Addio
passato mio! La
notte era calata, il grande tempio era celato in un silenzio di morte, solo un'anima
ancora nel pieno delle sue forze camminava tra i ruderi delle dodici case. I
suoi pallidi piedi nudi discendevano la scalinata che conduceva alla dodicesima
casa Davanti hai suoi rossi occhi vi era la dodicesima casa, il tempio custodito
da Aphrodite
un nome immortale per i cavalieri dei pesci. Per loro la dea
guida era Afrodite dalla sublime bellezza e dal tagliente sguardo. Si mormorava
che ogni cavaliere era l'incarnazione del primo, colui che aveva visto la dea
e che le aveva salvato la vita
Eppure vi fu uno che non era stato raggiunto
dall'anima vagatrice. Alexander era il suo vero nome, ma come tutti i suoi
avi fu purificato e ribattezzato come "Aphrodite l'ultimo erede." La
rozzezza così come l'invidia non giunsero mai a lui, all'incontrario esso
usava come armi l'eleganza e la saggezza
Saggezza che scomparve quando Saga
diventò Arles. Quello scambio tra il bene e il male che avvenne al cavaliere
della terza casa, mutò anche l'animo d'Alexander facendolo diventare crudele
e spietato come la sua dea guida. Morì e risorse varie volte con l'animo
sempre pieno di rabbia ed ogni volta che il suo corpo emanava l'ultimo sospiro
malediceva Atena. Poi l'ultima volta che tornò dalle tenebre né
uscì completamente, l'uomo che Saori Kido si trovò davanti non era
quello che aveva tentato di ucciderla, ma bensì dolce e saggio. Era
riuscito a liberarsi dal primo cavaliere dei pesci e lasciata l'investitura ai
piedi della statua d'Atena se n'andò. Non torno mai in Grecia e non
diede mai sue notizie a coloro che erano legati in qualche modo ai Saint. Ancora
oggi si può sentire il dolce profumo di rose che circondavano il cavaliere
e se si chiudono gli occhi si può ancora vedere il meraviglioso corpo dell'uomo,
i suoi capelli turchesi che ondeggiavano all'aria, gli occhi azzurri gelidi che
scrutavano le undici case sottostanti mentre l'armatura d'orata luccicava alle
prime luci del giorno con il candido mantello alzato per metà, che strusciava
contro il rude pavimento. La donna superò il dodicesimo tempio, la lanterna
che teneva nelle sue piccole mani riusciva a malapena ad illuminare i gradini
che doveva scendere, ma essa conosceva benissimo quel luogo e non aveva bisogno
di luce per vedere il tempio che piano, piano si avvicinava. Camus lo custodiva
anche
lui morto e risorto, ma all'incontrario di Aphrodite lui amava Atena. Conosceva
bene quell'uomo dallo sguardo gelido, che amava il suo discepolo più di
qualunque altro, in Hyoga aveva trovato un fratello perso da lungo tempo e non
poteva farne meno di proteggerlo dalle malelingue che lo ritenevano causa di una
delle sue morti
la prima. Lui aveva voluto morire per mano di quel ragazzo
eppure nessuno voleva che ciò venisse fuori nemmeno il cavaliere del cigno. Per
molti anni aveva rischiato la vita donando devozione alla sua dea, finché
la stessa Atena gli tolse l'armatura dell'acquario donandola a Hyoga il suo degno
successore. Cosa può fare un cavaliere senza investitura? Niente, se
non guardare giovani che si addestravano. Non sapeva come Camus fosse giunto a
una tale soluzione, ma si ricordava le urla del discepolo, angoscianti, cariche
di dolore e odio; ogni suo singhiozzo mandava maledizioni a Saori
La donna
che aveva ucciso il suo maestro. Attraversò l'enorme atrio ove si consumavano
le battaglie, lanciando uno sguardo furtivo ad una piccola porta seminascosta
situata al lato ovest della casa, lì pendeva ancora il cappio con il quale
Camus si era tolto la vita. Sapeva che se Hyoga non avesse cercato l'armatura
mai sarebbe entrato in quella stanza
Oh, la trovò, ma non composta
nel suo scrigno bensì posta sul corpo snello del suo predecessore. Ormai
era giunta ai piedi della decima casa, si scostò con un movimento del capo
un ciuffo fiammeggiante. Un ragazzo uscì andandole incontro, il cavaliere
del capricorno. Esso era il successore di Shura, un uomo molto bizzarro per
lei, ma che rispecchiava il segno di cui era custode. Il giovane s'inchinò
prima di sorriderle. Ryo era l'immagine di suo padre: gli stessi occhi verdi smeraldo,
i capelli del medesimo colore, il corpo armonioso e pelle d'avorio eppure il suo
sguardo incuteva paura. Shun d'Andromeda sapeva il perché ed aveva insistito
per tutta la vita che lui conoscesse soltanto il bene, nessun dolore e nessuna
paura
Solo quando fu in punto di morte riuscì a far sfuggire quella
promessa a Saori. Ora, Ryo era il cavaliere del capricorno vivendo una vita
d'amore e gioia fino a qualche anno fa, quando una dura battaglia invase il Grande
Tempio. Solo ora capisce
Ryo era la pura essenza del male, come lo fu
suo padre
Per la prima volta aveva visto la vera forza di quel ragazzo che
le porgeva la mano, salvato solo da Ikki cavaliere della Fenice. Chissà
cosa aveva giurato a Shun quel giorno, forse che avrebbe salvaguardato lui Ryo?
O, che non avrebbe permesso che vagasse nell'oblio? Eppure il cavaliere d'Andromeda
non aveva voluto l'aiuto di nessuno, si decretava la macchina della morte ed era
suo dovere perdersi nell'Ade. Come poteva un essere tanto bello non avere anima? La
donna sfiorò il viso di Ryo che come per incanto si dissolse come fumo
nell'aria. Ritirò la mano gli occhi languidi che osservavano davanti a
se, era inutile immaginare persone che non vi erano. Respirò profondamente
e discese di nuovo la lunga scalinata giungendo alla casa d'Aiolos. Su una
parete vi erano delle arcane scritte, almeno così credevano tutti, una
leggenda che i cavalieri della speranza avevano divulgato, ma mai nessuno ne ebbe
prova della loro esistenza. Il nono tempio era abbandonato da molto tempo,
Seiya, il successore del sagittario aveva preferito ritornare in Giappone insieme
a sua sorella Seika e vivere quella vita che gli era stata tolta fin da bambino,
non abbandonando però Atena. Così perfino l'anima d'Aiolos fu
dimenticata, ma forse per quel giovane e temerario cavaliere era stato finalmente
il decreto che lo avrebbe lasciato dormire per l'eternità. L'ancella
superò anche quest'ultima casa, gli occhi che erano ritornati quelli fieri
e determinati di prima fissavano il buio davanti a lei, presto sarebbe arrivata
nell'ottava casa ove era nata. Lì tra quelle mura vi erano ancora impregnate
le esaltazioni di Milo, suo padre e d'Atropo una bellissima dea. Non conosceva
bene la storia dei suoi due genitori e non sapeva nemmeno com'erano fatti fisicamente,
ma le leggende sulle loro guerre e le voci sulla loro relazione le fecero capire
quanto assomigliava ad entrambi
Che vi era un motivo più che valido
per la sua nascita che portò amaro in Grecia. Era cresciuta senza la
presenza dei suoi genitori, ma non senza amore, Atena l'aveva allevata come una
madre, i cavalieri come dei padri o dei fratelli
Non poteva dire di non essere
stata amata. Mentre i ricordi le invadevano la mente entrò nella settima
casa. Dauko era l'anziano custode delle vestigia della bilancia, ma anche lui,
dopo la battaglia contro Ades, dovette abbandonarsi nell'Elisio, lasciando la
sua armatura al suo discepolo Shiryu. Quest'ultimo era saggio, ma non quando
si toccavano tasti dolenti sia per lui sia per i suoi amici, ed ogni volta che
vedeva Death Mask un senso di rabbia gli nasceva nelle viscere. Non tutti erano
certi che fosse il degno successore dell'anziano maestro, ma Atena riponeva fiducia
in lui e nessuno metteva in discussione le sue decisioni. Discese le scale
che portavano alla sesta casa dal custode saggio e religioso
la incarnazione
del Buddha. Shaka era il suo nome, fu l'unico cavaliere che non ebbe successore,
sia perché lui persisteva nel sopravvivere ad ogni battaglia, sia perché
il suo erede morì a giovane età. Si ricordava le miriadi di ore
che aveva passato nello studio dell'"Om", nella meditazione e in quello
che lui chiamava forza interiore
Lo sguardo severo di Shaka ad ogni suo sbaglio,
la rassegnazione che faceva trasparire ogni volta che si addormentava e la sua
solita frase "Sei proprio come tuo padre" contemporaneamente scuoteva
la testa. "Si, e ne sono fiera!" bisbigliò mentre già
si cingeva a varcare la quinta casa, la dimora del leone. Aveva conosciuto
Aioria all'età di quindici anni da prima non gli andava a genio poiché
si lamentava del suo viso, ma dopo qualche anno dovette correggersi e prende quell'uomo
come amico. Certo ancora oggi dubitava che fosse il fratello minore d'Aiolos,
erano così diversi
ma contemporaneamente così simili
Una
cosa in comune era la Silver Saint d'Eagle, due donne diverse, ma che avevano
ricevuto quell'armatura
la maestra e la discepola
Ma entrambe tanto
caparbie da rifiutare l'amore dei due fratelli donando a loro solo una semplice
amicizia. Nonostante si mormorava che molti avessero visto il suo viso, Marin
seppe restare nell'ombra e non fece mai conoscere il proprio volto nemmeno dopo
la morte. All'incontrario di Shaina che mostrò il proprio viso a Seiya
e nonostante avesse deciso di amarlo, certo non senza combattere, intraprese una
relazione con il cavaliere della quarta casa, cosa molto strana visto che si odiavano. Probabilmente
era la loro grinta e voglia di provare nuove emozioni che li fece unire da prima
sessualmente generando in amore puro... Dalla loro unione era nata Giada, la
sua più cara amica, che come lei divenne ancella. Portavano le pesanti
armature di due simboli diversissimi: il fuoco e l'acqua, ma non riuscivano a
separarsi, trovando ognuna nell'altra una sorella affettuosa. Il caso volle
che fossero proprio loro le uniche che potevano sigillare il male che brulicava
nell'armatura di Gemini, nate nello stesso giorno e alla stessa ora erano la leggenda
che diventava realtà. Con il loro primo respiro avevano ucciso Saga
e il fratello gemello, aspirando le loro anime nello scrigno d'orato sigillandolo
con la loro prima lacrima. La donna superò anche la terza casa. Il
tempio che stava per raggiungere era custodito da Luix uomo dalle molteplici fecce,
un'altra anima che lei e Gaia avevano dovuto cancellare
un'altra armatura
da suggellare e dimenticare. Sospirò. Se Aldebaran fosse rimasto in
vita dopo la battaglia contro Ermes forse non sarebbero mai giunte a quella decisione
Luix
non avrebbe indossato l'armatura del toro. Ma il destino era imprevedibile
masochista
assassino
e
nessuno poteva fermarlo! Arrivò davanti alla prima casa, la casa del
saggio Mu, del turbolento Kiki. Quanto tempo non vedeva quest'ultimo? Mesi
Anni
Secoli?
Tantissimo, eppure non aveva smesso di amare l'unico uomo che era riuscito a cogliere
in lei femminilità, colui che le aveva fatto conoscere il desiderio carnale
il
suo Kiki
Ma la differenza d'età era troppa e lui vedeva in lei solo
una piccola sorellina a cui fare i dispetti e decretare ordini. Nonostante
fosse molto vivace era riuscito a diventare cavaliere dell'ariete, fu proprio
suo fratello a donargliela un giorno
Il giorno in cui nacque Filomena l'ancella
della pace, simbolo che lui, Kiki era stato scelto per cancellare definitivamente
l'oscurità dal mondo. Sorrise al ricordo della giornata di luce. Così
l'aveva chiamata
poiché con una semplice alzata della mano il mondo
fu invaso da un'accecante luce. Kiki aveva fatto ciò per cui era nato
per poi diventare un normalissimo uomo d'affari. Sospirò per scendere
le ultime scale, da prima lentamente poi sempre più velocemente gridando
dentro di se: "Non girarti! Non girarti! Non girarti!" la candida veste
aderiva sul suo gracile corpo rischiando di farla cadere, mentre dietro di sé
abbondante stoffa seguiva leggiadra il movimento del vento. Finalmente anche
lei, Ancilla, era riuscita ad abbandonare il suo passato. Fine! O forse
no?
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