Captain Tsubasa

 

Il drago del cielo

 

 

Fermate il tempo!

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Imeko osservava le fotografie che la raffiguravano; in ognuna di esse vi era quel pezzettino di vita che aveva tanto sperato di cancellare, si era ripromessa di non guardarle…di bruciarle, ma le risultava sempre difficile.
Chiuse gli occhi, i ricordi di quella giornata le affollavano la mente…non riusciva a capire come tutto ciò fosse accaduto, lei c'era…loro c'erano…e non l'avevano impedito!
Come avrebbe voluto ritornare indietro e cambiare tutto, ma era impossibile! "Non è il tuo ragazzo quello?" la voce stridula di una ragazza la fece ritornare alla realtà, 'Masao…se…no, lui non mi ascolterebbe!' "Ehi! Bella addormentata, parlo con te!" improvvisamente Imeko si ritrovò a fissare il ragazzo che si sedeva sotto un albero a mangiare. Perché non si era seduto vicino a lei?
Impulsivamente s'avvicinò al ragazzo che rimuginava su una rivista di sport.
"Ciao" disse lei sedendosi vicino, il ragazzo alzò solo per qualche secondo lo sguardo e borbottò un saluto. "Cosa stai leggendo?" "Niente che t'importi…" non finì nemmeno la frase che la ragazza gli sfilò la rivista dalle mani.
Un articolo di calcio occupava gran parte della pagina, parlava di un certo Ken, ma non era quello che l'aveva colpita, il nome che occupava il sottotitolo: Andrea Schneider!
Quella aveva sfidato un giocatore di calcio a karatè e si era fatta battere?!
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Camminava scalza sull'asfalto; non metteva mai le scarpe prima di una partita, le portava fortuna.
Il borsone le colpiva la gamba sinistra ad ogni passo, ma a lei non dispiaceva, anzi…stava ben attenta a non saltare un colpo…una specie di rito per vincere.
Lontano si ergeva la casa di Schneider, sul balcone una figura snella osservava il cielo…non capiva perché sul suo sguardo vide preoccupazione, "Ehi! Qualcosa non va?" "No…solo il tempo" aveva risposto con voce asciutta.
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"È un vero peccato. Ken era un ottimo portiere…" incominciò l'altro mentre osservava il viso corrucciato della ragazza, "Quanto dista da qui la casa di questo Wakashimazu?" chiese lei stropicciando la rivista nella sua mano, "Come scusa?".


Yayoi si osservò in una vetrina, per la prima volta, dopo tanti anni, dei pantaloni…i suoi pantaloni... Il cotone pesante cadeva sulle sue gambe come succedeva ogni inverno…prima…
I capelli erano raccolti in una piccola coda e i suoi occhi nascosti da lenti azzurre…si sentiva spensierata come quel giorno, con la differenza che non sarebbe stato uguale.
Sorrise e iniziò a correre.
Era da tanto che non correva, da tanto che non si sentiva libera!
Corse.
Corse fino a sentirsi male.
Corse fino a giungere davanti a un campo di calcio…
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…senza fiato si appoggiò alla rete della porta, mentre il borsone le cadeva per terra.
I suoi occhi marroni osservavano il campo, li si sarebbe compiuta la finale, finalmente…era sicura di vincere.
"Buon giorno!" disse all'addetto alle pulizie che le ricambiò il saluto con un cenno della mano mentre si dirigeva verso gli spogliatoi.
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"Yayoi, cosa ci fai qui?" la voce di Sanae la fece trasalire, "Io…?N-Niente…perché?" balbettò per poi sforzarsi a sorridere, "Beh, oggi non ci sono partite e il campo l'ha prenotato la Toho…Ti va di fare un giro?"
Camminarono per molto tempo in silenzio, nessuna delle due sapeva che dire, e senza rendersene conto si trovarono davanti all'aeroporto.
"Cos'è che non va?" chiese la bruna fermandosi all'improvviso, "Niente, Sanae, niente" l'amico scosse disperata il capo, "Non è vero. C'è qualcosa…qualcosa che tu non vuoi raccontare…ma…" silenzio, guardò negli occhi la rossa, "…ma ti distruggerà!" "Ti prego, non farmi questo…".
"Yayoi?!" dietro di loro una figura dai lunghissimi capelli biondi si avvicinava a gran velocità, nella mano sinistra teneva un borsone…un borsone da calcio.


"Hyuga?" il ragazzo si avvicinò ancora di più al letto d'ospedale, le mani che stringevano quella piccola e pallida della sorellina, "Sono qui, Natascia…sono qui…" "Hyuga…" le labbra della ragazzina si aprirono per respirare profondamente, "…Hyuga…" ripeté "…perdonalo, io l'ho fatto …perché tu no?".
Lo sapeva lui il perché, non avrebbe mai perdonato quel bastardo! Dopo quello che aveva fatto la sua sorellina, dopo averle fatto violenza.
"Promettimi che non gli farai del male…promettimelo…" il ragazzo inchinò il capo fino a sfiorare con la propria bocca le proprie mani, mentre copiose lacrime scendevano lungo le sue guance, "Non posso…" "Prometti…" respirò ancora profondamente, il capo si alzò leggermente dal cuscino mentre gli occhi si sgranarono, poi ricadde pesantemente e chiuse le palpebre, un dolce sorriso donava gioia sul suo viso e la piccola mano scivolò da quelle forti del fratello.
Ormai Hyuga non riusciva più a trattenere il dolore che provava per Natascia e si lasciò in un pianto angosciato.

I suoi occhi fissavano il viso della ragazzina, i capelli sparpagliati sul cuscino si muovevano in una delicata danza che il vento comandava…si muovevano dolci, quasi spaventati di ferirla, ma loro… loro non sapevano che lei era morta. "Buon compleanno…sorellina".




 

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