PRIMA O POI DEVE SUCCEDERE

 

CAPITOLO 4

Il risveglio

 

Apro gli occhi per richiuderli subito, una luce accecante mi ha accolto impreparato, faccio passare un paio di secondi e…il bruciore è forte, ma li costringo a stare aperti, non voglio arrivare in ritardo agli allenamenti.

“Alan! Alan, ti prego calmati!”, Sonja guardava spaventata il fratello, che dopo la “nera notizia” si era messo a piangere ed a urlare. D'altronde era impensabile che avrebbe reagito bene, tutto il suo mondo e i suoi sogni svanivano, il suo orgoglio e la
sua sensibilità…puf, cancellate, per sempre.
Il suo adorato fratello Alan non esisteva più, se lo sentiva. “Perdonami, perdonami” bisbigliava accasciandosi sul pavimento piangendo.

Bruce camminava avanti e indietro per la sala d’aspetto, il viso mollemente inclinato davanti, gli occhi rossi e gonfi, i capelli neri spettinati, era tornato dall’Inghilterra senza nemmeno una misera valigia, ed ora non gli lasciavano vedere il suo amico d’infanzia.
Una musica allegra risuonò nella stanza, gli occhi di tutti puntati sulla giacca, lasciata senza ritegno su una sedia, di Bruce, “Pronto?”, Harper guardò sbalordito Evelyn che aveva risposto.
“No, io non sono Bruce…ah, lei è l’allenatore…” la ragazza guardò con la coda dell’occhio il fidanzato, e dai gesti capì che lui in quel momento non esisteva, “Mi dispiace, ma ora non c’è in casa…ehm, io sono la sua ragazza…no, ma che dice, si figuri…arrivederci!”,
Evelyn tirò un sospiro di sollievo, quell’uomo stava per farle un terzo grado, fissò di nuovo Bruce, che aveva iniziato di nuovo a ciondolare avanti e indietro per la sala.
“Maledetti impiccioni, glielo detto che dovevo partire!…oppure no? Ma che importanza ha?! Che vadano a fanculo, io da qui non mi muovo!!”

***

“Ed, che stai facendo?”, la voce di Mark era leggermente allarmata, “Me ne vado. Ho finito gli studi e faccio parte di una squadra di archeologi, che partirà domani per l’Iraq...E non me ne frega niente di ciò che dicono i medici o mio padre, io partirò con loro, non lascerò che qualche stupido taglio mi rovini la carriera!”. Gli occhi di Lenders seguivano ogni
movimento del ragazzo, “Tu…tu non puoi…” “Io non posso cosa?! Non venirmi a dire che sono psicologicamente instabile…ormai è vecchia come frase!”, il silenzio calò nella stanza per qualche minuto, “Dimmi una cosa Mark, vuoi vedermi marcire in un ospedale psichiatrico?” “No, ma mi preoccupo per te, infondo hai appena tentato di…di…suicidarti”, Ed superò il ragazzo, “Suicidarmi?! Cazzo, io ti credevo amico, e invece non hai capito nulla! Riprenditi pure la nostra amicizia, io non ne ho bisogno”.

No, non poteva crederci. L’unica amicizia che era riuscito a mantenere, ora era in frantumi, perfino Danny se ne era andato, dopo una lunga litigata con lui e il mister, gli aveva perfino sputato in faccia…”Non capisco come una ragazza come Maki, si sia innamorata di te, ma spero che non la tratti come hai trattato me!!”, ma cosa gli aveva fatto?
“Cazzo, forse è vero che sono un perdente!”
“Mark?” davanti al ragazzo si trovava una giovane dai lineamenti dolci, quasi femminili, “Sono io, cosa vuoi?”, come risposta gli arrivò una risata a stento trattenuta, “Ehi! Non c’è niente da ridere! E poi si può sapere chi sei?”, il ragazzo si ricompose, con la
mano destra si tirò indietro la frangetta scesa scomposta sul viso, “Vuoi dire che non mi riconosci?Sono Danny, Danny Mellow!”

***
L’aria fresca circondò il corpo nudo del ragazzo, adorava tenere la finestra aperta di mattina, soprattutto in inverno.
Delle braccia esili cinsero la vita del ragazzo, che colto di sorpresa non tentò neanche di muoversi,
“Danny?!” si giro con un sorriso pieno di felicità e amore, gli occhi che luccicavano di incredula gioia, ma tutto scomparve realizzando che la persona che gli stava davanti era Jenny, “Che c’è Philip?” “Niente, amore…solo che mi sono ricordato di dover richiamare…Julian!” la ragazza abbassò il capo,osservando ogni centimetro di quel corpo scultoreo che conosceva a memoria, “Devi proprio?”
“Si, mi ha detto che è importante…credo che si tratti di Amy o di qualcuno che è in ospedale…mi ha lasciato un messaggio confuso, molto strano; sembrava un moribondo…”, un fragile dito si posò sulle sue labbra “Non importa, sarà per un altra volta. Fammi uno squillo quando sarai di nuovo libero!” così dicendo prese la borsetta posata sul letto, apri la porta e
gli mandò un bacio.

“Julian? Caspita, ma cos’è successo?! Con quella telefonata volevi farmi spaventare? Era grave… oh, stai scherzando? Mi dispiace ma io che posso…dai non piangere, vedrai che tornerà da te…ah, è partita oggi. Sai che ti dico, verrò a stare da te un po’!! Jenny? Non ti preoccupare, capirà tutto, e poi ho bisogno anch’io di una pausa di riflessione…no lei non centra, ma ne parleremo oggi pomeriggio. Sarò lì per le due, il tempo di fare valigie e avvisare in giro…d’accordo! A dopo!”, Philip spense il cellulare, il suo amico gli era parso davvero giù di tono, che Amy avesse davvero deciso di lasciarlo era ovvio dall’estate scorsa, ma non credeva che Julian l’avrebbe presa così!
“Mah, forse è meglio che si sfoghi, e poi così ho una scusa per allontanarmi da Hokkaido”,
il ragazzo riprese il cellulare “Jenny, mi dispiace ma…”

***

“Tesoro, perché non ti calmi un pochino?”, la voce di Evelyn lo fece tornare con i piedi per terra, “Ti sembrerò un idiota” sospirò il ragazzo, “No, amore, ma cosa vai pensare? Questa è la caratteristica per cui o deciso di stare per sempre con te, anzi, sono fiera della tua generosità e della tua testardaggine…ti chiedo solo di riposarti”. Bruce prese la mano della ragazza, guardò a malincuore l’anello che pochi mesi prima le aveva regalato, “Mi dispiace, dovremo rimandare ancora…non me la sento di lasciare il mio migliore amico”, come risposta gli arrivò un bacio sulla fronte “Non dirlo neanche per scherzo, non me la
sentirei di sposarmi ora…è meglio che tutto si calmi, e poi potremmo rispedire gli inviti”.
Patty guardò sbalordita gli amici, non poteva credere alle sue orecchie, loro si stavano per sposare, “Quand’era?” la domanda le usci spontanea e neanche se ne era accorta, “Patty, perché non ti riposi anche tu? Dai ti accompagno io” si propose, la sua vecchia amica, vedendo la stanchezza prendere il sopravento sulla lucidità della ragazza.

“Mancavano due settimane”, Patricia la guardo confusa,
“Al matrimonio. Ora dovremo annullare tutto, ma non m’interessa, adesso Alan ha bisogno di tutti noi, e sapendolo in quello stato…Beh, voglio che ci sia anche lui al mio matrimonio, e poi la depressione non si addice a tale festa”
“Mi dispiace, se non vi avessi avvertito” “Non dire sciocchezze Patty! Prima o poi lo avremo scoperto, e se non fosse successo credi che qualcuno di voi sarebbe venuto in Inghilterra? No, forse è solo il destino che non vuole farci sposare, oppure solo delle coincidenze…ma sono sicura che un giorno o l’altro mi sposerò con Bruce, questa è solo un’interruzione
momentanea…Perciò non darti colpe che non sono tue, d’accordo Patty?” L’amica annui.

***

“Come sapevi che ero qui?”, il ragazzo termino di bere la lattina di fanta, “Tua madre me la detto…ma Ed dov’è?”, Lenders alzò le spalle, “Partirà per l’Iraq domani” “Iraq?”, Mark si lego i capelli con un piccolo elastico nero, “Ha finito gli studi, ora è al 100% archeologo. E tu Danny, come te la passi?”, il ragazzo alzò gli occhi al soffitto, “Niente di che, ho lasciato il calcio…studierò qui a Tokio, non ho voglia di ritornare a Hokkaido, quel Philip Callagan mi ha rotto i coioni. Tu?”, “Belle prospettive…Faccio le solite cose, il prossimo anno ho intenzione di chiedere a Maki di sposarmi…Ehi!Ovviamente sei
invitato!”

Ecco siamo qui, nonostante il distacco brusco dell’ultima volta, parliamo come amici…ma c’è qualcosa che non va, forse perché ci stiamo comportando come NUOVI amici e non come vecchi. Già, sembra che ci siamo appena conosciuti.
Eccovi tre amici inseparabili, ora tre persone sconosciute…che fine hanno fatto Mark Lenders, Ed Warner e Danny Mellow?

Danny guadò di lato, era da molto che non ritornava lì, eppure era tutto uguale…così monotono. non sopportava il caldo e in quel taxi gli sembrava di stare in un forno, si slacciò i primi bottoni della camicia, lasciando intravedere il torace ben scolpito.
Aveva lasciato da poco Mark a casa sua, sembrava preoccupato per qualcosa, ma era inutile investigare lui non avrebbe mai pronunciato una singola parola sui suoi dubbi.
“Si fermi qui, grazie” disse porgendo dei soldi all’autista.
Davanti a lui un cinema, aveva proprio voglia di guardare un film “Dove tutto è falso” bisbigliò mettendosi in fila.

***
“Goditi la tua vita”, la voce di una bambina gli arrivò al cuore, “Prima o poi deve succedere”

***

Gli occhi di James si spalancarono, il viso bagnato dal sudore, la bocca aperta in un sordo “ah” mentre il cuore gli balzava in gola.
Subito accostò la mano al petto, tastò eccitato il proprio corpo: era vivo, era ancora vivo!
Si girò verso il letto di suo fratello che lo trovò a guardare le stelle, niente poteva distrarlo da tale contemplazione; James gli balzò addosso, facendolo finire sotto il suo peso.
“Ma che fai? Sei per caso impazzito?” urlò Jason cercando di toglierlo di dosso, mentre il fratello rideva a crepapelle.
“Scendi che domani dobbiamo andare agli allenamenti, e io non posso dormire con un bisonte sulla pancia!!”
protestò ancora, per poi ricevere una pacca sulla testa “Bisonte a chi?”, ma non gli importava di come l’aveva chiamato, ora era felice…felice per suo fratello, per lui…e se loro stavano bene significava che anche gli altri erano in perfetta forma!
James si sdraiò nel letto di suo fratello, aveva insistito nel dormire con lui, non riusciva a crederci di aver fatto un tale sogno…di perdere Jason…e gli altri.

“Fratello!! Ma quanto ci metti?” Jason guardò stufo l’orologio della cucina, ma perché quel imbeccale di James ci metteva così tanto? Eppure dovevano andare ad un normalissimo allenamento, mica a ballare! “Allora ti vuoi spicciare? Guarda che ti lascio qui!” come risposta un pallone scese dalle scale, seguito subito dopo da suo fratello, “Alla buon ora! Ma si può sapere
cosa ti prende?” nel tono non cera nemmeno un briciolo di preoccupazione, soltanto impazienza per tanto James gli mostrò un sorriso sincero, “Niente, voglio soltanto che sia una giornata diversa dalle solite!” rispose infine.
I due fratello correvano lungo le strade asfaltate, mentre si lanciavano il pallone spaventando anziani e bambini.
Gli occhi di Jason scrutavano il ragazzo che doveva essere suo gemello, non capiva cosa gli fosse successo, suo fratello non era mai stato così…così...idiota in tutto la sua vita! Eppure sapeva che quella trasformazione non sarebbe rimasta a lungo, forse un paio d’ore, non di più.
La testa iniziò ha girargli, mentre un dolore alla gamba lo faceva accasciare a terra, urlò il nome del fratello, per poi lasciarsi cadere nel buio più assoluto.
“Jason!!!” pochi secondi e James era accanto al corpo del fratello, gli occhi pieni di terrore, “Jason, ti prego rispondi, rispondi!!”, gli alzò il capo per appoggiarlo sulle sue ginocchia, mentre attorno si radunava una folla, “Poverino, ma cosa gli è
successo?” “Che qualcuno chiami un dottore!” “Su si sposti io sono un medico…ragazzo lasciami lavorare!”.
A fatica James capiva, gli sembrava di essere in un altro mondo dove le parole erano solo bisbigli insignificanti. Anche il rosso e blu dell’ambulanza erano solo macchie, non valevano niente, mentre invece vedeva il viso del fratello, il corpo legato in una
barella, per poi scomparire dietro a una barriera bianca. “Jason!!” urlò di nuovo allungando il braccio contro ciò che lo aveva inghiottito, sperando di sentire solo un contatto…solo un suo respiro.

Stava seduto nella sala d’aspetto da ore ormai, il viso tenuto con le mani, gli occhi chiusi, e di nuovo gli ritorno in mente il sogno.
Mark, Ed, Alan, Patricia, Sonja, Teresia…lui e Jason, che voleva dire quel sogno? Perché accadeva ciò che aveva sognato? Perché?
All’improvviso alzò la testa, come se qualcosa gli avesse suggerito una risposta alle sue domande…
La voce di una bambina gli arrivò al cuore, “Prima o Poi deve succedere”, era l’ultima frase che aveva sentito prima di svegliarsi.
Alzò lo sguardo al soffitto, e un lungo “No” echeggiò nell’ospedale.


Fine


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