Captain Tsubasa

 

Il drago del cielo

 

 

La lettera

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LONDRA (diciotto anni fa)

Maya osservò per un attimo il foglio bianco che si era decisa ad usare per scrivere una lunga e interessante lettere alla madre.
Poi con mano tremante posò la punta della penna e iniziò scrivendo una incerta C.

<<Cara madre,
inizio a scriverti che qui le cose non vanno affatto bene.
I miei sogni per una vita perfetta sono finiti, completamente!
No, mamma, non voglio che tu venga qui e la questione di tornare a casa non può essere toccata, non posso…Sono rinchiusa in questa stanza, e da qui…da questo mondo è impossibile evadere.
Ti sembrerà pazzesco, ma è la pura verità…perciò dammi retta la vita è qualcosa che vale, e non voglio che a Takeshi succeda ciò che è successo a me.
Calmati! Ti prego, so che sei confusa, pietrificata da ciò che sto scrivendo…ed ora ti spiegherò tutto, lasciami solo finire il mio saluto per il mio fratellino…No, forse ha ragione papà, non è giusto che lui sappia di me…
Siediti ti prego, non pensare di telefonare a papà senza aver finito questa lettera!
Si, ora ti spiegherò tutto…fino alla fine…:
Non so da dove cominciare…forse dall'inizio, ma qual'e il vero inizio? Forse non c'è ne capo ne coda, per questa assurda vicenda, forse è solo la confusione che si è insinuata nella mia mente e che mescola tutte le parole e le immagini che hanno segnato la mia vita; o forse, sono io che non voglio raccontarti nulla, per non turbare il tuo animo, la tua vita…per farti vivere spensieratamente con il tuo nuovo marito e con Takeshi…forse sono pazza…forse…
Lo so, sembra uno scherzo, come le altre lettere che io ti spedivo, ma questa volta è vero…giuro che è vero!
No, mamma, non m'inventerò nulla…aspetta, devo capire anch'io cos'è successo veramente, aspetta…
Mamma, perdonami…Ti turbo con la mia insignificante vita, ma cazzo tu sei mia madre! Da chi dovrei andare a sfogarmi, a piangere, ora che papà non c'è?
Si lui mi ha lasciato! Mi ha fatto morire…morire…ha fatto i bagli ed è partito, "Addio tesoro!" mi ha detto prima di chiudere la porta.
Non so nulla, ne dov'è andato, ne come sta…Dio! Quanto è difficile raccontare…ti giuro non avrei mai voluto farlo!
Ecco…ora so da dove incominciare…da quel giorno, da quel fottutissimo giorno di primavera, quando tu hai annunciato a papà del tuo futuro matrimonio.
"Puttana!" aveva urlato dando un calcio alla sedia dove ero seduta, "Puttana!" ha ripetuto sbattendo la porta d'entrata, e io ero rimasta lì ad aspettarlo per tutto il giorno e tutta la notte, ma lui non tornò…mi aveva lasciata sola con i miei pensieri, e l'incapacità di ragionare...
Tutto per quel stupido invito al tuo matrimonio!
Poi il primo d'agosto la porta si riaprì, quell'uomo era tornato, non pronunciò nessuna parola, ma sapevo che era papà, i suoi passi non li potrò mai dimenticare…salì le scale che conducevano al piano superiore e fatti i bagagli ritornò da me, posò quel borsone grigio, almeno così mi ricordo e mi saluto "Addio tesoro!".
È vero, sei sposata già da due anni, ma vedi mamma…vedi…io l'ho odiato, e piangevo…piangevo, piangevo…
Calmati ti prego, papà ora non centra, ho fatto tutto io…Mamma…Sono un mostro!
Quando mi trovai sola, senza nessuno che potesse aiutarmi a scendere da quella sedia a rotelle, ho pensato "Bene…Ora sono libera!", si libra…una libertà sofferta, piena di rinunce, di odio…un odio infinito che provo ancora per quell'uomo!
Mamma, mi sono uccisa…mi sono tolta quella vita che tu mi hai dato…fra qualche giorno, forse, qualcuno ti telefonerà e ti dirà "Tua figlia si è suicidata…"
Perdonami mamma, non volevo sconvolgerti così la vita…Volevo solo darti il mio ultimo saluto…Un addio eterno, pieno d'affetto, si perché ora sono libera…veramente…
Ti voglio bene mamma

Maya Ozora.>>

La ragazza riguardò ancora la lettera, le lacrime che copiose le scendevano lungo le guance, "Addio mamma" bisbigliò posando un bacio sulla carta.
Piegò con delicatezza il foglio quasi spaventata di fargli male…di sciupare tutto l'affetto con cui aveva scritto quel ti voglio bene, poi lo ripose nella candida busta che sigillò subito.
Diede una veloce occhiata all'indirizzo, compose il numero della centrale di polizia, "Pronto? Una ragazza si è suicidata" disse con una voce calma, che le diede i brividi.
Posò la cornetta in modo da far sentire ogni suo minimo rumore al poliziotto che stava dall'altra parte, prese la pistola posta vicino al telefono la puntò sulla tempia 'Mamma!' e schiacciò il grilletto.
Il gelido proiettile le penetrò nella sua carne e immobile si fermò dentro di lei, nel suo cervello…la bocca boccheggiò un attimo quasi per ripetere il nome della madre e poi tutto divenne nero.


TOKIO

La donna camminava avanti e indietro con un bambino piangente in braccio, gli lanciò uno sguardo divertito, aveva sempre adorato quel bambino…le ricordava l'inizio di una nuova vita…Gli diede un bacio sulla fronte, "Cos'hai piccolo mio…Hai fame?" chiese alla creatura, che non si voleva calmare.
Il suono del campanello però lo fece azzittire, d'un tratto aprì gli occhi che esprimevano paura, mentre la piccola bocca si corrucciava.
La donna aprì la porta mandando uno sguardo corrucciato al bambino, quasi per fargli capire che si era offesa del suo comportamento, "La signora Sawada?"
Il poliziotto teneva in mano una lettera che sbatteva contro le dita sinistre, "Si, è successo qualcosa?" "Mi dispiace…" respirò profondamente "Sua figlia ha tentato di suicidarsi, questa è la lettera che le ha lasciato" porse la busta completamente bianca, nonostante fosse stata toccata da miriadi di mani di poliziotti e non.
Fu come se le mancasse il respiro, il resto non esisteva più…solo il tonfo sordo della carta che cadeva dalle sue mani e gli strilli incessanti di un bambino.
"…Non si può fare nulla" furono le uniche parole che riuscì a sentire dell'uomo, che con gentilezza le porse di nuovo la busta che aveva raccolto, la donna annuì tirando su con il naso, le lacrime che facevano diventare i due occhi azzurri dei piccoli laghi.

Prese per l'ennesima volta in mano la lettera, non poteva crederci che la sua bambina era morta…si era sparata, fredda, spietata…si era conficcata una pallottola in quel splendido viso…
"Cara…" Munemasa appoggiò la sua forte mano sulla spalla della moglie, "Perché non vieni a dormire?" chiese senza staccare gli occhi dai biondi capelli della donna, "La mia bambina…" rispose lei.

[Ai giorni nostri]
Ken alzò gli occhi verso uno dei tanti poster che riempivano la sua stanza, era l'unico in cui compariva un uomo sui trent'anni che faceva una massa di Karatè, glielo aveva regalato suo padre da bambino eppure lui l'aveva tenuto.
Si guardò intorno, non capiva il perché ma compose il numero del campo sportivo, "Kojiro?" chiese appena una voce aveva risposto dall'altra parte del ricevitore, "Non verro…" si morse il labbro inferiore, "…e per mio padre…la palestra…" non gli lasciò nemmeno di finire il discorso che già gli sbraitava contro, "Calmati Kojiro…"
Takeshi osservò il capitano, stava urlando come un pazzo al telefono, "Calmarmi? Che stai dicendo? Stiamo per iniziare il campionato e tu ci lasci?" il ragazzo si mordicchiò il labbro superiore, Wakashimazu di sicuro non sarebbe tornato per la prima partita, ma ciò non poteva significare che non avrebbe partecipato.
"Vaffanculo tu e la palestra di tuo padre!" Kojiro chiuse definitivamente la conversazione, le mascelle rigide quasi gli facevano male, "Ken non gioca!" comunicò al resto della squadra che rimaneva ammutolita a fissare il capitano.
"Hyuga…" Takeshi si alzò dalla sedia di legno, il braccio destro completamente fasciato ricascò pesante lungo il suo fianco, sentì una morsa propagarsi per tutto il corpo ma si trattenne nell'urlare, "Potrei…" "Non se ne parla!" sbraitò Kojiro, le braccia incrociate, "Se quel cretino non viene c'è sempre Tatsuo…" alzò il mento per indicare il portiere di riserva che già rabbrividiva al pensiero di trovarsi Hikaru, Jun o peggio ancora Tsubasa, davanti.
"Al posto tuo invece ci sarà Akira!" concluse appoggiandosi al muro, "Ma…" tentò Takeshi che venne subito bloccato dalla voce del capitano "Niente ma Sawada! Lo so, hanno molto da imparare, ma te in quelle condizioni in campo non ti mando!" "Sentì Kojiro, io sono sicuro…" "Ho detto di no! E la discussione finisce qui!" e la porta si spalancò davanti a loro.
Se solo il giorno prima non si fosse messo a dare pugni al muro forse sarebbe rimasto in squadra, ma era tutta colpa di quel cretino di Ozora!
"Lei conosce…Eleonora?" chi era Eleonora? Non lo sapeva, ma ciò aveva fatto piangere sua madre, l'aveva fatta sentire una donna svuotata e sola, e lui non sopportava vederla in quelle condizione.
"Takeshi…" sua madre quella mattina gli aveva dato una lettera;
"Takeshi…" aveva iniziato a borbottare il suo nome;
"Takeshi…Questa è per te…" strinse con forza la busta stropicciata che la madre gli aveva dato;
"Ti prego leggila!" forse era giunto il momento, infondo non sarebbe stato utile alla squadra e stare fermo senza fare nulla gli rovinava la giornata.
Prese la lettera e tirato fuori il foglio inizio a leggere:
<<Cara madre,
inizio a scriverti che qui le cose non vanno affatto bene.
I miei sogni per una vita perfetta sono finiti, completamente!
…>>



 

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