La gioia e il dolore
Dio ti ringrazio. Ti ringrazio anche se le lacrime scorrono lungo il mio viso. Ti ringrazio anche se il mio cuore sanguina. Ti ringrazio anche se il mio animo è spezzato, lacerato, dolorante. Ti ringrazio per avermi dato un amore grande una vita, perché i giorni belli li abbiamo vissuti. E sono finiti.
Sembra ieri ed è stato una vita fa. Lui, solo, in mezzo alla
gente, camminava, le mani nelle tasche, gli occhiali da soli leggermente abbassati,
quei capelli che mi hanno fatto impazzire raccolti in una treccia. Buffo, su qualsiasi
altra persona avrei odiato la treccia.,ma non su lui. Salì sul mio stesso
autobus, e sedendosi, si voltò verso di me salutandomi. Quello che stupì
non fu il semplice gesto, ma il sorriso che vidi in quegli occhi violetti. Come
se lo conoscessi, come se mi conoscesse da sempre. Scese alla mia stessa fermata,
ma senza preoccuparmene mi avviai tranquillamente verso la biblioteca, per la
ricerca che avevo in programma. Poi sentii i suoi passi veloci, e in un istante
mi fu accanto. E cominciò a parlare. Parlò della stagione splendida,
della natura che rinasceva, senza la pomposità di chi si è preparato
un discorso. Mi convinsi,e non era possibile pensare altrimenti, che in realtà
stesse parlando col cuore. I miei occhi spalancati su di lui gli rivelavano la
meraviglia che suscitava in me. Non mi chiesi perché io, perché
proprio allora, era solo giusto così. La magia che ci legò era proprio
questa, la gioia e la serenità erano così grandi che non c'era bisogno
di domande
Giungemmo alla biblioteca e lui prendendomi la mano mi baciò
la guancia. Stesse a guardarmi finché non varcai la soglia. Per le tre
ore seguenti non fui in grado di pensare ad altro che non fossero quegli occhi
di ametista, o quelle labbra rosse che parlavano di verità inespresse e
troppo a lungo nascoste. Mi decisi infine a uscire, convinta che orami non avrei
più concluso niente. Ma la mia mente si svuotò da qualsiasi pensiero,
quando uscita dalla biblioteca me lo ritrovai davanti, in tutta la sua forza e
bellezza.
"
c-cosa ci fai qui?" riuscii a balbettare.
"ho
camminato per ore e alla fine mi sono ritrovato qui davanti" disse tranquillo,
quasi come fosse la cosa più naturale del mondo. In realtà non saprei
dire se in quel momento lui sapesse già cosa sarebbe venuto dopo. Non gliel'ho
mai chiesto. In ogni caso non avrebbe cambiato niente. Semplicemente DOVEVA succedere.
Non ho mai creduto che esistesse un destino già scritto, ma credo che niente
avrebbe fermato il corso degli avvenimenti. Quel giorno torno a casa con me, nel
mio appartamentamentino, e mai mi sembrò accogliente come quella sera.
Mi
insegnò l'amore, come la vita vera fosse racchiusa in piccoli gesti, come
la notte fosse così attenta verso gli amanti e come li proteggesse dalla
crudeltà del giorno.
Sentivo che qualcosa sarebbe venuto a interrompere
l'idillio, così come quello era amore, era altrettanto sicuro che niente
di ciò che è meraviglioso e perfetto può durare in eterno.
Se solo voi poteste immaginare quanto è vero
Infatti un giorno,
mi svegliò con un bacio e mi disse "Parto." E i suoi occhi dicevano
tutto. Leggevo il suo desiderio di tornare per me, per il nostro amore.
I
giorni passarono, le ore penosamente lunghe, il dolore rinchiuso a forza in un
angolo. Mi dicevo "Devo essere forte, perché non può finire
così" e ci credevo. Fu questo ad aiutarmi ad andare avanti in quei
giorni
bui. La notte mi svegliavo di colpo per sentire poi il cuscino umido
di lacrime. E già avevo capito. La radio, l'unico mezzo a tenermi ancora
aggiornata su tutto quello che succedeva fuori dal mio nido, parlava di guerre
nello spazio, di guerrieri speciali. E con una consapevolezza di cui io stessa
mi stupii, mi accinsi a quella che sarebbe stata una lunga attesa. Nel frattempo
cominciai a scrivere lettere, lettere d'amore al mio soldato in guerra. Al mio
amore dagli occhi che urlano desiderio d'amore, al mio angelo dalla lunga treccia
e dal caldo abbraccio
Ancora risuonavano tra le pareti le sue risate, rivedevo
il suo sorriso e piangevo, piangevo, piangevo
Era Natale e dolci fiocchi
di neve scendevano lentamente dal cielo scuro come il mio animo. Fuori dalla finestra
potevo vedere la gente camminare allegramente per la via, in alto le luci a donare
un aria di magia a quegli innamorati che si accingevano all'acquisto dell'ultimo,
prezioso pegno d'amore. In un pomeriggio in cui mi ero sentita particolarmente
fiduciosa, mi ero decisa a tirare fuori il mio piccolo albero di Natale e l'avevo
addobbato di grosse palle argento e blu. Sotto l'albero, le lettere scritte durante
quei duri mesi, il mio regalo per lui. Dolce agonia, in quel momento il fuoco
scoppiettava nel camino e allo stereo avevo messo "Notre Dame de Paris".
Avevo preparato una bottiglia di spumante per i miei ospiti-fantasma. Ma a
un certo punto, il dolore sordo e la solitudine erano diventati troppi. Non fui
più in grado di trattenere le lacrime, per l'ennesima volta. Il sonno mi
colse presto, non erano neanche le dieci, ma il lungo pianto mi aveva spossato.
Non so quanto tempo era passato, mi sembrava qualche ora, mi svegliò
un rumore proveniente dall'ingresso. Pensai ad un gioco della mia immaginazione,
così mi alzai assonnata per andare a controllare.
Caddi letteralmente
in ginocchio, le mani a coprirmi la bocca, perché lì davanti alla
porta stava l'amore che credevo perduto. E come sempre con un tono innocente mi
disse "Sono tornato". Si inginocchiò accanto a me e mi abbracciò
stretta. Quella fu una notte magica, la più speciale, nonostante tutto
quello che facessi con lui fosse speciale. Fu dimenticato lo spumante, furono
dimenticate le lettere, di colpo eravamo solo io e lui e i nostri corpi che si
ritrovavano dopo tanto tempo. Un attimo prima dell'estasi mi disse "Ti amo".
E allora la mia vita fu completa. Quella notte avvenne un cambiamento dentro di
me, destinato a portare quella che sarebbe rimasta l'unica gioia della mia vita
Non
durò a lungo neanche questa volta, eppure mi sembrarono anni. Il tempo
con lui si dilatava fino a sembrare infinito, e questo ci dava una gioia che ci
inebriava. La mattina mi guardavo allo specchio e finalmente mi trovavo bella.
Non perché il mio viso fosse diventato più bello, o il mio fisico
più scolpito, ma perché vedevo la luce del nostro amore brillare
nei miei occhi e potevo vederla riflessa nei suoi. Passavamo giornate intere abbracciati,
oppure facevamo lunghe gite al mare, seduti sulla spiaggia a guardare il tramonto
Un
giorno suonò il telefono. Vidi il dolore nei suoi occhi e capii. Neanche
questa volta ci fu bisogno di parole. Un silenzio vale quanto mille parole. Mi
baciò a lungo, intensamente. Pensavo "No, non farlo sembrare l'ultimo
"
Ma questa volta avevo un motivo in più per aspettarlo
L'attesa
fu ancora più lunga, più dolorosa, più straziante. Tuttavia
mi ero promessa che questa volta non avrei pianto fino al suo ritorno, volevo
essere forte come lo era lui mentre era lontano da me. Le mie amiche venivano
a trovarmi spesso, si complimentavano con me, perché nel frattempo, avendo
tanto tempo libero avevo cominciato a prendere seriamente la scrittura, che prima
avevo ritenuto semplicemente un modo per sentirmi meno lontana dal mio angelo.
Raggiungevo così un duplice obbiettivo: guadagnavo qualche soldo per mantenermi,
in più era come se scrivendo potessi mandargli le mie parole. La gente
sembrava affamate di storie di passione, magia e dolore, probabilmente perché
non sapeva cosa significavano realmente. Non mi vergognavo di fare soldi con quello
che scrivevo, sapevo che lui sarebbe stato orgoglioso di me in ogni modo. Riuscivo
quasi a sentirmi
felice. Pensavo"Tutto questo è dedicato a lui,
voglio mostrargli quanto è grande il mio amore
"
Una notte
scoppiò un temporale terribile. Sentivo le finestre sbarrate cigolare per
la forza del vento, sembrava che gli elementi avessero deciso di scatenarsi.
La
mattina fui svegliata dal rumore di un vetro rotto. Rimasi profondamente turbata:
la nostra foto preferita, quella che ci ritraeva sereni e rilassati al mare, era
caduta improvvisamente e il vetro si era frantumato: semplicemente il sostegno
non aveva retto
Di colpo sentii un gran vuoto dentro e un angoscia mi
assalì talmente forte che temetti di star male. La giornata era più
cupa che mai e quando suonarono al campanello cominciai a tremare forte senza
alcun motivo apparente
Mi sforzai di alzarmi dall'angolo del lettoni
cui mi ero rifugiata e aprii la porta. Quando vidi quel ragazzo, il dolore dei
suoi occhi blu cobalto, scoppiai a piangere, silenziosamente. Le lacrime scivolavano
lungo le mie guance come se non fossero le mie. Silenziosamente mi abbracciò
e piangemmo insieme. Mi sussurrò all'orecchio "Prima dirci addio mi
ha supplicato di portarti tutto il suo amore
mi ha pregato di avere cura
sia di te che della bambina".
La bambina? Allora sapeva
? Ma com'era
possibile, se quando se n'era andato ero incinta di poco più di un mese?
L'idea che lui avesse capito mi riempì di commozione. Sapevo che ora sarebbe
stato per sempre con me, e che dall'alto mi avrebbe guidato.
Grazie.