Ombre di cicatrici

 

 

CAPITOLO 3 – Ricomincia la scuola



Si sistemò velocemente il colletto della divisa e uscì in fretta di casa.

- Eve, la colazione!- la voce di sua madre, dalla cucina.

Una giovane donna dai lunghi e setosi capelli corvini fece capolino dalla porta, fermando la figlia con uno stop da rugby.

- Mamma! Sono in un ritardo mostruoso e se non mi sbrigo arriverò più tardi di quanto non lo è già! - esclamò la ragazza, muovendo nervosamente le gambe nel tentativo di svicolare dalla presa ferrea.

La donna si ravviò la lunga treccia dietro la schiena e sospirò, fissando Eve con due occhi nerissimi e sorridenti.

- Non perderai mai questo vizio. Ad ogni modo eccoti il pranzo, vedi di non saltare almeno quello!- sospirò nuovamente, porgendole il sacchetto contenente la pietanza.

- Sicuro!- rispose lei, afferrandolo piuttosto grossolanamente - Ci vediamo stasera!-

- Ciao Eve! Mi raccomando, cerca di fare buona impressione e non combinare i tuoi soliti pasticci!- si raccomandò l’altra, portandosi una mano alla bocca di modo che la voce canalizzasse chiara verso la figlia.

Questa emise un sospiro rassegnato, mentre prendeva a correre rapidamente per la strada ed infilava il pranzo nella cartella marrone.

Non cambierà mai, sempre a pensare alle buone impressioni! Non mi sembra di aver fatto nulla di male... perlomeno non ancora! Ma che faccio, mi porto sfortuna...?

Mentre pensava, Eve scattava più veloce che poteva lungo la strada che portava a scuola. Quella notte aveva dormito profondamente ed aveva finito per svegliarsi solamente un quarto d’ora prima di essere placcata dalla madre.

Guardò l’orologio: le otto e trentacinque.

- Maledizione!- imprecò, aumentando l’andatura.

Si era preparata in tutta fretta, ma odiava le cose fatte male - inoltre non voleva dare una cattiva impressione proprio il primo giorno, per questo aveva impiegato buona parte del tempo nel pettinarsi e nel lavarsi. E come se non bastasse sua madre le aveva fatto perdere una buona manciata di preziosissimi secondi con la storia del pranzo!

Finalmente giunse davanti all’entrata della scuola, dove una ragazza dai lunghi capelli ricci e neri la stava evidentemente aspettando.

- Eve!- gridò quest’ultima, non appena i suoi occhi incontrarono la sua figura - Sei così in ritardo che cominciavo a credere che non saresti più venuta!-

- Sì, sì... calmati...- replicò la bionda, riprendendo fiato - Sono in ritardo solo di cinque minuti...-

Piegò il braccio, lanciando uno sguardo all’orologio.

- Accidenti, dieci minuti!- esclamò, afferrando l’amica per il braccio e trascinandola di corsa oltre l’ingresso dell’istituto Toho.

Una volta oltrepassati cancello e portone, prese a guardarsi intorno alla ricerca di qualche evidente segno che il suo ritardo poteva ancora essere rimediato. Ed infatti, per fortuna, c’era ancora parecchia gente che pareva alla ricerca della propria aula.

Sospirò. Beh, infondo allora non era poi così in ritardo.

Una corsa degna di record del tutto sprecata!

- Vediamo in che classe siamo!- fece Mizuki, spostandosi verso dei tabelloni dinnanzi ai quali una marea di ragazzi e ragazze si sporgevano e si sbracciavano. Eve si fece largo tra la folla con qualche colpo poco gentile, di modo da poter vedere gli elenchi con i suoi occhi.

- Corso E... F... G...- l’amica scorreva le lettere corrispondenti alle aule ed in breve trovò il suo nome.

- Corso G. Proprio come lo scorso anno.- sbuffò infine.

- Che c’è, non sei contenta?- le chiese Eve, senza distogliere lo sguardo dai tabulati. L’altra alzò le spalle.

- Mh... speravo di essere in classe con te.- fece senza enfasi, riprendendo ad esaminare le tabelle.

- Beh, sei fortunata, non sei in classe con colui che possiede l’arcano potere d’inebetirti? -

- Colui... che cosa? - Mizuki le rivolse uno sguardo piuttosto stralunato, poi tornò ad esaminare bene i nomi dei compagni in cerca di un indizio che presto si concretizzò - Wakashimazu!! Oh, che meraviglia! Sono in classe con Ken Wakashimazu!!- dichiarò infine con quello che Eve giudicò un trasporto. L’altra aveva preso a saltare e ad emettere gridolini di gioia, finché un ragazzo dai capelli scuri non si fece largo tra la massa di persone ancora concentrate davanti alla bacheca e le raggiunse. Mizuki smise all’istante di ridere e prese a guardarlo con occhi sognanti.

- Trovata la classe?- domandò alla sua amica. Eve si voltò distrattamente ed incrociò due occhi scuri che la guardavano sorridendo.

- Non ancora.- rispose lei con lo stesso sorriso. Lui si tolse le mani dalle tasche della divisa con una decisione tale da lasciar trasparire la risolutezza del proprio carattere e fece scorrere il dito sugli elenchi.

- Mhm... Hiyuga. Ecco qui, corso D.- disse lui soddisfatto, ma non smettendo di osservare i nomi dei compagni - E Springer. Idem.- concluse poi, trovando l’altro oggetto della propria ricerca.

Prima che potessero rischiare di finire schiacciati dalla folla pressante, i tre si allontanarono dai tabulati.

Mizuki era un sospirare unico, con gli occhi sempre fissi su Kojiro, il quale, sentendosi osservato, finì per accorgersene. La logica conseguenza fu quella di distogliere lo sguardo per evitare che le due lo vedessero arrossire; non gli piaceva essere guardato così, si sentiva fin troppo al centro dell’attenzione in un ruolo che non sentiva proprio suo, perlomeno non in fatto di relazioni con l’altro sesso.

- Chissà dove si sono cacciati gli altri...- buttò lì, con noncuranza.

- Aspetti la squadra?- gli domandò Eve, appoggiandosi con la schiena ad una colonna bianca del muro del corridoio.

Kojiro annuì.

- Alcuni di loro sono già qui...- fece - Ma non vedo Takeshi.-

- E Wakashimazu?!- Mizuki si lasciò scappare il nome del portiere, faticando evidentemente a trattenersi.

- Ken dovrebbe essere sul campo con gli altri.- fu la risposta stranita del capitano, che poi riprese a rivolgersi alla bionda - Avevo detto a Takeshi che l’avrei aspettato, ma se non si fa vedere entro due minuti, affari suoi. Non mi va di arrivare in ritardo a consegnare i nominativi.-

- Eve...- sussurrò la ragazza cominciando a passarsi nervosamente tra le dita una ciocca di capelli.

L’altra alzò gli occhi al cielo.

- Kojiro?- disse poi. Il cannoniere la stava fissando, in attesa - Questa è Mizuki Awashida. Mizuki, lui è Kojiro Hiyuga.-

La ragazza gli tese timidamente una mano, volendo prolungare quel momento più a lungo possibile. Fu come scossa dalla forte presa del capitano del Toho, che gliela strinse con risoluzione.

Mizuki fece per aggiungere qualcos’altro, quando, ad un tratto, due ragazzine urlanti sbucarono da chissà dove, prendendo a scuoterla, tutte eccitate.

- Ehi! Come stai?! Tutta un’estate che non ci si vede! Le vacanze? E con i ragazzi?? Dicci tutto, Mizuki!!- la tempestarono di parole, quasi stordendola, ma questa non sembrava infastidita perché, non appena le riconobbe, cominciò ad ocheggiare come loro.

Eve mosse d’istinto un passo indietro alla vista di quell’assalto, mentre Kojiro ritrasse di scatto la mano.

- Chi sono queste due?- chiese lei allibita.

- Se non lo sai tu...- replicò lui, con lo stesso sguardo tra il confuso e l’agitato. Poi si scambiarono un’eloquente occhiata.

- Pensi quello che penso io?- le chiese Kojiro. Lei alzò un sopracciglio.

- Se l’idea è quella di svicolare da queste pazze, sì.-

Si voltarono lentamente all’istante, poi presero a correre per l’ampio corridoio, scansando le facce stupite dei compagni di scuola.

Finalmente fuori!

Eve sospirò e poi scoppiò a ridere.

- Penso che Mizuki mi odierà a vita per questo!!-

Kojiro le rivolse uno sguardo interrogativo, ma dopotutto sereno. Pareva che Eve si stesse davvero divertendo, la sua era una risata spontanea e vivace... tanto che ne fu contagiato.

- Non male come primi minuti d’esordio, eh?-

Le risa del ragazzo furono sovrastate dal suono ritmico della campanella, mentre fuori nel cortile antistante si provvedeva a chiudere il cancello, nonostante un ragazzino riuscì ad infilarsi di corsa tra le due inferriate, appena in tempo.

- Hiyugaaa! Capitano!-

Il diretto interessato alzò lo sguardo.

- Ecco, questo è Takeshi!- esclamò, come se fosse palese e lampante, quasi un’abitudine che il compagno giungesse proprio all’ultimo momento.

L’amico lo raggiunse in fretta e furia, stringendo la cartella tra le braccia. Pareva addirittura che non avesse avuto il tempo materiale di infilarsela sulle spalle.

- Ehi, ciao Eve!- espirò profondamente, notando la ragazza - Kojiro! Mi dispiace... ho cercato di fare più in fretta che ho potuto...- farfugliò poi rivolto all’altro, ansimando.

- Sì, certo. - sbuffò lui, Sawada ce la metteva tutta, ma la puntualità pareva non essere proprio il suo forte - Avanti, muoviamoci.-

Hiyuga si portò velocemente verso il campo, seguendo il breve sentiero che portava fuori dal cortile retrostante l’edificio scolastico, seguito da un Takeshi alquanto distrutto.

- Eve, puoi aspettarci giù se vuoi. Ci metteremo pochi minuti.- fece il ragazzino, sforzandosi di sorridere.

La ragazza annuì e lo seguì sul campo e finalmente li vide: il Toho al completo.

Uno per uno stavano consegnando dei fogli ad una donna dai capelli rossi in tuta da ginnastica - probabilmente la coordinatrice - poi firmavano su un registro. Eve scese sugli scalini, dove aveva notato una figura conosciuta.

- Ayame!- la chiamò. L’altra si voltò curiosa e sorrise.

- Eve, ciao! Hai visto? Siamo in classe insieme!-

- Emh... in verità ho faticato a trovare il mio di nome!- rispose portandosi un braccio dietro la nuca - Comprendimi, sono sveglia soltanto da una mezz’ora!-

- Oh, non importa.- rise Ayame - Ora lo sai!-

Eve si stiracchiò e sbadigliò.

- Uffa... ho fatto tutto di corsa stamattina.- sospirò, lanciando una vaga occhiata ai giocatori.

Ken stava ridendo di gusto insieme a Takeshi e a Kojiro, quest’ultimo pareva un po’ spazientito e guardava l’amico più piccolo in maniera poco rassicurante: molto probabilmente Takeshi gli stava raccontando la sua mattinata d’inferno.

Fu un attimo perché il portiere alzasse distrattamente lo sguardo e incrociò i suoi occhi, tanto che Eve si sentì colta di sorpresa mentre lo fissava. Lui teneva le mani ai fianchi e un sorriso dipinto sul bel viso. Poi alzò una mano e la agitò in segno di saluto.

La bionda replicò alla stessa maniera e sarebbero rimasti lì fermi a salutarsi se Kojiro non avesse passato velocemente una mano davanti agli occhi dell’amico e poi gli avesse gentilmente conferito una gomitata per avvertirlo che toccava a lui firmare. Allora lei abbassò la mano, mantenendo un sorrisetto brillante sul volto.

- Sei qui per lui?- le domandò Aya, lisciandosi timidamente i capelli castani.

- Lui...? Lui chi? Emh... Ken?- Eve tornò alla realtà - No, siccome siamo in classe anche con Kojiro e io non ho la minima idea di dove sia l’aula D, Takeshi mi ha chiesto di aspettarli, tutto qui.-

L’altra sorrise:

- Io invece aspetto Kazuki. Purtroppo non siamo in classe insieme come lo scorso anno.- Ayame si fece seria e sospirò, ma venne colta alla sprovvista sentendosi battere la mano dell’altra sulla schiena e la sua voce squillante dichiarare a gran voce:

- Su con la vita! La scuola è appena cominciata, non vorrai deprimerti proprio ora?-


Eve si apprestò a salutare il resto del gruppo.

- Ci conviene muoverci ad andare in classe ora, se arriviamo in ritardo il primo giorno non faremo certo una bella figura!- scherzò Takeshi, mentre Ayame guardava preoccupata l’orologio della scuola.

Un po’ strano sentire Sawada lamentarsi del tempo.

- Emh, ragazzi... siamo già in ritardo.- aggiunse Ken con una certa foga, seguendo lo sguardo della ragazza sulle lancette nere.

Kojiro a quelle parole aggrottò un sopracciglio, Eve, che stava ancora sbadigliando, si bloccò considerando di scegliere tra l’essere preoccupata o il rassegnata; Takeshi invece scatto per primo su per il campo, fino a rientrare all’interno dell’istituto, seguito a ruota da tutti gli altri.

Arrivati al centro del corridoio principale, il più giovane si allontanò per raggiungere la classe di corso inferiore al primo piano, salutando gli altri con un cenno frettoloso.

- Ci vediamo più tardi!- fece il portiere senza fermarsi, seguito da Kazuki.

- Conviene che ci muoviamo anche noi.- affermò Eve, rivolta a Kojiro, il quale guidò lei ed Ayame verso l’aula D.


A nessuno dei tre andava di parlare.

Kojiro sembrava piuttosto irritato, Aya non aveva espressione sul volto bianco, mentre Eve abbozzava qualche sorrisetto involontario.

- Si può sapere che hai da ridere?- le chiese tutt’un tratto il capitano, con aria piuttosto spazientita. La ragazza si voltò verso di lui senza rispondergli, ma mantenendo quell’espressione sorniona che dava l’impressione che in realtà non le importasse granché del fatto che fossero stati sbattuti fuori dalla classe per ritardo ancora prima di averci messo piede.

- Che situazione assurda!- commentò, infine, alzando le spalle. Kojiro si limitò a sbuffare. Tutta colpa di Sawada.

- Su ragazzi, capita...- mormorò Ayame, a bassa voce.

- Già, capita!- il capitano alzò gli occhi al cielo, palesemente contrariato.

- Avanti non mi dire che tu sei lo studente modello!- sorrise Eve - Non mi dispiace saltare qualche ora!- concluse facendogli una linguaccia.

Kojiro rimase a fissarla con il dubbio che davvero non le pesasse per nulla che andava piano piano a concretizzarsi.

Certo che Eve era ben strana! L’aveva pensato dalla prima conversazione che avevano avuto e pareva davvero che lei avesse altri pensieri per la testa, mille volte più rilevanti di una lezione fuori dalla porta a cui dedicare la propria attenzione.

Il suo sguardo si posò inevitabilmente sugli occhi neri di Ayame, alla destra della bionda, che parevano supplicarlo di non arrabbiarsi. Avevano un taglio tipicamente orientale, contornato da un’infinità di affusolate ciglia nere, curvate al punto giusto da conferirle uno sguardo intenso e profondo, ma che a causa della timidezza, finiva sempre per essere rivolto altrove e non all’interlocutore.

Incrociare le sue quiete iridi nere, però - cosa che raramente accadeva - gli permise di calmarsi e sospirare in un sorriso.

- Comunque... non è una brutta prospettiva.- riuscì a razionalizzare, infine.


Stava scarabocchiando un chibi Kojiro, un chibi Takeshi e un chibi Ken che si facevano le boccacce.

Sorrise, rimirando l’angolo del foglio per gli appunti, soddisfatta di aver raggiunto l’ilarità sperata. Il professore seguitava a spiegare inglese con un accento fortemente fastidioso e se in quel mentre non fosse intervenuta la campanella, Eve avrebbe seriamente cominciato a pianificare di schiacciare un pisolino.

Finalmente ebbe modo di uscire dalla classe. Non le sarebbe dispiaciuto rimanere fuori anche per quella noiosissima ora, pensava che forse avrebbe potuto trovare il modo per svicolare, quando Aya le si fece vicino.

- Dove vai di solito, all’intervallo?- le chiese, approfittando subito della sua presenza, le mani ai fianchi.

L’altra indicò il cortile posteriore e sorrise.

- L’anno scorso lo passavo in giardino con Sorimachi. Di solito veniva a chiamarmi lui e... beh... uscivamo in cortile.-

Ayame si guardò intorno e lo cercò con lo sguardo, poi si rivolse di nuovo a Eve.

- Si vede che le abitudini cambiano...-

Eve le lanciò uno sguardo sereno, poi si mosse verso le scale.

- Si può andare sul tetto?- le domandò. La ragazza dai capelli castani si arrotolò una ciocca su un dito e la guardò con aria dubbiosa.

- Veramente non so se è permesso.-

Ma la bionda stava già salendo le scale ed aprendo la porta che dava sul tetto quando l’altra la raggiunse.

- Hai davvero intenzione di...-

- Nella mia ex-scuola era permesso.- Eve si guardò intorno - Avanti, vieni.-

Il sole libero di riflettersi sui loro volti, indorò i loro capelli ed il vento leggero prese a giocare con le gonne delle loro divise, finché le due non si accomodarono accanto al muretto controvento ed Ayame sospirò.

- Non l’avevo mai fatto.- disse.

- Mh?- chiese Eve, mentre si accendeva una sigaretta. Il pacchetto appena estratto dal taschino della camicetta.

- Salire quassù, intendo. In tutti questi anni non ci ho mai pensato...-

- C’è sempre una prima volta per tutto!- sorrise l’altra mentre espirava. Quella tasca era davvero troppo piccola.

- Già...- Ayame abbassò lo sguardo.

Rimasero in silenzio per qualche lungo istante, poi la bruna alzò gli occhi verso la sua compagna ed incontrò il bel profilo di Eve. Aveva dei lineamenti dolci, la carnagione chiara, gli zigomi tondi, il naso perfetto, né piccolo né grande, gli occhi di un blu intenso fissi verso una nuvola passeggera nel cielo, le labbra rosee che ogni tanto stringevano la sigaretta e cortissimi capelli biondo scuro che le incorniciavano il viso.

Aya aveva quasi timore a rivolgerle la parola... forse solo il fatto che tenesse una sigaretta in mano le pareva che potesse rovinare un così bel viso.

- Ti fa male.- si lasciò sfuggire.

Eve comprese facilmente a cosa si stesse riferendo l’altra, ma sorrise dolcemente, come per rassegnazione e le rispose con due semplici parole.

- Lo so.-

La bruna non aggiunse nulla, finché l’amica non si alzò e si avvicinò alla ringhiera.

- Guardali là.- disse fissando un punto preciso sotto di sé. L’altra la raggiunse di nuovo e sorrise.

- Stanno sempre con un pallone ai piedi! Non so come facciano a pensare sempre al calcio!- scherzò, spolverandosi la parte posteriore della gonna.

Kojiro si preparò a lanciare il suo tiro migliore.

- Ken mi ha spiegato che è una passione, è come tormento, non puoi smettere di pensarci.- Eve mutò espressione - Non credo sia poi così drammatico, è una cosa che quei ragazzi adorano e non credo smetterebbero nemmeno per tutto l’oro del mondo.- poi fece una smorfia infantile - Beh, forse qualcuno di loro sì, ma, eheh, non puntualizziamo!-

Ayame si sporse accanto a lei, giusto in tempo per vedere il suo ragazzo passare il pallone al capitano. Un ottimo assist.

Kojiro tirò una cannonata che si spense tra le mani di Ken. Takeshi, superato lo stupore, cominciò a saltare come se stesse festeggiando qualcosa e Kazuki si portò le mani ai fianchi, impressionato.

Il portiere scoppiò a ridere di gioia ed urlò così forte che le parole giunsero chiare anche alle orecchie delle due ragazze.

- L’ho parato! Yahoooo!! Giornata memorabile! Ho parato il Tiger Shot di Hiyuga!!-

Anche Eve rise, i suoi occhi rivolti a quel ragazzo più felice che mai per aver appena dato prova di essere in grado di battere il suo capitano. Non si capacitava del motivo, ma sentiva qualcosa di strano dentro, mentre lo guardava ridere ed udiva la sua possente voce d’uomo esultare vittoriosa.

- Che ti dicevo?- aggiunse, verso Ayame. Sulle labbra di quest’ultima era chiaramente dipinto un sorriso forzato.

- Dici che non rinuncerebbero al calcio per nulla al mondo?- sussurrò poi, a bruciapelo.

Eve spense il mozzicone sulla ringhiera poco più in là e vi si appoggiò con i gomiti. Ci mise poco ad intuire.

- Parli di Sorimachi, vero? Non voglio sapere tutta la storia, spetta soltanto a te decidere se raccontarmelo o meno, l’unica cosa che ti posso dire ora è di non mollare, perché se tieni veramente a lui dovresti capire cosa prova verso il calcio.-

Ayame si trovò a fissare l’azzurro intenso del cielo, il capo chinato indietro per non lasciarsi offuscare gli occhi dalle lacrime. Si limitò a sospirare.

Già, che stupida sono. Non ci ho mai pensato. Sono stupida ed egoista. Kazuki ama il calcio più di ogni altra cosa... anche più di me. Rinuncerebbe al calcio per me? No. Assolutamente, lo conosco bene, ormai. E a me per il calcio? Accidenti, forse ne sarebbe capace.

Per quanto possa valere, io so di amarlo... ma forse questa sicurezza deriva dal fatto che non ho mai avuto grandi passioni, che non posso comprenderlo.

O forse perché il mio cuore... no, Aya! Non ci devi neppure pensare!

- Ehi! Ci sei ancora?- Eve le agitò una mano davanti agli occhi.

- Cosa...? Oh, sì... sì ci sono!- le rispose, tentando di ricomporsi e di sorridere - Ora è meglio scendere o ci cacceranno fuori una seconda volta!-


Sì, si era davvero divertita! Finalmente le cose stavano andando per il verso giusto.

Aveva trovato dei nuovi compagni ed in quei giorni si sentiva veramente bene.

Si asciugò il viso e prese il tubetto di gel che stava accanto alla spazzola. Se ne spalmò un po’ sulle dita, che poi passò sui capelli corti.

Perfetto. Così sarebbero stati a posto ancora una volta. Con il pettine si aiutò ad acconciarli in modo da darle un’aria vivace e naturale, come sempre. Poi si lavò di nuovo le mani.

Il suo sguardo, mentre afferrava la salvietta, cadde sui propri occhi, riflessi nello specchio. E per una rara volta le si presentarono come occhi sorridenti, come quelli di una qualsiasi altra ragazza che desiderava affrontare una nuova giornata con tanta voglia di vivere.


Quando scese in cucina, sua madre lo salutò.

- Ciao, Ken.-

- Mamma.- fece un cenno con la mano, poi si fermò di scatto e si voltò - Ah! Oggi iniziano gli allenamenti, ci vediamo questa sera!-

La donna annuì, rimanendo a sbrigare le ultime faccende in cucina in vestaglia, mentre il figlio chiudeva la porta e correva verso la scuola con un toast in mano.

- Non gli farà bene mangiare mentre corre.- sospirò, prima di ripiegare lo strofinaccio.

Nel frattempo, il portiere cercava di inghiottire quello che restava della sua colazione ed allo stesso tempo seguire la strada con passo cadenzato e spedito.

Eve s’imponeva mentalmente di non rallentare l’andatura, mentre girava l’angolo con una mano che impugnava la cartella e l’altra lungo il fianco; entrambe si muovevano avanti e indietro accanto alla sua vita snella.

- Eve!- la chiamò Ken. La ragazza si voltò, ma senza smettere di correre lo aspettò, poi cominciarono ad avanzare rapidamente l’uno di fianco all’altra.

- Anche tu in ritardo stamattina?- sorrise lei.

- Già... ehi, aspettami!- Ken riprese il passo veloce di Eve - Potresti iscriverti al club di atletica, sai?-

- Mh, ci avevo già pensato. Anche nella mia ex scuola facevo parte di una squadra di atletica.- rispose la ragazza, fissando la strada che si snodava libera dinnanzi a sé.

- Di sicuro faresti un figurone! A proposito... ti ho detto che qualche giorno fa ho parato il Tiger Shot di Kojiro?-

- Almeno un milione di volte, portiere!- Eve sorrise alzando gli occhi al cielo - Ti ho detto che ho anche assistito al miracolo dal tetto della scuola?-

- Sì, ora che ci penso... ehi! Ma non è stato un miracolo! Sono stato io ad essermi allenato duramente!- replicò Ken, con il tono di un bambino.

- Già, come no!- Eve aumentò la velocità - Vediamo se riesci a starmi dietro, se davvero ti sei tanto allenato!-

Scattò in avanti con una dinamicità impressionante, Ken riuscì a tenere il passo per un po’, poi si distaccò e, pur non rinunciando alla corsa, finì per raggiungerla solamente davanti all’entrata della scuola, dove Eve lo aspettava col fiatone. Non appena anche lui si fu appressato, mosse un passo avanti oltrepassando il cancello.

- Direi che ho vinto ancora!- rise.

- Oh, ma che simpatica! Aspettavi l’ultimo momento per umiliarmi, eh?- Ken scherzò, facendo il finto serio e appoggiandosi al muretto per riprendere fiato. Eve cambiò improvvisamente espressione.

- No. Umiliarti mai. Stavo solamente scherzando.-

Wakashimazu alzò lo sguardo, stranito, ed incrociò quegli occhi profondi e così gravi che parevano parlare; si sentì in colpa... in colpa per qualcosa che nemmeno lui riusciva a spiegarsi, così cambiò discorso distogliendo lo sguardo e dando un’occhiata distratta all’orologio della scuola.

- Ehi! Siamo arrivati prima di quanto potessimo immaginare, che ne dici se ti accompagno ad iscriverti alla squadra di atletica? Dovrebbero essere aperti da oggi gli sportelli.-

- Okay.-

La ragazza lo seguì in silenzio.


La campanella suonò inaspettata ed Ayame si stiracchiò elegantemente. Incredibile come qualsiasi cosa facesse, anche quella più involontaria, riuscisse a risultare pacata e signorile.

Kojiro, invece, uscì di corsa dalla classe.

La ragazza ripose di nuovo i libri nella cartella e si sistemò la gonna della divisa, poi diede un occhio alla sua compagna. Che strano, le pareva che ci fosse qualcosa che non andasse quel giorno in lei.

- Eve...- cominciò. L’altra non disse nulla, si limitò a fare un cenno con il capo a segno che la stava ascoltando.

- Che ne diresti di venire con me a guardare gli allenamenti dei ragazzi?-

- Preferisco tornare a casa. E poi devo anche ritirare la divisa di atletica.- rispose la bionda a voce bassa.

- Se è questo il problema, facciamo così: tu vai a ritirare la divisa e io ti aspetterò sul campo, mh?- Aya la guardava con quegli occhioni neri a calamita che parevano supplicarla - È la prima e l’ultima volta che te lo chiedo, ti preeeeego...- si attaccò alla manica della divisa dell’amica.

- Okay, okay, basta che la smetti di tirare!- Eve alzò gli occhi al cielo e si portò la cartella su una spalla senza badare troppo al risultare poco fine, uscendo infine dalla classe.

Anche per quel giorno le lezioni erano terminate; avevano salutato gli altri ed ora si stavano dirigendo verso l’esterno ed il secondo cortile, dove si trovava l’ampio campo di calcio.

- Aspettami qui. Prendo la divisa e arrivo.- fece Eve, mentre Ayame scendeva sugli spalti per prendere posto. L’altra si allontanava e scendeva le scalinate fino all’antistante campo di atletica.

Ad un tratto si fermò sulle scale e lentamente vi si sedette, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sorreggendosi la testa tra le mani. Si lasciò andare e sospirò chiudendo gli occhi.

Ken stava certamente scherzando, questa mattina, quando mi ha detto che lo stavo umiliando, ma... perché ho reagito in questo modo assurdo? Basta... basta, io non voglio più avvilire nessuno, non voglio che tutto torni come tre anni fa. Sento che così, a questo punto, in questo istituto... sento di stare veramente bene... e non voglio tornare indietro. Non voglio guardare dietro di me...

Improvvisamente avvertì una mano posarsi dolcemente più volte sulla sua spalla destra.

- Eve... Eve?-

La ragazza aprì stancamente gli occhi e si trovò fissa in quelli castani della sua amica.

- Mizuki...- sussurrò, schiarendosi la voce.

- Che ci fai qui, tutta abbandonata?- sorrise l’altra, sedendosi accanto a lei.

- Una pausa.- sbadigliò.

Mizuki si sciolse i lunghi capelli neri, che aveva l’abitudine di acconciare con le più profumate creme e balsami perché si mantenessero ricci e perfettamente in piega. Una fanatica dell’estetica, si poteva dire.

- Non è stato carino andare via in quel modo, l’altro giorno!-

Sulle labbra di Eve si delineò un sorrisetto divertito, mentre alla sua mente riaffiorarono le sensazioni di buon umore, provocate dalle risate con Kojiro.

- Sì, lo so.- rispose, ancora sorridendo. Anche Mizuki prese a ridere, eterna allegra, non era capace di tenere il muso.

- Di’ un po’... come fai a conoscerlo?- aggiunse, estraendo dalla tasca un minuscolo cofanetto rosa, di cui si apprestò a svitare il tappo.

- Conoscerlo? Intendi Kojiro?- domandò Eve.

- Esatto!- l’altra si fece attenta, mentre prelevava un po’ di lucidalabbra al lampone con un dito e se lo portava alla bocca.

- Non è che lo conosca così bene, a dire il vero...- la bionda alzò le spalle - Ricordi quella volta in cui abbiamo incontrato Wakashimazu in quel negozio?-

Mizuki se lo ricordava benissimo. Annuì, pendendo dalle labbra dell’amica, che proseguì.

- L’ho incrociato più tardi qui al campo ed anche qualche giorno dopo, per caso. Così mi ha chiesto se avevo voglia di andare alla festa di un suo amico: Kojiro. Ho accettato e così ora mi trovo a conoscere tutti i ragazzi della squadra.- spiegò, ripercorrendo gli eventi e rendendosi conto che il caso poteva davvero creare diversi legami.

- Ma che fortuna! Wow!- sbottò la compagna, sistemandosi gli ultimi ritocchi di cosmetico - Vuoi dire che sei stata ad una festa con Wakashimazu?! E perché non mi hai mai detto niente?! Capisco che sei una che non parla spesso dei fatti propri, ma questa è una notizia da tabloid!-

- Perché non me l’hai mai chiesto. E poi è così importante per te, Ken?- replicò Eve, con la sua tipica alzata di spalle. L’altra si rimise a sorridere, compiaciuta.

- Beh, in verità mi piace quasi quanto Kojiro! O forse il bel portiere un pochino di più...- fece, pensosa - Pensa che oggi quando stava entrando in classe e io l’ho salutato, lui mi ha detto “Ciao!”... oh, sono tutti e due così belli! Che tu sappia, hanno una qualche ragazza?-

Eve sorrise e scosse la testa, Mizuki non sarebbe mai cambiata.

- Che io sappia no...- rispose, alzando le sopracciglia - Ma non te lo posso giurare.-

- Umh... devo indagare!- replicò l’amica, riponendo la piccola scatola ovale e distendendo le labbra l’una sull’altra per far aderire bene il lucidalabbra alla bocca.

- Sì, certo! Poi fammi sapere!- la prese in giro la bionda.

- Ehi, niente scherzi! Io lo faccio seriamente!- rispose Mizuki, un po’ indispettita, mentre si puliva il dito ancora colorato di nitido rosa in un fazzolettino di carta.

- Ora è meglio che vada a prendere quella benedetta divisa.- sospirò Eve, alzandosi e scendendo il primo scalino.

- Idea!- gridò ad un tratto l’altra, tanto da fare voltare la compagna di scatto e guadagnarsi un suo sguardo tra lo stralunato ed il preoccupato.

- Che vuoi fare, genio?- sospirò, portandosi le mani ai fianchi. Mizuki cominciò a sogghignare maliziosamente.

- Domani comunicheranno le date della gita d’inverno...-

- Oh, no.- Eve aveva già inteso cos’aveva in mente l’altra.

- Oh, sì! Pensa se riesco a convincere il signor Nishimura a portare con la nostra classe anche la vostra! Così non solo ci porteremo in gita quei due, ma assisterai anche al mio trionfo!!-

La risata a tratti diabolica della ragazza dai capelli ricci era carica di un entusiasmo sospetto. Si ravviò una ciocca dalla fronte, lasciando che si liberasse nell’aria il piacevole ed intenso odore del balsamo alla frutta.

- Scommettiamo che non riuscirai a combinare un accidente?- ridacchiò Eve.

- Scommessa accettata! Vedrai di cosa sono capace! - Mizuki la raggiunse e le strinse la mano, in segno di promessa -Se vinco io, tu farai qualcosa per me, se invece la remota possibilità di vittoria da parte tua, ovvero lo zero virgola zero uno percento si realizzerà, sarò io a doverti un favore!-

Sul volto dell’altra seguitava a persistere un’espressione di compatimento mista ad ilarità, per nulla convinta delle parole che aveva appena udito, inoltre stava seriamente cominciando a preoccuparsi per la salute mentale dell’amica.

- Certo! Già m’immagino Ken con uno sguardo che impietosisce il re dei serial killer e Kojiro praticamente distrutto nel suo orgoglio, ridotto alla stregua di uno zerbino!- riuscì a terminare, prima di scoppiare in una risata divertita.


- Allora domani hai le selezioni?-

- Già. Se voglio entrare in squadra, devo battere i tempi che faranno le altre. Piazzarmi bene, insomma.- Eve si fissò sul sole quasi al tramonto.

La luce rossa inondava gli spalti e si rifletteva sul suo viso sorridente. L’incontro con Mizuki l’aveva tirata su di morale.

Quella matta aveva intenzione di sedurre sia Ken che Kojiro, e l’assurdità della trovata l’aveva spinta a proporre la scommessa. Certo, quella ragazza non avrebbe faticato a convincere il signor Nishimura a portare entrambe le classi in gita, quell’uomo era piuttosto insicuro e volubile, caratteristiche che non si addicevano per niente ad un professore, eppure insegnava al Toho da anni - perlomeno stando a quanto le avevano riferito.

Il resto sarebbe venuto da sé, diceva Mizu. Chissà quale piano avrebbe escogitato per attirare nella sua rete Kojiro e Ken. Le sfuggì un sorriso divertito.

Figuriamoci, Mizuki che adesca quei due! S’immaginava davvero Wakashimazu con uno sguardo che avrebbe commosso anche un assassino prezzolato e Hiyuga sul serio annientato nel suo senso di dignità, tanto da somigliare ad un puliscipiedi!

Eve scosse il capo con un sorrisetto rassegnato. Forse stava andando troppo oltre, ma c’era qualcosa che la preoccupava... ed anche se non voleva ammetterlo, sapeva bene che cosa la infastidiva.

- Kojiro è veramente un fenomeno!- esclamò Ayame, alla sua destra.

- Ehi! Kojiro è mio!- ribatté Mizuki, alla sua sinistra, lanciando un’occhiata in tralice alla ragazza dai lunghi capelli castani.

- Ho solo fatto un apprezzamento, non ho detto nulla di speciale...- ribatté questa, specchiandosi nel volto abbronzato dell’altra.

- Allora perché non tifi un po’ per il tuo attaccante, Sorimachi!- replicò Mizu, a denti stretti.

Non conosceva quella Akimoto, né si erano mai scambiate una parola prima d’allora. Aveva solo avuto modo di vederla durante le partite o in compagnia di Kazuki per i corridoi della scuola, il che aveva suscitato in lei un senso serpeggiante di invidia: Aya poteva seguire il Toho da vicino, essendo la ragazza di uno dei titolari, mentre lei avrebbe dato qualsiasi cosa per essere al suo posto! Certo, personalmente avrebbe mirato direttamente al capitano o a quel portento di portiere, e soprattutto se fosse stata in lei avrebbe prenotato immediatamente una seduta dal parrucchiere, una dalla manicure ed un’altra dall’estetista per una bella lampada! - non le piaceva l’aspetto troppo diafano, una bella ragazza doveva curarsi molto per fare colpo!

Ayame si fece seria ed aggrottò le sopracciglia, distogliendo lo sguardo da lei.

- Beh? Che c’è?- ribatté l’altra - Hai perso la ling...-

Eve la interruppe bruscamente:

- Piantala, Mizuki! Occorre litigare per queste stupidaggini? Vi conoscete da dieci minuti!-

Mizuki si strinse nelle spalle e provvide anch’ella ad abbassare lo sguardo. Eve aveva sempre avuto uno strano effetto su di lei; sin da quando si erano conosciute tre anni prima, aveva notato ed ammirato il suo carattere forte ed autorevole. Ed anche se non voleva darlo a vedere, aveva finito per esserne un po’ gelosa... voleva possedere quella sua particolare essenza che non sarebbe mai riuscita a raggiungere con nessun tipo di cosmetico, crema o tonico.


- Tutto bene, Aya?- le chiese, una volta fuori dalla scuola.

- Tutto bene.- rispose lei, sospirando. Si notava molto chiaramente sul suo volto, ogni volta che si parlava di affari di cuore, che le cose tra lei e Kazuki non andavano per niente come si deve.

Ogni volta che lo nominavano, Ayame diventava seria e perdeva il suo timido e riservato sorriso. Eve non volle aggiungere nient’altro, oramai era ben certa che la causa della sua tristezza era Sorimachi.

Ecco. Parli del diavolo...

La ragazza arrestò la sua andatura, udendo una voce famigliare che le chiedeva di fermarsi.

- Ciao ragazze!- Kazuki sorrideva - Posso accompagnarvi?-

- Veramen...- Ayame stava per replicare, quando la voce di Eve sovrastò la sua.

- Ma certo. Oh, un momento, tu sai dove si è cacciato Ken?- si inventò qualcosa su due piedi.

- È ancora in spogliatoio, perché?- rispose il ragazzo, con aria amichevole.

- Devo... emh... devo... chiedergli un paio di cose sull’equipe di atletica. Vi spiace andare senza di me? No, vero? Ci vediamo!- Eve non concesse ai due nemmeno il tempo di rispondere, che diede ad entrambi una leggera spinta per sollecitarli ad andare via insieme.

Kazuki rispose al saluto e si voltò, mentre Aya la fissò per un istante con occhi supplichevoli, ma l’altra le strizzò un occhio ed alzò la mano in segno di arrivederci. Poi, quando anche Ayame si fu voltata, decise di aspettare almeno che voltassero l’angolo per raggiungere casa anche lei.

Finalmente stava per lasciare la scuola, quando le si fece vicino un ragazzo dalla carnagione scura, accompagnato da un ragazzo dai lunghi capelli neri. Eve sorrise guardando davanti a sé.

- Ragazziii!- Takeshi arrivò, correndo. Pareva un suo hobby, quello dell’indugio.

- Eccolo, ci risiamo. - scherzò Ken, senza voltarsi.

L’amico li raggiunse e prese a camminare con loro.

- Ah! - sospirò felice - Mi mancavano i nostri allenamenti!-

- A chi lo dici! Ho passato tutta l’estate in pena per poter ricominciare ad allenarmi con la squadra!- esclamò Ken portandosi le mani dietro al collo. Eve mosse leggermente la mano che aveva sulla spalla, avvertendo dietro di sé la cartella muoversi di poco durante la marcia.

- Non credevo che foste veramente così forti. Allora la vostra fama è meritata.- disse.

Era rimasta realmente affascinata dagli allenamenti che aveva avuto modo di seguire: i bolidi di Kojiro, i rapidi passaggi di Takeshi e le spettacolari parate di Ken l’avevano lasciata a bocca aperta.

- Grazie! Lo vedi Kojiro, anche le ragazze dicono che siamo bravi!- sorrise il più piccolo del gruppo.

- Ma non dobbiamo sottovalutarci e continuare ad allenarci!- lo rimproverò il capitano, tentando di chetare gli ormoni del compagno.

- E dai, non essere così severo, capitano! Se ci fanno dei complimenti è buona educazione accettarli!- replicò Takeshi.

- Stai dicendo che sono un cafone?!- lo fulminò Kojiro. Sawada tacque all’istante, ma intervenne Ken.

- Beh, un po’ presuntuoso lo sei.- ammise, sornione.

- Che?!- il cannoniere si fermò di scatto sulla via. L’altro non trattenne una risata compiaciuta.

- Provo un certo gusto a giocare con la tua alterigia, lo ammetto.- sostenne, tra le risa.

- Wakashimazu!- gridò Kojiro.

- Presente!- continuò l’altro.

- Ken! Se ti prendo...!!- ed iniziarono ad inseguirsi per la strada, uno furibondo e l’altro che tentava seriamente di non morire dalle risate.

Beh, Ken aveva ragione: era divertente provocare Kojiro! Eve scoppiò in una risata fragorosa, seguita da Takeshi, che si piegò in due.

- Sawada! Springer! Volete prenderle anche voi?!-


I quattro avevano ripreso a camminare tranquillamente lungo le vie asfaltate di fresco, ormai il rosso del sole si stava accentuando all’orizzonte e le strade erano pressoché deserte, qualche auto transitava ogni tanto ed i ragazzi parevano essersi calmati, dopo la divertente sfuriata del capitano.

- Kojiro, Kojiro!- una bambina dai capelli nerissimi uscì correndo da un cortile alla loro sinistra, per saltare direttamente in braccio al cannoniere.

- Ciao, piccolina!- la salutò lui, reggendo il suo live peso con un braccio e strapazzandole i capelli con l’altro. Gli altri erano rimasti a guardarlo, mentre festeggiava la bimba come un padre accoglie la figlia una volta tornato dal lavoro. L’espressione di Eve era rilassata ed allegra ma, doveva ammetterlo, si era inizialmente stupita nel vedere quel ragazzo così scontroso e schivo giocare con quella bimba che rideva felice tra le sue braccia.

- Quella è la sua sorellina.- le disse Takeshi. Kojiro si voltò verso di loro e si rivolse alla ragazza.

- Credo che tu sia l’unica a non conoscere Naoko.-

Eve si rivolse alla piccola, che le strinse la mano, un po’ intimidita.

- Ciao, Naoko. Io sono Eve.- disse la giovane.

La sorellina di Hiyuga sorrise dolcemente e pronunciò il proprio nome con una vocina mielata, pareva aver perso tutta la sua timidezza ed aver assunto l’aria furbetta che caratterizza ogni bambino dall’animo vivace.


Ken e Takeshi la salutarono, mentre entrava in casa e richiudeva la porta dietro di sé.

Eve si tolse le scarpe e si annunciò:

- Mamma! Sono tornata!-

Sì batté immediatamente una mano sulla testa, lievemente, ricordandosi che non c’era nessuno in casa. La madre copriva dei turni piuttosto pesanti ed a volte era costretta anche a rimanere fuori casa la notte.

Salì di corsa le scale ed entrò in camera sua. Non vedeva l’ora di provare la divisa di atletica!

I pantaloncini corti blu le fasciavano i fianchi e la maglietta non troppo attillata, bianca con il simbolo della scuola su una manica la faceva sembrare veramente un’atleta. Ed alla vista della sua immagine allo specchio, le sovvenne il ricordo della sua ex divisa dalla maglia era rossa e i pantaloni bianchi.

Aveva sostenuto tante gare con la sua ex squadra. Era considerata una delle migliori del gruppo, ma l’allenatore le rimproverava più volte il fatto che fumasse, dopo averlo scoperto, l’aveva anche minacciata di cacciarla dalla squadra se non avesse smesso. Ma un evento tale non aveva avuto modo di verificarsi mai, perché fu lei a lasciare la squadra e la scuola, dopo l’incidente.

Già, l’incidente. Era da tempo che non ci pensava più, tre anni prima continuava a tormentarsi... tre anni prima aveva 15 anni... maledizione solo 15 anni! Poco più che una bambina.

Si sforzò di rilassarsi. Aveva superato tutto ma a volte, quando ripercorreva il tempo lasciatosi alle spalle con la memoria, la invadeva un senso di sconforto misto a collera.

Dopo quello che era successo, i suoi genitori non riuscivano più ad instaurare un vero dialogo ed ogni volta che si rivolgevano la parola, si accusavano a vicenda di ciò che era accaduto.

Così finirono irrimediabilmente come finiscono le coppie del genere. Si separarono.

Suo padre partì per l’Europa, l’Olanda, dove era nato e cresciuto, portandosi con sé il suo fratellino Dexter, di due anni più giovane di lei. Da quel giorno non li rivide più.

All’inizio lei e Dex rimasero in contatto tramite alcune lettere, ma con l’andare del tempo divenne sempre più raro che la sua cassetta delle posta ricevesse un messaggio del fratello. Lui le raccontava che viaggiava molto in Francia e in Italia, che aveva modo di scoprire posti diversi e nuovi, tutti molto interessanti, con culture e tradizioni, gusti e sapori differenti. Poi, più nulla.

Sospirò pesantemente. Del canto suo, lei era rimasta sola con la madre ad Okinawa. Subito dopo la partenza del padre, quest’ultima vendette la casa ed entrambe si trasferirono in quella città, Tokio.

Per motivi del lavoro di sua madre, chirurgo in un nuovo ospedale, si erano trasferite un’altra volta nella parte occidentale della città, proprio all’inizio della primavera. Eve aveva continuato gli studi dove li aveva cominciati tre anni prima, poi all’inizio dell’anno nuovo, aveva chiesto il trasferimento ed aveva cominciato a frequentare l’istituto Toho.

Si sentiva rinascere nella nuova casa, le pareti dipinte di fresco, i nuovi mobili, la nuova camera, tutto concorreva a lasciare sepolto quello che si era lasciata alle spalle, compresa l’angoscia che l’aveva accompagnata nel periodo in cui praticava i corsi nella sua ex scuola.

Aveva sempre avuto una passione per la corsa, ma doveva ammettere che si era accentuata in quei momenti infelici. Era un modo per sentirsi libera e poter scappare da quel mondo criminale. Aveva perso fiducia nelle persone, viveva come se gli avvenimenti che capitavano fuori dalla sua mente non esistessero. Certo, non aveva cancellato totalmente le proprie emozioni, ma le aveva ridotte al minimo, di modo che nulla potesse scuoterla e nulla potesse farle sanguinare il cuore.

Ma in quel momento, specchiandosi dinnanzi alla nuova sé stessa, non desiderava pensarci più. Si era fatta una promessa, quando si era trasferita l’ultima volta: avrebbe tentato di rinascere.

E ci stava riuscendo. Non avrebbe certo rovinato tutto voltandosi a guardarsi alle spalle, né tantomeno dentro.


Ken e Takeshi parlavano ancora tra loro, lungo la strada del ritorno.

- È carina.- cominciò il più piccolo.

- Mh?- domandò il portiere, scosso dai suoi pensieri. Era stata una giornata stancante, ma piacevole. Adorava quando si impegnava con tutto sé stesso in qualcosa al punto tale da sfinirsi. Si sentiva pieno, realizzato.

- Eve, intendo. Ed è anche simpatica!- annuì, spiegandosi meglio - A me piace... come persona, intendo, non credo di poter arrivare ad essere il suo ragazzo, accompagnatore o chi vuoi tu...-

- Sawada, ma che discorsi fai? Non ti avevo mai sentito dire una frase seria! Accompagnatore?- rise Ken. L’altro aggrottò le sopracciglia.

- E dai, non prendermi in giro! –

Ken rimase zitto con un sorrisetto sulle labbra.

Ma sentitelo, di nuovo Takeshi che parla di ragazze!

Il centrocampista fece un sospiro e si portò le mani dietro la nuca, lasciando che la cartella gli si appoggiasse sulla schiena.

- Tu che ne pensi?- chiese poi.

- Di che cosa?- fece l’altro.

- Ma come di che cosa! Di lei, no? Mi stavi ascoltando?- esclamò Takeshi. Ken si fece pensieroso.

Già, che pensava di Eve? Oramai aveva già avuto modo di rifletterci su parecchie volte.

- Beh,- cominciò - senza dubbio è molto carina... e allegra. Mi piace stare in sua compagnia.-

Takeshi accennò un sorrisetto soddisfatto, quasi le parole appena pronunciate da Wakashimazu fossero quelle che desiderava udire. Poi gli rivolse uno sguardo ambiguo dal basso. Ken parve non accorgersene, osservava il cielo scarlatto davanti a sé con un’aria assorta.

- In poche parole sei cotto di lei!- sogghignò. Il portiere sbuffò, mantenendo la sua aria compita.

- Ecco. Sapevo che con te un dialogo serio è impossibile da costruire!-

- Ehi! Non cambiare discorso!- protestò infantilmente Sawada - E poi non è vero, dico solo la verità!-

- Già, come no!- l’altro scoppiò in una nuova risata.

- Piantala Ken!- anche se infastidito, l’amico non trattenne un sorriso.

- Vuoi fare un salto in palestra o preferisci che ti sistemi in mezzo alla strada?- il portiere continuò a ridere. Il povero Takeshi tacque, sapeva bene che Ken stava scherzando, non l’avrebbe mai picchiato se non per gioco... ed anche se così non fosse stato, gli conveniva proprio non mettersi contro una cintura nera di karate. Decisamente no.

- Perché ve la prendere sempre con me... ? – sospirò, imitando un bambino - Solo perché sono il più piccolo... non lo trovo affatto giusto! -

- Avanti Takeshi! Lo sai che io e Kojiro scherziamo... E poi non è vero che ce la prendiamo sempre con te.- fu la tranquilla risposta del compagno, sempre in un sorriso e camminando verso casa nella luce rossastra del tramonto.


 

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