Captain Tsubasa

 

Il drago del cielo

 

 

Neve…
…Quando la pioggia piange

Masao prese l'ennesima sigaretta del pacchetto delle malboro. L'aria fredda d'inizio inverno lo colpì facendolo irrigidire per l'invisibile schiaffo.
Chiuse le palpebre impedendo alla sottile neve d'insinuarsi negli occhi che poco prima osservavano il scuro edificio in attesa di riempirsi della bellezza di Imeko.
Si spostò velocemente sotto la vecchia tettoia del magazzino che ormai lo accoglieva da vari mesi.
Respirò il tossico fumo inghiottendolo nei polmoni solo per sentire quel senso amaro e duro che piano, piano, gli scendeva nella gola…solo per dimenticare il gelo che lo circondava.
Alzò lo sguardo verso la porta di vetro dalla quale, qualche ora prima, era uscito; si sedette sul barattolo di vernice boccheggiando quel poco che rimaneva della nicotina.
"Masao!" eccola. Bella e sorridente correva con un libro sulla testa sperando di non prendere le candide palline di neve.
Tachibana prese l'ombrello ancora asciutto, riservato unicamente per Imeko, e si avviò verso la ragazza.
"Come va Satachi?" chiese coprendo la testolina mora dell'amica che alzò i dolci occhi blu per incrociare quelli scuri e freddi del ragazzo, sorrise "Bene!"
Camminarono in silenzio sotto la neve fino alla casa della ragazza, "Grazie!" disse senza distaccare gli occhi sorridenti dal ragazzo che rispose con un "Hm", "Vuoi entrare?" "No devo studiare" disse sistemando l'ombrello su di se.
"Ah" fu l'unica protesta di Imeko, "A domani allora!" alzò la bianchissima mano e si richiuse la porta dietro le spalle.
Masao fissò per qualche secondo la porta; sapeva benissimo che così le rovinava ogni singolo secondo, ma lui non riusciva impedirselo…L'amava e voleva vivere con lei per tutto il tempo che poteva, e contemporaneamente l'odiava perché era solo una stupida ragazzina che voleva farsi conoscere nella scuola.
Aveva inutilmente cercato di liberarsene, ma come poteva? Chiedere consiglio a qualcuno era fuori discussione, soprattutto se quel qualcuno era Kazuo…Così era diventato freddo, insensibile con lei…Ed ora stava davvero perdendo la testa per una semplice ragazzina!
Si voltò e con passo veloce si ritornò sui suoi passi, il rumore sordo della neve sotto i pesanti anfibi neri continuavano a sussurrargli quel nome…Imeko Satachi…
Sorrise al pensiero che si era messo con lei per una scommessa, per provare a sentirsi amato a baciare delle morbide labbra dal sapore dolce…Scosse con violenza il capo doveva smetterla di pensarci oppure non sarebbe potuto andare avanti.
Strinse con forza gli occhi mentre si appoggiava a un muretto bagnato di fronte alla propria casa, sentiva che la testa gli sarebbe scoppiata tra un secondo tra le mani.
"Masao…" il ragazzo alzò lo sguardo, lì alla sua destra vi era Kazuo tra le mani un pallone di cuoio, i capelli e i vestiti completamenti zuppi d'acqua, eppure sembrava non provare freddo, "…Ancora lei, eh?" chiese abbassandosi portando tutto il suo peso sulle punte dei piedi, "Già" sussurrò il fratello.
Kazuo osservò a lungo l'ombrello sdraiato sulla neve, l'impronte che piano, piano venivano coperte da quei candidi batuffoli, e Masao.
Fin dal primo giorno che l'aveva visto conversare con quella ragazza, sapeva che sarebbe successo…aveva cercato di negare persino a se stesso la realtà, ma inutilmente…ora era solo questione di giorni, forse solo poche ore e tutto…tutto sarebbe finito.
"Hai perso di nuovo l'allenamento…" disse alzandosi, "Sai vorrebbe mandarti fuori…" Masao alzò un attimo gli occhi verso il cielo giusto il tempo per notare che aveva smesso di nevicare, "Vuol dire che verrò come tifoso…" "Già!" rispose il fratello poi sorrise.
Velocemente si diresse verso la casa sperando solo di non piangere davanti a lui "Kazuo!" si girò, "Verrò" il ragazzo annuì, ma sapeva che Masao stava mentendo, sarebbe rimasto con lei anche il giorno seguente, ed entrò.
La porta si chiuse dietro di lui, si appoggiò su di essa sospirando, 'Ecco. Tutto è distrutto…' pensò prima di salire le scale, 'Tutto…' si ripeté facendosi inghiottire dall'oscurità.


Attentamente Takeshi osservava il capitano che dribblava i compagni di squadra, lo vedeva stanco ridotto al minimo anche se cercava di non darlo a vedere.
Spostò lo sguardo sulle mani che si contorcevano tra di loro lasciando in lui solo un senso di freddezza e noncuranza del resto che lo circondava; era rimasto in panchina quel giorno e a lui rimanere in disparte non andava.
"Sawada!" si ritrovò a guardare un altro ragazzo della sua squadra, anche lui costretto in panchina, sembrava stufarsi della vista dei compagni che correvano, "Guarda la su!" gli indicò con l'indice un ragazzo piuttosto alto e magro, la mano destra occupata a tenere un ombrello alquanto ridicolo, mentre la sinistra, completamente libera, giocherellava con i cordoni del suo cappuccio.
"È Tsubasa Ozora " rispose secco Takeshi ritornando ad osservare le candidi mani, "Certo, ma hai visto com'è spaventato?" Sawada alzò lo sguardo rapidamente, era vero.
Si alzò e ficcando le mani nelle tasche della tuta si diresse dalla parte opposta del campo, se ne fregava dagli urli dell'allenatore, di Kojiro che tentava di evitarlo e dei compagni che imprecavano contro di lui. Se ne fregava di tutto e tutti, non sapeva il perché, ma quel giorno non era il dolce Takeshi. Se ne fregava punto e basta.
Con un balzò salì sulle gradinate, tenendo sempre le mani in tasca, sali almeno venti scalini e poi si fermò, lanciò un rapido sguardo al ragazzo che deglutì.
Alzò il viso in segno di saluto per poi ricominciare a salire, "Sawada…" Ozora si girò verso il ragazzo che curvo camminava sotto la neve, "Dobbiamo parlare…" si azzittì, come se dovesse continuare la frase, ma fu il suo sguardo ad aggiungere la parola.
"Non credo proprio" rispose l'altro, freddo come il ghiaccio, troppo imbrigliato in quella lastra di vetro che si era costruito intorno per dire quella semplice parola…quella stupida affermazione…
"È passato un mese…" "Lo so" "Allora, perché…?" Takeshi alzò una mano come saluto e uscì, non sopportava quell'essere…lui aveva rovinato la felicità di sua madre, della donna più dolce che poteva esistere, con una semplice parola.
Ken distolse lo sguardo dalla palla che ormai era ferma nelle sue mani, per spostarlo sulle scalinate dov'era sicuro di trovare Tsubasa, lo sguardo fiero che rivolgeva una sfida a quel ragazzo, 'Nessuno di voi riuscirà a farmi un gol quest'anno!'
Il suo viso mutò nel veder Ozora parlare con Takeshi, disperato, quasi sull'orlo delle lacrime, non sembra più il giocatore che aveva conosciuto, "Allora, perché…?" aveva sentito, prima di vedere il compagno di quadra andarsene, fregandosene di lui.
'Allora, perché…?' vide solo il ragazzo abbassare lo sguardo sconfitto poi l'urlo dell'allenatore giunse a lui "Wakashimazu! Che fai la bella statuina?!" il portiere lanciò uno sguardo di fuoco all'uomo prima di lanciare la palla verso il capitano.
"Aspetta!" alzò di nuovo lo sguardo sulle scalinate giusto il tempo per vedere Ozora correre nella direzione di Takeshi, poi quando fu scomparso dalla sua vista spostò la sua attenzione verso la partita.
Si mordicchiò il labbro inferiore strappandosi un po' di pellicina, quella sera sarebbe tornato a casa dopo mesi che rimaneva a studiare a Tokio e non aveva ancora avvisato l'allenatore che lui per tutto il week-end non si sarebbe allenato.
Sputò a terra sperando di togliersi il sapore del sangue che si era insinuato nulla sua bocca, "Ken!" il richiamo di Kojiro non servì a niente, la palla si insinuò nella rette, "Che cazzo fai?" l'allenatore era proprio furioso, la mano destra che stringeva con forza l'avambraccio sinistro facevano presagire una vera bufera.
"Io devo andare" Ken tolse il berretto ormai fradicio dalla testa facendo scivolare la coda sulla schiena, "Ho un treno da prendere!" informò avviandosi verso gli spogliatoi "Cosa significa: Ho un treno da prendere? Credi che hai tempo per andare in vacanza? Fra un po' ci sono le qualifiche per il campionato!!!" il ragazzo sbuffò, ne aveva piene le scatole di quella parola: vacanza…mica andava alle terme per rilassarsi, lui! Non era mica colpa sua se suo padre aveva una palestra di karatè nella residenza di suo nonno che aveva astutamente creato delle meravigliose terme per gli sportivi.
"Torna indietro Wakashimazu!" l'allenatore si girò verso il ragazzo che ormai scomparì dietro la porta degli spogliatoi, "Né ho abbastanza del suo comportamento! Se continua così lo lascio in panchina!" si voltò come un automa verso il capitano "Kojiro, vai a ripescarlo, portalo qui anche la forza!" ordinò.
"Sissignore!" Hyuga corse come un forsennato dove poco prima era scomparso l'amico, rimase un attimo a fissare la maniglia d'ottone, poi aprì.
Chiuse la porta dietro di se, poco più in là Ken si stava cambiando, "Non vengo" "Si può sapere cosa avete tutti?" "Non capisco" "Non capisci? Te lo dico io…Prima Takeshi non si fa vedere per quattro settimane e oggi ritorna con un'aria da menefreghista! Poi tu, che da tre giorni stai per conto tuo e mandi in malora il nostro allenatore! Ken vuoi dirmi perché parti proprio ora che si disputa la nostra prima partita…" il portiere mandò un occhiata al capitano, "E tu Kojiro? Perché sei così stanco?" "Nulla…" "Hm"
Rimasero in silenzio, uno che rapidamente s'indossava il maglione, l'altro che gocciolante rimaneva appoggiato sul muro, "Uff…Guarda che abbiamo già giocato almeno un milione di volte contro la Nankatsu!" il capitano alzò gli occhi ricevendo in cambio un piccolo pugno sul mento, "Stai tranquillo torno lunedì, la partita è giovedì…" "Ti vuole togliere se non torni…" Ken alzò le spalle, e uscì.
Hyuga osservò per un attimo il buio che lo circondava, non poteva credere che quel cretino se ne fregasse della sua carriera.
Bastava solo vincere quel campionato e loro sarebbero diventati qualcuno…qualche convocazione e invece…Invece andava tutto a puttane!
Si infilò nervosamente una mano nei capelli per poi farla cadere sul viso ancora bagnato, 'Che cazzo dico ora? Scusa mi è sfuggito…?' sbuffò aprendo la porta, "Kojiro! Ho visto Ken uscire pochi secondi fa e fregarsene dei compagni di squadra! Che gli hai detto? Buon viaggio?" la voce dell'allenatore lo distolse dai suoi pensieri, 'Perché non la smette di far così? Mi fa ricordare…ed io non voglio ricordare…' deglutì '…Quell'uomo…'
"Allora Hyuga?" il ragazzo strinse con forza le mani, quasi a fargli male, non aveva la minima intenzione di tornare là e cercare di dimenticare dando calci a uno stupido pallone!
Lanciò uno sguardo omicida all'allenatore che continuava a sbraitare, 'Ecco ' penso Kojiro, mentre l'uomo si bloccava stupito dell'atteggiamento della tigre.
"Come vuoi Hyuga…" sibilò dandogli le spalle, "Andatevi a cambiare!" urlò al resto della squadra che immobile osservava la scena.


Yayoi osservò il quadro che sua madre le aveva regalato quel giorno: una bionda ragazzina suonava il pianoforte mentre uno specchio di fianco a lei rispecchiava un'immagine distorta.
Le sembrava di esserci lei al posto di quella bambina, era lei a sfiorare i bianchi tasti, e, sempre lei era l'immagine distorta nello specchio posto nel soggiorno.
Sorrise prendendo in mano la busta che le era arrivata quel giorno, sperava fosse di Jun ma la scrittura era diversa, più rotondeggiante ed elegante…sperava solo che non fosse del club di atletica, aveva spiegato che non poteva…assolutamente non poteva…
Aprì la busta e iniziò a leggere:

Ehi! Sono io, Nora!
Verrò in Giappone fra un paio di settimane, e resterò per il periodo delle vacanze invernali…forse di più!
Che ne dici di rivederci? Una bella giornata come una volta!!!
Beh, sempre se tu vorrai…Comunque questo è il mio numero:
334/56778524 chiamami quando hai voglia!


Le mani le tremarono, "No" bisbigliò, non poteva rivederla, come poteva chiederle quello…dopo ciò che era successo?
Si morse le labbra, cercando di trattenere le lacrime, 'Il Giappone è grande…Probabilmente sarà dall'altra parte del Paese…' si disse per bloccare quel fiume di lacrime.
Ora tutto iniziava a dileguarsi, la sua vita, i suoi sogni…Tutto…


 

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