Kokoro no Namida

Gomen

 

Nota legale: Tutti i personaggi di Inuyasha appartengono alla divina Princess Rumiko-sama Takahashi (purtroppo: magari Miroku-chan ed Inu-chan e Sessh-chan fossero tutti miei… ç__ç)

Nota dell'autrice:
Questa è la mia prima Fan Fiction su Inuyasha, perciò siate clementi!!!^__^
Cercherò di rispettare la personalità di Inuyasha & Company, mantenendoli il più possibile fedeli alla trama originale, anche se sarà un arduo compito^^
Questa FF può considerarsi sia un mio finale della serie, sia un Alternative Universe… a voi la scelta! So di essere stata un po' criptica, perciò cerco di essere più chiara: soltanto il prologo è da considerarsi come un finale possibile della serie, mentre tutti gli altri capitoli sono completamente AU… o quasi… Uff!!! E' difficile da spiegare!!! Beh, credo sia meglio lasciar perdere… quando mi ci metto i miei discorsi sono talmente incasinati da far venire il mal di testa! Perciò… vi lascio alla lettura!!
Un ringraziamento a coloro che dedicheranno il loro tempo a questa mia FF, ed un grazie particolare a chi sarà tanto gentile da commentarla (in bene o in male)^^
Un ultimo appunto: il titolo della FF è in Giapponese… se non sapete il significato, vi sarà svelato nell'ultimo capitolo^^
Buona lettura^^

***

Buio.
Era avvolto nell'oscurità, fitta ed impenetrabile, così spessa da rendergli difficile muoversi o persino respirare.
Tenebre crepitanti, vive, avvolte in una buia cortina di dolore e disperazione come un velo di velluto, morbido eppure soffocante, che gli stringeva la gola, gli impediva di trarre altro che convulsi e spezzati respiri.
Che fosse questa, la morte?
Notte… notte eterna, implacabile, pressante, angosciosa.
Dunque era morto?
Forse.
Eppure intermittenti bagliori sembravano tingere l'oscurità di scarlatto, purpureo, cremisi. Di sangue. Macchie di plasma rubino che crepitavano dinanzi ai suoi occhi, accendendosi come lampeggianti fuochi fatui, per poi svanire nel nulla.
Il vuoto…
Una nera voragine buia. Un buco nero di dolore e sofferenza, che inghiottiva il tempo, lo spazio… le emozioni, i pensieri… il suo spirito, la sua essenza, in un risucchio implacabile ed infinito. Come un vortice nell'oceano, trascinandolo in gorghi violenti verso il fondo.
Esisteva un fondo, dunque?
Oppure anche laggiù v'era solo… il nulla?
Vita… morte… Avevano una qualche importanza nel luogo ove giaceva, misero relitto del fiero hanyou che era stato, gridando senza parole la propria agonia? Il suo cuore che gridava il suo dolore… ma nessuno ad ascoltarlo.
Dov'era lei?
Aveva sempre ascoltato gli spasmi d'angoscia del suo cuore… sempre…
Aveva consolato il suo spirito ferito, placando la sua sofferenza… il suo dolore… come un balsamo dolce e rinfrescante, spalmato delicatamente sulle ferite della sua anima.
Era sempre stata presente… per lui… soltanto per lui… ed aveva sentito la sua anima sfiorarlo, quando i suoi caldi occhi nocciola affondavano come spade nelle sue iridi dorate.
Umana.
Ed il suo cuore umano, in quel corpo di youkai, rispondeva al suo richiamo…
Al richiamo del dolore, della dolcezza… di… qualcosa che non riusciva ad esprimere con le parole.
Conforto, calore… umanità, gemma cangiante scintillante nei suoi occhi…
Questo gli trasmetteva. Attraverso uno sguardo, un tocco… un sussurro, un bisbiglio… la sua voce sommessa nelle sue orecchie, il suo alito caldo sulla sua pelle… che lo faceva tremare… di paura, di piacere… di entrambi… sapeva di desiderarla… e ne era spaventato. Aveva mai provato qualcosa di tanto intenso? Non lo sapeva.
Si sentiva etereo, senza nessuna ancora alla realtà, capace di vagare tra le ere della sua mente come un vortice proiettato nei bui anfratti remoti della sua anima.
E la sua mente vagava, senza meta, scivolando dentro e fuori da se stesso; carezzando il suo spirito, per poi fuggire nell'oblio di notte punteggiata di scarlatti fuochi fatui quando l'intensità stessa delle sue emozioni diveniva insostenibile.
Aveva bisogno di lei…
Quel pensiero così improvviso e repentino lo scosse dal profondo dell'anima, come una scossa elettrica.
No!
Lui non aveva bisogno di nessuno!
Era solo… e solo avrebbe dovuto restare.
Solo… non avrebbe più sofferto.
Nessuno avrebbe sofferto a causa sua… a causa della sua doppia natura… nessuno l'avrebbe più illuso e poi abbandonato!
Sua madre… e Kikyo…
Entrambe l'avevano amato. Ed entrambe erano morte… e l'avevano abbandonato…
No.
Non doveva più accadere.
Non poteva permettere al suo cuore di amare di nuovo… perché poi la ferita inferta da una futura separazione sarebbe infine giunta, amara come fiele, bruciante come aceto cosparso su una ferita… e non era certo di riuscire a resistere ancora una volta.
Di resistere al dolore… per essere stato abbandonato di nuovo…
Eppure l'aveva desiderato tanto…
Aveva desiderato che lei cambiasse infine il suo mondo, portandolo a credere all'amicizia… all'amore… a lei…
La fede.
Qualcosa che non aveva mai posseduto…
Non aveva mai creduto in nulla.
Ed invece lei… pareva sempre così felice, così spensierata… da dove traeva quella forza? Dalla fede che riponeva in chi le stava accanto?
Doveva essere quindi più forte di lui…
Una debole umana, più forte del mezzo youkai Inuyasha.
Un pensiero divertente, o irritante… a seconda dell'interpretazione, o del suo stato d'animo…
Eppure era vero.
Lui aveva paura.
Paura della solitudine, del dolore, della sofferenza.
Lei… ne aveva paura?
Forse.
Eppure, si legava ad altri che potevano portarle tale angoscia per una passeggera gioia…
Che fosse questa l'essenza della felicità?
Che la felicità fosse dunque un sentimento tanto effimero? Che la sua bellezza, la sua unicità, il suo valore risiedessero appunto nella brevità della sua esistenza?
Anche lui… voleva provarla. Voleva essere felice…
Ne aveva il diritto?
Avevano diritti, i maledetti hanyou come lui?
Eppure… lo voleva tanto…
Forse lei l'avrebbe aiutato, se fosse riuscito a trovarla in quella dannata oscurità…
Insegnami, Kagome…
Insegnami come essere felice…

Una nebbia rossastra sembrò vorticare dinanzi ai suoi occhi d'ambra, prima che l'oscurità sottostante si riducesse ad un grigio di fondo prima di svanire del tutto. Lentamente, riuscì a ritrovare la sensibilità del suo corpo: le mani, i piedi, il corpo. La pelle del viso, morbida e sensibile, poggiata sul terreno irregolare e disseminato di sassi; registrò perfettamente la scabrosità del suolo, la polvere che gli penetrava nelle narici ad ogni respiro, fastidiosa e sgradevole. Un sassolino che gli pungeva la pelle. Il respiro mozzo nel petto: era faticoso respirare, come se un peso lo stesse schiacciando. Ed il silenzio. Un pesante, assoluto silenzio percepito dalle sue orecchie: l'assenza di ogni suono, a parte il sottile sibilo del vento. Nulla su muoveva, respirava: l'assenza totale della vita, come se ogni cosa fosse stata risucchiata in un terribile gorgo. Ogni cosa era svanita; permaneva soltanto il vento, ed il dolore del suo corpo straziato. Ed un sentore di sangue ferroso ed acuto, estremamente sgradevole per il suo fine naso; intenso al punto da causargli ondate di nausea che gli serravano la gola in una morsa. Lottando contro la nausea, cercò di distinguere gli odori che avevano assalito le sue narici; l'odore del proprio sangue, inconfondibile. Era stato ferito… al braccio, a giudicare dall'agonia pulsante che derivava dall'arto offeso… non ricordava. Altri odori… sangue, sangue, sangue… morte! Era l'odore indefinibile eppure inoppugnabile della morte che permeava l'aria come un ributtante miasma, che gli assaltava le narici procurandogli atroci sofferenze. La nausea sembrò aumentare di pari passo con l'aria ispirata. Morte… chi era morto? Forse… Naraku? Naraku, che aveva alfine ricomposto la sfera… Naraku, che aveva tentato di possederla, prenderla per sé… maledetto… spero che la tua anima bruci per sempre…
Riuscì ad aprire gli occhi; una nebbia scarlatta sembrò ricoprire la sua visuale, e solo dopo qualche istante riuscì a comprendere di aver effettivamente spalancato le palpebre. Il panorama dinanzi a lui non sembrava essere variato; cremisi era… e cremisi era rimasto. Sangue… sangue…
Con un gesto automatico, senza riflettere, spostò la mano dinanzi agli occhi, nettandoli dal sangue che era scivolato sopra di essi a causa di un taglio alla testa; una ferita lunga e profonda, sulla fronte, dovuta ad un colpo di spada. I tagli alla cute del cranio erano sempre quelli che perdevano più sangue… anche se la ferita non era profonda. E quello che ora gli adornava la fronte non sembrava essere l'eccezione alla regola.
Spostò la mano sulla fronte, scostandola poi con un grido soffocato; gonfia e dolorante, la ferita sembrava non smettere di sanguinare; segno questo che era trascorso poco tempo dal suo svenimento, oppure avrebbe iniziato a rimarginarsi per merito della sua rapidità di guarigione derivata dal sangue youkai che scorreva nelle sue vene. Riusciva a muovere la mano quindi… il resto del suo corpo rispondeva ancora alle direttive della sua mente? Vedeva soltanto un'informe macchia verde dinanzi a sé… un verde intenso, tinto di marrone dall'autunno, scurito dalla sera imminente. Il sole non illuminava più la terra… doveva riuscire a vedere di più. La macchia informe stava acquistando man mano che scorrevano i minuti dei confini ben definiti… rivelandosi un boschetto di alberi alti e nodosi, con i rami contorti ed intrecciati gli uni agli altri, le fronde basse e spesse che si innalzavano sino al cielo.
Era… solo?
Forse gli altri erano poco lontani…
Non ricordava; durante il combattimento erano nascosti dietro gli alberi?
Ricordava… una freccia… un turbine… un fuoco fatuo danzante nel sole… un enorme boomerang d'osso… grida…
Null'altro. Dov'erano? Miroku, Sango, Shippo… Kagome…
Doveva alzarsi. Non poteva rimanere sdraiato a terra!
Alzò anche l'altro braccio, e poggiò la mano al suolo. Quando fece forza sulle mani per alzarsi, sentì un dolore terribile sgorgare dal braccio ferito, per poi propagarsi per tutto il suo corpo come una scossa d'agonia. Mugolò di dolore, ma si costrinse a non crollare a terra, cercando di alzarsi in ginocchio in modo da non dover più contare sulle braccia. Ci riuscì; quando sentì le natiche poggiarsi sui talloni, alzò le mani da terra poggiandole sulle cosce, esalando un sospiro di dolore e sofferenza. Le pietruzze acuminate del suolo si conficcarono dolorosamente nella pelle dei piedi, ma non vi badò. Alzò il capo, scostando con una mano tremante una ciocca di capelli insanguinata, mutata dall'argenteo colore originale in un intenso scarlatto. Sentiva il dolore travolgerlo come un'onda, dal braccio ferito e da un lungo taglio sull'addome a cui non aveva badato in precedenza; il sangue imbrattava il kariginu lacero, e l'indumento candido sottostante. Si sentiva spossato… neppure in grado di alzarsi in piedi… ed una lenta, mortale stanchezza si stava impadronendo del suo corpo. Sentiva il capo reclinarsi sul petto, gli occhi socchiudersi… ma la preoccupazione che nutriva per gli altri gli impedì di assopirsi, o di cadere nuovamente in un cupo oblio. Dov'erano? Dov'erano finiti tutti?
Kagome…
Shippo…
Miroku…
Sango…
Cos'erano per lui?
Nulla…
O forse tutto.
Amici…?
Cosa significava quella parola?
Non capiva…
Ma sapeva che la preoccupazione per la loro sorte lo stava lentamente logorando.
Non importava ciò che provava… doveva sedare quel sentimento così angoscioso. Doveva sapere cosa era successo loro… perché un'ansia senza nome, terribile e intensa, lo stava sommergendo rapidamente. Un orribile presentimento…
Scotendo lentamente la testa, schiarì la vista annebbiata; e ciò che vide sul terreno dinanzi a lui fu il sangue. Plasma scarlatto… che formava un'ampia pozzanghera intorno al suo corpo martoriato…
Si costrinse a guardarsi intorno, tenendo alta la testa. E ciò che vide gli serrò il cuore come una mano ghiacciata l'avesse stretto tra i suoi artigli…
Una radura, ampia e circondata da alberi; e arbusti contorti e spezzati, zolle di terra frantumate, suolo bruciato ed esposto all'aria gelida della sera. Ecco ciò che rimaneva dell'erba, del suolo fertile e morbido. E sangue, ad inzupparne il terreno, come un ferroso e terribile nutrimento. L'intera area ne era cosparsa. Ed il sangue si concentrava in particolare in pozze… orribili… sotto corpi riversi ed immobili. Le pupille verticali di Inuyasha divennero ancor più sottili, mentre l'hanyou rimaneva immobile a guardare, paralizzato dall'orrore per la morte seminata quel giorno.
Al centro della radura, Naraku, ciò che rimaneva del suo volto si stava lentamente sciogliendo; il suo corpo ridotto ad uno scheletro informe, la carne infossata, la pelle tesa sulle ossa, come se un essere maligno lo stesse divorando dall'interno del suo corpo, risucchiando la sostanza che un tempo era stata il suo peggior nemico. Una pozza di oscurità, nera e confusa, si stava formando su ciò che restava del corpo, impalato sulla lama antica e scheggiata della Tessaiga da poco ricostruita. Aveva infine adempiuto al suo scopo, la spada forgiata dalle zanne di suo padre…
Ma ciò che lo ghiacciò come se la morte stessa lo avesse infine ghermito, fu l'accozzaglia di corpi sparsi per il resto della radura, lordi del loro stesso sangue…
Il corpicino contorto e minuto di Shippo, con la testa staccata nettamente dal corpo con un colpo di spada che giaceva poco distante…
Sango, esanime, immobile, con la bocca spalancata da cui un rivolo di sangue colava sino a terra, gli occhi fissi al cielo… e l'addome squarciato e grondante di scarlatto plasma, le interiora sparse sul prato come macabri festoni purpurei…
La veste di Miroku, vuota, il bastone sacerdotale poco più in là; ed una spaccatura del terreno immensa, che aveva distrutto una buona parte di foresta. Povero Miroku… risucchiato dal suo stesso foro del vento… morto come suo padre, con una voragine tondeggiante come unica lapide, come unica sepoltura…
E poi…
Il suo sguardo si rifiutò di andare oltre.
Sentì qualcosa pungergli gli occhi, qualcosa che non sentiva più da anni…
Lacrime.
Erano forse lacrime quelle?
Che scavavano la sua pelle come carboni ardenti, come braci…
Che scivolavano sul suo viso…
Che cadevano al suolo come piccole perle di luna…
Kagome…
Non aveva più pianto da quando era morta sua madre…
Kagome…
Lacrime significavano debolezza. E lui non era debole…
Kagome…
Amare significava debolezza. E lui non poteva essere debole!
Kagome…
Eppure non avrebbe mai immaginato che un simile dolore potessero essere possibile. Che una simile agonia bruciante potesse essere tollerata dal suo corpo, e dal suo spirito… Sembrava che una fiamma di ghiaccio gli stesse divorando il cuore, bruciante eppure gelida come la morte, in uno stridente e doloroso contrasto.
Kagome…
Era là, riversa su un fianco, gli occhi aperti e privi della scintilla della vita. La sua Kagome… sembrava quasi fissarlo, in una grottesca parodia di umanità perduta… di vita… con quelle inerti iridi color nocciola… che gli trapassavo l'anima come spade ardenti.
Kagome…
Le membra immobili, contorte, un braccio sotto la nuca, l'uniforme scolastica sgualcita e macchiata di sangue e terriccio, i capelli d'ebano scompigliati ed arruffati, inerte… come una bambola rotta, spezzata, ed abbandonata, gettata al vento come un angelo caduto. Quanto dolore provocava in lui quella triste visione…
Kagome…
Uno dei demoni di Naraku le aveva sbranato la gola; una seconda bocca occhieggiava sotto il suo mento, orribile e scarlatta, ed il sangue pompato sino ad essa sgorgava sul suolo contorto e privo di vita come un fiume purpureo. Non ricordava altro… soltanto se stesso che correva, gli occhi annebbiati dalla rabbia, scarlatti come il suo sangue… finalmente uno youkai, ma con la sensibilità di un umano… e faceva a pezzi ogni cosa. Demoni, spiriti, lo stesso Naraku… a mani nude. E quando l'odiato nemico era infine crollato al suolo, invocando una pietà che mai avrebbe potuto ottenere dall'animo ottenebrato dalla furia mortale di Inuyasha… l'aveva impalato sulla stessa Tessaiga, ridendo, ridendo e gridando al cielo come un folle mortale angosciato dal dolore. E poi era crollato in ginocchio, accanto alle membra immobili del suo nemico, e l'oblio l'aveva infine accolto nelle sue braccia misericordiose.
Kagome…
Si trascinò verso di lei, cercando di fare leva sulle gambe e sentendole troppo deboli per reggerlo. Strisciò sul terreno come un immondo verme, guardandola, cercando di avvicinarsi a lei, e lordandosi del sangue di amici e nemici… uguale, infine, nella morte.
Kagome…
Ridi… ancora… parlami… rimproverami… grida ancora "Osuwari!" se vuoi… odiami, sono così stupido… ma ti prego… ridi ancora una volta per me…
Sedette accanto a lei, esausto, le lacrime che continuavano a cadere nonostante Inuyasha si fosse infine scordato della loro presenza; allungò la mano sana, la destra, raddrizzandole il volto.
Kagome…
Sentiva i suoi occhi vuoti trapassarlo.
Sentiva il dolore aggredirlo, dilaniando la sua anima come artigli di una belva sanguinaria ed implacabile…
E le lacrime che cadevano sul volto di lei mentre la quiete di morte della radura era spezzata dai suoi singhiozzi roventi e sconsolati, la mano che tremando le sfiorava il volto… le labbra seriche…
In passato aveva spesso desiderato baciarle, sentire il sapore di lei sulle proprie, la loro morbidezza…
Sentire la stessa essenza di Kagome riversarsi in lui da quelle stesse labbra, sentire la sua lingua nella propria bocca…
Sentire la fragranza di Kagome, non più come un dolce odore, ma come un inebriante sapore…
Voleva che lo avvolgesse sino a stordirlo…
Ma aveva soppresso queste sensazioni, ritenendole debolezza.
Ora infine l'aveva compreso…
Ora che lei era morta, che la sua vita si era spenta nel nulla.
Sfiorò le palpebre con la mano, delicatamente, chiudendo i suoi occhi e calando le palpebre su quelle iridi vacue che lo trapassavano… lo dilaniavano come artigli… e si chinò su di lei, sfiorandole delicatamente le labbra con le proprie.
"Aieeshiteru, Kagome" bisbigliò, leggermente, prima di baciarle la fronte. Sentire la pelle gelida e immobile sotto la propria, morta, fu più di quanto potesse sopportare. Gridò, follemente, il viso rivolto verso il cielo sempre più buio, in un unico ululato funebre e terribile, che esprimeva la rabbia, il dolore e la terribile sofferenza che covava nel suo cuore. Poi, dopo qualche istante, il grido senza parole acquistò infine un senso.
"Gomen, Kagome! Gomen!"
Chinò il capo, singhiozzando.
"Mi dispiace… mi dispiace tanto!"
Distolse lo sguardo dal suo corpo freddo ed immobile, permeato dall'odore di morte e di sangue, e si volse verso Naraku. Qualcosa brillava, rosa ed intenso, tra la nebbia scura che gravava su ciò che rimaneva di lui. Ormai soltanto la pelle; persino le ossa erano svanite, e l'intero corpo si afflosciò su se stesso come un leggero involucro che pareva più leggero ed effimero del vento stesso.
Si avvicinò lentamente, tendendo la mano verso la nebbia e sentendo un pizzicore fastidioso e doloroso, come se una miriade di piccoli spilli gli pungesse la pelle. Quando la ritrasse, aveva assunto una colorazione violacea e malsana, che non sembrava intenzionata a svanire. Ma, tra le dita, stringeva una sfera… una sfera perfetta, tonda e liscia, che brillava di una luce chiara e cristallina. Shikon no Tama…
Immonda, perversa sfera che mascherava il proprio ripugnante potere con quella luce pura e pallida.
Volse nuovamente lo sguardo verso Kagome, stringendo il pugno attorno alla sfera come se intendesse frantumarla con la sola forza della sua rabbia.
Sentiva la confusione, l'ira, il desiderio di morte e di violenza miscelarsi al dolore terribile ed all'agonia del suo cuore in una miscela esplosiva, che lo portò di nuovo a gridare.
"Non so più neppure cosa voglio! Voglio… lei! La rivoglio indietro… Perché mi hai lasciato solo anche tu, Kagome?! Perché?! Mi dispiace Kagome… non sono riuscito a tenerti con me!"
Sentì le lacrime cadere nuovamente dalle sue guance, rendendo la vista confusa ed appannata.
"E' dunque questo essere umani?! - gridò, una mano che artigliava il suolo distrutto e l'altra che stringeva la sfera, gli artigli che laceravano la pelle del palmo striandosi di sangue - Patire una simile pena? Essere lacerati da un simile dolore? No! Allora… allora voglio che la mia natura di youkai abbia il sopravento! Voglio che la rabbia sia l'unico sentimento che il mio cuore possa provare… voglio che il dolore scompaia! Voglio divenire uno spettro completo! Lo voglio! Lo voglio!"
Poi i suoi singhiozzi si placarono, ed il suo sguardo si abbassò sulla sfera.
"Nulla… non voglio nulla da questo oggetto immondo. Il mio desiderio precedente non era venuto dal cuore… non voglio acquistare ulteriore potere da questo inutile pezzo di vetro… Maligno, perverso gioiello! A causa sua, Kagome è morta! Quanti sono morti a causa di questo malvagio frammento di morte… neppure Kikyo, in dieci lunghi anni, è riuscita a purificarlo! Ed ora Kagome è morta… morta! Morta! E non tornerà più da me!"
Lacrime caddero ancora, ovunque, sulle sue mani, sulla sfera, lacrime pungenti e terribili.
"E' malvagia! Ed io… vorrei… vorrei… che non fosse mai esistita!"
Non fosse mai esistita…
Non fosse mai esistita…
Mai esistita…
Mai…
Esistita…
Mai…
Quelle parole sembrarono riecheggiare in quello ed in tutti i mondi, in ogni epoca, in ogni luogo, come se mille voci la urlassero contemporaneamente con odio e pena, tormento ed agonia tanto intensi da essere al di fuori di ogni sopportazione, umana o immortale.
Mai…
Mai!
Una luce rosata sgorgò dalla pietra come un fiume, avvolgendo ogni cosa, avviluppando Inuyasha, il corpo riverso di Kagome, la radura, il mondo intero… al di là dello spazio e del tempo, risplendendo come un piccolo sole rosa, pulsante come un cuore. Risuonò un grido, un unico grido, come se l'agonia di millenni sgorgasse da una gola umana, stridente come il ferro contro il ferro, lacerante come un artiglio, che riecheggiò ovunque…
Ed Inuyasha sentì nuovamente l'oblio catturarlo, e cadde…
Cadde per secoli, per millenni in una oscurità senza fine, sentendo ogni cosa perdere forma, sostanza…
Tenebra, scintillante di rosata caligine puntiforme che lo avvolse come una coperta…
E, prima di perdere del tutto la cognizione di se, il suo cuore formulò un'ultima richiesta.
Vorrei… vorrei tanto poterla amare… ancora una volta…

***

Nota dell'autrice:
Allora, come vi sembra? Spero vi sia piaciuto, e che leggerete anche il resto della FF… Ribadisco ancora una volta, comunque, che gli altri capitoli non sono affatto il seguito esatto di questo prologo… semplicemente sono il realizzarsi dei desideri di Inuyasha.
Purtroppo non avrò molto tempo da dedicare a questa Fan Fiction, visto che ne sto già scrivendo un'altra che occupa gran parte del mio tempo, però cercherò di aggiornarla ad intervalli regolari.
La nota dell'autrice in fondo al capitolo sarà principalmente utilizzata per spiegare alcuni termini giapponesi presenti nella FF, o per avvertirvi di eventuali ritardi nella stesura dei vari capitoli.
Vi ringrazio di aver letto e… R&R!!! Arigatou!!!^__^
Youkai: demone completo
Hanyou: mezzo demone
Kariginu: kimono di Inuyasha, fatto con la pelle di Hinezumi (una razza di topi originaria della Cina, la cui pelle è straordinariamente resistente, al punto di fungere da corazza).
Osuwari!: a cuccia^^
Aieeshiteru: ti amo
Gomen: perdonami
Credo che, per ora, le parole giapponesi che ho usato siano solo queste…
Alla prossima!
Ja-ne
Seli

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