Il
dipinto Una
brezza primaverile invase la stanza, ingrossando leggermente l'abito nero della
donna. I suoi grandi occhi azzurri scrutavano quello che un tempo era lo studio
del generale Jarjayes. Sul tavolo posto vicino alla finestra vi erano ancore alcune
pratiche e quella lettera, conosceva bene il suo contenuto, l'aveva letta lei
stessa al generale. Si avvicinò alla porta-finestra, da lì poteva
ancora intravedere il rosso ametista del vino, ricordava solo un bicchiere che
cadeva e si frantumava sul quel pallido marmo, ma sapeva benissimo che era scivolato
da quelle forti mani, in quel momento dolorosamente tremanti. Una lacrima solcò
il vecchio viso della donna, sfiorando con dita appassite il vetro che rifletteva
un'immagine distorta del suo volto. Con un sospiro uscì dalla stanza,
era invecchiata ancora di più durante quegli anni, ma i capelli erano bianchi
dalla notizia della morte d'Andrè
il suo piccolo Andrè. Si
ricordava ancora il primo giorno che era entrato a far parte della vita di Oscar,
talmente giovane e spaurito dalla crudeltà dei nobili era cresciuto con
idee liberali e che in un certo modo anche lei condivideva. Aprì una
piccola porta che portava alla stanza del suo nipotino, istintivamente si mise
una mano a coprirle la bocca e il naso, ma continuò ad entrare nella camera,
ogni singolo centimetro le ricordava Andrè. Il letto soprattutto, lo
vedeva ancora là sdraiato su esso a piangere tutte le lacrime che aveva
in corpo, oppure piegato sulla rude scrivania, intento a scrivere lettere d'amore
che mai avrebbero ricevuto risposta. Come spinta da qualcosa prese la chiave
posta all'interno del cuscino, -Andrè la nascondeva lì-, uscì
chiudendo per sempre la porta, mai nessuno avrebbe distrutto l'atmosfera di pace
e amore che il suo nipotino aveva creato con tanta fatica in quelle quattro mura. Trascinando
i piedi si avviò alle scale, quando un luccichio l'attirò in quella
che doveva essere la stanza di Oscar. Lo specchio rifletteva la luce solare
che entrava dalla porta-finestra, illuminando così una stanza spoglia,
il letto era privo di lenzuola, l'armadio derubato dei vestiti maschili, lasciando
così scoperto l'unico abito femminile. Si ricordava ancora quando Oscar
le chiese di vestirla da donna, immaginava ancora il giovane volto riflesso sul
quel ovale specchio, lo sguardo di Lei, stupito e leggermente arrossato, vedendo
la sua bellezza fiorire per la prima volta. Poco distante, avvolti da un luminoso
mantello di raggi, le sue due uniche divise che erano rimaste al palazzo, le loro
decorazioni erano sparite, i bottoni dorati strappati dalla delicata stoffa, ma
rimanevano ancora quelle di un tempo. L'odio e il dolore che era regnato per pochi
minuti in quella casa, non avevano tolto alle divise il loro splendore
Esse
davano ancora senso di sicurezza e amore
Lo spirito di Oscar viveva ancora
in loro. Un'altra lacrima scivolò lungo la rugosa guancia, mentre il
suo sguardo si spostava sul pavimento, ove vi erano ancore le impronte degli stivali
della fanciulla, mischiate con quelle di Andrè; ora erano uniti
Potevano
contemplare l'amore perfetto
La donna uscì chiudendo la porta,
sospirando, reprimendo le lacrime, scese le scale. Arrivata al centro della
Hall si girò dando un ultima occhiata per l'addio definitivo al palazzo. L'aria
tiepida d'aprile la colpì in pieno viso, mentre tratteneva la cuffia che
da anni portava sul capo. Gli occhi chiusi in due fessure osservavano il giardino,
un tempo ricolmo di rose
i ritratti migliori di Oscar
Ora invece abbandonato
a se stesso era solo un groviglio di edere e roseti morti. Le parve di vedere
Rosalie cavalcare un maestoso stallone grigio seguita a distanza da Andrè,
fermarsi davanti hai cespugli delle rose, indecisa sul colore che meglio si addiceva
ad Oscar, ma poi prendeva sempre quelle bianche. Sorrise, inchinandosi a prendere
il quadro che prima aveva tolto dal decadente muro del salotto. Una carrozza
si avvicinò, il cocchiere sembrava imbarazzato nel porgerle una semplice
domanda, la donna annuì salendo, "Possiamo andare". Il mezzo
fece una larga curva divorando tutto ciò che incontrava per infine sfrecciare
verso Arles, "Allora signora Grandier ha trovato ciò che desiderava?"
"No, ma mi accontento" "Mancano anche a me, eppure li conoscevo
da poco". La donna chinò il capo mentre dalle mani le scivolava
un quadro, fortunatamente bloccato dalle forti mani di Alain, "Vuole ritornare
da loro eh?" disse osservando il soldato raffigurato sulla tela, "Vada
pure io non la fermo, ma porta i miei saluti al Comandante e ad Andrè
Si
salutami e digli che non sanno cosa si perdono
" i suoi occhi si velarono
di lacrime mentre accarezzava i capelli biondi che fluttuavano nell'aria falsa
del dipinto
Oscar
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