Istinto felino

Capitolo 6

 

Quel luogo era la Babilonia, era Sodoma e Gomorra, era l'oasi del deserto…
"Che mi venga…" esclamò Bruce portandosi le mani ai fianchi "…è semplicemente superlativo!"
"Sono contento che ti piaccia…!" sorrise Alan nel vedere la sua espressione estatica di fronte a quell'arcobaleno di luci e suoni "Seguitemi!" e si avviò per le scalinate che scendevano nello spiazzo antistante il capannone.
I suoi compagni lo seguirono continuando a rilasciare gridolini di stupore a quello spettacolo.
"E' davvero la fine del mondo, Al!"
"Vedrai Maki, l'interno è anche meglio!".
Una fila lunghissima di ragazzi di tutte le età si stendeva davanti all'entrata.
Due robustissimi butta-fuori erano posizionati davanti alla porta vestiti in giacca e cravatta.
La loro mole faceva concorrenza a quella di Jumbo.
Ovviamente non erano giapponesi, ma erano due uomini di colore, ben rasati.
"Accidenti quanta gente!" esclamò Jenny nel vedere la folla "ci toccherà aspettare un bel po' prima di entrare…"
la ragazza non aveva tutti i torti e, a giudicare dalla fila, avrebbero dovuto sostare all'aperto per almeno un paio d'ore.
Alan buttò un occhio ai due gorilla. Un sorriso si dipinse sulle sue labbra.
"Aspettate qui!" sentenziò prima di avvicinarsi al gigante.
"Ma dove va?" domandò Julian tenendo sotto braccio Amy
"Forse conosce uno di quei due giganti…"
"Bruce…io non mi avvicinerei a loro nemmeno se mi fossero parenti…Brrrr!" sentenziò Rob Danton impaurito anche al solo pensiero di trovarsi circondato da quei due bestioni. La sua espressione strappò un sorriso ai suoi compagni.

Alan si avvicinò con notevole disinvoltura al butta-fuori vestito di bianco.
Lo osservò per un attimo. La sua espressione seria gli faceva venire da ridere. Ulcera quando doveva fare il duro era veramente uno spasso.
"Ehilà Ulcera! Il bianco ti ingrassa!" esclamò appena gli fu vicino.
Il colosso si osservò la pancia "Cosa? Dici sul serio? Mannaggia la miseria io l'avevo detto a Mama che non mi stava bene…" poi si fermò. Chi aveva osato rivolgersi a lui con tanta confidenza? Squadrò il giovane che gli aveva parlato e ora gli sorrideva poggiato alla transenna. Capelli dread locks lunghi, strani abiti dai colori sgargianti e per niente alla moda. Quel tipo non gli diceva proprio niente. Non ricordava di averlo mai visto eppure, lui gli si era rivolto con molta familiarità.
Si soffermò sul suo sguardo. Lo conosceva. Gli ricordava qualcuno…ma no! Non era possibile. Non era…
"Alan?" domandò con poca convinzione
il ragazzo gli sorrise allegro "Allora mi hai riconosciuto!"
"Oh che mi venga…!" esclamò non potendo credere ai propri occhi. Scavalcò la transenna allargando le braccia "Ragazzo! Sei proprio tu?!" affermò abbracciandolo talmente forte da farlo sollevare da terra di buoni dieci centimetri.
"Si, si…ahi…maledizione Ulcera! Mi stai stritolando!" protestò il portiere della Nigerian International sentendo scricchiolare le sue povere ossa.
Il colosso mollò subito la presa scusandosi "Acc…mi spiace piccolo! A volte dimentico di essere così grosso!" affermò arrossendo "Diamine! Sono anni che non ti vedo! Quando Mama Lorraine saprà che sei qui…impazzirà dalla gioia!"
Era una montagna, Ulcera, ma affettuoso come un bambino.
E lo si vedeva da come gli faceva le feste. Alan sorrise, era proprio così che se lo ricordava.
"Anch'io non vedo l'ora di riabbracciarla!"
"Allora entra…" gli disse aprendo una parte di transenna poi aggiunse con sguardo accattivante "…ma sei solo?"
"No…sono con dei miei amici…una cinquantina…"
un'enorme gocciolone pendette dalla testa di Ulcera "Salute…"
"Beh…se metti insieme due nazionali di calcio…" spiegò con una alzata di spalle.
Il suo amico sorrise "Allora non puoi entrare dalla porta comune…" affermò grave "…ma dall'entrata VIP!" e fece segno di seguirlo. Di fianco all'ingresso principale c'era un'altra entrata destinata alle persone importanti. E chi poteva esserci di più importante quella sera delle nazionali Giapponese e Nigeriana?
Alan chiamò a raccolta i suoi amici che erano rimasti più distanziati. Quest'ultimi si scambiarono sguardi interrogativi e si apprestarono a raggiungerlo.
"Buona serata ragazzi!" affermò Ulcera aprendo le porte rivestite di rosso e invitandoli ad entrare.
Alan entrò a capo del gruppo.
"Eh…il privilegio di conoscere il buttafuori!" sospirò Bruce con saccenza scomparendo all'interno del locale.
Le porte si richiusero alle loro spalle.

La musica di Dj Ross e la sua DreamLand li investirono in pieno.
Le luci psichedeliche danzavano incontrollate sulla pista illuminandone, a tratti, gli occupanti impegnati in danze sfrenate.
Le numerose ragazze immagine si strusciavano suadenti esibendosi in sensuali lap-dance su cubi altissimi circondati da sbarre.
Si trovavano nella zona più alta del locale, dalla quale, potevano dominare l'intero ambiente.
Ai due lati dell'entrata erano poste delle scale che conducevano al reparto bar dove erano presenti anche i tavolini e i divanetti. Era il luogo di sosta tra un ballo e l'altro. I giovani conversavano sui morbidi velluti dei loro rivestimenti e si esibivano in svariati tentativi di approccio che, non sempre andavano a buon fine.
Molti tavoli rotondi, accerchiati da sgabelli, si trovavano lungo le ringhiere dalle quali era possibile osservare la pista super affollata.
I barman muovevano veloci le bottiglie nelle loro mani facendole ruotare. Non una goccia del loro contenuto veniva versata sul bancone.
I cocktail colorati sfilavano davanti agli occhi dei clienti che, al volo, li agguantavano e li mandavano giù.
"Ci accomodiamo?" domandò Alan alzando il tono della voce per farsi sentire.
Cominciò a scendere le scale seguito dal resto della truppa.
Numerose isolette di sosta erano sospese nel vuoto ed erano accessibili da una serie di ponti in metallo traforato che permettevano la visuale del caos sottostante.
Trovarono una di queste isolette priva di occupanti e se ne appropriarono.
Poco distante c'era un bancone gestito da tre barman.
Un giovane di colore in canotta nera e pantaloni di pelle si fece avanti con un taccuino.
"Allora ragazzi…" esordì esibendo un sorriso bianchissimo "…cosa vi porto?"
Dopo una breve consultazione Alan elencò le bibite richieste
"Allora sono 40 birre alla spina…6 coca cole…e 4 cocktail…"
il ragazzo segnò velocemente sul blocco e aggiunse "Che cocktail?"
"2 Bronx…1 Invisibile e…1 Alan-Blue senza limone ma con un po' di Martini…"
il cameriere annuì.
"Arrivano subito!" esclamò e si avviò al bancone.
"Che strano cocktail…" sospirò Philip "….non l'ho mai sentito…"
"Infatti lo fanno solo qui. L'ho inventato io quando lavoravo al Gladiator tempo fa."
Aggiunse sorridendo.
Parecchio tempo fa…dovette ammettere il portiere giapponese a sé stesso.
Erano passati circa quattro anni.
Lanciò un'occhiata sulla pista sottostante.
E dire che prima c'era anche lui a scatenarsi sul cubo.
Ripensandoci non ricordava nemmeno più il motivo che lo aveva spinto a lavorare in quella discoteca, ma non poteva scordare lo sguardo di Mama mentre gli chiede di diventare un suo ballerino.
Affetto.
Proprio nel momento in cui ne aveva avuto più bisogno.
E non aveva saputo rifiutare.
Due anni intensissimi…
Di momenti belli e brutti…
Ripensandoci, non avrebbe cambiato la sua sconclusionata vita per niente al mondo.
Era la parte più vera di lui.
La voce di uno dei barman richiamò la sua attenzione.
"Chi ha ordinato l'Alan-Blue?" chiese freneticamente piombando sull'isola sospesa.
Lo sguardo di Alan si incrociò con quello del giovane di colore.
Rimasero per un attimo in silenzio.
"Morgan…?"
"Alan…? Sei proprio tu!" il giovane dai capelli riccissimi stava quasi per mettersi a piangere.
Il portiere giapponese si alzò per abbracciarlo.
Eccolo lì il suo compagno di cocktail.
L'amico non poteva crederci.
"Ero sicuro che eri tu! Solo tu bevi l'Alan-Blue con il Martini! Avevano detto che eri andato via….che eri scomparso…cavolo! Sono stato ad un passo dalla tomba!"
"Ah, ah…devi sempre esagerare…!"
"Esagerare? Esagerare??? Tu scompari senza lasciare tracce e io esagero! Tsk…cose dell'altro mondo!" esclamò portandosi le mani ai fianchi. Poi si riscosse "Cacchio! Ma la Mama lo sa che sei tornato?"
"Beh…veramente no…non ho ancora avuto tempo di…"
"Zitto! Non dire altro! La vado a chiamare di corsa" affermò allontanandosi in tutta fretta "Aspettaci e non sparire di nuovo nel frattempo…" sbraitò agitando le braccia.
Lo sentiva ancora che gridava a tutti "E' tornato il vecchio Al!" per poi essere inghiottito dalla folla.
Il solito confusionario!
"Carino il tuo amico!" esclamò Evelyn con gli occhi a cuoricino "Sembra il gemello di Lenny Kravitz!"
"Ed io?" domandò Bruce preoccupato "Non sono carino anch'io?"
lei gli rivolse uno sguardo di sufficienza e, tagliente come una lama, rispose sicura "Affatto!"
un enorme gocciolone schiacciò il povero Harper tra le risate generali.
A quanto pareva, Eve, non aveva dimenticato gli apprezzamenti del giovane riguardo le due nigeriane Trisha e Tanza.
"Vedo che hai tanti amici, piccolo." Affermò Mbasa sorridendo.
"Eh…già…."
"E così…ballavi sul cubo eh?"
l'espressione di Mark gli piacque poco. Stava tramando qualcosa…
"Perché non ci fai vedere quello che sai fare!" concluse in tono di sfida.
"Cosa? No,no…sono anni che non ballo…e poi il cubo sarà occupato da qualche altro ballerino…."
Cercò in tutti i modi di persuaderlo. Trovava la cosa estremamente imbarazzante…e dire che qualche anno prima non ci avrebbe trovato nulla di male.
Lo aveva fatto senza problemi davanti a tantissima gente, perché ora la cosa gli suonava così preoccupante alle sue orecchie?
Speriamo che non insista….
Pensò disperato.
"ALAN!!!!!"
un richiamo acuto arrivò dal mezzo della folla.
I ragazzi rimasero in silenzio.
Chi diavolo poteva aver urlato in quella maniera?
Di certo qualche vecchia fiamma isterica del loro caro amico portiere…
Non si sarebbero mai aspettati di veder comparire tra la gente una signora alta circa 1.50, sui sessanta anni, dalla pelle di ebano e la testa fasciata da un turbante di seta color magenta.
"ALAN!!!!!" gridò nuovamente allargando le braccia e facendo ondeggiare la sua abbondanza ad ogni passo.
"Mama!!" esclamò il giovane riconoscendola.
Gli si fece incontro e, questa, lo abbracciò in preda alle lacrime.
"Alan!! Figliolo!! Sei tornato!! Oh…la tua Mama è stata tanto in pensiero!!"
"Su Mama Lorraine…non piangere così…" cercò di rabbonirla ma la signora sembrava non voler sentire ragioni: ormai aveva aperto i rubinetti.
"Come sei cresciuto!!!!" e giù un altro pianto.
Il portiere della Nigerian International era a dir poco disperato. Fece sedere la Mama su un divanetto ma la valanga di lacrime non voleva cessare.
"Come ti sei fatto bello!!!"
alle sue spalle comparve Morgan "Quando mi ha visto entrare di corsa nel suo ufficio…è scattata come se avesse capito all'istante che tu eri tornato."
Alan sorrise osservando la donna che tirava su col naso e si asciugava gli occhi scurissimi come la pelle con un fazzoletto di seta.
Stava per dirle qualcosa quando la donna si girò di scatto a fissarlo con i suoi occhi neri che mandavano fiamme di rabbia. Aveva improvvisamente cambiato atteggiamento.
"Dove sei stato razza di screanzato!"
"Eh…io…"
"Non cercare scuse signorino! Mi sono venuti tre infarti per la preoccupazione, non una lettera, non un biglietto o una misera telefonata! Ho smosso la polizia, l'esercito, la marina e l'aeronautica per venirti a cercare! Meriteresti una sonora sculacciata!!"
"Eh…wow!" esclamò non sapendo che rispondere alla ramanzina della donna "ti voglio bene anch'io mama!" disse infine.
"Non provare a rabbonirmi con le paroline dolci!" sentenziò incrociando le braccia poi scoppiò a piangere "ti voglio bene anch'io figliolo!"
beh…che dire…di Mama ce n'è una sola!
E nessuno poteva essere fantastica come la sua Mama Lorraine!
"Però!" esclamò Mbasa "di ferro la signora!"
"Chiamami pure Mama, giovanotto!" poi passò in rassegna tutti i ragazzi che erano insieme ad Alan "E chi sono tutti questi bei giovanottoni!" esclamò sorridendo
"Mama ti presento le nazionali di calcio Giapponese e Nigeriana!"
"NIGERIA!!!" esclamò cominciando a piangere "La mia casa!!!!"
La osservò sorpreso per un momento. Non sapeva che Mama Lorraine fosse di origine nigeriana.
Sorrise tra sé.
Allora era proprio destino…
"E così signora è anche lei della Nigeria!" affermò Mbasa sorseggiando il suo cocktail "Da quanto tempo manca dalla sua terra?"
la donna sospirò con malinconia "Sono troppi anni che sono qui. La mia casa, il mio villaggio e tutta la mia famiglia…la parte giovane della mia vita…non li vedo da trent'anni. E sono tanti sapete…"
"Posso ben immaginare cosa voglia dire separarsi dai propri ricordi per così tanto tempo. Però vedo che siete una donna davvero forte. Avete tutto il mio rispetto!"
"Grazie figliolo!" esclamò sorridente esibendo una fila di denti bianchissimi "in effetti sono proprio solida come una roccia…" convenne mettendo in mostra i muscoli del suo braccio "…ho tirato su questo posto dal nulla e l'ho mantenuto in vita con i miei soli sforzi…" poi si fermò a guardare Morgan e Alan con affetto "…ma senza i miei ragazzi…il Gladiator non sarebbe lo stesso…"
quanto amore provava per quella signora paffuta e sorridente.
La sua seconda madre.
La sua Mama.
"Ma qua stiamo parlando di me…ed io mi conosco già!" affermò sorridendo "qual è il tuo nome, bel giovanottone…sai un bel ragazzo come te farebbe molto successo nel mio locale"
se non avesse avuto la pelle di ebano tutti avrebbero potuto osservare Mbasa che diventava paonazzo.
"Ehm…ecco io…" cercò di dire qualcosa
"Mama! Non metterlo in imbarazzo!" esclamò Alan in suo aiuto "E' il mio capitano…"
"Mi chiamo Mbasa signora…"
"Un bel nome: da guerriero!" affermò con convinzione, poi rivolse uno sguardo traverso al suo 'figliol prodigo ' che la diceva parecchio lunga sulle sue pessime intenzioni.
Il portiere africano rabbrividì al solo pensiero di quello che poteva aspettarlo.
"Giovanotto…" cominciò lentamente "…non credere che mi sia dimenticata del fatto che tu mi devi delle spiegazioni. Ebbene? Sto aspettando…che diavolo ci facevi in Nigeria?"
a dar man forte intervenne Julian "La signora ha ragione…Gamo aveva detto che ci avrebbe dato delle spiegazioni al termine della partita, ma come al solito s'è dileguato…quindi tocca a te!"
i suoi compagni annuirono all'affermazione del loro libero e rimasero in silenzio aspettando che, il loro portiere ritrovato, cominciasse a parlare.
Quest'ultimo respirò profondamente facendo mente locale nei suoi ricordi per ricostruire l'intera vicenda.
"Dunque…" esordì in tono riflessivo "…successe durante l'ultima settimana di allenamento che seguì la chiusura del campionato nazionale…"

…Il sole splendeva limpido e caldo sopra le loro teste.
Nell'aria si respirava da parecchio tempo il calore afoso di quell'estate inoltrata.
Il campionato era terminato.
Le vacanze erano arrivate.
Tra una settimana sarebbe partito insieme a Paul, Mark e Ed alla volta della villa di Danny.
Che gruppo…decisamente vario…forse addirittura impensabile.
Fino a qualche anno prima non avrebbe neanche minimamente pensato di riuscire a stringere una buona amicizia con il trio della Toho. Soprattutto con Mark.
Ed era un portiere come lui, gli veniva più facile parlare…ma Landers…e invece si erano ritrovati d'accordo su molti punti.
Avevano cominciato a parlare per caso e, per caso, si erano ritrovati più simili del previsto.
Danny poi era sempre allegro, sembrava una trottola. Si entusiasmava per un non nulla e seguiva il suo capitano in ogni cosa con adorazione e fedeltà…beh…forse un po' troppa.
Il tutto era accaduto un pomeriggio d'inizio autunno.
Al termine degli allenamenti che la nazionale stava effettuando in vista di una amichevole, Danny era stato importunato in modo pesante da alcuni ragazzi nello spiazzo antistante il campo.
Lui e Paul lo videro mentre stavano tornando a casa.
Si erano avvicinati e Paul aveva detto al gruppetto di andarsene e lasciarlo stare.
Che idioti.
Avevano cominciato ad attaccare questioni anche con Diamond e lui non era riuscito a non scuotere il capo contrariato pensando quanto la gente potesse essere stupida!
Poco dopo erano stati raggiunti da Ed e Mark.
Quest'ultimo aveva già le mani che gli prudevano quando venne fermato dalla sua voce
<Sono solo dieci stupidi ragazzini…> aveva esordito <…tu accoppa i cinque a destra che io accoppo quelli a sinistra…>
Mark lo aveva guardato senza capire da dove venisse quel suo tono di sufficienza. Non lo aveva mai ritenuto in grado di stendere qualcuno…eppure…
In meno di qualche minuto, in due, avevano messo knock-out dieci ragazzi più grandi.
Si erano scambiati uno sguardo di approvazione reciproca ed avevano iniziato a parlare…
Era un modo decisamente strano di fare amicizia!
Distogliendo la sua mente da quel ricordo improvviso, ritornò con il pensiero all'allenamento giunto quasi al termine.
Il suo occhio ricadde su Gamo e il suo amico.
Erano diventati una presenza assidua da almeno una settimana.
Si chiedeva che diamine stesse architettando quello sclerotico del mister…ma qualcosa lo metteva in improvviso disagio.
Lo sguardo di ghiaccio del tipo dai capelli biondi.
Lo sentiva sempre puntato su di lui.
Come se l'avesse tatuato addosso.
Lo seguiva in ogni azione o movimento.
Lo infastidiva.
Si sentiva studiato, controllato.

<Hai deciso allora?>
lo sguardo immobile e freddo
<Si!>

l'allenamento terminò.
Fece per dirigersi verso gli spogliatoi quando il mister lo fermò.
<Alan…> gli disse <…vai nel mio ufficio, c'è qualcuno che vuole parlare con te!>
lo aveva osservato con sorpresa.
Chi poteva volere qualcosa da lui?
E, soprattutto, cosa?
Con l'asciugamano intorno al collo si avviò nella struttura.

<Spiegami perché lui!>
la sigaretta disperdeva deboli anelli di fumo nell'aria.
<Non ti capisco…hai visto tanti ottimi elementi…>
<Non ho nulla da dare a quei ragazzi…>
lo guardava confuso
<…hanno tutti un loro metodo…mentre lui…è acerbo…>
occhi di ghiaccio fissi nel nulla delle sue certezze
<…è come argilla nelle mie mani…voi non potete dargli più niente…io tutto…>

bussò alla porta con sicurezza.
Una voce, che riconobbe nell'istante stesso in cui la sentì, gli diede la certezza di sapere chi ci fosse ad attenderlo.
<Mister Gamo…> salutò titubante mentre un brivido gelido gli attraversò la schiena con la velocità del fulmine.
Visti da vicino, quegli occhi erano ancora più inquietanti.
<Siediti!> disse lui il mister.
Obbedì.
<Vorrei presentarti una persona. Si chiama Peter Rufyo…e sarà il tuo nuovo allenatore per i prossimi tre anni!>
una frase detta tutta d'un fiato che riuscì a stento a comprendere.
<Che?> domandò
<Vedi Alan…> finalmente lo sconosciuto prendeva la parola.
Un accento forte…europeo…di sicuro tedesco.
<…Gamo mi ha chiesto di trovare un giovane che diventi l'elemento chiave dei prossimi mondiali…a questo proposito ho girato tutte le squadre del paese in cerca di qualcuno che meritasse la mia attenzione…senza risultati…fino adesso!>
tirò una lunga boccata dalla Marlboro che fumava tra le sue dita
lo sguardo che questo Peter lesse nei suoi occhi lo fece sorridere.
<Capisco la tua espressione sorpresa….Gamo vuole che io ti alleni in vista dei mondiali…sono tre anni di preparazione…per questo partirai con me…ti porto in un luogo dove farò in modo che tu trovi il tuo stile vincente…>
<Un momento…> con quelle due parole si decise ad interrompere il suo silenzio durato fin troppo <…a quanto ho capito…non ho scelta?>
<Infatti!> intervenne Gamo <Il mio è un ordine da allenatore. Tra una settimana ti comunicheremo la data della partenza…>
<Perché io?>
<Perché sei in grado di dare molto di più di quello che gli altri vedono…>
si scambiarono un lungo sguardo fermo.
Andare via per tre anni.
<Dove?>
<Africa…ti porto in Nigeria!>
la sorpresa per quel posto lo lasciò talmente interdetto che non ebbe neanche la forza di rispondere.
<Che sia chiaro Alan…> affermò Gamo con serietà <…non dovrà saperlo nessuno! Sarà un segreto tra noi tre e il mister della New Team!>
annuì lentamente anche se non sapeva ancora bene quello che stava per fare.
Andare via senza dirlo a nessuno.
Cambiare.
Diventare l'elemento chiave.
Tutto quello non poteva stare succedendo proprio a lui…ma più guardava Peter negli occhi gelidi e più si convinceva che era la verità…

"E questo…" concluse dopo il suo racconto "…è quanto!"
I suoi compagni lo avevano ascoltato in silenzio e con attenzione.
"C'era da aspettarlo da Gamo!" esclamò Bruce "Ha sempre delle trovate così…geniali! Come quando improvvisò quella dannata competizione con i Sette del Giappone Reale…"
"Adora i misteri!" convenne Clifford annuendo con decisione.
La Mama sorrise osservando con affetto Alan che, dopo tre anni, gli si presentava non più come un ragazzo ma come un uomo.
"Sono fiera di te!" disse prendendogli una mano "Continua così…per non avere mai rimpianti!"
ricambiò il suo sorriso con gratitudine.
"Eccoti finalmente!" esclamò una voce di donna incollerita facendo voltare tutti nella sua direzione.
Bruce fischiò non potendosi trattenere davanti alla bellezza della ragazza che restava immobile con le mani ai fianchi, il viso contratto in un'espressione di rabbia.
"Gabriela!" esclamò Alan sorridendo "Da quanto temp…"
le si fece incontro per salutarla ma lo schiaffo di lei fu più veloce di qualsiasi altra cosa.
Il portiere della Nigerian International rimase di sasso portandosi la mano sulla guancia appena colpita.
"Erano anni che aspettavo di dartelo…" affermò con astio nella voce "…meglio tardi che mai. Stronzo!"
le rispettive nazionali rimasero ferme osservando la scena.
"Devo dedurre che ce l'hai ancora con me…" concluse massaggiandosi la guancia
"Esatto. Prima di crepare avrei dovuto darti quello che ti meritavi!" e detto questo girò sui tacchi e si allontanò così com'era venuta.
Alan sorrise sedendosi sul divanetto.
"Ha sempre avuto un pessimo carattere…" aggiunse
poi rabbrividì sentendo lo sguardo di piombo di Charlie sulla sua pelle.
"Cos'è sta storia?" mormorò tra i denti esibendo un sorriso forzato.
Il portiere si fece immediatamente piccolo piccolo mentre su di lui torreggiava la figura della rossa giocatrice di volley.
"Charlie cara…"
"Ma come?" esordì Morgan "Non sapete il passato movimentato del nostro caro amico?"
i giocatori lo guardarono con curiosità.
Mark ne approfittò "Nooo…di che si tratta?"
Alan stava per sprofondare "No…dai lascia perdere…"
"No!" intervenne decisa Charlize "Dici, dici…siamo tutti così curiosi!!"
"Allora…" cominciò il barman "…il caro, vecchio Al è sempre stato un gran conquistatore. Stragi di femmine tutte le sere. E anche la nostra cubista Gabriela non è rimasta indifferente…"
"Si, ok abbiamo capito…non è andata…pace…" cercò di minimizzare Istinto, ma Morgan era deciso a dire tutto.
"Grazie tante che non è andata! Lei t'ha beccato con quella…come si chiamava? Ah Elke…la svedese…"
Patatrac!
Charlie lo osservava con disgusto e incredulità.
"Ma…sono cambiato da allora…" cercò di giustificare
I suoi compagni lo osservavano con ammirazione mentre le ragazze sembravano inorridite.
"…e poi c'è stata Carmen la spagnola, Lily, Lucia la portoghese, Marie, Samantha, Tyna, Sandra, Sue-Ellen, Linda, Nora, Tracy, Jennifer, Martine, Romina, Gloria, Jamie, Roberta, Katy, Stacie…." Continuò il barman imperterrito non accorgendosi degli sguardi supplichevoli del suo amico.
Ma ormai il danno era fatto.
Morgan aveva una dannata lingua lunga.
"Ok…ok hanno capito…!" cercò di tagliare corto
"E bravo…!" intervenne Mbasa "…allora abbiamo un Conquistador…"
"Non infierire!"
"Da te non me lo sarei mai aspettato!" ringhiò Charlie con rabbia
"Tesoro…." Cercò invano.
Mama Lorraine li osservò per un attimo, poi esordì.
"Così tu sei la nuova ragazza di Al! Da quanto state insieme cara…una? Due settimane?"
la giovane la guardò glaciale "Tre anni!" disse ferma.
La signora rimase per un momento interdetta, poi sgranò gli occhi cominciando a piangere
"Ahhh! Il mio Alan si è finalmente accasato!! Quanto sono felice!!! Cara sei graziosissima!"
e le prese le mani guardandola con occhi che brillavano.
Charlize Soprano rimase immobile mentre Mama continuava a piangere e a farle mille complimenti.
…sei bellissima….sei dolcissima….Alan ha scelto bene….zuccone non lasciartela sfuggire!…
e altre frasi di questo genere.
Entrambi arrossirono per l'imbarazzo: infondo era come se lui l'avesse presentata ufficialmente alla sua famiglia.
"Ok Mama….ora lascia perdere…" cercò di dire mentre i suoi amici ridevano per il loro imbarazzo e per la situazione complessivamente esilarante.
Continuarono a parlare per un po' sorseggiando le bibite sull'isola sospesa.
Quando la signora robusta esordì.
"E' da quando ho saputo che eravate nigeriani che volevo chiedervelo…"
Mbasa e company la osservarono interrogativi attendendo la sua richiesta.
"…mi fareste vedere una danza tribale? Ho una voglia infinita di assaporare per un momento l'aria di casa! Che ne dite?"
il gruppo la osservò per un momento con sguardo sorpreso.
"E perché no?" intervenne il capitano facendo voltare tutti i suoi giocatori nella sua direzione "Voi siete stata così gentile con noi che non possiamo rifiutare! Allora?" domandò ai suoi compagni "accontentiamo la signora?"
il gruppo sorrise con entusiasmo accettando la richiesta.
"Alan, sei dei nostri vero?" lo coinvolse Mbasa osservandolo con uno sguardo che non ammetteva risposte negative.
"Ma certo!" affermò "In cosa ci esibiamo?"
"Danza di guerra?" propose N'gana.
Si ritrovarono tutti d'accordo.
Mama Lorraine si fece passare un microfono.
La musica cessò in dissolvenza.
"Signori!" esordì la matrona mentre dei fari la illuminavano da sopra l'isola sospesa "perdonate l'interruzione ma vi chiedo di sgomberare la pista per qualche minuto…"
un coro di perplessità si levò dal fondo della sala da ballo.
"…state per assistere ad uno spettacolo che non capita di vedere tutti i giorni…"
continuò mentre la pista andava via via liberandosi. I giocatori della nazionale Nigeriana ne presero possesso sistemandosi mentre la donna continuava a parlare.
"…questi giovani che vedete sono degli africani…vengono dalla mia stessa regione…e si esibiranno in una spettacolare danza di guerra. Buona visione."
Un gruppo di sei giocatori era seduto nel mezzo a formare un largo cerchio, tenevano tra le gambe tamburi, gran casse e bonghi.
Gli altri erano disposti in un cerchio ancora più grande attorno a loro.
Delle fiaccole ardenti li intervallavano.
Calarono le luci ed il silenzio.
Non si era mai visto il Gladiator così silenzioso come in quel momento.
Tutti attendevano con trepidazione l'inizio mentre i giocatori giapponesi erano affacciati alla ringhiera dell'isola sospesa.
Ora bisognava attendere.

Aveva lasciato l'albergo un'ora dopo di loro e, per altre due ore, era rimasto in fila davanti all'ingresso di quel locale.
Una discoteca era proprio il luogo che cercava per distrarsi.
Tutto quel frastuono sarebbe stato perfetto per non pensare.
La struttura gli era piaciuta subito presentandosi imponente e coloratissima.
Non si stupì che fosse così affollata: aveva fermato cinque persone e tutte e cinque gli avevano consigliato di andare lì dicendo
"C'è un solo posto in cui puoi estraniarti dal mondo e non avere tempo di pensare: il Gladiator!"
ed ora era lì.
E avevano ragione.
Quella Babilonia di luci e suoni non ti permetteva davvero di pensare a qualcosa.
Cercò un posto dove potersi sedere e bere.
Uno sgabello al bancone del bar era ancora libero e sembrava stesse aspettando proprio lui.
Si avvicinò squadrandolo.
Si aspettava di trovarci scritto 'Benjamin Price' sopra.
Sorrise.
Si sedette.
"Una vodka alla pesca. Liscia."
Ordinò. Il barista annuì preparandola proprio davanti a lui.
Osservò il liquido nel bicchiere di vetro per un po' prima di mandarlo giù tutto d'un fiato.
Ma che ci faceva lì da solo?
Adesso poteva essere in compagnia dei suoi amici a fare baldoria chissà dove.
Pensò a loro.
Chissà come procedeva la loro gita turistica.
Provò ad immaginarli mentre portavano al pascolo quella mandria di bisonti neri.
Sorrise poi si riscosse. Di sicuro c'era la 'rivelazione', a capo del gruppo, a far da saputello.
Scosse il capo.
"Me ne dia un'altra!"
Alan Croker…
Non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi a temere proprio lui un giorno.
Ci doveva essere qualcosa dietro.
Per forza.
In tre anni non si poteva diventare così…così…
Non riuscì a trovare un termine che non ne esagerasse le capacità.
Certo anche lui era migliorato nei primi tre anni in Germania, ma questo era eccessivo!
E poi c'era quel tipo…
Quello biondo…
Accidenti lo aveva già visto! Ma proprio non riusciva a ricordare dove!
Era incredibile!
Anche quando si era ripromesso di non pensarci, Alan e i suoi misteri tornavano prepotenti a farsi largo nella sua mente.
Bevve la vodka e cominciò a guardarsi intorno.
Eh si, c'era davvero un sacco di gente.
D'un tratto la musica cessò ed una donna cominciò a parlare.
Spettacolo unico?
Africani?
Danza di guerra?
Accidenti l'Africa stava diventando la sua persecuzione.
Si avvicinò incuriosito ad una ringhiera facendosi largo tra la gente.
Osservò i ballerini disposti in cerchio sotto di lui.
Non si vedevano bene…
Un giovane con i capelli lunghi…
Legati in mille trecce…
Un altro con una lunga treccia unica…
Uno bassino…
Oh no…
Non potevano essere…
Erano loro!
Quello era Alan e c'era il gigante capitano della nazionale e quell'altro era il piccoletto.
Non era possibile! Erano anche lì!
Non si sarebbe mai riuscito a liberare di loro.
Nemmeno al Gladiator poteva dimenticarsi dei suoi problemi!
Le luci si spensero.
E si ritrovò ad attendere che la danza iniziasse, assieme agli altri spettatori.

Silenzio.
Un colpo secco sulla gran cassa.
Isolato.
Silenzio.
Un altro colpo.
Un altro ancora.
Alla gran cassa si accompagnò il rumore più ritmico dei bonghi.
I giocatori tessero una trama di suoni frenetica ma sempre ben organizzata e ritmica.
Il pubblico li osservava con attenzione attendendo che gli altri facessero la loro mossa.
Il concerto di tamburi raggiunse un suo picco di complessità per poi cessare all'improvviso.
Gli altri ballerini erano fermi, con le teste basse e lo sguardo sul pavimento.
D'un tratto, all'unisono, alzarono i loro sguardi davanti a loro.
Si piegarono sulle ginocchia tendendo, in avanti, il busto e le braccia emettendo un sommesso
"Sssssssssssssssss….."
molto lentamente.
Poi, quattro di loro, con uno scatto veloce, presero la spinta effettuando una serie di flick-flack fino ad incontrarsi a mezz'aria, sulle teste dei musicisti, con un salto mortale accompagnati dalla musica dei tamburi ritmica e coinvolgente.
Gli altri, nel frattempo, fecero ruotare il cerchio avanzando con delle giravolte.
I quattro li raggiunsero riprendendo la formazione.
La musica cessò di nuovo.
Tutti si fermarono nella stessa posizione di come avevano iniziato.
Mbasa alzò la testa cominciando a cantare qualcosa che a tutti risultò incomprensibile.
"Che dicono…Mama…" mormorò Rob Danton non riuscendo a staccare gli occhi dalla pista.
"E' un canto di guerra…" spiegò "dicono: canto la mia terra nel sole del mattino/canto la mia terra perché mi guardi vincere/danzo sull'erba la gloria che fu/danzo sull'erba per il furore della fiamma che brucia in me…sulla mia pelle ho tracciato il cammino/per la mia terra danzerò nel sangue/e quando il tramonto mi vedrà vincitore vivrò per la mia terra/e quando il tramonto mi vedrà sconfitto la mia terra vivrà per me…"
appena Mbasa ebbe terminato di pronunciare le ultime parole, i tamburi, presero a suonare di colpo mentre i giocatori si liberarono delle maglie lasciando che i loro fisici perfetti venissero illuminati dal bagliore delle torce.
I corpi si muovevano sinuosi al ritmo della musica disegnando acrobazie che nemmeno i gemelli Derrick sarebbero stati in grado di ripetere.
E le loro voci emettevano mormorii decisi e d'incitamento che davano la carica all'intera danza.
Ruotavano nel suono dei tamburi,indietreggiavano a chiudersi come petali sui musicisti muovendosi in cerchio. E poi si aprivano, e si chiudevano di nuovo e le loro mani vibravano nell'aria.
Gli spettatori erano come catturati dai loro movimenti.
Nessuno riusciva a distogliere gli occhi da quella danza che diceva più di mille parole.
Si separarono disponendosi in un ampio disegno circolare.
Con dei flikflak all'indietro, Alan, si portò al centro dello spazio occupato dai musicisti.
Era dentro la musica e, la musica, era dentro di lui.
Allargò le braccia cominciando a ruotare su sé stesso e ruotando la testa.
I suoi capelli disegnavano percorsi indecifrabili nell'aria.
Sembravano tanti serpenti.
Uscì da cerchio e corse verso gli altri, insieme si lanciarono in una scivolata distendendo le loro braccia all'indietro e tendendo gli addominali.
Così stettero e la musica terminò.
Ci fu un lunghissimo silenzio interrotto solo dal respiro affannoso dei ballerini.
Poi, d'un tratto, un boato di applausi e cori si librò da ogni luogo del Gladiator.
Per un breve momento, tutte le persone lì dentro, erano state catapultate in Africa e avevano danzato con loro la danza della guerra.
Per un momento il Gladiator era diventato l'Africa.




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