Nota: i personaggi non sono miei, non li ho inventati
io e non mi appartengono (nondimeno, staccherò la testa a morsi
a tutte/i quelle/i che oseranno contendermi lo splendido, divino, Ryo.
RYO E' MIO, gli sono devota fin dalla primissima messa in onda dell'anime
REKKAAAHH!!).
I nomi sono quelli originali, ma il nome del padre di Ryo l'ho inventato
di sana pianta.
La storia si svolge nel periodo immediatamente successivo agli eventi
narrati in "Message".
Tra le parentesi [ ] sono riportati i dialoghi che si riferiscono alle
comunicazioni telepatiche tra i Samurai, mentre i loro pensieri sono
scritti in corsivo.
Altra nota: questa è la mia prima fanfic
*o*. Potrà sembrare un plagio di "Una vita normale",
di sanada81
Sembra soltanto. Davverodavverodavvero!
Altra altra nota: non è una storia yaoi.
Il capitolo della rivelazione
di Reimi Ayanami
Quando, la mattina seguente, Ryo si svegliò la prima cosa che
vide fu la testa di un enorme gatto bianco a strisce nere che lo guardava
dritto in viso con i suoi occhioni castani, il muso appoggiato sul materasso
accanto al suo cuscino. Una grande lingua rosea, umida e calda gli lavò
la fronte, incollandogli i capelli in ciocche disordinate.
"Byakuen!", esclamò Ryo con voce vibrante di gioia.
In preda all'euforia, il ragazzo scostò con impeto le coperte
e si alzò a sedere, momentaneamente inconsapevole della febbre
e del malessere che lo avevano costretto al sonno fino a quell'ora della
tarda mattina. Erano le undici passate da poco, era lunedì e
lui avrebbe dovuto essere a scuola, ma in quel momento non vi fece caso.
Non si accorse nemmeno di non trovarsi in camera sua. Troppo felice
per il ritorno dell'amico, Ryo si lanciò sulla tigre e gli cinse
forte il collo, ridendo, e seppellì il viso nella sua morbida
pelliccia. Byakuen mostrava la sua gioia ronfando ed emettendo piccoli
e bassi ruggiti alternati a leccate.
Mentre i due si facevano le fusa, la porta della stanza si aprì.
"Eih! Ti sei svegliato, finalmente! Come stai, Ryo?"
Il ragazzo voltò su Touma gli occhi scintillanti e il viso arrossato,
anche per via della febbre, ma sorridente. Touma se ne sentì
almeno un po' sollevato.
In quel momento Ryo vacillò un poco e sentendosi d'improvviso
molto debole si sdraiò di nuovo, ma continuò a tenere
le braccia intorno al collo della tigre e a sorridere. "Mi sento
un po' frastornato. Tou, quando è tornato Byakuen? E perché
non mi avete svegliato?"
Gli occhi di Touma si offuscarono per un lungo istante, ma per fortuna
Ryo non se ne accorse visto che era ancora tutto occupato a grattare
Byakuen sulla testa e a parlargli nelle orecchie in tono affettuoso.
Quella notte, quando era tornato a casa in groppa alla tigre, la felicità
per il ritorno di Byakuen si era trasformata in paura quando aveva trovato
Ryo e Nasty nel corridoio, vicino alla porta del bagno, lui praticamente
svenuto e lei inginocchiata al suo fianco che cercava di scaldargli
tra le sue le mani gelide; di tanto in tanto lo accarezzava in viso
o sui capelli chiamandolo per cercare di fargli riprendere conoscenza.
"Touma!", aveva esclamato Nasty quando lui le era corso accanto.
La sua voce era tesa, il suo viso pallido.
"Cosa è successo?"
A quel punto, con un verso di preoccupazione, Byakuen si era precipitato
accanto a Ryo, costringendo la ragazza a spostarsi. Gli si era stretto
contro, per scaldarlo un poco, e aveva preso a strofinargli il capo
sul petto e sul collo, dandogli piccoli colpi di naso sotto al mento.
Sembrava proprio che lo stesse chiamando, come aveva fatto Nasty fino
a qualche secondo prima.
"Un altro incubo. Ma questo deve essere stato peggiore di quelli
precedenti. Ha vomitato, in bagno e in camera
Sono riuscita a
farlo sfogare un po', poi ho cercato di riaccompagnarlo a letto, ma
appena oltre la porta è crollato e
Touma, sono preoccupata:
poco fa ha cominciato a delirare e quello che gli è uscito di
bocca è
è terribile."
Il ragazzo intervenne, prima che lo shock avesse la meglio su Nasty.
"Ascolta, per prima cosa dobbiamo rimetterlo sotto le coperte o
si buscherà qualcosa."
Touma squadrò l'amico, che tremava a tratti e con violenza nonostante
le cure di Byakuen. Ryo sragionava davvero: aveva ricominciato a mormorare,
ma in mezzo alle frasi sconnesse che diceva, l'amico non riusciva a
capire che una sola parola. Fuoco.
Il ragazzo si inginocchiò accanto a Ryo. "Su, bello, lascia
che lo prenda io", disse a Byakuen, poi sollevò l'amico
tra le braccia e si diresse verso la sua stanza.
"Aspetta", lo fermò Nasty. "Di là è
un disastro, ha buttato tutto sottosopra. Vieni, sistemalo in camera
tua."
E così Ryo aveva dormito nel suo letto, per quella notte, e lui
in quello di Seiji, anche se per la verità non aveva quasi chiuso
occhio, troppo impegnato a vegliare l'amico e ad andare di continuo
alla porta della stanza di Nasty, per accertarsi che lei stesse bene.
Ora, vedendo Ryo contento per il ritorno del suo Byakuen, la preoccupazione
di Touma si allentò un poco, anche se la temperatura che gli
aveva misurato quella mattina, mentre lui ancora dormiva, era piuttosto
alta. Gli si avvicinò e sedette sul bordo del letto.
"Non ti ricordi niente di questa notte?"
Ryo si fece serio e dopo un po' scosse il capo, incerto.
"Ho fatto qualcosa?"
Touma stiracchiò un sorriso. "Non pensarci, per il momento.
Sei malato e hai bisogno di tranquillità e di riposo."
Ryo spalancò gli occhi. "Malato!? Come
" Cercò
di rialzarsi, ma un capogiro lo costrinse a ridistendersi.
"Hai la febbre, quasi trentanove."
Ryo si imbronciò all'istante: se c'era una cosa che detestava
con tutta l'anima, dopo i demoni, era stare male e, di conseguenza,
stare a letto e chiuso in casa. Poi, d'un tratto, gli sovvenne che quello
doveva essere giorno di scuola e sul suo viso comparve una tale espressione
sbalordita e accorata che Touma non poté fare a meno di sorridere:
era fin troppo ovvio, a cosa stava pensando Ryo.
"Dai, amico, non fare quella faccia! Nasty mi ha detto che ieri
è venuta
magari tornerà."
Ma subito dopo averlo detto, Touma si rese conto che molto probabilmente
aveva mentito a Ryo, anche se non lo aveva fatto di proposito. Nasty
gli aveva raccontato di come Ayanami era fuggita terrorizzata. Per la
prima volta in vita sua, Touma Hashiba si morse la lingua.
"Ayanami è stata qui?", chiese Ryo, con voce trasognata.
"Non me ne ricordo. Accidenti, ma che mi è preso? Ho forse
sbattuto la testa, che non mi ricordo una cosa così importante?"
"In effetti sì", disse Touma. Gli infilò una
mano dietro la nuca e gli premette un punto proprio in mezzo al capo.
Ryo sussultò. "Aih! Ecco cosa mi dava fastidio, poco fa:
mi ha svegliato." In preda al tormento causato dal pensiero di
Ayanami e dalla prospettiva dell'inattività forzata, il giovane
cominciò ad agitarsi e a sgambettare sotto le coperte, seguito
con sguardo indulgente dall'amico e dalla tigre. "Non riesco a
trovare una posizione comoda", si lamentò dopo un po'.
"Stai quieto, per favore. Restatene a cuccia e vedrai che in capo
a un giorno o due sarai di nuovo in forma."
Ryo sbuffò e il soffio gli fece svolazzare una ciocca di capelli
sulla fronte. Byakuen gli assestò un morso leggero alla nuca,
per ribadire il concetto espresso da Touma, e Ryo mise da parte il suo
malumore. Ridacchiò e si strinse di nuovo alla sua tigre. Visto
che non c'era bisogno di lui, al momento, Touma decise di tornare da
Nasty, contento di poterle comunicare qualcosa di buono. Lasciò
Ryo intento di nuovo a parlottare e a scambiare effusioni con Byakuen,
stupendosi ancora, come sempre del resto, dell'incredibile rapporto
che c'era tra quei due.
Touma, comunque, aveva sottovalutato le capacità di ripresa dell'amico.
Poco prima dell'ora di cena, lui e Nasty se lo videro spuntare nello
studio della ragazza, dove entrambi erano impegnati in una ricerca sui
disturbi del sonno. L'idea era stata di Nasty. Touma dubitava, e ne
aveva solidissime ragioni, che quelli di Ryo fossero disturbi comuni,
ma ancora non aveva avuto il coraggio di rivelare a Nasty il piccolo
segreto dell'amico: non era sicuro al cento per cento che si trattasse
di quello e comunque pensava che la ragazza avesse già subito
un numero considerevole di shock, tutti uno dietro l'altro. Era meglio
darle un pochino di tregua. Nel frattempo, avrebbe tenuto d'occhio Ryo.
Da questo punto di vista, era mille volte più contento che Byakuen
fosse tornato. In assenza di Seiji, che era l'unico Samurai di cui Ryo
avesse un sacrosanto timore, la tigre era l'unica autorità che
quella testaccia calda riconoscesse e rispettasse.
"Buona sera! State facendo qualche ricerca?", disse Ryo entrando
nella stanza.
Era in pigiama, ma sopra aveva infilato la giacca di una tuta. Anche
Touma notò che gli abiti gli andavano larghi.
"Perché ti sei alzato?", chiese Nasty.
Ryo si sfiorò la fronte e sorrise. "Non ho più febbre
e ho fame. Stavo andando di sotto a prepararmi qualcosa e ho visto la
luce accesa nella studio. Disturbo, forse?", chiese con un po'
di timidezza, guardando entrambi gli amici.
"Assolutamente no", rispose Touma e diede una occhiata all'orologio.
"Ho fame anche io, in effetti."
"Vado subito a preparare qualcosa", disse Nasty, scostando
la sedia dalla scrivania e allontanandosi dal computer.
"Lascia stare. Che ne dite se ordiniamo la pizza?", propose
Ryo.
"Per me va benone", rispose subito Touma.
"Ma sì
In effetti non ho voglia di cucinare, questa
sera", disse Nasty.
Le pizze arrivarono dopo quasi due ore, quando lo stomaco di Ryo era
ormai strizzato fino allo spasimo dalla fame. Il ragazzo divorò
in modo famelico le due che aveva chiesto, spartendo qualche fetta con
Byakuen. Touma e Nasty lo osservarono sconvolti mentre lui non risparmiava
nemmeno il più piccolo pezzetto di condimento.
"Ah, ora mi sento molto meglio", sospirò il ragazzo,
alla fine, versandosi un gran bicchiere di Coca-Cola.
"Mi fa piacere", disse Nasty, che non aveva ancora finito
la sua pizza.
"Adesso, però, te ne torni a letto", gli raccomandò
Touma, "così domani potrai tornare a scuola."
"Già", disse Ryo, ma il suo sguardo si era un po' rannuvolato.
Nonostante non avesse voglia di addormentarsi, Ryo augurò la
buona notte e con Byakuen salì in camera sua.
"Se comincio a lamentarmi, svegliami, va bene? Ti prego, non lasciarmi
sognare
", disse alla tigre, nascondendo il viso nel suo collo.
Byakuen ruggì piano e con un colpo di naso costrinse il ragazzo
a coricarsi. La voglia di dormire era poca, ma la stanchezza tanta:
nel giro di pochi minuti Ryo si addormentò, stringendo nel pungo
la coda della tigre.
2.
Martedì sera. Seiji guidava sicuro lungo l'interstatale che lo
avrebbe portato fino a Tokyo, anche se ormai era quasi buio e lui aveva
la patente da poco. L'auto su cui viaggiava, una piccola sportiva a
quattro posti, era il regalo della sua famiglia per i suoi diciotto
anni e lui ne era entusiasta: immaginava la sorpresa dei ragazzi e già
pensava di caricarli tutti, Nasty compresa, pigiati come sardine, per
andare a fare un giro o magari una bella gita in spiaggia. Sperava soprattutto
di distrarre un po' Ryo dai suoi incubi. Lui e Touma ne avevano discusso
fino a poco prima: era stato contento di sapere che Ryo quella mattina
stava abbastanza bene ed era andato a scuola; era contento di sapere
che aveva riposato tranquillo ed era ancora più felice del fatto
che, secondo Touma, appariva anche più sereno. Avrebbe voluto
essere a Tokyo molto prima, ma un problema di famiglia lo aveva costretto
a posticipare la sua partenza al pomeriggio. Ora era libero; soprattutto
era libero di pensare a quel che stava succedendo. Non aveva dimenticato
la visione del giglio che appassiva e questa lo tormentava con il sottile
presentimento che qualcosa di orribile stesse per accadere a Ryo. Le
notizie di Touma erano incoraggianti, ma lui le prendeva con le pinze.
Mentre guidava così concentrato un'ombra rapidissima passò
d'improvviso davanti alla sua macchina, a qualche decina di metri di
distanza, ma lui frenò ugualmente con forza, facendo stridere
le gomme sull'asfalto. La violenza della frenata lo proiettò
in avanti, ma le cinture di sicurezza lo trattennero. Seiji se le slacciò
non appena la macchina si fermò, aprì lo sportello e si
precipitò in strada.
"Vieni fuori!", intimò.
Sapeva che c'era qualcuno, o qualcosa, che lo stava osservando da un
punto al di sopra della parete rocciosa che costeggiava il lato sinistro
della carreggiata. Il giovane era perplesso: essendo un Samurai, sentiva
sempre la presenza del male, ed avendo percezioni un po' più
sviluppate della norma avvertiva sempre la presenza di chiunque lo spiasse,
umano o demone che fosse. In questo caso le sue sensazioni erano alquanto
vaghe: non vi erano demoni nei dintorni, di questo era abbastanza sicuro,
ma chi lo aveva costretto a fermarsi e ora lo teneva d'occhio non era
un comune essere umano. Sentiva nell'aria una vibrazione strana, in
sintonia con un qualcosa che non riusciva a cogliere, ma una cosa era
certa: lui conosceva quella vibrazione e conosceva anche quella intima
sintonia
Per quanto assurda gli apparisse la cosa, la sua spia
indossava sicuramente un'armatura mistica simile a quelle che appartenevano
ai Samurai Tropers!
{Ma non è possibile!}
Seiji concentrò le proprie facoltà e investigò
i dintorni, cercando di capire se per caso non si trattasse di uno dei
generali della Città dei Desideri o di Kayura. Tuttavia, già
sapeva che non poteva essere nessuno di loro: quel genere di comportamento
non avrebbe avuto senso. Finalmente, le percezioni di Seiji riuscirono
a convergere in un unico punto, proprio sopra la sua testa. Il ragazzo
richiamò la sfera di Korin e indossò la protoarmatura.
"Molto bene, dunque. Se non vieni tu, allora verrò io."
Seiji si chinò al suolo, su un ginocchio, fece forza sulle gambe
e con un unico salto agile e potente si portò sulla cima della
collinetta che l'interstatale aggirava. Sul pianoro sassoso su cui atterrò
c'era una figura ad attenderlo e Seiji non riuscì a dominare
la sorpresa. Era una donna, o meglio una ragazza più o meno della
sua stessa età. Il giovane vide che non si era ingannato affatto
sull'armatura. La guerriera indossava delle vestigia incredibilmente
simili a quelle che un tempo erano state le armature dei Samurai Troopers,
ma di colore argento, blu e bianco. La maschera compresa nell'elmo,
sormontato da una lama a forma di falce di luna, era calata sul suo
viso, cosicché Seiji ne poteva scorgere solo le labbra rosee
e gli occhi neri.
La sfera di Korin entrò in risonanza armonica con l'armatura
della guerriera e Seiji comprese che quella corazza era stata ricavata
quasi certamente da un cristallo bianco del Mondo delle Armature. Dunque
lei non era un nemico. Ma come era possibile che in tanti anni né
lui né gli altri avessero saputo nulla della possibilità
che esistessero altre armature oltre alle loro? Era davvero mai possibile
che nemmeno nella Città dei Desideri ne sapessero nulla?
"Chi sei?", chiese con voce resa fioca dallo stupore.
La sua mente era tutto un ciglio di rotelle in azione, mentre lui cercava
disperatamente di conciliare quanto vedeva con quanto sapeva delle armature,
del mondo da cui venivano e della loro storia.
"Sei il guerriero di Korin, vero?", disse la ragazza. Aveva
una voce melodiosa ma decisa. "Sono qui per avvisarti che tu e
i tuoi compagni siete tutti in pericolo. Il potente spirito di un clan
del passato è ritornato in vita nel corpo di un guerriero dei
nostri giorni. Il suo scopo è compiere un'antica missione
che prevede l'annientamento delle vostre armature, Samurai. Ma prima
di scagliarsi contro di voi, questo spirito spingerà il guerriero
che possiede a uccidere il cavaliere della Vampa: è questo il
suo scopo principale. Solo dopo aver distrutto lui e la sua armatura
verrà per sterminare anche il resto di voi. E' molto potente,
ha dalla sua parte la forza di un odio millenario ed è convinto
di agire nel giusto. Tienilo bene a mente, Korin."
"Ti ringrazio dell'avvertimento, lo terrò in considerazione,
stanne certa", disse Seiji, che ormai si era ripreso. "Ma
gradirei che non sparissi proprio adesso: è quel genere di colpo
di scena che non sopporto. Ho molte cose da chiederti."
La guerriera fece un piccolo sorriso e accennò un lieve inchino.
"La penso anch'io come te sui colpi di scena scontati e resterei
volentieri per rispondere alle tue domande, ma non posso trattenermi
oltre. Tuttavia, per non irritarti, invece di sparire all'improvviso
mi tratterrò con te ancora qualche secondo, giusto il tempo di
salutarti, va bene?... Allora: arrivederci a presto, Korin. Lieta di
averti potuto incontrare di persona."
E dopo un altro inchino, questa volta la guerriera sparì davvero
all'interno di un turbine di vento che si dissolse presto, lasciando
l'aria fresca della sera immota e tranquilla. Seiji sollevò lo
sguardo al cielo color malva: la sera era ormai scesa e nel cielo era
comparsa la prima stella. Il ragazzo la contemplò a lungo. Accidenti,
se non sopportava proprio le mezze notizie e i mezzi avvertimenti! Perché
non era mai possibile sapere le cose per bene e nella loro interezza,
invece di dover sempre scoprire la verità un pezzetto alla volta
e solo dopo averne passate di cotte e di crude? Che razza di modo di
fare era mai quello? Seiji scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore.
Infine volse le spalle al luogo di quello strano incontro e scese di
nuovo sulla strada. Adesso sì che aveva ancora più urgenza
di arrivare a Tokyo. Quel che gli era stato detto, sempre che fosse
vero - e lui sentiva di non avere particolari motivi per dubitarne -
era estremamente grave e confermava tutti i suoi più neri presentimenti
sulla sorte di Ryo. Maledisse gli impegni che lo avevano trattenuto
al dojo e schiacciò l'acceleratore. L'auto partì con una
stridula sgommata.
Seiji non sapeva ancora che i suoi presentimenti avevano già
cominciato ad avverarsi.
3.
Non appena giunse nel Yoroi Sekai, la guerriera dall'armatura d'argento
si diresse verso un grande tempio circondato su tre dei suoi lati da
un cimitero immerso nella nebbia. Benché quel luogo fosse all'apparenza
triste, spoglio e grigio, in esso regnava una grande pace così
il suo aspetto non opprimeva il cuore. I Samurai Tropers, molto probabilmente,
lo avrebbero riconosciuto, e ne avrebbero provato più dolore
che altro: quello era il cimitero in cui Suzunagi aveva avuto la pretesa
di condurli per seppellirveli prima del loro tempo. La guerriera osservò
le lapidi per qualche istante: un giorno, tutti quanti loro avrebbero
riposato in quel luogo e le loro anime giuste e pure vi avrebbero portato
finalmente anche la luce e il calore del sole. Ma quel giorno, grazie
anche al suo aiuto e a quello delle altre guardiane (quando fossero
state tutte presenti), forse poteva essere rimandato ancora di un bel
po'. Dovevano riuscirci a tutti i costi, pensò la guerriera con
espressione cupa, quindi entrò nel tempio.
L'interno del santuario era più spazioso di quanto le sue dimensioni
esterne non lasciassero intuire. La guerriera attraversò diverse
sale coperte di rastrelliere con armi appese e di armature, prima di
giungere nella corte interna: in questo enorme cortile erano state edificate
cinque torri, ognuna delle quali recava incisa sulla porta il nome dell'armatura
che in essa era custodita. La guerriera si diresse a passo deciso verso
la Torre del Vento. Appena ne varcò la soglia si ritrovò
in un piccolo tempio da cui, tramite una scala, si accedeva al piano
superiore. Oltre a quella, una seconda scala scendeva al piano sottostante.
La guerriera salì la prima, ripromettendosi di scendere anche
nel mausoleo prima di rincasare. Nella stanza di sopra, evocò
la sua sfera e si tolse le vestigia, che si ricomposero in posizione
di riposo all'interno di una nicchia composta da cristalli bianchi.
La ragazza depose con delicatezza la sfera sull'altare ai piedi dell'armatura:
in essa, e sulla sua fronte, comparve per un istante un kanji sfavillante
di colore azzurro. Il simbolo della Determinazione.
Senza armatura, la guerriera si rivelò per ciò che era:
una ragazzina di circa sedici anni, con corti capelli neri legati in
una piccola coda di cavallo bassa sul collo. Indossava ancora la divisa
scolastica di un liceo di Tokyo: gli allenamenti di atletica le avevano
preso più tempo del previsto, quel pomeriggio, così non
aveva fatto in tempo a tornare a casa per cambiarsi. Scosse le spalle
in un gesto di indifferenza: quel che contava era d'aver eseguito gli
ordini della Nonna, per cui adesso poteva anche tornare. Prima di andarsene
la ragazzina scese, come si era ripromessa, nel mausoleo ricavato sotto
la torre: qui si fermò un istante per una preghiera.
"Vegliate su di me, datemi forza e coraggio."
In quel luogo, all'interno di antiche corazze da samurai, erano sepolte
le guerriere appartenenti al clan delle Guardiane dello Specchio del
Sole, da cui la ragazzina discendeva. Le origini del clan erano molto
lontane nel tempo e piuttosto confuse, per cui non tutte le sue antenate
si ritrovavano in quel luogo. La capostipite, per esempio, la leggendaria
Mai, era sepolta in una delle stanze principali del tempio. Il suo corpo
incorrotto giaceva in un cristallo bianco e rappresentava l'unità
inscindibile dei cinque santuari. Quanto alle sue discendenti, erano
sepolte un po' in tutte e cinque le torri, ciascuna nel mausoleo di
quella che custodiva l'armatura che aveva indossato in vita per adempiere
alla sua missione. Anche lei avrebbe riposato là sotto, quando
fosse giunto il suo momento, il suo posto era già pronto.
Dopo la preghiera, la ragazzina uscì dalla torre. Tuttavia, prima
di rincasare e fare rapporto alla Nonna, decise di recarsi alla Torre
della Luna. La porta era aperta, come quella della Torre del Vento,
e lei poté salire fino in cima. Vide subito che la teca di cristallo
che doveva contenere l'Armatura della Luna era vuota.
"Yui non è ancora tornata."
Un pensiero sgradevole le passò per la mente. Lasciò la
Torre della Luna e si diresse a quella della Montagna. La porta era
chiusa, come lo era da secoli. Ogni giorno era così, ma con gli
eventi sull'orlo del precipizio la ragazza non poteva fare a meno di
sperare che presto, magari l'indomani, andando a controllare avrebbe
trovato la porta del santuario aperta e la Guardiana della Montagna
lì, con indosso la sua armatura. A questo punto era superfluo
controllare le porte delle altre tre Torri, tuttavia la ragazza lo fece,
ritrovandosi ogni volta delusa.
"Credo che Yui abbia bisogno di aiuto per la sua ricerca."
Forse era il caso di chiedere alla Nonna di lasciarle rintracciare almeno
una delle Guardiane mancanti. Anche perché avevano un problema
molto grave da risolvere. La ragazzina rivolse uno sguardo colmo di
dolore alla Torre della Neve. L'armatura giaceva nella sua nicchia,
orfana della sua padrona da quasi un anno: con la sua morte, Arimi aveva
lasciato un vuoto terribile. Aveva lasciato lei e Yui a sbrigarsela
da sole con quella faccenda dello spirito del clan di Reiko e quel che
peggio, le aveva lasciate anche con l'ingrato compito di trovare qualcuna
che potesse sostituirla.
La guerriera scosse il capo, rattristata, e si preparò a lasciare
il Mondo delle Armature.
4.
Ryo passò una discreta giornata a scuola, rovinata però
da due avvenimenti. Innanzitutto, l'assenza di Ayanami. Mentre si recava
a piedi verso il Seiran il giovane aveva fantasticato sull'incontro
con la ragazza, sperando di poter scorgere un barlume di felicità
sul suo viso nel momento in cui si fossero rivisti. Invece, si era ritrovato
per tutto il giorno a sbirciare il suo banco vuoto e a rodersi per trovare
il modo di mettersi in contatto con lei. Quel giorno, tutti i professori
avevano insistito sull'importanza delle lezioni di quella settimana,
che sarebbero servite come ripasso e come test preliminare agli esami
di metà trimestre. Lui aveva preso appunti con scrupolo, con
l'intenzione di farli avere personalmente ad Ayanami, ma senza sapere
come fare. L'altro evento sgradevole era stato l'assedio dei suoi compagni,
Ishizaki e Yazawa in testa. Mentre rispondeva educatamente alle sue
domande, ma senza partecipazione, Ryo si chiese più volte come
avesse fatto in passato a sentirsi attratto da Yazawa: a parte la bellezza,
non aveva più consistenza emotiva di un tortino di mirtilli e
la sua voce aveva un che di infantile che lo annoiava e lo infastidiva.
"Ayanami è assente", le disse ad un certo punto. "Sai
come mai?"
Yazawa si rabbuiò all'istante, sia perché lui la aveva
interrotta nel bel mezzo del suo monologo sul centro commerciale in
cui stava cercando - con tutta l'astuzia femminile di cui era capace
- di farsi invitare da lui, sia perché le aveva chiesto della
persona che più disprezzava in quella scuola, e forse al mondo
intero.
"Non ho idea del perché sia assente. Perché?"
"Volevo restituirle gli appunti che mi ha fatto avere", rispose
Ryo con indifferenza.
Non si accorse di aver dato fuoco alle polveri. Sanae impallidì,
poi le sue guance si coprirono di un rossore di stizza che divenne ben
presto il color prugna della rabbia.
"Non sapevo che tu e Ayanami vi vedeste al di fuori della scuola",
disse Yazawa ad alta voce e con un tono perfido e insinuante.
Subito Ryo si ritrovò con gli occhi di tutti i compagni puntati
addosso. Il ragazzo ignorò stoicamente il mormorio che cominciò
a diffondersi in aula e replicò con calma, guardando Yazawa con
occhi seri e solenni.
"Non ci vediamo, infatti. La professoressa Tsukino la aveva incaricata
di prestarmi gli appunti nel caso ne avessi avuto bisogno e lei ha semplicemente
obbedito."
Il resto della classe perse interesse. Yazawa, sconfitta e inviperita,
tornò al suo banco. A quel punto, Ryo aveva dovuto subire Ishizaki
e il suo gruppo di idioti finché, stufo delle loro frecciatine,
aveva appoggiato il viso ad una mano e si era messo guardare fuori dalla
finestra per il resto della pausa pranzo, durante la quale consumò
solo metà del suo pranzo. Ryo prese nota mentale di dare quello
che era rimasto ai gatti del parco vicino a casa sua, prima di tornare
da Nasty. Infine, a pomeriggio ormai inoltrato, Ryo si ritrovò
a percorrere la strada del lago più stanco e depresso che mai.
Poiché non voleva rincasare sapendo di avere una faccia scura
e abbattuta, deviò in direzione del molo da cui lui e i ragazzi
si tuffavano in estate, quando il caldo si faceva troppo intenso e una
bella sguazzata nelle acque fredde era quello che ci voleva per rinfrescarsi
e stare un po' in allegria. Voleva rasserenarsi un pochino, altrimenti
si sarebbe trovato addosso anche Touma e Nasty e con il malumore che
aveva c'era la concreta possibilità che gli scappasse di essere
sgarbato proprio con le persone con cui non avrebbe mai voluto litigare
e che per lui stavano facendo di tutto.
Mentre se ne stava seduto con le braccia intorno alle ginocchia fu raggiunto
da Byakuen.
"Ciao, bello! Come va?"
Ryo, infatti, vedeva che l'amico era inquieto e lo guardava con ansia.
Stava per chiedergli che cosa lo disturbasse quando, all'improvviso,
l'oscurità calò intorno a lui, separandolo da Byakuen.
Ryo saltò in piedi all'istante. C'era di nuovo il solito gelo
che ormai aveva imparato a riconoscere, quindi si aspettava di perdere
i sensi da un momento all'altro.
"Byakuen! Byakuen, stammi vicino!"
Ma i secondi passavano e ancora nella sua testa non si facevano sentire
né il solito rombo di tuono né le solite voci. Ryo percepì
la differenza di questa nuova esperienza. Il buio che aveva intorno
cominciò piano piano a rischiararsi a partire da un punto davanti
a sé, molto lontano. Era la luce di centinaia di candele che
andavano accendendosi una dopo l'altra, disposte sue due file. Ryo si
rese conto che illuminavano un corridoio con il pavimento di legno lucido
e le pareti dipinte con scene di battaglie alternate ad arazzi con gli
stessi soggetti. Ad interrompere la continuità del corridoio,
tra le candele c'erano numerose armature di foggia diversa a seconda
delle epoche a cui erano appartenute. Senza avere l'impressione di spostarsi,
Ryo vide scorrere davanti ai suoi occhi quelle antiche vestigia e passando
loro accanto si rese conto che in ognuna era sepolto un guerriero. C'era
qualcosa di estremamente familiare in quelle armature, persino in quel
luogo, ma l'atmosfera soffocante pregiudicava le sue capacità
di osservazione e di riflessione. Le candele erano tante ma la loro
fiamma era debole e la loro luce formava appena un piccolo alone dalla
luminosità verdastra che non riusciva a diffondersi. Qualcosa
di opprimente si trovava in quel luogo e propagava il suo miasma ovunque.
Ryo cominciò a sudare e a tremare leggermente. Sentiva una minaccia
per se stesso e la sentiva incombente; per di più, aveva la certezza
di non poterla evitare perché il bersaglio era proprio lui. Finalmente,
pur con la poca luce di cui disponeva il ragazzo distinse i mon che
ogni armatura portava ricamato o dipinto: era l'insegna della Vampa!
Dunque si trovava in qualche mausoleo o santuario del suo clan. Più
si addentava nel corridoio, più vedeva che le armature avevano
maschere orribili, che sembravano la personificazione della corruzione
e della depravazione. Anche l'aspetto delle armature era grottesco:
in esse non c'era simmetria né proporzione e ogni armatura successiva
sembrava gareggiare con le precedenti in deformità e abbrutimento.
Ryo comprese che quelle corazze rappresentavano l'anima e le pulsioni
dei guerrieri che vi erano sepolti dentro: dunque, probabilmente stava
passato davanti agli antenati che avevano sacrificato la loro integrità
all'anima oscura dell'armatura. Era appena giunto a quella conclusione
quando davanti a lui si materializzò una porta di legno con il
mon della Vampa dipinto in grandi proporzioni e in oro sui battenti
maestosi. Ryo ebbe la sensazione di inchiodarsi sul posto all'improvviso,
come se si trovasse su un veicolo che aveva appena frenato bruscamente.
Barcollò un poco.
Davanti a quella porta rossa e nera, chiusa da un trave dall'aspetto
solido e pesantissimo, la sensazione malefica di oppressione era più
forte. Ryo si sentì scuotere dall'interno da una mano titanica
e artigliata. Era un attacco alla sua anima! Il ragazzo lo percepì
con terrore, avvertendo un gelo mortale piombargli addosso e ottenebrare
la sua mente.
["Benvenuto guerriero. Mi hai fatto attendere a lungo."]
Ryo riconobbe la voce profonda e senza inflessione e il suo cuore divenne
una massa fredda che pompava orrore e paura in tutto il suo corpo. Non
riusciva a muoversi.
["Vieni avanti, guerriero. Prendi ciò che ti spetta."]
L'enorme trave che chiudeva la porta si sollevò da sola e con
un tonfo mostruosamente forte in quel luogo colmo di echi piombò
a terra, ai suoi piedi. I battenti si spalancarono lentamente. Lo stemma
della Vampa si divise in due, aprendosi su un abisso nero al cui centro,
all'apparenza sospeso nel vuoto, brillava un grande cerchio rossastro.
Ryo puntò i piedi. {Non verrò! Non voglio avere niente
a che fare con te!}
Per la frazione di un secondo, la presa sulla sua anima si allentò,
come se la forza che cercava di trascinarlo a sé si fosse trovata
spiazzata dal suo rifiuto. Poi, però, la mano titanica cominciò
a stringere più forte e Ryo sentì un dolore acuto al centro
del petto e nella testa. Cadde in ginocchio e, sopraffatto, si lasciò
scivolare al suolo.
["A me, guerriero!"], intimò
la voce con ira.
Ryo puntò le ginocchia e si aggrappò persino con le unghia
alle assi di legno del pavimento. "A me!", continuava a tuonare
la voce, e nel suo tono si insinuava sempre più una nota famelica
che stringeva il cuore del ragazzo. Il dubbio di riuscire a resistere
cominciò ad insinuarsi in lui e subito la presa dell'Armatura
si fece più forte. Ryo disperò, ma in quel momento capì
che aveva ancora una speranza di salvezza. 'Guerriero', lo chiamava
Vampa: era su quella parte della sua anima che voleva fare presa; era
quella che voleva sfruttare per liberarsi dal suo confino. Ryo si ribellò.
"Non 'guerriero', ma Samurai!", ruggì. "Io sono
un Samurai, non un macellaio qualsiasi!"
La presa ferrea si allentò di nuovo, questa volta abbastanza
a lungo da permettergli di sollevarsi su un ginocchio. Ma Ryo non la
ebbe vinta nemmeno questa volta e anzi, quando la voce dell'Armatura
tornò a parlare, lo shock per lui fu durissimo.
["La differenza che tu pretendi esista è solo apparenza"],
dissero Arago e Suzunagi. ["Tu combatti. Tu uccidi. Non c'è
giusta causa che possa giustificare la violenza delle tue azioni. Ogni
volta che indossi l'Armatura e impugni le tue spade tu scegli di credere
ciecamente all'illusione che ti è stata insegnata come verità
e così cadi nel torto. Ogni volta che smetti le vestigia che
ti è stato imposto di portare, i dubbi ti tormentano: perché
dovrebbe essere così, se ciò che fai è giusto?
Non sei stato investito dell'Armatura della Vampa: sei stato dato ad
essa. Non è lei che ti appartiene: sei tu che le appartieni.
Non ti sacrifichi per la salvezza del mondo, ma perché l'Armatura
possa perpetuarsi. Ecco perché, nonostante tutto, non riesci
a liberarti dalla tua schiavitù. Ecco perché sarai Samurai
fino alla morte. Questa è la verità che ti è sempre
stata taciuta. Tu l'hai intravista, ma ti sei rifiutato di riconoscerla
Ora paga per la tua codardia."]
Ryo, che all'inizio del monologo di Vampa aveva cercato di protestare
con veemenza e di negare, man mano si ritrovò svuotato di ogni
energia. Mentre il dubbio sulla sua missione di Samurai di nuovo lo
assaliva, le lacrime cominciarono a rigare il suo volto finché
l'accenno al suo sacrificio all'Armatura e alla sua schiavitù
senza speranza non le prosciugò, lasciandolo freddo e vuoto.
"E' falso. Quello che dite è falso", cominciò
a mormorare in una litania. Poi la rabbia ebbe il sopravvento. "Io
non desidero uccidere né combattere. E non dubito della verità
della missione che mi è stata affidata. Vorrei risparmiarmi,
questo è vero, ma non esiterò a compiere il sacrificio
estremo se questo fosse necessario. Non esiterò nemmeno a distruggerti,
sappilo: sei una minaccia! Sei nata dal rancore di due spiriti, per
questo sei ambigua: ma se davvero io ti fossi stato dato per essere
usato, non sarei mai riuscito a sconfiggere Arago né ad avere
ragione di Suzunagi. Non ci sarebbe pace nel mondo, adesso, se i nostri
cuori non avessero alcun potere, come tu sostieni, quindi smettila con
questa messinscena! Non riuscirai a confondermi!"
Ryo si levò in piedi, nonostante la terribile sofferenza che
gli tagliava la mente. Si lanciò contro il catafalco davanti
a sé. Vampa era ancora chiusa nella sua urna
L'avrebbe
distrutta. Questa volta, avrebbe distrutto l'anima oscura dell'Armatura
una volta per tutte.
{E' questa la soluzione, dunque
Oh, Seiji! Abbiamo cercato tanto,
come abbiamo fatto a non capirlo prima?}
["Ancora menti a te stesso, guerriero!"] La voce di Vampa
aumentò di volume, ma il tono rimase basso e cavernoso. Ryo si
sentì come inghiottito da una voragine. ["Anche questa soluzione
avete intravista, come la verità sulle Armature, ma avete avuto
paura di praticarla. Pensaci, Samurai: distruggendo l'anima che ci sostiene,
e dalla quale siamo nate, cosa vi resterebbe in mano? Senza dolore,
non c'è possibilità di redenzione
"]
Ryo chinò il capo, gli occhi sbarrati, le lebbra socchiuse. Le
lacrime ripresero scivolare di nuovo lungo le sue guance e caddero ai
suoi piedi. Ogni goccia precipitava al suolo con un tonfo piatto e pesante.
{Possibile? A tal punto siamo stati vinti dalle nostre paure? Kaosu
davvero io ho sbagliato tutto?}
Quell'ultimo pensiero aprì una breccia nelle difese di Ryo. L'anima
di Vampa comprese che nel sentimento di sfiducia in se stesso che il
ragazzo nutriva stava la chiave per giungere a possederlo.
["Mi appartieni, guerriero: le tue scelte ti hanno condotto a me."]
Per Ryo fu troppo: le parole che Vampa aveva appena pronunciato erano
quelle che aveva sempre temuto di sentirsi rinfacciare, erano l'accusa
che temeva da sempre. Allora un dolore atroce, il più rovente
e intollerabile che avesse mai provato, lo avvolse e consumò
le sue carni e la sua mente. Il ragazzo perse se stesso all'interno
di Vampa, ma la sua sofferenza non era ancora finita. L'Armatura voleva
la sua completa sottomissione e sapeva che avrebbe potuto ottenerla
solo recidendo l'ultimo legame che ancora tratteneva il guerriero privo
di identità alla sua umanità.
["Ora vedi che non ti ho mai mentito"], disse dolcemente l'Armatura.
["La tua volontà non ha potuto respingermi, né la
memoria degli amici ti ha soccorso."]
Le immagini di Touma, Seiji, Shin e Shu affollarono la mente del guerriero.
L'anima oscura di Vampa individuò in esse il nucleo della resistenza
che il ragazzo opponeva ancora. Sondando quel legame, lo trovò
forte al punto che comprese che non avrebbe potuto distruggerlo distorcendo
i sentimenti che legavano il giovane agli altri cavalieri. Per abbattere
del tutto Ryo Sanada e fare di lui il portatore per eccellenza, da rivestire
con la sua essenza fisica e utilizzare per assecondare se stessa, doveva
far sì che fosse lui stesso a distruggere quel legame. Sfruttando
i rimorsi e la scarsa autostima del ragazzo, avrebbe ottenuto lo scopo.
Cancellò una ad una quelle immagini e le sostituì con
quelle di altrettanti guerrieri: ciascuno degli amici di Ryo Sanada
ora indossava la sua armatura.
{Aiutatemi! Ragazzi, aiutatemi!}
["Fermo così, Ryo, da bravo"], disse Shu, avanzando
verso di lui con la sua naginata stretta in pugno. ["E' dall'estate
scorsa che sogno di fare questo"], e così dicendo gli assestò
un colpo con tutta la sua forza sulla spalla destra.
Ryo urlò più per la sorpresa, che per il dolore.
["Sei un incapace! E' colpa tua se abbiamo prestato il fianco indifeso
a Suzunagi!"]
["Shu ha ragione"], disse Shin in lacrime e il suo pianto
spezzò il cuore del ragazzo, che se ne sentiva responsabile.
["Io non volevo più combattere, Ryo! Perché devo
portare ancora un'armatura?... E' colpa tua: non dovevi indossare l'Imperatore
Splendente e scontrarti con l'Imperatore Splendente Nero!"]
Shin lo trafisse con la sua yari.
["Ho sempre saputo che avrei dovuto prendere il tuo posto come
guida dei Samurai Troopers"], disse Seiji con sguardo freddo e
letale. ["Tu sei troppo stupido
"]
Quelle parole ferirono il ragazzo più dei colpi d'arma. Ma dai
recessi della sua mente emersero altre parole. ** "Lotterò
per restare vostro amico"
"Voglio riuscire a credere
nei nostri cuori e mi sforzerò di avere un cuore in cui voi possiate
credere"
"Non c'è nulla di male, se combatto.
La mia scelta è stata corretta, non ho commesso sbagli di cui
debba pentirmi"
"La scelta migliore è di credere
in noi stessi e nei nostri cuori"
"Le armature nascondono
un problema difficile da risolvere"
"Ho visto il segno
che guida a combattere, per cui la storia si ripeterà."
**
** "Resta sempre nella luce, Ryo
Resta sempre nella luce
"
**
L'aria si riempì all'improvviso di ruggiti assordanti. Nel buio
di quel santuario degli orrori irruppe una possente figura bianca e
lucente, un animale enorme, che si scagliò contro l'Armatura
e addentò una delle lame che ne ornavano l'elmo, strappandoglielo
dalla testa. Il guerriero ritrovò i suoi ricordi.
"Io
NO! NNNOOOOHH! La storia non si ripeterà! La soluzione
esiste, c'è, io l'ho trovata!"
Il ragazzo si ribellò all'interno dell'Armatura. La tigre dal
mantello bianco e accecante ruggì di trionfo. Dal corpo del guerriero
si sprigionò un calore ancora più intenso, più
forte, il ragazzo era invincibile. Vampa cedette e scomparve.
"Io sono Ryo Sanada!", cominciò ad urlare il giovane
con quanto fiato aveva in corpo. "Io sono il Cavaliere della Vampa,
colui che indossa l'Armatura. Non sono il suo portatore, io sono il
suo possessore!"
Il tempio si dissolse, l'urna scomparve. Sulla sua testa comparve un
cielo scuro e stellato, con la luna appena sorta che faceva timidamente
capolino da sopra le cime degli alberi del bosco. Ryo cadde in ginocchio,
sollevando spruzzi d'acqua intorno al suo corpo scosso da tremiti. Era
tornato alla realtà, ma qualcosa della visione persisteva ancora.
Ryo sentiva che anche se il pericolo era diminuito, tuttavia era ancora
presente. Aprì gli occhi, combattendo il desiderio di tenerli
chiusi per sempre, e nell'acqua che stava ritornando calma vide un'immagine
che, lo sapeva, era il destino che lo attendeva se non fosse riuscito
a mettere subito in pratica la soluzione che aveva trovato per risolvere
il problema delle armature. Con la mente in febbrile agitazione, Ryo
si alzò dall'acqua e voltò le spalle al lago, ma fece
in tempo ad allontanarsi dalla sponda di tre o quattro passi, poi crollò
al suolo. Era svenuto ancora prima di toccare terra. Byakuen riuscì
a sostenerlo e ad adagiarlo delicatamente, evitandogli di farsi male.
5.
"Touma, non erano i ruggiti di Byakuen quelli?", chiese Nasty,
sollevando il viso dallo schermo del computer.
Touma posò il libro di scienze e si alzò dalla sedia per
andare ad affacciarsi al balcone. Sì, erano i ruggiti di Byakuen.
"Deve essere tornato Ryo", disse con poca convinzione. Si
sentiva strano. "Gli vado incontro."
"Vengo con te."
"Non ce n'è motivo", cominciò a dire il ragazzo.
Nasty lo interruppe con durezza. "Piantala, Touma. Vedo bene che
vi sta succedendo qualcosa e che entrambi volete tenermene all'oscuro."
Si alzò dalla sedia, con un'espressione più decisa che
mai sul viso incollerito. "Ma visto che in un modo o nell'altro
finisco per esserne sempre coinvolta, da questo momento decido di entrare
in questa storia con le mie gambe!... Avanti, muoviti o ti lascio qui!"
Touma sorrise suo malgrado. Come darle torto? Si era guadagnata il diritto
di far parte del loro gruppo e non era giusto (né saggio) escluderla
da quanto stava accadendo, per quanto nebulosi fossero gli eventi. Il
ragazzo la raggiunse prima che lei lasciasse la stanza, la sollevò
in braccio, ignorando le sue proteste, e la portò con sé
in balcone.
"Se passiamo da qui facciamo prima", le disse strizzandole
un occhio.
Nasty gli strinse le braccia introno al collo, con un sorriso. "Bene.
Decollo, allora!"
Touma saltò nel vuoto, lanciandosi in avanti. Atterrò
a parecchi metri di distanza dalla casa quindi, sempre con Nasty in
braccio, cominciò a correre in direzione del lago.
6.
Ryo riprese i sensi in pochi secondi. Byakuen gli leccava il viso e
lo chiamava con un pianto sincopato e straziante.
["Svegliati, svegliati, piccolo!"]
"Ss-sono sv-sveglio. Ci sono", disse il ragazzo debolmente.
Byakuen gli offrì il collo, affinché lui potesse aggrapparcisi,
e Ryo dopo molta pena riuscì ad alzarsi in piedi. Si sentiva
debole e bagnato come un gattino annaffiato. Lo zaino che portava sulla
spalla destra era pesante come un macigno e rendeva il suo equilibrio
instabile. Byakeun cercò di caricarselo in groppa.
"N-nnn-no, ti prego
Mi viene da rim-rimettere", protestò
Ryo con un filo di voce.
La tigre, allora, prese posizione accanto al suo fianco destro e così,
sorreggendolo, lo guidò a piccoli passi in direzione della grande
casa. Avevano appena risalito la sponda che si videro venire incontro,
a tutta velocità, il Cavaliere dell'Etere, che trasportava Nasty
a braccia.
"Ryo! Byakuen!", gridarono entrambi nello stesso momento.
Touma depose Nasty a terra, con delicatezza ma in tutta fretta, e corse
dall'amico, che pencolava come un ubriaco.
"Ryo, eih Ryo", lo chiamò.
Gli cinse le spalle con un braccio e con la mano libera sollevò
il mento del ragazzo. Ryo lo fissò a lungo, stralunato.
"Ryo, mi riconosci?"
Nasty, che li aveva raggiunti e si era messa anche lei al fianco del
ragazzo, gli accarezzò una guancia, lo guardò ben bene
negli occhi e poi gli prese un polso.
"E' sotto shock, Touma", disse con sicurezza, dopo aver misurato
la frequenza cardiaca di Ryo.
Portarono il ragazzo a casa tra mille difficoltà perché
ogni spostamento brusco e ogni movimento accelerato gli provocavano
conati di vomito e perdite di coscienza che duravano una manciata di
secondi, ma dalle quali Ryo si riprendeva ogni volta più confuso
che mai. Nasty decise che per quella notte avrebbero dormito tutti in
soggiorno e mentre Touma faceva sedere Ryo in una delle poltrone, lei
andò al piano di sopra e si riempì le braccia di tutti
i plaid, i piumini e i cuscini che riuscì a trasportare. Con
buona parte di quelli preparò sul divano un nido caldo e confortevole
per Ryo, il resto lo destinò per sé e per Touma. Poi,
mentre il ragazzo spogliava Ryo dei suoi abiti bagnati, lei andò
in cucina a preparare tre thermos di cioccolata calda. Quando tornò
in soggiorno portando un gran vassoio con le bevande, Ryo era già
sdraiato sul divano e Touma stava parlandogli, cercando di farlo tornare
in sé. Anche se ancora stordito, il giovane cominciava ad essere
più presente.
"Ryo
Ryo, metti a fuoco, fratellino, guardami
mi riconosci?",
diceva Touma.
"T-ttt
"
"Avanti Ryo", disse Nasty, ma il suo intervento ebbe il solo
effetto di distrarre il ragazzo.
"Nasty, ti prego, lascia fare a me. Se ci mettiamo in due lo confondiamo
di più", disse Touma.
Riconoscendo la verità delle sue parole, Nasty si fece da parte
e riempì di cioccolata la tazza rossa di Ryo, quella su cui lui
aveva disegnato con un pennarello nero indelebile il kanji del suo nome
e una sua caricatura super-deformed con la faccina sorridente. Nel vedere
il buffo disegnino, la mano della ragazza ebbe un tremito.
"Ryo, dai amico, sono io, non mi riconosci? Di' il mio nome, Ryo."
"Tou
sei Touma."
"Alleluia!"
Nasty passò un braccio intorno al collo di Ryo e si appoggiò
la sua testa alla spalla. "Bevi un po' di questa, ti aiuterà."
Ryo la guardò con occhi appannati dal sonno. "Sorellina
",
sospirò.
Nasty gli sorrise con fare incoraggiante e riuscì a fargli mandare
giù qualche sorso di cioccolata. Le guance pallide del ragazzo
ripresero un poco di colore, ma lui non riuscì a stare sveglio
oltre e si addormentò. Nasty e Touma lo vegliarono a turno, più
spesso insieme: nessuno dei due riusciva a chiudere occhio per più
di un'ora. Ma se i due umani ogni tanto dormivano, Byakuen non distoglieva
mai gli occhi vigili da Ryo. Durante la terribile visione che il suo
protetto aveva avuto, lui era riuscito ad oltrepassare la barriera di
fuoco che la confusione aveva eretto intorno ai suoi pensieri e a percepirli:
così aveva scoperto che il giovane Ryo aveva capito cosa fare
per eliminare l'anima oscura delle Armature. Ciò che lui aveva
in serbo per i Samurai sarebbe stato loro di grande aiuto, ma sapeva
bene che i cinque ragazzini avrebbero avuto bisogno di tanto coraggio
e di moltissima fede, per riuscire in quella impresa. La tigre sapeva
altrettanto bene che solo nella reciproca unità e fiducia assoluta
potevano trovare l'unico appiglio sicuro a cui aggrapparsi nella tempesta
che stava per travolgerli e, con sua grande pena, Byakuen dovette riconoscere
che proprio il suo Ryo in quel momento era l'anello debole della catena.
La tigre spostò per un istante lo sguardo sul Cavaliere di Tenku,
che dormiva acciambellato su una delle poltrone. Poteva contare su Touma:
era sicuro che lui avrebbe tentato qualcosa per riuscire a riportare
Ryo tra i Samurai.
7.
La porta della casa di Nasty si aprì e nell'atmosfera nebbiosa
e incerta dell'alba appena sorta una figura uscì silenziosa e
si diresse verso il bosco camminando lentamente, con al fianco la grande
tigre bianca. Ryo si era svegliato con la luna di traverso, quella mattina:
si sentiva ancora debole e disorientato, ma anche molto molto arrabbiato.
Infatti, si muoveva in modo piuttosto rigido, con i pugni stretti e
la mascella serrata.
Nasty e Touma dormivano ancora quando lui era uscito. Li aveva contemplati
per qualche minuto, sentendosi terribilmente in colpa per ciò
che stava facendo passare loro, poi aveva scritto in fretta e furia
un bigliettino (che aveva lasciato in mano a Tou) ed era uscito per
fare una passeggiata. Doveva calmare a tutti i costi i suoi nervi scossi
e recuperare quel tanto di lucidità necessaria per convocare
tutti i Samurai e comunicare loro che una nuova disgrazia stava per
colpirli tutti quanti
ancora una volta per causa sua, pensò
disgustato.
Camminò a lungo e intanto pensava. Più passava il tempo
a rimuginarci su, più gli sembrava verosimile l'ipotesi che appena
un paio di mesi prima Shu aveva liquidato definendola un'idiozia. Veggenza.
Lui non era nuovo ad exploit da sensitivo, ma fino a quel momento si
era limitato a piccolezze (tanto per dire): sogni premonitori (quasi
sempre di disgrazie), voci e suoni, tocchi, sensazioni. Tutto sempre
molto vago. L'avventura della sera prima segnava il superamento di un
limite che, se gli fosse stata data scelta, avrebbe preferito mantenere
inarrivabile. Ma nessuna scelta veniva mai concessa né a lui
né agli altri Samurai.
{Un autentico veggente
}
Ryo sospirò pesantemente e fece dietrofront all'improvviso per
tornare a casa. Il sole era già alto nel cielo, Nasty e Touma
erano certamente in pensiero per lui.
{Come faccio a dirglielo senza spaventarli? Questa cosa terrorizza me,
figuriamoci loro. E gli altri, come la prenderanno? Forse penseranno
che sono impazzito di botto. Oppure mi prenderanno sul serio
e
cominceranno ad odiarmi. Ne hanno già abbastanza di me adesso
}
"Ho paura, Byakuen! Come posso parlare? Finirò per distruggere
ogni loro speranza!"
La tigre gli si avvicinò e gli strofinò il capo su una
gamba.
["Abbi fiducia in loro, piccolo. Credi in te stesso."]
Ryo si calò su un ginocchio, abbracciò l'amico e gli prese
il capo tra le mani, guardandolo intensamente. "Crederò
in loro, come ho sempre fatto
Ma, Byakuen
è così
dura credere in me stesso. Ho paura che le mie prossime decisioni ci
condurranno tutti alla rovina
"
["Io ti seguirò comunque."]
Ryo sorrise. "Lo so."
La tigre avrebbe voluto aggiungere che era convinto che non sarebbe
stato il solo, ma ritenne fosse meglio che Ryo avesse tale conferma
dagli amici: questo soltanto avrebbe potuto dargli la forza che da solo
non riusciva a trovare.
8.
"Eih, Ryo! Sveglia svegliuccia!"
Una mano gli sventolò davanti al viso e Ryo sbatté gli
occhi.
"Che c'è?", chiese. Afferrò il cartone di latte
e annegò i cornflakes che si era già versato nella tazza.
Ne prese una bella cucchiaiata e la infilò in bocca, dopodiché
voltò su Touma uno sguardo innocente, confezionato ad arte.
Ma Touma non ci cascò. "Che cosa ti preoccupa?"
"Niente."
Erano quasi le nove, ormai, e lui, Touma e Nasty erano riuniti in cucina
per la colazione. Quando era rincasato, Ryo aveva trovato gli amici
svegli e intenti alle operazioni mattutine. Nasty aveva appena finito
di vestirsi e stava preparando le frittelle. Touma era in bagno. Entrambi
lo avevano accolto con una fugace occhiata e un sorriso. Ryo non trovò
alcuna forzatura nei loro volti e nelle loro parole. Non ricevette nemmeno
alcun rimprovero per essersi allontanato senza dire nulla. Un po' più
sereno, si era seduto accanto ai due: non gli andava di mangiare, ma
sentiva di doverlo ad entrambi e soprattutto a Nasty.
Il ragazzo si dedicò con concentrazione alla sua colazione, masticando
velocemente un cucchiaio dopo l'altro.
"Sembra quasi che quei cereali ti abbiano fatto uno sgarbo personale",
disse Nasty.
"Ma no. Sono solo affamato, dopo la passeggiata che ho fatto",
mentì.
"Vedo", disse Touma con voce tesa.
Ryo comprese che l'amico stava esaurendo la pazienza ma non poteva farci
niente. Prima di confessare il suo segreto voleva riuscire a superare
la paura, altrimenti non sarebbe mai riuscito a rassicurare gli altri.
Poiché teneva gli occhi fissi sulla colazione, il giovane non
si accorse del rapido sguardo che corse tra Touma e Nasty.
Durante la sua assenza, quei due avevano discusso fittamente sulle cause
che avrebbero potuto prostrarlo al punto da procurargli uno shock così
violento come quello della sera prima. L'esperienza che entrambi avevano
del valore di Ryo come persona e come guerriero li aveva portati quasi
subito ad escludere che ciò che l'amico nascondeva loro fossero
gli attacchi ripetuti di un demone o le sue minacce. All'inizio, tuttavia,
questa era stata la prima proposta di Nasty.
"No, è escluso", aveva risposto Touma assolutamente
convinto. "Prima di tutto se si fosse trattato di un demone, per
quanto forte e terribile, Ryo lo avrebbe combattuto e piuttosto che
lasciarsene terrorizzare si sarebbe fatto fare a pezzetti, lo sappiamo
benissimo tutti e due. Secondo, non sarebbe mai tanto stupido da nasconderci
una cosa simile. Sa bene che non potrebbe affrontarla da solo: rischierebbe
troppo nel caso in cui, per disgrazia, non dovesse riuscire a tenerla
sotto controllo."
"Bene, dunque nessuno lo minaccia di attentare alle nostre vite.
Ma allora?"
A questo, Touma aveva risposto con un lungo silenzio. Seduto al tavolo
in sala da pranzo, aveva cominciato a farsi ruotare la tazza con il
caffè tra le mani e a seguirne con gli occhi il movimento, quasi
che quella operazione avesse assorbito tutta la sua attenzione. Vedendolo
così occupato a meditare, Nasty non lo aveva interrotto. Anzi:
incrociate le dita sotto il mento, si era disposta ad osservarlo traendone,
come sempre, un grande piacere.
"Sai, ho riflettuto molto. Sono sconcertato, lo ammetto, ma credo
di avere
non so, non dico di avere capito tutto, ma ho una teoria,
che mi sembra piuttosto valida. Ecco, viste le condizioni in cui lo
abbiamo trovato", riattaccò Touma dopo una pausa di incertezza,
"posso supporre che abbia subito un'emozione particolarmente violenta.
Conosco Ryo molto bene, probabilmente sono l'unico a sapere qualcosa
in più di lui, di ciò che pensa, di ciò che prova
del suo passato. Io so che due sole cose, al mondo, possono piegarlo
e forse persino spezzarlo: la solitudine - o, meglio: la sua paura della
solitudine - e
la paura che ha del suo 'dono speciale'."
"Del suo cosa?", volle sapere Nasty.
Touma alzò gli occhi sul suo viso, ma il suo sguardo era proiettato
ben oltre: al passato.
"Non so se ti ricordi
Durante la prima stagione della nostra
lotta contro Arago ci fu un momento in cui i demoni riuscirono a dividerci
per la seconda volta."
Nasty annuì. "Sì, mi ricordo."
"Beh, poco prima che questo accadesse ho avuto modo di scoprire
un piccolo segreto di Ryo. Una notte - dormivamo nella sala d'aspetto
di una fermata della metropolitana - fui svegliato dai suoi lamenti.
Poiché eravamo vicini, fui l'unico ad udirli: Shu russava troppo
forte perché qualcun altro se ne accorgesse."
Questo particolare indusse entrambi i giovani ad un breve sorriso.
"Comunque, ad un certo punto Ryo si svegliò di soprassalto
e scappò fuori, all'aperto. Preoccupato che mostrandosi così
isolato potesse cadere vittima di qualche attacco, dopo un po' lo raggiunsi
con l'intento di riportarlo sotto. Lo trovai che se ne stava appollaiato
sulla tettoia della fermata. Quando gli giunsi abbastanza vicino, mi
accorsi che tremava. E, cosa ancora più allarmante, lui si accorse
di me solo quando la mia ombra coprì la sua. Mi sedetti al suo
fianco e cominciai ad interrogarlo." Touma sorrise con amarezza.
"A quel tempo, benché già nutrisse un forte attaccamento
per noi, era più facile estorcergli una confessione. Adesso,
invece, s'è fatto un po' più furbo. E poi, non soffriva
ancora della 'sindrome dell'agnellino sacrificale'."
"Che significa?"
"La paternità di questa arguta quanto terribile definizione
è di Shu. L'ha tirata fuori in quella settimana in cui Ryo rimase
addormentato, subito dopo aver sconfitto Arago per la prima volta. Un
pomeriggio, stavamo io e lui a contemplarlo per assicurarci che il suo
sonno non fosse turbato in alcun modo
"
"Allora anche Shu conosce questo segreto di Ryo?", lo interruppe
Nasty.
"Non so se lui gliene abbia mai parlato apertamente, come fece
con me quella notte di cui ti stavo parlando, ma credo che, come gli
altri, Shu abbia intuito qualcosa vedendolo combattere. Forse, ad un
livello più profondo, l'hai notato anche tu. Comunque, ritornando
un attimo a Shu: tutt'a un tratto perse la pazienza, così, di
punto in bianco, ed esclamò: "Se continua a comportarsi
come un agnellino votato al sacrificio, finirà per farsi ammazzare
per tutti noi e non mi va!". Da allora, tra noi è rimasta
la consuetudine di definire 'sindrome dell'agnellino sacrificale' quei
comportamenti che spingono Ryo a rischiare da solo."
"Capisco. E quella famosa notte, cosa successe?"
Touma si buttò all'indietro sulla sedia, le mani abbandonate
sul tavolo. "Mi disse che molto presto saremmo caduti vittima di
un inganno, che saremmo stati divisi e che avremmo perduto uno di noi.
Puoi immaginare quanto quelle parole mi sorpresero, anche per la decisione
con cui le pronunciò. Gli chiesi come faceva a saperlo. "Perché
l'ho sognato", mi rispose. Riuscii a trattenermi dal ridere solo
per un pelo. Naturalmente, cercai di ridimensionare la sua paura e di
riportarlo alla ragione. Non potevo accettare una cosa simile così,
sui due piedi." Touma ridacchiò. "Quella fu la primissima
volta che Little Fire si arrabbiò con me. Sta di fatto che gli
eventi successivi gli diedero ragione, almeno in parte. Perché
è vero che perdemmo Shu, ma non nel senso che aveva inteso lui
interpretando il suo sogno. A parte queste piccolezze, da allora ci
sono stati altri eventi simili che mi hanno convinto dell'autenticità
del suo 'dono' e nel frattempo Ryo ha imparato a decifrare con maggiore
precisione i suoi sogni. Poi, una volta - mi vengono ancora i brividi
se ci penso - una volta lo sorpresi che fissava con insistenza un punto
davanti a sé. Gli chiesi che cosa stesse osservando e lui, a
bassa voce, disse: "Mia madre". E' così, lui dice di
vederla di tanto in tanto. E ti dico una cosa: io gli credo. Ryo non
scherzerebbe mai su una cosa simile, la memoria di sua madre è
sacra, per lui."
Nasty rimase in silenzio per una manciata di secondi, per assimilare
quanto aveva detto Touma.
"Vuoi dire che Ryo è un medium? E' questo che vorresti farmi
credere?"
"Non un medium, Nasty", replicò Touma con il tono di
chi contesta una cosa del tutto ridicola. "Ryo non è capace
di stabilire alcun contatto con i defunti. E' un sensitivo, e anche
piuttosto potente. Ora però qualcosa è cambiato: non so
cosa, ma io credo che possa riguardare proprio questo suo 'dono'...
anche se è davvero ridicolo chiamare così qualcosa che
lo fa soffrire tanto."
Per dissipare l'incredulità che ancora tendeva i lineamenti dell'amica
Touma le raccontò di quando, appena giunti nel Regno del Male
per liberare gli altri Samurai prigionieri, Ryo aveva udito l'invocazione
di Seiji, quel "Ti prego, Ryo, non farti catturare o per noi sarà
la fine!" che lo stesso Seiji aveva confermato di aver detto.
Nasty scosse la testa, per la prima volta davvero arrabbiata. "Ma
perché non l'ha mai detto anche a noi?"
Touma le rivolse uno sguardo triste. "Per qualcosa che gli disse
suo padre, ma per favore
", disse il ragazzo alzando le mani
per prevenire la domanda di Nasty, "per favore non chiedermi di
parlartene. E' una cosa che riguarda Ryo, lo farà lui se e quando
vorrà." Le prese una mano. "Non farti vedere in collera
con lui, d'accordo? Ne soffrirebbe e metteresti nei guai me."
Nasty sospirò. "Vorrei solo poter fare qualcosa per lui."
"Lo faremo."
Ora, mentre osservavano Ryo che si strafogava con i cereali, Nasty e
Touma decisero di passare alle maniere forti e di cavare la verità
dalla bocca di quella testa di coccio.
"Scommetto che indovino che cosa ti è successo ieri sera",
esordì Touma in tono colloquiale.
"Non credo proprio", ribatté Ryo, facendo orecchie
da mercante. Tuttavia arrossì.
"Davvero? Ecco la mia ricostruzione dei fatti, allora", proseguì
Touma, implacabile.
"Spara pure, Sherlock", rispose Ryo con la bocca piena, beccandosi
un'occhiata bieca da Nasty. "Ti ascolto", aggiunse, questa
volta dopo aver deglutito.
Touma sorrise: un sorrisino netto e alquanto perfido che a Ryo ricordò
quelli di Seiji, quando Bright Boy si preparava a dargli una di quelle
che chiamava 'lezioni di stile'. Vagamente in allarme, si preparò
ad ascoltare l'amico.
"Prima di tutto, un rimprovero", disse Touma con voce severa
e Ryo fece una smorfia. "Non scherzo, Ryo. Tu ti sei sempre offerto
come spalla per tutti noi, ma non ci hai mai permesso di fare altrettanto
per te. Se davvero tieni alla nostra amicizia, allora permettici di
ricambiare la tua!"
Gli occhi di Ryo si spalancarono di scatto. Un lampo di comprensione
li illuminò, subito sostituito da un'espressione di confuso dolore.
"Non devono esistere sensi unici, tra noi", disse Touma, più
dolcemente. Guardò Nasty, includendola in quel 'noi', e Ryo chiuse
gli occhi.
"Capisco", mormorò mortificato. "Scusami, Nasty.
Non mi ero reso conto di averti tenuta a distanza. Non l'ho fatto per
cattiveria, credimi."
Nasty gli si avvicinò da dietro e gli passò le braccia
intorno al collo, appoggiando una guancia alla sua. "Lo so, e ti
perdono", disse e per provargli che era vero gli diede un bacio.
"Adesso, però, dimostralo coi fatti oltre che a parole",
gli sussurrò poi con gentilezza ad un orecchio.
Le labbra di Ryo tremarono e il ragazzo cominciò a mordersele.
Touma imprecò mentalmente, ma la sua risoluzione non vacillò.
Si sporse in avanti, con le mani intrecciate sul piano del tavolo. Sembrava
un medico costretto a dare una pessima notizia ad un paziente.
"Ieri sera tu hai visto qualcosa, vero? E non mi riferisco alle
tue solite visioni. Se ti sei sentito così male è perché
quel qualcosa ti ha sopraffatto. Deve essere stato un qualcosa del tutto
inatteso, perché nulla di ciò che ti è familiare
può averti colpito così profondamente. E' così?
Rispondi, Ryo!"
"Sss-sì
"
"Ti ha terrorizzato."
"Sì."
"E non avevi intenzione di condividere con noi questa tua paura.
Perché?", ruggì Touma.
Ryo cominciò a tremare irrefrenabilmente. "Tu
tu sei
l'unico che ancora abbia voglia di avere a che fare con me
con
i Samurai Troopers!", si corresse in fretta.
"Questo non è vero, credimi", disse Touma.
"Ma Shin, Seiji
persino Shu
loro non mi rispondono
più o se lo fanno sono così sbrigativi! Capisco perché
sentano il bisogno di staccare la spina dalla nostra reciproca compagnia.
E visto che le cose stanno così io
io
Con che coraggio
potrei dirvi: "Eih, ragazzi! La volete sapere l'ultima novità?
Io ho
"
"Tu hai?", lo incoraggiò Nasty.
Le spalle di Ryo crollarono verso il basso.
{Si è arreso}, pensò Touma.
"Ho avuto una visione, un'autentica visione. Ho visto Vampa emergere
dallo scrigno in cui è rinchiusa e snudare le Spade del Fuoco,
pronta a combattere. E io
io ero dentro l'armatura, ma non la
indossavo. Voglio dire
era come se io fossi
un fantoccio
privo di volontà. Vampa si serviva di me, si nutriva di me ed
io la assecondavo", sussurrò Ryo in modo confuso. "Emanava
un odio bestiale ed era diretto contro di me e contro il mondo intero...
e contro voi
Vi farò del male, Touma." Il ragazzo
prese fiato. "L'ho visto!"
Nasty spezzò il silenzio incredulo che era sceso. "Ma non
potrebbe essere stata un'allucinazione?", disse.
"Ti sembro il tipo?", chiese Ryo con una certa asprezza.
"Pensi che si tratti di veggenza?", chiese Touma. Quando Ryo
annuì, disse: "Come fai ad esserne così sicuro?"
Ryo rimase a lungo in silenzio. Touma stava preparandosi a riformulare
la domanda, quando l'amico improvvisamente sospirò e, occhi fissi
al tavolo, disse con sicurezza: "Tou
tu hai già comprato
il regalo per il mio compleanno."
Touma sbiancò.
"Lo hai comprato!?", disse Nasty.
Ryo si prese la testa tra le mani, tenendo sempre gli occhi bassi. "E'
la maglia numero dieci del Kaneshiro Football Club, vero?, quella di
Riuji Takayama."
Touma si alzò di scatto dalla sedia e indietreggiò dal
tavolo. Il legno, sfregando contro le piastrelle del pavimento, produsse
un lungo gemito stridulo.
"Tou-Touma?", balbettò Nasty, bianca come ricotta.
"Come fai a saperlo?", disse il giovane, con un filo di voce.
Ryo si appoggiò allo schienale della sedia e alzò sull'amico
due occhi asciutti e curiosamente sereni. L'iride azzurra sembrava una
evanescente luna piena che navigava nel candore del bulbo oculare. Una
luna fantasma.
"La indossavo
la INDOSSERO' quando Vampa mi costringerà
a servirla. Vedi Touma: nei mesi a venire io perderò la ragione,
un pezzetto alla volta, ci penserà l'anima nera di Vampa a ridurmi
ai minimi termini e a quel punto
io sarò suo. E' questo
ciò che l'Armatura vuole."
9.
{Non può essere! Oh Dio, non farci questo, siamo tutti così
provati!}
Touma si sentiva prossimo a perdere il controllo.
{Ryo
un veggente!? Un profeta di sciagure?}
La cosa che lo terrorizzava di più era l'assoluta mancanza di
espressione dell'amico. Sembrava che l'orrore gli avesse prosciugato
il cuore. Finché, guardandolo meglio, si accorse che l'impassibilità
di Ryo era la maschera che nascondeva il timer del detonatore: stava
per esplodere.
"Ryo?", lo chiamò con voce incerta.
Ryo chiuse gli occhi e gli sfuggì un aspro gemito. Le lacrime
presero a traboccare dalle sue ciglia.
"Aiutami", bisbigliò il ragazzo, tremando come un cucciolo
solo nella notte. "Aiutami, Little Star, ti prego! Non voglio che
il passato si ripeta... Nasty
Per favore, per favore! Non scappate
da me!"
Nasty si avvicinò al ragazzo lentamente. Sembrava una sonnambula.
Posò una mano sulla guancia bagnata di Ryo e quel contatto sembrò
restituirle un po' di vita. Si chinò e lo abbracciò forte.
Touma fece il giro del tavolo e si portò alla destra di Ryo,
che singhiozzava come un disperato, sepolto nell'abbraccio della ragazza.
Si chinò anche lui sull'amico.
Un alone blu scintillante si formò intorno al suo corpo, si intensificò
e si irradiò fino ad includere anche Ryo e Nasty. La pace e il
silenzio degli immensi cieli stellati avvolsero i tre, offrendo loro
il conforto che da migliaia di anni donavano ai cuori degli uomini.
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Cavolo, gente, sono preoccupata, davvero,
mi faccio impressione: non credevo di essere così perversa! Sto
infierendo su quel povero gnoccone
ragazzo
volevo dire:
sto infierendo su quel povero ragazzo, lo sto trasformando in uno psicolabile
senza alcun controllo sulle sue ghiandole lacrimali!
Sono un mostro!
. Beh
Non mi resta che andare a consolarlooooouuuuuhhhh!
(<-- ululato)
HE-HE-HE-HE-HEEEEEEEEE