Nota: i personaggi non sono miei, non li ho inventati
io e non mi appartengono.
I nomi sono quelli originali. I soprannomi di Ryo (Little Fire) e di
Touma (Little Star) li ho presi in prestito, ma non ricordo da quali
FF( poffarre e poffarbacco!). Chiedo scusa alle "derubate".
I soprannomi di Seiji (Bright Boy), Shin (Still Water) e Shu (Live Wire)
sono "miei": questi non li ho fregati, giuro!
La storia si svolge nel periodo immediatamente successivo agli avvenimenti
narrati in "Message".
Tra le parentesi [ ] sono riportati i dialoghi che si riferiscono alle
comunicazioni telepatiche tra i Samurai, mentre i loro pensieri sono
scritti tra le parentesi { }. I tre asterischi (***) introducono le
parti "scritte" dai protagonisti di questo racconto nei loro
diari.
Altranota: preparatevi psicologicamente, Divini
Lettori, perché per leggere questo secondo capitolo si farà
notte! E poiché sono una 'bastarda dentro', ho anche usato un
carattere più piccolo.
Il capitolo dei sogni e delle visioni
di Reimi Ayanami
1.
"Allora
"
Ryo cercò di farsi piccolo piccolo, mentre sogguardava da sotto
in su il viso di Nasty, rabbuiato da un'espressione minacciosa. Il cucchiaio
di legno che teneva in mano e che brandiva come una mazza non aveva
un'aria rassicurante
"Allora!", disse di nuovo Nasty. "Di qui non mi muovo
finché non hai fatto fuori fino all'ultima briciola di quello
che hai nel piatto e
"
"Ma Nasty!", la interruppe Ryo. "Nel piatto mi hai messo
cibo per un reggimento!"
Il cucchiaio di legno calò con forza sulla superficie del tavolo.
"Non interrompere. Zitto e mangia, o la prossima te la stampo sul
fondoschiena, è chiaro?!"
Ryo sospirò e scosse la testa, imbronciato, prese la forchetta
e cominciò a cincischiare con le uova strapazzate. Nasty lo osservò
spostarle da destra a sinistra e dall'alto in basso per un po', poi
calò un'altra cucchiaiata e Ryo si affrettò a riempirsi
la bocca.
"Non puoi trattarmi come un bambino."
"Non lo farei se non ti ci comportassi."
Ryo abbassò lo sguardo sul piatto e cominciò a mangiare
a muso duro. Il guaio era successo il giorno prima quando, tornato da
scuola, aveva avuto un altro di quei suoi strani malori. Stava salendo
le scale quando una corrente d'aria fredda lo aveva avvolto e un mormorio
astioso gli aveva riempito la mente. Sollevato lo sguardo gli era parso
di vedere, in cima alle scale, una moltitudine fatta d'ombra che lo
additava. Lì per lì era rimasto paralizzato, sorpreso
ma niente altro. Ma quando tra quella folla aveva visto volti che sembravano
femminili, in cui brillavano piccole sfere rosse come pozze di sangue
calde delle fiamme dell'inferno, fisse su di lui come se volessero incenerirlo
beh, allora si era sentito male: di nuovo la testa gli si era riempita
di quel rombo di terremoto cupo e terribile e dal centro della fronte
gli era esplosa dietro agli occhi una nube nera in cui brillavano lampi
freddi e micidiali e in cui riecheggiavano voci agguerrite. Era caduto
in ginocchio sulle scale e poi era scivolato, reggendosi la testa pulsante
tra le mani. Solo che, sovrastato dalle urla nella sua mente, non si
era accorto di aver gridato e di aver cominciato a gemere. Né
si era accorto che Nasty era in casa finché, tornato in sé,
non se l'era trovata accanto, a fissarlo con occhi severi. Lei lo aveva
aiutato a sollevarsi a sedere, dopodiché aveva cominciato a spostare
il suo sguardo fosco da lui al contenuto del suo zaino (lasciato aperto
dopo aver preso le chiavi di casa) sparso per terra. Tra i libri e i
quaderni di scuola c'era anche la scatola con il suo pranzo. Intatta.
Aveva cercato di spiegare a Nasty che il fatto di essersi sentito male
non c'entrava niente con il fatto che non aveva pranzato, ma lei aveva
fatto due più due a modo suo e, come dire?... dopo di allora
aveva subito una specie di metamorfosi mostruosa, si era trasformata
in un mastino ringhioso: gli aveva piantato i denti addosso e non mollava
più. Così eccolo qua, seduto in cucina, costretto da Nasty-dog
ad un giorno di riposo per lui sgradito.
Un lieve sorriso si formò sulle labbra di Ryo, che senza farci
caso riempì per bene la sua forchetta e si infilò in bocca
il primo boccone di quella colazione consumato veramente di gusto.
Mal di testa e svenimenti a parte, da due giorni gli sembrava di camminare
sul cotone, sulle bollicine, sulle nuvole
Dopo quella storia del
terrazzo, Ayanami era diventata più gentile con lui. Era sempre
riservata, ma perlomeno adesso se le rivolgeva la parola rispondeva
e talvolta lui aveva la netta impressione che la ragazza non volesse
smettere di parlargli. E finalmente, l'aveva anche beccata (e parecchie
volte) a sbirciarlo. Così incoraggiato, aveva deciso di provare
a mettere in pratica uno dei consigli che Touma gli aveva dato nell'ultimo
weekend
e qui, il ragazzo alzò un attimo uno sguardo perplesso
e curioso su Nasty: come faceva Tou a dargli una mano con Ayanami se
poi non era capace di mettere in pratica con la sorellina quelle stesse
dritte che rifilava a lui? Boooh! Comunque, con lui avevano funzionato.
Il cuore di Ryo cominciò a palpitare come un uccellino in gabbia.
Martedì lui e Ayanami avevano pranzato insieme, proprio su quello
stesso terrazzino (che cominciava a considerare il suo luogo magico).
Cavoli, sì, se ne erano rimasti zitti zitti tutto il tempo. Ma
erano anche stati seduti vicini vicini, così vicini che lui ancora
sentiva sulla spalla destra il calore della sua pelle e sulla guancia
il solletico dei suoi capelli. Non riusciva ancora a credere di essere
riuscito a tirare fuori il coraggio per chiederle di mangiare con lui.
E non riusciva ancora a credere che lei avesse accettato, visto quel
che aveva detto. Se solo ne fosse stato capace, Ryo avrebbe voluto cancellare
dalla sua memoria il momento in cui, scatola del pranzo in mano, l'aveva
fermata al suono dell'intervallo e le aveva balbettato: "Ti andrebbe
di salire su me con il terrazzo?". Per fortuna Ayanami, più
imbarazzata di lui, aveva risposto "Volentieri!" prima che
entrambi si rendessero conto di quel che gli era uscito di bocca. Quando
ci era arrivato, il suo primo impulso era stato quello di cercare di
sfondarsi la testa contro un muro! Capirai che dopo non se l'era sentita
di dire nient'altro. Tuttavia, nonostante la terribile gaffe, lei non
si era tirata indietro e, anzi, anche se era rimasta silenziosa quanto
lui sembrava aver gradito la sua compagnia. Questo poteva fargli sperare
per il meglio
vero? Ryo ci pensò un po' su e decise di
sì. E adesso che le cose cominciavano ad andare (quanto bene
ancora non lo sapeva, ma di certo non andavano male), Nasty lo costringeva
a casa per un giorno! Il ragazzo si rabbuiò. Se almeno Ayanami
avesse avuto il suo numero di telefono! Avrebbe potuto sperare che lei
lo chiamasse per sapere come stava, visto che quella era la prima volta
che si assentava. O se almeno lui avesse avuto il suo! Avrebbe potuto
chiamarla con la scusa degli appunti.
Il ragazzo sospirò e Nasty, che con discrezione non gli aveva
tolto gli occhi di dosso, sorrise. Certo, era ben strano vedere Rekka
no Ryo in preda ai primi turbamenti d'amore: di lui, ormai, era radicata
nella sua mente l'immagine del combattente. Combattente anche dal punto
di vista emotivo: Ryo non si era mai mostrato vulnerabile, come tutti
i Samurai aveva sempre fatto del suo meglio per non far pesare agli
altri, inclusa lei, le sue paure e i suoi dubbi. Adesso, vederlo così
indifeso di fronte a questo sentimento che stava rafforzandosi in lui
la commuoveva. Ryo non le era mai parso così giovane, quasi si
era convinta che lui nemmeno sapesse cosa significasse essere vulnerabili
e vivere come un ragazzo qualunque. Invece eccolo lì, a sospirare
e a ridacchiare, ad arrossire e a impallidire. Finalmente mostrava tutta
la dolcezza dei suoi diciassette anni.
{Anche questa è una grande vittoria, Ryo. Chissà se te
ne rendi conto?}
Per un momento, Nasty dovette lottare contro un brivido intenso al pensiero
che solo per un miracolo Ryo e tutti gli altri vivevano ancora. Se Suzunagi
non avesse compreso la follia del prendere su di loro la sua vendetta,
Ryo non avrebbe mai fatto in tempo a conoscere davvero l'amore. La ragazza
si sentì stringere il petto da una pena insopportabile. Ma per
fortuna l'amico era ancora lì con lei, vivo e vegeto nonostante
tutto. I raggi di sole che entravano dalla finestra, tagliando obliquamente
l'aria, lo sfioravano e avvolgevano la sua figura in un alone luminoso
ma soffuso. Tutt'a un tratto, Nasty spalancò gli occhi: ma quando
il feroce ragazzino dalle lame infallibili era diventato il bellissimo
giovane uomo dall'espressione assorta e il sorriso timido che le sedeva
davanti?
Ryo, intanto, aveva finito di mangiare quasi tutto, ma si vedeva che
continuava per forza: guardava il suo riso come se il prossimo boccone
potesse essere quello che finalmente lo avrebbe costretto a precipitarsi
in bagno a vomitare. Nasty si alzò, fece il giro del tavolo e
lo prese per le spalle.
"Va bene, basta così. Ora distenditi un po' sul divano,
mentre io sparecchio", disse e gli scoccò un bacio sul capo.
Ryo si lasciò andare in dietro sulla sedia con un sospirone.
"Posso giocare con i videogiochi?"
{Ah! In fondo è ancora un moccioso}
"Perché, invece, non leggi un bel libro?"
"Eeeehhh?"
Nasty non resistette allo sguardo di pena che Ryo le rivolse. "E
va bene, vai a sterminare i tuoi soldatini."
"Alieni. Sono alieni cattivissimi, quelli che ho intenzione di
far fuori", spiegò Ryo e se la diede a gambe, quasi temesse
che Nasty potesse cambiare idea, ma poi sulla porta si fermò
e si girò.
"Non vuoi che ti aiuti? Posso fare io, se vuoi."
"Fila via", rispose Nasty. Prese uno strofinaccio e lo usò
per schiaffeggiare il posteriore di Ryo.
Lui rise. "Pervertita, ma che fai?! Un giorno o l'altro passerai
alla frusta, ci scommetto."
"Con te, ci vorrebbe proprio."
"Dici?"
Ryo le voltò la schiena, ma prima di lasciare la cucina volse
il capo e lanciò a Nasty un'occhiata da sopra la spalla che tramortì
la ragazza. Per fortuna, lui non se ne accorse: era già volato
nell'altra stanza.
{Ma quel ragazzo
è un mostro, è una bomba innescata,
è un mix esplosivo di innocenza e sensualità! Ma si renderà
conto, o no, di quanto può essere sexy?}
Mentre metteva un po' d'ordine, Nasty sbirciò più e più
volte nella 'stanza della TV', la stanza in cui i suoi ragazzi erano
soliti riunirsi alla sera, per stare tutti insieme anche se ognuno si
faceva i fatti suoi: non riusciva a stancarsi di guardare Ryo. Lui se
ne stava seduto per terra, a due metri scarsi dal televisore, con le
gambe incrociate come un indiano e il joystick in mano, tutto concentrato
a far fuori più mostri possibili per battere il record di Touma.
Ogni tanto le arrivavano all'orecchio le creative imprecazioni a cui
ricorreva per rispettare il suo divieto di dire maleparole.
Nasty sospirò. "Macché, non se ne rende proprio conto."
{E' davvero un moccioso}
Beh, meglio così dopotutto. Il giorno in cui si fosse reso conto
del potere che aveva sulle donne molto probabilmente sarebbe stato l'ultimo
della sua innocenza e una parte del Ryo che amava tanto sarebbe svanita
per sempre.
2.
Il banco vuoto accanto al suo calamitò lo sguardo di Reimi per
tutta la giornata, che le parve assai lunga e grigia, anche se fuori
brillava un allegro sole primaverile. Il pensiero del perché
Sanada fosse assente la assillò per tutto il tempo tanto che
nella pausa pranzo la ragazza fu infine costretta ad ammettere con se
stessa, una volta per tutte, che Ryo Sanada le era entrato nel cuore.
Non era più solo questione del provare piacere nel guardarlo:
la sua vicinanza la faceva sognare, il suo profumo la rasserenava e
quella luce nei suoi occhi
ormai era assolutamente convinta che
fosse quella la forza che faceva girare il mondo, che andassero in malora
l'insulsa astronomia e il moto di rotazione della terra intorno al suo
asse! L'umanità non aveva capito niente, in venti secoli di evoluzione,
e a lei avrebbero dovuto dare un bel Nobel! Intanto, però, il
terrazzino era così deserto senza di lui arrampicato lassù
a guardare il cielo e la città; Reimi rimase in piedi per un
po', al centro del piccolo perimetro piastrellato, incerta se andarsene
o meno: quel posto le sembrava così ordinario. Infine, con un
sospiro, si accomodò con le spalle alla ringhiera di ferro, nello
stesso punto in cui due giorni prima si era seduta con lui per pranzare
insieme.
Mentre mangiava in modo svogliato il suo riso bollito, un chicco alla
volta, Reimi pensò che, magari, visto che ormai mancava pochissimo
agli esami di metà trimestre
ecco, magari poteva andare
a casa sua per portargli gli appunti e sapere come stava. Bella pensata!
Già, peccato che non sapeva dove abitava. A quanto sembrava,
comunque, lei non era l'unica ad aver appena avuto l'idea del secolo:
la porta del terrazzo cigolò e si aprì e poco dopo uscirono
alla luce del sole le 'brain-off girls', ossia Yazawa e le sue oche
ammaestrate.
"Beh, Sanae, andrai a casa sua dopo le lezioni?"
Le orecchie di Reimi si sintonizzarono come due super satelliti sulla
conversazione.
Yazawa fece una risatina. "Tu che dici? Posso perdermi un'occasione
simile?"
Reimi mosse le labbra silenziosamente e ripeté le parole della
compagna, scimmiottandola.
"Ma almeno sai dove abita?", chiese una del codazzo.
Rumore di carta. Reimi gattonò fino al bordo del terrazzino,
si sporse con prudenza e vide che Yazawa esibiva con aria trionfante
un foglio di carta stampato.
"E quello da dove arriva?", chiese con esilarata meraviglia
una delle ragazze che la attorniavano.
{Per gli dei! Dalla segreteria o dalla stanza dei professori, razza
di oca, da dove altro potrebbe arrivare?}
Yazawa spiegò ben bene il foglio e rispose tutta piena di sussiego:
"Viene dalla stanza della signora Satoshi, è ovvio. Le ho
detto che la professoressa Tsukino mi aveva incaricata di stampare i
suoi appunti per la riunione di classe e quella vecchia grassa scema
se l'è bevuta
Dunque, vediamo un po'
Beh, Ryo non
abita molto lontano da qui: palazzo Higarashi, lo conosco, è
il condominio che sta dietro il parco Obara."
Kanoe Samura, l'inseparabile amica di Yazawa, chinò il viso sulla
sua spalla. "Qui, però, c'è un altro recapito: provinciale
186 per Tohno km 26°, panoramica del lago Kamihei km 8° in direzione
Tokyo, numero 1. Accidenti, che razza di indirizzo! Qualcuno ha idea
di dove sia questo posto? E chi è questa
Yagyu Nasty?"
Yazawa rispose subito al secondo interrogativo. "E' la tutrice
di Ryo."
"Tutrice?", chiese un'altra del gruppo.
"Sì", rispose Sanae. "Ryo è orfano e così
questa Yagyu si occupa di lui." Yazawa rifletté per un paio
di secondi, poi disse: "Sarà una vecchia zitella appioppatagli
dai servizi sociali."
Reimi strinse i pugni e continuò finché non sentì
le punture delle unghie nel palmo delle mani. {Ma tu guarda! Ryo, Ryo,
Ryo
quanta confidenza!}
"Sanada è orfano?! O ma che cosa triste! Per questo ha sempre
quell'espressione così malinconica, poverino
"
Reimi ristette per un attimo. Solo adesso scopriva che anche Ryo non
aveva più i genitori. Certo, anche lei si era accorta della tristezza
che aleggiava sempre sui lineamenti del ragazzo persino nei momenti
di allegria, però, chissà perché, non riusciva
a credere che a rattristarlo tanto fosse la sua perdita. Sicuramente,
della sua tristezza faceva parte anche il lutto ma a lei sembrava che
dovesse esserci dell'altro. La 'malinconia' di cui aveva parlato quell'oca,
a Reimi sembrava la facciata di qualcosa di più profondo che
talvolta le sembrava angoscia o persino disperazione. Tuttavia, la sua
era solo una sensazione. Ryo Sanada era un tipo piuttosto sfuggente,
sospettava che in lui ci fossero profondità insondate e
abissali.
"Comunque", disse Yazawa pensierosa, "non conosco quest'altro
posto. Deve essere piuttosto lontano, però: non mi risulta che
ci siano laghi vicino a Tokyo."
Reimi strisciò indietro, silenziosa e cauta, fino alla ringhiera
e a quel punto si rimise seduta, con le gambe stese davanti a sé
e le braccia incrociate sul torace. Nemmeno lei sapeva dove si trovasse
quel lago, ma non era un problema irrisolvibile. E una piccola speranza
le si agitava dentro: Yazawa aveva letto della tutrice di Sanada, ma
non sembrava essersi resa conto di quanto preziosa fosse quella informazione.
Rei tese le orecchie: ecco, infatti, la regina della vanità annunciare
la sua intenzione di recarsi al palazzo Higarashi dopo le lezioni. La
ragazza sogghignò.
{Buona passeggiata}
Avrebbe fatto un buco nell'acqua, ne era certa. Ryo Sanada poteva anche
avere domicilio all'Higarashi, lì poteva anche vivere da solo,
come capitava a certi adolescenti senza famiglia (o con una famiglia
incapace di seguirli) che potevano permetterselo, ma in caso di assenza
Nasty Yagyu avrebbe dovuto rispondere per lui, visto che non era ancora
maggiorenne. Quindi era al lago che bisognava cercarlo, a casa della
sua tutrice. E lì sarebbe andata lei.
{Va bene essere innamorati, ma il cervello non bisogna metterlo in stand
by}
E a proposito di stand by: le restavano ancora una ventina di minuti
scarsi prima dell'inizio della sesta ora, doveva sbrigarsi se voleva
usare il computer della biblioteca per scovare l'itinerario per raggiungere
il lago Kamihei.
3.
Era il tramonto. Il cielo era un trionfo di toni porpora e malva che
sfumavano nel blu violaceo della prima sera, ma poco più su della
linea frastagliata dei monti all'orizzonte la sfera infuocata del sole
accecava ancora con i suoi forti bagliori rosso sangue, colorava le
vette di arancioni ardenti e incendiava le nubi che viaggiavano basse,
pronte a calare sulla pianura per ricoprirla con una fitta cortina di
nebbia.
Ryo si era addormentato sugli esercizi di chimica, con la testa sulle
braccia e i capelli che ricadevano morbidamente sulle pagine fitte di
formule. Nella mano destra, abbandonata sul tavolo, stringeva ancora
la matita.
Nasty lo vide mentre andava a rispondere al campanello dell'ingresso
e ridacchiò, ma decise di non svegliarlo.
Appena aperta la porta, la giovane ebbe un piccolo shock piuttosto forte.
Sul portico, stagliata contro il cielo che andava scurendosi rapidamente,
c'era una ragazzina sottile, con una divisa scolastica piuttosto sobria,
ravvivata solo dalla gonna dalla fantasia scozzese, ma non fu quella
la prima cosa che Nasty notò. Per un attimo, infatti, la sua
vista fu come interamente assorbita da due luminosi tizzoni rossi che
la fecero rabbrividire. Solo in un secondo momento si accorse che quelli
erano gli occhi della ragazza. Lei la osservava dalla porta con un sorriso
timido e imbarazzato. Quegli stessi occhi rossi che l'avevano spaventata,
avevano un'espressione rattristata e quasi rassegnata, come se la visitatrice
si aspettasse d'essere cacciata.
"Cerchi Ryo?", chiese Nasty, incerta.
La ragazza, chiaramente una liceale, aveva un aspetto grazioso anche
se non la si poteva definire bella, tuttavia le ispirava un certo senso
di repulsione, per cui Nasty non si sentiva incline né a farla
accomodare né a permetterle di vedere Ryo.
"Mi chiamo Ayanami, sono una sua compagna di classe", si presentò
la ragazza.
Intanto anche Reimi studiava la giovane donna che le aveva aperto la
porta. {E questa sarebbe la tutrice di Sanada? Altro che brutta e vecchia.
Chissà che faccia avrebbe fatto Yazawa se l'avesse vista
}
Comprendendo il disagio della signorina Yagyu, Reimi si morse un labbro,
aprì lo zaino e, dopo avervi frugato, ne estrasse sette quaderni,
che porse con mano che tremava appena.
"Gli ho portato gli appunti, solo questo
Io
spero che
stia bene, ecco. Arrivederci e scusi per il disturbo!"
Reimi si chinò e salutò.
"Aspetta!"
La voce di Nasty Yagyu la richiamò mentre già si allontanava,
con il cuore pesante.
"Perché non entri? Sono sicura che a Ryo farà piacere."
La ragazza esitò. Nasty, intanto, stava dandosi della sciocca.
Un brivido di superstizione per poco non l'aveva spinta a comportarsi
in modo incivile con una compagna di Ryo, e sì che si vedeva
chiaramente che la ragazza era stanca. Chissà come era arrivata
fin laggiù?
"Su vieni, entra", ripeté con un sorriso.
Reimi ricambiò ed entrò.
{Non è poi tanto lugubre, quando sorride}, pensò Nasty.
4.
Il suo corpo era privo di peso, privo di dimensione, privo di consistenza.
Era ancora lui, ma incorporeo. Ryo si guardò meravigliato: poteva
vedere attraverso le sue mani!
Stava viaggiando sospinto da un forte vento incostante, che lo trasportava
su risaie e piccoli villaggi fatti di poche capanne con i tetti di paglia
e legno fermati da grosse pietre. Stretti sentieri polverosi, più
che altro delle mulattiere, attraversavano una vasta regione pianeggiante,
ma poco coltivata (ad eccezione, appunto, degli onnipresenti campi di
riso). Uomini camminavano su quei sentieri portando in spalla vanghe
e canne da pesca; avevano casacche di stoffa grezza dal taglio inusuale
e capelli acconciati secondo la moda di epoche ormai trascorse. Di tanto
in tanto, sulle stradine polverose passava un carretto trainato da un
mulo stanco, con covoni di fieno accumulati nel pianale posteriore.
Nei pressi delle capanne, donne con bambini assicurati sulla schiena
con semplici coperte gettavano legna nei forni.
Ryo notò che spesso gli sguardi di quei fantasmi del passato
si appuntavano verso nord, nella direzione in cui lui era sospinto.
Le donne rabbrividivano, gli uomini scuotevano il capo e curvavano le
spalle. Il ragazzo guardava tutto con occhi sgranati, mentre il vento
lo trasportava ancora oltre, in volo sopra un grande castello. Gli edifici
dai tetti a pagoda rivestiti di tegole blu notte e i giardini (grandi
e piccoli) erano disposti a formare una figura che Ryo riconobbe con
uno spasimo delle viscere: una stella a quattro punte. Al centro della
figura, rappresentato da un maestoso giardino bordato di alte siepi
perfettamente potate e simili a mura impenetrabili, si levava rigoglioso
uno splendido ciliegio in fiore la cui vista, però, diede il
voltastomaco al ragazzo. Ryo distolse gli occhi dalla chioma rosa che
ondeggiava alla brezza del pomeriggio e si guardò intorno. Vide
che gli abitanti erano quasi decimati, come se fosse passata la peste
a portarseli via. Non erano rimasti che pochi uomini armati, tutti a
guardia della porta principale, mentre in una delle corti più
interne erano riunite le donne, tutte nobili a giudicare dai loro abiti.
Le dame piangevano e recavano in mano bastoncini di incenso accesi.
Ryo colse una debole eco del loro lamento: 'Sventurato Ueda, hai perduto
i tuoi signori.'
{Ueda!?}
Ma non era il nome dell'antico castello in cui aveva avuto origine la
sua stirpe, nel periodo Muromachi, agli inizi dell'era Sengoku?
{Ma cosa sta succedendo?}
Era francamente sconcertato. Era la prima volta che vedeva il castello
in sogno e il sospetto di essere in qualche modo implicato in ciò
che vedeva lo stava stritolando nella morsa dell'ansia. Comunque, poco
più avanti ebbe risposta alla sua domanda. Dall'alto, sorvolando
uno stretto valico montano, vide una colonna di uomini in armi: un esercito,
che si stava raccogliendo al di là del passo, in una radura sterile
coperta di erba così scura da sembrare nera.
Ryo ispirò bruscamente e gli sfuggì un'esclamazione di
sgomento quando riconobbe, nel centro dello schieramento che avanzava,
una grande portantina su cui giaceva l'urna che aveva visto tanto spesso
durante le ultime tormentate notti. Sull'urna, il solito vessillo ormai
noto: quello con il rapace con l'anello stretto tra gli artigli.
Ormai era evidente ciò che stava per succedere. Ogni volta che
si addormentava precipitava nello stesso sogno. Ogni volta che chiudeva
gli occhi, gli veniva svelata una parte in più di quella vicenda.
Sapeva come si sarebbe conclusa e di fatti, sotto di lui, i signori
degli schieramenti che stavano per affrontarsi si portarono in prima
linea, l'uno di fronte all'altro. Il condottiero del clan di donne avanzò
in campo aperto, conscia di essere presa di mira dagli arcieri dell'esercito
avversario, ma sprezzante e indomita.
La donna stava per parlare. Pur stretto da un'acuta sensazione di pena,
presentimento di una tragedia imminente, Ryo si tese per udire le sue
parole:
"Ryo
"
5.
"Ryo
Ryo
"
Qualcuno lo chiamava e lo scuoteva con delicatezza.
"Mmmm
"
Ryo si ridestò lentamente, ma quando schiuse gli occhi dinnanzi
a sé vide solo nero. Un gelo improvviso, furioso, lo aggredì
e lo privò del suo calore. Il consueto rimbombo invase ancora
una volta la sua testa. Mille voci ringhianti lo chiamavano con insistenza.
"Ryo
Ryo
Ryo
"
Il ragazzo si alzò barcollando. Con una mano cercò sostegno,
poiché sentiva che stava per cadere, con l'altra si strinse la
testa. Non riusciva a parlare, era conscio di emettere solo flebili
lamenti.
{Non di nuovo, oh per pietà, non un'altra volta!}
Il respiro gli usciva ora rotto ora affannoso. Il petto gli doleva,
il cuore stava per esplodergli. Qualcosa lo artigliò alle braccia
e lo scosse violentemente. Ryo si sottomise, incapace di opporsi, ed
ebbe la sensazione di essere sbattuto indietro e poi in avanti per essere
respinto ancora subito dopo. Lo stavano attaccando, il nemico era infine
giunto e, senza rivelarsi, lo aggrediva con violenza: sembrava che volesse
spezzargli la schiena.
{Finirà per uccidermi}
Confuso e terrorizzato, non udiva i richiami di Nasty, la sua voce piena
di paura. Non sapeva che Ayanami, agghiacciata, se ne stava ferma a
guardare, incapace di venire in suo soccorso. Non si rese conto di invocare
l'aiuto di Dio, di Kaosu, di Touma, di Seiji. Non si rese nemmeno conto
del momento in cui i suoi occhi appannati finalmente tornarono a vedere
qualcosa oltre il buio. D'un tratto, però, d'innanzi a lui furono
di nuovo le ombre accusatrici, uomini e donne furenti, pieni d'odio
per lui. E tra quelle, di nuovo, gli occhi rossi. Gli occhi rossi. Ancora
loro.
Con uno scrollone terribilmente forte, Ryo si liberò dalla stretta
di Nasty e lanciò la ragazza in aria verso il muro, vicino alla
porta, quasi dall'altra parte della stanza. Ormai fuori di sé,
Ryo indietreggiò alla cieca da Ayanami che, finalmente, si riebbe
e si precipitò verso di lui per sorreggerlo prima che precipitasse
in terra. Ryo, però, vide solo quei due fuochi orribili piombare
su di lui e urlò con quanto fiato aveva in corpo poi, dopo un
tremito così violento da sembrare una convulsione, si accasciò
svenuto e crollò tra le braccia di Reimi, trascinandola con sé
in una caduta rovinosa di cui non ebbe alcun sentimento.
6.
Reimi si ritrovò in ginocchio, per terra, tra sedie rovesciate,
con il corpo di Ryo totalmente abbandonato tra le sue braccia. Sotto
shock, la ragazza non riusciva a distogliere gli occhi dal viso cereo
di lui, dalle sue palpebre che tremavano appena, mentre il suo corpo
era percorso da brividi violenti (che in parte erano anche suoi). Dalle
labbra bianche e socchiuse di Ryo si levavano lievi sospiri. D'un tratto,
lui voltò lentamente il capo verso di lei e Reimi capì
che il ragazzo stava per riprendere conoscenza. Spaventata, gli lasciò
andare la testa sul pavimento e senza guardarsi intorno si precipitò
fuori, in una corsa disperata per allontanarsi il più possibile
da quella casa e da Ryo.
Non sapeva che cosa gli fosse successo, ma aveva capito che era svenuto
solo dopo aver visto i suoi occhi.
7.
Nasty si rialzò dolorante, ma tutta intera. Per fortuna, durante
quel volo pazzesco aveva urtato con un fianco una delle poltrone e ci
si era aggrappata, riuscendo a cadere senza riportare altro danno che
una violenta sederata. La forza con cui Ryo l'aveva scagliata in aria,
tuttavia, l'aveva spaventata e impressionata.
{Ecco che cosa si prova ad essere un suo nemico
Giuro che avrei
preferito non saperlo!}
Nel rimettersi in piedi vide la ragazzina, Ayanami, fuggire via, pallida
in viso come una morta e il panico le dilagò nelle vene. Cos'era
successo a Ryo? Incespicando, Nasty tornò al tavolo nel momento
in cui lui stava rialzandosi sulle mani e sulle ginocchia. Il ragazzo
cercò di levarsi in piedi ma le gambe gli cedettero, così
restò accovacciato per terra, con una mano aggrappata al bordo
del tavolo e l'altra premuta dietro il capo.
Con cautela, Nasty gli sfiorò una spalla.
"Ryo?", lo chiamò con voce affannata.
Lui sollevò sul suo viso due occhi chiari ma confusi e colmi
di dolore.
"Nasty?"
Gli tremavano le labbra.
La giovane si inginocchiò accanto a lui, gli prese la testa e
se la posò su una spalla. Poco dopo, sentì cadere sulla
pelle del collo una lacrima, poi due, poi tre, infine Ryo pianse liberamente.
Non per molto, comunque. La scansò quasi subito con un misto
di rabbia e di imbarazzo, ma debole com'era non riuscì a farle
sciogliere il suo abbraccio, così Nasty lo tenne stretto ancora
qualche istante.
"Come va? Te la senti di alzarti?"
Ryo fece cenno di sì con la testa; una sola volta, però,
perché già quel semplice gesto gli procurò vertigini
e nausea.
"Come l'altra volta", balbettò, senza però rivolgersi
in modo specifico a Nasty.
La ragazza, ancora scossa anche lei, non riuscì a sorreggerlo
e a condurlo più in là della poltrona. Lo fece sedere
e con ansia vide Ryo rannicchiarcisi in posizione fetale, prima di addormentarsi
di botto. Nasty lo studiò per un bel pezzo e quando si convinse
che l'amico dormiva e basta, lo coprì ben bene con il plaid che
teneva sul divano poi si allontanò e corse in corridoio, al telefono.
Compose il numero sbagliato per ben due volte, tanto le tremava la mano,
e infine le sembrò di attendere alla cornetta per un'eternità,
mentre il 'tu-tuuuu' del segnale di libero telefonico stava per farla
uscire di testa. Ma poi, per fortuna, la voce di Touma la riportò
sulla via della sanità mentale.
"Pronto?, parla Touma Hasciba."
"Touma, vieni subito da me."
Una pausa. Silenzio. Poi
"Arrivo."
Niente perdite di tempo, niente stupidi 'perché?' o inutili 'cosa
è successo?'. Solo quella parola, secca e sicura.
Dio, come amava Touma Hasciba!
8.
Il Cavaliere dell'Etere si presentò a casa di Nasty dopo appena
una manciata di minuti, bardato della sua armatura. Mentre con l'aiuto
della sua sfera si liberava di Tenku disse alla ragazza, che lo guardava
incredula: "Era l'unico modo per arrivare qui alla svelta: non
hai idea del traffico pazzesco che c'è in città. Beh,
è l'ora di punta serale. Tra l'altro, sai, mentre me ne venivo
volando fin qui bello bellino, riflettevo anche su quanto sia ecologico
spostarsi in armatura. Che dici, brevetto la scoperta e la piazzo sul
mercato?" Le strizzò un occhio e le sorrise con leggerezza
e Nasty reagì subito all'allentamento di tensione con un sospiro
e una fiacca, ma sincera, risatina. Touma le cinse le spalle con un
braccio e nel sentirla tremare se la strinse brevemente contro, quindi
la condusse verso la 'stanza della TV'.
Sulla poltrona, Ryo dormiva ancora. Era tutto retratto sotto il plaid,
come una tartaruga nel suo guscio. Di lui erano visibili solo uno spicchio
del suo volto e le mani, strette in pugni vicino alla bocca.
Touma si grattò il collo, poi si avvicinò all'amico e
allungò una mano, preso dalla compassione, per allontanare un
ricciolo ribelle che gli era finito su un occhio e sembrava infastidirlo.
"Non vuole essere toccato", lo avvertì Nasty.
Touma si girò a guardarla, ancora chino verso Ryo. "Come
lo sai? Te l'ha detto lui?"
"No, non si è più svegliato. Ma quando poco fa ho
cercato di accomodarlo un pochino, si è contratto tutto e si
è irrigidito e ha fatto un piccolo verso, tipo un ringhio: sai,
come certi cani quando non vogliono farsi avvicinare."
"Ryo il randagio", scherzò Touma per non dare a vedere
quanto fosse preoccupato. Tuttavia, volle provare ugualmente a sfiorare
l'amico, per vedere come avrebbe reagito, e gli posò due dita
sulla guancia gelida. Subito, Ryo si strinse a palla, ma questa volta
emise un accenno di piagnucolio.
{Aih, siamo messi proprio bene!}
"Ok", decretò allora il ragazzo. "Non è
il caso di spostarlo, per il momento."
Touma si guardò intorno e infine volse lo sguardo su Nasty. Se
ne stava a distanza, appoggiata allo stipite della porta, con le braccia
strette intorno al torace, come se sentisse un gran freddo.
"Perché non ti siedi, mentre ti preparo una tazza di the?"
Nasty scosse la testa. "Vengo con te", disse e Touma notò
con una fitta di dolore lo sguardo spaurito che rivolse a Ryo (a quel
poco di lui che ancora sbucava dalla coperta). "E credo che mi
farò un triplo whisky."
Touma corrugò la fronte e pilotò l'amica verso la cucina,
prendendola per un braccio. "Caffè?", propose.
"Corretto", rispose Nasty.
"Scotch?", scherzò lui.
"Vodka", disse Nasty con decisione, sorridendo.
Touma la bloccò sulla soglia della cucina e la guardò
con una bizzarra espressione di riprovazione - come quella che ci si
aspetterebbe di vedere sul viso di una arcigna zitella alla quale si
faccia una proposta sconcia - ma rovinata dal sorriso che gli tendeva
gli angoli della bocca. "Ogni mattina, quando in Africa sorge il
sole, il leone si sveglia e sa che dovrà correre se vuole prendere
la gazzella", cominciò a declamare in tono ispirato. Nasty
lo guardò con tanto d'occhi. "Ogni mattina, quando in Africa
sorge il sole, la gazzella si sveglia e sa che dovrà correre
se vuole sfuggire al leone", proseguì Touma mettendosi in
posa come un attore shakespeariano. "Così non importa che
tu sia leone o gazzella
Corri!"
Il viso di Nasty perse ogni rigidezza, la sua espressione tesa si sciolse
come la cera di una candela. La ragazza cominciò a ridere in
singhiozzi stentati poi, appoggiata la testa sulla spalla di Touma,
si lasciò andare ad una farfugliante risata isterica.
"Sei tutto matto, tutto matto", balbettava ogni tanto, tra
un accesso e l'altro.
Touma la strinse a sé e le accarezzò piano i capelli finché
lei non si schiarì la gola e non si raddrizzò, di nuovo
padrona di sé, quindi fece guizzare le sopracciglia e le chiese:
"Beh, cosa mi offri?"
"Cioccolata calda?"
"Perfetto", approvò lui. "Ho tanto bisogno di
dolcezza nella mia vita: voglio coccole!"
Per un attimo pensò anche di aggiungere che ormai persino la
scienza riconosceva alla cioccolata un effetto afrodisiaco e gli venne
la tentazione di chiedere a Nasty se per caso non stesse provando sedurlo
ma, date le circostanze, si rimangiò l'impertinenza, riservandosi
di tirarla fuori in un'occasione migliore.
"Dai, raccontami cosa è successo", le disse in tono
pacato.
9.
Nel momento in cui a Tokyo Ryo crollava al suolo, svenuto, ad Hagi Shin
ebbe l'impressione che la foto che stava osservando con nostalgia (la
foto che Nasty aveva scattato a lui e agli altri due estati prima, durante
una memorabile gita al mare) si sfocasse e che i contorni di Ryo si
rarefacessero, diventando quasi invisibili. A Miyagi, Seiji vide con
orrore che il primo fiore della sua pianta di gigli si tingeva di rosso
e appassiva; il ragazzo si strofinò gli occhi, ma quando tornò
ad osservare il fiore, il suo calice appariva intatto, come sempre.
A Kanagawa, nel ristorante dei suoi genitori, Shu stava impacchettando
una infornata di quei biscotti al burro di cui Ryo era ghiotto come
un procione ma improvvisamente se li vide marcire sotto gli occhi e
ridursi ad un ammasso carbonizzato; il ragazzo fece un balzo indietro
e gridò "Eih!"; sua madre si affacciò alla porta
della cucina e gli chiese cosa avesse combinato, ma il figlio non rispose:
guardava una manciata di biscotti ancora caldi, appena estratti dal
forno, come se sotto il naso avesse un nido di serpi.
Le molte miglia che separavano i tre ragazzi furono d'un tratto superate
e rese infinitesimali dal rapido intrecciarsi dei loro pensieri.
["Shu, sei tu?"]
["Shin?"]
["Sono io. Ti ho sentito urlare"]
["Io non ho urlato"]
["Bugiardo"]
["Seiji! Seiji!"]
["Che bel coretto, ragazzi"]
["Avete sentito anche voi, vero? Shin, Seiji, ditemi che non mi
sto perdendo il cervello per strada"]
["Non te lo stai perdendo, Live Wire
Io torno subito a Tokyo,
ragazzi"]
["Seiji
credi che sia successo qualcosa a Ryo?"]
["Spero di no"]
["Il che significa 'credo di sì', eh Bright Boy? Ma come
mai non si sente Touma? Shin
"]
["Non un fiato da parte di Genius"]
["Va bene, ci vediamo a Tokyo, a casa di Nasty"]
["Chi la avverte?... Shu?... Seiji?... Ok, la avverto io
"]
10.
La casa era immersa nel silenzio, la notte era scesa da un pezzo e già
diverse ore erano passate dal momento in cui Touma aveva augurato la
buona notte a Nasty e aveva trasportato a braccia l'amico ancora addormentato
nella sua stanza. Lì era rimasto anche lui, sdraiato sul secondo
letto. Per un po' aveva sonnecchiato, ma per lo più era rimasto
sveglio, in trepida attesa nemmeno lui sapeva bene di cosa. Finché,
ad un certo punto, aveva sentito qualcosa, fuori nella notte, molto
lontano.
Improvvisamente desto, Touma sedette sul letto, la testa reclinata su
una spalla, le orecchie tese a captare di nuovo il rumore che lo aveva
svegliato del tutto. E quello, dopo poco, si ripeté, più
vicino questa volta.
"Per la miseria", bisbigliò il ragazzo. "E' tornato!"
Touma diede una rapida occhiata a Ryo ma lui, ancora profondamente addormentato,
al suono del ruggito non fece altro che rigirarsi nel letto e mormorare
qualcosa di indistinto. Touma, allora, si alzò e uscì
sul balcone. Saltò la ringhiera e cominciò a correre in
direzione del lago.
{Byakuen è tornato e Ryo non sta bene. Di sicuro le due cose
sono collegate, ma messe insieme che cosa significano?}
Dire che era preoccupato era come fare una stima prudente della situazione
davanti ad un cataclisma di proporzioni apocalittiche. In altre parole,
cercava di tranquillizzare se stesso ma lui per primo sapeva che stava
mentendo.
Ryo, intanto, sognava di nuovo. Solo che questa volta aveva come l'impressione
di non essere solo. L'aria rarefatta dell'incubo intorno a lui in un
punto al suo fianco era come densa e il ragazzo avvertiva in modo chiaro
e preciso la sensazione di un corpo vicino al suo
ma non lo vedeva.
Fino a quel momento, dunque, la sua attenzione era stata divisa tra
quanto si svolgeva sotto di lui (e che già conosceva) e ciò
che percepiva accanto a sé. D'un tratto però, una violenta
compressione alla testa lo costrinse a concentrare il suo sguardo sull'esercito
del signore della guerra proveniente da Ueda. Il fiato gli si bloccò
nel petto: conosceva bene quella sensazione, fatta di angoscia, di desiderio,
di comprensione, di compassione e di paura. Non la sperimentava più
da diversi mesi ma per tre anni, tra alti e bassi, era stata l'assoluta
padrona della sua anima: era la sensazione che provava da sempre nei
pochissimi secondi in cui indossava la sua armatura.
{Vampa è qui?! Dove però?}
La risposta, semplice e lampante e banale, lo tramortì come una
mazzata bene assestata tra capo e collo. Ryo si sentì mortificato
e spostò lo sguardo sul catafalco al centro dello schieramento
di Ueda - o, volendolo chiamare con il suo nome, clan Sanada - e desiderò
di poter vedere con più chiarezza il vessillo che la ricopriva.
Fu proprio allora che, per la prima volta, tutto fu chiaro ai suoi occhi.
{Non ho mai veduto prima perché non volevo vedere!}
Lì, nell'urna, c'era la SUA armatura, c'era Vampa! E ora vedeva
chiaramente che tra le zampe artigliate il rapace non stringeva un anello,
come aveva creduto le volte precedenti, ma lo STEMMA DELLA VAMPA, la
stella a quattro punte il cui motivo, ripreso persino nella disposizione
del castello di Ueda, dominava da sempre la sua esistenza!
Sotto di lui, il sogno si ripeteva sempre uguale a se stesso: il condottiero
del clan di donne avanzò impavida davanti alla prima linea del
suo esercito e parlò:
"Sanada Nobukatsu, figlio di Masayuki! Tuo padre era un uomo valoroso
e nobile e comprendeva bene quale pericolo si celasse nell'uso indiscriminato
dell'Armatura. Dimostra di aver ereditato il suo sangue e con esso la
sua saggezza e la sua nobiltà: cedi l'Armatura della Vampa o
muori!"
Nobukatsu rise e il tuono e la folgore accompagnarono quel suono denigratorio.
"Strappala dalle mie morte dita, dunque! Non la cederò a
nessuno, men che mai ad una femmina!"
"E sia!", decretò la donna. "La Missione cui sono
chiamata non ammette pietà né per la mia vita né
per quella altrui", aggiunse poi in un mormorio accorato, prima
di voltare le spalle al nemico e tornare tra i suoi.
Ryo, impietrito, si sentì sfiorare da qualcosa che gli passò
accanto a grande velocità. Si voltò e subito se ne pentì:
l'aria era percorsa dagli spiriti del male! Il suono dei loro maledetti
flauti si propagava ovunque. Come rispondendo alla loro malvagia chiamata,
i corni dei due eserciti unirono le loro lugubri note al concerto sovrannaturale
e luttuoso degli spiriti. Al segnale di battaglia, gli schieramenti
mossero l'uno contro l'altro. L'erba fu calpestata da duemila piedi,
il fragore del tuono venne spazzato via dal tumulto di mille voci, il
freddo bagliore delle lame fece impallidire quello dei fulmini. La guerriera
si scagliò con determinazione contro il suo nemico
(IL SUO ANTENATO)
brandendo enormi lame in ciascuna mano: lame ricurve che sembravano
zanne che spasimavano per il desiderio di dilaniare. Sanada Nobukatsu
impugnava due katane e gli somigliava tantissimo al punto che Ryo, che
osservava l'antenato desiderando con tutto se stesso che ciò
che vedeva non fosse vero, si sentì nauseato.
La guerriera dai lunghi capelli corvini e Nobukastu si scontrarono con
un fragore di metallo che fece tremare l'aria della valle. Quel fragore
ultraterreno si propagò nello spazio come un'onda d'urto e giunse
fino a lui, invischiandolo in un attimo di sospensione. Ryo capì
che quanto stava svolgendosi sotto i suoi occhi non solo era stato predestinato
di più: era necessario che accadesse, comunque sarebbe finita.
Era necessario, perché altrimenti lui non sarebbe diventato ciò
che era. Il ragazzo si sentì preso in una trappola perversa e
immorale. L'ingiustizia di ciò che si stava rivelando ai suoi
occhi lo sconvolse: per un istante terribile, Ryo smarrì se stesso
e sotto di lui, tutto fu congelato in un grigiore spettrale. In quel
momento fu consapevole che si decidevano le sorti del mondo. Non nel
passato, ma nel presente: la scelta spettava a lui, la responsabilità
era sua. Se avesse odiato, si sarebbe smarrito per sempre e avrebbe
perduto il diritto di indossare Vampa per combattere il male.
{No, non voglio che questo accada!}
Avrebbe benedetto il dolore, in quello stesso istante e per tutti quelli
a venire, se avesse avuto la certezza che soffrendo nessun altro innocente
avrebbe dovuto pagare al posto suo.
Le figure grigie ripresero vita. Nobukastu e la guerriera si diedero
battaglia.
Dall'alto, Ryo osservava inorridito, col petto gonfio dell'urlo che
gli aveva invaso la mente. Qualcosa doveva tentare, altrimenti perché
notte dopo notte veniva condotto in quell'abisso? Finalmente riuscì
a gridare.
{Nnnooooohhh! Non macchiare di sangue l'Armatura!}
Mentre urlava, il manto che copriva l'urna sul catafalco fu strappato
da una folata di vento rovente. Vampa sorse come un demone dalle profondità
della buia terra e incenerì i samurai che la portavano. Intorno
le risplendeva un potente alone infuocato che cominciò a far
strage dei guerrieri posti a sua difesa. Ryo si sentì strappare
al cielo e si ritrovò proiettato accanto all'armatura.
{Smettila! Fermati!}
Le si lanciò contro.
{Non uccidere, non farlo, non devi!}
Arrivò a sfiorarne i gambali. Se avesse potuto abbracciarla,
pensava febbrilmente, se avesse potuto farle conoscere l'amore che gli
straziava il cuore, era sicuro che sarebbe riuscito a impedire il massacro
e a preservare Vampa dalla corruzione. Ma fu fermato. Un corpo gli piombò
sulla schiena e precipitò ai suoi piedi, attraversandolo. Ryo
urlò per la sorpresa, fece un involontario balzo indietro e cadde.
Rotolò di lato, con gli occhi fissi su Vampa che, immobile sul
catafalco, nutriva il proprio rancore con quello degli uomini e delle
donne impegnati in battaglia. Il suo alone era sfolgorante e per la
prima volta in vita sua, Ryo ebbe davvero paura della sua armatura.
Non l'aveva mai vista così, nemmeno immaginava che poteva essere
tanto orribile. Il cielo divenne rosso e nero. Una donna urlò
di dolore, a due passi da lui. Sconvolto, Ryo si voltò.
Il corpo che gli era caduto addosso era quello della guerriera che aveva
sfidato il suo antenato. Aveva perso l'elmo: il suo viso candido era
lordo di sangue. Capelli neri si agitavano intorno al volto immobile.
I suoi occhi erano rossi.
{Ayanami!}
Era lei e lo fissava nella cecità della morte. L'ultimo suo gesto
era stato ancora una volta di sfida. Verso Vampa. La sua mano, stretta
intorno all'elsa della terribile lama, puntava come un'accusa contro
l'armatura e contro di lui, che vi stava davanti, come fosse stato il
suo ultimo difensore.
{Ayanami!}, urlò Ryo. Ormai i singhiozzi lo scuotevano come volevano.
Il ragazzo crollò in ginocchio accanto alla guerriera morta e
tese una mano per sfiorarne le labbra. Una katana l'aveva passata da
parte a parte e la inchiodava al terreno intriso di sangue e cenere.
Sopra di lei, si levava Nobukatsu.
La prospettiva del sogno cambiò ancora. Adesso vedeva ai suoi
piedi il corpo esanime di Ayanami. Comprese che la vedeva con gli occhi
di Nobukatsu. E improvvisamente fu conscio del tumulto di sentimenti
che aveva soggiogato il cuore corrotto di quell'uomo. Vide le sue mani
tendersi verso l'Armatura, avvertì il desiderio servile di compiacere
lo spirito della grande yoroi, il desiderio violento di possederla,
la paura di caderne vittima. Vampa cominciò ad attrarlo a sé,
schiavo senza speranza.
{Non è così che dev'essere!}, gridò Ryo.
Si ribellò all'interno del corpo di Nobukatsu, contorcendosi
come una furia nel tentativo disperato di giungere all'anima del suo
antenato.
{Non devi servire l'Armatura, ma perseguire il fine di giustizia per
cui è stata creata!}
Lui - Nobukatsu - si spogliò della sua armatura mortale
{Non farti manovrare!}
e indossò Vampa. Si fusero insieme in una immensa colonna
di fuoco.
["Mi appartieni, uomo!"]
Ogni cosa fu spazzata via. Anche Ryo si perse nelle fiamme.
{NNNNNOOOOOOHHHH!}
11.
"NNNNNOOOOOOHHHH!"
Ryo si sollevò a sedere di scatto sul letto e gettò le
coperte per terra. Era madido di sudore, i capelli bagnati gli piovevano
sugli occhi inondati di lacrime. Si sporse dal bordo e vomitò.
12.
Per Reimi il sogno andò avanti. La scena cambiò repentinamente.
Adesso si trovava in un piccolo villaggio fortificato da un'alta barriera
di robusti tronchi appuntiti e pietre. Capanne di fango con tetti di
paglia davano un povero riparo alla gente che vi abitava. Lei si trovava
al centro di una piazza di terra battuta, su cui sorgeva una pira funeraria.
Tutt'intorno, visi contorti dall'astio, dal dolore e dal lutto. Su ogni
cosa pioveva una fine polvere nera.
{Cenere
}
Il cielo era percorso per ogni dove da strane figure spaventose e lacere,
che diffondevano sulla terra il suono lamentoso dei loro flauti e i
loro gemiti. Reimi si sentiva respinta dalla vista di quegli esseri.
Una ragazzina appena decenne, ma con gli occhi colmi di odio antico,
si materializzò accanto a lei. In una mano reggeva una torcia.
Era magrolina e sudicia, ma il suo portamento era fiero e dalla sua
piccola persona emanava una forza sorprendente.
"Madre mia", disse la piccola con voce chiara e decisa, "oggi
non sei morta invano." Lanciò la torcia nella catasta di
legno e con rapidità innaturale, un immenso rogo venne ad illuminare
la scena.
Gli intervenuti al funerale, uomini e donne (soprattutto donne) dai
visi duri e provati, divennero indistinte figure scure che formavano
un anello di rabbia intorno alla bambina.
"Ascoltate le mie parole!", disse la piccola. "Ascoltate
Yukari, figlia di Reimi, del sangue di Minami, discendente di Reiko!
Io faccio un voto solenne!"
{Come? Yukari?}, pensò Reimi, sgranando gli occhi.
Yukari raccolse una delle lame appartenute a sua madre: era alta quanto
era alta lei ed era impressionante vedere con quanta disinvoltura la
ragazzina la reggesse con una sola mano. Quelle armi, evidentemente,
si tramandavano alla figlia alla morte della madre. Yukari rivolse l'arma
contro di sé e con la punta della lama si ferì le guance.
"Il Cavaliere della Vampa morirà! L'Armatura sarà
distrutta!"
"Il Cavaliere della Vampa morirà!", ripeterono gli
abitanti del villaggio.
Yukari si voltò verso Reimi, che ebbe un sussulto di sorpresa
e di paura. A parte loro due, adesso, non c'era più nessuno,
non esisteva più nulla, c'era solo un immenso spazio nero. Yukari
le porse le lame.
"Dillo anche tu!"
Reimi prese le armi. Si adattavano al suo pugno come fossero state costruite
apposta per lei.
"Il Cavaliere della Vampa morirà! L'Armatura sarà
distrutta!", disse. Sentì che quelle parole erano giuste
e buone.
La piccola Yukari cominciò a piangere. Sembrava finalmente una
bambina.
"Ho perso la mia mamma", singhiozzò abbracciandola.
Una pietà intensa strinse forte il cuore di Reimi.
"Ti prego", disse, "non seguire la sua strada."
Allora Yukari si staccò da lei con furia e la respinse, il volto
di nuovo freddo e crudele.
"Ho fatto voto, l'hai fatto anche tu: non dimenticarlo! Ogni volta
che una di noi morirà, un'altra si leverà al suo posto
e andrà avanti."
Sotto gli occhi di Reimi, Yukari cominciò a cambiare e a crescere:
il suo corpo di bambina diventò quello di una donna giovane,
snella e muscolosa, i suoi cappelli corti crebbero e divennero una fluente
chioma nera. Sulla sua gola si allungò un taglio rosso. Gli occhi
di Yukari divennero spenti e opachi, la sua voce rauca: "Io ho
fatto la mia parte, ma ho fallito e non posso darmi pace. Il compimento
della missione, dunque
spetta a te!"
13.
Nasty si destò a causa delle urla di Ryo. Si alzò e sul
pigiama infilò una vestaglia. La porta del bagno sbatté
con forza nel corridoio. La ragazza lasciò la sua stanza e si
affacciò alla porta di quella di Ryo. Accese la luce. Il letto
era devastato e dell'amico non c'era traccia. Nasty si girò e
si diresse verso il bagno.
"Ryo, sei lì? Stai bene?", chiese bussando.
Dall'interno non venne alcuna risposta. La ragazza appoggiò un
orecchio al legno. Rumori soffocati, singhiozzi. Si mise a bussare di
nuovo, con più forza.
"Ryo! Ryo, apri!"
Niente. Ma la porta, si accorse, non era chiusa a chiave.
"Sto entrando!"
Sulle prime non vide niente, era tutto buio. Quando accese la luce,
trovò Ryo accoccolato per terra accanto al WC, con la testa tra
le ginocchia e le braccia strette strette intorno al corpo. Si dondolava,
tremando e singhiozzando.
"Santo cielo! Ryo
"
Nasty gli si inginocchiò accanto, si sfilò la vestaglia
e la avvolse intorno al suo corpo. Lo abbracciò forte e in quel
momento si rese veramente conto di quanto Ryo fosse dimagrito. Lui dapprima
oppose resistenza, ma poiché Nasty non si lasciava scoraggiare
alla fine si arrese e si rilassò contro di lei, appoggiandole
il capo su una spalla. Le permise di consolarlo e lasciò che
gli accarezzasse la fronte calda e i capelli.
"Hai di nuovo sognato", disse Nasty. "Parlamene, Ryo."
14.
UCCIDI IL CAVALIERE DELLA VAMPA!
DISTRUGGI L'ARMATURA!
"Non fallirò", bofonchiò Reimi con la voce strascicata
di chi è ancora immerso in un sonno profondo, ma quasi subito
aprì gli occhi.
Si era addormentata sulle pagine del Libro delle Origini: aveva cercato
sollievo nell'impegno per decifrare la storia della sua famiglia, ma
aveva commesso un altro grave errore.
{E due! Che schifo di giornata!}
La ragazza osservò le lettere che Yukari aveva scritto cinquecento
anni prima e un profondo malessere le invase il corpo, annidandosi poi
nel suo petto, come una serpe.
"Ho solo sognato. Ed è stata tutta colpa di questi stupidi
fogli", mormorò con voce irata e tremante.
Con uno scatto del polso, Reimi chiuse il Libro e se ne allontanò.
Subito dopo, però, prese una penna e voltò le pagine dell'immensa
cronaca di famiglia, fino ad arrivare alla sua conclusione. E a quel
punto, sotto i suoi occhi, altre pagine bianche comparvero per lei.
La penna si librò tremante sul primo foglio immacolato. La punta
toccò la pergamena e lì rimase incerta per qualche secondo.
Infine
*** Il mio nome è Reimi, figlia di Ayumi, del sangue di Minami,
discendente di Reiko. Scrivo nell'anno 1991. ***
{Mille e un anno dopo il principio di tutto questo male! Che ciò
indichi l'inizio di una nuova era?}
Un forte senso di predestinazione si impadronì della ragazza.
*** Questa notte sono stata visitata in sogno da Yukari, figlia di Reimi,
del sangue di Minami, discendente di Reiko, e da lei ho ricevuto la
mia investitura a Sigillo. Da oggi consacro la mia vita alla Missione.
***
{E' fatta}, pensò Reimi posando la penna.
Si sentiva spossata e vuota. E strana. Qualcosa non quadrava e strideva
nella sua anima e nel suo cuore, ma si sentiva frastornata, troppo confusa
per pensarci in quel momento. Sospirò: qualunque cosa fosse,
prima o poi sarebbe riuscita a capire. Doveva, perché aveva l'impressione
che potesse essere importante.
La testa, pesantissima, le ciondolò in avanti. Reimi piombò
a capofitto sulla scrivania, ma non se ne accorse e lì rimase
a dormire.
15.
Touma passò le mani sul folto pelo della tigre bianca, godendo
della sua morbidezza, e contento nel sentire che lui rispondeva alla
sua gioia con intense fusa, al punto che aveva quasi l'impressione che
nel cielo sulla sua testa se ne stesse sospeso uno squadrone di elicotteri.
Il ragazzo si inginocchiò e passò le braccia intorno al
collo di Byakuen.
"Bentornato, amico! Sai, credo proprio che ci sia bisogno di te."
La tigre ruggì piano e strofinò il suo capo grande e compatto
contro il viso del ragazzo. Sapeva perfettamente che cosa intendeva
dire Tenku no Touma: il suo Ryo aveva bisogno di lui. E lui aveva qualcosa
per tutti loro.
L'abbraccio di Touma si irrigidì per un istante, all'improvviso.
Byakuen capì e si mise in ascolto. Tra lui e gli altri quattro
Samurai non c'era lo stesso profondo contatto che c'era tra lui e il
suo piccolo Ryo: tra loro due c'era un livello di comprensione tale
che nella sua lunga vita aveva raggiunto solo una volta, con il venerabile
Kaosu, per il quale tuttavia non aveva mai provato quella profonda tenerezza
che provava per Ryo. Comunque, anche se i Samurai non potevano comunicare
con lui, lui poteva ascoltare loro. E lo fece.
["Touma! Tou, rispondi, per favore"]
["Shin, mi hai fatto quasi saltare fuori dalla pelle
"]
["Scusa
Tou, cosa succede? Come sta Ryo?]
["Non bene
Shin, state tornando, vero? Tutti quanti
"]
["Si, Little Star: stiamo arrivando"]
Touma sorrise. ["Un evviva per la cavalleria! Spero solo che non
arriviate all'ultimo minuto, è un artefatto dei western che non
ho mai apprezzato
E se non mi piace nella finzione, ti lascio
immaginare quanto mi farebbe piacere adesso!"]
Shin, sorpreso, ridacchiò. ["Sei logorroico, Genius! Cosa
succede?"]
La preoccupazione nella voce di Shin strappò un sospiro a Touma.
["Non so che cosa stia succedendo, qui. Ma so che il meglio deve
ancora venire
"]
["Tou, che vuol dire?"]
["Byakuen è tornato, Shin. Ora sono con lui"]
D'improvviso, Shin non fu più nella sua mente. Touma non se la
prese. L'empatia che li univa, che univa tutti loro, gli aveva trasmesso
la sorpresa, il panico trattenuto dell'amico e, infine, la sua urgenza.
Shin stava precipitandosi a Tokyo. Presto sarebbero stati tutti insieme,
di nuovo tutti uniti. Un sottile senso di euforia invase Touma: andava
sempre tutto bene, quando loro cinque erano insieme. Il ragazzo batté
una pacca sulla testa di Byakuen e sorrise incontrando i suoi saggi
e caldi occhi castani.
Byakuen ronfò piano. Approvava il Cavaliere dell'Etere, nel suo
cuore era secondo solo a Ryo. La tigre si voltò in direzione
della casa che si intravedeva dietro gli alberi del bosco che costeggiava
il lago. Il desiderio di rivedere il suo Ryo lo spronò: si caricò
Touma sulla schiena, dandogli una gran testata appena sotto il posteriore,
e partì di corsa, il pensiero focalizzato sul ragazzo umano che
amava come fosse il suo cucciolo.
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Et voilà! Finito anche per questa volta.
E' venuto fuori un capitolo un po' cupo e un po' stucchevole, che ne
dite? Sarà perché mentre scrivevo ascoltavo a tutto volume
una supermegaiperultra playlist con Evanescence, The Rasmus, Linkin
Park, Eminem (bella "Like toy soldiers"), The Chemical Brothers
("Galvanize", mi fa saltellare anche se non amo affatto ballare)
Anastacia, "Every time" (l'unica canzone di quella papera
di Britney Spears che i piace) e "Moonfire" (la versione suonata
al piano da Richard Clayderman, che mi fa sempre piangere come una cascata).
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate e vi garantisco una risposta (anche
se doveste insultarmi).
Domo Arigatou, Sayonara e beccatevi un So En Zan di tutto cuore!