Figlia delle tenebre

 

Episodio 10

 

-Questa sarebbe Sunnydale?
Mark veniva dal così detto Vecchio Mondo ed in quei cinque anni che aveva vissuto con Jane negli Stati Uniti, aveva infilato poco il naso fuori dal settecentesco monastero in Louisiana.
Tramite i vetri scuri della limousine, scrutava da una collina quella cittadina americana inondata dal sole mattutino.
-Si,mio signore. Lei dovrebbe essere qui...da qualche parte.
-Percepisco la sua presenza.- dichiarò assorto.
-Allora...- il seguace accese il motore, momentaneamente spento.
-No.- comandò Mark con fermezza. Sorrise:
-Sarà lei a venire da noi.
-Ehm...mi perdoni, mio signore, ma non ne sarei tanto sicuro se fossi in lei. Sento altri vampiri in questa città-fece un adepto accanto al guidatore.
-Sciocco.- ghignò Mark- Questa E' la Bocca dell'inferno. E' normale che ci sia un'attività infernale proficua rispetto che altrove. Non capisco di cosa bisogna preoccuparsi?
-Mio signore, non sembrano comuni vampiri.
Il volto di Mark si incupì.
-Neanch'io lo sono.- disse tagliente-E ora va'.
I seguaci non posero ulteriori domande al loro signore. Erano al corrente che il capo li avrebbe potuti uccidere senza muovere un muscolo per la loro eccessiva invadenza.
Scesero con la macchina dalla cima della collina e si addentrarono nelle strade di Sunnydale.


Richiuse a stento il portone. CLAAAANG. Il suo suono riecheggiò nell'abbazia abbandonata.
Si riassestò il cappotto e riavviò i capelli. Uff, una bufera in piena regola!
Brrr...che freddo!
Aveva la netta sensazione che quella notte non avrebbe toccato nè sangue nè cibo umano. Quel posto sembrava privo perfino di topi, anche se l'idea di mangiarli non l'allettava minimamente.
Curiosando qua e là giunse ad un ampissimo chiostro, popolato al centro da erbacce che erano agitate dallo sferzare del vento.
All'improvviso a Jane parve di oltrepassare come un campo magnetico di energia di massima intensità. Un'onda elettrica la trapassò, la sua vista fu oscurata da una moltitudine di stelline,e svenne.
Il pavimento su cui si trovava era gelido, e aprendo gli occhi si accorse che era levigato e perfetto, non costellato di crepe tipo quello del chiostro .
Ma dove...?
Eresse il busto di lato, lasciando le gambe stese a terra.
Il chiostro esisteva ancora, solo che era curato e illuminato da torce. Nel giardino germogliavano diverse varietà di piante,fiori e erbe. Esaminò la chiesa che affiancava l'abbazia: era intatta,però mancava la croce.
Aggrottò la fonte. Strano...
Inavvertitamente un gruppo di persone che avevano l'aspetto da monaci, nonostante il colore rosso sgargiante delle loro vesti, l'accerchiarono.
Jane si alzò di scatto, pronta a combattere. Non ci voleva molto per capire che non erano ben intenzionati.
I presunti religiosi brandivano dei bastoni dorati incisi con una scrittura cuneiforme,simile al sumero, che roteavano, facendogli acquistare di secondo in secondo velocità.
Jane sgomenta, però non intimorita, iniziò a sferrare calci e a cercare di disarmarli…Invano. Erano protetti da quella specie di armi, che tenevano salde tra le mani.
Uno di loro scaraventò con un colpo la ragazzina al suolo. Lei stava per balzare sul colpevole inferocita…si bloccò. Sbattè le palpebre.
Adesso i monaci avevano puntato i bastoni verso il pavimento e salmodiavano quelle che sembravano formule incomprensibili. Jane sentì che le faceva male la testa.
Cadde.
Subito dopo avvertì una forza esterna che incombeva su di lei, la controllava. Si ribellò senza risultato.
I tizi incappucciati le fecero segno di seguirli, precedendola. Jane non fu in grado di replicare. I fili del suo corpo erano stati affidati a un’oscura volontà superiore.

Fu condotta in una stanza di media grandezza con un mobilio semplice. Tuttavia non potè fare a meno di notare oggetti particolari. Un globo dove si poteva osservare l’attività delle stelle nell’universo,un coltello rituale con manico d’avorio, e alcuni cristalli cerulei e rosa pallido posti sulla scrivania. Con le mani appoggiate su di essa e il corpo tirato indietro su una poltrona nera stava un uomo magro ,capelli argentei raccolti in una piccola coda di cavallo, fronte ampia,occhi acquosi,naso dritto,bocca sottile con ai lati delle rughe.
La studiava divertito da capo a piedi.
-Dunque?- chiese rivolto a uno dei monaci, sollevando un sopracciglio.
A Jane parve che già conoscesse quello che era accaduto,ma lo domandasse per pura formalità. Che perdita di tempo!, commentò la ragazza mentalmente, lanciando un’occhiata spazientita a quello che lei riteneva solamente un vecchio.
-Mio signore,è riuscita a varcare la barriera e…
-Non sapete in quale modo?- fece lui intuitivo.
-Esattamente. Siamo sbigottiti. Prima di questa ragazzetta NESSUNO era stato capace di farlo,se noi non lo VOLEVAMO.- riferì turbato- E, inoltre, questa qui non odora completamente di umano.- concluse.
Jane si voltò verso colui che aveva appena parlato. Socchiuse gli occhi per tentare di penetrare il buio in cui lo celava il cappuccio e la luce fioca che c’era in quel punto della stanza. Odora…? Si supponeva che fosse un essere umano, era impossibile che avesse un olfatto talmente sviluppato!
Tornò a guardare con maggior sospetto l’uomo che stava seduto alla scrivania e sembrava essere il capo. Indossava una veste grigio chiaro, tipo quella che usavano portare i preti, e dal collo gli pendeva un opale bianco,mentre, invece, aveva visto che gli altri avevano una spoglia croce rovesciata di legno oppure ank e croci celtiche.
In che diamine di luogo era capitata?
Assaporò l’aria che si respirava intorno: era anomala. Era imbevuta di un’atmosfera magica.
-Te ne sei accorta?- la interrogò l’uomo, che non doveva essere poi così vecchio, forse era sulla cinquantina…
Che…? Doveva possedere la Vista o qualcosa del genere per aver “indovinato” i suoi pensieri.
Lui annuì tra sé. Si staccò dalla poltrona , si diresse verso Jane e le sorrise.
-Sono Galahad, piacere, semivampiro.- le strinse la mano amichevole.
Jane spalancò gli occhi, incredula e in pieno stato di shock.
Davvero: ma DOVE diavolo era capitata?

Gli strappò la catenella con la pietra.
Jane lo raggiunse e osservò critica la sagoma inanimata del malcapitato che era riversa sull’asfalto.
La semivampira si mise le mani sui fianchi, contrariata.
-Maaark…- chiamò lamentosa- Galahad aveva detto “prendete la pietra” e NON “prendete la pietra e ammazzate il povero diavolo che ne è il proprietario.”
Il vampiro rise e fece spallucce.
-Dai,Jane! Abbiamo la pietra, che importa se ho ucciso o no il suo possessore?
Lei le andò vicino.
-Uno: meglio non lasciare tracce. C’è sempre gente che non si fa i fatti suoi a questo mondo: osservatori, cacciatrici, polizia… Due: Galahad lo saprà e non ne sarà entusiasta.
Mark sbadigliò annoiato e giocherellò con la pietra.
-Ah, ma che sto a parlare a fare con uno stupido vampiro impulsivo!
Mark sghignazzò e la cinse con le braccia.
-Ok, ho afferrato il concetto,amore. Comunque dovresti ridere di più- le baciò delicatamente la testa- e vivere la vita con filosofia…
Jane rise di cuore.
-Oh!Non conoscevo questo tuo lato filosofico e permettimi di dubitarne,dato che non fai altro che parlare di Galahad e della sua malattia, e conti i giorni che mancano a quando tirerà definitivamente le cuoia e tu avrai la possibilità di divenire la guida spirituale di questa grande setta!- gli fece considerare sarcastica.
Mark si pose platealmente la mano destra sul petto e assunse un’espressione straziata.
-Nooo, che vai farneticando?! Io sono uno dei suoi fedelissimi, non pensare assolutamente una cosa simile!
-Si, come no!- tagliò corto Jane, sferrandogli un’occhiata carica di significati.
La ragazza sbuffò e affondò il capo nel petto di Mark.
-Lo rispetto e confesso che , dopo tutti questi anni, mi ci sono affezionata .
-Devo essere geloso?
-Oh,Mark!- gli diede un leggero pizzicotto sulla guancia- Gli voglio bene come se fosse…uhm…boh?
-Un padre?
Jane si rabbuiò.
-Mhn…può darsi. Un secondo padre.
Mark si accorse che si era fatta inaspettatamente taciturna. Comprese che aveva toccato un tasto dolente.
Le accarezzò gentilmente il dorso della mano e le alzò il mento, costringendola a guardarlo dritto nei suoi occhi verdi.
-Qualunque cosa sia, dimenticala.
Jane assentì.
Si baciarono. Lui le diede la pietra e si allontanarono verso la sua Harley Davidson , che li attendeva parcheggiata ai bordi del marciapiede.

-Sei impazzito?!- Jane piombò con gli occhi spiritati nella sala che era stata nell’ultimo periodo quella delle udienze di Galahad.
Mark, indaffarato con una sfera che emanava dei bagliori verdi, si girò di botto, sorpreso per il tono di voce della sua giovane compagna.
-Shhh. Abbassa il tono, amore mio. Non vorrai farmi sfigurare tra i miei adepti?- le domandò suadente, carezzandole la guancia. Fece cenno di congedarsi a una manciata di seguaci che era presente in un angolo della sala.
Jane capì con infinita irritazione che era più interessato a quella dannata sfera che a ciò che lei aveva da dirgli. Con un gesto stizzito della mano fece esplodere quel globo verdognolo.
Mark la fissò, impressionato dalle sue maniere brusche.
-NON MI STAI ASCOLTANDO.
-Ti adoro quando fai così.- le sussurrò all’orecchio.
Jane lo scansò senza tanti complimenti. Lui soffiò e allargò le braccia in segno di resa.
-Ti ascolto.
Ci fu un attimo di silenzio.
Jane puntò un dito verso la porta da cui era entrata.
-Nel chiostro, lungo i portici c’è gente dilaniata, squartata, qualcuno addirittura con gli occhi cavati, i loro talismani spezzati,il loro puzzo è percepibile anche qui. Tutto questo si protrae da più di una settimana e tu non ti sei mosso,né hai detto “A”! Non sopporto che si massacrino in tal modo, è in pericolo la sopravvivenza…
Mark la interruppe alzando il palmo della mano.
-Basta.- concentrò il suo sguardo glaciale su di lei- Gliel’ho ordinato io.
A Jane ce ne volle un po’ per realizzare quello che le aveva comunicato in quell’istante. Somigliava a un boccone amaro che si rifiutava di andare giù.
Lo squadrò sconcertata.
-Che cosa?!I- io pensavo che si trattasse di una reazione spontanea di caos, di panico, di sofferenza, se vogliamo,per la morte del capo…
-Ti sbagliavi.- le rivelò il suo vampiro con aria indifferente.
Tastò tremante il bracciolo legnoso di uno scranno e vi si mise a sedere.
-Amore?- le si avvicinò, titubante.
- L’hai ammazzati tu. Volutamente.- esalò.
Mark la osservava, non in grado di intenderla. Appoggiò le mani sui due braccioli dello scranno, tentando di attirare l’attenzione di Jane.
-Siamo migliori di loro, amore. Per di più …magia bianca? No,non lo accetto in quanto guida suprema di questa setta.- sibilò.
-Ma loro ti hanno…
-Cosa? Eletto?- una risata di scherno- E’ vero,so essere mooolto persuasivo a volte- un inquietante lampo gli attraversò le pupille.
Si scostò da lei e si avviò verso un’immensa vetrata che decorava la sala.
-Ho fatto ciò che ogni vampiro avrebbe creduto meglio. Eliminare elementi dannosi e che non servono. Se non lavorano per me,considerali morti.
Jane si sentì gelare le ossa.
Era questo l’uomo che aveva amato e amava? Chi era quella persona gentile e premurosa che aveva conosciuto dieci anni prima? Colui che era riuscito a farsi stimare dagli anziani e dallo stesso Galahad? Ora che ci rifletteva la maggioranza dei membri umani della setta l’avevano sempre trattato con diffidenza. Non avevano fiducia nei vampiri in genere, però era lui che temevano.
Fece un debole tentativo di reagire alle sue parole, che l’avevano trafitta come le lame affilate di centinaia di spade..
-La prerogativa di questo ordine o setta, fa tu, è di praticare qualsiasi tipo di magia, bianca o nera, non fa differenza. Ti sei mai chiesto perché Galahad indossasse quella tunica grigia? Te lo dico io: era una cosa simbolica. Significava che lui ammetteva la mescolanza in ogni senso. Non gli interessava di che razza fossi, pur che rispettassi gli altri nei limiti della tua natura.
Si rizzò per dirigersi alla porta d’ingresso della sala.
-Complimenti. Sei riuscito ad abbindolare tutti,perfino me.- mormorò.
Mark irruppe di nuovo in una risata.
-Sai che ti frega ,mia cara Jane? La tua umanità. La trasudi.
Jane se lo ritrovò improvvisamente dietro alle spalle.
-E questo mi eccita enormemente.- finse di inspirare inebriato l’odore della semivampiro.
L’afferrò per la vita.
I martellanti battiti del cuore della ragazza lo mandavano in estasi.
-Non credere che io non sappia niente riguardo alla tua natura. Sono uno curioso io,amore.
Jane sudava freddo. Si girò verso il suo amante e provò paura. Paura dell’ignoto. Paura dell’autentico sconosciuto che aveva davanti.

+ + +

L’acqua della doccia scorreva sul suo corpo.
La lavava da cima a fondo, ma non poteva lavare via quell’orribile senso di sporco che captava nella sua pelle.
Aderì la guancia alle mattonelle coperte di goccioline di vapore.
Sospirò.
Cosa le doleva di più? Le ferite visibili o quelle invisibili? Non lo avrebbe potuto stabilire.
Si massaggiò sul collo la spugna impregnata di sapone alla vaniglia.
Ansimò di dolore.
Malgrado si fosse cicatrizzato, il morso le faceva male, simile a una ferita ancora aperta. Non era passato giorno da quando era giunta a Sunnydale in cui non si fosse disprezzata per quello. Si era fidata come avrebbe fatto qualsiasi essere umano…che farfugliava? Lei ERA umana. Il demone in lei? Cresceva insieme alla sua anima, contaminandola sì qualche volta,però seguiva i suoi istinti da adolescente : nel modo più tremendo, certo. Non l’aveva mai sfiorata l’idea di ribellarsi a ciò. A che scopo? La sua crescita si sarebbe arrestata tra una ventina d’anni e una parte di lei sarebbe morta per sempre. Perchè disturbarsi? I rari semivampiri che avevano cercato di fronteggiare la loro metà demoniaca, battendosi con altri succhiasangue, erano andati incontro a una misera fine.
Lei voleva vivere.
Chiuse la manopola dell’acqua calda, si strizzò i capelli e stava uscendo dalla vasca quando udì una voce allegra e la porta aprirsi di colpo.
-Di nulla, Willow. Potete fare affidamento su di me quanto vi pare. Sai,io e le finestre abbiamo una speciale affinità! Eheheh!
Scoppiò in una risata scema e d’un tratto smise. L’aveva vista.
Gli cadde la cassetta degli attrezzi e sbattè gli occhi.
Jane piegò la bocca in una smorfia ironica. Chi era quel cretino con un cappello da baseball,canottiera e pantaloni da tuta arancioni?!


-A-ah,scusa,io ero sicuro che...
Jane si avvolse con noncuranza in un asciugamano depositato lì accanto.
-La prossima volta BUSSA.- gli consigliò lei,diplomatica.
Xander era imbarazzatissimo, e la bellezza di quella ragazza lo aveva fatto rimanere di stucco. Rimuginandoci su, gli ricordava qualcuno ma non sarebbe stato capace di affermare chi con esattezza. Eppure quella precisa smorfia non gli era nuova.
Jane rise.
-Sono tre ore che stai impalato. Devo passare,non vorrei buscarmi un raffreddore.
-Oh,sì,sì...scusa.
Dawn sfrecciò simile a un fulmine verso Xander.
-Xander!Ciao!- e rivolta alla sua amica- C'è qualche problema?
-A parte aver avuto l'idea carina di entrare proprio quando ero senza veli...nessuno!- le ammiccò.
Dawn si mise una mano sulla bocca, stupita.
-Oh.- fu il suo commento,dando una rapida sbirciata a Xander che era rosso come un peperone.
-Uhm.. .io riparo questa benedetta finestra.- balbettò in un tentativo disperato di conferirsi un'aria professionale.
Dawn e Jane ridacchiarono di gusto.


Buffy quasi non andò a scontrarsi con un palo della luce per la sorpresa.
-P- puoi ripetere?!-gli occhi spalancati fino all'inverosimile.
Angel si era fermato sotto una tettoia in lamina d'acciaio,lo sguardo provato.
Buffy non attese la sua risposta.
-Jane sarebbe tua figlia?! La compagna di scuola di Dawn?! Ma l'hai avuta con i metodi tradizionali?-al momento sembrava questa la faccenda che più premeva alla cacciatrice.
Buffy,Buffy,Buffy... quando sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe finalmente cresciuta?, si interrogò Angel, allarmato.
L'ammazzavampiri non sapeva se dover ridere, piangere o , in definitiva, fargli una bella sfuriata sull'infinità di cose che lui non le aveva confidato sulla sua vita passata. Si rese conto, però, che non ne aveva il diritto. Angel per lei era ormai diventato un estraneo e non poteva forzarlo a raccontargli ogni particolare della vicenda. Sicuramente le avrebbe comunicato lo stretto indispensabile per essere in grado di far fronte alla minaccia che incombeva su Sunnydale.
Lui, come se le avesse letto nel pensiero,la smentì. Ah,giusto,l'aveva morsa... qualcosa lo doveva aver captato grazie a ciò.
-Teoricamente gli abitanti di Sunnydale non corrono alcun pericolo. E' Jane che vogliono, unicamente lei. Non sono stupidi, non gli interessa infastidire gli umani per puro divertimento. Se infieriscono su di loro, c'è sempre una ragione.
-Li ho già incontrati questi tizi?
-Poco fa.
-Ah. Pareva una pagliacciata da ballo in maschera!
Angel aggrottò la fronte, come al solito non aveva uno sviluppato senso dell'humor.
Buffy roteò gli occhi.
-Niente. Sdrammatizzavo.
Angel abbozzò un sorriso nervoso.
-Jane è... insomma,da che parte sta?
Il vampiro rise amaramente.
-Oh, Buffy, non è questione di parti,andiamo!- era piuttosto scioccato.
-Almeno devo essere al corrente di in che modo la pensa.- affermò con fermezza la donna.
-Non uccide da qualche mese, se è questo che intendi.- ribattè secco- Per non attirare eccessivamente l'attenzione,ovvio.
Buffy restava dubbiosa.
-Vuoi che si redima per soccorrerla?!- si era spazientito.
La bionda alzò gli occhi di botto,scossa dalla maniera in cui Angel le si era rivolto.
-Io...
-Te lo chiedo per favore,l'aiuti si o no?
-Perchè dovrei...
Voleva temporeggiare? Non rimaneva abbastanza tempo.
-Si tratterebbe di una mano in più, nulla di meno, francamente.- l'avvisò brutale.
Non la guardava, aveva voltato la testa e il suo corpo fremeva.
-Ok, ok ,Angel, se ti sta così a cuore.- si affrettò ad acconsentire Buffy.
-Devo farmi perdonare.- mormorò.
Buffy non colse quest'ultima frase,che prese come un borbottio indistinto.

Quentin Travers sedeva sul divano verde bottiglia della casa di Giles con le gambe accavallate. Era tranquillo e rilassato,sembrava avere un tempo illimitato a sua disposizione.
-Giles,amico mio,non ci offri un po' di tè?
-Ho soltanto caffè.- lo informò apparentemente in tono asciutto.
-Quella brodaglia gli americani la chiamano caffè?Bah.
Stava glissando alla grande sull'argomento cruciale.
-Non credo che tu ti sia sorbito un'intera traversata per discorrere sul caffè americano,o mi sbaglio?-chiese l'osservatore di Buffy con leggero sarcasmo.
-Uh,uh. Dritto al sodo,eh? E anche spavaldo,se permetti. Ti avverto: non ti ridaremo il lavoro per una seconda volta,chiaro?
Giles lo fissò,il mento sollevato, tipo volesse intimargli : provaci.
-Suvvia, Giles!Era una battuta,non potremo assolutamente licenziare un "dipendente" zelante,quale ti sei dimostrato. Mmm,mi sa che zelante non è il termine adatto. Curioso?Ficcanaso?Egoista? Comunque,complimenti! Ora abbiamo compiuto un considerevole passo avanti.
Giles stava per replicare,ma Quentin lo zittì con un gesto pacato della mano.
-Hai fatto il tuo dovere,ora dicci dov'è la ragazza.
Giles si appoggiò a uno scaffale della biblioteca,sospettoso.
-Tutto qui? Dovete davvero sapere ogni cosa per non pretendere mie ulteriori delucidazioni.
-Rupert, risparmia il veleno. Sai benissimo che ci resta poco.
-Ma...
-Ne va della salvezza della ragazza,amico mio.
L'osservatore sogghignò.
-Salvezza?La utilizzerete per i vostri scopi,ci scommetto.
Quentin si rizzò in piedi e sorrise.
-E tu scommettici.
Giles guardò attonito i suoi colleghi: avevano sfoderato delle calibro 48 e delle balestre. Un quadro pittoresco,sul serio. E macabro, pensò velocemente l'alto uomo con gli occhiali. Puntò gli occhi furenti su Quentin. L'altro non potè nascondergli un sorrisetto beffardo.
-Dovevo immaginarlo che te li saresti portati dietro quelli della squadra speciale!
Travers si infilò le mani in tasca,scuotendo il capo.
-Bè,questa volta non c'è nessun esame da superare, nessun baratto. Si tratta di prelevare con la forza e basta,no?
Giles sentì la punta affilata della freccia di una balestra che gli punzecchiava la schiena. Degludì impercettibilmente.
-Allora: cosa decidi?-domandò impaziente di sottecchi.
-Non ho altra scelta a ben vedere.
Quentin si esibì in una smorfia di compiacimento.
Giles aveva una strana luce nelle pupille.

Continua...

 

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