In
attesa dei cyborg. Nuova versione
Le mie fanfiction sono, in ordine cronologico: "In attesa dei cyborg"(giugno
2001), "Dopo il Cell-game"(luglio2001), "Bulma e Iamko:
fine di una storia"(ottobre 2001), "Sul pianeta Vegeta"
(febbraio 2002). A diversi mesi dalla stesura della prima storia, non
essendone particolarmente soddisfatta, nonostante i complimenti ricevuti
calorosamente da tante persone, ho deciso di scriverne una nuova versione.
Consiglio, però, di leggere prima, per chi non l'avesse già
fatto, "Bulma e Iamko: fine di una storia", di cui questa costituisce
il seguito.
Parte II
Rannicchiò le gambe al petto, tremando e battendo i denti, preda
del terrore e del gelo che sopravvenne. Il suo petto si sollevava al ritmo
di singulti indeboliti, accompagnati dal tacito fluire di grosse stille
di disperazione.
Un tizzone ardente le era penetrato nella tenera carne della sua femminilità,
trapassandole ogni punto del corpo. Nulla in confronto al fuoco che distruggeva
adesso la sua esistenza, dolosamente appiccato da un saiyan frustrato
dalla propria.
Con orrore scorse una macchia di sangue lì dove era prima distesa.
"Dio mio
" la mano con cui si toccò tra le gambe
si imbrattò dello stesso colore carminio.
"Che cosa mi hai fatto, Vegeta? Cosa mi hai fatto
".
Incominciò a piangere straziatamente, piegata in due su quel letto
d'amore e di violenza, schiacciata dall'insostenibilità di una
insormontabile desolazione.
Era la fine di tutto
credette che anche di morte sarebbe stato quel
letto tanto era soffocante il pianto.
Quelle spinte animalesche, quegli occhi compiaciuti del dolore arrecato,
una mano passata sulla bocca satolla
era di quanto più disgustoso
e riprovevole Vegeta le potesse dare
e di quel torbido atto lei si
sentiva sudicia fuori e dentro.
Non riusciva a scacciare la sequenza di quelle immagini marchiate sulla
pelle e nella mente, il suggello del sangue che ne era sgorgato.
"Speri di uscire vive da sotto le sue lenzuola?! Vegeta è
un animale
un selvaggio
" le parole di Iamko a ricordarle
la terribile natura ferina di quell'essere immondo, conosciuto adesso
nell'apoteosi della sua perversità.
Perché l'avesse fatto era una domanda che ora non trovava spazio
nella sua prostrazione.
Quelle spinte
quegli occhi
quella mano
No! Non ne poteva più!
Si sollevò piano, col timore di rompersi ulteriormente. Si trascinò
fin nel bagno, accucciandosi sotto il getto freddo della doccia, per purificarsi
di quel sudiciume astratto di cui le pareva di sentire perfino l'odore.
Con chi condividere ora quel dolore troppo grande a sostenersi da solo?
"Te lo avevo detto
" le avrebbe detto Iamko.
"Come hai potuto innamorarti di in individuo simile
?"
sarebbe stato l'eco del Genio.
"Perdonalo
ha ancora bisogno di tempo
" le parole
misericordiose di Goku.
Uscì dalla cabina avvolgendosi in un accappatoio. Si toccò
piano nella parte intima notando che non fuoriusciva altro sangue. Nondimeno,
sapeva che una visita in ospedale andava rigorosamente eseguita per accertarsi
che nulla le avesse lacerato, ma per ora anche raggiungere il letto appariva
una fatica estenuante.
Vi si adagiò piano, stringendosi al cuscino, con gli occhi troppo
gonfi per lacrimare ancora.
Solo nel sonno poteva trovare pace
fosse la morte sarebbe stata anche
meglio.
Un mattino uggioso la sorprese al risveglio, così confuso e sconnesso
da darle per un istante l'illusione che fosse stato tutto un brutto sogno.
Ma quella macchia di sangue era ancora lì
uno schizzo dai
contorni bizzarri e dal colore macabro a risaltare sul bianco del cotone.
Pioveva su di un giardino di cui non si riconosceva più il colore
dei fiori e la compostezza delle siepi. Era ovunque melma e fogliame spezzato.
Indossò la vestaglia, non si guardò nello specchio, per
la prima volta uscì da quella stanza senza accertarsi del riflesso
della sua immagine.
Voleva appurare il ritorno dei suoi genitori, prima di decidersi ad andare
in ospedale.
Camminò con lentezza lungo il corridoio che conduceva al soggiorno.
Aveva perso la sua elasticità, il suo modo di muoversi flessuoso
e nervoso. Ora aveva la stessa andatura di un convalescente.
Si fermò nei pressi della cucina: tutto era nell'ordine in cui
lo aveva lasciato la sera prima.
Era molto presto, i signori Brief non avevano fatto ritorno, forse neanche
Vegeta si era ancora destato, sempre che fosse riuscito a chiudere occhio.
Le girava il capo, il cuore aveva preso d'improvviso ad aumentare il suo
ritmo, la salivazione era aumentata d'intensità. Era sul punto
di vomitare
Corse verso il cestino dei rifiuti, rigurgitando solo inconsistenza. Vacillante,
raggiunse il lavello, dove con acqua gelida sciacquò la bocca.
Si andò a gettare infine su una sedia, poggiando stancamente il
capo sul legno duro del tavolo.
Lo alzò solo quando riconobbe la cadenza inconfondibile dei suoi
passi: Vegeta
Per un istante il saiyan pensò che lei avesse passato lì
tutta la notte.
Con quel pallore esangue, i capelli scarmigliati ed una vestaglia indosso
sembrava cagionevole seriamente di salute.
Lei abbassò con inquietudine lo sguardo, non sentendosi pronta
a vederlo, percependo un brivido lungo la schiena. Provava paura e vergogna
ancora, avrebbe solo voluto correre via, lontana da lui, dal suo stupratore.
Come doveva comportarsi? Far finta che non fosse accaduto nulla?
E se avesse provato a farle ancora del male?
Vegeta la ignorò invece, interrogò a lungo il frigorifero,
preparandosi poi un enorme ciotola di latte in cui mise a mollo un'abbondante
porzione di cereali. Si sedette, consumando la sua prima, leggera colazione.
Bulma non lo guardò. Non si accorse delle profonde occhiaie che
solcavano il volto granitico di lui, segno di una notte insonne e turbolenta,
dove all'ebbrezza della vittoria era seguita la lucidità dell'atto
compiuto.
Un senso di colpevolezza forse
era la prima volta che si affacciava
nel suo animo
era quello a turbarlo, oltre all'insoddisfazione che
un amplesso violento e prepotente non gli fosse piaciuto come aveva dato
a credere.
Tuttavia, ancora troppo egoista per rendersi conto del dolore insondabile
che aveva scavato in lei
così piena di vita solo il giorno
prima e adesso distrutta
vittima immolata di un empio sacrificio
l'aveva
uccisa e sfregiata comunque
Consumò in fretta la colazione, percependo lui stesso quanto ingombrante
fosse divenuta la sua presenza.
Si allontanò dal tavolo, più in fretta che poté,
quando:
"Perché lo hai fatto?".
Appena percettibile la domanda eppure abbastanza intrepida da farlo voltare
a guardare la fonte di quell'interlocuzione.
Lei ancora con gli occhi calati
un cipiglio appena distinguibile
di rancore
"Che bisogno avevi di prenderti in quel modo violento quello che
io ti avevo già dato spontaneamente?".
Si portò una mano alla fronte pallida, come a sostenerla dal peso
eccessivo di quei tormentati pensieri:
"Neanche la prima volta
quando entrasti in camera mia quella
sera
pensai che tu fossi veramente in grado di farmi quello che mi
hai fatto ieri
".
Più la fissava più incominciava ad accorgersi di averla
distrutta
lei che sembrava così infrangibile
aveva reso
quel viso adorabile una maschera cerea
perfino la modulazione tanto
armoniosa della sua voce aveva ceduto il posto ad un tono inflessibile
e scostante.
Aveva sbagliato, non era questo quello che voleva veramente. Aveva scelto
la via più meschina per allontanarsi da lei, ma, schiacciato da
uno sconosciuto rimorso, aveva toccato il fondo.
Ora si sentiva perfino peggio
"Ho fatto tanto per te ed in cambio ho ricevuto solo disprezzo
lo
avessi saputo prima avrei ragionato di più sulle mie scelte
".
Ancora silenzio
"Non mi interessa neanche sapere perché lo hai fatto
un
oltraggio simile può averlo solo predeterminato un vile
".
Dove voleva arrivare? Sembrava ancora lontana da un punto di sfogo effettivo
quelle
parole avevano solo il suono di riflessioni amare
"Ti illudi se pensi che io ti chieda scusa
" parlò
finalmente lui "
questo può essere il prezzo di stare
con un saiyan
".
"Scuse?" sogghignò lei "
francamente non so
che farmene".
Spostò lo sguardo in direzione dell'ampia vetrata, osservando il
grigiore del cielo:
"Voglio solo una cosa Vegeta
" lo guardò finalmente
"
c'è una navicella, a cui mio padre ha lavorato per
parecchi mesi, è ormai pronta
" il cielo rintronò
ancora "
prendila e vattene via
".
Lo spiazzò la freddezza di quella decisione, per quanto neanche
il riflesso di un muscolo lo scompose.
"Te ne devi andare, hai capito?!" si alzò dalla sedia,
sbattendo un pugno sul tavolo.
Eccola
la rabbia vera era sopraggiunta
Rovesciò tutto quanto fosse sul tavolo:
"Sei solamente un vigliacco
un vile!" gridò e gridò
fuori di ogni controllo.
Non le bastò, aveva trattenuto tutto dentro troppo a lungo. Si
avvicinò a lui, colpendolo con tutta la forza pur sapendo che era
invano:
"Vattene via! Non voglio più vederti! Via da questa casa,
dai miei occhi!" scivolò a terra, ai suoi piedi, piangendo
angosciosamente.
"Via
via
!" scuoteva il capo.
Vegeta si allontanò alla fine.
Solo dopo alcuni minuti sentì un rombo di motori che annunciava
la sua dipartita.
"Aaaahhh!" fu l'ultimo urlo straziante, piegata in due sul freddo
impiantito.
Era la scelta migliore
sì
doveva esserlo
per sé
stessa e per la creatura che, sapeva, le stava crescendo dentro.
* * *
Al quinto mese di gravidanza, una mattina
qualunque, in un bar in cui era entrata solo per assecondare l'istinto
famelico che le ruggiva dentro per buona parte della giornata, non si
sarebbe mai aspettata di rincontrare dopo tanto tempo, proprio lui, Iamko
(Leggi: "Bulma e Iamko: fine di una storia").
Pensava che non sarebbe mai stata pronta abbastanza per rivederlo ed invece
addirittura lo aveva invitato a sedersi al suo tavolino, dove, scambiata
qualche chiacchiera, aveva schivato un tentativo di ravvicinamento da
parte di lui mostrandogli prontamente, non senza un minimo di imbarazzo,
il segno evidente della sua gestazione.
Non le aveva neanche chiesto chi fosse il padre, con uno sguardo affranto,
il giovane aveva intuito subito che si trattava di Vegeta. Non altrettanto
perspicace era stato nell'accorgersi che lei mentiva quando gli aveva
fatto credere che Vegeta fosse a casa ad allenarsi in attesa dello scontro
con i cyborg.
Non era pronta a parlare con nessuno della sua storia con il saiyan né
della fine umiliante del suo idillio. Neanche Iamko, che pur così
bene la conosceva, avrebbe mai potuto capire del perché si fosse
innamorata di quell'essere rude, e raccontare del motivo per cui non stavano
più insieme, ora che aspettava un bambino, era riconoscere giustezza
ai suoi avvertimenti.
Era stata però sincera nel manifestare la contentezza di quel concepimento
e l'orgoglio che ad essere il padre fosse, nonostante tutto, proprio il
principe dei saiyan.
Nonostante il rancore che ancora sentisse per lui, non era dalla violenza
che quell'innocente creatura era stata plasmata.
Frutto di un amore
no
parola troppo astrusa per un saiyan
Frutto allora di quel compromesso fra orgoglio e desiderio a cui lui ogni
sera irrimediabilmente scendeva
Frutto forse solo di illusioni
le sue
Iamko, sconvolto da quella sorpresa, non si era neanche accorto di quella
patina di opacità che sfumava impercettibilmente il suo fresco
sorriso ed il limpido dei suoi occhi.
Aveva saputo fingere bene, semplicemente.
Fingeva da mesi che stesse bene, che potesse vivere da sola anche senza
di lui, che per crescere un figlio non avesse bisogno di una presenza
distaccata ed ugualmente inesistente.
A volte se ne convinceva al punto tale da non chiedersi più cosa
lui stesse facendo ed in quale punto dello spazio avesse arrestato il
suo cammino.
Bandito dalla sua casa e oramai dal suo cuore
tanto da sperare che
quella creatura, maschio o femmina che fosse, non avesse il suo sguardo
ed i suoi occhi.
Occhi dannati
di demone e di ammaliatore
per quanto tempo aveva
amato perdersi in quel buio
così tanto da restarne alla fine
inghiottita.
A volte nel sonno l'avevano perseguitata, lasciandola trasalire in un
bagno di sudore sia che li sognasse annebbiati dalla perversione di quella
notte di violenza, sia dalla passione delle volte precedenti.
Quanto aveva sofferto
solo toccandosi il ventre sentiva che avrebbe
tratto da lì la forza per andare avanti.
Strano per la ragazzina romantica e sognatrice che un tempo era stata
ma
non aveva bisogno di Vegeta, non aveva bisogno più di alcun uomo.
Avrebbe vissuto solo per suo figlio, sarebbe stato lui la sua unica felicità.
Non avesse conosciuto Gohan e la sua indole serafica, avrebbe temuto che
il figlio di un saiyan non si sarebbe sottratto alla malvagità
innata della propria stirpe. Ma il sangue terrestre avrebbe temperato
quella natura estrema e l'aria salubre della Terra estirpato definitivamente
la malignità di quella radice.
Sarebbe stato un figlio unico e speciale.
Con una tal speranza, non erano rari perfino i momenti di buon umore,
in cui, senza alcuna simulazione, sembrava aver superato alla grande ogni
problema.
Anche quella mattina si sentiva bene, forse per l'incontro con un caro
vecchio amico, forse per le spese abbondanti che aveva fatto in vista
del corredino per il suo bambino.
Si era accontenta nel frattempo di scegliere esclusivamente colori neutri,
giacché la coda impediva di conoscerne ancora il sesso.
Rientrò in casa, canticchiando uno sconosciuto quanto allegro motivetto.
La sua vita sembrava normale come un tempo, spensierata ed amena.
Sul tavolo del soggiorno poggiò il peso dei suoi acquisti, riguardandoli
ad uno ad uno e commovendosi alla tenerezza di quei ricami delicati di
orsetti, conigli e fiorellini.
Con delicatezza li ripose nelle loro singole scatole, chiedendosi intanto
che fine avesse fatto sua madre.
"Sono andata a fare la spesa
" annunciava un biglietto
incollato al frigo.
Ma solo il giorno prima avevano fatto abbondanti rifornimenti, sufficienti
a sfamarli un'intera settimana. Non attendevano neanche degli ospiti e
da quando non c'era più Vegeta le riserve alimentari finivano perfino
per scadere intatte.
Si sedette sul divano frattanto, accorgendosi come ogni sforzo incominciasse
ad essere fonte di dolori alle schiena e alle cosce.
Stava quasi per addormentarsi, cullata dall'insolito silenzio di quella
mattina e dal ticchettio monotono di un orologio, quando un rumore di
passi alle sue spalle le fece sbarrare gli occhi.
No
non era possibile
per quanto tempo potesse passare non avrebbe
mai dimenticato quell'inconfondibile cadenza.
Si voltò verso la direzione del movimento
ma
non era
lui
non Vegeta
Quale divinità le si parava innanzi adesso nel suo fulgore sublime
non l'aveva invocata ma ugualmente benevola era discesa da un qualche
tempio celeste
Foggiata nell'oro puro la sua chioma
di bronzo iridescente la sua
aura
un azzurro cristallino a cangiargli uno sguardo insostenibile
Portamento fiero di un dio di guerra
non fosse stata per quell'armatura,
non l'avrebbe mai riconosciuto.
"Tu
".
"Lieto di accorgermi del tuo stupore
" parlò il
super-saiyan spezzando l'immagine onirica che aveva suscitato.
"Vegeta
che
cosa ci fai qui?" spiccicò sconvolta.
"Ho avuto dei problemi al motore
tuo padre sta riparando la
navicella
".
E così, alla fine, aveva saputo anche lui sprigionare la luce impareggiabile
del super-saiyan.
Quali universi aveva dovuto esplorare
quanti popoli annientare
di
quale rabbia esplodere per trascendere quel limite irraggiungibile
?
Era bastato alla fine trovarsi su un comune sasso, raggiungere la saturità
della frustrazione di cui era pieno nell'ennesima constatazione della
sua inammissibile inferiorità, per avvampare di un oro raro e pregiato.
In quell'istante, mentre una pioggia di meteore si dissolveva a contatto
col suo fuoco, aveva addirittura dimenticato chi fosse.
Nonostante l'impurità del cuore, faticosamente aveva emulato le
orme di un guerriero di volgare livello.
Malvagità allo stato puro
l'unica fonte di purezza nel luridume
del suo animo
e se invece un piccolo pertugio si fosse effettivamente aperto a
rischiarare debolmente le tenebre del suo cuore? Se la distrazione per
una terrestre, con tutte le conseguenze che aveva portato, fosse stato
il logorio che aveva consunto quella pietra?
Non solo dalla rabbia, ma anche da quel barlume di sentimenti puri, che
invano aveva tentato di occludere, poteva essersi sprigionata forse la
fiamma d'oro del super-saiyan.
"Allora spero che tu sia già pronto per partire. Mi sincererò
personalmente che mio padre sia molto veloce nella riparazione
"
si mosse nella direzione dei laboratori.
"In verità ho tutta l'intenzione invece di fermarmi
"
la richiamò.
Per un istante solo durò la paralisi di lei:
"Di certo
non posso impedirti di restare sulla Terra, ma non
in questa casa. Non ti voglio qui
" fu lapidaria.
"Che peccato
" sorrise sardonico "
tua madre
invece ha già pensato bene di invitarmi a restare per tutto il
tempo che voglio
".
"No!" sbottò indispettita "
verme che non sei
altro
io non ho dimenticato quello che hai osato farmi
voglio
che tu te ne vada adesso stesso!".
"Ti ripeto che, volente o nolente, ho già deciso che resterò
qui. Dopo mesi di vita sacrificata, intendo godermi gli agi di questa
casa ancora per un po'
".
"Ti sto cacciando Vegeta
dov'è finito il tuo orgoglio?
Non dirmi che ora che ti sei ossigenato i capelli non hai più un
po' di amor tuo?" atteggiò la bocca ad un ghigno molto simile
a quello suo "
se sei ancora così orgoglioso
non
dovresti intestardirti a voler restare in un posto in cui già una
volta fosti cacciato via...".
"Non ho perso la mia dignità" incrociò le braccia
"ma devo rammentarti che io non accetto ordini. Se resto o non resto
qui, non è certamente perché me lo hai imposto tu
".
"E allora perché?!" era sul punto di imbestialirsi seriamente.
Sapeva che ormai non c'era più molto da fare, conoscendo troppo
bene la sua ostinazione.
Perché era tornato proprio adesso che era riuscita a trovare un
nuovo equilibrio mentale ed una rinnovata serenità?
Il petto aveva preso a sollevarsi ansante. Il ventre gravido attirò
tutto ad un tratto l'attenzione di lui:
"Ti trovo ingrassata dall'ultima volta
".
Fu allora che lei avvampò definitivamente in un accesso incontrollato:
"Imbecille che non sei altro!" l'apostrofò "
così
ottuso da non capire neanche che sono incinta!".
Tacque di colpo. Tacquero entrambi, l'una spiazzata dal modo ardito della
rivelazione, l'altro conservando più contegno.
Arduo dire cosa passasse nella testa del saiyan in quel momento. Tuttavia,
un balenio negli occhi tradì un filo di sorpresa.
Bulma cercò di recuperare compostezza:
"Comunque
" riprese con tono ostile "il bambino non
è tuo" incominciò a mentire con fredda lucidità
"
sai
non mi sono certa disperata per la tua assenza
non
avevo motivo alcuno per rimpiangerti
ho avuto altri amanti nel mio
letto
".
Decisa ed astiosa era la sua voce:
"E' già da un po' di tempo che
" gli voltò
le spalle, prendendo con noncuranza a sistemare le scatole sul tavolo
"
che ho ripreso a frequentare Iamko
te lo ricordi?"
gli chiese maliziosa "ebbene
il bambino è suo
del
resto
dopo tutto il tempo che siamo stati assieme
era giusto
che lo ripagassi con qualcosa
".
Vegeta continuò a fissare le spalle di lei, che con disinteresse
riapriva e richiudeva gli acquisti del giorno.
Le sue braccia nervose
i dolci glutei
le gambe flessuose
la
gravidanza non aveva alterato quei particolari che un tempo l'avevano
avvinto.
Allora giurò che l'avrebbe uccisa senza pietà se qualcun
altro, prima o dopo di lui, avesse assaporato fino in fondo le piacenti
meraviglie del suo corpo, godendo dei suoi sospiri e delle sue languide
carezze, come a lui era stato concesso.
Bulma, dandogli ancora le spalle, non si accorse dell'espressione dura
del suo viso, né di un impercettibile spostamento d'aria.
Sentì solo d'un tratto due braccia nerborute stringerla da dietro
con possesso e fermarsi sul suo grembo tondo.
Restò intontita prima di realizzare cosa stesse accadendo.
Stava per ucciderla
aveva osato sfidarlo troppo
Eppure le mani di lui si erano solo posate lievemente sul suo stomaco
e non parevano intenzionate ad esercitare alcuna pressione mortale.
Senza osare nessuna opposizione, inevitabilmente si scontrò col
calore del suo corpo scolpito, con quel profumo maschio che emanavano
i suoi pori, fino ad inibirle qualsiasi reazione.
Se quello era il tentativo di una minaccia, allora tra quelle braccia
stesse sarebbe voluta morire.
Aveva già chiuso gli occhi alla sua disfatta, quando si sentì
sussurrare nell'orecchio, a denti stretti:
"Bugiarda
".
Vegeta la liberò dalla presa, scostandosi da lei, che si riprese
barcollando quasi:
"Che
che cosa vuoi dire?" balbettò.
"Che se a Iamko è spuntata la coda
allora quello è
effettivamente suo figlio".
Doveva aver percepito l'aura del bambino
di certo non c'era altra
spiegazione
pensò lei a bocca aperta.
Abbassò lo sguardo poi:
"Sì
è tuo figlio, già sapevo di tenerlo
in grembo ancor prima di mandarti via. Se quella notte non mi avessi trattata
in quel modo l'avresti saputo
invece per colpa tua, fui quasi sul
punto di perderlo
" un velo penoso sugli occhi ad indicare quanto
ancora quel ricordo le dolesse.
"Ma non preoccuparti
" inghiottì le lacrime "né
io ti sarò più d'impiccio né questa creatura, maschio
o femmina che sia
".
"E' un maschio" annunciò subito.
"Davvero?" sentì il grembo sussultare.
"Certo!" confermò con sdegno "come hai anche potuto
pensare che il principe dei saiyan generasse per primogenito un'inutile
femmina?".
"Ad ogni modo
" si risentì "
mio figlio
non sarà come te
sarà un bambino buono e giusto
.proprio
come Gohan
lui ha anche il mio sangue
" ribatté
prontamente, precisando i diritti che aveva su di lui "
crescerà
qui con me, sulla Terra, non mi importa che abbia un padre
anzi non
voglio neanche che tu lo veda
da te avrebbe solo pessimi esempi
".
"Non ti scaldare
" la frenò Vegeta "
per
quel che mi riguarda, puoi farci quello che vuoi, non so che farmene di
un moccioso
".
Si avviò verso la porta, tornando a voltarsi prima di congedarsi
definitivamente:
"Fossi in te poi
" le disse ancora "
non guarderei
così avanti nel futuro
tuo figlio potrebbe non aver ancora
imparato a discernere la luce dal buio quando giungeranno i cyborg
"
sogghignò spietato, contento di averle messo timore.
"Ci sarà Goku a sconfiggerli!"
"No! Io li ucciderò!" puntualizzò infuriato, andandosene
poi via.
E così il principe dei saiyan era ritornato
una vecchia vibrazione a palpitare in quelle stanze
una nuova ventata a rigenerarne l'aria stantia
* * *
Eppure non fu tutto come un tempo,
non come lo ricordava lui.
Sì
la stessa stanza
lo stesso cibo
la medesima camera
gravitazionale
perfino gli stessi ritmi quotidiani
ma qualcosa
non era più come allora
Un profumo in meno ad impregnare l'aria intorno a lui
Una luce in meno a rischiarare le ultime ore della giornata
Perfino il cielo di quel pianeta gli pareva più grigio senza il
confronto con l'azzurro dei suoi occhi e dei suoi capelli
Non sapeva bene se tutto questo gli mancasse o dovesse essere lieto di
non averla tra i piedi come un tempo.
Per quanto preferisse ammettere la seconda delle due prospettive, in cuor
suo sapeva che quell'insopportabile terrestre aveva saputo rendergli lo
sgradito soggiorno sulla Terra più piacevole di quanto avesse previsto.
Bulma si faceva vedere molto poco, semplicemente evitava di incontrarlo.
Non trovava più lei a preparargli da mangiare, ma quella detestabile
madre dai modi gentili quanto fastidiosamente insistenti.
Aveva anche smesso di lavorare, pareva che trascorresse gran parte delle
sue giornate distesa oziosamente sul letto o temporaneamente sul divano,
da dove gli rivolgeva solo una briciola dell'attenzione riservatagli un
tempo.
Niente più sorrisi, dolci insistenze, neanche furibondi litigi.
Solo poche domande, qualche risposta monosillabata ed un mare di freddezza.
Era evidente che lei non gli avesse ancora perdonato la violenza di quella
notte, che intendesse farglielo pesare ancora per molto.
"Sciocca
se pensa che io possa chiederle scusa
" aveva
riflettuto tra sé parecchie volte "sto meglio così
non
ho bisogno di quell'oca
".
Era una sera come tante quando la vide entrare dalla porta della cucina,
mentre lui era sul punto di ultimare la sua sostanziosa cena.
Se lei avesse saputo cosa lui stava per riservarle, si sarebbe indiscutibilmente
tenuta alla larga dalla sua zona, o quanto meno avrebbe adoperato più
circospezione nel varcare i suoi confini.
Ugualmente, anche lui, se qualcuno gli avesse preconizzato il gesto che
irrazionalmente stava per compiere, avrebbe optato di prolungare i suoi
allenamenti almeno fino a quando non avesse visto la luce della stanza
di lei spegnersi definitivamente.
"Ah
sei ancora qui
" notò con noncuranza la
ragazza, portandosi verso i fornelli a preparare una tisana che la conciliasse
al sonno.
Il suo ventre si era ingrossato, i seni appesantiti, settimana dopo settimana
aveva visto il suo corpo mutare, anche Vegeta sapeva che ormai non mancava
molto alla nascita di Trunks.
Sarebbe stato quello il nome del bambino. Bulma lo aveva scelto senza
neanche consultare lui, che, ad ogni modo, non aveva risentito di quella
mancanza.
Ignorò del tutto la sua presenza mentre poneva la teiera sul gas
ed attendeva che l'acqua bollisse.
Al termine, versò il liquido caldo in una tazza che poggiò
sul tavolo, nell'attesa che la temperatura si abbassasse a renderlo bevibile.
Adagiò frattanto la sua mole appesantita su una sedia, proprio
di fronte a lui, gettando un'occhiata ad una rivista che lì era
stata lasciata. All'uomo sembrò che lei tollerasse perfino bene
quel silenzio di cui lui incominciava a sentirne il fastidio. Possibile
che gli fosse diventato così indifferente?
Bulma portò la tazza alla bocca:
"Ahi!" gridò d'un tratto scottandosi la lingua al punto
tale da far trasalire perfino il saiyan che prontamente non mancò
di sogghignare:
"Se basta così poco a darti dolore
mi chiedo come farai
ad affrontare un parto
" le disse ricevendo un'occhiata truce.
"Sta zitto! Meriteresti tu di soffrire al mio posto in quel momento
trovo
ingiusto che debba soffrire solo io per una colpa che principalmente è
la tua!".
"Colpa? Quale colpa? Di averi messa incinta, forse? Certe cose si
fanno in due
dovresti ricordarlo bene
" disse con molta
semplicità.
Bulma si era alzata, affrettandosi a porre dell'acqua fredda sulla gengiva.
Nervosa com'era, non sapeva neanche più cosa blaterava.
La data del parto si apprestava impellente e con essa cresceva il timore
dell'evento, di non sapere se fosse riuscita fino in fondo a sostenerlo.
Non era stato facile portare in grembo fino a quel momento il figlio di
un saiyan, soprattutto da quando quella piccola scimmietta aveva preso
a scalciare contro le sue viscere col vigore tipico della sua razza.
Le faceva così male in quei momenti che, nel delirio del dolore,
vaneggiava addirittura che stesse nutrendo dentro un essere dall'entità
demoniaca.
Il seme di Vegeta
Non era esagerato pensare che avesse potuto piantare una radice maligna
quanto la sua essenza
"Del resto
" continuò Vegeta come se avesse letto
nel pensiero i timori di lei "
è anche troppo pretendere
che il corpo fragile di una terrestre porti un fardello simile
".
"Cosa vuoi dire
?" si voltò bruscamente la giovane.
"Che il tuo corpo non è forte abbastanza per portare in grembo
un cucciolo saiyan
le femmine di Vegeta-sei, al mio vago ricordo,
avevano corporatura più robusta
".
"Questo non è un problema
" replicò Bulma,
convincendosi che lui le stesse di proposito mettendo paura "
non
sono la prima a partorire il figlio di un saiyan
prima di me l'ha
fatto già Chichi
".
Ma Chichi aveva Goku
lei nessuno
solo una madre più interessata
al corredino che alla sua salute
Mai una mano tenera ad accarezzarle il ventre gravido
Una presenza a darle conforto quando nel silenzio angoscioso della notte
la sorprendevano gli spasmi inattesi della gravidanza
"Inoltre
" soggiunse lei con acredine "bada agli affari
tuoi, ai tuoi allenamenti, io e te non stiamo più insieme
neanche
questo figlio ci lega
".
Quante volte aveva detestato sentirsi imporre quel legame
altrettanto
ora lo infastidiva quel diniego
"Lo hai già sottolineato parecchie volte
" replicò
avvicinandosi a lei "così tante che è divenuto un ritornello
patetico
".
Un cipiglio furioso ad incresparle sempre più la candida fronte
Quel ghigno che lui teneva sulla bocca sembrava volersi prendere gioco
di lei, che volesse farla intenzionalmente infuriare:
"Sono sicuro
" proseguì fermandosi ad un passo da
lei "che se non avessi avuto quell'enorme ingombro davanti
mi
avresti aperto le tue gambe esattamente come ti piaceva fare in passato
".
Lo schiaffo fu sonoro quanto doloroso.
Bulma si tirò la mano con una smorfia sofferente:
"Neanche il piacere di schiaffeggiarti posso avere!" gli urlò
stizzita "come ti permetti di rivolgerti con quel tono? Maiale!"
lo assalì con dei pugni che lui non schivò "io non
ho dimenticato quello che hai osato farmi quella notte
pensi che
solo tu possiedi orgoglio?! Io ti dico che ne ho tanto da non permetterti
mai più di toccarmi!".
Non capì subito cosa di insolente l'avesse fatta zittire.
Era qualcosa di morbido ed umido che aveva preso a conturbarsi intorno
alla sua lingua in modo impetuoso quanto paralizzante. A Bulma non restò
altro che assecondare quel bacio nonostante la punta della lingua indolenzita
dalla scottatura.
A contatto col calore del suo ampio torace, il bambino le sussultò
nel grembo.
Strano come tra le sua braccia non la cogliesse il timore che quel colpo
la potesse seriamente danneggiare.
Quel bacio poi fu sufficientemente lungo da consentirle di incominciarsi
a rendere conto di cosa vagamente stesse accadendo.
Perché la stava baciando?
Di certo per mostrarle come lei fosse debole, che l'avrebbe potuta riavere
tutte le volte che voleva, permettendosi ugualmente il lusso di trattarla
male a suo piacimento.
No
non poteva lasciarglielo fare
lei non era debole
.lei
aveva il suo orgoglio ed il suo onore da difendere
non poteva permettere
che lui diroccasse tanto facilmente la muraglia che aveva eretto a sua
protezione
Vegeta non la meritava
lui l'avrebbe fatta soffrire
ancora
in mille altri modi
e lei era già stanca oramai
Se lui era orgoglioso
lei doveva imparare ad essere implacabile
"Non ti permettere mai più!" si liberò con uno
strattone, portandosi a distanza da lui e fissandolo furente.
"Sei il solito insolente! Come ti sei azzardato a baciarmi di sorpresa?
Non cambierai mai! Non c'è nulla da fare
sei uno zotico approfittatore
mai
imparerai ad essere un gentiluomo
".
"Non lo sono mai stato
eppure ti piacevo
".
"Dici bene
" convenne col tono amaro "
mi piacevi
ora
non più
".
Con le gote infiammate ed il respiro a bocconi gli disse ancora:
"Io
non voglio che accada più
hai capito? Io ti
detesto! Non voglio più essere il tuo giocattolino! Ormai ho aperto
gli occhi
per me non significhi più niente
".
Avrebbe voluto gridargli ancora altro contro, ma dinanzi a quel sorriso
curvato a beffa, l'unico modo per non scoppiare definitivamente era retrocedere
e di corsa.
Vegeta la vide scappare via.
Si portò due dita ai lati dalla bocca, asciugando lentamente l'impronta
umida delle labbra di lei.
L'impulsività del suo gesto lo aveva lasciato alquanto sorpreso
ma
quanto
aveva desiderato farlo
* * *
Non c'è nulla di più
terapeutico per una gravidanza quanto il beneficio di un placido riposo
e Bulma aveva tutta l'intenzione di goderselo quel pomeriggio, quando
ormai solo una decina di giorni mancava alla conclusione dei suoi conti.
La penombra in cui era immersa la stanza procurava un fresco riparo dalla
calura dell'afoso pomeriggio.
Una brezza sottile attraversava la tendina, agitava lievemente le lenzuola
su cui era assopita, le accarezzava le gambe nude. Una vestina larga di
cotone leggero, dalla tenue tonalità paglierina, ricadeva morbidamente
sul ventre tondo, arrivando poco sopra il ginocchio.
Solo il ronzio di una mosca osava infastidire la quiete inviolabile di
quella pennichella pomeridiana.
Sbadigliò e flemmaticamente aprì gli occhi alla pace che
l'avvolgeva.
Quanto si sentiva bene
Poteva ormai dirsi pronta ad affrontare l'incontro col suo piccolo.
Sorrise al pensiero che tra non molto sarebbero stati rari i momenti di
riposo effettivo.
Povera Bulma
Non sapeva ancora che quel dolce risveglio stava per trasformarsi in un
incubo allo stato puro.
Si sentiva umida tra le gambe, come sudata. Portò una mano lì
ad accarezzarsi: anche questa si inumidì ed il colore era di un
rosso vivo!
Saltò inorridita giù dal letto, accorgendosi che la sua
vestina era chiazzata dello stesso sangue che imbrattava le lenzuola.
L'ennesima macchia di sangue
Più sconvolgente delle altre
le conseguenza potevano essere
terribili
Cosa le era accaduto? Lei non lo aveva sentito muoversi, invero non lo
sentiva dimenarsi dal giorno prima.
Quando sua madre accorse alle sue grida, la trovò in piedi piangente
a fissare quel sangue dai presagi nefasti:
"Tesoro
ma cosa
".
"Dimmelo, mamma, cosa mi è accaduto
" faceva tenerezza
come una bambina indifesa.
"Io non so
corriamo subito in ospedale
ora chiamerò
Vegeta
così volando
" provò a dire, ma:
"No!" urlò risoluta "non lo voglio neanche vedere
lui
non deve sapere
".
"Ma è il padre del tuo bambino
".
"NO! NO!".
Non voleva farsi vedere in quelle condizioni, dargli la soddisfazione
di non essere stata neanche in grado di portare in grembo il figlio di
un saiyan.
Intanto anche suo padre era accorso:
"Cara
credi di farcela ad arrivare fuori, o chiamo un'autoambulanza?".
Lei si appoggiò alla sua spalla:
"Non voglio perdere il mio bambino
" piangeva sforzandosi
a camminare.
"Non voglio..non voglio
".
Ci vollero entrambi i genitori a sostenerla. Lei non collaborava, atterrita
solo da quel pensiero angoscioso.
Che ne sarebbe stato di lei se avesse perduto quel figlio? Era l'unico
legame che le restava con Vegeta, l'unica cosa che lui le avesse dato.
"Andrà tutto bene
" la rincuorava lo scienziato.
E se fosse morta lei? Chi si sarebbe preso cura del suo bambino?
"Mio figlio
no
no
non è normale quello che
mi è accaduto
".
Sua madre le faceva aria sul viso sventolando un giornale. Sembrava che
ad ogni passo fosse sul punto di svenire.
"Dai
un altro sforzo e raggiungeremo l'air-car nel giardino
".
Il volto era stravolto in una maschera cerea, gli occhi quasi sbarrati
verso l'alto. La madre le asciugava il sudore:
"Non voglio perdere il mio bambino
" lo straziante mugolio
di una giovane disperata.
Quando Vegeta venne fuori dal trainer gravitazionale, rischiarava il giardino
una falce di luna.
Notò, non senza riconoscerne la stranezza, che in casa le luci
erano già spente. Eppure non era tardi abbastanza perché
tutti si fossero ritirati già a dormire.
In cucina non gli era stato preparato nulla da mangiare, ma prima di riempire
comunque lo stomaco, voleva accertarsi cosa fosse accaduto, avvertendo
un insolito presentimento.
Salì la rampa di scale, percorrendo agilmente il corridoio nonostante
l'oscurità. Si fermò presso una porta, era trascorso molto
tempo dacché vi si era fermato per l'ultima volta:
"Bulma!" chiamò, senza ottenere risposta.
Aprì piano l'uscio e trovato l'interruttore inondò di luce
la stanza.
Quella chiazza estesa di sangue risaltava sul candore delle lenzuola come
un faro nella notte.
Sbarrò gli occhi ugualmente abbagliato.
Avvicinatosi per ispezionarla, si accorse che questa era asciutta ma indubbiamente
recente.
Apparteneva a lei, lo percepiva distintamente dall'odore.
Cosa era accaduto? Mancavano ancora dieci giorni alla nascita
possibile
che un colpo di quel cucciolo avesse potuto sventrare realmente il suo
fragile ventre, come lui si era divertito a farle credere?
Intanto un richiamo lo induceva ad uscire dalla finestra e a prendere
il volo, il richiamo di un saiyan che aveva il suo stesso sangue.
Difficile reprimere quella voce, per quanto lui non l'avesse mai voluta
sentire, per quanto lui avesse voluto restare sordo al richiamo di quel
figlio venuto finalmente alla luce.
"E così sei nato
Trunks
"
Quando si introdusse di soppiatto dalla finestra nella stanza in cui Bulma
era stata ricoverata, trovò il piccolo a dormire in una culla.
"Lascia che ti guardi
per qualche istante solamente, prima di
andarmene via ed ignorare per sempre la tua esistenza
Non ti ho chiesto di venire al mondo, né lo ha scelto la tua madre
sconsolata
frutto di una passione che ci ha avvinti e che ora definitivamente
abbiamo bandito
sei questo solamente
Non aspettarti nulla da me
impara subito che un saiyan non deve mai
niente ad alcuno
Ed io sono troppo pieno di me per offrire la mia attenzione ad un essere
che qualche anno impiegherà per parlare e camminare e qualcosa
in più per discernere cosa sia giusto nella vita e cosa no
Strano, ma io, personalmente, non l'ho ancora imparato.
Essere padre è un ruolo di cui non conosco l'essenza e la funzione,
se non quella di averti generato
Un padre non l'ho mai avuto e se Freezer se ne avocava a volte l'attributo
allora
ti
confesso che mille volte è preferibile esserne nati senza
Meglio per te la mia freddezza, il mio silenzio, la mia assenza piuttosto
l'imitazione di quella che la mia educazione è stata
Sappi fin da ora che gli occhi, con cui adesso ti guardo, non sono quelli
commossi di un padre
ma di un guerriero che freddamente esamina la
sua prole e ne valuta la robustezza
In quel corpicino indifeso nascondi energia e vigore che mi lasciano sorpreso
quanto perplesso
Forse, se riuscirò a sconfiggere i nemici di cui attendiamo ormai
l'arrivo, potrei decidere di restare qui e far di te un combattente ardimentoso
strapparti
perfino da quella madre che ti renderebbe solo un debole sentimentale
Poco mi importa del risentimento che le cagionerai, ne ha fin tanto nei
miei riguardi oramai che mi ha detto chiaramente che neanche tu costituisci
più un legame
"
Si mosse verso il letto in cui giaceva
Bulma. Il volto era disteso e sereno, sembrava perfino che sorridesse
nel sonno:
"Pensare che ho creduto che tu non fossi neanche capace di generare
un saiyan
sciocco sono stato...dimenticando che ad un saiyan, al
principe, hai osato addirittura concedere tutto di te
Mi spiace quasi
ma tu lo hai capito
non sarò mai il tuo
compagno
il padre di tuo figlio
per questo mi rivolgi poco la
parola
ti ho deluso
Non vuoi che io ti sia solo amante
ma mi hai insegnato tu la forza
della passione, a farmi scoprire che oltre al piacere del combattimento
un uomo può godere anche di altro
potevi respingermi tutte
le volte che ti ho fatto visita nella tua stanza
se ero in me
se
avevo il giusto controllo delle mie azioni
me ne sarei andato
frustrato
e contrariato
ma lo avrei fatto
per il mio bene...
E adesso cosa pretendi da me?
Sono un animale solitario
non ho bisogno di legami per sentirmi completo
non
riesco ad accettare di dovermi conformare alla vita di voi terrestri
faresti
di me un debole solamente
Se fosse solo un po' di piacere carnale ciò che da me reclami
credimi
resterei
con te per altri mille anni
Ma penso di non essere in grado di darti altro
".
L'indomani, uscendo dal trainer gravitazionale,
si sarebbe imbattuto in Bulma e nella madre dal ritorno dall'ospedale.
La seconda spingeva un carrozzino, mentre l'altra la seguiva col passo
stanco, ma con un sorriso smagliante sulla bocca, che non mutò
neanche quando si accorsero della sua presenza.
"Vegeta, vieni a vedere tuo figlio!" lo esortò la simpatica
e svampita signora bionda.
Ma l'uomo non mosse un passo.
Senza risentirsene, Bulma lo oltrepassò alla volta della casa.
Adesso aveva uno strano ghigno sornione sulle labbra.
Sapeva che Vegeta aveva già visto suo figlio di nascosto
peccato
per lui che non si fosse accorto di aver lasciato un'impronta di fango
proprio sul pavimento
* * *
Non ne poteva più! Quel marmocchio
era nato da due giorni ed aveva già catturato l'attenzione di tutta
la famiglia Brief.
E lui? Si erano forse scordati della sua presenza? Neanche più
quell'oca bionda trovava a preparargli da mangiare!
Già il giorno prima aveva dovuto rimediare da solo a qualcosina
che gli tenesse a bada lo stomaco, ma adesso, trovare il frigorifero praticamente
vuoto era inammissibile!
Ne avrebbe detto quattro a chiunque di quella stramba famiglia gli fosse
capitato a tiro!
Su tutte le furie, uscì dalla cucina, imbattendosi proprio in Bulma
che, adagiata sul divano del soggiorno, allattava il suo piccolo:
"Ti sembra giusto
" esordì fermandosi davanti a
lei "
che lui mangi ogni ora ed io stia qui a morire di fame?".
Lei aveva una contrazione dolorosa sul viso roseo:
"Non ti ci mettere anche tu, Vegeta, adesso
non vedi che ho
già i miei problemi?".
Lui non capiva da dove questo provenissero:
"Non potevo immaginare che allattare fosse così doloroso
"
si lamentò stringendo i denti "
.pensavo che fosse dovuto
al fatto che lui è molto vorace
ma leggendo, ho scoperto che
molte donne nei primi giorni di allattamento hanno questo problema, almeno
fino a quando il capezzolo non si è assuefatto del tutto
".
Un lembo della camicetta le copriva il seno, lasciando scoperta solo una
mammella scura che il piccolo succhiava con la morbidezza della sua boccuccia.
"Allora?" incalzò il saiyan "ti ho già detto
che ho fame, ho tutto il diritto di mangiare di quanto lo abbia lui!".
Bulma incominciò a trovare quella situazione molto divertente:
"Non mi dire che sei geloso del tuo stesso figlio
" lo
pungolò piano.
Certo che incominciava ad esserne geloso se tutta l'attenzione era riservata
solo al lui
era geloso perfino di come il bambino succhiasse beato
e sazio al suo seno, quel petto amabile che lei gli aveva per sempre negato.
"Va bene
ti preparerò qualcosa da mangiare" concluse
notando che il bambino aveva terminato la poppata "
ma
me
lo devi tenere un po'
per fargli fare il ruttino
".
Vegeta divenne pallido come un cencio:
"Ma tua madre dov'è?".
La ragazza gli spiegò che era fuori per la spesa e che avrebbe
ritardato come suo solito:
"Ti conviene accettare se non vuoi morire di fame
" patteggiò
non lasciandogli scelta.
Quando gli mise il figlio tra le mani le circondò il cuore un calore
avvolgente, poco importava che Vegeta fissasse quella creatura come se
fosse un animaletto sconosciuto.
"Su
andiamo in cucina
ma mi raccomando
tienilo bene
e non lo stringere troppo. Per niente al mondo te lo avrei messo in braccio,
ma tu non mi hai lasciato scelta!".
Qualche pomodorino ed una porzione abbondante di pasta gli avrebbe tenuto
impegnato quello stomaco rumoreggiante fino a sera.
Vegeta fissava confuso ora il bambino ora lei che si affaccendava solerte
a preparargli da desinare, proprio come un tempo.
Il cipiglio e l'intonazione ostile avevano ceduto il posto ad un'espressione
distesa e conciliante.
Possibile che l'essere diventa mamma avesse assottigliato quel modo spigoloso
con cui lo aveva trattato negli ultimi mesi?
"Ti assomiglia
" disse Bulma ad un tratto, richiamandolo
all'attenzione.
"Io
io non ci vedo niente
" replicò lui senza
molta convinzione.
"Ma guardalo
.ha il tuo stesso sguardo corrucciato
spero
che almeno l'intelligenza sia la mia
" si mise a ridere di gusto.
Era questo avere una famiglia?
Tenere un figlio tra le braccia, guardare la propria donna preparargli
il pranzo, scherzare su qualche sciocchezza
aspettare magari che
si facesse sera per ritrovarsi in un letto
"Ehi
questo bambino tenta praticamente di succhiare qualsiasi
cosa!" si allarmò vedendo come Trunks aprisse la boccuccia
alla ricerca di qualsiasi cosa che gli riempisse le guance paffute.
"Non mi dire che ha già fame
".
"Avanti
muoviti
prenditelo
" la sollecitò
quando il bambino proruppe in pianto.
"Vieni piccolino
" lo riprese "
vuoi fare ancora
la pappa? Ma come devo fare con te!".
In quell'istante non pensò che sarebbe arrivata sera senza che
la fame di quel bambino venisse in qualche modo sfamata. Era disperata,
sul punto addirittura di telefonare Chichi per chiederle come lei avesse
fatto con Gohan, se solo non avesse dovuto perdersi in prolisse spiegazioni
su chi fosse il padre.
Il bambino succhiava per un'ora intera ma non ne passava un'altra che
riprendeva a reclamare altro latte. I capezzoli erano sul punto di grondare
sangue se quella boccuccia li avesse torturati ancora. Il dolore che sentiva
ad ogni tirata era come la lama di un coltello che stuzzica una ferita
già slabbrata.
"Sono esausta
non ce la faccio più
" si disperava
alla presenza della madre.
"Io sono convinta che lui mangi molto meno di quello che tu credi
per
questo ha fame
forse sono i tuoi seni a non produrre molto latte
e a non saziarlo. Lascia che vada a preparare quel latte in polvere
così
sarai certa di quanto consuma e tu non soffrirai
".
Da qualche ora la madre cercava di convincerla dell'ovvietà della
sua supposizione, che fosse preferibile svezzarlo fin da ora e sostituire
con la sostanziosità di una bottiglina il nutrimento povero del
suo petto.
Alla fine, Bulma, piangente, accennò affermativamente con il capo.
Avrebbe voluto ancora allattarlo lei, ma incominciava a rendersi conto
che il suo latte non era sufficiente per un saiyan.
A questo punto, dinanzi a quelle spine che le trafiggevano i capezzoli,
era meglio l'ausilio di un mezzo artificiale e che diventasse fin da ora
definitivo ed esclusivo, per evitare che il piccolo si separasse più
faticosamente dal petto materno.
Sua madre non si era sbagliata: quando la creatura mandò giù
l'intero contenuto della bottiglina, giunse a testimoniare la sua salutare
poppata un sazio e soddisfacente singhiozzo.
Rimasta da sola con lui, lo cullò per qualche minuto ed addormentato
lo ripose nella culletta.
Che giornata! Ma alla fine il suo cucciolo riposava quietamente. Qualche
ora sarebbe riuscita a riposare anche lei prima che Trunks, come qualsiasi
bambino, si risvegliasse e ricominciasse il turno di una nuova poppata.
Aveva preso a slacciarsi la camicetta quando Vegeta, percorrendo il corridoio
alla volta della sua stanza, fu attratto dal silenzio alfine sopraggiunto,
dopo aver sentito per interminabili ore il trambusto di pianti ed urla
provenire dalla stanza della giovane.
La porta era stata lasciata socchiusa dalla madre distratta, che dopo
aver dato quel sapiente consiglio alla figlia, indirettamente, adesso,
stava per regalarle qualcosa di altrettanto indimenticabile.
Senza volere, Vegeta si ritrovò a spiare quel momento di intimità.
Illuminava la stanza una fioca luce da notte, riverberandosi sulla nudità
del petto, che fluttuava libero da ingombri, mentre lei, lasciato cadere
a terra l'indumento, si occupava di prendere delle salviettine imbevute
per pulire i residui di latte che Trunks le aveva lasciato sulle mammelle
nelle ultime e disperate poppate di prima.
"No, lascia stare
" una voce calda proprio dietro le sue
spalle.
Non aveva il tono perentorio di un ordine, ma il medesimo effetto paralizzante.
Lei si voltò piano.
"Non ti pulire
" soggiunse ancora.
"Ma
io
" non poté dire altro quando vide l'uomo
avvicinarsi e spingerla a ricadere sul letto.
Quanto gli erano mancati quei candidi seni
ora più turgidi
e gonfi dell'ultima volta in cui aveva avuto il piacere di contemplarli
eppure
ancora così seducenti
Aveva tutta la voglia di inebriarsi di quel loro sapore genuino, goderne
beato come aveva visto fare a suo figlio. Non era giusto che venisse espropriato
di quel diritto che prima era solo suo.
A contatto con la bocca poteva già sentire quel nuovo sapore zuccherino
che avevano acquisito, quel gusto dolce di latte che Trunks aveva disseminato
un po' per tutto il loro profilo.
Le sue labbra si facevano appiccicose mentre disseminavano i loro baci.
"No
Vegeta
ti prego
non succhiare
" supplicò
lei flebile quando si sentì afferrare uno dei capezzoli doloranti.
Suonava così strana quella richiesta
e quel gemito poi
non si capiva se fosse di dolore o di piacere.
Succhiando piano, bevve un po' di quel liquido caldo e mieloso, così
insoddisfacente per un neonato ma unico come ambrosia divina per la sua
bocca in quel momento.
Quale uomo avrebbe mai saputo creare un momento di tale particolarità
Lui l'aveva generato del gelo del cuore e foggiato con la fiamma pura
del suo fuoco nascosto.
Un momento di tale intensità valeva quanto tutti i baci negati
e le notti disertate. Le sue labbra non erano quelle morbide di un lattante
ma quelle roventi di un'amante, insaziabili e dannate.
Si sarebbe liberato dell'ingombro dei suoi pantaloni se la donna, d'un
tratto, non l'avesse fermato prendendogli il volto tra le mani e fissandolo
con gravità.
Risalita dall'abisso del ritrovato piacere in cui era sprofondata, adesso
era sul punto di annegare nella crudezza della realtà che d'improvviso
l'aveva travolta:
"Io non posso
" disse respirando ancora a fatica.
Possibile che lo stesse respingendo?
Vegeta la fissava senza poterlo credere.
"Vorrei
" gli spiegò con la premura di non ferirlo
"
ma ho partorito solo due giorni fa
non posso
fisicamente
".
Vegeta si staccò da lei come se fosse divenuta di ghiaccio, balzando
a ritroso, colpito da una miriade invisibile di schegge di cristallo.
Lei si sollevò con la schiena, fissandolo supplichevole:
"Ti prego
resta ugualmente
".
Ma Vegeta, dopo essere incespicato nello scendiletto, si affrettò
ad aprire la porta e a correre via.
Bulma già sapeva come si sarebbe sfogato adesso.
Non passò qualche minuto che già sentì l'eco furioso
dei suoi colpi provenire dal trainer gravitazionale
* * *
Un cielo plumbeo ed uggioso si scorgeva
dal vetro appannato della finestra della sua camera da letto. Al secondo
mese del suo puerperio, Bulma teneva tra le braccia un fagottino che agitava
le gambette e fissava una madre dal volto affitto e sconsolato:
"Piccolo mio
darei l'oro più pregiato di questo mondo in cambio della spensieratezza
dei tuoi pochi mesi di vita
non ti tange la preoccupazione dell'arrivo ormai imminente dei cyborg,
né ti accorgi che tuo padre se ne sta per andare
Lui non me lo ha ancora detto
ma so che è così, già
da qualche sera lo sorprendo a guardare più volte verso il cielo
stellato, dopo aver insolitamente abbreviato il suo quotidiano allenamento.
Perfino mio padre non ha il coraggio di spiegarmi del perché stia
riparando, con la solerzia che non gli è propria, una navicella
spaziale.
Il nostro futuro è più grigio di questo cielo
piccolo
mio
.
Se i cyborg dovessero prendere il sopravvento, di noi due non resterà
più niente.
Ugualmente mi chiedo cosa ne sarà se invece trionferà il
bene
Tuo padre si prepara tra breve a scendere sul campo di battaglia
non
per salvare noi
ma solo per tornare ad abbeverarsi alla fonte tanto
gradita della competizione e della rivalità.
Non aspettarti che lui muova mai un dito per salvare la tua e la mia vita,
ma impara subito che il suo orgoglio di saiyan viene sopra ogni cosa.
Mi dispiace
Badando solo ai miei sentimenti ed accecata dall'amore, scelsi per te
un padre che ti ignora intenzionalmente e ti rifiuta.
Miseramente ho fallito
Volevo cambiare il suo cuore, ma forse, confondendolo, l'ho fatto accanire
solo di più contro se stesso.
Da tempo ho rinunciato a quest'ambizione che qualche anno fa mi animava
Ora mi resta solo la speranza che un giorno arrivi qualcuno per cui lui
trovi la pena di aprire veramente il suo cuore
Forse io non valevo tanto
Da quella sera in cui bevve al mio seno, non ha fatto altro che evitarmi
ed
io l'ho assecondato tenendomi a distanza.
Neanche adesso che sta per lasciare questa casa lo fermerò
Da quando fece il suo ritorno ricoperto d'oro, ho sempre saputo che questo
momento sarebbe prima o poi arrivato
per questo lo evitavo e gli
rivolgevo freddi cenni di presenza
Era la paura di tornare a legarmi
non il ricordo accantonato di una
notte di violenza
Ora è prematuro
ma forse un giorno troverò il coraggio
di chiedergli cosa di noi due intende fare
Intanto, al solo pensiero che possa soccombere nello scontro o ugualmente
andarsene via per sempre al termine di esso, mi sorprende una morsa agghiacciante
di gelo.
Mi sento così triste e così sola
e so che nella vita
si vive una sola volta
che quello che non ho fatto adesso mi travaglierà
nel volgere degli anni.
Ho difeso fino ad ora con grinta e risolutezza le mura che mi ero eretta
intorno per difendermi da lui e non soffrire
.ma adesso
dinanzi
alla precarietà delle nostre misere esistenze
sento che sto
per demolire io stessa quelle difese e prendere l'ultima folle decisione
Stare con lui un'ultima volta
tenerlo un po' per me
serbare
un altro raro ricordo di dolcezza
Mi tremano le gambe
il cuore mi tumultua dentro all'inverosimile
Sto per andare da tuo padre
piccolo mio
anche se so che ogni
volta che lo raggiungo, ancor di più lo allontano
".
* * *
La pioggia era ancora sottile quando
lei uscì di casa e si mosse verso il trainer gravitazionale dove
lo aveva visto dirigersi qualche ora prima.
Dalle officine poteva sentire suo padre lavorare ancora incessantemente
al collaudo della capsula spaziale.
Al contrario, dal trainer proveniva un insolito silenzio.
Non era possibile che fosse uscito senza che lei se ne accorgesse, con
più eventualità aveva adesso stesso ultimato l'allenamento,
dato che l'indice di gravità segnava il livello normale.
Aprì piano lo sportello, facendo con prudenza capolino col suo
caschetto azzurro.
Lui stava bevendo con avidità da una bottiglia d'acqua:
"Cosa vuoi?" le chiese senza rivolgerle importanza, asciugandosi
la bocca col dorso della mano.
I suoi occhi ed i suoi capelli avevano ancora il colore cangiante del
super-saiyan.
"Mi è sembrato di averti già detto di non aprire mai
quello sportello senza avermi segnalato la tua presenza
" soggiunse
subito dopo.
"L'avevo dimenticato
non ti sei mai preoccupato molto per me
"
una venatura di sarcasmo nella voce.
"Cosa sei venuta a fare?" prese un asciugamano, tamponando il
sudore sulla fronte e lungo il collo.
"Quando
quando pensi di partire?".
Vegeta diede per scontato che lei fosse stata già avvertita della
sua decisione:
"All'alba di domattina".
Dunque non si era sbagliata
lui stava davvero per andarsene
.si
strinse nelle spalle, cogliendola un freddo improvviso.
Lui era lì
a pochi passi da lei
per l'ultima volta forse
Da quanto tempo non contemplava più il suo busto scolpito e la
linea seducente della sua schiena nuda
Il raggiungimento del livello del super-saiyan aveva acuito lo spessore
dei suoi muscoli rendendo ancora più marmorea la struttura del
suo torso.
Persino quella nuca, che lui adesso le rivolgeva, era più massiccia
dell'ultima volta in cui l'aveva cinta nel suo abbraccio.
Voltato di spalle, sentì i passi di lei avvicinarsi piano. Non
capiva perché lei fosse venuta, non dando l'impressione di voler
in qualche modo impedirgli la partenza.
Stranamente, lo pungolava una punta di fastidio alla constatazione che
lei fosse stata fin ad ora del tutto indifferente alla sua decisione di
allontanamento.
Stava per dirle di andarsene via e lasciarlo solo, quando d'improvviso
sentì qualcosa di morbido imprimersi a fuoco proprio dietro al
collo, lì dove lei gli aveva lasciato l'impronta di un timidissimo
bacio
eppure audace al punto tale da avere la forza di farlo vacillare
per un istante.
Dopo tal prodezza, lei si sentì cogliere da un indicibile senso
di insicurezza al pensiero di come lui avrebbe reagito adesso.
Vegeta era rimasto immobile
forse sul suo volto si stava dipingendo
una maschera di rabbia e di astio. Indietreggiò sul punto di battere
in ritirata, quando:
"Dove pensi di andare?".
La sua voce era ferma, quasi intimidatoria.
"Io
non volevo
non so cosa mi abbia preso
" spiccicò
lei nel panico più evidente.
Il saiyan si voltò finalmente, prendendo a muoversi verso di lei:
"Smettila di fare la santarellina
" le disse "
se
i tuoi pensieri sono gli stessi che ho io in questo momento
sei tutt'altro
che innocente
".
Con vigore le afferrò un braccio, facendole saltare in un solo
colpo tutti i bottoni che chiudevano il suo vestito.
Bulma era già sul punto di protestare. Quando lui agiva così
impetuosamente, lei si sentiva inerme ed indifesa, per quanto, nel rifletterci
poi a freddo, si accorgesse di come quel modo di fare così virile
le piacesse.
"Ma cosa
" restò sconcertata fissando il suo corpo
scoperto.
"Non ti lagnare
" l'avvertì lui "
non
puoi fare ad un uomo quello che hai fatto e pretendere che se ne stia
con le mani in mano".
Quanto era sorprendente quel saiyan
così freddo quanto poi
capace di tirare fuori istintività di così sublime livello
Senza neanche accorgersene, sapeva essere l'amante ideale
maschio
in ogni particella della sua essenza
Se la strinse contro di sé con possesso.
Lei non si divincolò, ma tuttavia si irrigidì, ancora poco
conscia di cosa l'uomo aveva intenzione di farle.
"Cosa c'è
?" chiese in un roco sussurro lui, mentre
la faceva distendere sul pavimento "
pensi che voglia farti
del male, forse?".
Lei guardò nei suoi occhi di super-saiyan, così cerulei
da sembrare inverosimili:
"Non lo so
" pronunziò, avvertendo stentatamente
la sua stessa voce.
"Non mi interessa averti con la violenza
" le disse fissandola
a sua volta "
solo un pazzo rinuncerebbe alla spontaneità
delle tue mani e della tua bocca
".
"Allora
" fece lei mentre declinava il collo ai suoi baci
"
quella volta eri pazzo
".
Lui, già annebbiato totalmente dalla passione:
"Tu mi hai fatto impazzire
" alla fine ammise ciò
che la lucidità non gli avrebbe mai concesso di dire.
E dopo tanto tempo tornò a ripercorrere i dolci pendii del suo
corpo, le distese calde e vellutate, le selve ombrose stillanti di rugiada.
I suoi fianchi si erano di nuovo assottigliati, anche i seni erano ritornati
come li ricordava lui, incoronati da due piccole perline delicate.
In quel trainer in cui da anni gettava il sudore, alla fine, proprio sul
freddo impiantito gettò il suo seme.
Quando Bulma riaprì gli occhi frementi, si accorse che i capelli
di lui erano tornati neri come le ali di un corvo e gli occhi ardevano
come brace.
Di tutte le qualità che un saiyan potesse aver acquistato con la
trasformazione, mai lei avrebbe pensato che potesse aver raggiunto altezze
impareggiabili perfino nell'atto dell'amore.
Forse semplicemente era stata la forza della disperazione a rendere quel
momento indimenticabile, la disperazione da parte sua di sapere che quella
poteva essere l'ultima volta, la disperazione da parte di lui di averne
fatto per troppo tempo a meno.
Vegeta le si stese accanto. Lei ebbe l'impressione che lui non avesse
la sollecitudine di andarsene come tutte le altre volte.
Nonostante la durezza del pavimento sul quale giacevano nudi, era pronta
a restarvi fino all'alba del giorno venturo. Neanche un morbido letto
di piume sarebbe stato più invitante al confronto.
Era in procinto di osare appoggiare il capo sul comodo cuscino che era
il suo torace, quando irruppe nel silenzio dell'abitacolo il pianto di
un neonato.
Vegeta si guardò intorno senza capire da dove la fonte provenisse.
Bulma invece si mosse a cercare qualcosa tra i vestiti sparsi a terra,
vedendo naufragare tutte le prospettive di quella notte:
"Trunks si è svegliato
" annunciò lei, trovando
la ricetrasmittente collegata alla culla del bambino.
Spense l'apparecchio e, con sommo sforzo, prese a rivestirsi davanti ai
suoi occhi. Vegeta la imitò di lì a poco, trovando imbarazzante
lo stare nudi su di uno spoglio pavimento.
Si era già alzato in piedi, abbottonandosi i pantaloni, quando
prese parola senza guardarla negli occhi:
"Tornerò quando arriveranno i cyborg, nel giorno preciso in
cui il giovane del futuro ci ha anticipato l'arrivo. Nel frattempo mi
allenerò a modo mio altrove
questo pianeta non mi offre le
condizioni che cerco e questo spazio ristretto non mi permette più
di muovermi come vorrei
".
Bulma non capiva perché lui avesse il bisogno di giustificare la
sua partenza, non essendosi mai sentito nel dovere di spiegare le proprie
intenzioni a lei.
"Sei libera
" le disse il saiyan dandole definitivamente
le spalle.
"Non
non capisco
".
"Sei libera da me
puoi cercarti qualcun altro
un altro
padre per Trunks
se credi che ne abbia bisogno
un altro
cui concedere il tuo letto
".
Bulma non sapeva se risentirsi di quella proposta che rasentava l'offesa
o cogliere l'aspetto più generoso di esso:
"Mi hai da sempre detto che ero libera di fare quello che volevo
che
io e te eravamo indipendenti l'uno dall'altra
perché mi dici
adesso questo
?".
Lui stava per dirle che, il giorno in cui l'aveva posseduta la prima volta,
aveva promesso sé stesso che l'avrebbe uccisa senza pietà
se lei fosse appartenuta a qualcun altro, invece:
"Non è cambiato esattamente niente da quello che pensavo prima
di noi
ti ho detto questo perché tu non ti convinca che quest'ora
che abbiamo passato insieme possa avere qualche significato per me
"
fu l'ultima efferatezza che le rivolse.
"Non c'è alcun problema
" ribatté lei a testa
alta, voltando i tacchi ed uscendo sotto la pioggia scrosciante.
* * *
L'alba sopraggiunse,
ma il sole quel giorno non spuntò mai, coperto da una spessa coltre
di nubi.
Vegeta percorse il giardino, lasciando sul terreno melmoso l'impronte
della sua partenza. Nel silenzio di quel mattino, a cui la città
non aveva ancora aperto i suoi occhi, la cadenza dei suoi passi si attutì
nelle pozzanghere disseminate sul suo cammino.
Si guardò intorno: accanto alla capsula pronta per il decollo c'era
solo uno scienziato dagli occhi assonnati ed una sigaretta già
accesa tra le labbra.
Lei non c'era dunque
non era venuta a supplicarlo di non partire
non
era venuta per mostrargli le sue lacrime
invero neanche il giorno
prima aveva tentato in qualche modo di opporsi alla sua decisione.
Lo avrebbe fatto la Bulma che lui aveva conosciuto solo pochi anni prima,
non la donna che adesso era diventata, che lui, senza neanche volere,
aveva fatto crescere regalandole sé stesso, un figlio e tanta disperazione.
Lei, intanto, da dietro i vetri della sua stanza, lo vide salire sulla
navicella. Teneva tra la braccia suo figlio:
"Piccolo mio
tuo padre se ne sta per andare
Ho promesso a me stessa che non l'avrei fermato
che non sarei andata
a salutarlo facendogli vedere la mia afflizione
Che non avrei pianto
perché anch'io ho un orgoglio, troppo
spesso ferito, da difendere quanto il suo
e da lui ho imparato ad
avere il controllo delle mie azioni
Eppure ho un nodo che mi attanaglia la gola
Sento i miei occhi già infuocati
Ogni forza di volontà già vacilla in questa valle di lacrime
che mi inonda
Piango
ma non vorrei perché so di essere forte
non dovrei
perché lui non lo merita
Ti prego
piccolo mio
piangi
perché le mie lacrime
possano confondersi alle tue
".
Fine
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