Written in the Stars

Capitolo 1

La foto - Parte I

 

S.PAOLO - BRASILE

Un ragazzo si trovava da solo negli spogliatoi. Erano appena terminati gli allenamenti, ma da qualche tempo non riusciva a sentirsi soddisfatto, ne' rilassato. Si sentiva svogliato, ma quello che lo preoccupava di più era che si sentiva…vuoto…demotivato, ecco. E questo lo spaventava, e parecchio anche. Se c'era qualcosa nella sua vita sulla quale non c'erano mai stati dubbi era il suo sogno più grande: il calcio. Lui respirava, viveva per il calcio.
O almeno così era sempre stato.
-Tutto per colpa di quella maledetta foto…! - disse guardandosi allo specchio.

Ripensò ad un pomeriggio di qualche settimana prima, quando con alcuni compagni di squadra era andato a bere qualcosa in un bar del centro di S.Paolo.
Stava tranquillamente a chiacchierare con Pedro, uno dei suoi nuovi amici, quando vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere. Non si ricordava come, ma aveva cominciato a sfogliare una delle riviste che si trovavano sul tavolo. Non stava leggendo, non avrebbe nemmeno notato quella foto se Pedro non avesse esclamato:
-Hey! Non è Karl Heinz Schneider quello?-indicando l'articolo a cui si riferiva.
La foto ritraeva Schneider in tuta che correva in un parco in compagnia di una ragazza. La didascalia diceva: "Il Kaiser ha fatto nuovamente goal!" e continuava dicendo che la ragazza accanto a lui era la sua nuova fiamma.
-Hey, fa vedere!
-Pedro, passa il giornale!
Tutti i ragazzi seduti al tavolo vollero vedere la foto sul giornale, ma ben presto se ne dimenticarono e si diressero verso la pista da ballo. Tutti, tranne uno.
Pedro si voltò per incitare il loro capitano a seguirli in pista, ma le parole gli morirono in gola.
Il ragazzo era rimasto seduto al tavolo, immobile, e continuava a fissare quella foto sul giornale. Ma ciò che colpì Pedro fu lo sguardo del suo capitano: vuoto.
" Forse si sente male..?" pensò avvicinandosi.
L'attenzione del ragazzo al tavolo era focalizzata su quella foto, e precisamente sulla ragazza. L'articolo non citava il suo nome, ma lui non aveva dubbi. Il fisico slanciato, il sorriso allegro, i capelli così biondi, quasi dorati..e quegli occhi di un colore indefinibile, così impressi nella sua mente…e nel suo cuore. Inconfondibile. Impossibile.
"…no, non può essere..non lei..come può..ma perché mi sento così? Sto per esplodere..mi sento male.." .
Nel frattempo i suoi compagni l'avevano raggiunto e cercavano di scuoterlo da quel torpore..lui alzò finalmente gli occhi, ma li fissò oltre loro, verso un punto lontano. Ad un tratto aprì la bocca per parlare, voleva dire loro di non preoccuparsi, che non era niente, solo, gli sembrava di conoscere quella ragazza, proprio così, quella…ragazza era…
-…Annika…- fu tutto ciò che riuscì a sussurrare.
Fu come risvegliarsi di colpo.Vide che tutti lo fissavano, si scusò per tranquillizzarli.
-Scusatemi, mi ero distratto ragazzi, va tutto bene!
In quel momento sentì qualcosa dentro di lui spezzarsi.
Va tutto bene.

-Hey capitano! Hai finito di cambiarti? Cosa fai, vieni con noi a bere qualcosa?
Quelle parole riportarono Tsubasa Ozora alla realtà, il viso ancora assorto e l'espressione
che ormai aveva da qualche tempo.
-No..grazie Pedro, non mi va oggi. Credo che tornerò subito a casa, ci vediamo domani.
Pedro rimase a guardare l' amico per un attimo, chiedendosi cosa avesse potuto ridurlo così. Poi chiuse la porta e se ne andò.
Rimasto solo, Tsubasa finì di cambiarsi e si sedette sulla panca di fronte agli armadietti, prendendosi la testa fra le mani.
-Oh, mio Dio…-gemette. Dopo quel pomeriggio la sua mente aveva cominciato a vorticare attorno a mille pensieri, ma una domanda in particolare lo tormentava…
PERCHE'? Perché si sentiva così, perché aveva perso interesse per tutto, perché la sua vita ora gli sembrava solo uno schifo? Perché…perché…
-Aahh!BASTA!- Si alzò di scatto e chiuse sbattendo l'anta aperta davanti a lui. Respirando velocemente si appoggiò al muro.
Perché pochi giorni prima si era accorto di una verità lampante…e aveva avuto bisogno di quella maledetta foto per capirlo.
Ancora stringeva i pugni dalla rabbia quando ci pensava…
Per accorgersene..
Iniziò a ridere convulsamente, prima di lasciarsi scivolare addosso al muro fino a terra.
Per accorgersi che, dopotutto lui, Tsubasa Ozora aveva un cuore umano che batteva in petto… e non solo per un pallone da calcio.
-Stupido!
Il calcio, il desiderio di vincere, di migliorarsi sempre, ad ogni sfida, la passione bruciante che fin dal primo istante l'aveva accomunato a lei, a quella strana bambina nei cui occhi aveva scorto le sue stesse emozioni, che si divertiva a giocare con loro in campo..sempre, anche sotto la pioggia. Lei, che non perdeva una delle loro partite.
Una volta si era addirittura presa per i capelli con Hiyuga perché lui aveva detto che…
-Le ragazze non possono giocare a calcio!..- ed era inutile che lei insistesse a fare il contrario.
Erano simili loro due, grandi amici …e ce l'avevano fatta. Lui era lì in Brasile e lei era diventata bravissima, era partita un giorno da bambina per l'Inghilterra ed era tornata adolescente, appena quindicenne, ma con una grinta da vendere e la possibilità di entrare a far parte della Nazionale Juniores Femminile. Erano passati cinque anni da allora, due da quando lui era partito.
Era convinto di aver capito tutto dalla vita, e invece non aveva capito proprio niente, almeno non fino a poche settimane prima.
Amicizia. Era da sempre stato convinto che fosse quello a legarlo così a lei, quello il motivo per cui aveva sempre pensato che lei sarebbe sempre stata lì per lui..solo per lui.
-Idiota, idiota, IDIOTA!
E ora, ora si accorgeva, come uno stupido,ora che forse..
..no..
l'aveva persa, ora che forse..
..no..
lei non pensava a lui, ora che..
..no..
lei era lontana,
ora si accorgeva che lui era irrimediabilmente, follemente, senza via di scampo, innamorato perso di lei.
Da sempre.
La gioia di vivere, il carattere deciso, la determinazione che la faceva vincere, la faceva essere la migliore, come lui, il migliore…loro due erano legati dallo stesso filo e lui aveva a poco a poco iniziato ad amare tutto di lei, il sorriso, gli occhi…oh, quegli occhi che lo guardavano fiduciosi,..non poteva, non voleva nemmeno immaginare che ora fosse un altro a specchiarsi in quegli occhi, luminosi come due stelle. Che poteva toccarla, baciarla. Il suo respiro si fece affannoso e strinse i pugni fino a farsi male..
-No! -nessuno aveva il diritto di fare ciò che lui, Tsubasa non aveva mai osato fare, nessuno poteva amarla come l'amava lui, tanto meno Schneider, non poteva credere che lei si fosse veramente messa con quel, con quel..
Ma cosa poteva saperne lui, che era partito due anni prima col sorrisone da tonto sulle labbra, il segno di vittoria alzato al cielo..e con la morte nel cuore quando l'aveva guardata per l'ultima volta, prima di salire sull'aereo.
"Lei deve sapere, lei non..ci siamo visti qualche volta, lei me l'avrebbe detto…"
Lui doveva assolutamente fare qualcosa.
-Io non la perderò così! -esclamò.
Una vocina dentro di lui disse che forse era già troppo tardi, ma lui non volle ascoltarla.



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