Buon viaggio Alan

Capitolo 4

 

Non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Ripensava a quello che era successo, o meglio che non era successo ma stava per succedere, davanti alla sua macchina.
Guardava fisso il soffitto della sua stanza sdraiato sul letto, le mani sotto la testa. Erano le quattro del mattino ed il sole non era ancora sorto.
Tre colpi secchi alla sua porta lo fecero trasalire.
<Chi cavolo può essere sveglio a quest'ora?> si domandò incerto se rispondere o no, poi disse "Avanti"
Con l'espressione di chi la sa lunga, Paul fece capolino da dietro la porta.
"Immaginavo fossi ancora sveglio!" esclamò entrando e richiudendo lesto la porta dietro di sé. Alan lo guardò per un momento, perplesso, poi rispose "E tu che ci fai in piedi a quest'ora?"
"Non sono venuto per parlare di me, ma di te!"
Paul capiva sempre tutto! Come cavolo aveva fatto ad accorgersi che c'era qualcosa che non andava?
"E' inutile che ti scervelli per capire come faccio ad aver capito!" gli disse leggendogli letteralmente nella testa "ti conosco troppo bene!"
Alan sospirò e disse "Credo di essermi innamorato"
"Ma va? Questo l'avevo capito prima di te!"
"Sei venuto per criticarmi o per ascoltarmi?" gli rispose secco
Paul lo guardò rassegnato e si sedette su una sedia di fronte a lui.
Alan tornò a guardare il soffitto "Prima…ci siamo quasi baciati e poi…"
"E poi…?"
"E' squillato il telefonino!"
il suo amico alzò gli occhi al cielo "Benedetti cellulari, sempre sul più bello!"
"Non è questo il problema! È che lei aveva un'espressione quasi spaventata, forse è colpa mia!"
"Ma va' non esagerare come il tuo solito. Forse anche lei è rimasta come sorpresa da quello che stava per succedere. In fondo voi siete prima di tutto amici di vecchia data!"
"Forse è così, però…che devo fare?"
"E lo domandi a me? Non sei tu il Conquistador de Siviglia?"
Alan lo fulminò con lo sguardo
"Ok stavo scherzando!" si difese Paul asciugandosi l'enorme gocciolone che gli pendeva dalla testa! "Comunque lo vuoi davvero un consiglio no? Allora DORMI!"
Alan, che era caduto dal letto, cercò di alzarsi
"Lo dico per te!" continuò Paul imperterrito "vedrai che dopo una bella dormita vedrai tutto in rosa!! E lascia che tutto vada da sé…" senza dargli il tempo di rispondere si alzò e uscì dalla stanza lasciandolo ancora seduto a terra mentre gli ultimi sprazzi di luna filtravano dalle tende.

"Credo di aver affrettato i tempi e averlo spaventato!" esclamò in tono triste Charlie seduta sul letto della sua stanza, Maki, che le stava di fronte con le gambe incrociate a mo' di indiano, stringeva a sé un cuscino e la guardava attenta
"Io, non direi" le disse "in fondo è lui che ha cercato di baciarti, perché fermarsi all'ultimo momento?"
Charlize scosse il capo silenziosa
"Credo che la scoperta di provare un sentimento più forte dell'amicizia abbia sorpreso un po' tutti e due. Tu che ne pensi, ho ragione?"
"Forse si, ma non so proprio che dirti…e poi domani come farò a guardarlo in faccia?"
"Farai come hai sempre fatto fino adesso, credo che anche lui sarà un po' imbarazzato!"
"Domani sarà una lunga giornata…" e si rilassò contro la parete.

Quella mattina il caldo era davvero soffocante, come una cappa, stagnava l'aria e si appiccicava sulla pelle.
"Ragazzi io devo buttarmi a mare o mi dovrete raccogliere con il cucchiaino!" esclamò Ed mentre continuava a farsi vento con la mano
"Hai ragione!!" gli accordò Danny "allora andiamo?" e si avviò verso l'uscita della terrazza e cominciò a scendere le scale di pietra che costeggiavano la scogliera sulla quale si affacciava la villa e che conducevano ad una spiaggetta privata. Maki e Mark si accodarono ai due mente la ragazza lanciò un'ultima occhiata a Charlie che era rimasta appoggiata allo stipite della vetrata scorrevole del terrazzo.
"Tu non vieni vero?" domandò inutilmente Paul ad Alan che non si era neanche alzato dalla poltrona
"Domanda stupida!" gli rispose con un sorriso ironico. Il difensore della New Team rispose al suo sorriso e si avviò verso le scale.
"Senti ragazza" mormorò a Charlie appena le fu vicino mettendole una mano sulla spalla e sorridendo malizioso "non chiacchierate troppo!!!" e le strizzò l'occhio.
Ora erano soli…

"Fa…fa caldo eh?" disse d'improvviso Alan rompendo quel silenzio insopportabile che si era creato dopo che anche Paul era andato via
"Eh si…" rispose Charlie trasalendo
"Si…come mai non sei andata con loro?"
"Non…non ne avevo voglia…" <No così non va!> pensò la ragazza continuando a dargli le spalle perché non aveva il coraggio di guardarlo <se continuiamo così arriveremo su terreni pericolosi…>
"E tu perché non sei andato?"
Alan si bloccò improvviso, non si aspettava quella domanda "Io…ecco io…" <Accidenti ed ora che dico?> si disperò
Charlie si era completamente dimenticata dell'astio che correva tra Al e il mare e gli sovvenne solo dopo che ebbe pronunciato quella frase, se ne pentì…poi però <Ho trovato il modo per cambiare discorso!>
Si voltò cercando di non guardarlo direttamente negli occhi ma gli fu impossibile.
Alan stava ancora cercando di trovare una risposta alla domanda di Charlize, ma non gli veniva nulla in mente ed intanto lei si era seduta sulla poltrona di fianco alla sua.
"Credi che non me ne sia accorta?" disse piano facendolo voltare "c'è uno strano attrito tra te e il mare! Trovi sempre una scusa per non avvicinarti, anche solo per guardarlo e lo hai fatto…anche ieri sera" disse un po' forzatamente queste ultime parole.
Al era nervoso e lo si vedeva chiaramente. Forse, pensò lei, avrebbe dovuto lasciare perdere ma Al non poteva continuare a tenersi tutto dentro, gli avrebbe fatto solo del male.
"E' una storia vecchia di cui preferisco non parlare…" disse distogliendo lo sguardo
"Credo che parlarne ti farebbe bene…forse potrei aiutarti a…"
Alan si voltò di scatto e la trapassò con uno sguardo che la fece trasalire. Non aveva mai visto due occhi più inferociti dei suoi…
"Aiutarmi a fare che? Eh?" ringhiò ironico "tutti volete aiutarmi…tu, mia madre, mio padre…ma io non ho bisogno del vostro aiuto perché voi non potete aiutarmi…cosa cavolo ne sapete di quello che ho io dentro eh?" la sua voce era piena di rabbia ed era aumentata di tono e aumentava a mano a mano che parlava fino a che non si ritrovò a gridare "COSA? DOVETE LASCIARMI IN PACE E SMETTERLA DI IMPICCIARVI DELLA MIA VITA! CHIARO?!" con tutta la rabbia che aveva in corpo sferrò un pungo sul tavolino in legno vicino a lui sfasciandolo.
Charlize sobbalzò tenendo lo sguardo basso mentre la figura di Alan torreggiava imponete di fronte a lei. Con un filo di voce disse "Scusa…scusami…hai ragione non…non dovevo impicciarmi…ti chiedo perdono…" e scappò via non potendo più controllare le lacrime che cominciavano a cadere copiose sulle sue guance.
Alan era rimasto lì fermo e, come se si fosse risvegliato da un incubo, si rese conto di quello che era appena successo "Oh no!" si disse guardandosi le mani "l'ho fatto di nuovo, come ho potuto perdere il controllo di nuovo" poi alzò la testa di scatto "Charlie!" esclamò e le corse dietro "Charlie aspetta…"
Appena fu arrivata in camera sua chiuse a chiave la porta dietro di sé e si gettò sul letto piangendo senza controllo. Mentre Al bussò alla sua porta
"Charlie?" chiamò "Charlie ti prego scusami…io non so cosa mi sia preso…non volevo gridare con te in quel modo…Charlie ti prego apri, lascia che ti spieghi…" ma non ricevette nessuna risposta, stava per bussare di nuovo quando sentì numerosi singhiozzi provenire dalla stanza. Stava piangendo. Abbassò lentamente la mano e si appoggiò con la fronte sulla porta "Mi dispiace Charlie" mormorò "non volevo…davvero" e si allontanò.
Uscì dalla villa e si poggiò contro un albero dal quale si poteva vedere il balcone della stanza di Charlize. Le tende erano chiuse.
Lentamente scivolò contro il tronco fino a toccare il suolo erboso e rimase con la testa alta verso la sua stanza.

"Come al solito me lo sono dimenticato di nuovo!" sbuffò Paul mentre lentamente risaliva le scale di pietra "dannati telefonini!". Aveva nuovamente dimenticato il cellulare in casa e stava tornando a prenderlo. Già sentiva la voce di Alan che lo rimproverava 'Che cavolo li avete a fare questi telefoni se non ve li portate mai!'. Sorrise preparandosi psicologicamente alla ramanzina e poi…era curioso di vedere com'era la situazione!
D'un tratto venne distolto dai suoi pensieri notando una figura seduta ai piedi dell'albero di fronte alla villa.
"Alan?" si domandò avendolo riconosciuto subito "ma che ci fa lì per terra!?". la cosa gli cominciò a piacere poco.

"Hei Romeo!" lo chiamò la voce del suo amico Paul comparendo dalle scale "aspetti che Giulietta si affacci al balcone?".
Come se non l'avesse sentito rimase silente a fissare la stanza di Charlize.
Paul inarcò un sopracciglio preoccupato "Ehi Al, ma cos'hai?" e gli poggiò una mano sulla spalla come per scuoterlo.
"L'ho fatto di nuovo" mormorò "ho perso il controllo e l'ho fatta piangere"
il difensore della New Team non riusciva a capire "Alan che hai fatto?!" domandò in tono incredibilmente serio.
"Sono una bestia!" disse atono e con sguardo assente. Poi si alzò lentamente ed entrò in casa. Arrivato nel salone senza dire una parola prese una bottiglia di Scotch e se ne versò uno doppio e liscio, poi si accese una sigaretta e si sedette pesantemente sul divano fissando il liquido trasparente che aveva tra le mani.
Paul si sedette sulla poltrona accanto guardandolo preoccupato, poi Alan cominciò.
"Mi ha chiesto perché odiassi così tanto il mare, perché lo temessi." E trangugiò in un sorso il drink per poi versarsene un altro. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e continuò.
"Io…volevo cambiare discorso ma lei ha insistito" e giù di nuovo il doppio Scotch. La mano che reggeva il bicchiere cominciò a tremare leggermente e anche la voce tese ad incrinarsi "mi ha detto che…parlarne mi avrebbe fatto bene che…forse avrebbe potuto aiutarmi…" e si scolò il terzo "E…tu sai bene…" disse tra i denti "che io detesto quando mi dicono così" il quarto. Paul lo guardò sempre più preoccupato, ma non disse niente.
"E' stato allora che ho perso il controllo ed ho cominciato ad urlare" serrò la mano intono al bicchiere mentre sul suo viso si delineava un'espressione di dolore e rabbia "ho sfasciato anche il tavolino!" ed indicò la massa informe di legno che stava loro davanti.
Paul non se n'era accorto, e sbarrò gli occhi. Conosceva le crisi di Alan e le famose liti con i suoi, ma non gli era mai preso così.
"Lei è scappata via" continuò l' amico "e…quando mi sono accorto di quello che avevo fatto…era già troppo tardi" e si alzò in piedi cominciando a passeggiare per la stanza.
Paul non sapeva che dire, ma doveva fare qualcosa "Cerca di calmarti ora" gli disse calmo "appena le sarà passata le spiegherai la situazione…"
"Come ho potuto…" mormorò passandosi una mano nei capelli, senza nemmeno ascoltarlo "sai che penso a volte?" disse poi poggiandosi allo stipite della porta scorrevole del terrazzo.
Paul lo guardava silente.
"Penso che sarebbe stato meglio per tutti se quello squalo…quel giorno…"
Il difensore della New Team balzò in piedi esterrefatto "Alan ma che diavolo dici!" esclamò non potendo credere alle parole appena pronunciate dall'amico "come puoi dire una cosa simile!"
"Già perché vivere così è meglio?" rispose in tono brusco il portiere della New Team "sono diventato intrattabile, irascibile, sono una bestia. Non solo con i miei genitori, che soffrono per causa mia, ma ora anche Charlie! Sai…sai perché faccio le corse clandestine?" domandò il giovane al suo amico il quale era rimasto con gli occhi sbarrati.
"Le faccio nella speranza che un giorno…qualcosa vada storto…" poi in tono ironico "sono troppo vigliacco per uccidermi con le mie mani" e distolse lo sguardo. Paul lo afferrò per le spalle sconvolto "Alan ma ti rendi conto di quello che stai dicendo?"
"Purtroppo, me ne rendo conto troppo bene" il suo sguardo era pieno di rassegnazione. Si liberò della stretta dell'amico e prese le chiavi della Jaguar.
"Dove vuoi andare ora?" domandò Paul preoccupato. Alan non rispose e salì in macchina mentre Paul continuava a gridare "Non puoi guidare in quelle condizioni fermati! Alan!!!"
ma ormai era troppo tardi, il giovane era già partito sgommando.

Non riusciva a smettere, era più forte di lei. Le lacrime non la smettevano di scivolarle lungo le guance e non riusciva a capire la rabbia con cui era esploso Alan. Più ci pensava e più non riusciva a contenersi. Non lo aveva mai visto così, no quello non era il suo Alan, non era quel ragazzo buono e gentile che aveva conosciuto dodici anni fa.
Non si era mai spaventata tanto in vita sua. Se solo ripensava ai suoi occhi, sembravano tizzoni ardenti.
"Perché…" mormorò tra i singhiozzi "qual'è …il motivo di tanta rabbia…cosa ti sta corrodendo…"
Lentamente cominciò a calmarsi quando sentì la voce di Paul gridare.
Senza pensarci un attimo si affacciò al balcone della sua stanza e vide Alan montare in macchina e partire sgommando mentre Paul lo richiamava a gran voce
"Non puoi guidare in quelle condizioni fermati!"
questa frase la fece rabbrividire e scese di corsa le scale per parlare con Paul, solo lui ora poteva, anzi, doveva raccontargli tutta la faccenda.

L'auto era già lontana mentre il polverone che aveva alzato cominciava a diradarsi.
"Cristo!" sbottò Paul tra i denti non riuscendo a contenersi e diede un calcio alla terra.
"Paul!" lo richiamò la voce di Charlize costringendolo a voltarsi.
<Oh cazzo!> pensò il difensore della New Team <deve avermi sentito gridare. Ed ora che le dico?>
"Charlie!" disse avvicinandosi a lei "come va?" le domandò notando che i suoi occhi erano rossi <Deve aver pianto molto!> pensò.
"Dov'è Alan?" domandò Charlie visibilmente agitata continuandosi a guardare intorno.
"Ecco vedi…"
"DOV'E'?"
"Ha preso la macchina e si è allontanato. Aveva bisogno di stare da solo"
"Giù nel salone ho visto la bottiglia dello Scotch mezza vuota" i suoi occhi erano pieni di preoccupazione "ha bevuto non è vero?"
"Un po'…" non sapeva come dirglielo senza agitarla ulteriormente ma era tutto inutile
"Oddio!…" esclamò passandosi le mani nei capelli "è tutta colpa mia! Se io non avessi insistito affinché mi spiegasse la sua situazione forse tutto questo non sarebbe successo!" nuove lacrime le solcarono il viso. Paul la prese per le spalle costringendola a calmarsi
"Non dire così! Anzi hai fatto bene a scuoterlo! Forse avrei dovuto farlo io molto tempo fa…"
"Paul ti prego…" lo supplicò "devi dirmi come stanno le cose…" i suoi occhi erano fermi su quelli di lui. Paul fece un profondo respiro poi disse "Preparati a sentire una triste storia!" e lentamente cominciarono a camminare mentre il difensore della New Team iniziava il suo racconto.

<Non posso più andare avanti così. Deve finire!>
Alan non riusciva a darsi pace mentre lanciava la sua Jaguar a velocità incoscienti. La statale era sgombra anche se mezzogiorno era passato da un po'. Ma lui non se ne curava minimamente. Cosa importava se un'auto fosse sbucata all'improvviso da dietro la curva e gli fosse finita addosso, cosa importava se per la troppa velocità avesse perso il controllo della sua 'signorina', cosa importava se fosse precipitato oltre il guardarail e si fosse schiantato lungo la parete della scogliera che dava sul mare, cosa importava?
La sua testa era una marea di pensieri confusi, tristi, arrabbiati, disperati e doveva fare prima i conti con loro, il resto sarebbe venuto dopo.
<Non volevo trattarti così Charlie, tu sei l'ultima persona a cui avrei voluto fare del male. Ti amo e non riesco a capacitarmi di quello che ho fatto…perdonami…perdonatemi…mamma,papà…dal giorno dell'incidente vi ho creato solo guai…Paul, tu che mi hai sopportato fino adesso, mi hai ascoltato ed io non ti ho nemmeno ringraziato per essere stato dietro a tutte le mie assurde follie!…perdonatemi tutti!>
120…140…160…180…190…
"BASTA!! TUTTO QUESTO DEVE FINIRE! DEVE FINIRE!"
Le sue grida si dispersero effimere nell'aria mentre con gli occhi chiusi per sfogare meglio la sua disperazione si avviava verso il suo destino.

L'uomo fischiettava tranquillo. La statale a quell'ora era sempre deserta e poteva permettersi di superare per un attimo il limite di velocità e provare l'ebbrezza dell'agire fuori dalla legge.
Il suo furgoncino filava tranquillo sulla strada sgombra. La boscaglia fitta da un lato, la scogliera che dava sul mare dall'altro. Che spettacolo! Il mare a quell'ora era sempre una tavola tranquilla.
"Con questo caldo un bel bagno ci vorrebbe proprio…" e dicendo questo si fece cadere la sigaretta che aveva al lato della bocca facendola finire sui suoi calzoncini corti.
"Porca…" esclamò cominciando a dimenarsi all'interno dell'abitacolo della sua vettura distraendosi dal controllare la strada, tanto chi vuoi che passi a quell'ora!
"Eccoti maledetta!" esclamò dopo averla presa "Per Diana, dovrò smettere di fumare prima o poi!" esclamò ridendo sotto i baffi tornando a guardare la strada. Una macchia di un colore scuro gli si stava fiondando addosso.
"MADONNA SANTISSIMA!" esclamò sterzando e frenando di botto.

Quando riaprì gli occhi il furgoncino era ad un respiro da lui.
"JOSAFATTE!"
una sterzata, una contro sterzata, una frenata. Ma l'auto era impossibile da governare, andava troppo veloce e lo sterzo si muoveva contro la sua volontà.
Sentì l'impatto contro il guardarail e credette di riuscire a fermarsi ma l'auto continuò la sua corsa.
L'ultima speranza…tirò il freno a mano.
Seguì un lungo stridere delle ruote che si inchiodarono al terreno sdrucciolo.
La scogliera era così vicina…

"MAMMA SANTISSIMA! Si sente bene? Mi risponda giovanotto, mi risponda"
una voce d'uomo profonda lo stava chiamando.
"Cosa…" mormorò alzando la testa dallo sterzo della sua macchina. L'impatto era stato molto violento per fortuna però portava la cintura di sicurezza. Alan si rilassò contro lo schienale del sediolino. Era ancora nella sua Jaguar. Era forse morto? La voce doveva essere di qualcuno…angelo o diavolo….?
Lentamente l'immagine si fece più nitida…
"Forza figliolo svegliati! Mi hai fatto prendere un colpo!" il baffuto signore lo guardava preoccupato
"Sono morto?" domandò Alan inconsciamente
"No, ma ci sei andato molto vicino!"
"Molto…vicino…" ripeté mentre lentamente prese coscienza di quello che era successo. D'improvviso ritornò lucido "Cristo Santo!" esclamò non riuscendo a controllarsi.
"Eh si, Gesù è davvero Santissimo!" gli accordò l'uomo "Solo un suo miracolo ha impedito alla tua macchina di precipitare dalla scogliera!"
Alan allungò lo sguardo oltre il cofano: a meno di mezzo metro c'era il baratro!
"Perdonami ragazzo…" continuò il signore "è colpa mia…correvo troppo…mi sono distratto…"
"No, non si preoccupi!" lo fermò Alan "anche io non andavo di certo piano. La colpa è stata di tutti e due…"
"Ma guarda come è ridotta la tua macchina…!" ed indicò il parabrezza sfasciato della Jaguar. Doveva essere stato l'urto con il guardarail.
"Nessun problema grave!" rispose il giovane abbozzando un sorriso "lei non deve preoccuparsi. Approposito come sta il suo furgoncino?"
l'uomo lo guardò sorpreso "E' tutto intero!" rispose "ce la fa a camminare ancora!"
"Bene allora. Non si preoccupi per me vada pure a casa."
"Ma è sicuro?" insisté l'uomo "non vuole che l'accompagni al pronto soccorso per vedere se è davvero tutto a posto?"
"Si davvero, vada tranquillo tanto…sto bene"
Il signore lo guardò per un momento poi fece come gli aveva detto Alan e, rimontato sul furgoncino, si allontanò.
Il giovane fece un profondo respiro e lentamente scese dalla sua vettura.
Con lo sguardo fermo si avvicinò allo strapiombo e, per la prima volta dall'incidente, guardò il mare dall'alto senza provare paura ma voglia di rivalsa "Scriverò la parola fine a tutto questo."
E dopo essere rimontato sulla Jaguar ripartì, ultima fermata: la spiaggia.



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