Kawaii skill to slay

 

Capitolo 3


"Il segreto dell'esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive."
( Fedor Dostoevskij)




- Allora?! Eh?! Eh!? - chiedeva con insistenza quella sciagurata di Riyoko, sana e salva dallo sventurato incontro di ieri sera, mentre sedevamo alla pausa pranzo al tavolo della mensa, che raramente offriva qualcosa di veramente buono, ma che alla qual cosa, avevamo tutti imparato a fare abbastanza.
- Allora mi devi spiegare perché ci avete lasciato da soli in quel luogo poco raccomandabile! - le rinfacciai ancora ferita dal colpo basso
- Avanti Akira Shaylon Honda! Era solo il retro del nostro amato Den's e poi non ci arrivi perché proprio voi due, proprio in quel luogo?! Avanti, a me puoi dirlo! - continuava ad insistere lei sfiancandomi, bevendo la sua coca cola "Zero" .
La guardai scocciata, mi alzai dal tavolo e sparecchiai il mio pranzo avviandomi verso l'uscita. Lei mi rincorse cinguettante, curiosa come pochi al mondo.
Mi voltai per intimorirla, ma con scarsi risultati.
- Allora, l'avete fatto!? - non le risposi - Almeno vi siete baciati?! - non le risposi - Dai! Che cazzarola avete fatto, allora!? Con tutto il tempo che ho perso a trovare un espediente per lasciarvi da soli con il giusto background! Però gli hai detto quello che provi, giusto!? - continuai ad ignorarla - Certo che l'hai fatto, vero!? Eh, Akiruccia?! Eh?!Eh?! -
Esplosi.
- NO! NON ABBIAMO FATTO NIENTE! ABBIAMO SOLO RISCHIATO UNA BRONCOPOLMONITE A CAUSA DELLA PIOGGIA! NON ABBIAMO SCOPATO, NON CI SIAMO BACIATI E TANTO MENO GLI HO DETTO QUELLO CHE PROVO NEI SUOI CONFRONTI! - urlai isterica, mentre lei si faceva piccola - piccola, ma non demordeva, non era mai stato parte del suo carattere arrendersi - Ieri uno, tesorino - mi disse lei sorridente e indicando il numero con le dita, aggrottando la fronte - Poco, vero?! Ormai non trovo più materia prima...è terribile, non credi!? - proseguì lei prendendomi a braccetto iniziando a parlare completamente di altra faccenda.
Sapeva bene, che se mi arrabbiavo, il miglior modo per farmi sbollire in fretta, era trovare una frase stupida da dire che mi facesse ridere.
E' sempre stata così accorta, nei miei confronti.
Ogni mio minimo cambiamento d'umore, lei era in grado di percepirlo.
Era in grado di obbligarmi a fare cose che mai mi sarebbe passato per la mente di fare ( vedi "la scommessa" ), era in grado di farmi sorridere unendo insieme le parole più comuni quando ero triste. Era semplicemente meravigliosa. Era così concreta, non pensava mai al futuro, per lei valeva la pena di vivere il solo presente e se quel presente comportava la necessità di essere reso più bello, lei sapeva bene come fare.
Ogni tanto, credevo che se fossi stata un ragazzo, mi sarei innamorata perdutamente di lei.
- Quand'è che hanno la prima partita ufficiale? - chiesi alla mia amica, mentre mi scortava verso la mia aula
- Che c'è?! Ti sei già stufata?! Non ti facevo così "Repubblicana" - criticò sardonica alludendo alle posizioni ideologiche della fazione politica statunitense
- Finiscila, è solo che voglio sapere quanto tempo mi resta! - cercai di rifarmi, pur dovendo ammettere a me stessa che aveva centrato in pieno il bersaglio.
- Fammi controllare, se non vado errata...- iniziò cercando sul calendario del cellulare abbellito da diversi gadgets appesi e stickers attaccati - ...mancano esattamente 19 giorni. La prima partita che giocano è contro il TSUKUBU! OH! LO TSUKUBU! Non mi è nuovo questo nome...- si fece pensierosa e poi, si ricordò perché quel liceo le era famigliare - Ma è vero! C'è quel tipo che si innamorò di Haruku! Ma io dico! Come fa a piacere una come quella!? Non credi anche tu?! Oggettivamente è piuttosto bruttina,no?! - mi chiese lei, sconvolgendomi.
Perché?! Per il semplice fatto che qualche giorno prima era andata a letto con cinque ragazzi di quel liceo e la storia che a lei era venuta in mente, era avvenuta l'anno prima durante il torneo interscolastico. Ogni tanto, mi lasciava perplessa. Molto, molto perplessa.
Feci finta di niente e mi limitai a rispondere alla sua domanda.
Anche se avessi cercato di farle ricordare, dubitavo seriamente che lei avrebbe colto il login.
Era facilmente in grado di dimenticare fatti avvenuti poco tempo prima.
Lei diceva che era il falso, io?
Che altro potevo fare se non darle corda?!
Con lei era decisamente inutile discutere.
Come ripeteva spesso Hisa, avevo la diplomazia nel sangue. La mia scelta universitaria era ancora valida.
Ci lasciammo al suono della campanella di mezzogiorno e trenta. Dal nostro prossimo incontro ci separavano solo tre ore. Ma, a differenza di lei, non avrei pianto durante quelle tre ore. No. Seduto accanto a me, col banco accanto alla finestra, c'era sonnacchioso il bel capitano della nostra squadra di basket, che pur rapito da Ipnos, non esitava a sfoggiare il sorriso.
Era davvero preoccupante. Non è umanamente possibile che un soggetto riesca a sorridere perennemente, 24 ore su 24! Anche Misato concordava pienamente con me.

Misato era intelligente, tenera, timida per certi versi.
Ogni tanto, presa dal terrore, balbettava anche.
Era però, l'unica, fra tutti e otto, che era riuscita a tenersi esente dalla Scommessa di Riyoko, spingendo tutti noi a chiederci se i forti eravamo noi, oppure la tenera e buona Misato.
Aki-chan amava prenderla in giro e sostenere spesso e volentieri che alla fine di tutto, ci avrebbe fregato tutti quanti.
Lei se la prendeva molto, ma bastava un abbraccio caloroso da parte d'Aki-chan per farla tornare subito di buon umore.
Alle medie, lei era innamorata perdutamente di lui, pianse addirittura il giorno che scoprì lui avesse dato il suo primo bacio ad una più grande di noi.
Da canto suo, lui, l'ha sempre trattata come una sorella, una sorellina dolce e candida, da proteggere a qualsiasi costo da qualunque lupo affamato le si avvicinava. Spesso, quell'eccessivo protezionismo, quella gelosia mal nascosta, mi aveva spaventata, perché avevo il timore che lei, coi suoi bei occhioni verdi e l'atteggiamento di animale in gabbia, perennemente spaventato, me lo avrebbe portato via e io non avrei mai trovato il coraggio dentro di me, di riprendermelo con la forza, come invece avrei fatto con chiunque altra si fosse messa sulla mia strada verso il cuore di Sendoh.
Da quando la conoscevo, lei aveva avuto una sola storia, durata poco più di qualche mese e ogni tanto, il fatto che lei fosse "libera" mi spaventava.
Al primo anno di liceo ero riuscita a convincere le altre ad aiutarmi a trovarle un fidanzato, organizzando anche incontro vari, eppure lei era sempre astutamente riuscita a tenersi fuori da quella, che alla fine, era una trappola per tenerla sotto controllo.
Non ho mai parlato a nessuno della gelosia che nutrivo nei suoi confronti, nemmeno con Riyoko, che sapevo in ogni caso, sarebbe stata dalla mia parte e mi avrebbe spalleggiato in ogni modo, e quando, in aula, ogni tanto la vedevo parlare con lui, tenendomi fuori, mi rattristavo, senza apparente motivo.
Ero davvero una bambina capricciosa.
E' la sorella di Shin'ici Maki, del Kainan, colui che l'anno prima, al torneo interscolastico, era a stento riuscito a battere sul campo il mio grande campione. Questo elemento aggiungeva un nuovo tassello alla mia invidia, perché dava a quella piccola furfante altri tasselli di cui discutere con lui, mentre io non avevo mai nulla d'interessante, finendo spesso per annoiarlo. Non bastava la sua già spiccata intelligenza. Tutto ciò mi rodeva parecchio, e ogni tanto, sapevo anche rivelarmi molto sadica nei suoi confronti. Per proteggere quello che reputavo "mio" ero disposta addirittura a tagliare i ponti con un'amica così importante com'era Misato.
Perché Misato mi aveva aiutato a superare vecchie difficoltà del passato, mi aveva incitato a proseguire a suonare il violino, quando volevo smettere, appoggiando mio padre che con il suo elargire aveva fallito, con me. Misato mi aveva spesso ridato la fiducia nelle mie potenzialità, risollevandomi il morale, quando Sendoh non vi riusciva col sorriso, Misato mi spiegava sempre dove sbagliavo e perché sbagliavo, rendendomi ogni volta, una persona migliore.
Magari non si rendeva nemmeno conto di quanto, per la sua perfezione, io la odiassi, disprezzando tremendamente me stessa.

- Shaylon?! - mi chiamò lei, perché era l'unica, fra gli otto, a chiamarmi per secondo nome, diceva che aveva un suono più melodico ed evitava confusione fra me ed Kicchan. Mi voltai sorridente verso di lei che m'indicò la lavagna - Vedi per caso cosa sta scrivendo il professore? Quella è una Shi o Tsa!? -

...eppure, spesso, non potevo non adorarla, perché stimolava anche dentro di me, quel senso materno, con quel suo bel viso e il suo fisico minuto che disarmava anche un rude come Hisa-chan, assolvendomi dal mio senso di colpa nei suoi confronti.

- Akira! Akira! - mi richiamò dopo qualche minuto Aki-chan - Stasera hai qualcosa da fare?! - mi chiese ammiccante, turbandomi vagamente
- No, perché!? Ho lezione di violino sino alle sette poi nulla...-
- Niente uomini? - mi chiese stupito
- Oggi è sabato, riposo! -
- Allora vieni a casa mia dopo la lezione! Porta il violino! -
- Ma non usciamo!? - gli chiesi stupita
- Che io sappia non abbiamo organizzato niente, poi se ci chiamano, li raggiungiamo. -
- Ah, ok, ma che facciamo!? -
- Mia madre stasera ha il turno di notte, quindi sono da solo, vieni a farmi compagnia, ci guardiamo qualche film...- propose lui
- Vuoi anche sentirmi suonare? Guarda che devi pagare il servizio! Non faccio concerti gratuiti! Sappi che hai di fronte a te un talento naturale! Lo dicono anche i giornali! - gli dissi convinta e arrogante
- Non ti preoccupare, tanto paga papà Sendoh! - mi disse ironico strizzando l'occhio.

Che stavo andando nella tana del lupo?! Lo sapevo.
Che non dovevo farne parola con nessuno!? Lo sapevo.
Che stavo, molto probabilmente, per compromettere l'amicizia più importante!? Lo sapevo.
Che stavamo entrambi per aggiungere una stella d'oro a fianco dei nostri nomi?! Lo sapevo.

Il gioco valeva la candela!?
No, non la valeva eppure, volevo credere che i miei presagi sarebbero soltanto rimasti tali, senza concretizzarsi.
Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere, volevo.
Suo padre, era pur sempre un diplomatico, qualcosa di politica gliela avrà pur insegnato, volevo credere.

Continua...


 

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