Episodio 4
- Euuuw.- fece Dawn guardando disgustata il suo vassoio.
Jane scrutò il suo cibo.
-Che roba è?
-Non lo so, e non sono sicura di volerlo sapere.- allontanò il
vassoio della mensa- Dopo dicono che le scuole americane hanno il più
alto tasso di morte degli studenti e lo credo bene!!! Basta vedere cosa
ci rifilano!-esclamò alterata.
Jane sorrise.
-Che mangi tu? Quel pacchetto che hai tra le mani... non mi dire che te
lo sei portato da casa?!
La ragazza con le mèsches la osservò,divertita.
-Mi dispiace deluderti: non riesco a cuocere neanche un misero uovo. L'ho
preso al fast food.- confessò tirando fuori un panino con hamburger
e insalata e delle patatine fritte dentro a un sacchettino di carta.
Dawn aveva l'acquolina in bocca.
- Mmmmh...non sarà del Doublemeat Palace,vero?- chiese dubbiosa.
- Nooo, si chiama diversamente. Non mi ricordo, adesso.
-Deve essere buonissimo.- sospirò Dawn,adorante.
-Il sapore è standard,identico a quello che cucinano negli altri
fast food.- disse indifferente. Sembrava che facesse un favore al panino,
concedendogli il privilegio di mangiarlo.
-Non mi smonti per nulla con le tue affermazioni. Ti preeego,un morsetto...-supplicò.
La ragazza glielo diede.
-Puoi tenertelo, io non ho molto appetito.
Dawn lo addentò, gustandolo lentamente, estasiata.
-Ti commuovi,pure?
-Diciamo che non sono una persona priva di emozioni, come per esempio...te!-esclamò
con aria di sfida.
-Ehi,cosa vorresti insinuare?- finse di essersi offesa,poggiandosi le
mani sui fianchi.
-Ieri siamo andate al cinema per vedere Blade II e sei rimasta impassibile,persino
nelle scene cruente dove il sangue veniva versato a iosa!!! Io mi sono
impressionata, pareva reale!
Jane rise.
-Dai,credi davvero che ci si emozioni con così poco?Ok,non fare
quella faccia,...in fondo io non sono te. Provo sensazioni differenti
dalle tue.
-Un briciolo di sana paura non ti fa male,ogni tanto.- sbottò Dawn.
-Sono impregnata di paura...ho già dato.- mormorò la ragazza.
Dawn che non aveva capito:
-Come?Non ti ho s...
Suonò la campanella.
Jane cercò di fuorviare il discorso,che aveva preso una brutta
piega,scattando in piedi:
-Oh,no!Chimica!Cavolo,briciola,non ho avuto il tempo di...
La castana sbuffò.
- Ok,ok,ti faccio copiare.
Jane le sorrise,riconoscente.
Era sollevata. Per quella volta l'aveva scampata.
Andò verso il suo armadietto che non raggiunse. Si era scontrata
con una studentessa.
-Vuoi stare attenta,ragazzina!-gridò quella con voce roca.
-Scusa,io...-si bloccò appena la vide in viso.
Ora si fissavano entrambe.
La "ragazza" che le si parava davanti,Jane l'aveva riconosciuta,era
un'arpia.
Dawn aveva assistito a tutta la scena e ora anche lei rimaneva immobile
nel bel mezzo del corridoio, indecisa sul da farsi.
-Vi conoscete?- chiese ingenuamente.
Jane era a disagio. Muoveva gli occhi freneticamente a destra e a sinistra,
non sapendo bene cosa rispondere.
-Ehi, sorella! Non essere timida, dille chi sono e finiamola!
-Siete s-sorelle?
-Eh?! No, cucciolo, sei totalmente fuori strada!- rise la ragazza che
aveva lunghi capelli biondi con venature rossastre. Era molto alta.
-Ma ti immagini un attimo? Io sorella di questa specie di mmmm...- Jane
le mise una mano sulla bocca per impedirle di continuare, e pronunciare
eventuali spropositi in presenza della sua amica. Si sforzò di
sorridere a Dawn.
-... naturalmente no! Ehm... sai, lei è...è...mia cugina!-
esclamò come se avesse azzeccato la domanda decisiva di un quiz
a premi della TV.
Jane guardò la bionda in segno d'intesa, quella, fortunatamente,
sembrò capire.
Le tolse la mano dalla bocca.
-Cugina, appunto! Volevo dire questo, senza dubbio, la cugina...
- Meredith.- concluse Jane- Lei è sempre tanto espansiva e... alcune
volte chiacchiera decisamente troppo ed è meglio farla smettere
in qualche modo, tappandogli la bocca, ad esempio,... o almeno questa
è la mia abitudine.
Jane voleva assolutamente uscire da quella scomoda situazione e una Dawn
che la guardava allibita, non l'aiutava di certo.
-A-hem, Dawn? Briciola, dì alla prof. di chimica che sono tornata
a casa perché avevo mal di stomaco... per favore.
- Eeeeh?! Non dovevamo andare in quel negozio carino giù in centro?-
replicò dispiaciuta.
-Lo so. Un'altra volta, Dawn.Non ho tempo da perdere con simili cretinate!-
era nervosa,doveva essere l'arpia che le stava di fianco a renderla così.
-Andiamo.- disse un secondo dopo alla sua presunta parente, squadrandola
duramente.
Si avviarono verso l'uscita principale della scuola, abbandonando Dawn,
ferita.
Appena furono in un luogo più appartato, dove nessuno le poteva
vedere ne ascoltare, Jane colta da una rabbia improvvisa sbatté
l'arpia contro un cassonetto dell'immondizia.
-Ahi! La delicatezza non è il tuo forte, cucciolo!-fece ironicamente.
-Non quando si tratta dell'unico essere al mondo che vorrei sparisse dall'intero
emisfero terrestre!!!!!-gridò.
-Mi sembra che tu ne abbia aggiunti altri alla lista,comunque-cambiando
atteggiamento-...shhh,vuoi abbassare la voce? Le mie sorelline non ci
devono sentire.- girò timorosa la testa in ogni direzione possibile
-Non sanno che sono qui.
-E a me che cavolo me ne frega?- gli occhi di Jane diventarono ocra, non
era affatto un buon segno.
- Cos'è questo linguaggio, signorina?Portami rispetto, tecnicamente
sono un tuo superiore.- pareva che si stesse dando delle arie.
Jane la osservò, stralunata. Rise beffarda.
-Io non ho padroni, non devo rendere conto di quello che faccio a nessuno,
tanto meno che a te!
L'arpia le lanciò uno sguardo inceneritore. Improvvisamente si
trasformò in una donna sulla trentina, seminuda: sui seni aveva
due piccoli coni di metallo dorato con cerchi concentrici, indossava una
minigonna drappeggiata rubino e al collo aveva una collana di denti umani.
Ai piedi calzava degli stivali color fiamma col tacco a spillo.
Jane applaudì.
-Brava,bella performance anche se... inutile!
La donna le afferrò il mento con le sue dita dalle unghia lunghe
e affilate.
-Ragazzina, non azzardarti a prenderti gioco di me,un'arpia!- la ammonì,
guardandola dritta negli occhi, come per scrutare la sua anima. La sua
espressione mutò.
Sorrise.
-Hai combinato un bel macello, brutta testarda che non sei altro! Ah!
Inoltre, ci si comporta in questo modo con le amiche?
Jane si rilassò.
-Sono tesa. E' stata una sorpresa, mi hai colto alla sprovvista. Ero all'oscuro
della tua venuta.- sospirò- Sono stanca. Infinitamente.
Si sedettero entrambe per terra a fissare il vuoto.
- Elettra, la verità: perché ti sei spinta fin qui? Chi
te l'ha commissionato questo compito?
-Ehi, sorella! Pensi sul serio che io...
- Elettra!- la riprese.
L'arpia sembrò valutare un minuto cosa dovesse risponderle.
- E' stato... lui.
Jane ebbe un balzo al cuore. Cercò di non darlo a vedere.
-Quanto?- chiese atona.
-Poco, cucciolo, una misera cifra. Infatti, non ho accettato. Chi si crede
di essere? Io sono una professionista, non sono un suo stupido adepto
a scagnozzo!- fece indignata.
Jane smorzò un sorriso, riconoscente.
Elettra ridiventò una ragazza.
-Quella Dawn non è umana, teoricamente. Ne sei al corrente?
Jane annuì.
-Vuoi proseguire con questa farsa?
-Sì, tu la mia cara cugina Meredith e io una comune studentessa
liceale. Tenta di non scordartene. Soprattutto, non incappare in una delle
tue solite gaffe, se no dovrò fare i salti mortali per nasconderle!!!
Rise.
Elettra disse ad alta voce, quasi tra sé e sé.
-Ecco a voi la cara cugina...?Il nome?
- Meredith.
-Eh?!Eeeeeeeh?!Un nome più disgustoso non potevi sceglierlo! Era
preferibile che le rivelassi come mi chiamo in realtà, sarebbe
stato enormemente semplice...
Si interruppe.
-Che ore sono, cucciolo?
-Appena le tre.
- Uff,ti devo lasciare! Il dovere chiama, sorella!
Le gettò un bacio.
-Ci si becca presto!
Si tramutò in una magnifica aquila che a tutta velocità
si allontanò da lei e, infine, scomparì nel cielo autunnale.
+ + +
Candele che ardevano,fiammeggianti,gocciolanti di cera su piedistalli
neri,unica fonte di calore in quel corridoi buio,immenso in quel monastero
abbandonato.
La bambina si guardava intorno spaurita.
L'uomo biondo la prese in braccio e le sussurrò all'orecchio:
-Se vogliono che tu faccia qualcosa che non ti va...scappa,orsacchiotta.
Lei lo osservò interrogativa.
-Ho paura,non voglio andare.
L'uomo l' appoggiò a terra.
-Devi.
La guardava con i suoi occhi ghiacciati.
La bimba deglutì. Capì che lui non poteva esserle d'aiuto,era
sola. Il gelo le penetrava nelle ossa.
Ad un certo punto,una figura snella fece capolino da una porta che si
affacciava in quel corridoio.
Avanzava verso di lei con passo aggraziato,elegante ma deciso. Aveva capelli
color del sole che contrastavano con la sua carnagione pallida. Indossava
un abito verde smeraldo ricoperto da una fantasia floreale blu.
Si accovacciò davanti alla bambina. Sembrava felice,eccitata.
-Sei pronta?
La piccola fece di sì con la testa.
La donna si rialzò e per mano si diressero verso la porta dalla
quale l'adulta era uscita.
Il biondo se ne andò. Non voleva partecipare. Non voleva scorgere
il suo volto angosciato di fronte a quell'essere che tutti quelli della
sua razza adoravano e servivano,simile a un dio in terra. Si sentiva impotente.
Non sarebbe riuscito nemmeno ad attaccarlo,volendo. Odiava la sensazione
di non poter agire,essere,suo malgrado, sottomesso.
-Non ti godi lo spettacolo,amico?-sghignazzò uno.
La polvere si sparse nell'aria della notte. L'aveva ucciso quel bastardo.
Doveva pur trovare una valvola di sfogo alla sua frustrazione!
Entrarono in una cappella illuminata da centinaia di candele, ma su quel
luogo privo di crocifisso e di qualsiasi altro oggetto sacro incombeva
un'oscurità soprannaturale, che non poteva essere rischiarata neppure
dai raggi del sole.
La donna bionda avanzava sicura di sé in mezzo alla navata gremita
di persone. La bambina era dietro di lei, intimorita da quegli sguardi
che come aghi la trapassavano da parte a parte. Quegli esseri esaminavano
ogni sua mossa, bisbigliando parole di scherno e insulti irripetibili.
-Guardate, l'impura! -Come può il Maestro accettare una simile
creatura fra di noi?! -Taci. Le sue decisioni non si discutono, io credo
in lui. -Quella mocciosa è molto potente, è uno strumento
utile per ottenere la supremazia sugli umani -Tu la sottovaluti, chissà
quante possibilità ha una tale fonte di energia!-
Si fecero sempre più vicini, avidi di curiosità.
Erano rare le creature come quella bambina.
La donna dai capelli d'oro si parò davanti la bimba per difenderla,
ringhiando e facendo accapponare la pelle a tutti i presenti fulminandoli
con uno sguardo.
-N-O-N toccatela. Sono stata chiara?- chiese con un tono che non ammetteva
obiezioni.
Gli esseri ritornarono ai loro posti, mimetizzandosi per quanto possibile
con i punti oscuri tralasciati dalle candele. I borbottii di protesta,
i sussurrii che stavano di nuovo iniziando, furono placati da una voce
roca e autoritaria: -Silenzio!
La piccola sussultò. Di fronte all'altare si trovava un uomo robusto,
vestito integralmente di nero. No,non era un uomo, constatò quando
le fiamme vermiglie delle candele gli illuminarono il volto sfigurato.
Un volto da demone. Tremò, spaventata.
La bionda si inchinò a quell'essere, e con aria trionfale:
-Finalmente sono riuscita a portartela, Maestro.
La bambina si nascose dietro la lunga gonna della donna.
- Ooooh,- intrecciò tra di loro le sue orrende mani- e dov'è
il demonietto, mh?
La bionda si scostò lateralmente di qualche passo, per far scorgere
a quel mostro la bimba. Lui sorrise.
-Non mi avei detto che fosse così splendida, Angelus.- disse con
falso rimprovero all'uomo che stava poco distante da lui.
-Me ne pento profondamente, o mio signore.
Gli occhi di lui erano fissi su di lei, simili a lame pronte a trafiggerla
se avesse fatto qualcosa di sbagliato.
-Avvicinati.- ordinò l'essere immondo.
Salì, impaurita, le tre scalette che conducevano all'altare.
Il Maestro allargò la bocca in un sorriso tremendamente innaturale
con quei suoi canini aguzzi.
-Bene, brava. Accostati ancora di più in modo che io possa assaggiarti.
Cosa? Ecco, quella era un'azione che non le andava assolutamente di compiere.
Un buon motivo per scappare. Il problema era: come?
Si girò verso Darla, sua madre, che la guardava duramente. Non
c'era neanche da discutere:doveva farlo e basta. Lanciò un'occhiata
disperata alla porta, che le sembrava distante mille miglia. Scrutò
il viso di Angelus, suo padre, che era impassibile adesso.
Un brivido gelido le corse lungo l'intero corpo.
Tutti la osservavano morbosamente, attenti alle sue singole reazioni.
D'un tratto quel luogo, i vampiri che vi stavano dentro incominciarono
a vorticare prima lentamente, dopo sempre più velocemente, finché
la sua vista non si oscurò e cadde sul pavimento svenuta.
Voci familiari, che si facevano nitide e forti a mano a mano che lei
riprendeva conoscenza. Sentì un dolore acuto alla guancia destra
e sinistra. Qualcuno l'aveva schiaffeggiata per destarla.
Una voce femminile ripeteva come una cantilena, piangendo: -Siamo perduti,
siamo perduti, siamo perduti...
-Lei è la nostra rovina.- affermò tagliente una voce maschile.
Le si strinse il cuore. In quel preciso istante desiderò sprofondare
sottoterra per non subire nuovamente lo sguardo e l'atteggiamento inquisitorio
di Angelus.
Piano piano aprì gli occhi.
Si trovavano in una stanza in cui gli unici mobili erano un armadio,un
letto semplice sfondato, uno specchio e una panca. Lei era su quest'ultima.
-Ti sei svegliata: era ora.- fece Darla indifferente.
Drusilla non mostrava segni di partecipazione. Soltanto Angelus aveva
gli occhi che lampeggiavano simili a saette.
-Lo sai chi sono io? Come vengo chiamato?- domandò apparentemente
tranquillo.
La bambina scosse la testa.
-Rispondi quando ti si fa una domanda!!!-ruggì, afferrando le sue
piccole spalle e scuotendole.
- N-no.- le lacrime le pizzicavano gli occhi ma lei le ricacciò
indietro.
-Smettila.- comandò perentoriamente un uomo che era apparso sulla
porta di quella sorta di camera da letto. Era William.
-Blocca quella tua maledetta lingua finché sei in tempo. Questa
faccenda è affar mio.
- A-hem... NOSTRO, mio caro.- precisò Darla.
Angelus le sorrise sarcastico:
-Si capisce, tesoro.
Drusilla non interveniva, si limitava ad assistere alla scena. Nessuno
saprebbe dire se fosse realmente presente in quel luogo o si fosse persa
in uno dei suoi mondi. Improvvisamente sbottò a ridere. Era una
risata senza senso, da pazzoide.
William, ignorando quella folle risata che continuava insistente, indurì
la mascella e con tono di sfida:
-Ti ricordo che in questa storia non ci sei di mezzo solo tu e la puttana
del tuo Sire! Dru e io abbiamo dato pure noi parte del nostro contributo.-
disse cupamente.
-Chi hai chiamato puttana?- saltò su immediatamente Darla, adirata.
-TE, e chi altri se no?- il blu delle iridi di William si stava tingendo
di giallo.
Angelus si frappose tra i due.
-Come hai osato?!!!- gridò rivolto al vampiro giovane.
Iniziarono a combattere.
La piccola guardava la sua immagine riflessa nello specchio disadorno.
Non si vedevano altri oltre lei lì dentro.
Era sola. Di nuovo. Sempre.
Drusilla le porse la mano. Lei la squadrò. La donna le sorrise
stranamente. Era compassione quella che le si leggeva negli occhi? Poteva
una creatura come lei provare un sentimento simile? Era inconcepibile.
Malgrado ciò, le prese la mano e si fece condurre all'aperto, momentaneamente
fuori da quell'inferno.
+ + +
La città di Bath giaceva ancora addormentata, immersa nelle coltri
della notte inglese. La luna emanava il suo tenue chiarore nel cielo sgombro
di nubi.
Di punto in bianco la tranquillità in cui era sprofondata la casa
di Giles fu infranta dallo squillo fastidioso del telefono. L'osservatore
fu strappato dalle braccia di Morfeo e si svegliò. Inforcò
gli occhiali, impacciato, e in uno stato di torpore andò a rispondere,
brontolando.
-Pronto?- fece con voce impastata.
-Signor Giles, la disturbo? Sono Buffy.
- Tsk! Non mi disturbi affatto visto che sono le tre del mattino.- disse
sarcastico.
-Eh?! Qui in California sono le sette di sera! ...Oh, capisco, mi scusi
chiamerò un'altra volta.- concluse molto imbarazzata.
Stava per riattaccare.
-Ehm... Buffy? Lascia perdere, ormai il sonno perduto non me lo ridà
più nessuno, neanche se mi rimetto tra le coperte. Quindi, dimmi
quello che devi ...spero per te che sia importante.- la ammonì.
-Ah, sì, certo... uhm, forse non tanto importante...-adesso era
indecisa. Si sentiva a disagio a parlare con il suo ex osservatore, lui
era quasi diventato un estraneo per lei.
-Santo cielo,Buffy!- scoppiò Giles- Mi telefoni a notte fonda solo
per riferirmi una cosa che a pensarci bene non era tanto urgente?!
Si era davvero spazientito.
-Sto aspettando.
- Willow...
-Oh, mio dio! Sta bene? Le è successo qualcosa?-chiese apprensivo.
- Giles, ora è lei che non mi fa parlare.- gli fece notare la cacciatrice,
seria.
-Ah, sì. Scusami.
- Will l'altra sera ha incontrato una ragazza, non l'ha vista bene in
faccia, che ha poteri simili ai suoi se non superiori. Ha raccontato che
quella con l'unica forza mentale è riuscita a sbattere un tizio
contro un muro, sospenderlo in aria e procurargli squarci profondi al
petto. Si rende conto, signor Giles? Senza muovere un dito e il suo corpo
non ha risentito del minimo sforzo, a quanto Will ha potuto dedurne!
- Mmmh.- era pensieroso.
-Signor Giles, è del tutto normale che ci sia una strega al mondo
così potente,vero?
-No, senza risentire delle sue magie. Ti dirò di più: non
è una faccenda da prendere sotto gamba. Devo consultare dei libri...
-Ma perché? In fondo ha solo mal ridotto quel tipo con magie simili
a quelle di Will.
-Simili, non uguali.- le fece osservare.
- Ok,però a noi basta sapere che è una strega. STOP.- disse
Buffy sbrigativa.
-In realtà mi preoccupa un altro punto della questione. Ultimamente
pare che nel mondo dei demoni ci sia un grande fermento: stanno cercando
una ragazza, probabilmente speciale in qualche maniera. Faccio delle ricerche
e poi ti chiamo, va bene?
-Sì, sì... crede che sia una cosa grave?
-Non lo so.
-Non è rassicurante come risposta.- e sospirando-Buonanotte.
-Grazie...ah! Tieni gli occhi aperti.
-Ci può giurare.
+ + +
Ballava al ritmo frenetico di una musica che dopo tutto non le piaceva
neanche tanto. Era sudata. Danzava per scaricarsi, per non pensare a niente.
A quanto si sentiva stanca di ogni cosa. Continuava a vivere quella monotona
routine con da una parte il suo lavoro da cacciatrice e quello di consigliere
studentesco alla scuola.
Cercava di distrarsi. Usciva il più possibile con Willow, Xander
o Dawn accompagnandola a fare shopping, si allenava nei cimiteri al riparo
da sguardi indiscreti. Intraprendeva qualsiasi attività pur di
non rimanere sola e ...pensare. Sarebbe scoppiata in lacrime, lo sapeva.
Non doveva essere così. Lei era quella dura, forte, in gamba, autonoma.
Il fatto era che lei si sentiva persa in quella giungla zeppa di insidie
della sua vita. Forse aveva incominciato a provare quella sensazione da
quando, un anno prima, era tornata bruscamente in vita. Era passato del
tempo da quell'avvenimento. Troppo.
Era a disagio nel mondo reale per quel motivo o ... c'era dell'altro?
La musica finì e iniziò una canzone lenta. Adesso sul palco
del Bronze era salita una donna con una voce dolcissima.
Nobody knows the pain I feel
Nobody knows but it's for real
I can feel it, I do
Nobody knows that I miss you
Nobody knows but it's the truth
I can feel it ,I do
Si recò al tavolo dove c'era anche Willow che tentava di mostrarsi
allegra raccontando un episodio buffo capitato a lei e Xander quel pomeriggio.
Buffy era sprofondata su una poltrona, sembrava attenta a ciò che
la sua amica le stava dicendo.
You cannot pretend that I don't even matter
You and I know better
You've been away from me for too long
It's time for you to come on home
No one can say what it is right for me
I need for you to come on over
I'll be waiting
In verità, l'ascoltava con finto interesse: la sua mente era altrove.
Ormai le era diventato automatico scrutare la gente del Bronze nella speranza
di scorgere una testa biondo platino e, successivamente, i caratteri spigolosi
e decisi del suo volto che conosceva talmente bene.
I am nothing without you baby
Nothing it's driving me crazy
Nothing,no one, I'm so alone
Nothing without you baby
Ogni sera andava a poco a poco affievolendosi in lei la speranza di vederlo
lì o in qualsiasi altro luogo di Sunnydale. Ogni notte e giorno
percepiva il vuoto, la voragine che si era creata nella sua anima allargarsi
e la cosa frustrante era che non poteva colmarla in alcun modo.
No one can see inside of me
No one can see how much I care
I need you,I do
Nobody sees the tears I cry
No one is there to dry my eyes
I need you,I do
Abbassò per un attimo lo sguardo focalizzandolo su Willow, nel
tentativo di concentrarsi finalmente sui suoi futili discorsi annuendo
e sorridendo.
Ad un tratto il sorriso le morì sulle labbra.
Le mancò il respiro.
L'aveva visto.
Non si rese conto che Willow ora la stava guardando sorpresa e che aveva
smesso di parlare. Spike non l'aveva notata e quando si accorse di avere
degli occhi puntati su di lui, alzò i suoi e i loro sguardi si
incontrarono. In quel momento fu come se il tempo si fosse fermato e ci
fossero stati solamente lui e Buffy nel Bronze.
Le iridi di Spike, però, cambiarono colore passando dal blu al
ghiaccio, e con fatica immane riuscì a distogliere lo sguardo da
lei e ad abbandonare il locale.
Buffy scese violentemente dalle nuvole gettandosi al suo inseguimento
mentre una Willow allibita la vedeva andarsene senza riuscire a spiccicare
parola.
I don't care what they say about you
They don't know how I feel for you
I don't care what they say about me
They don't know and they can't see
Non gli avrebbe permesso di lasciarla di nuovo da sola!
+ + +
Il cielo notturno di Londra era offuscato dalle miriadi di luci che provenivano
dalla città e producevano un massiccio inquinamento luminoso.
Quentin Travers stava sorseggiando del tè, assorto nei suoi pensieri.
Si trovava nel quartiere generale degli osservatori che era chiassoso
come una centrale di polizia.
Neanche nel suo studio si poteva stare in pace in quel periodo! Tutti
i "dipendenti" in quegli ultimi giorni erano agitati e preoccupati
perché una nota setta composta da demoni e affini e addirittura
umani aveva abbandonato all'improvviso le sedi in Inghilterra e si era
dileguata nel nulla. Tracce cancellate ad opera d'arte, come soltanto
i membri erano in grado di fare. Questo lo innervosiva, più del
frastuono di voci e di telefoni che squillavano di continuo fuori dal
suo ufficio.
Non avevano piste da seguire, di nessun genere.
Si lisciò l'esigua barba che aveva. Doveva trovare un modo per
...
Di colpo la porta si aprì e entrò Giles trafelato. Senza
dire -A- appoggiò l'enorme catasta di libri, che reggeva con entrambe
le mani, sul tavolo di Quentin con un tonfo.
-Giles- fece Quentin con superiorità- nessuno ti ha detto che si
bussa prima di entrare?
-Dubito che mi avresti sentito con tutto quel baccano.
Quentin rimase in silenzio. Odiava dover dare ragione a Giles che era
una delle tante persone che non poteva soffrire.
-Cosa sono?- chiese indicando i libri.
-Informazioni vitali.- affermò Giles, serio.
-Ah,sì?- alzò un sopracciglio Quentin, non molto convinto.
-Non ti fidi perché la maggior parte dei libri non è ammuffita
e polverosa tipo quelli che possiede un normale osservatore che si rispetti?-
domandò con una nota di sarcasmo.
- Giles, non essere sempre sul piede di guerra ...sono sulla setta?
-Sì, la setta di Marcus, precisamente.
-Vedi di non nominare il nome intero, non si sa mai.- lo rimproverò.
Quentin li sfogliò velocemente.
-Cosa stanno cercando esattamente?
-Interessante, ottimo lavoro Giles.- chiuse l'ultimo libro- Niente di
particolare a quanto mi risulta...
-Ti risulta male, allora. Per quello che ne so io stanno cercando una
ragazza.- rivelò Giles, sospettoso. Quentin non gli stava dicendo
il vero ed era profondamente irritante.
-Non credo.- disse atono, tornando a bere il tè.
- Quentin.
Lui voltò la sua sedia girevole di pelle nocciola verso la grande
finestra che dava sulla strada.
- E' tutto qui, Giles. Puoi andare a casa per stasera. Terrò io
il materiale.
Giles lo squadrò con vivo odio. L'avrebbe strozzato se avesse potuto.
Invece uscì dalla stanza sbattendo rumorosamente la porta dell'ufficio.
Quentin levò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
+ + +
Una villa bianco neve si stagliava su un pendio scosceso.
Un giardino enorme pieno di gelsomini, belli di notte e altri fiori notturni.
Una donna e una ragazzina sedevano su delle sedie da giardino all'ombra,
al riparo dai tenui raggi del sole primaverile.
La ragazzina osservava curiosa la donna mora che stava mischiando dei
pezzi di carta ingialliti e consumati dal tempo. Erano dei tarocchi.
-Che cosa sono?- chiese la ragazzina.
- Shhh... questo non ha importanza.- rivelò misteriosa, disponendo
le carte sul tavolino davanti a lei con le sue mani di candido marmo e
le dita affusolate.
La ragazzina non fece più domande, sapeva che non avrebbe ottenuto
risposta. Si limitò a sbattere i suoi occhi blu oceano con dipinta
sul viso un'espressione interrogativa.
La mora mugolò qualcosa tra sé e sé che lei non riuscì
a comprendere.
La donna alzò gli occhi color malva verso di lei. Poggiò
i gomiti sul tavolino e intrecciò le mani. La fissava attentamente.
Sembrava che stesse guardando fino in fondo alla sua anima.
-Scegli tre carte.
La ragazzina ne scoprì lentamente tre.
La donna le stava analizzando. All'inizio sorrideva soddisfatta ma di
botto la sua faccia si contrasse in una smorfia di disgusto orribile.
Cadde dalla sedia. Camminando carponi andò ad appoggiarsi al tronco
della quercia che incombeva su di loro, come se per lei avesse costituito
un'ancora a cui aggrapparsi.
-Ti senti bene, mamma?
La ragazzina le si avvicinò e le toccò un braccio. Drusilla,
colta da un moto di rabbia, la respinse graffiandogli una mano.
-Sorella, sorella, SORELLA!- gridò- Vattene!Allontanati da me!
Cominciò a piangere sommessamente.
La ragazzina dai capelli castano scuro la guardava sbalordita.
Intanto Drusilla si era rannicchiata ai piedi della quercia, mormorando
parole sconnesse:
-Non dovevi esistere... tu sei nostra non sua... chi è?CHI?...
o COSA? Angelus dove sei? Dove? ...perché?
Si alzò di scattò e scuoté in modo violento la ragazzina.
-Chi è? Dimmelo, ti prego, io devo saperlo.- si lagnò.
- Wi... William!!!- chiamò con quanto fiato aveva in gola la castana,
disperata.- Williaaaaaaam!!!!!
Drusilla inarcò di lato la testa con uno sguardo indecifrabile.
- Perché non me lo vuoi dire?
Le tre carte erano ancora sul tavolino, scoperte.
Il diavolo, la morte e la luna.
+ + +
Dov'era finito?
Si guardava intorno freneticamente.
Ad un tratto sentì un rumore in un vicolo vicino.
Ci andò.
Un topo.
Ma perché? Perché diavolo era scappato?
Sbatté qualcuno contro il muro con un movimento fulmineo. Pensava
che fosse uno dei soliti vampiri: si sbagliava.
Era Spike.
Spike la guardava con un'espressione seccata e distaccata.
Buffy sentì freddo allo stomaco. Come poteva essere così
indifferente?
Mollò la presa. Non aveva il coraggio di guardare i suoi occhi.
Si allontanò.
-Come, cacciatrice? Prima mi rincorri e poi te ne vai?- chiese lui,schernendola.
Lei si bloccò.
-Sei cambiato.- disse piano.
-Sì, dolcezza, e non immagini quanto!- rise.
Adesso era proprio dietro di lei, percepiva il suo odore inebriante a
cui non sapeva resistere.
-Vattene e giuro che non ti impaletto.
-Vuoi veramente che esca dalla tua vita?
-Qual è il problema? L'hai già fatto una volta.- voleva
essere il più possibile glaciale, ma la sua voce era incrinata:
stava per piangere. Si trattenne.
Lui la girò e le prese il mento, di modo che lei fu costretta a
guardarlo dritto negli occhi.
-Stavolta, allora, uscirò per sempre di scena, baby. Non tornerò
da te come un cane fedele. Mi sono stancato.
Buffy era sconvolta e ipnotizzata all'unisono dal suo sguardo. Non riusciva
a liberarsene.
Spike rise. Sembrava divertito.
-Cacciatrice, cacciatrice ...non mentirmi. Non ne sei capace.
Possibile che doveva essere così ogni volta? Doveva sempre avere
maledettamente ragione?!
Cosa si aspettava d'altronde? Che lui fosse tornato per fare ancora il
suo zerbino?
C'era qualcosa di diverso in lui, di negativo. Era esattamente quello
che credeva.
-Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?
Quel sorriso sarcastico. O Dio no, pregò tutti gli dei esistenti
sulla terra che non fosse ...
Spike stava compiendo una enorme fatica per non lasciar trasparire le
sue reali emozioni.
Era difficile resistere a quei suoi grandi occhi verdi che lo fissavano
perplessi.
Era meglio in quel modo. Recitare la parte da cattivo, di demone senz'anima,
menefreghista e strafottente. Si era nascosto dietro quella facciata per
un'eternità, perché mostrare un differente lato di sé
davanti a una donna ingrata del suo amore?
Sì, anche questi erano i pensieri di Spike. Avere un'anima non
significava necessariamente essere buoni o poco obiettivi. Aveva i sensi
di colpa, riconosceva i mille delitti che aveva compiuto, si sentiva un
verme per aver violentato la splendida creatura che gli stava di fronte,
però anche lei non era stata da meno.
Non aveva dimenticato le miriadi di volte che l'aveva respinto, pure dopo
aver passato l'ennesima notte d'amore con lui negava l'evidenza o almeno
era quello che intuiva.
Ora Spike non era sicuro di volerle dichiarare per la centesima volta
il suo amore. Non era certo che lei lo volesse e ...sarebbe stata la cosa
migliore?L'ultimo tentativo di fare pace con lei c'era stato e si erano
fatti male,estremamente. No, doveva portare avanti la sua recita. Buffy
non sarebbe mai stata felice con lui. Il loro amore scottava troppo ed
era rischioso bruciarsi nuovamente.
Aveva ucciso? Ci metteva la mano sul fuoco, era da tempo immemorabile
che Spike desiderava togliersi quel dannato chip dalla testa, non ci si
era per niente abituato del tutto a quel marchingegno. Lo rendeva un animale
in gabbia.
Buffy si accorse che era impotente di fronte a lui. Non era capace di
agire o di muovere un singolo dito. Se l'avesse colpita lei non si sarebbe
difesa, forse non subito. Non era un atteggiamento da tenere nei riguardi
di un vampiro che, probabilmente, era attivo e nel pieno delle sue forze.
No, non se la sentiva di affrontarlo. Se era ritornato come una volta
non sarebbe stato facile fronteggiarlo. Non restava altra soluzione che
allontanarlo.
Cacciò fuori una croce di legno.
Spike indietreggiò, ringhiando.
- E' questa la tua risposta?- domandò,quasi meravigliato.
Buffy non parlava e lo guardava cercando di assumere un'espressione ferma.
Se avesse risposto, sapeva benissimo che la sua voce avrebbe tremato.
Spike rise. Sembrava una risata isterica.
-Come vuoi. Come vuoi, cacciatrice.
Le voltò le spalle e sparì poco a poco nelle tenebre.
Buffy rimané a fissare l'oscurità per un tempo che le parve
infinito. Esausta dal suo cuore in subbuglio e dalle parole di lui, glaciali
come i suoi occhi.
- Buffy! Finalmente ti ho trovata ...- Willow si interruppe, seriamente
preoccupata per la sua amica che aveva una faccia stravolta.
- Buffy?- chiamò, titubante, appoggiandole una mano sulla spalla.
Lacrime silenziose iniziarono a scendere sulle gote della bionda.
- Willow...- le rivolse lo sguardo. E la rossa vide nei suoi occhi verdi
l'immenso dolore che aveva celato a lei e ai suoi amici per tre lunghi,
estenuanti mesi.
Si abbracciarono.
Intanto, dall'alto, su un edificio non lontano, si trovava una ragazza
bruna che aveva visto ogni cosa. Aveva gli occhi, che in quell'istante
erano neri simili alla pece, stretti in due fessure e accesi di una strana
luce sinistra.
Sentì di odiare quella donna bionda con tutto il suo essere.
Continua...
|