio le era sembrato che tra quei due ragazzi ci fosse un legame profondo, eppure si erano appena conosciuti. Forse anche Sanae provava quella sensazione, forse sperava che aiutando quel ragazzo sarebbe riaffiorato anche il suo passato...

-Dunque vediamo. Lesioni superficiali...mhh...ah ecco, questo sembra interessante...lesione al nervo oft...sì insomma un nome strano...alla base del collo. Possibilità di recupero completo stimato al venti per cento...cavoli è messo proprio male...Sanae, ma che ti prende?-

Sanae rideva e sembrava davvero felice! Possibile che odiasse a tal punto quel ragazzo? No non era possibile, lei era sempre gentile con tutti...

-Sanae ma si può sapere che ti prende?-

-Ma non capisci Katy? Questo significa che ci sono possibilità che torni come prima! Con una riabilitazione mirata sono sicura che potrà riprendersi e tornare a giocare!-

-Sanae scusa, ma mi hai ascoltata? Guarda che questa cartella non mi sembra molto ottimista...-

Sanae scosse la testa.

-Questo perché i medici di questo ospedale non hanno alcuna fiducia nelle tecniche di riabilitazione che Stefan sta sperimentando, ma io so quanto sono valide!-

-Mah! Se lo dici tu...-

-E poi, una cosa come questa sono sicura di poterla guarire-

-Come hai detto?-

-Niente. Ora è meglio rientrare, non vorrei che ti affaticassi troppo...-

Così dicendo Sanae si alzò e porse il braccio all'amica in modo che si potesse appoggiare.

-Uffa! questa mini gita non vale certo le preziose informazioni che ti ho passato!-

Sanae trattenne una risata.

-D'accordo agente K la prossima volta avrà una ricompensa più adeguata!-

Le due ragazze scoppiarono a ridere.

-Hei! Non immaginerai mai chi ci sta guardando dalla finestra!-

-Come?-

-Bé ti do un indizio. E' un ragazzo scontroso che non si separa mai dal suo cappello e da quello stupido pallone...-

-Oh no! Vuoi dire che è ancora seduto sulla finestra?! Questa volta l'infermiera Rauer lo uccide!-

-Ciao super portiere! Ciao!-

-Katy ma che fai!-

Katy scoppiò a ridere trascinando Sanae verso l'ingresso dell'ospedale.

* * *

Quella è proprio fuori di testa. Genzo non riuscì a trattenere un sorriso mentre continuava a seguire con lo sguardo le due ragazze che rientravano in ospedale. Sarà meglio che mi tolga dalla finestra se no chi la sente poi...

-Wakabayashi le ho detto di togliersi immediatamente dalla finestra!-

Questa volta Genzo si girò, anzi per la verità tutti i pazienti che si trovavano nella sala si girarono verso l'infermiera Rauer.

In un attimo il viso del ragazzo era ritornato contratto e sulle sue labbra si era disegnato il solito sorriso strafottente.

-Infermiera...Rauer. Non lo sa che negli ospedali non si può urlare? Potrebbe disturbare i pazienti-

Stephanie Rauer dovette far appello a tutto il suo autocontrollo per impedirsi di saltare alla gola di quel ragazzino.

-E comunque come vede sono già sceso. Me ne vado a rinchiudermi nella mia cella personale così eviterò di turbare la pace di questo luogo-

L'infermiera Rauer osservò il ragazzo che si allontanava trascinando la gamba destra. Certo era stato sfortunato ad avere quell'incidente, ma questo non era sufficiente a giustificare il suo comportamento. Molti dei pazienti che si trovavano in quell'ospedale erano in condizioni anche peggiori, ma certo non erano così insopportabili.

-Che ragazzo impossibile-

-Ancora problemi con Wakabayashi?-

-Dottor Lindeman! Quel ragazzo sembra fatto apposta per farmi saltare i nervi! Le dico una cosa, non otterrà nessun risultato con lui-

Gli occhi cristallini del giovane medico brillarono divertiti.

-Non ne sono sicuro, ma credo di aver trovato una strada per arrivare a quel ragazzo-

L'infermiera lo osservò scettica. Aveva sempre pensato che quel dottorino che era arrivato in quel centro con l'idea di rivoluzionare i metodi di riabilitazione non avesse tutte le rotelle a posto. Naturalmente lei non aveva fatto alcun tipo di commento, odiava i pettegolezzi lei. Così se ne era rimasta zitta, limitandosi a fare il suo lavoro come sempre.

-Ha visto per caso la signorina Schwartz?-

La donna si riscosse dai suoi pensieri.

-La troverà di sicuro in camera di Katy Winkler. Non ho mai visto due ragazzine più appiccicose di quelle-

Il dottor Lindeman si avviò verso il corridoio ridendo di gusto. Aveva un'idea che continuava a frullargli nella testa e Sanae ne era la chiave.

* * *

-Che buon profumo! Ti sono arrivati dei nuovi fiori dai tuoi genitori?-

Genzo non distolse lo sguardo dalla finestra. Comunque sapeva che non avrebbe fatto differenza.

-Sai proprio non capisco perché ti rifiuti di vedere tuo padre-

Genzo non riuscì a trattenere una risata sarcastica.

-Se non ci vediamo più è sicuramente meglio per entrambi-

Sanae si avvicinò al letto dove Genzo stava sdraiato da giorni. secondo l'infermiera ormai si rifiutava non solo di seguire la terapia, ma anche di mangiare. Le flebo erano l'unica cosa che lo teneva in vita ormai.

Eppure le era sembrato convinto l'ultima volta che si erano parlati. Doveva essere successo qualcosa, ma cosa? Di certo non si illudeva di saperlo da lui.

-Non so cosa è successo tra voi, ma so per certo che tuo padre desidera che tu ti rimetta presto. Telefona tutti i giorni per informarsi sulle tue condizioni e ti manda fiori freschi ogni giorno...-

-Non posso muovere la gamba destra e il mio braccio destro ha la stessa forza di quello di un vecchio invalido. Non riesco neanche a camminare normalmente. Questo corpo...questo maledetto corpo non ho nessuna intenzione di lasciare che mio padre lo veda!-

Sanae cercò la testa del ragazzo e la accarezzò come se fosse quella di un cucciolo indifeso. A quel contatto Genzo sentì che una sensazione di profonda dolcezza si impadroniva del suo cuore. Quella ragazza riusciva a infondergli una serenità che non aveva mai provato.

-Sei proprio stupido lo sai?-

Genzo alzò la testa di scatto, ma sul volto di Sanae non trovò nessun segno di disprezzo o sarcasmo. Solo un'infinita dolcezza.

-Il corpo è solo un involucro e non definisce affatto una persona. Tu sei sempre tu, cos'è cambiato in fondo? Sei lo stesso Genzo che i tuoi genitori hanno cresciuto e amato...-

Genzo rise di nuovo, questa volta con più amarezza.

-Cresciuto e amato. Penso che sia tu la stupida signorina Schwartz, non si dovrebbe mai parlare di cose che non si conoscono-

Il tono del ragazzo era così piatto e indifferente che Sanae non riuscì a replicare. Come pensava doveva essere successo qualcosa in quegli ultimi giorni. Qualcosa che coinvolgeva i suoi genitori e che gli aveva fatto perdere la voglia di andare avanti.

 

 

 

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