Assestamenti

 

Nota: i personaggi non sono miei, non li ho inventati io e non mi appartengono (nondimeno, staccherò la testa a morsi a tutte/i quelle/i che oseranno contendermi lo splendido, divino, Ryo. RYO E' MIO, gli sono devota fin dalla primissima messa in onda dell'anime… REKKAAAHH!!).
I nomi sono quelli originali, ma il nome del padre di Ryo l'ho inventato di sana pianta.
La storia si svolge nel periodo immediatamente successivo agli eventi narrati in "Message".
Tra le parentesi [ ] sono riportati i dialoghi che si riferiscono alle comunicazioni telepatiche tra i Samurai, mentre i loro pensieri sono scritti in corsivo.

Altra nota: questa è la mia prima fanfic *o*. Potrà sembrare un plagio di "Una vita normale", di sanada81… Sembra soltanto. Davverodavverodavvero!

Altra altra nota: non è una storia yaoi.


Il capitolo della rivelazione

di Reimi Ayanami



Quando, la mattina seguente, Ryo si svegliò la prima cosa che vide fu la testa di un enorme gatto bianco a strisce nere che lo guardava dritto in viso con i suoi occhioni castani, il muso appoggiato sul materasso accanto al suo cuscino. Una grande lingua rosea, umida e calda gli lavò la fronte, incollandogli i capelli in ciocche disordinate.
"Byakuen!", esclamò Ryo con voce vibrante di gioia.
In preda all'euforia, il ragazzo scostò con impeto le coperte e si alzò a sedere, momentaneamente inconsapevole della febbre e del malessere che lo avevano costretto al sonno fino a quell'ora della tarda mattina. Erano le undici passate da poco, era lunedì e lui avrebbe dovuto essere a scuola, ma in quel momento non vi fece caso. Non si accorse nemmeno di non trovarsi in camera sua. Troppo felice per il ritorno dell'amico, Ryo si lanciò sulla tigre e gli cinse forte il collo, ridendo, e seppellì il viso nella sua morbida pelliccia. Byakuen mostrava la sua gioia ronfando ed emettendo piccoli e bassi ruggiti alternati a leccate.
Mentre i due si facevano le fusa, la porta della stanza si aprì.
"Eih! Ti sei svegliato, finalmente! Come stai, Ryo?"
Il ragazzo voltò su Touma gli occhi scintillanti e il viso arrossato, anche per via della febbre, ma sorridente. Touma se ne sentì almeno un po' sollevato.
In quel momento Ryo vacillò un poco e sentendosi d'improvviso molto debole si sdraiò di nuovo, ma continuò a tenere le braccia intorno al collo della tigre e a sorridere. "Mi sento un po' frastornato. Tou, quando è tornato Byakuen? E perché non mi avete svegliato?"
Gli occhi di Touma si offuscarono per un lungo istante, ma per fortuna Ryo non se ne accorse visto che era ancora tutto occupato a grattare Byakuen sulla testa e a parlargli nelle orecchie in tono affettuoso. Quella notte, quando era tornato a casa in groppa alla tigre, la felicità per il ritorno di Byakuen si era trasformata in paura quando aveva trovato Ryo e Nasty nel corridoio, vicino alla porta del bagno, lui praticamente svenuto e lei inginocchiata al suo fianco che cercava di scaldargli tra le sue le mani gelide; di tanto in tanto lo accarezzava in viso o sui capelli chiamandolo per cercare di fargli riprendere conoscenza.
"Touma!", aveva esclamato Nasty quando lui le era corso accanto. La sua voce era tesa, il suo viso pallido.
"Cosa è successo?"
A quel punto, con un verso di preoccupazione, Byakuen si era precipitato accanto a Ryo, costringendo la ragazza a spostarsi. Gli si era stretto contro, per scaldarlo un poco, e aveva preso a strofinargli il capo sul petto e sul collo, dandogli piccoli colpi di naso sotto al mento. Sembrava proprio che lo stesse chiamando, come aveva fatto Nasty fino a qualche secondo prima.
"Un altro incubo. Ma questo deve essere stato peggiore di quelli precedenti. Ha vomitato, in bagno e in camera… Sono riuscita a farlo sfogare un po', poi ho cercato di riaccompagnarlo a letto, ma appena oltre la porta è crollato e… Touma, sono preoccupata: poco fa ha cominciato a delirare e quello che gli è uscito di bocca è… è terribile."
Il ragazzo intervenne, prima che lo shock avesse la meglio su Nasty. "Ascolta, per prima cosa dobbiamo rimetterlo sotto le coperte o si buscherà qualcosa."
Touma squadrò l'amico, che tremava a tratti e con violenza nonostante le cure di Byakuen. Ryo sragionava davvero: aveva ricominciato a mormorare, ma in mezzo alle frasi sconnesse che diceva, l'amico non riusciva a capire che una sola parola. Fuoco.
Il ragazzo si inginocchiò accanto a Ryo. "Su, bello, lascia che lo prenda io", disse a Byakuen, poi sollevò l'amico tra le braccia e si diresse verso la sua stanza.
"Aspetta", lo fermò Nasty. "Di là è un disastro, ha buttato tutto sottosopra. Vieni, sistemalo in camera tua."
E così Ryo aveva dormito nel suo letto, per quella notte, e lui in quello di Seiji, anche se per la verità non aveva quasi chiuso occhio, troppo impegnato a vegliare l'amico e ad andare di continuo alla porta della stanza di Nasty, per accertarsi che lei stesse bene.
Ora, vedendo Ryo contento per il ritorno del suo Byakuen, la preoccupazione di Touma si allentò un poco, anche se la temperatura che gli aveva misurato quella mattina, mentre lui ancora dormiva, era piuttosto alta. Gli si avvicinò e sedette sul bordo del letto.
"Non ti ricordi niente di questa notte?"
Ryo si fece serio e dopo un po' scosse il capo, incerto.
"Ho fatto qualcosa?"
Touma stiracchiò un sorriso. "Non pensarci, per il momento. Sei malato e hai bisogno di tranquillità e di riposo."
Ryo spalancò gli occhi. "Malato!? Come…" Cercò di rialzarsi, ma un capogiro lo costrinse a ridistendersi.
"Hai la febbre, quasi trentanove."
Ryo si imbronciò all'istante: se c'era una cosa che detestava con tutta l'anima, dopo i demoni, era stare male e, di conseguenza, stare a letto e chiuso in casa. Poi, d'un tratto, gli sovvenne che quello doveva essere giorno di scuola e sul suo viso comparve una tale espressione sbalordita e accorata che Touma non poté fare a meno di sorridere: era fin troppo ovvio, a cosa stava pensando Ryo.
"Dai, amico, non fare quella faccia! Nasty mi ha detto che ieri è venuta… magari tornerà."
Ma subito dopo averlo detto, Touma si rese conto che molto probabilmente aveva mentito a Ryo, anche se non lo aveva fatto di proposito. Nasty gli aveva raccontato di come Ayanami era fuggita terrorizzata. Per la prima volta in vita sua, Touma Hashiba si morse la lingua.
"Ayanami è stata qui?", chiese Ryo, con voce trasognata. "Non me ne ricordo. Accidenti, ma che mi è preso? Ho forse sbattuto la testa, che non mi ricordo una cosa così importante?"
"In effetti sì", disse Touma. Gli infilò una mano dietro la nuca e gli premette un punto proprio in mezzo al capo.
Ryo sussultò. "Aih! Ecco cosa mi dava fastidio, poco fa: mi ha svegliato." In preda al tormento causato dal pensiero di Ayanami e dalla prospettiva dell'inattività forzata, il giovane cominciò ad agitarsi e a sgambettare sotto le coperte, seguito con sguardo indulgente dall'amico e dalla tigre. "Non riesco a trovare una posizione comoda", si lamentò dopo un po'.
"Stai quieto, per favore. Restatene a cuccia e vedrai che in capo a un giorno o due sarai di nuovo in forma."
Ryo sbuffò e il soffio gli fece svolazzare una ciocca di capelli sulla fronte. Byakuen gli assestò un morso leggero alla nuca, per ribadire il concetto espresso da Touma, e Ryo mise da parte il suo malumore. Ridacchiò e si strinse di nuovo alla sua tigre. Visto che non c'era bisogno di lui, al momento, Touma decise di tornare da Nasty, contento di poterle comunicare qualcosa di buono. Lasciò Ryo intento di nuovo a parlottare e a scambiare effusioni con Byakuen, stupendosi ancora, come sempre del resto, dell'incredibile rapporto che c'era tra quei due.
Touma, comunque, aveva sottovalutato le capacità di ripresa dell'amico. Poco prima dell'ora di cena, lui e Nasty se lo videro spuntare nello studio della ragazza, dove entrambi erano impegnati in una ricerca sui disturbi del sonno. L'idea era stata di Nasty. Touma dubitava, e ne aveva solidissime ragioni, che quelli di Ryo fossero disturbi comuni, ma ancora non aveva avuto il coraggio di rivelare a Nasty il piccolo segreto dell'amico: non era sicuro al cento per cento che si trattasse di quello e comunque pensava che la ragazza avesse già subito un numero considerevole di shock, tutti uno dietro l'altro. Era meglio darle un pochino di tregua. Nel frattempo, avrebbe tenuto d'occhio Ryo. Da questo punto di vista, era mille volte più contento che Byakuen fosse tornato. In assenza di Seiji, che era l'unico Samurai di cui Ryo avesse un sacrosanto timore, la tigre era l'unica autorità che quella testaccia calda riconoscesse e rispettasse.
"Buona sera! State facendo qualche ricerca?", disse Ryo entrando nella stanza.
Era in pigiama, ma sopra aveva infilato la giacca di una tuta. Anche Touma notò che gli abiti gli andavano larghi.
"Perché ti sei alzato?", chiese Nasty.
Ryo si sfiorò la fronte e sorrise. "Non ho più febbre e ho fame. Stavo andando di sotto a prepararmi qualcosa e ho visto la luce accesa nella studio. Disturbo, forse?", chiese con un po' di timidezza, guardando entrambi gli amici.
"Assolutamente no", rispose Touma e diede una occhiata all'orologio. "Ho fame anche io, in effetti."
"Vado subito a preparare qualcosa", disse Nasty, scostando la sedia dalla scrivania e allontanandosi dal computer.
"Lascia stare. Che ne dite se ordiniamo la pizza?", propose Ryo.
"Per me va benone", rispose subito Touma.
"Ma sì… In effetti non ho voglia di cucinare, questa sera", disse Nasty.
Le pizze arrivarono dopo quasi due ore, quando lo stomaco di Ryo era ormai strizzato fino allo spasimo dalla fame. Il ragazzo divorò in modo famelico le due che aveva chiesto, spartendo qualche fetta con Byakuen. Touma e Nasty lo osservarono sconvolti mentre lui non risparmiava nemmeno il più piccolo pezzetto di condimento.
"Ah, ora mi sento molto meglio", sospirò il ragazzo, alla fine, versandosi un gran bicchiere di Coca-Cola.
"Mi fa piacere", disse Nasty, che non aveva ancora finito la sua pizza.
"Adesso, però, te ne torni a letto", gli raccomandò Touma, "così domani potrai tornare a scuola."
"Già", disse Ryo, ma il suo sguardo si era un po' rannuvolato.
Nonostante non avesse voglia di addormentarsi, Ryo augurò la buona notte e con Byakuen salì in camera sua.
"Se comincio a lamentarmi, svegliami, va bene? Ti prego, non lasciarmi sognare…", disse alla tigre, nascondendo il viso nel suo collo.
Byakuen ruggì piano e con un colpo di naso costrinse il ragazzo a coricarsi. La voglia di dormire era poca, ma la stanchezza tanta: nel giro di pochi minuti Ryo si addormentò, stringendo nel pungo la coda della tigre.

2.
Martedì sera. Seiji guidava sicuro lungo l'interstatale che lo avrebbe portato fino a Tokyo, anche se ormai era quasi buio e lui aveva la patente da poco. L'auto su cui viaggiava, una piccola sportiva a quattro posti, era il regalo della sua famiglia per i suoi diciotto anni e lui ne era entusiasta: immaginava la sorpresa dei ragazzi e già pensava di caricarli tutti, Nasty compresa, pigiati come sardine, per andare a fare un giro o magari una bella gita in spiaggia. Sperava soprattutto di distrarre un po' Ryo dai suoi incubi. Lui e Touma ne avevano discusso fino a poco prima: era stato contento di sapere che Ryo quella mattina stava abbastanza bene ed era andato a scuola; era contento di sapere che aveva riposato tranquillo ed era ancora più felice del fatto che, secondo Touma, appariva anche più sereno. Avrebbe voluto essere a Tokyo molto prima, ma un problema di famiglia lo aveva costretto a posticipare la sua partenza al pomeriggio. Ora era libero; soprattutto era libero di pensare a quel che stava succedendo. Non aveva dimenticato la visione del giglio che appassiva e questa lo tormentava con il sottile presentimento che qualcosa di orribile stesse per accadere a Ryo. Le notizie di Touma erano incoraggianti, ma lui le prendeva con le pinze.
Mentre guidava così concentrato un'ombra rapidissima passò d'improvviso davanti alla sua macchina, a qualche decina di metri di distanza, ma lui frenò ugualmente con forza, facendo stridere le gomme sull'asfalto. La violenza della frenata lo proiettò in avanti, ma le cinture di sicurezza lo trattennero. Seiji se le slacciò non appena la macchina si fermò, aprì lo sportello e si precipitò in strada.
"Vieni fuori!", intimò.
Sapeva che c'era qualcuno, o qualcosa, che lo stava osservando da un punto al di sopra della parete rocciosa che costeggiava il lato sinistro della carreggiata. Il giovane era perplesso: essendo un Samurai, sentiva sempre la presenza del male, ed avendo percezioni un po' più sviluppate della norma avvertiva sempre la presenza di chiunque lo spiasse, umano o demone che fosse. In questo caso le sue sensazioni erano alquanto vaghe: non vi erano demoni nei dintorni, di questo era abbastanza sicuro, ma chi lo aveva costretto a fermarsi e ora lo teneva d'occhio non era un comune essere umano. Sentiva nell'aria una vibrazione strana, in sintonia con un qualcosa che non riusciva a cogliere, ma una cosa era certa: lui conosceva quella vibrazione e conosceva anche quella intima sintonia… Per quanto assurda gli apparisse la cosa, la sua spia indossava sicuramente un'armatura mistica simile a quelle che appartenevano ai Samurai Tropers!
{Ma non è possibile!}
Seiji concentrò le proprie facoltà e investigò i dintorni, cercando di capire se per caso non si trattasse di uno dei generali della Città dei Desideri o di Kayura. Tuttavia, già sapeva che non poteva essere nessuno di loro: quel genere di comportamento non avrebbe avuto senso. Finalmente, le percezioni di Seiji riuscirono a convergere in un unico punto, proprio sopra la sua testa. Il ragazzo richiamò la sfera di Korin e indossò la protoarmatura.
"Molto bene, dunque. Se non vieni tu, allora verrò io."
Seiji si chinò al suolo, su un ginocchio, fece forza sulle gambe e con un unico salto agile e potente si portò sulla cima della collinetta che l'interstatale aggirava. Sul pianoro sassoso su cui atterrò c'era una figura ad attenderlo e Seiji non riuscì a dominare la sorpresa. Era una donna, o meglio una ragazza più o meno della sua stessa età. Il giovane vide che non si era ingannato affatto sull'armatura. La guerriera indossava delle vestigia incredibilmente simili a quelle che un tempo erano state le armature dei Samurai Troopers, ma di colore argento, blu e bianco. La maschera compresa nell'elmo, sormontato da una lama a forma di falce di luna, era calata sul suo viso, cosicché Seiji ne poteva scorgere solo le labbra rosee e gli occhi neri.
La sfera di Korin entrò in risonanza armonica con l'armatura della guerriera e Seiji comprese che quella corazza era stata ricavata quasi certamente da un cristallo bianco del Mondo delle Armature. Dunque lei non era un nemico. Ma come era possibile che in tanti anni né lui né gli altri avessero saputo nulla della possibilità che esistessero altre armature oltre alle loro? Era davvero mai possibile che nemmeno nella Città dei Desideri ne sapessero nulla?
"Chi sei?", chiese con voce resa fioca dallo stupore.
La sua mente era tutto un ciglio di rotelle in azione, mentre lui cercava disperatamente di conciliare quanto vedeva con quanto sapeva delle armature, del mondo da cui venivano e della loro storia.
"Sei il guerriero di Korin, vero?", disse la ragazza. Aveva una voce melodiosa ma decisa. "Sono qui per avvisarti che tu e i tuoi compagni siete tutti in pericolo. Il potente spirito di un clan del passato è ritornato in vita nel corpo di un guerriero dei nostri giorni. Il suo scopo è compiere un'antica missione… che prevede l'annientamento delle vostre armature, Samurai. Ma prima di scagliarsi contro di voi, questo spirito spingerà il guerriero che possiede a uccidere il cavaliere della Vampa: è questo il suo scopo principale. Solo dopo aver distrutto lui e la sua armatura verrà per sterminare anche il resto di voi. E' molto potente, ha dalla sua parte la forza di un odio millenario ed è convinto di agire nel giusto. Tienilo bene a mente, Korin."
"Ti ringrazio dell'avvertimento, lo terrò in considerazione, stanne certa", disse Seiji, che ormai si era ripreso. "Ma gradirei che non sparissi proprio adesso: è quel genere di colpo di scena che non sopporto. Ho molte cose da chiederti."
La guerriera fece un piccolo sorriso e accennò un lieve inchino. "La penso anch'io come te sui colpi di scena scontati e resterei volentieri per rispondere alle tue domande, ma non posso trattenermi oltre. Tuttavia, per non irritarti, invece di sparire all'improvviso mi tratterrò con te ancora qualche secondo, giusto il tempo di salutarti, va bene?... Allora: arrivederci a presto, Korin. Lieta di averti potuto incontrare di persona."
E dopo un altro inchino, questa volta la guerriera sparì davvero all'interno di un turbine di vento che si dissolse presto, lasciando l'aria fresca della sera immota e tranquilla. Seiji sollevò lo sguardo al cielo color malva: la sera era ormai scesa e nel cielo era comparsa la prima stella. Il ragazzo la contemplò a lungo. Accidenti, se non sopportava proprio le mezze notizie e i mezzi avvertimenti! Perché non era mai possibile sapere le cose per bene e nella loro interezza, invece di dover sempre scoprire la verità un pezzetto alla volta e solo dopo averne passate di cotte e di crude? Che razza di modo di fare era mai quello? Seiji scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore. Infine volse le spalle al luogo di quello strano incontro e scese di nuovo sulla strada. Adesso sì che aveva ancora più urgenza di arrivare a Tokyo. Quel che gli era stato detto, sempre che fosse vero - e lui sentiva di non avere particolari motivi per dubitarne - era estremamente grave e confermava tutti i suoi più neri presentimenti sulla sorte di Ryo. Maledisse gli impegni che lo avevano trattenuto al dojo e schiacciò l'acceleratore. L'auto partì con una stridula sgommata.
Seiji non sapeva ancora che i suoi presentimenti avevano già cominciato ad avverarsi.

3.
Non appena giunse nel Yoroi Sekai, la guerriera dall'armatura d'argento si diresse verso un grande tempio circondato su tre dei suoi lati da un cimitero immerso nella nebbia. Benché quel luogo fosse all'apparenza triste, spoglio e grigio, in esso regnava una grande pace così il suo aspetto non opprimeva il cuore. I Samurai Tropers, molto probabilmente, lo avrebbero riconosciuto, e ne avrebbero provato più dolore che altro: quello era il cimitero in cui Suzunagi aveva avuto la pretesa di condurli per seppellirveli prima del loro tempo. La guerriera osservò le lapidi per qualche istante: un giorno, tutti quanti loro avrebbero riposato in quel luogo e le loro anime giuste e pure vi avrebbero portato finalmente anche la luce e il calore del sole. Ma quel giorno, grazie anche al suo aiuto e a quello delle altre guardiane (quando fossero state tutte presenti), forse poteva essere rimandato ancora di un bel po'. Dovevano riuscirci a tutti i costi, pensò la guerriera con espressione cupa, quindi entrò nel tempio.
L'interno del santuario era più spazioso di quanto le sue dimensioni esterne non lasciassero intuire. La guerriera attraversò diverse sale coperte di rastrelliere con armi appese e di armature, prima di giungere nella corte interna: in questo enorme cortile erano state edificate cinque torri, ognuna delle quali recava incisa sulla porta il nome dell'armatura che in essa era custodita. La guerriera si diresse a passo deciso verso la Torre del Vento. Appena ne varcò la soglia si ritrovò in un piccolo tempio da cui, tramite una scala, si accedeva al piano superiore. Oltre a quella, una seconda scala scendeva al piano sottostante. La guerriera salì la prima, ripromettendosi di scendere anche nel mausoleo prima di rincasare. Nella stanza di sopra, evocò la sua sfera e si tolse le vestigia, che si ricomposero in posizione di riposo all'interno di una nicchia composta da cristalli bianchi. La ragazza depose con delicatezza la sfera sull'altare ai piedi dell'armatura: in essa, e sulla sua fronte, comparve per un istante un kanji sfavillante di colore azzurro. Il simbolo della Determinazione.
Senza armatura, la guerriera si rivelò per ciò che era: una ragazzina di circa sedici anni, con corti capelli neri legati in una piccola coda di cavallo bassa sul collo. Indossava ancora la divisa scolastica di un liceo di Tokyo: gli allenamenti di atletica le avevano preso più tempo del previsto, quel pomeriggio, così non aveva fatto in tempo a tornare a casa per cambiarsi. Scosse le spalle in un gesto di indifferenza: quel che contava era d'aver eseguito gli ordini della Nonna, per cui adesso poteva anche tornare. Prima di andarsene la ragazzina scese, come si era ripromessa, nel mausoleo ricavato sotto la torre: qui si fermò un istante per una preghiera.
"Vegliate su di me, datemi forza e coraggio."
In quel luogo, all'interno di antiche corazze da samurai, erano sepolte le guerriere appartenenti al clan delle Guardiane dello Specchio del Sole, da cui la ragazzina discendeva. Le origini del clan erano molto lontane nel tempo e piuttosto confuse, per cui non tutte le sue antenate si ritrovavano in quel luogo. La capostipite, per esempio, la leggendaria Mai, era sepolta in una delle stanze principali del tempio. Il suo corpo incorrotto giaceva in un cristallo bianco e rappresentava l'unità inscindibile dei cinque santuari. Quanto alle sue discendenti, erano sepolte un po' in tutte e cinque le torri, ciascuna nel mausoleo di quella che custodiva l'armatura che aveva indossato in vita per adempiere alla sua missione. Anche lei avrebbe riposato là sotto, quando fosse giunto il suo momento, il suo posto era già pronto.
Dopo la preghiera, la ragazzina uscì dalla torre. Tuttavia, prima di rincasare e fare rapporto alla Nonna, decise di recarsi alla Torre della Luna. La porta era aperta, come quella della Torre del Vento, e lei poté salire fino in cima. Vide subito che la teca di cristallo che doveva contenere l'Armatura della Luna era vuota.
"Yui non è ancora tornata."
Un pensiero sgradevole le passò per la mente. Lasciò la Torre della Luna e si diresse a quella della Montagna. La porta era chiusa, come lo era da secoli. Ogni giorno era così, ma con gli eventi sull'orlo del precipizio la ragazza non poteva fare a meno di sperare che presto, magari l'indomani, andando a controllare avrebbe trovato la porta del santuario aperta e la Guardiana della Montagna lì, con indosso la sua armatura. A questo punto era superfluo controllare le porte delle altre tre Torri, tuttavia la ragazza lo fece, ritrovandosi ogni volta delusa.
"Credo che Yui abbia bisogno di aiuto per la sua ricerca."
Forse era il caso di chiedere alla Nonna di lasciarle rintracciare almeno una delle Guardiane mancanti. Anche perché avevano un problema molto grave da risolvere. La ragazzina rivolse uno sguardo colmo di dolore alla Torre della Neve. L'armatura giaceva nella sua nicchia, orfana della sua padrona da quasi un anno: con la sua morte, Arimi aveva lasciato un vuoto terribile. Aveva lasciato lei e Yui a sbrigarsela da sole con quella faccenda dello spirito del clan di Reiko e quel che peggio, le aveva lasciate anche con l'ingrato compito di trovare qualcuna che potesse sostituirla.
La guerriera scosse il capo, rattristata, e si preparò a lasciare il Mondo delle Armature.

4.
Ryo passò una discreta giornata a scuola, rovinata però da due avvenimenti. Innanzitutto, l'assenza di Ayanami. Mentre si recava a piedi verso il Seiran il giovane aveva fantasticato sull'incontro con la ragazza, sperando di poter scorgere un barlume di felicità sul suo viso nel momento in cui si fossero rivisti. Invece, si era ritrovato per tutto il giorno a sbirciare il suo banco vuoto e a rodersi per trovare il modo di mettersi in contatto con lei. Quel giorno, tutti i professori avevano insistito sull'importanza delle lezioni di quella settimana, che sarebbero servite come ripasso e come test preliminare agli esami di metà trimestre. Lui aveva preso appunti con scrupolo, con l'intenzione di farli avere personalmente ad Ayanami, ma senza sapere come fare. L'altro evento sgradevole era stato l'assedio dei suoi compagni, Ishizaki e Yazawa in testa. Mentre rispondeva educatamente alle sue domande, ma senza partecipazione, Ryo si chiese più volte come avesse fatto in passato a sentirsi attratto da Yazawa: a parte la bellezza, non aveva più consistenza emotiva di un tortino di mirtilli e la sua voce aveva un che di infantile che lo annoiava e lo infastidiva.
"Ayanami è assente", le disse ad un certo punto. "Sai come mai?"
Yazawa si rabbuiò all'istante, sia perché lui la aveva interrotta nel bel mezzo del suo monologo sul centro commerciale in cui stava cercando - con tutta l'astuzia femminile di cui era capace - di farsi invitare da lui, sia perché le aveva chiesto della persona che più disprezzava in quella scuola, e forse al mondo intero.
"Non ho idea del perché sia assente. Perché?"
"Volevo restituirle gli appunti che mi ha fatto avere", rispose Ryo con indifferenza.
Non si accorse di aver dato fuoco alle polveri. Sanae impallidì, poi le sue guance si coprirono di un rossore di stizza che divenne ben presto il color prugna della rabbia.
"Non sapevo che tu e Ayanami vi vedeste al di fuori della scuola", disse Yazawa ad alta voce e con un tono perfido e insinuante.
Subito Ryo si ritrovò con gli occhi di tutti i compagni puntati addosso. Il ragazzo ignorò stoicamente il mormorio che cominciò a diffondersi in aula e replicò con calma, guardando Yazawa con occhi seri e solenni.
"Non ci vediamo, infatti. La professoressa Tsukino la aveva incaricata di prestarmi gli appunti nel caso ne avessi avuto bisogno e lei ha semplicemente obbedito."
Il resto della classe perse interesse. Yazawa, sconfitta e inviperita, tornò al suo banco. A quel punto, Ryo aveva dovuto subire Ishizaki e il suo gruppo di idioti finché, stufo delle loro frecciatine, aveva appoggiato il viso ad una mano e si era messo guardare fuori dalla finestra per il resto della pausa pranzo, durante la quale consumò solo metà del suo pranzo. Ryo prese nota mentale di dare quello che era rimasto ai gatti del parco vicino a casa sua, prima di tornare da Nasty. Infine, a pomeriggio ormai inoltrato, Ryo si ritrovò a percorrere la strada del lago più stanco e depresso che mai. Poiché non voleva rincasare sapendo di avere una faccia scura e abbattuta, deviò in direzione del molo da cui lui e i ragazzi si tuffavano in estate, quando il caldo si faceva troppo intenso e una bella sguazzata nelle acque fredde era quello che ci voleva per rinfrescarsi e stare un po' in allegria. Voleva rasserenarsi un pochino, altrimenti si sarebbe trovato addosso anche Touma e Nasty e con il malumore che aveva c'era la concreta possibilità che gli scappasse di essere sgarbato proprio con le persone con cui non avrebbe mai voluto litigare e che per lui stavano facendo di tutto.
Mentre se ne stava seduto con le braccia intorno alle ginocchia fu raggiunto da Byakuen.
"Ciao, bello! Come va?"
Ryo, infatti, vedeva che l'amico era inquieto e lo guardava con ansia. Stava per chiedergli che cosa lo disturbasse quando, all'improvviso, l'oscurità calò intorno a lui, separandolo da Byakuen. Ryo saltò in piedi all'istante. C'era di nuovo il solito gelo che ormai aveva imparato a riconoscere, quindi si aspettava di perdere i sensi da un momento all'altro.
"Byakuen! Byakuen, stammi vicino!"
Ma i secondi passavano e ancora nella sua testa non si facevano sentire né il solito rombo di tuono né le solite voci. Ryo percepì la differenza di questa nuova esperienza. Il buio che aveva intorno cominciò piano piano a rischiararsi a partire da un punto davanti a sé, molto lontano. Era la luce di centinaia di candele che andavano accendendosi una dopo l'altra, disposte sue due file. Ryo si rese conto che illuminavano un corridoio con il pavimento di legno lucido e le pareti dipinte con scene di battaglie alternate ad arazzi con gli stessi soggetti. Ad interrompere la continuità del corridoio, tra le candele c'erano numerose armature di foggia diversa a seconda delle epoche a cui erano appartenute. Senza avere l'impressione di spostarsi, Ryo vide scorrere davanti ai suoi occhi quelle antiche vestigia e passando loro accanto si rese conto che in ognuna era sepolto un guerriero. C'era qualcosa di estremamente familiare in quelle armature, persino in quel luogo, ma l'atmosfera soffocante pregiudicava le sue capacità di osservazione e di riflessione. Le candele erano tante ma la loro fiamma era debole e la loro luce formava appena un piccolo alone dalla luminosità verdastra che non riusciva a diffondersi. Qualcosa di opprimente si trovava in quel luogo e propagava il suo miasma ovunque. Ryo cominciò a sudare e a tremare leggermente. Sentiva una minaccia per se stesso e la sentiva incombente; per di più, aveva la certezza di non poterla evitare perché il bersaglio era proprio lui. Finalmente, pur con la poca luce di cui disponeva il ragazzo distinse i mon che ogni armatura portava ricamato o dipinto: era l'insegna della Vampa! Dunque si trovava in qualche mausoleo o santuario del suo clan. Più si addentava nel corridoio, più vedeva che le armature avevano maschere orribili, che sembravano la personificazione della corruzione e della depravazione. Anche l'aspetto delle armature era grottesco: in esse non c'era simmetria né proporzione e ogni armatura successiva sembrava gareggiare con le precedenti in deformità e abbrutimento. Ryo comprese che quelle corazze rappresentavano l'anima e le pulsioni dei guerrieri che vi erano sepolti dentro: dunque, probabilmente stava passato davanti agli antenati che avevano sacrificato la loro integrità all'anima oscura dell'armatura. Era appena giunto a quella conclusione quando davanti a lui si materializzò una porta di legno con il mon della Vampa dipinto in grandi proporzioni e in oro sui battenti maestosi. Ryo ebbe la sensazione di inchiodarsi sul posto all'improvviso, come se si trovasse su un veicolo che aveva appena frenato bruscamente. Barcollò un poco.
Davanti a quella porta rossa e nera, chiusa da un trave dall'aspetto solido e pesantissimo, la sensazione malefica di oppressione era più forte. Ryo si sentì scuotere dall'interno da una mano titanica e artigliata. Era un attacco alla sua anima! Il ragazzo lo percepì con terrore, avvertendo un gelo mortale piombargli addosso e ottenebrare la sua mente.
["Benvenuto guerriero. Mi hai fatto attendere a lungo."]
Ryo riconobbe la voce profonda e senza inflessione e il suo cuore divenne una massa fredda che pompava orrore e paura in tutto il suo corpo. Non riusciva a muoversi.
["Vieni avanti, guerriero. Prendi ciò che ti spetta."]
L'enorme trave che chiudeva la porta si sollevò da sola e con un tonfo mostruosamente forte in quel luogo colmo di echi piombò a terra, ai suoi piedi. I battenti si spalancarono lentamente. Lo stemma della Vampa si divise in due, aprendosi su un abisso nero al cui centro, all'apparenza sospeso nel vuoto, brillava un grande cerchio rossastro.
Ryo puntò i piedi. {Non verrò! Non voglio avere niente a che fare con te!}
Per la frazione di un secondo, la presa sulla sua anima si allentò, come se la forza che cercava di trascinarlo a sé si fosse trovata spiazzata dal suo rifiuto. Poi, però, la mano titanica cominciò a stringere più forte e Ryo sentì un dolore acuto al centro del petto e nella testa. Cadde in ginocchio e, sopraffatto, si lasciò scivolare al suolo.

["A me, guerriero!"], intimò la voce con ira.
Ryo puntò le ginocchia e si aggrappò persino con le unghia alle assi di legno del pavimento. "A me!", continuava a tuonare la voce, e nel suo tono si insinuava sempre più una nota famelica che stringeva il cuore del ragazzo. Il dubbio di riuscire a resistere cominciò ad insinuarsi in lui e subito la presa dell'Armatura si fece più forte. Ryo disperò, ma in quel momento capì che aveva ancora una speranza di salvezza. 'Guerriero', lo chiamava Vampa: era su quella parte della sua anima che voleva fare presa; era quella che voleva sfruttare per liberarsi dal suo confino. Ryo si ribellò.
"Non 'guerriero', ma Samurai!", ruggì. "Io sono un Samurai, non un macellaio qualsiasi!"
La presa ferrea si allentò di nuovo, questa volta abbastanza a lungo da permettergli di sollevarsi su un ginocchio. Ma Ryo non la ebbe vinta nemmeno questa volta e anzi, quando la voce dell'Armatura tornò a parlare, lo shock per lui fu durissimo.
["La differenza che tu pretendi esista è solo apparenza"], dissero Arago e Suzunagi. ["Tu combatti. Tu uccidi. Non c'è giusta causa che possa giustificare la violenza delle tue azioni. Ogni volta che indossi l'Armatura e impugni le tue spade tu scegli di credere ciecamente all'illusione che ti è stata insegnata come verità e così cadi nel torto. Ogni volta che smetti le vestigia che ti è stato imposto di portare, i dubbi ti tormentano: perché dovrebbe essere così, se ciò che fai è giusto? Non sei stato investito dell'Armatura della Vampa: sei stato dato ad essa. Non è lei che ti appartiene: sei tu che le appartieni. Non ti sacrifichi per la salvezza del mondo, ma perché l'Armatura possa perpetuarsi. Ecco perché, nonostante tutto, non riesci a liberarti dalla tua schiavitù. Ecco perché sarai Samurai fino alla morte. Questa è la verità che ti è sempre stata taciuta. Tu l'hai intravista, ma ti sei rifiutato di riconoscerla… Ora paga per la tua codardia."]
Ryo, che all'inizio del monologo di Vampa aveva cercato di protestare con veemenza e di negare, man mano si ritrovò svuotato di ogni energia. Mentre il dubbio sulla sua missione di Samurai di nuovo lo assaliva, le lacrime cominciarono a rigare il suo volto finché l'accenno al suo sacrificio all'Armatura e alla sua schiavitù senza speranza non le prosciugò, lasciandolo freddo e vuoto.
"E' falso. Quello che dite è falso", cominciò a mormorare in una litania. Poi la rabbia ebbe il sopravvento. "Io non desidero uccidere né combattere. E non dubito della verità della missione che mi è stata affidata. Vorrei risparmiarmi, questo è vero, ma non esiterò a compiere il sacrificio estremo se questo fosse necessario. Non esiterò nemmeno a distruggerti, sappilo: sei una minaccia! Sei nata dal rancore di due spiriti, per questo sei ambigua: ma se davvero io ti fossi stato dato per essere usato, non sarei mai riuscito a sconfiggere Arago né ad avere ragione di Suzunagi. Non ci sarebbe pace nel mondo, adesso, se i nostri cuori non avessero alcun potere, come tu sostieni, quindi smettila con questa messinscena! Non riuscirai a confondermi!"
Ryo si levò in piedi, nonostante la terribile sofferenza che gli tagliava la mente. Si lanciò contro il catafalco davanti a sé. Vampa era ancora chiusa nella sua urna… L'avrebbe distrutta. Questa volta, avrebbe distrutto l'anima oscura dell'Armatura una volta per tutte.
{E' questa la soluzione, dunque… Oh, Seiji! Abbiamo cercato tanto, come abbiamo fatto a non capirlo prima?}
["Ancora menti a te stesso, guerriero!"] La voce di Vampa aumentò di volume, ma il tono rimase basso e cavernoso. Ryo si sentì come inghiottito da una voragine. ["Anche questa soluzione avete intravista, come la verità sulle Armature, ma avete avuto paura di praticarla. Pensaci, Samurai: distruggendo l'anima che ci sostiene, e dalla quale siamo nate, cosa vi resterebbe in mano? Senza dolore, non c'è possibilità di redenzione…"]
Ryo chinò il capo, gli occhi sbarrati, le lebbra socchiuse. Le lacrime ripresero scivolare di nuovo lungo le sue guance e caddero ai suoi piedi. Ogni goccia precipitava al suolo con un tonfo piatto e pesante.
{Possibile? A tal punto siamo stati vinti dalle nostre paure? Kaosu… davvero io ho sbagliato tutto?}
Quell'ultimo pensiero aprì una breccia nelle difese di Ryo. L'anima di Vampa comprese che nel sentimento di sfiducia in se stesso che il ragazzo nutriva stava la chiave per giungere a possederlo.
["Mi appartieni, guerriero: le tue scelte ti hanno condotto a me."]
Per Ryo fu troppo: le parole che Vampa aveva appena pronunciato erano quelle che aveva sempre temuto di sentirsi rinfacciare, erano l'accusa che temeva da sempre. Allora un dolore atroce, il più rovente e intollerabile che avesse mai provato, lo avvolse e consumò le sue carni e la sua mente. Il ragazzo perse se stesso all'interno di Vampa, ma la sua sofferenza non era ancora finita. L'Armatura voleva la sua completa sottomissione e sapeva che avrebbe potuto ottenerla solo recidendo l'ultimo legame che ancora tratteneva il guerriero privo di identità alla sua umanità.
["Ora vedi che non ti ho mai mentito"], disse dolcemente l'Armatura. ["La tua volontà non ha potuto respingermi, né la memoria degli amici ti ha soccorso."]
Le immagini di Touma, Seiji, Shin e Shu affollarono la mente del guerriero. L'anima oscura di Vampa individuò in esse il nucleo della resistenza che il ragazzo opponeva ancora. Sondando quel legame, lo trovò forte al punto che comprese che non avrebbe potuto distruggerlo distorcendo i sentimenti che legavano il giovane agli altri cavalieri. Per abbattere del tutto Ryo Sanada e fare di lui il portatore per eccellenza, da rivestire con la sua essenza fisica e utilizzare per assecondare se stessa, doveva far sì che fosse lui stesso a distruggere quel legame. Sfruttando i rimorsi e la scarsa autostima del ragazzo, avrebbe ottenuto lo scopo. Cancellò una ad una quelle immagini e le sostituì con quelle di altrettanti guerrieri: ciascuno degli amici di Ryo Sanada ora indossava la sua armatura.
{Aiutatemi! Ragazzi, aiutatemi!}
["Fermo così, Ryo, da bravo"], disse Shu, avanzando verso di lui con la sua naginata stretta in pugno. ["E' dall'estate scorsa che sogno di fare questo"], e così dicendo gli assestò un colpo con tutta la sua forza sulla spalla destra.
Ryo urlò più per la sorpresa, che per il dolore.
["Sei un incapace! E' colpa tua se abbiamo prestato il fianco indifeso a Suzunagi!"]
["Shu ha ragione"], disse Shin in lacrime e il suo pianto spezzò il cuore del ragazzo, che se ne sentiva responsabile. ["Io non volevo più combattere, Ryo! Perché devo portare ancora un'armatura?... E' colpa tua: non dovevi indossare l'Imperatore Splendente e scontrarti con l'Imperatore Splendente Nero!"]
Shin lo trafisse con la sua yari.
["Ho sempre saputo che avrei dovuto prendere il tuo posto come guida dei Samurai Troopers"], disse Seiji con sguardo freddo e letale. ["Tu sei troppo stupido…"]
Quelle parole ferirono il ragazzo più dei colpi d'arma. Ma dai recessi della sua mente emersero altre parole. ** "Lotterò per restare vostro amico"… "Voglio riuscire a credere nei nostri cuori e mi sforzerò di avere un cuore in cui voi possiate credere"… "Non c'è nulla di male, se combatto. La mia scelta è stata corretta, non ho commesso sbagli di cui debba pentirmi"… "La scelta migliore è di credere in noi stessi e nei nostri cuori"… "Le armature nascondono un problema difficile da risolvere"… "Ho visto il segno che guida a combattere, per cui la storia si ripeterà." **
** "Resta sempre nella luce, Ryo… Resta sempre nella luce…" **
L'aria si riempì all'improvviso di ruggiti assordanti. Nel buio di quel santuario degli orrori irruppe una possente figura bianca e lucente, un animale enorme, che si scagliò contro l'Armatura e addentò una delle lame che ne ornavano l'elmo, strappandoglielo dalla testa. Il guerriero ritrovò i suoi ricordi.
"Io… NO! NNNOOOOHH! La storia non si ripeterà! La soluzione esiste, c'è, io l'ho trovata!"
Il ragazzo si ribellò all'interno dell'Armatura. La tigre dal mantello bianco e accecante ruggì di trionfo. Dal corpo del guerriero si sprigionò un calore ancora più intenso, più forte, il ragazzo era invincibile. Vampa cedette e scomparve.
"Io sono Ryo Sanada!", cominciò ad urlare il giovane con quanto fiato aveva in corpo. "Io sono il Cavaliere della Vampa, colui che indossa l'Armatura. Non sono il suo portatore, io sono il suo possessore!"
Il tempio si dissolse, l'urna scomparve. Sulla sua testa comparve un cielo scuro e stellato, con la luna appena sorta che faceva timidamente capolino da sopra le cime degli alberi del bosco. Ryo cadde in ginocchio, sollevando spruzzi d'acqua intorno al suo corpo scosso da tremiti. Era tornato alla realtà, ma qualcosa della visione persisteva ancora. Ryo sentiva che anche se il pericolo era diminuito, tuttavia era ancora presente. Aprì gli occhi, combattendo il desiderio di tenerli chiusi per sempre, e nell'acqua che stava ritornando calma vide un'immagine che, lo sapeva, era il destino che lo attendeva se non fosse riuscito a mettere subito in pratica la soluzione che aveva trovato per risolvere il problema delle armature. Con la mente in febbrile agitazione, Ryo si alzò dall'acqua e voltò le spalle al lago, ma fece in tempo ad allontanarsi dalla sponda di tre o quattro passi, poi crollò al suolo. Era svenuto ancora prima di toccare terra. Byakuen riuscì a sostenerlo e ad adagiarlo delicatamente, evitandogli di farsi male.

5.
"Touma, non erano i ruggiti di Byakuen quelli?", chiese Nasty, sollevando il viso dallo schermo del computer.
Touma posò il libro di scienze e si alzò dalla sedia per andare ad affacciarsi al balcone. Sì, erano i ruggiti di Byakuen.
"Deve essere tornato Ryo", disse con poca convinzione. Si sentiva strano. "Gli vado incontro."
"Vengo con te."
"Non ce n'è motivo", cominciò a dire il ragazzo.
Nasty lo interruppe con durezza. "Piantala, Touma. Vedo bene che vi sta succedendo qualcosa e che entrambi volete tenermene all'oscuro." Si alzò dalla sedia, con un'espressione più decisa che mai sul viso incollerito. "Ma visto che in un modo o nell'altro finisco per esserne sempre coinvolta, da questo momento decido di entrare in questa storia con le mie gambe!... Avanti, muoviti o ti lascio qui!"
Touma sorrise suo malgrado. Come darle torto? Si era guadagnata il diritto di far parte del loro gruppo e non era giusto (né saggio) escluderla da quanto stava accadendo, per quanto nebulosi fossero gli eventi. Il ragazzo la raggiunse prima che lei lasciasse la stanza, la sollevò in braccio, ignorando le sue proteste, e la portò con sé in balcone.
"Se passiamo da qui facciamo prima", le disse strizzandole un occhio.
Nasty gli strinse le braccia introno al collo, con un sorriso. "Bene. Decollo, allora!"
Touma saltò nel vuoto, lanciandosi in avanti. Atterrò a parecchi metri di distanza dalla casa quindi, sempre con Nasty in braccio, cominciò a correre in direzione del lago.

6.
Ryo riprese i sensi in pochi secondi. Byakuen gli leccava il viso e lo chiamava con un pianto sincopato e straziante.
["Svegliati, svegliati, piccolo!"]
"Ss-sono sv-sveglio. Ci sono", disse il ragazzo debolmente.
Byakuen gli offrì il collo, affinché lui potesse aggrapparcisi, e Ryo dopo molta pena riuscì ad alzarsi in piedi. Si sentiva debole e bagnato come un gattino annaffiato. Lo zaino che portava sulla spalla destra era pesante come un macigno e rendeva il suo equilibrio instabile. Byakeun cercò di caricarselo in groppa.
"N-nnn-no, ti prego… Mi viene da rim-rimettere", protestò Ryo con un filo di voce.
La tigre, allora, prese posizione accanto al suo fianco destro e così, sorreggendolo, lo guidò a piccoli passi in direzione della grande casa. Avevano appena risalito la sponda che si videro venire incontro, a tutta velocità, il Cavaliere dell'Etere, che trasportava Nasty a braccia.
"Ryo! Byakuen!", gridarono entrambi nello stesso momento.
Touma depose Nasty a terra, con delicatezza ma in tutta fretta, e corse dall'amico, che pencolava come un ubriaco.
"Ryo, eih Ryo", lo chiamò.
Gli cinse le spalle con un braccio e con la mano libera sollevò il mento del ragazzo. Ryo lo fissò a lungo, stralunato.
"Ryo, mi riconosci?"
Nasty, che li aveva raggiunti e si era messa anche lei al fianco del ragazzo, gli accarezzò una guancia, lo guardò ben bene negli occhi e poi gli prese un polso.
"E' sotto shock, Touma", disse con sicurezza, dopo aver misurato la frequenza cardiaca di Ryo.
Portarono il ragazzo a casa tra mille difficoltà perché ogni spostamento brusco e ogni movimento accelerato gli provocavano conati di vomito e perdite di coscienza che duravano una manciata di secondi, ma dalle quali Ryo si riprendeva ogni volta più confuso che mai. Nasty decise che per quella notte avrebbero dormito tutti in soggiorno e mentre Touma faceva sedere Ryo in una delle poltrone, lei andò al piano di sopra e si riempì le braccia di tutti i plaid, i piumini e i cuscini che riuscì a trasportare. Con buona parte di quelli preparò sul divano un nido caldo e confortevole per Ryo, il resto lo destinò per sé e per Touma. Poi, mentre il ragazzo spogliava Ryo dei suoi abiti bagnati, lei andò in cucina a preparare tre thermos di cioccolata calda. Quando tornò in soggiorno portando un gran vassoio con le bevande, Ryo era già sdraiato sul divano e Touma stava parlandogli, cercando di farlo tornare in sé. Anche se ancora stordito, il giovane cominciava ad essere più presente.
"Ryo… Ryo, metti a fuoco, fratellino, guardami… mi riconosci?", diceva Touma.
"T-ttt…"
"Avanti Ryo", disse Nasty, ma il suo intervento ebbe il solo effetto di distrarre il ragazzo.
"Nasty, ti prego, lascia fare a me. Se ci mettiamo in due lo confondiamo di più", disse Touma.
Riconoscendo la verità delle sue parole, Nasty si fece da parte e riempì di cioccolata la tazza rossa di Ryo, quella su cui lui aveva disegnato con un pennarello nero indelebile il kanji del suo nome e una sua caricatura super-deformed con la faccina sorridente. Nel vedere il buffo disegnino, la mano della ragazza ebbe un tremito.
"Ryo, dai amico, sono io, non mi riconosci? Di' il mio nome, Ryo."
"Tou… sei Touma."
"Alleluia!"
Nasty passò un braccio intorno al collo di Ryo e si appoggiò la sua testa alla spalla. "Bevi un po' di questa, ti aiuterà."
Ryo la guardò con occhi appannati dal sonno. "Sorellina…", sospirò.
Nasty gli sorrise con fare incoraggiante e riuscì a fargli mandare giù qualche sorso di cioccolata. Le guance pallide del ragazzo ripresero un poco di colore, ma lui non riuscì a stare sveglio oltre e si addormentò. Nasty e Touma lo vegliarono a turno, più spesso insieme: nessuno dei due riusciva a chiudere occhio per più di un'ora. Ma se i due umani ogni tanto dormivano, Byakuen non distoglieva mai gli occhi vigili da Ryo. Durante la terribile visione che il suo protetto aveva avuto, lui era riuscito ad oltrepassare la barriera di fuoco che la confusione aveva eretto intorno ai suoi pensieri e a percepirli: così aveva scoperto che il giovane Ryo aveva capito cosa fare per eliminare l'anima oscura delle Armature. Ciò che lui aveva in serbo per i Samurai sarebbe stato loro di grande aiuto, ma sapeva bene che i cinque ragazzini avrebbero avuto bisogno di tanto coraggio e di moltissima fede, per riuscire in quella impresa. La tigre sapeva altrettanto bene che solo nella reciproca unità e fiducia assoluta potevano trovare l'unico appiglio sicuro a cui aggrapparsi nella tempesta che stava per travolgerli e, con sua grande pena, Byakuen dovette riconoscere che proprio il suo Ryo in quel momento era l'anello debole della catena.
La tigre spostò per un istante lo sguardo sul Cavaliere di Tenku, che dormiva acciambellato su una delle poltrone. Poteva contare su Touma: era sicuro che lui avrebbe tentato qualcosa per riuscire a riportare Ryo tra i Samurai.

7.
La porta della casa di Nasty si aprì e nell'atmosfera nebbiosa e incerta dell'alba appena sorta una figura uscì silenziosa e si diresse verso il bosco camminando lentamente, con al fianco la grande tigre bianca. Ryo si era svegliato con la luna di traverso, quella mattina: si sentiva ancora debole e disorientato, ma anche molto molto arrabbiato. Infatti, si muoveva in modo piuttosto rigido, con i pugni stretti e la mascella serrata.
Nasty e Touma dormivano ancora quando lui era uscito. Li aveva contemplati per qualche minuto, sentendosi terribilmente in colpa per ciò che stava facendo passare loro, poi aveva scritto in fretta e furia un bigliettino (che aveva lasciato in mano a Tou) ed era uscito per fare una passeggiata. Doveva calmare a tutti i costi i suoi nervi scossi e recuperare quel tanto di lucidità necessaria per convocare tutti i Samurai e comunicare loro che una nuova disgrazia stava per colpirli tutti quanti… ancora una volta per causa sua, pensò disgustato.
Camminò a lungo e intanto pensava. Più passava il tempo a rimuginarci su, più gli sembrava verosimile l'ipotesi che appena un paio di mesi prima Shu aveva liquidato definendola un'idiozia. Veggenza. Lui non era nuovo ad exploit da sensitivo, ma fino a quel momento si era limitato a piccolezze (tanto per dire): sogni premonitori (quasi sempre di disgrazie), voci e suoni, tocchi, sensazioni. Tutto sempre molto vago. L'avventura della sera prima segnava il superamento di un limite che, se gli fosse stata data scelta, avrebbe preferito mantenere inarrivabile. Ma nessuna scelta veniva mai concessa né a lui né agli altri Samurai.
{Un autentico veggente…}
Ryo sospirò pesantemente e fece dietrofront all'improvviso per tornare a casa. Il sole era già alto nel cielo, Nasty e Touma erano certamente in pensiero per lui.
{Come faccio a dirglielo senza spaventarli? Questa cosa terrorizza me, figuriamoci loro. E gli altri, come la prenderanno? Forse penseranno che sono impazzito di botto. Oppure mi prenderanno sul serio… e cominceranno ad odiarmi. Ne hanno già abbastanza di me adesso…}
"Ho paura, Byakuen! Come posso parlare? Finirò per distruggere ogni loro speranza!"
La tigre gli si avvicinò e gli strofinò il capo su una gamba.
["Abbi fiducia in loro, piccolo. Credi in te stesso."]
Ryo si calò su un ginocchio, abbracciò l'amico e gli prese il capo tra le mani, guardandolo intensamente. "Crederò in loro, come ho sempre fatto… Ma, Byakuen… è così dura credere in me stesso. Ho paura che le mie prossime decisioni ci condurranno tutti alla rovina…"
["Io ti seguirò comunque."]
Ryo sorrise. "Lo so."
La tigre avrebbe voluto aggiungere che era convinto che non sarebbe stato il solo, ma ritenne fosse meglio che Ryo avesse tale conferma dagli amici: questo soltanto avrebbe potuto dargli la forza che da solo non riusciva a trovare.

8.
"Eih, Ryo! Sveglia svegliuccia!"
Una mano gli sventolò davanti al viso e Ryo sbatté gli occhi.
"Che c'è?", chiese. Afferrò il cartone di latte e annegò i cornflakes che si era già versato nella tazza. Ne prese una bella cucchiaiata e la infilò in bocca, dopodiché voltò su Touma uno sguardo innocente, confezionato ad arte.
Ma Touma non ci cascò. "Che cosa ti preoccupa?"
"Niente."
Erano quasi le nove, ormai, e lui, Touma e Nasty erano riuniti in cucina per la colazione. Quando era rincasato, Ryo aveva trovato gli amici svegli e intenti alle operazioni mattutine. Nasty aveva appena finito di vestirsi e stava preparando le frittelle. Touma era in bagno. Entrambi lo avevano accolto con una fugace occhiata e un sorriso. Ryo non trovò alcuna forzatura nei loro volti e nelle loro parole. Non ricevette nemmeno alcun rimprovero per essersi allontanato senza dire nulla. Un po' più sereno, si era seduto accanto ai due: non gli andava di mangiare, ma sentiva di doverlo ad entrambi e soprattutto a Nasty.
Il ragazzo si dedicò con concentrazione alla sua colazione, masticando velocemente un cucchiaio dopo l'altro.
"Sembra quasi che quei cereali ti abbiano fatto uno sgarbo personale", disse Nasty.
"Ma no. Sono solo affamato, dopo la passeggiata che ho fatto", mentì.
"Vedo", disse Touma con voce tesa.
Ryo comprese che l'amico stava esaurendo la pazienza ma non poteva farci niente. Prima di confessare il suo segreto voleva riuscire a superare la paura, altrimenti non sarebbe mai riuscito a rassicurare gli altri. Poiché teneva gli occhi fissi sulla colazione, il giovane non si accorse del rapido sguardo che corse tra Touma e Nasty.
Durante la sua assenza, quei due avevano discusso fittamente sulle cause che avrebbero potuto prostrarlo al punto da procurargli uno shock così violento come quello della sera prima. L'esperienza che entrambi avevano del valore di Ryo come persona e come guerriero li aveva portati quasi subito ad escludere che ciò che l'amico nascondeva loro fossero gli attacchi ripetuti di un demone o le sue minacce. All'inizio, tuttavia, questa era stata la prima proposta di Nasty.
"No, è escluso", aveva risposto Touma assolutamente convinto. "Prima di tutto se si fosse trattato di un demone, per quanto forte e terribile, Ryo lo avrebbe combattuto e piuttosto che lasciarsene terrorizzare si sarebbe fatto fare a pezzetti, lo sappiamo benissimo tutti e due. Secondo, non sarebbe mai tanto stupido da nasconderci una cosa simile. Sa bene che non potrebbe affrontarla da solo: rischierebbe troppo nel caso in cui, per disgrazia, non dovesse riuscire a tenerla sotto controllo."
"Bene, dunque nessuno lo minaccia di attentare alle nostre vite. Ma allora?"
A questo, Touma aveva risposto con un lungo silenzio. Seduto al tavolo in sala da pranzo, aveva cominciato a farsi ruotare la tazza con il caffè tra le mani e a seguirne con gli occhi il movimento, quasi che quella operazione avesse assorbito tutta la sua attenzione. Vedendolo così occupato a meditare, Nasty non lo aveva interrotto. Anzi: incrociate le dita sotto il mento, si era disposta ad osservarlo traendone, come sempre, un grande piacere.
"Sai, ho riflettuto molto. Sono sconcertato, lo ammetto, ma credo di avere… non so, non dico di avere capito tutto, ma ho una teoria, che mi sembra piuttosto valida. Ecco, viste le condizioni in cui lo abbiamo trovato", riattaccò Touma dopo una pausa di incertezza, "posso supporre che abbia subito un'emozione particolarmente violenta. Conosco Ryo molto bene, probabilmente sono l'unico a sapere qualcosa in più di lui, di ciò che pensa, di ciò che prova… del suo passato. Io so che due sole cose, al mondo, possono piegarlo e forse persino spezzarlo: la solitudine - o, meglio: la sua paura della solitudine - e… la paura che ha del suo 'dono speciale'."
"Del suo cosa?", volle sapere Nasty.
Touma alzò gli occhi sul suo viso, ma il suo sguardo era proiettato ben oltre: al passato.
"Non so se ti ricordi… Durante la prima stagione della nostra lotta contro Arago ci fu un momento in cui i demoni riuscirono a dividerci per la seconda volta."
Nasty annuì. "Sì, mi ricordo."
"Beh, poco prima che questo accadesse ho avuto modo di scoprire un piccolo segreto di Ryo. Una notte - dormivamo nella sala d'aspetto di una fermata della metropolitana - fui svegliato dai suoi lamenti. Poiché eravamo vicini, fui l'unico ad udirli: Shu russava troppo forte perché qualcun altro se ne accorgesse."
Questo particolare indusse entrambi i giovani ad un breve sorriso.
"Comunque, ad un certo punto Ryo si svegliò di soprassalto e scappò fuori, all'aperto. Preoccupato che mostrandosi così isolato potesse cadere vittima di qualche attacco, dopo un po' lo raggiunsi con l'intento di riportarlo sotto. Lo trovai che se ne stava appollaiato sulla tettoia della fermata. Quando gli giunsi abbastanza vicino, mi accorsi che tremava. E, cosa ancora più allarmante, lui si accorse di me solo quando la mia ombra coprì la sua. Mi sedetti al suo fianco e cominciai ad interrogarlo." Touma sorrise con amarezza. "A quel tempo, benché già nutrisse un forte attaccamento per noi, era più facile estorcergli una confessione. Adesso, invece, s'è fatto un po' più furbo. E poi, non soffriva ancora della 'sindrome dell'agnellino sacrificale'."
"Che significa?"
"La paternità di questa arguta quanto terribile definizione è di Shu. L'ha tirata fuori in quella settimana in cui Ryo rimase addormentato, subito dopo aver sconfitto Arago per la prima volta. Un pomeriggio, stavamo io e lui a contemplarlo per assicurarci che il suo sonno non fosse turbato in alcun modo…"
"Allora anche Shu conosce questo segreto di Ryo?", lo interruppe Nasty.
"Non so se lui gliene abbia mai parlato apertamente, come fece con me quella notte di cui ti stavo parlando, ma credo che, come gli altri, Shu abbia intuito qualcosa vedendolo combattere. Forse, ad un livello più profondo, l'hai notato anche tu. Comunque, ritornando un attimo a Shu: tutt'a un tratto perse la pazienza, così, di punto in bianco, ed esclamò: "Se continua a comportarsi come un agnellino votato al sacrificio, finirà per farsi ammazzare per tutti noi e non mi va!". Da allora, tra noi è rimasta la consuetudine di definire 'sindrome dell'agnellino sacrificale' quei comportamenti che spingono Ryo a rischiare da solo."
"Capisco. E quella famosa notte, cosa successe?"
Touma si buttò all'indietro sulla sedia, le mani abbandonate sul tavolo. "Mi disse che molto presto saremmo caduti vittima di un inganno, che saremmo stati divisi e che avremmo perduto uno di noi. Puoi immaginare quanto quelle parole mi sorpresero, anche per la decisione con cui le pronunciò. Gli chiesi come faceva a saperlo. "Perché l'ho sognato", mi rispose. Riuscii a trattenermi dal ridere solo per un pelo. Naturalmente, cercai di ridimensionare la sua paura e di riportarlo alla ragione. Non potevo accettare una cosa simile così, sui due piedi." Touma ridacchiò. "Quella fu la primissima volta che Little Fire si arrabbiò con me. Sta di fatto che gli eventi successivi gli diedero ragione, almeno in parte. Perché è vero che perdemmo Shu, ma non nel senso che aveva inteso lui interpretando il suo sogno. A parte queste piccolezze, da allora ci sono stati altri eventi simili che mi hanno convinto dell'autenticità del suo 'dono' e nel frattempo Ryo ha imparato a decifrare con maggiore precisione i suoi sogni. Poi, una volta - mi vengono ancora i brividi se ci penso - una volta lo sorpresi che fissava con insistenza un punto davanti a sé. Gli chiesi che cosa stesse osservando e lui, a bassa voce, disse: "Mia madre". E' così, lui dice di vederla di tanto in tanto. E ti dico una cosa: io gli credo. Ryo non scherzerebbe mai su una cosa simile, la memoria di sua madre è sacra, per lui."
Nasty rimase in silenzio per una manciata di secondi, per assimilare quanto aveva detto Touma.
"Vuoi dire che Ryo è un medium? E' questo che vorresti farmi credere?"
"Non un medium, Nasty", replicò Touma con il tono di chi contesta una cosa del tutto ridicola. "Ryo non è capace di stabilire alcun contatto con i defunti. E' un sensitivo, e anche piuttosto potente. Ora però qualcosa è cambiato: non so cosa, ma io credo che possa riguardare proprio questo suo 'dono'... anche se è davvero ridicolo chiamare così qualcosa che lo fa soffrire tanto."
Per dissipare l'incredulità che ancora tendeva i lineamenti dell'amica Touma le raccontò di quando, appena giunti nel Regno del Male per liberare gli altri Samurai prigionieri, Ryo aveva udito l'invocazione di Seiji, quel "Ti prego, Ryo, non farti catturare o per noi sarà la fine!" che lo stesso Seiji aveva confermato di aver detto.
Nasty scosse la testa, per la prima volta davvero arrabbiata. "Ma perché non l'ha mai detto anche a noi?"
Touma le rivolse uno sguardo triste. "Per qualcosa che gli disse suo padre, ma per favore…", disse il ragazzo alzando le mani per prevenire la domanda di Nasty, "per favore non chiedermi di parlartene. E' una cosa che riguarda Ryo, lo farà lui se e quando vorrà." Le prese una mano. "Non farti vedere in collera con lui, d'accordo? Ne soffrirebbe e metteresti nei guai me."
Nasty sospirò. "Vorrei solo poter fare qualcosa per lui."
"Lo faremo."
Ora, mentre osservavano Ryo che si strafogava con i cereali, Nasty e Touma decisero di passare alle maniere forti e di cavare la verità dalla bocca di quella testa di coccio.
"Scommetto che indovino che cosa ti è successo ieri sera", esordì Touma in tono colloquiale.
"Non credo proprio", ribatté Ryo, facendo orecchie da mercante. Tuttavia arrossì.
"Davvero? Ecco la mia ricostruzione dei fatti, allora", proseguì Touma, implacabile.
"Spara pure, Sherlock", rispose Ryo con la bocca piena, beccandosi un'occhiata bieca da Nasty. "Ti ascolto", aggiunse, questa volta dopo aver deglutito.
Touma sorrise: un sorrisino netto e alquanto perfido che a Ryo ricordò quelli di Seiji, quando Bright Boy si preparava a dargli una di quelle che chiamava 'lezioni di stile'. Vagamente in allarme, si preparò ad ascoltare l'amico.
"Prima di tutto, un rimprovero", disse Touma con voce severa e Ryo fece una smorfia. "Non scherzo, Ryo. Tu ti sei sempre offerto come spalla per tutti noi, ma non ci hai mai permesso di fare altrettanto per te. Se davvero tieni alla nostra amicizia, allora permettici di ricambiare la tua!"
Gli occhi di Ryo si spalancarono di scatto. Un lampo di comprensione li illuminò, subito sostituito da un'espressione di confuso dolore.
"Non devono esistere sensi unici, tra noi", disse Touma, più dolcemente. Guardò Nasty, includendola in quel 'noi', e Ryo chiuse gli occhi.
"Capisco", mormorò mortificato. "Scusami, Nasty. Non mi ero reso conto di averti tenuta a distanza. Non l'ho fatto per cattiveria, credimi."
Nasty gli si avvicinò da dietro e gli passò le braccia intorno al collo, appoggiando una guancia alla sua. "Lo so, e ti perdono", disse e per provargli che era vero gli diede un bacio. "Adesso, però, dimostralo coi fatti oltre che a parole", gli sussurrò poi con gentilezza ad un orecchio.
Le labbra di Ryo tremarono e il ragazzo cominciò a mordersele. Touma imprecò mentalmente, ma la sua risoluzione non vacillò. Si sporse in avanti, con le mani intrecciate sul piano del tavolo. Sembrava un medico costretto a dare una pessima notizia ad un paziente.
"Ieri sera tu hai visto qualcosa, vero? E non mi riferisco alle tue solite visioni. Se ti sei sentito così male è perché quel qualcosa ti ha sopraffatto. Deve essere stato un qualcosa del tutto inatteso, perché nulla di ciò che ti è familiare può averti colpito così profondamente. E' così? Rispondi, Ryo!"
"Sss-sì…"
"Ti ha terrorizzato."
"Sì."
"E non avevi intenzione di condividere con noi questa tua paura. Perché?", ruggì Touma.
Ryo cominciò a tremare irrefrenabilmente. "Tu… tu sei l'unico che ancora abbia voglia di avere a che fare con me… con i Samurai Troopers!", si corresse in fretta.
"Questo non è vero, credimi", disse Touma.
"Ma Shin, Seiji… persino Shu… loro non mi rispondono più o se lo fanno sono così sbrigativi! Capisco perché sentano il bisogno di staccare la spina dalla nostra reciproca compagnia. E visto che le cose stanno così io… io… Con che coraggio potrei dirvi: "Eih, ragazzi! La volete sapere l'ultima novità? Io ho…"
"Tu hai?", lo incoraggiò Nasty.
Le spalle di Ryo crollarono verso il basso.
{Si è arreso}, pensò Touma.
"Ho avuto una visione, un'autentica visione. Ho visto Vampa emergere dallo scrigno in cui è rinchiusa e snudare le Spade del Fuoco, pronta a combattere. E io… io ero dentro l'armatura, ma non la indossavo. Voglio dire… era come se io fossi… un fantoccio privo di volontà. Vampa si serviva di me, si nutriva di me ed io la assecondavo", sussurrò Ryo in modo confuso. "Emanava un odio bestiale ed era diretto contro di me e contro il mondo intero... e contro voi… Vi farò del male, Touma." Il ragazzo prese fiato. "L'ho visto!"
Nasty spezzò il silenzio incredulo che era sceso. "Ma non potrebbe essere stata un'allucinazione?", disse.
"Ti sembro il tipo?", chiese Ryo con una certa asprezza.
"Pensi che si tratti di veggenza?", chiese Touma. Quando Ryo annuì, disse: "Come fai ad esserne così sicuro?"
Ryo rimase a lungo in silenzio. Touma stava preparandosi a riformulare la domanda, quando l'amico improvvisamente sospirò e, occhi fissi al tavolo, disse con sicurezza: "Tou… tu hai già comprato il regalo per il mio compleanno."
Touma sbiancò.
"Lo hai comprato!?", disse Nasty.
Ryo si prese la testa tra le mani, tenendo sempre gli occhi bassi. "E' la maglia numero dieci del Kaneshiro Football Club, vero?, quella di Riuji Takayama."
Touma si alzò di scatto dalla sedia e indietreggiò dal tavolo. Il legno, sfregando contro le piastrelle del pavimento, produsse un lungo gemito stridulo.
"Tou-Touma?", balbettò Nasty, bianca come ricotta.
"Come fai a saperlo?", disse il giovane, con un filo di voce.
Ryo si appoggiò allo schienale della sedia e alzò sull'amico due occhi asciutti e curiosamente sereni. L'iride azzurra sembrava una evanescente luna piena che navigava nel candore del bulbo oculare. Una luna fantasma.
"La indossavo… la INDOSSERO' quando Vampa mi costringerà a servirla. Vedi Touma: nei mesi a venire io perderò la ragione, un pezzetto alla volta, ci penserà l'anima nera di Vampa a ridurmi ai minimi termini e a quel punto… io sarò suo. E' questo ciò che l'Armatura vuole."

9.
{Non può essere! Oh Dio, non farci questo, siamo tutti così provati!}
Touma si sentiva prossimo a perdere il controllo.
{Ryo… un veggente!? Un profeta di sciagure?}
La cosa che lo terrorizzava di più era l'assoluta mancanza di espressione dell'amico. Sembrava che l'orrore gli avesse prosciugato il cuore. Finché, guardandolo meglio, si accorse che l'impassibilità di Ryo era la maschera che nascondeva il timer del detonatore: stava per esplodere.
"Ryo?", lo chiamò con voce incerta.
Ryo chiuse gli occhi e gli sfuggì un aspro gemito. Le lacrime presero a traboccare dalle sue ciglia.
"Aiutami", bisbigliò il ragazzo, tremando come un cucciolo solo nella notte. "Aiutami, Little Star, ti prego! Non voglio che il passato si ripeta... Nasty… Per favore, per favore! Non scappate da me!"
Nasty si avvicinò al ragazzo lentamente. Sembrava una sonnambula. Posò una mano sulla guancia bagnata di Ryo e quel contatto sembrò restituirle un po' di vita. Si chinò e lo abbracciò forte. Touma fece il giro del tavolo e si portò alla destra di Ryo, che singhiozzava come un disperato, sepolto nell'abbraccio della ragazza. Si chinò anche lui sull'amico.
Un alone blu scintillante si formò intorno al suo corpo, si intensificò e si irradiò fino ad includere anche Ryo e Nasty. La pace e il silenzio degli immensi cieli stellati avvolsero i tre, offrendo loro il conforto che da migliaia di anni donavano ai cuori degli uomini.


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Cavolo, gente, sono preoccupata, davvero, mi faccio impressione: non credevo di essere così perversa! Sto infierendo su quel povero gnoccone… ragazzo… volevo dire: sto infierendo su quel povero ragazzo, lo sto trasformando in uno psicolabile senza alcun controllo sulle sue ghiandole lacrimali!… Sono un mostro!
…. Beh… Non mi resta che andare a consolarlooooouuuuuhhhh! (<-- ululato)
HE-HE-HE-HE-HEEEEEEEEE