Kokoro no Namida

Mou Ichido

 

"Nee-chan! Nee-chan!"
Una voce leggera ed acuta si levò nel cortile del tempio scintoista. Dal terreno privo di erbacce e dalla terra pressata, in modo che creasse una superficie compatta, sorgeva un grande albero dal tronco spesso e dalle fronde imponenti, la ruvida corteccia liscia e di un pallido colore chiaro. Il Goshinboku, albero-divinità, era piantato al centro dell'imponente costruzione, contornata dal recinto esterno di legno levigato, ed al cui interno sorgevano un basso edificio adibito un tempo alla funzione di santuario principale, l'Honden, ed un altro piccolo santuario che conduceva ad un antico pozzo sigillato, l'Hokora.
Una ragazza, nell'udire il grido acuto e penetrante, si fermò, saltellando giù per la bassa rampa di scale mentre ancora infilava ai piedi le basse scarpe sopra l'uniforme scolastica.
"Cosa c'è, Sota?" chiese con voce alta ma gentile, nonostante si intuisse una nota di irritazione per quell'ulteriore motivo di ritardo. La voce risultò soffocata dal boccone che ancora stringeva tra i denti; interrompendo per un istante la discesa, lo infilò meglio in bocca e lo divorò rapidamente. Si diresse a passo svelto verso l'uscita del santuario, senza voltarsi verso la fonte degli strilli che inutilmente tentava di richiamarla. Una volta giunta sotto il tiepido sole primaverile, la ragazza strinse i caldi occhi nocciola, feriti dalla luce, prima di proseguire ad un'andatura che ormai assomigliava sempre più ad una corsa sostenuta. I capelli neri, di una tonalità tanto intensa da strappare riflessi blu alla luce del sole, ondeggiavano alle sue spalle arricciandosi leggermente sulle punte. La blusa leggera, di una pallida tonalità azzurra, ricadeva elegantemente sul fisico snello e flessuoso, delicato eppure dalle curve sinuose e ben proporzionate; un fiocco blu era annodato sul petto, ed una corta gonna della stessa tonalità le copriva le anche arrivando a malapena a metà coscia. Le gambe nude parevano pallide sotto il sole, nonostante l'estate appena terminata, e le leggere calze azzurre arrivavano a metà polpaccio. Basse scarpe blu contornavano il tutto.
"Nee-chan, aspetta!" gridò un ragazzino dai corti capelli scuri, simili a quelli della ragazza, e grandi occhi castani di una tonalità più scura rispetto a quella di lei. Le corse dietro, affaticato dall'ingombrante cartella che portava sulle spalle.
"Ora non posso, Sota! E' il mio primo giorno di scuola, non posso fare tardi!" rispose la ragazza, senza badare al fratellino. Di tutta risposta, Sota emise un flebile sospiro che pareva più un singhiozzo e la ragazza si voltò.
"E va bene, Nii-chan. Dimmi… cosa c'è questa volta?" sospirò, rassettandosi la camicia con gesti distratti mentre fissava il fratellino. Questi sorrise, con gli occhi ancora luccicanti per le lacrime non versate.
"Grazie Kagome!" esclamò, sospirando profondamente come un bambino che ha pianto a lungo. La ragazza lo osservò impassibile, inarcando un sopraciglio. "E' Buyo… è entrato nell'Hokora!" spiegò il ragazzino, riferendosi al loro grosso gatto bianco e nero.
"Andiamo a cercarlo… avanti, ti accompagno" disse Kagome, rassegnata, precedendo il ragazzino nel tempietto scintoista ricoperto dagli amuleti del nonno. Un vecchio bizzarro, il nonno, sempre a farfugliare di antiche leggende da tempo dimenticate, di storie passate… come se a lei importasse qualcosa. Infatti scordava sempre ciò che il vecchio le diceva… oppure si addormentava prima che il nonno riuscisse a completare il discorso.
Kagome e Sota ristettero qualche istante davanti alle scale che davano sul pozzo, mentre il bambino si inginocchiava sul legno vecchio e ricoperto da un sottile strato di polvere.
"BUYO!" gridò, facendo quasi sussultare la sorella che stava riflettendo amaramente su ciò che le sarebbe accaduto una volta giunta a scuola… in ritardo. Un bel modo di iniziare il secondo anno scolastico al liceo Mizuno, con un secco di acqua gelata per mano in piedi nel corridoio. Sospirò, rivolgendo nuovamente la sua attenzione al fratellino minore.
"Potevi entrare anche da solo per fare questo, non credi?" chiese, infastidita.
"Ho paura di entrare nell'Hokora, lo sai, sorellina…" rispose Sota con aria contrita, volgendosi verso di lei, prima di proseguire nella ricerca del felino. "Buyo! Buyo! Ma dove ti sei cacciato?!"
"Forse dovremo andarlo a cercare, invece di strillare quassù, non credi?" chiese Kagome, spazientita, scendendo rapidamente le scale ed avvicinandosi al pozzo. Si chinò accanto alle scale, sbirciando sotto, il pavimento illuminato da sottili strisce di luce. "Buyo?" chiamò, leggermente, ispezionando rapidamente il pavimento. "Non c'è… Sota, sei sicuro che il gatto sia qui?"
"Certo! L'ho visto entrare…" rispose il fratellino, scrutando inquieto l'interno del pozzo. Era bizzarro, quel luogo… a volte, le rare occasioni in cui era entrato nell'Hokora, gli era parso di vedere pallidi bagliori rosati palpitare sul fondo del pozzo, e non gli era piaciuto affatto. Lo intimoriva profondamente… e l'inquietudine che provava sopprimeva inequivocabilmente il fascino che quel luogo suscitava con la sua aria antica e misteriosa.
"Beh, qui non c'è… forse è stato sciocco al punto da cadere nel pozzo, ma non credo…" mormorò Kagome tra sé e sé, alzandosi in piedi e spolverandosi le ginocchia sporche di polvere con una vaga traccia di disgusto sul viso. Si voltò verso il pozzo, sbirciandovi all'interno. Era strano… ogni volta che suo nonno aveva tentato di ricoprirlo con una lastra di legno, questa si era spezzata dopo pochi giorni, senza badare alla potenza degli incantesimi che il vecchio vi aveva apposto. E così il pozzo era scoperto da anni, e loro avevano la proibizione di entrare nell'Hokora, probabile dimora di spiriti maligni. Kagome non credeva agli spiriti maligni, né ai demoni, ovviamente; tuttavia non poteva evitare di ammettere che ciò che accadeva in quel piccolo tempietto dall'aria malconcia ed abbandonata aveva un ché di inquietante…
"Se fosse sul fondo del pozzo avrebbe miagolato, e lo avremmo udito…" proseguì pensierosa, sporgendosi per la prima volta in vita sua oltre il bordo del pozzo; da bambina aveva spesso incubi su quella nera cavità tenebrosa, incubi su demoni e strane creature che ne uscivano invadendo la sua casa, ed era sempre stata riluttante a fissarne il fondo. E, una volta superata la paura dell'ignoto, era svanito ormai anche il fascino che quel pozzo ispirava alla sua mente bambina, e non si era più curata né di esso, né del piccolo e trascurato Hokora. Poggiò le sottili mani pallide sull'orlo del pozzo, sporgendosi e fissandone il fondo. Per un istante non vide nulla; soltanto le tenebre, tanto spesse da risultare quasi solide, e le pareti del pozzo che sprofondavano in quella marea nera. E poi comparvero le luci. Come nei suoi incubi… luci rosate, pallide e soffuse di un vago alone perlaceo, che fendevano l'oscurità raggiungendo il suo volto e giocando sulla sua pelle, tracciando deboli scie color pastello.
"N-Nee-chan…" sibilò Sota, in preda al panico. Di nuovo… di nuovo le luci… ma la sua voce flebile e soffocata non giunse sino alle orecchie della sorella, che si sporse ancor più verso il fondo del pozzo.
Immagini… confuse, sfocate, di un ragazzo mai visto prima… di cui non riusciva a distinguere il volto, anche se la sua vista si focalizzava alla perfezione sulle orecchie canine, morbide e candide, e sui lunghi capelli argentei. Serrò con forza le mani intorno al bordo, sentendolo freddo e duro sotto la pelle, e si sporse ancor più. Percepì una brezza fresca, nettamente contrastante con la calura della prima mattina che l'avvolgeva, colpirle il viso e ravviarle i capelli, e la luce aumentare d'intensità.
Kagome…
Chi? Chi la stava chiamando?
Kagome…
Quasi non sentì il terreno sfuggirle sotto i piedi, e le mani lasciare lentamente la presa, percependo la fredda corrente d'aria sotto la pelle anziché la ruvida superficie di pietra del pozzo. Sentì i capelli carezzarle lentamente il viso, mentre fluttuava piano verso la luce…
Vide la luminosità accentuarsi sino a farle dolere gli occhi mentre galleggiava, senza neppure sapere di stare lentamente cadendo verso il pozzo, e vide il bagliore rosa pastello avvilupparla, prima di chiudere gli occhi. Quando li riaprì, la luce era svanita, e si avvide di essere immersa nelle tenebre. Il terreno sotto di lei era duro e scabroso, non livellato, ed era illuminato debolmente da un rettangolo di luce pallida sopra di lei; alzò lo sguardo, e vide il cielo blu oltre l'entrata quadrata del pozzo.
Il… pozzo?
Cos'era accaduto?
Come c'era entrata?
E perché non aveva avvertito alcun urto nel cadervi sul fondo?
In ogni caso… Sota ormai doveva essere estremamente preoccupato per la sua scomparsa, ansia tanto più accentuata dal timore che il fratellino nutriva per quel pozzo.
Che sciocco, il mio nii-chan… mi sono sporcata la divisa per nulla! Guarda, macchie di terra ovunque… accidenti, la scuola! Sono in ritardo pazzesco, e devo andarci conciata in questo modo…
Kagome sbuffò in segno di irritazione, prima di rialzarsi in piedi e spazzolarsi svogliatamente vestito e capelli; con un ulteriore espressione di disappunto, si accinse a scalare le ripide pareti del pozzo, fortunatamente dotate di facili appigli, sporcandosi ancor più le mani e le unghie.
Secchi assicurati, povera Kagome… si ripeté tra sé e sé durante il tragitto, sbuffando e sospirando alternativamente. Quando riemerse dal pozzo, si coprì gli occhi con una mano, le iridi color caffè ferite dalla luce intensa del sole. Fortunatamente la luminosità accecante era parzialmente coperta dalle ampie fronde della foresta…
Foresta?!
Non ebbe il tempo di riflettere su quella novità, poiché una bassa voce maschile roca e graffiante risuonò alle sue spalle, pregna di sarcasmo e maliziosa.
"Tsk! Sola e senza armi… allora vuoi proprio morire, Kikyo?!"

"Nee-chan! Nee-chan! Rispondimi sorellina…" La voce di Sota, rotta dal pianto, risuonò nell'Hokora mentre il bimbo afferrava con forza il bordo del gradino di legno sudicio, inginocchiato a terra, protendendosi quanto il terrore che provava gli consentiva verso il pozzo. Quelle luci… e sua sorella che si chinava verso il pozzo, prima di levitare in aria e precipitare nella buia cavità inquietante… represse un brivido.
"Kagome! Sorellina…" singhiozzò ancora, ed un miagolio dolente gli rispose.
"Buyo?!"
Il grosso gatto spuntò da un lato del pozzo, con aria inquieta nelle grandi iridi gialle, e trotterellò rapidamente verso il piccolo padrone.
"Buyo! La sorellina è scomparsa… Kagome, esci da quel pozzo!" singhiozzò Sota, stringendo il morbido gatto tra le braccia, affondando le mani ed il viso nel pelo soffice, asciugandovi le lacrime che già sgorgavano dai suoi occhi.
"Nee-chan…" chiamò ancora una volta, prima di alzarsi in piedi tremante; la sua sorellina era scomparsa nel pozzo… e si rese conto di avere troppa paura per seguirla laggiù e sbirciare oltre l'orlo. Corse fuori dall'Hokora, in cerca del nonno. Lui avrebbe saputo senz'altro cosa fare per ritrovare la sua nee-chan…

Al suono di quella voce dura e beffarda, Kagome si girò istintivamente, scrutando a fondo un'alta figura imponente stagliata contro la luce accecante dell'astro diurno. Sgranò gli occhi; un ragazzo, dalle ampie spalle e ricoperto interamente da un'ampia veste scarlatta, la stava fissando. Un ragazzo piuttosto bizzarro per la verità, con quelle iridi stupefacenti color ambra, quelle pupille feline, verticali, quei capelli argentei, quelle zanne luccicanti appena nascoste dalle labbra dischiuse in un sogghigno… quelle… orecchie canine… Canine?!
Mise a fuoco lo sguardo su quelle lanuginose e soffici orecchie, che spuntavano dal capo, tra i morbidi capelli argentei. Un senso di familiarità intenso e quasi doloroso la colpì istantaneamente, e si sorprese a riflettere di aver già visto quel viso… la figura stessa di quel bizzarro ragazzo. Rimase ammutolita, non potendo far altro che fissarlo, stringendo le mani al petto e sentendo il cuore battere contro lo sterno in modo quasi doloroso sotto le dita. Era… malinconia, che provava fissando quel bizzarro ragazzo. Malinconia, come se qualcosa le fosse stato strappato dal petto tanti anni prima ed ora finalmente le fosse stato ridato… ma per quanto?
Si diede della sciocca; non sapeva neppure dov'era, eppure la sua mente era piena di pensieri bizzarri su strani ragazzi e su sensazioni tanto stravaganti quanto intense. Che luogo era quello? Dov'era finita… Tokio? Inghiottita forse da quella foresta cupa ed oscura, sebbene illuminata dalla intensa luce del sole?
"D-dove sono?" sussurrò, la voce mozza nel petto, fissando il ragazzo di fronte a lei con gli occhi scuri sgranati.
Lui la squadrò con eguale confusione.
"Che ti prende, Kikyo? Non sai neppure dove ti trovi ora?! Sappi che non ti risparmierò la vita anche se ti fingi pazza… sei qui, disarmata e sola, e non intendo sprecare questa occasione…" Un nuovo sogghigno comparve sul volto del ragazzo dalle argentee chiome, mentre snudava gli artigli della mano destra e faceva un passo verso di lei. Kagome indietreggiò, trascinandosi sul terreno con il respiro affannoso ed il cuore che batteva tanto forte da indurla a credere che persino il ragazzo potesse udirlo. Eppure… nonostante la situazione in cui si trovava… non era spaventata. No… era una specie di selvaggia ed intensa commozione quella che provava, come se avesse finalmente rivisto qualcuno che le era rimasto lontano per tanto tempo… nonostante non avesse mai visto prima quel bizzarro ragazzo.
"K-Kikyo? Io… non sono Kikyo!" esclamò, trovando parzialmente le energie necessarie per replicare. Il ragazzo si fermò limitandosi a fissarla; abbassò la mano artigliata, le unghie affilate mandarono un bagliore alla luce intensa del sole.
"Ma cosa stai dicendo?!"
Era confuso. Non era… Kikyo?! Cosa stava inventando ora quella maledetta?! Pensava davvero che lui fosse così stupido da cadere in un simile sciocco tranello?! Eppure… sembrava quasi diversa dalla miko che conosceva. Sembrava… più… Aggrottò le sopraciglia, lottando per focalizzare la sua mente sulla differenza tra la Kikyo che conosceva e questa bizzarra ragazza vestita con abiti del genere. Più… giovane… della miko! Ecco, dov'era la differenza!
Si avvicinò ulteriormente alla ragazza, mentre l'odore vagamente dolce di lei lo avvolgeva. Quella era la fragranza di Kikyo! Eppure c'era qualcosa di diverso… mescolato all'odore lieve della sua pelle, altri profumi si miscelavano, sentori che non aveva mai percepito prima. Aggrottò la fronte, scrutandola.
"K-Kikyo…?" mormorò ancora, incerto, confuso da quella miscela di noto ed ignoto che sembrava avvolgere la ragazza che gli stava di fronte. Già… forse non era la miko… ma cos'era allora quella sottile sensazione di familiarità che provava, come se quella ragazza gli fosse stata più vicina di qualunque altro al mondo? Come se la conoscesse da anni, da secoli, da infinite eternità, anche se i suoi occhi non l'avevano sfiorata neppure una volta? Come se sapesse da sempre che era l'unica che riuscisse a comprendere completamente il suo cuore… Come se quella ragazza riuscisse a… consolare la sua anima ferita…
"Io non sono Kikyo! - esclamò la ragazza irritata, recuperando in pochi istanti il proprio spirito - Il mio nome è Kagome! Ka-go-me! Non so nemmeno chi sia, questa Kikyo!"
Il ragazzo annuì leggermente, come se quelle parole fossero già state pronunciate altre volte, ed ora soltanto l'eco gli giungesse finalmente alle orecchie. L'aveva saputo sin da quando l'aveva vista accanto al pozzo girata di spalle che quella ragazza non era Kikyo... solo che non era riuscito a rendersene conto immediatamente.
Chinò il capo da un lato, studiandola, ed allungando una mano per sfiorarle i vestiti.
"Che diavolo di vesti sono, queste?!" domandò, curioso.
Kagome si scostò dal suo tocco lieve, scrutandolo offesa.
"E' la mia uniforme scolastica! Cos'altro dovrebbe essere?!"
Il ragazzo scrollò il capo, non comprendendo le sue parole ma senza volerne sapere di più.
"Dove sono? Che posto è questo?" chiese Kagome, come risvegliatasi da un sogno, guardandosi attorno. In un istante, vide il grande Goshinboku ergersi a pochi passi da lei, e le parve quasi di vedervi assiso qualcuno… ma l'immagine sfocata svanì in pochi istanti dinanzi ai suoi occhi. Scosse il capo, confusa, sentendo lo sguardo del suo misterioso interlocutore fisso su di lei.
"Questo è il mio bosco… e tu ne stai violando i confini. Vattene" rispose semplicemente, senza distogliere lo sguardo da lei.
"Il tuo… bosco?! Dov'è finita la mia casa?! Dov'è finita… Tokio?!" esclamò Kagome, sconvolta, guardandosi rapidamente intorno senza vedere nulla di ciò che le era familiare. Tranne… sì, proprio tranne il ragazzo che le stava di fronte.
Lui scrollò di nuovo le spalle.
"Non lo so e non mi importa. Questo posto è mio, e se non te ne andrai ti ucciderò. Vattene."
Perché era così freddo con lei? La risposta a questa domanda era semplice… era innato in lui l'istinto di tenere gli altri a distanza, ed inoltre con quella ragazza era stato più gentile che con i restanti frammentari contatti che aveva avuto durante la sua vita. Quello che non riusciva a capire era proprio questo… perché stava usando verso di lei tutti questi riguardi? Si fosse trattato di qualcun altro… della vera Kikyo ad esempio… non avrebbe esitato un istante ad ucciderla. Ma ora si sentiva colpevole soltanto per essere freddo con quella ragazza… e quella sensazione non gli piaceva affatto.
"Ti ho detto di andartene. Vattene!" ringhiò con rabbia e con la frustrazione derivante dal non riuscire a comprendere se stesso, voltando le spalle alla fragile figura che gli stava dinanzi. Gli era così familiare quel volto… così simile a quello di Kikyo… eppure era così inestricabilmente diverso da quello della sacerdotessa…
"Ma… dove? Dove posso andare?"
La voce sottile e triste della ragazza gli risuonò alle orecchie come un maglio.
"Tornatene da dove sei venuta, no?" ribatté, rifiutandosi di guardarla.
Kagome ristette in silenzio per qualche istante, prima di emettere un verso soffocato.
"Il… pozzo!" esclamò, avvicinandosi all'orlo e scrutandovi all'interno.
Il ragazzo percepì quel movimento con i sensi acuti, e si volse nella sua direzione. La vide intenta a scrutare le buie profondità del pozzo prosciugato, e la fissò sorpreso.
"Vorresti farmi credere di essere uscita da laggiù?!" chiese, inarcando un sopraciglio. Kagome non gli badò, cercando disperatamente di vedere qualcosa sul fondo… oppure di scorgere nuovamente i fatui bagliori pastello che avevano presagito il suo arrivo in quello strano luogo.
Nulla.
Non vide nulla… ma quella era la sola possibilità che le rimaneva per poter tornare a casa. Trasse un respiro profondo, inalando l'aria fresca e profumata di quella strana foresta, prima di spiccare un balzo e di lanciarsi nella buia cavità.
"EHI! Aspetta, costa vuoi fare?!"
Sentì la voce di quel bizzarro ragazzo raggiungerla dall'apertura sopra di lei, ma Kagome stava già cadendo rapidamente verso il basso. Sentì l'aria fischiarle nelle orecchie mentre precipitava nel buio… e non riuscì a trattenere un gemito quando il bacino cozzò duramente contro il terreno irregolare del fondo del pozzo.
"Accidenti…" imprecò, alzandosi in piedi a fatica e guardando il cielo sopra di lei. Una testa contornata da serici capelli argento fece capolino oltre il buco, oscurando parzialmente il solare cielo mattutino.
"Sei ancora qui, vedo…" commentò il ragazzo, beffardo, le labbra tirate in un sogghigno che lasciava scoperte le zanne. Kagome sentì le lacrime bruciarle gli occhi, e si accasciò sul terreno; ora aveva perso veramente ogni possibilità che aveva per tornare a casa…

Le lacrime scivolarono lentamente a terra, bagnandole le guance, tracciando umidi percorsi sul suo viso prima di giungere al mento. Kagome trattenne un singhiozzo affondando le dita nel terreno duro e scuro, sentendo la propria disperazione concretizzarsi in quell'amaro fiume di lacrime che le scorreva sul viso e nel cuore. Era sola… abbandonata, in quel luogo sconosciuto, ed il suo unico compagno era quel bizzarro ragazzo che neppure conosceva. Si sentiva perduta... ed il sarcasmo contenuto nelle parole di lui non fecero che acuire la desolazione che provava. E mutarla in rabbia.
"Sta' zitto!" gridò, alzando al cielo il volto chiazzato di lacrime, e fissando furiosa il viso contornato dall'argenteo alone delle morbide chiome. Un sogghigno sui fece strada sul viso del ragazzo, che replicò con un grugnito beffardo.
"Feh! Cosa ti fa credere che ubbidirò ai tuoi ordini?!"
Kagome strinse gli occhi color nocciola, affondando ancor più le dita nel terreno.
"Sei… sei un cafone! Uno… uno stupido!" gridò, la voce rotta dalle lacrime che ancor più copiose cadevano a terra. Una risata beffarda le giunse come tutta risposta, mentre Kagome si rialzava da terra. Digrignò i denti, sentendo la rabbia, la disperazione e l'umiliazione imporporarle le guance tingendole di un soffuso colore purpureo.
"O… O… O…" Sentì la mente lottare contro una barriera, mentre una singola parola cercava di riemergere nella sua sfera cosciente, liberata dalla rabbia e dall'ira che la stava travolgendo in quell'istante. "OSUWARI!" gridò infine, alzandosi in piedi e fissando la figura canina sopra di lei. Non accadde nulla, e per un istante Kagome rimase interdetta. Aggrottò la fronte, recuperando la razionalità svanita con la rabbia.
Osuwari?
A… cuccia?
Cosa credevo che accadesse con quella semplice, stupida parola?
Sopra di lei, anche il ragazzo rimase per un istante interdetto, sprofondato nel silenzio, privo di battute sarcastiche da rivolgere alla ragazza.
Osuwari…
Una strana memoria riemergeva con quella parola, tanto vaga e confusa da assumere la sostanza del ricordo di un sogno già sognato molte volte, ed il ragazzo aggrottò la fronte nel tentativo di ricordare. Per un istante, aveva temuto di cadere nel pozzo, trascinato al collo da quella magica parola… e si era toccato sorpreso la gola, quasi stupito dal trovarla priva di ornamenti. Priva… di una collana di perle e denti eburnei…
Scosse il capo, cercando di scacciare la bizzarra sensazione che lo stava trascinando verso un gorgo di ricordi ed emozioni sopite che non riusciva a districare.
"Beh?! Cosa credevi che accadesse, ragazzina?!" esclamò senza molta convinzione, massaggiandosi il collo con le dita artigliate, come se dovesse dolergli per qualche ragione. Se ne avvide dopo qualche istante, e si affrettò a scostare la mano e poggiarla a terra, serrando con forza il bordo del pozzo.
Kagome si deterse il volto con il dorso della mano candida, ora sporca di terra, e si accinse lentamente a risalire le nude pareti di roccia. Mai più… non sarebbe mai più riuscita a tornare a casa. Il nonno… Sota… non li avrebbe rivisti mai più. La sua casa, i suoi amici, i suoi parenti… era sola, perduta in quel mondo sconosciuto, e sentiva la disperazione montarle nell'anima. Un sentimento terribile, tanto intenso da eclissare la bizzarra malinconia che l'aveva investita pochi minuti prima.
Raggiunse faticosamente la cima del pozzo, le mani affondate nelle pareti di terra pressata, le unghie rotte e sporche, quando vide una mano tendersi verso di lei. Una mano forte e salda, le cui dita erano dotate di artigli lunghi ed affilati che scintillavano contro il sole.
"Tsk! Muoviti, non ho intenzione di restare qui tutto il giorno!" grugnì il ragazzo, trascinandola oltre il bordo con un unico movimento fluido una volta che lei si fu aggrappata alla sua mano, come se non pesasse nulla ma fosse soltanto un sacco ricolmo di piume.
Una volta giunta sul suolo erboso della foresta, Kagome si accasciò, sentendosi svuotata da quella disperazione tanto intensa da causarle un dolore quasi fisico. Le lacrime correvano sul suo volto senza che lei riuscisse neppure a fermarle, o se ne curasse, mentre la sua mente ritornava perennemente agli affetti ed al suo mondo, ormai perso per sempre.
Il ragazzo sentì il cuore mancargli un battito, quando vide le lacrime brillare sulle ciglia di quella sconosciuta, e provò l'impulso di allungare una mano ed asciugarle delicatamente. Si volse di scatto, voltandole le spalle, turbato da simili intense emozioni che turbinavano nel suo cuore. Le lacrime di quella bizzarra ragazza… facevano male… male al cuore. Provava un'acuta sofferenza nello scorgere quelle umide scie salate percorrere quelle guance d'alabastro, e l'anima straziata da un'acuta ed ignota sofferenza. Perché? Non riusciva a comprendere… così come non era riuscito a capire in precedenza perché si fosse dato la pena di aiutarla ad uscire dal pozzo. Che gli importava di quella ragazza? Non riusciva a comprendere se stesso, e questo lo inquietava. Non gli era mai capitata prima una cosa simile… e non gli piaceva. Non gli piaceva affatto. Incerto, fece qualche passo verso gli alberi, cercando di allontanarsi da lei, ma i suoi singhiozzi gli straziavano l'anima. Lei lo faceva soffrire… ed il suo primo impulso era quello di allontanarsi da qualcosa che lo straziava a tal punto, provocandogli un simile dolore. Eppure… sentiva di non poterla abbandonare. Sentimenti contrastanti e fastidiosi, che non fecero altro che aumentare la sua irritazione. I singhiozzi della ragazza, ormai disperati, logorarono del tutto i suoi nervi.
"Piantala immediatamente!" gridò furioso, voltandosi verso di lei. Non gli piaceva sentirsi confuso, ancor meno di quanto gli piacesse sentirsi sofferente. Di tutta risposta, il pianto della ragazza si fece ancor più disperato. "Basta! Smettila! Ti ho detto di farla finita!" gridò nuovamente il ragazzo, in sintonia con i singhiozzi della ragazza che aumentavano di volume di pari passo con le sue parole.
Massaggiandosi una tempia con fare rassegnato, il ragazzo si avvicinò a lei, riluttante a porre fine a quel tormento emotivo ed uditivo con un colpo secco sulla nuca. Esitava… a farle del male, e non ne capiva il motivo. Quella situazione era ridicola!
"Avanti… smettila di piangere" cercò di placarla il ragazzo, acquisendo un tono più gentile. Con riluttanza, le posò una mano sul capo, carezzandole goffamente i capelli neri. Sentì una scossa percorrerlo a quel lieve contatto, mentre la sua mente registrava rapidamente la morbidezza di quelle corvine chiome, sottili e profumate.
Tuttavia, nonostante la sua incertezza, la ragazza sembrò placarsi sotto quel tocco se non altro gentile, e smise di singhiozzare disperatamente. Alzò il viso macchiato di lacrime, ed il ragazzo sentì nuovamente il suo cuore mancare un battito quando vide la tristezza profondamente incisa su quei lineamenti cesellati.
"Io… io non so dove andare!" singhiozzò Kagome, sentendosi tuttavia confortata da quel tocco goffo e lieve. Era una sensazione bizzarra, eppure percepì un sottile senso di appagamento… come se avesse atteso tutta la vita quel contatto lieve ed effimero.
Il ragazzo sospirò, scostando con riluttanza la mano ed incrociando le braccia sul petto. Ora che la ragazza pareva essersi calmata, poteva cercare di recuperare la sua usuale freddezza… ed evitare di fare nuovamente la figura dell'idiota.
"Di là" rispose il ragazzo, indicando un sentiero che dipartiva dalla radura alle spalle della ragazza, e si perdeva tra gli alberi della foresta. La ragazza seguì la direzione del suo dito artigliato, e quando vide il sentiero si alzò rapidamente in piedi. La crisi di panico pareva essersi placata… e Kagome sospettava a causa del contatto dolce e gentile della mano di quel bizzarro ragazzo sui suoi capelli.
"Segui il sentiero fino in fondo… alla prima biforcazione volta a destra, poi a sinistra ed infine nuovamente a sinistra. Raggiungerai un villaggio prima di sera… laggiù potranno aiutarti" concluse il ragazzo, calcolando le distanze che poteva essere percorse da una fragile ragazza come lei. Le voltò le spalle, riluttante ad abbandonarla eppure lieto di farlo, in modo da placare la confusione che regnava in quell'istante nella sua mente. La stava indirizzando sino al villaggio di Kikyo… chissà che la miko non potesse aiutare quella ragazza, che pareva la copia della donna in gioventù! Omise volontariamente i pericoli che viaggiare in quel bosco comportava… alle orde di demoni che vagavano al suo interno… e cercò di nascondere questo anche alla sua mente. Maledizione! Non doveva preoccuparsi per una… debole umana…
Kagome annuì lentamente, prima di volgersi verso il ragazzo che le volgeva le spalle.
"Ti ringrazio" mormorò, chinando il capo nella sua direzione in segno di ringraziamento. Il ragazzo scrollò le spalle, prima di spiccare un salto che lo portò tra le fronde di un albero, svanendo ai suoi occhi.
"Aspetta! Non mi hai neppure detto il tuo nome!" gridò Kagome, facendo qualche passo nella direzione in cui era scomparso quel bizzarro ragazzo che l'aveva aiutata. Il vento stormì per un istante tra le foglie, spezzando il silenzio pesante ed opprimente della radura, prima che una voce risuonasse in qualche punto sopra di lei.
"…Inuyasha."
Kagome sorrise leggermente.
"Arigato, Inuyasha."
Strano… le pareva che quel nome fosse quasi… familiare, sulle sue labbra.
Non indagò a lungo su quella bizzarra sensazione; con un sorriso sul viso, vincendo l'amara disperazione che era sorta nel suo animo ed in qualche modo placata dal tocco gentile di quel ragazzo, si diresse verso il sentiero da lui indicato.

Inuyasha rimase immobile su un ramo, scrutando la ragazza sotto di lui in un silenzio completo ed assoluto. Kagome… sì, questo era il suo nome… perché aveva la sensazione di averlo già udito in passato?... camminava rapidamente seguendo il sentiero, senza voltarsi indietro, impavida ed incurante della cupa foresta intorno a lei. Sciocca… stupida ragazza. Se la presenza dell'hanyou non avesse spaventato i demoni intorno a loro, Kagome sarebbe stata già morta.
Sospirò leggermente; nonostante tutto, il suono del suo respiro non fu più rumoroso di un alito di vento.
Perché si preoccupava tanto di quella ragazzina? Non l'aveva uccisa… l'aveva consolata… le aveva indicato la strada per giungere al villaggio di quella miko maledetta… ed ora la seguiva pure per accertarsi che ci arrivasse sana e salva! Non riusciva a comprendere se stesso… e questo lo contrariava profondamente. Perché gli pareva non soltanto scontato, ma anche giusto preoccuparsi per la ragazza che camminava stanca e triste sotto di lui?
Un fruscio d'ali interruppe la sua concentrazione; con un ringhio a malapena percettibile, Inuyasha spaventò uno shibugarasu che stava puntando l'umana indifesa che camminava nella foresta. Lo spettro fuggì via con uno stridio acuto.
Kagome volse il capo da una parte all'altra della foresta, finalmente ridestata dai cupi pensieri che parevano avvolgerla, prima di tornare a fissare la strada con aria mesta.
Inuyasha sentì il suo cuore contrarsi alla vista della tristezza sul volto cesellato di lei, e digrignò i denti con uno stridio acuto; cosa diavolo gli stava accadendo? Che quella strega gli avesse gettato addosso una malia? No… era uno youkai! Ora stava pensando come un essere umano… e tuttavia non trovava altra spiegazione per ciò che sentiva nel suo cuore in tumulto. Percepiva nettamente il desiderio di scivolare giù dall'albero e stringerla tra le braccia… passare le dita artigliate sulle guance di velluto, cancellando le lacrime che le macchiavano… e consolarla sino a quando il cuore di lei non fosse stato finalmente sereno. Sbuffò, cercando di sopprimere quei pensieri senz'altro inopportuni, oltre che assolutamente nuovi per lui. Cosa diavolo stava accadendo alla sua mente?! Perché gli pareva ora impossibile distoglierla da quella fragile ragazzina comparsa soltanto poche ore prima? Pareva che ora Kagome fosse divenuta la cosa più importante della sua vita… dannazione, la conosceva appena! Doveva essere impazzito…
"Tsk!" grugnì a bassa voce, volgendo le spalle alla ragazza che arrancava sotto di lui e serrando più strettamente la presa intorno al ramo ruvido sotto le sue mani. Ora basta. Stava diventando ridicolo! Sarebbe tornato nella foresta, e nel giro di pochi giorni avrebbe facilmente scordato quella ragazzina che per sbaglio aveva incrociato la sua strada quella mattina… avrebbe continuato a sopravvivere in quel mondo così arduo e duro, ed avrebbe cercato un modo per diventare un vero youkai… cosa gli importava di quella sciocca umana? L'aveva lasciata in vita solo per pietà… per misericordia verso la patetica fragilità umana. Sì, solo questo era stato… un atto misericordioso da parte di un magnifico youkai verso una debole umana. Già.
Ma quando Kagome inciampò nuovamente, emettendo un lieve grido di sorpresa, Inuyasha si voltò di scatto e con un balzo scese fino a terra per controllare che la pelle candida della sua "debole umana" non si fosse fatta neppure un graffio.

***

Nota dell'autrice:
Ho deciso di ambientare la FF alcuni anni dopo rispetto alla storia originale… Kagome ha 17 anni, per l'età degli altri personaggi ci devo pensare^^
Ah, i titoli di ogni capitolo saranno in giapponese… mi piacciono più che in italiano. Ed ovviamente qui sotto ci sarà la traduzione :-D
Mou Ichido: ancora una volta
Nee-chan: sorellina (sorella maggiore). Un ringraziamento a Kyoko per avermelo detto^^
Goshinboku: albero piantato all'interno di un tempio scintoista. Indicato come albero-divinità e venerato come una sorta di angelo custode
Honden: nei templi, santuario principale
Hokora: piccolo tempio scintoista
Nii-chan: fratellino (fratello minore); ringrazio Kagome-sama per avermi corretto^^
Mizuno: giardino d'acqua. Mi piaceva il suono della parola e così l'ho scelta per dare il nome al liceo di Kagome… ora capite perché ho scelto che la sua divisa fosse interamente nelle tonalità del blu e dell'azzurro?! :-P
Miko: sacerdotessa
Arigato: grazie
Shibugarasu: spettro dalla forma di corvo. Letteralmente, corvo che balla sui cadaveri
Per il momento è tutto qui… a presto!
Ja-ne
Seli

Torna all'Indice capitoli