Lemon Cake

 

Capitolo 24:


" Non me lo chiese perché era certo di quello che faceva.
Penso l'avesse fatto solo perché sapeva che io lo amavo e voleva fare qualcosa che mi avrebbe resa felice senza considerare che sarei rimasta senza di lui e con quell'appellativo accostato spesso al colore nero che portavano le mogli ai quali è morto il marito durante il medioevo.
Io lo amavo e non mi importava del mio futuro, tutto qui"

 

 

Passai il Natale con mia madre.
Mi disse che avevo giocato bene e che mio padre sarebbe stato orgoglioso di me.
Le credetti, perché lei lo conosceva certo meglio di me.

Capodanno lo passai a casa di Akira insieme ai ragazzi della squadra di basket, ad alcuni suoi amici e alle ragazze delle squadra ai quali si erano aggiunte anche Aoi, Yukari e Hakari.
Mika non c'era.
Inutile dire che la serata io e Akira la passammo insieme.
A volte avevo paura che gli succedesse qualcosa mentre lo facevamo ma per fortuna non è mai successo e il fatto che lui ne fosse sollevato rendeva tutto molto più leggero.

I suoi genitori erano a Dubai e lui mi aveva detto che era rimasto solo per stare con me.
Non sapevo se era solo una frase detta per rendermi felice ed esaltarlo ai miei occhi oppure che fosse vero.
Alla fine, non mi importava.

Al suo compleanno, che cadeva lo stesso giorno di San Valentino, lui mi portò fuori a cena e all'epoca il discorso principale tra me e lui erano gli esami di ammissione all'università.
Entrambi ci eravamo iscritti all'università di Yokohama, raggiungibile dopo 20 minuti di metropolitana.
Avevano una squadra di basket abbastanza forte e non avrei dovuto trasferirmi.
Spesso studiavamo insieme e poi ci dedicavamo al sesso, per rilassarci, come diceva sempre lui.
Per il suo compleanno gli preparai la torta al limone che feci portare alla camera d'albergo che aveva prenotato per la serata, a Tokyo.

I rapporti con sua madre era sempre gli stessi ma in un certo senso avevo iniziato a capirla. Non era facile sapere che il proprio figlio è un malato terminale e vederlo con una ragazza avrebbe certo potuto farle sorgere dei dubbi sui miei reali sentimenti e su un probabile peggioramento se io non mi fossi comportata adeguatamente con lui, cosa che io ho sempre tentato di non fare.
Sapevo, grazie a mia madre, quanto basta sulla sua malattia e sapevo come comportarmi, ormai.

Lasciai la squadra subito dopo che tornammo da Kobe per dedicarmi allo studio e così anche Akira, Mika, Owada e Kaname.
Taoka mi chiese di tornare a trovarlo qualche volta e io accettai, dovevo tanto a quell'uomo.
E' stato grazie a lui che sono diventata quello che sono diventa, è stato grazie a lui che mi sono resa conto che il basket non è una questione personale, è stato grazie a lui che sono diventata meno presuntuosa, meno egoista, meno inesperta, meno infantile.
Gli dovevo la me stessa di adesso e io che credevo che il basket fosse un mondo che non centrava nulla con la mia vita privata.

Tomoko e Kaede non stavano più insieme.
All'inizio Tomoko non riusciva a capirlo anche perché Kaede non le aveva dato nessuna spiegazione, al suo solito.
Glielo chiesi io ma mi disse che si trasferiva a Tokyo per dedicarsi completamente al basket in una squadra che lo avrebbe retribuito e pagato gli studi lì e che una relazione a distanza a lui non andava per nulla.

Yukari e Yazawa stavano ancora insieme per quanto ne sapevo dopo un po' che non li vedevo.

Mika si era messa insieme ad un ragazzo della nostra scuola che io non conoscevo.
Non ristabilii mai più i rapporti con lei, rendendomi sempre più conto che la vita non era una favola a lieto fine, per quanto io potessi sperarci ancora.

Yumi, che ormai era diventata la mia migliore amica con Tomoko e Aoi, era ancora single e io penso per scelta, dato che sapevo che piaceva a molti ragazzi, compreso Akira che spesso mi diceva di pentirsi di averle detto di no. Mi aveva detto che come Rukawa, anche lei sarebbe andata a giocare nella squadra femminile a Tokyo per guadagnare facendo qualcosa che ama.

Noi quattro uscivamo spesso insieme e io mi divertivo in modo incredibile con loro anche perché le loro vite parevano una soap opera, con tutti dei problemi amorosi che si accavallavano con scuola e divertimento creando un casino incredibile come a me era già successo.

Lo stato fisico di Akira peggiorava di mese in mese.
Era sempre più debole e una sera mentre lo stavamo facendo fu costretto a smettere per paura di restare bloccato.
Restò a dormire con me, nel mio letto e mia madre ci vide tornando dal lavoro.
La mattina dopo non mi disse nulla, anzi, mi sorrise e mi disse che era sempre più orgogliosa di me.

Ad agosto, dopo qualche mese di università e due esami dati per entrambi, eravamo andati in vacanza insieme, solo io e lui.

A novembre, lui era stata ricoverato già quattro volte e i medici dicevano che molto probabilmente non avrebbe raggiunto l'estate.

Lui sorrise rassegnato e mi strinse la mano e la sua forza era evidentemente diminuita.


***

Quel pomeriggio di dicembre, ero in casa a mangiare la mia tazza di cereali, davanti ai libri di economia che dovevo studiare per l'esami di gennaio quando lui mi telefonò chiedendomi di uscire.
Accettai anche se faceva molto freddo.
Diceva che doveva chiedermi una cosa urgentissima e io presi sciarpa,guanti e cappotto e uscii.

Lui lo incontrai mentre mi dirigevo verso casa sua.
Stava venendo a prendermi per essere certo che uscissi.

- E' bello sapere che dopo anni di relazione tu non ti fidi di me…-
- Il tuo tono non trasmetteva certo fiducia…- mi dice sorridente
- Guarda che io ho freddo,cosa avrai da chiedermi di così importante? -
- Vedrai,vedrai…- mi dice mentre lo prendo a braccetto,infreddolita,cercando nel suo corpo,quel calore che ben conoscevo e che mi rassicurava sempre.

Lui,ogni tanto mi guardava e io ne ero appagata.
Mi piaceva quando mi guardava e poi sorrideva.
Era come se avessi la conferma che gli piacevo ancora,che vedeva in me ancora l'apparenza, quell'apparenza che si supera un giorno in cui il viso diventa famigliare.
Ed era bello e lui non lo sapeva nemmeno quanto quel suo gesto quasi involontario,mi piacesse.

Lo strinsi più forte e lui mi guardò sorpreso.

- Hai paura che scappi e ti lasci al freddo da sola? -
- Non si sa mai…-

Prendemmo il treno per Yokohama.
Arrivati alla stazione attraversammo la città e arrivati in una zona un po' deserta,capii che ci dirigevamo verso la spiaggia.
Lui sapeva che il mare mi piaceva,così come sapeva che i miei giorni preferiti erano quelli privi di sole,quelli nuvolosi ma asciutti,in cui le cose sono nitide e chiare agli occhi.
Scendemmo verso la scogliera,lui mi teneva per non farmi cadere da quelle scale artificiali talmente ripide,che era meglio che non le avessero fatte. Tenevo stretta la sua mano e a poco a poco,arrivammo alla spiaggia.
Il mare era mosso,le onde sbattevano violentemente contro la scogliera,ma cambiavano comportamento davanti alla spiaggia,infrangendosi quasi con grazia e pacatezza.

- Ma non siamo ancora arrivati? Non puoi chiedermi questa cosa adesso invece che farmi gelare? -
- Quante lagne. Se non la pianti ti lascio qui e me ne vado…- mi dice fingendo di andarsene,ritornando sui suoi passi

Mi volto finta sconvolta:

- Non puoi lasciarmi! Adesso ritorni qui e mi dici quello che mi devi dire! -
- Siamo pure arrivati agli ordini! - mi risponde ironico lui,mettendo le mani in tasca e tornando da me.

Ci avviamo verso la parte di spiaggia che diventava scoglio.
Ci ritroviamo a camminare tra rocce umide che profumano di alghe e sale.
Lui mi fa strada tenendomi per mano,osservando la sua schiena larga che mi trasmette tanta sicurezza
Anzi,diciamo che lui mi trasmette sicurezza,con ogni sua parte,con ogni suo gesto,con ogni suo sguardo.

- Siamo quasi arrivati…- mi dice mentre continuiamo a camminare.

Arriviamo quasi alle pendici di un promontorio e non capivo dove volesse andare,visto che la strada era bloccata dall'insenatura.
Svolta verso destra,avvicinandosi al mare.
Si ferma sull'ultimo scoglio sporgente dal mare e si mette a guardarmi serio, mi prende la mano e si inginocchia davanti a me.
Io lo guardo confusa.
Lui sorride ed è evidentemente imbarazzato.
Mi apre il cofanetto contenente un anello d'oro bianco sovrastato da un diamante.

- Vuoi sposarmi Shii? -

Io deglutisco e sprango gli occhi incredula.
Gli occhi mi diventarono lucidi mentre lui diventava sempre più imbarazzato.

- Ti prego,rispondimi che il mio orgoglio ha già mosso guerra al mio cervello…-

Mi inginocchio davanti a lui e lo abbraccio scoppiando a piangere.
Gli rispondo un fievole "sì" che non so se sentì ma percepii il suo abbraccio,forte e rassicurante come da tempo non era.

- Volevo che fosse bello, come sarebbe potuto piacere a te - mi dice mentre io non ho alcuna intenzione di staccarmi da lui.

Lui si alza e capisce le mie intenzioni.
Resto abbracciata a lui per un bel po' di tempo.
Lui si siede su uno scoglio asciutto e osserva il mare mentre io gli accarezzo il viso con la mano tremante e ornata del suo anello.

- Ti sei ricordato… - gli sussurro

Lui mi bacia sulla tempia.

- Tutto ciò che tu mi hai detto,io me lo ricordo…-
- Hai anche accantonato il tuo orgoglio…-
- Ci sono cose che valgono di più - mi dice baciandomi

MI accarezza il collo e sorride.

- Ti sei messo in ginocchio per me! - lo canzono mentre decido fosse giunto il momento di staccarmi da lui e avviarci verso la stazione.
- Non credere che faccia altre cose assurde solo per soddisfare i tuoi desideri! - mi ammonisce subito.

Ma tanto sapevo che è tutto fumo e niente arrosto.

Verso l'imbrunire, mi alzo e lui decide di riaccompagnarmi a casa.

Lo prendo per mano e gli sussurro un "ti amo" che sono certa lui sentì.

Continua…




 

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