Destini incrociati

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The big moments are gonna come, you can't help that. It's what you do afterwards that counts. That's when you find out who you are.

Whistler
Becoming, Part 2

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Africa

-Fammi tornare quello che ero. Così potrò dare alla cacciatrice quello che si merita-

Il demone dagli occhi vitrei si avvicinò lentamente al vampiro.

-Ritrovare ciò che hai perso potrebbe essere una condanna. Molti uomini, come i bambini, vogliono una cosa ma non le sue conseguenze-

-Ho superato i tuoi stupidi test, no? Dammi quello che voglio-

Il vampiro rialzò il volto su cui era disegnata un'espressione spavalda.

-Non esiste punizione peggiore per un uomo...-

Gli occhi della creatura si illuminarono di una luce verdastra mentre imponeva le sue mani scure sul petto pallido del vampiro.

-...Che vedere realizzati i propri desideri-

Un fuoco improvviso e lacerante divorò le viscere del vampiro. Le sue urla di dolore riempirono il silenzio della grotta mentre si accasciava al suolo, stremato.

Con una risata grottesca il demone scomparve, confondendosi con l'oscurità della grotta.

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Los Angeles

Angel si svegliò all'improvviso, consapevole di essere stato tormentato da un incubo, ma incapace di ricordarlo. Doveva aver urlato nel sonno perché dopo pochi istanti sentì un bussare leggero sulla porta della camera e la voce sottile di Fred riportarlo definitivamente alla realtà.

-Angel?-

Il vampiro si passò una mano tra i capelli scompigliati dal sonno irrequieto.

-Va tutto bene Fred. E' stato solo...un brutto sogno. E' passato. Fra poco scendo-

Sentì il respiro di Fred calmarsi gradualmente e subito dopo i suoi passi nervosi scendere di nuovo le scale dell'hotel.

Con fatica Angel si alzò dal letto disfatto. Solo un sogno. Era proprio questo ciò che lo rendeva così inquieto. Perché i vampiri non sognano. Quasi mai. E quando un sogno attraversa la loro mente ha sempre un significato profondo e ineluttabile. Spesso è un presagio, a volte una visione di qualcosa che sta accadendo in altri luoghi e che presto arriverà a coinvolgerli.

Lentamente le immagini del sogno si affacciarono alla sua memoria e lo trascinarono in una danza confusa.

Da principio si era ritrovato in uno spazio oscuro, privo di qualunque orientamento. Poi, lentamente, lo spazio aveva iniziato a prendere forma. Era in una stanza illuminata da grandi candele bianche. E non era solo. Un bambino dagli enormi occhi azzurri lo osservava in silenzio. Si erano guardati a lungo, come ipnotizzati. Poi il bambino aveva teso una delle sue manine sottili e il vampiro l'aveva accolta nella sua, grande e forte. "Puoi farmi dormire per sempre?". Angel aveva guardato il volto pallido del bambino con apprensione. C'era qualcosa in quel volto...qualcosa che lo rendeva irrequieto. Aveva tentato di rispondere ma la voce sembrava imprigionata sul fondo della sua gola. In un attimo si era ritrovato all'interno di una chiesa. Era inginocchiato di fronte ad un'immagine sacra di cui però non riusciva a riconoscere la forma. Accanto a lui una novizia dai lunghi capelli neri ripeteva incessantemente la stessa preghiera. All'improvviso la preghiera si era interrotta e gli occhi neri e profondi della ragazza erano affondati nei suoi. "Gli ho cantato la ninna nanna, come mi avevi detto tu. E ora guarda come dorme tranquillo". Tra le braccia della novizia era apparso il corpo esanime del bambino, la bocca piena di sangue. Angel era indietreggiato inorridito. "Non dormirà per sempre e quando si sveglierà toccherà a te occupartene". Angel si era voltato di scatto, richiamato dalla voce fin troppo conosciuta. Di fronte a lui c'era una dama bionda abbigliata con un abito di broccato chiaro. Perso nella contemplazione di quella figura, Angel non si era accorto che il bambino stava ora in piedi, alle sue spalle. "Quando avrò ucciso tutti i cattivi diventerò un bambino vero". Lentamente Angel si era girato verso di lui. Non c'era più sangue sulle sue labbra e nei suoi occhi brillava uno sguardo nuovo. "Mi aiuti?". Era stato allora che si era svegliato di soprassalto, urlando.

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-Una novizia dai capelli scuri e una dama dai capelli biondi. Non sono esattamente un esperto nell'interpretazione dei sogni, ma mi sembra abbastanza chiaro che si tratta di immagini che il tuo subconscio ha creato per parlarti di Drusilla e Darla-

Wesley tornò a guardare i fogli su cui aveva coscienziosamente appuntato i particolari essenziali del sogno di Angel.

-Per quanto riguarda la figura del bambino. Il riferimento a una missione di redenzione...quando il bambino dice "Quando avrò ucciso tutti i cattivi diventerò un bambino vero", ecco credo si stia riferendo allo Shanshu. E la sua richiesta di aiuto verso la tua identità di vampiro è senza dubbio simbolica. Credo in effetti si tratti di te. Diciamo che è un'immagine che la tua mente ha creato per farti parlare con te stesso...ora dobbiamo solo capire quale messaggio...-

-Spike-

Wesley alzò lo sguardo sul vampiro che continuava a misurare la stanza a grandi passi, scuotendo la testa.

-Prego?-

-Quel bambino è Spike-

Wesley tossicchiò leggermente prima di replicare.

-Angel io non credo che...-

Il vampiro si fermò di colpo emettendo un profondo respiro di cui sapeva bene di non avere bisogno.

-Un bambino dagli occhi azzurri vampirizzato da una novizia dai lunghi capelli scuri, alias Drusilla. Io credo davvero che non ci possano essere dubbi sulla sua identità-

Wesley intrecciò le mani sul tavolo senza staccare gli occhi dal vampiro.

-La novizia dice "Gli ho cantato la ninna nanna, come mi avevi detto tu". Cosa credi che significhi?-

Angel si lasciò andare a una risata sarcastica.

-Perché mi fai domande di cui conosci già la risposta, Wes?-

Wesley continuò a fissare il vampiro senza scomporsi, poi riprese a parlare con tono calmo.

-Naturalmente "cantare la ninna nanna" sta per "vampirizzare", del resto in tutto il tuo sogno il sonno non è altro che una metafora della vampirizzazione. Il fatto è che mi pareva di aver capito che la decisione di vampirizzare Spike fosse stata un'iniziativa di Drusilla, secondo i tuoi racconti neanche Darla ne era a conoscenza. Nel tuo sogno però Drusilla dice "come mi avevi detto tu"-

Angel si voltò verso l'osservatore con un mezzo sorriso sulle labbra.

-Sei un tipo a cui non sfuggono i particolari-

Wesley si limitò a sostenere il suo sguardo. Angel si passò una mano fra i capelli come se quel gesto potesse aiutarlo a mettere ordine tra i suoi pensieri.

-Fu il Maestro a insistere. Io non capivo perché volesse far entrare quello scarto della società nella nostra famiglia, ma lui fu irremovibile. Promise di coprirmi di onori se avessi portato a termine quella missione, aggiunse che una volta insegnato al cucciolo a sopravvivere avrei anche potuto abbandonarlo al suo destino. Insomma una cosa poco impegnativa. Iniziai a seguirlo, a studiarlo, ma più imparavo a conoscerlo e più mi disgustava l'idea di averlo tra i piedi. Era così...ingenuo e puro, tanto da non sembrare neanche un essere umano. La sua vita era quanto di più patetico avessi mai visto, niente donne, niente vizi, nessun divertimento, tutte le sue attenzioni e il suo tempo dedicati alla famiglia. Lavorava tutto il giorno in uno studio di avvocati e passava le notti a scrivere orrende poesie d'amore. La nobiltà londinese lo snobbava perché non aveva un titolo e gli ambienti borghesi lo guardavano con sospetto perché si mostrava troppo colto e sensibile. Anche da umano non è mai riuscito a trovare una collocazione, un ruolo accettabile. Avrei dovuto capire che sarebbe diventato un pessimo demone, troppo fuori dagli schemi. Ma ormai ero in ballo e le promesse del Maestro erano troppo allettanti. Gli organizzai un incontro con Drusilla, se così si può dire. Sapevo che sarebbe rimasto affascinato dalla sua apparente innocenza, dal suo modo di parlare per metafore, dalle sue visioni. Sapevo che aveva l'anima del cavalier servente, non avrebbe mai rifiutato il suo aiuto a una povera damigella in difficoltà-

Angel si fermò a ripensare a quella notte di inverno. Non appena aveva guardato in quegli occhi troppo azzurri aveva capito che nulla sarebbe più stato come prima.

-Non vorrei interrompere il tuo pur affascinante racconto, ma perché credi che il Maestro fosse così interessato a Spike...cioè a William?-

-Questo è esattamente quello che vorrei che scoprissi, amico mio-

Wesley sorrise nel sentirsi apostrofato in quel modo, ma non poteva far cadere l'argomento. Non ancora almeno. Con aria professionale tornò a fissare gli appunti sparsi sul tavolo di fronte a lui.

-C'è un'altra cosa che non riesco a capire. Tu sei il prescelto dai Poteri Che Sono, gli eventi lo hanno dimostrato più di una volta, allora perché questo bambino-vampiro parla di uccidere "i cattivi" e di diventare umano? Voglio dire, noi abbiamo sempre pensato che la profezia dello Shanshu fosse strettamente legata al tuo destino, alla tua missione di redenzione...-

Angel guardava ora fuori dalla finestra dell'ingresso, nella notte pulsante di Los Angeles.

-E se io fossi solo...una seconda scelta?-

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Africa

Era tutto così terribilmente buio. Fuori e dentro di lui. Non avrebbe dovuto illuminarlo in qualche modo? Aveva sempre creduto che fosse qualcosa di luminoso, simile ad una scintilla. Ma non brillava affatto. Bruciava però, più di quanto riuscisse a sopportare.

-Dammi la mano...Voglio sentire qualcosa di vivo-

La ragazza esitò per un istante prima di stringere quelle mani fredde e stanche. Cominciò lentamente a scaldarle tra le sue scrutando quel viso sconosciuto in cerca di risposte. Intrecciò lo sguardo con il suo, come aveva fatto tante volte, ma l'azzurro cristallino che doveva aver illuminato quegli occhi era ormai diventato torbido e freddo.

-Non capisco...-

Parlare sembrava richiedergli uno sforzo estenuante.

-Non riesco a capire...qual'è il mio posto? Ho cercato di parlargli...ma non fanno che ridere e ridere di me...qualunque cosa io faccia-

La ragazza fu tentata di chiedergli di chi stesse parlando, ma aveva paura che se lo avesse interrotto non avrebbe mai più sentito la fine di quella storia.

-Non voglio morire...ma non voglio neanche soltanto sopravvivere...non voglio sprecare il tempo che mi è rimasto...ma sento...questo nulla dentro di me...ed è come se ogni giorno che passa si espandesse sempre di più cancellando tutto quello che sono...tutto quello che sento...e ho paura...-

La ragazza strinse le mani dell'uomo un po' più forte, per nascondere il tremito delle sue. Perchè era come se lui stesse dando voce ai suoi stessi pensieri. Era come se con le sue parole la costringesse ad ammettere e affrontare le sue stesse paure. Chiuse gli occhi, incapace di sostenere il suo sguardo.

-Devo andare ora. Te la senti di rimanere solo per un po'?-

Lo vide chiudere gli occhi e assentire poco convinto. Avrebbe voluto rimanere. Sapeva quanto fosse importante per lui non restare solo. Eppure doveva lasciarlo. C'erano troppe cose da fare, troppe persone da vedere, troppi progetti da delineare.

Ma prima di ogni altra cosa era necessario avvertire il Consiglio.

Lui la guardò salire le scale, sicura e decisa, come sempre. Seguì i suoi capelli biondi che ondeggiavano morbidi a ogni suo passo. In certi momenti le somigliava a tal punto da fargli venire voglia di fuggire il più lontano possibile. O di stringerla a sé fino alla fine dei suoi giorni. A volte, quando la luce era abbastanza fioca, poteva cullarsi nell'illusione che fosse davvero lei. Allora la chiamava con quel nome. Quel nome che lo aveva condotto fino ai confini del mondo e oltre. Quel nome che l'aveva condannato e salvato nello stesso istante in cui l'aveva pronunciato per la prima volta. Per qualche istante, il tempo che lei impiegava a rispondere, poteva illudersi che quello fosse davvero il suo nome. Ma non era quello il suo nome. Lei glielo ricordava ogni volta, sorridendo condiscendente.

"Dove hai lasciato il mio spolverino, stupido vampiro?"

Lasciò che il suono sordo delle scarpe sui gradini di pietra gli riempisse le orecchie.

"Credi di potermi ignorare? Sei patetico! Ma guardati...fingi di non vedermi, ma non puoi fare a meno di guardarmi. Guardami Spike, guardami perché sono l'ultima cosa che vedrai"

Chiuse gli occhi concentrandosi sui rumori e le voci che ricordava. La voce di Dawn che parlava al telefono. Il rumore del martello di Xander intento a riparare qualcosa per l'ennesima volta. Le voci di Willow e Tara che chiacchieravano sommessamente. La risata di Anya. Cercò la sua voce tra le altre. La immaginò seduta sui gradini del portico, si guardò mentre la raggiungeva nel sole. Lei si voltava e gli sorrideva facendogli cenno di sedersi sui gradini, al suo fianco. Questa volta era lei ad ascoltarlo e lui le raccontava delle voci e dei volti che lo tormentavano, del dolore e della paura che aveva causato e che ora sentiva scorrere nelle sue stesse vene. Le parlava di quelle visioni così reali che lo accecavano e lo facevano gridare. E lei non mostrava paura, continuava a sorridergli.

"Dove hai nascosto la mia bambola? Devi ridarmi la bambola! Sei cattivo! Dov'è la mia bambola?"

Di giorno era più facile. Poteva ignorarli, lasciare che le loro voci si mescolassero con quelle dei vivi che si muovevano sopra di lui, trasformarle in un innocuo rumore di fondo. In certi momenti era così semplice ricacciarli nei recessi della sua mente. Quando era era con lei, nei suoi sogni. Gli bastava ricordare i suoi occhi, la sua voce, il suo corpo e tutto il resto scompariva come d'incanto. Lei era la sua magia, la sua via di fuga, la sua salvezza. Ma non restava mai abbastanza a lungo per consentirgli di dimenticare.

La notte era il momento peggiore. Quando la casa diventava quieta e silenziosa, le loro voci gridavano dentro di lui. Senza tregua. Di notte non poteva fare a meno di guardarli, non riusciva a non sentirli.

"Dov'è il mio spolverino? Tu disgustoso mostro, credi di potermi sfuggire?"

La guardò camminare per la stanza con la testa reclinata su un lato in modo innaturale. Aveva il collo spezzato come quando l'aveva vista l'ultima volta. La sua seconda cacciatrice. Il suo trofeo più luminoso.

"Mi ridai la bambola?"

Chinò la testa per guardare il viso della bambina accoccolata ai suoi piedi. Aveva le guance e il mento sporco di carbone. La camicia da notte lacera grondava del suo stesso sangue. Il sangue che lui aveva lasciato scorrere nella sua gola. Non ricordava che avesse gli occhi così grandi e scuri. Ma forse non l'aveva neanche guardata mentre le succhiava l'ultimo soffio di vita.

"Oh William siete così inferiore. Davvero non siete degno di camminare su questa terra"

Cecily era seduta al suo fianco, lo stesso abito che indossava quella notte. Ma il volto nascosto dietro il ventaglio era sfigurato. Sul suo collo candido i lividi che lui le aveva lasciato. La vide avvicinarsi con fare confidenziale, come se volesse parlargli senza che gli altri la sentissero.

"Non sarebbe meglio per tutti se abbandonaste questo mondo? Sareste libero allora, e noi con voi"

Il vampiro la guardò negli occhi, quegli occhi che aveva amato, quegli occhi per cui si era perso.

-Hanno bisogno di me. Devo rimanere per salvarli-

La donna sbuffò spazientita, ma con calcolata eleganza. Dopo tutto rimaneva una giovane di nobili natali.

"Non crederete davvero di poter essere utile? Siete troppo stupido e insulso per poter anche solo pensare di fare qualcosa di utile e buono"

Tornò a sedersi accanto a lui, lo sguardo addolcito.

"William caro, sappiamo bene entrambi che non potete fare altro che ferirli. Più tempo passerete al loro fianco, più loro soffriranno. Non c'è assolutamente nulla che un essere indegno come voi possa fare per aiutarli"

Spike distolse lo sguardo. Di fronte a lui la cacciatrice cinese di cui non aveva mai saputo il nome ripeteva incessantemente parole che non riusciva a capire, mentre il sangue colava dalla ferita con cui le aveva dato la morte.

Allora chiuse gli occhi e lasciò che le voci delle vite che aveva reciso gli riempissero la mente, ricordandogli che il mondo sarebbe stato un luogo migliore se lui non fosse mai nato.

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Inghilterra

-Si rende conto della gravità della situazione? Se quello che dice fosse vero...E' certa di quello che afferma?-

-Più che certa. Ma può venire a controllare di persona se non mi crede-

-Manderemo senz'altro qualcuno a verificare e nel frattempo, la prego di trattare il caso con la massima cura e riservatezza-

-Naturalmente-

-Non appena avrò discusso della situazione con i miei superiori la contatterò per darle istruzioni in merito-

-Aspetterò la vostra chiamata-

La porta dello studio si spalancò con violenza. L'uomo chiuse la comunicazione e si girò di scatto, ma si tranquillizzò all'istante vedendo sulla soglia una figura conosciuta.

-Ti senti bene?-

La ragazza si lasciò cadere a terra ansimante. L'uomo si avvicinò lentamente e le circondò le spalle con un braccio lasciando che reclinasse la testa contro il suo petto.

-Calma, calma. Ora pensa soltanto a respirare-

-No io...qualcosa è cambiato Giles-

Giles sentì la ragazza scuotere la testa, mentre il suo respiro si faceva sempre più affannoso.

-Un equilibrio è stato rotto...qualcosa di oscuro è stato risvegliato e si sta muovendo...ed è così veloce...così veloce-

Con un gesto deciso l'osservatore scostò da sé la ragazza costringendola a guardarlo negli occhi.

-Calmati Willow. Devi controllare le tue emozioni o prenderanno il sopravvento su di te-

Willow scrutò il volto dell'osservatore con i suoi profondi occhi verdi.

-Quando crede che dovremo tornare?-

Giles cercò di mostrarsi sereno.

-Presto-

Willow abbassò il capo infastidita.

-Hai paura che sia troppo presto?-

La voce dell'uomo la colpì come un pugno allo stomaco.

-Ho paura che sarà sempre troppo presto-

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Africa

-Cosa ricordi?-

-Ricordo la notte in cui sono morto-

La ragazza strinse di nuovo la sua mano, incoraggiandolo a proseguire. Lui le sorrise, non senza una punta di ironia.

-Ti va di ascoltare una storia dell'orrore?-

Le aveva lanciato uno sguardo di sfida e i suoi occhi azzurri non le erano mai sembrati così vivi.

-Vorrei ascoltare la *tua* storia, se possibile-

Spike rise divertito.

-Ma vedi, è proprio questo il punto. La mia storia è in tutto e per tutto una storia dell'orrore. Certo non ha il fascino di un racconto di Poe o dei romanzi di Stocker...ma parla comunque di esperienze orribili-

-Già...bè...Immagino che essere vampirizzato possa essere considerata un'esperienza decisamente...orribile-

Spike sospirò passandosi una mano sul volto stanco.

-Lo pensano tutti questo. Un'esperienza orribile. Tutti mi chiedono sempre cosa ho provato quando sono stato vampirizzato...quando sono morto. Come se il momento più terribile della mia vita fosse stato quello in cui Drusilla ha affondato i denti nel mio collo. Ma non è così-

Lei lo guardava in silenzio, aspettando che proseguisse. E così lui continuò. Parlò per ore, senza che lei lo interrompesse una sola volta. Di tanto in tanto leggeva sul suo volto un'incertezza, un moto di repulsione, un accenno di paura. Ma rimase ad ascoltarlo in silenzio per tutto il tempo. Quando il racconto fu terminato lei non si mosse, continuò a guardarlo negli occhi fino a che non fu lui a distogliere lo sguardo. Allora lei si alzò e lo accolse nell'arco delle sue braccia e lui si lasciò cullare in quell'abbraccio, come un bambino. E pianse, per la prima volta dopo molto tempo. Pianse per le vite che aveva reciso, per tutti quei nomi che non aveva mai conosciuto. Pianse per quelli che aveva lasciato dietro di sé, feriti e delusi. E pianse per se stesso, per quello che aveva perso e che non avrebbe mai più riavuto.

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Bethany premette il pulsante di invio e rimase a fissare lo schermo del computer fino a che non vide comparire la conferma che aspettava. Il file era stato inviato con successo. Non era stato facile trascrivere la storia di William. Ancora meno facile era stato prendere la decisione di inviarla al Consiglio. Per la prima volta da quando gli shamani del villaggio lo avevano affidato alle sue cure, lui le aveva parlato di sé, della sua identità passata. Si era fidato di lei. E lei lo aveva tradito. Sapeva che lui considerava i suoi racconti come confidenze che dovevano rimanere private, ma non poteva ignorare le richieste del Consiglio. Il suo compito era osservare e riferire, non poteva lasciarsi influenzare dai sentimenti. Con nuova decisione diede un invio di stampa. Il contenuto del file veniva lentamente impresso sui fogli bianchi, carattere dopo carattere.

Bethany raccolse il primo foglio e cominciò a rileggere la storia di William, così come lui stesso l'aveva raccontata solo poche ore prima. Aveva usato la terza persona, come se non riuscisse più a riconoscersi nel protagonista di quel racconto. E forse davvero William Appleton era definitivamente morto in quella notte di inverno.

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