KANAGAWA
SHION
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Capitolo 10: L'Attacco umiliante
Conficcati nella corteccia, senza impossibilità di muoverci e le mie spade che si sono perse da qualche parte, non trovo altro da fare che insultarlo giustamente. - Elogi al tuo computer! - pronuncio immobile di fianco a lui - Proprio
eccellente! Complimenti! Mi sarò spappolata la colonna vertebrale!
- Lo guardo in cagnesco a richiamo le mie spade, che attraverso la
giungla mi si conficcano nelle mani. - Ti libero solo se mi chiedi scusa per le cose abominevoli che mi hai detto! - Lui, dimenandosi come un bambino inutilmente, mi chiede scusa e decido,
quando è quasi stato inghiottito nelle viscere della terra
che è meglio liberarlo. - Devi riuscire a difendere di più il tuo sistema nervoso
centrale, altrimenti, sarai facile preda del mio volere! - mi dice
lei aprendo una voragine sotto i miei piedi, ma Carlos lancia una
scarica elettrica potentissima contro Françoise, coinvolgendo
anche me. La donna contrattacca, rischiando di amputarmi un braccio
servendosi delle lame della "canna domestica" un arbusto
caratteristico soprattutto del Mediterraneo. Carlos ha i riflessi
pronti e mi permette di evitare l'attacco, buttandomi a terra Un'altra ventata ci scaraventa tra la giungla, di nuovo Christopher, ma questa volta, dopo essermi fatta mille graffi nel volo, urtando contro foglie e rami vari, finiamo in un lago sporchissimo, facendo fuggire tutti gli animali che erano lì ad abbeverarsi e restando a galla, l'uno accanto all'altra. - Quel bambino io non lo sopporto! - mi confida lui Quando riesco finalmente a riprendere il potere sul mio corpo richiamo le mie spade, utilizzandone una per provocare uno spostamento d'aria tale da permettermi di librarmi in volo e l'altra per conficcargliela senza problemi nel braccio. - SEI IMPAZZITA?! - mi urla immobilizzato sull'acqua che diventa
scarlatta. Ero certa che era in grado di medicarsi! - Vado a cercare la chiave! - gli dico seccata - E ti ricordo che
non sono stata io ad essere talmente incompetente da vedermi sottrarre
il talismano da sotto il naso! - puntualizzo giusto-giusto per farlo
incavolare per niente. All'imbrunire, lui decide ( perché qui chi decide è
lui a quanto pare, io e Vega siamo complemento d'arredo! ) che è
giunto il momento di troverai un posto dove passare la notte. - Sei sicuro che quell'affare funziona!? Secondo me si è rotto
prima! - Aaaaaaaaaaaah
. - NON DIRE SCEMENZE! - mi riporta alla realtà lui, tornando
da me ( questo è completamente pazzo! ) Verso sera, lui torna con dei pesci infilzati in un ramo, mentre
io e Vega, il suo cane, riscaldati dal fuoco che avevo acceso, guardiamo
il sole scomparire dietro i rami degli alberi più alti e ascoltare
i grilli che iniziavano a richiamare le loro amanti. - Per cuocerli
- mi dice lui dandomi in mano il bastone - Devi
stare attenta che non diventino neri, sei capace di farlo? - mi chiede
indifferente Peccato che io non le sappia usare le ombre! Mentre cucinavo i pesci, guardai la mia ombra proiettata sul terreno
dal fuoco e iniziai a sforzarmi per trovare un modo per riuscire anche
io a sfruttare il mio potere. Cerco di fissare quelle ombre che parevano quasi volersi mimetizzare
con l'oscurità del luogo, quando ad un certo punto, la mia,
si alza e inizia a venire verso di me, mi avvolge completamente e
pare quasi volermi soffocare. - Non respiravi- mi dice con un filo di voce Io lo guardo stranita non capendo la lingua con la quale comunicava
con me. - E' stato Vega ad avvertirmi. Abbaiava come un matto. - Ancora non lo capivo e continuavo a fissare lui e il cane senza comprendere quello che sono e perché lo sono. Il mattino seguente mi sveglio di soprassalto, destata da un incubo
orribile dove le persone che amavo erano inghiottite da quell'ombra
che stava per uccidere anche me. Mi alzo e li raggiungo, mi accendo la prima sigaretta e lo guardo, finchè Vega non si accorge di me e mi corre incontro, bagnandomi gli stivali della tuta da combattimento. - Stai bene? - mi chiede senza muoversi Quando finisco di mangiare, lui si lega una borsa attorno alla vita,
mettendoci dentro altri di quei piccoli frutti che io non avevo mai
visto e mi precede. Dopo qualche ora di marcia lui si ferma. - Sento una presenza fortissima
- Aspettiamo in silenzio il momento dell'attacco, quando, improvvisamente,
Carlos finisce a terra e sopra di lui si materializza una donna dai
capelli ondulati completamente bianchi,degli stranissimi occhi viola,
che ricordano quelli dei gatti e un vestito leggero bianco coperto
da un body di pelle nera che le regge gli stivali dello stesso colore
e i guanti. - E così sei tu Hamal
- mi dice guardandomi - Non sei
poi un granchè. Sevhothaa ti ha esaltata troppo. Mi basterebbe
schioccare le dita e tu saresti morta e finalmente lui sarebbe libero
da quei sciocchi sentimentalismi che gli sono rimasti. Se mi dici
dove è il tuo talismano, vi risparmio la vita
- ci minaccia
e io la guardo spiazzata Carlos si rialza immediatamente e si massaggia il collo. - Tutto a posto? - gli chiedo ma lui non mi risponde e si unisce a Kaede nell'attacco, facendo svanire la donna. Si mettono poi l'uno contro l'altro e Sal-ò-mai si avvicina pericolosamente a me. Questa ragazza mi fa paura. Senza nemmeno dire una parola, mi lancia addosso delle lingue di fuoco che io evito non con poca fatica e lei ne approfitta per atterrarmi con una gomitata fortissima. Quando mi rialzo lei è già pronta per l'ennesimo attacco,
che questa volta riesco ad evitare, ma lei non mi lascia respirare.
Dopo altri attacchi, sfinita, resto a terra e lei mi guarda con sufficienza. - Lascia a noi il Talismano Cardinale e tornatene in Giappone, sei
solo un intralcio per noi! - Guardo verso Carlos che non pare aver subito grosse ferite. - Anche tu vuoi che io me ne torni a Kanagawa, a casa mia? - gli
chiedo Io lo guardo con gli occhi lucidi e gli sorrido. - Anche se vediamo il mondo in maniera opposta, forse non sei poi così tanto male - gli dico accendendomi una sigaretta e sorridendo amaramente per il fatto che una mia conoscente fosse una dei miei nemici. ***
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