Capitolo 2
Capitolo 3
"Vivi ogni tuo singolo giorno, come se fosse l'ultimo."
Circa una settimana dopo quel nostro incontro,
Shinobu morì.
La malattia cardiaca che lo aveva colpito e che per mesi lo aveva costretto
a prendere ogni tipo di medicinale, ed a recarsi almeno due volte al mese
in ospedale, decise che era oramai arrivato il tempo di porre fine alle
sue sofferenze nella maniera più crudele e triste.
Nel paradiso di quel pomeriggio primaverile Shin sapeva tutto.
Sapeva che oramai gli restavano pochi giorni, poche settimane... eppure
non smetteva di sognare, di guardare avanti...di immaginare un suo futuro
senza di quella dannata malattia che l'ha portato via ai suoi genitori,
ai suoi amici; che me lo ha portato via per sempre.
Ed anche io lo sapevo.
Quando ci mettemmo insieme ci giurammo che ci saremmo raccontati tutto
l'uno dell'altra, o per lo meno tutte quelle cose che, direttamente o
indirettamente, avrebbero potuto riguardare entrambi, e naturalmente questa
sua malattia rientrava di diritto in questo genere di confidenze.
Scelse di dirmelo dopo un pranzo a casa sua, assieme ai suoi genitori.
Mi stava riaccompagnando al treno quando, sotto la grande quercia, io
che gli camminavo davanti mi sentii afferrare una mano.
Mi girai sorridente, ma un po' scocciata perchè non avrei potuto
perdere il treno, ma subito capii che c'era qualcosa che non andava...;
lui mi teneva la mano forte, ma le sue dita tremavano, il suo braccio
tremava... il capo era chino sul petto, ed ogni qual volta cercava di
alzarlo per guardarmi in faccia e parlarmi, subito lo rigettava in basso,
come se si rendesse conto che ciò che stava per dire era una cosa
così grande, così maledettamente grande per due semplici
ragazzi come noi, noi che non avevamo mai fatto nulla di male, che il
solo pronunciare quelle frasi avrebbe avuto una forza dirompente tale
da spaccare la terra, da far tremare tutto... da allontanarmi da lui.
Mille pensieri mi passarono in testa in quel momento prima della rivelazione...;
Pensai che mi avesse tradita, ed allora di certo, nonostante quanto lo
amassi, o forse proprio per questo, non gliel'avrei perdonata facilmente;
oppure che avesse deciso di abbandonare l'università nonostante
gli mancasse pochissimo, o non so quali altre assurde fantasticherie immaginai...;
Immaginai tutto, ma non quello che di lì a poco, mi avrebbe confessato.
Rimasi immobile a guardarlo; tutto il silenzio attorno a noi era così
opprimente, così fastidioso che avrei voluto urlare, urlare più
forte che potevo, come se avrebbe potuto cambiare qualcosa.
Lui continuava a stringere la mia mano con entrambe le sue, cercava conforto
in me, ma di fronte una simile cosa io mi sentivo così piccola
e impotente, così inutile che egoisticamente avrei voluto che fosse
lui a consolare me, per quella notizia shockante.
Rimanemmo così alcuni istanti, che parvero interminabili.
Il mio ragazzo stava per morire.
Riformulavo continuamente queste parole dentro la mia testa, ma mai assumevano
una forma precisa e delineata, erano sempre aereose, inconsistenti...tanto
inconsistenti che quasi pensai fosse solo un sogno, un brutto sogno...
o forse non era poi così grave, forse ci sarebbe stato sicuramente
qualcosa da fare, forse anche questo dannato problema, come tutti gli
altri problemi che avevamo promesso di confidarci o che abbiamo incontrato
nel corso della nostra vita assieme, anche se all'inizio appariva gigantesco
ed insormontabile, alla fine unendo le nostre forze saremmo riusciti a
risolverlo, e probabilmente tra qualche mese avremmo riso della sua scena
sotto la grande quercia.
Sì, pensai questo.
Lo pensai e, con l'intento di rassicurarlo stavo anche per dirglielo...
quando vidi cadere da sotto i suoi capelli che gli coprivano gli occhi,
una lacrima, una lacrima che sì andò a infrangere pesantemente
sul dorso della mia mano, che ancora era tra le sue.
Quel tocco pungente, quelle lacrime che mai avevo visto in lui, e che
ora scendevano copiose e mi apparivano così pesanti e dolorose
che solo in quel momento capii, solo allora tutte quelle parole che pochi
istanti fa mi parevano leggere come piume che ondeggiano dolcemente nell'aria
fino a posarsi morbide al suolo, ebbero finalmente una forma delineata,
dei contorni duri e freddi, una sagoma ferrea e mastodontica che probabilmente
né io, né lui né i suoi genitori...nè nessun
altra persona sarebbe riuscito a cancellare.
Più volte nel corso della mia vita ho avuto la sensazione che il
cuore mi si stringesse fino a farmi male, ma quella volta mi accorsi che
prima d'allora non avevo mai provato davvero quella sensazione...; non
lo sentivo più battere, sembrava stesse per scoppiare... la testa
mi girava vorticosamente e gli occhi parevano coprirsi di un banco di
nebbia che non mi permetteva di distinguere chiaramente le cose attorno
a me... il respiro mi mancava, non riuscivo ad aprire bocca, a dire nulla
perchè tutto ciò che sarei riuscita a dire sarebbe risonato
alle mie orecchie così stupido e inutile...; così tristemente
inutile...
Ma davanti a me c'era lui.
Lui che doveva soffrire sicuramente il doppio di me, lui che forse aveva
già il cuore in pezzi e che ha avuto il coraggio e la forza di
confessarsi, di apparire sempre così naturale durante quella cena
nella quale aveva riso e scherzato come al solito, nella quale lui era
stato dolce come al solito...lui che è sempre stato forte, molto
più di me, e che sapeva consolarmi ogni volta che mi sentivo triste
per una delle mie stupidissime idiozie...;
Lui adesso chiedeva il mio aiuto, adesso sentiva che non ce l'avrebbe
fatta da solo a sopportare questo peso enorme, voleva che questa volta
fossi io quella che lo tirava su di morale, che lo aiutava ad uscire dalle
situazioni più spiacevoli.
Mi sottrassi alle sue mani, per portare il mio indice sotto il suo mento
invitandolo ad alzare il volto e a guardarmi in faccia, guardarmi negli
occhi...
le guance bagnate brillavano al sole sotto gli occhi rossi e le ciglia
umide, ed io che mi sentivo scoppiare dentro tentavo di mantere la calma,
trattenendo le lacrime che bussavano sempre più prepotentemente
alle mie palpebre.
Lui, che non aveva perso nemmeno in quell'occasione il suo spirito protettivo,
cercò di sorridermi, ma le lacrime che aumentarono la loro intensità
tradirono ogni suo tentativo...poi mormorò con quel poco di voce
che riusciva ad avere, qualcosa che non scorderò mai...
"Ti chiedo scusa...scusami se non potrò stare per sempre con
te come ti avevo promesso... e scusami se ti chiedo di farti carico assieme
a me di questo peso insopportabile... scusami tanto..."
Ora anche io stavo piangendo.
Sentivo i nervi che piano piano si distendevano, e ogni volta che tentavo
di fermarmi subito venivo schiacciata dall'oppressione, dalla paura...
e così piangevo ancora più forte di prima...
Cercai di recuperare un po' l'autocontrollo e, anche se fu difficilissimo,
ci riuscii... lo guardai in quei suoi occhi che mai avevo guardato come
in quel momento...
"Io ti amo Shin. Ti amo da morire... e starò con te per sempre..."
Mi gettai tra le sue braccia scoppiando il lacrime, e lui tentò
di consolarmi carezzandomi la testa... anche quella volta fu Shinobu a
sentire il bisogno di proteggermi.
Il mio ragazzo stava per morire.
E fu così che, in quella mite serata primaverile, lo dissi a Kensuke.
Proprio sotto la stessa quercia... la quercia sotto la quale Shin aveva
piantato il suo sogno.
Doveva capire, capire perchè l'avessi portato in quel luogo.
Mentre percorrevamo il sentiero tra le spighe, non faceva che parlarmi
di come Shinobu fosse un bravo ragazzo e fosse pieno di voglia di fare,
di sognare, di voglia di vivere...ma che certo la situazione del mio ragazzo
non poteva essere paragonata a quella sua...
Doveva capire.
Glielo dissi con le parole più semplici e nella maniera più
calma che riuscii a trovare.
Gli dissi che Shinobu sapeva tutto e che anche io lo sapevo...
La sua reazione non fu poi tanto diversa dalla mia... impallidì
e rimase a guardarmi incredulo, il vento fresco della sera che agitava
le spighe ai nostri piedi, ghiacciava il sudore sulle nostre fronti facendo
un male cane.
Tremante sulle gambe si voltò verso casa di Shin.
Lui era ancora lì sulla terrazza, che metteva a posto i bicchieri
e le caraffe... si accorse che Ken si era voltato a guardarlo e gli sorrise,
gli sorrise salutandolo più e più volte con la mano... poi
mimando il gesto di giocare a basket gli fece il tipico segno "victory"
con le dita...
e se ne rientrò in casa.
Ken fece due passi, due brevi passi, pesanti...pesantissimi... poi si
gettò a terra sulle ginocchia, le mani a coprirsi il volto.
Il treno che dovevamo prendere passò nella direzione oppostà
accanto a noi, rendendoci chiaramente visibili a intermittenza. Fu il
metallico rumore della locomotiva e dei vagoni l'unico suono che riuscii
a percepire; in quei lunghi momenti sembrava che anche tutte le cicale,
i grilli, le rane, e tutti gli uccelli, rimanessero ad osservare un ossequioso
silenzio.
Mi dispiaque molto l'averlo fatto piangere.
* * * * *
Ormai sono passati sei mesi dalla scomparsa di Shinobu, ed un po' di cose
sono cambiate.
Gli esami di ammissione all'università sono vicini, ed io ed un
paio di mie amiche ci ritroviamo spesso insieme per studiare in gruppo,
in modo di unire l'ultile al dilettevole, anche se poi la maggior parte
delle volte finisce che si inizia a parlare di tutto dimenticandoci completamente
che dovremmo studiare, così la notte, invece di dormire, tocca
accendere la piccola abatjour della scrivania sotto la finestra, e studiare
sul serio fino alle ore piccole.
A volte a noi si aggiungono anche Kensuke ed un suo amico.
Tutti noi del gruppo puntiamo ad entrare in delle buone università,
perciò il livello di preparazione di base è buono per tutti,
e non ci costa difficoltà studiare con loro due, anche se penso
che sotto sotto a Ken e Ichitaka interessino un paio di mie amiche...;
beh, me lo farò sicuramente dire da lui.
Il signor Kozuma, proprietario della libreria non molto distante da qui
e amico di vecchia data di mio padre, mi ha inoltre offerto di lavorare
da lui come commessa, ed io ho accettato subito entusiasta!
Leggere mi è sempre piaciuto, e poter lavorare in una libreria
di un paesino di provincia è una cosa meravigliosa...; centinaia
e centinaia di titoli diversi di tutti i paesi del mondo, a tua disposizione,
c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Mi siedo al banco, e comodamente appoggiata alla poltroncina, inizio ad
immergermi nelle avventure di qualche samurai, nelle vicende di un amore
impossibile, in storie di magia o quant'altro si desideri, in attesa che
arrivi qualche cliente da consigliare o servire.
Vedendomi così, il signor Kozuma mi ha concesso di prendere in
prestito un libro ogni due settimane, e ciò mi ha resa davvero
felice.
Quando il tempo è mite, mi siedo sotto l'albero che c'è
nel mio giardino, perdendomi tra le righe fitte appoggiate sulle pagine
che scorrono veloci tra le mie dita...; ogni tanto vi si posa sopra un
petalo rosa, e allora guardo verso l'alto, dove l'albero di ciliegio che
ha voluto regalarmi Shinobu mi guarda proteggendomi con la sua ombra.
E' stato il suo ultimo regalo, un regalo che vivrà in eterno, come
il mio amore per lui.
Almeno una volta al mese vado a trovarlo al cimitero.
Tra le mille lapidi la sua risalta ai miei occhi come se splendesse, sempre
adorna dei fiori che regolarmente io, Ken, i suoi amici e i suoi genitori
gli portano.
Molto spesso capita un fatto curioso.
Quasi ogni persona che passa davanti il luogo dove riposa il mio Shin,
per far visita ai propri cari, si ferma ad osservare la foto di quel ragazzo
così sorridente e allegro che forse è stato chiamato in
cielo troppo presto.
Poi immediatamente si china, attirata da qualcosa di particolare... qualcosa
dalla forma tonda, che poggia verticalmente su di un supporto di plastica
nera.
Questa scena, mi commuove ogni volta, e mi riporta immancabilmente al
giorno che insieme io e Ken, vedemmo Shin per l'ultima volta.
Perchè forse non lo sapete, ma anche ai manager danno il piatto
commemorativo per la vittoria ai Campionati Nazionali.
La primavera di Sakura - fine
Con questo terzo capitolo si chiude questa storia, che sinceramente è
una delle mie preferite. (delle mie, ovvio)
Questo epilogo chiude il cerchio, spiega alcuni perchè che rimanevano
in sospeso nei primi due capitoli...; Spiega perchè Sakura sentisse
dentro di sé quel senso di angoscia e malinconia, spiega in che
modo intendesse aiutare Ken... ma molto rimane aperto, perchè in
fin dei conti solo di contorno.
Quello che mi premeva far capire con questa storia, è che spesso
si litiga, spesso si fanno questioni o ci si crea dei problemi che a noi
sembrano così grandi che ci sentiamo persi, e ci deprimiamo.
Ma in realtà le cose importanti della vita sono ben altre, sono
altre le cose a cui attribuire peso.
Purtroppo ce ne rendiamo conto solo quando ci capitano tra capo e collo...;
allora ci guardiamo indietro, e rimpiangiamo quei momenti in cui ci "disperavamo"
per cose talmente sciocche e frivole da apparirci ora senza senso.
E' così che Sakura ha voluto aiutare il suo miglior amico.
Ed è forse quello un regalo che Shinobu ha voluto fare al migliore
amico della ragazza che tanto ha amato.
Fargli capire, prima di provarlo sulla propria pelle, che ogni secondo
della vita è prezioso e degno di essere vissuto.
Tra l'altro è la prima volta che mi commuovo addirittura un po'
nello scrivere, penso di averci messo parecchio di me stesso.
I personaggi tra loro si assomigliano tutti un po', e credo sia una grossa
pecca. Comunque in ognuno di loro c'è qualcosa di me, e qualcos'altro
ancora non è in nessuno di loro.
Ora che la storia è giunta alla fine, voglio ringraziare chi ha
letto queste righe ed in particolare, senza fare nomi, tutte quelle persone
che mi hanno aiutato con consigli e critiche preziose, grazie di tutto
cuore.
|