Episodio 9
-Me lo regali?E' fuori moda... ma il colore mi attira.- sorrise maligna
alla ragazza- Tanto non ti servirà più.
Si legò i capelli con un nastro rosa confetto.
Nell'aria si stava spandendo un odore acre. Chiuse le palpebre della ragazza,non
le piaceva che la guardasse con simili occhi. Era un cadavere.
Li aveva uccisi tutti?
Forse.
Un cuore pulsava;veloce;impaurito. Sembrava che stesse per scoppiare.
Chiuse gli occhi,concentrandosi.
Dove si nascondeva? Bastava una mossa brusca per individuarlo.
Si spostava rasente i muri,piano,tentava di essere silenzioso e furtivo
tipo un gatto. Purtroppo per lui, era un goffo essere umano.
Eccolo. Era là,dietro quella casa con i mattoni rossi; era inciampato
da solo per la fretta di fuggire. Si stava rialzando, il respiro affannoso.
-Non farai molta strada.- sibilò Jane.
In un attimo gli fu alle spalle, l'uomo non riuscì nemmeno a difendersi.
Gli spezzò il collo.
Il corpo cadde con un tonfo al suolo.
Ritornò stancamente sulla strada.
Le pupille dilatate,vuote.
Nessuno meritava di vivere. Sentiva un dolore immenso al petto, era come
se le avessero strappato il cuore e l'avessero dato in pasto agli avvoltoi.
Osservò la fila scomposta di cadaveri che si stendeva di fronte
a lei e quelli che l'attorniavano.
Perchè?
Perchè conduceva quell'esistenza?
Doveva finirla?
Aveva una madre e un padre... umani.
E quelli che riteneva i suoi genitori, non erano altro che i suoi carnefici.
Angelus...
Aveva cercato di compiacerlo, di ottenere una minima dimostrazione d'affetto
dal vampiro, in linea di massima lo aveva accontentato. Non aveva ottenuto
niente: nè una carezza, nè un bacio, nè un abbraccio.
Si coprì il volto con entrambe le mani.
No,non aveva risolto nulla con la vendetta...però era piacevole.
Si guardò intorno. Era come svuotata dalle emozioni.
Si accucciò sulla strada.
Il sole stava tramontando ad ovest e inondava sinistramente di una luce
rossastra i morti ammassati sui marciapiedi, dietro gli angoli, dentro
i negozi con i vetri fracassati.
Jane udì dei passi prodotti da un paio di stivali chiodati sull'asfalto.
Si fermò davanti a lei. Alzò la testa. Non lo vedeva bene
in faccia a causa degli ultimi sprazzi di luce solare che ne oscuravano
il viso.
Era William.
Spike spostava freneticamente gli occhi da ogni parte.
Attonito.
Scrutò Jane.
Era impossibile che una ragazzina di apparentemente tredici anni fosse
responsabile di una tale strage.
C'era desolazione. Gli venne in mente che era la medesima che regnava
quando Angelus sterminava le popolazioni di interi villaggi. Ricordò
che si respirava ovunque.
Guardò i suoi sottoposti che si aggiravano smarriti e leggermente
eccitati per la macabra situazione. Erano dei pivelli,vampiri giovani,inesperti.
Non sapevano che un sangue privo di vitalità non gli avrebbe granchè
giovato.
-Sparite.- ordinò.
-Ma Spike...- protestò uno di loro.
Lui gli lanciò un'occhiata che non ammetteva discussioni.
I vampiri chinarono il capo e se ne andarono di malavoglia.
Il cielo si stava tingendo di nero.
Doveva ragionare: compito arduo per una mente impulsiva quale la sua.
Su una cosa era certo: bisognava togliersi da lì, al più
presto. Non credeva ci fossero superstiti, in ogni caso era meglio non
rischiare.
La rimise in piedi prendendola delicatamente per un braccio. Barcollava
lievemente ed era bianca come un cencio. Dannato inferno, pareva un
autentica vampira in quell'istante. Temette che stesse per cadere,quindi
la sistemò a cavalcioni su di lui e la portò via da quel
luogo che iniziava a emanare il fetido tanfo della morte.
Erba alta.
Una vecchia fattoria abbandonata in mezzo a una landa sperduta nel Kansas.
Jane mirava distrattamente il paesaggio con un braccio appoggiato sul
davanzale della finestra del piano superiore. Il vento soffiava forte
e gli alberi occasionali erano assaliti da piccoli vortici che li facevano
vacillare. Era in arrivo un temporale. Sperava che una di quelle nuvole
grigie lassù generasse un fulmine e che questo colpisse la sua
stanza. L'avrebbe catapultata via da quella sottospecie di vita e le avrebbe
donato un enorme sollievo: la morte. Voleva raggiungere i suoi reali genitori...ma
se poi non l'avessero mandata in paradiso? Nonostante questo opprimente
desiderio,ancora non si faceva una ragione di quello che le aveva rivelato
William la mattina di quel terribile giorno.
Tutto era cominciato da una domanda banale sulla sessualità che
lei aveva posto a William,in seguito a una lezione sull'argomento a scuola.
Lui aveva meditato lungamente,prima di fornirle una risposta adeguata.
Era stato come al solito: diretto, sincero, era andato subito al sodo.
Ma si era accorta dell'amarezza e della sofferenza nella sua voce di quella
confessione. Così un quesito che doveva finire in una risata,si
era concluso in un disastro. Non aveva chiesto neanche il motivo di quel
gesto orribile. Si era limitata ad aggrapparsi per lo shock allo stipite
della porta su cui si era soffermata e con il viso livido di rabbia, aveva
guardato furibonda William.
Era scappata dall'appartamento a Coffeyville ed era capitata in un paesino
di cui non conosceva neppure il nome,talmente era accecata dall'ira e
in preda a una confusione assoluta.
Si era scatenata nell'uccidere con una follia e un accanimento senza pari.
Voleva lenire l'angoscia che la faceva soffocare fino a quasi toglierle
il respiro. Troppo tardi aveva compreso che le sue azioni sarebbero state
utili unicamente ad accrescere la sua pena e si era arrestata. Uno scenario
di morte si stendeva ai suoi piedi e lei lo fissava apatica.
Posò un piede sul muro,riflessiva.
Uno stormo di uccelli attraversò il cielo plumbeo,fuggendo da dove
si sarebbe generato il temporale.
Era il momento di prendere il volo,di uscire all'aria aperta e riordinare
le idee,capire cos'era in realtà,affinare le sue potenzialità...se
ne aveva.
William appoggiò sulla cornice di legno della porta la mano con
all'anulare un anello d'argento raffigurante un teschio;il polso nascosto
da due bracciali neri con borchie appuntite.
Lei era seduta su una sedia,la testa rivolta al paesaggio minaccioso di
quel giorno. Davvero un tempo da cani e ...l'ultima cosa di cui avessero
bisogno.
Scuotè il capo,sconsolato.
-Pensi di starci per l'eternità?
-Chi lo sa?- mormorò Jane senza voltarsi.
William trattenne un'imprecazione. Quella ragazza sapeva essere stressante
quando voleva.
-Ci muoveremo a notte fonda.
-E il temporale? Qui sono rari, però le poche volte che si presentano...
-Non preoccuparti per quello. Piuttosto, devi raccattare la tua roba?
Fece un cenno di diniego.
-Perfetto, allora.- approvò neutro.
Stava per lasciarla, ma lei le domandò alla sprovvista,girandosi
verso di lui:
-Non mi sgridi?
William la fissò sbalordito, e ribattè :
-Vorresti che lo facessi?
Non rispose.
Lo osservò con nostalgia. Le sarebbe mancato,più di Drusilla.
Non poteva attendere oltre. Volse di nuovo la sua attenzione alla natura
di quel posto.
La notte era vicina.
William,pur se con un punto interrogativo impresso sulla faccia,se ne
andò.
Scese con cautela la vecchia grondaia arrugginita, ricoperta di edera.
Quella specie di tubo lanciava dei rumori sinistri. Cavoli,doveva affrettarsi:
c'era il rischio che si rompesse l'osso del collo!!!
La luna era celata dalle ampie nubi che occupavano la volta celeste. Il
vento si era placato per un momento,era presente un caldo afoso ed era
sopraggiunta una sorta di calma prima della tempesta.
Sentì il tocco delicato di una mano sulla sua spalla destra.
Era Drusilla.
Era avvolta in uno scialle perlaceo,sotto un vestito della stessa tonalità
che le arrivava ai piedi e che la faceva parere un fantasma. La sua espressione
era indecifrabile.
Jane si accorse che aveva qualcosa tra le dita affusolate. Un pezzo di
carta di un giallo opaco,incorniciato ai bordi da delle minuscole ondine.
Glielo consegnò di scatto e si dileguò velocemente, senza
proferire parola.
Jane rigirò il quadrato cartaceo.
Era una foto d'epoca.
C'erano due persone impettite che sorridevano a malapena all'obiettivo.
Un uomo e una donna. Questa reggeva un neonato che indossava una buffa
cuffietta e un vestitino con degli stupendi pizzi. Chi...?
Ispezionò per bene il retro, constatando che vi si trovava una
scritta ai bordi. Sforzò gli occhi. Era una scrittura svolazzante,
arricchita da inutili ghirigori sulle maiuscole.
"John Ferguson, Jane Ferguson (io!) e il nostro adorabile batuffolo
Jane".
Capì.
Si concentrò intensamente su i suoi genitori naturali. Gli occhi
le divennero lucidi. L'avevano amata, ne era sicura.
"...e il nostro adorabile batuffolo Jane"
Non pianse. Le lacrime le erano perite dentro tanto,tanto,tanto tempo
fa
insieme a quella creaturina.
Imboccò un sentiero appena tratteggiato che passava per i campi
e il lungo tratto di erba alta. Non importava dove portasse,era sufficiente
che la conducesse lontano da lì. Non necessariamente in un luogo
migliore,ma che la facesse sentire semplicemente in pace.
Il vento le scompigliò i capelli,mentre si sistemava sulle spalle
una borsa riempita dell'essenziale e si incamminò.
Its easier to run
Replacing this pain with something numb
Its so much easier to go
Than face all this pain here all alone
La sua vita stava per avere una svolta,non le interessava di che tipo:
percepiva solo che era indispensabile.
Something has been taken
from deep inside of me
A secret I've kept locked away
No one can ever see
Wounds so deep they never show
They never go away
Like moving pictures in my head
For years and years theyve played
Cosa sta
?
No,no,noooo!
Perché?
Cercò di divincolarsi.
Lui era diventato eccezionalmente forte. Le aveva bloccato le braccia.
Non era questo a renderla inerme: i suoi occhi scuri, ipnotizzanti erano
sufficienti a fermarla. Tentò almeno di urlare
le uscì
un grido strozzato.
Lui le accarezzò i capelli con uninsolita dolcezza e chinandosi
maggiormente su di lei, le bisbigliò:
-Non verrà nessuno a disturbarci: questo te lo posso garantire,amore
mio.
Un dolore lancinante al collo. Fu come se lavesse morsa un serpente
e avesse iniettato il suo veleno allinterno. Emise un urlo acutissimo:
aveva la tremenda sensazione che un legame venisse reciso.
Si staccò dal suo collo. I denti grondanti di liquido vermiglio
Jane si svegliò di soprassalto.
Era ricoperta di sudore e ansimava.
Il cuore le martellava nel petto.
If I could change I would
Take back the pain I would
Retrace every wrong move that I made I would
If I could
stand up and take the blame I would
If I could take all the shame to the grave I
would
Erano due mesi che non aveva quellincubo. Anzi, quel flash. Perchè
era accaduto sul serio.
Sometimes I remember
the darkness of my past
Bringing back this memories
I wish I didnt have
Sometimes I think of letting go
and never looking back
and never looking forward so
there would never be a past
Diede uno sguardo alla sveglia sul comodino, che era posizionato accanto
al letto. I numeri verde fosforescente indicavano le sei e mezza del mattino.
Just washing it aside
All of the helpleness inside
Pretending I dont feel misplaced
is so much simpler than change
Tastò la cicatrice che aveva sul collo. Si sarebbe mai riemarginata?
Può darsi.
Oh,Dio
come voleva che fosse stato tutto un brutto sogno!!!
Appoggiò la testa allo schienale, gli occhi dritti verso il soffitto.
Non lo era
NON LO ERA.
Its easier to run
Replacing all this pain with something numb
Its so much easier to go
than face all this pain here all alone
Angel chiuse il cellulare.
Aveva unaria fredda e calcolatrice.
Cattive notizie,si immaginò Spike.
-Dobbiamo avvisare Buffy.-si mosse in direzione della cacciatrice, che
stava ritornando a casa stremata.
Il vampiro platinato notò apprensivo che il sole stava per fare
capolino allorizzonte.
-Non capisco che
-La setta al completo sta per arrivare qui, a Sunnydale. Cordelia e i
ragazzi si sono informati. I demoni che sono coinvolti con essa, a Los
Angeles sono scomparsi. E probabile che anche Mark stia per venire,
è questione di ore a questo punto- Spike stava per obiettare, ma
Angel lo zittì con un gesto della mano- Spike, è la sua
città. E mio dovere metterla in guardia.
-E Jane?- chiese Spike, scettico.
Angel abbandonò la sua risolutezza, e assunse unespressione
provata.
-Credo che
bisognerà dirle lo stretto indispensabile.
Angel si allontanò. Perchè diavolo doveva giocare sempre
al supereroe, quando era tuttaltro?
Diede un calcio ad una lapide, spezzandola.
I suoi pensieri volarono a Buffy.
-Ogni fottutissima volta tra i piedi,eh?- mormorò mentre il sole
sorgeva. Decise che si sarebbe rifugiato in una cripta lì vicino,
in attesa del peggio. Oh,sì
perché sarebbe giunto.
Non aveva dubbi.
Giles aveva gli occhi che scintillavano. Non si capacitava ancora per
la scoperta appena fatta. Un semivampiro. E lui che riteneva che fossero
sciocchezze,utopie che si tramandavano tra i succhiasangue!Era vero,invece.
Una creatura in grado di manipolare la magia a suo piacimento, di avere
un potere vampirico quadruplicato grazie a dei genitori fuori
dallordinario, però, al tempo stesso, di possedere i sentimenti
di un qualunque essere umano. Era incredibile, straordinario e estremamente
interessante
ma, cera un ma,poteva trasformarsi
in un orrenda tragedia per la persona in questione ,in questo caso
quella ragazza.
Riflettè. In fondo, Angelus non doveva averla creata per niente.
Il tornaconto è uno degli elementi principali nella vita di un
vampiro. Spike era stato criptico su questo.
Sbadigliò.
Era stato alzato lintera notte e adesso che i tiepidi raggi solari
entravano nel salotto e passavano a illuminare la cucina,dove si stava
preparando un caffè,aveva un sonno insostenibile. Doveva resistere.
Prese il bricco e si versò il caffè nella tazza con su scritto
KISS THE LIBRARIAN, che conservava a ricordo dei vecchi tempi.
Stava per berne avidamente il contenuto, quando bussarono alla porta.
Giles si accigliò.
Non poteva essere il postino, dato che era assente da Sunnydale da un
bel pezzo ormai.
Si mise gli occhiali e andò a vedere perplesso chi fosse.
Trascorsero lunghi secondi prima che Giles riuscisse a far girare le chiavi
nella serratura della porta, che aveva chiuso a chiave dopo la visita
di Spike,e, finalmente, ad aprirla.
Strizzò gli occhi per il sole accecante e desiderò fervidamente
di aver controllato chi fosse attraverso i vetri della finestrella che
dava sul cortile.
Quentin Travers e ben
dunque,uno,dieci, nove
venti osservatori
erano di fronte a lui.
Quentin gli sorrise in modo falso e con un non so che di trionfante.
-Buongiorno, Rupert.
Continua...
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