Morte di un'anima

- Seconda Parte -

+ + +

La vita è come camminare in mezzo alla neve. Ogni passo lascia il suo segno
- J. Lair -

+ + +

Londra, Novembre 1881

Edith continuò a seguire i tre vampiri per diverse ore. Sapeva che presto si sarebbero apprestati a rientrare nel loro nido, nell'aria si stava già diffondendo il familiare profumo del nuovo giorno. Stava quasi per rinunciare quando, all'improvviso, l'occasione che aspettava si presentò davanti ai suoi occhi. I due vampiri più anziani entrarono in un bordello, in cerca di sangue e sesso, forse pronti a portare via con loro un nuovo childe. Il vampiro più giovane si addentrò in un vicolo buio e riparato, lasciandosi cadere su una pila di casse di legno. Dalla semplicità con cui le tre creature si erano divisi i singoli compiti, doveva trattarsi di una strategia di caccia abituale. I più esperti adescavano le prede, prendendosi il loro divertimento, mentre la più giovane rimaneva di guardia, in attesa di raccogliere i resti del banchetto. Naturalmente con l'arrivo di un nuovo childe le cose sarebbero presto cambiate.

Edith si fermò all'ingresso del vicolo, concentrando lo sguardo nell'oscurità. Sorrise nel vedere quella creatura oscura giocare con i morbidi riccioli scuri che le ricadevano sulle spalle, attorcigliandoli con le dita sottili. La sua voce pacata ripeteva una cantilena antica di cui sembrava non ricordare le parole. A uno sguardo inesperto sarebbe sembrata nient'altro che una fanciulla trasognata, ignara dei pericoli che si annidavano nell'oscurità delle fredde notti londinesi. Ma gli occhi di Edith avevano perso da tempo ogni ingenuità e sapevano che ciò che di davvero pericoloso esisteva al mondo si nascondeva spesso dietro il volto più puro. E in quella rigida notte di novembre l'unico reale pericolo era rappresentato proprio da quella ragazza dall'incarnato troppo pallido e dagli occhi troppo profondi.

-Sei rimasta sola anche questa notte?-

Drusilla non alzò lo sguardo sulla sconosciuta che l'aveva apostrofata. Smise di cantare, però, come colpita da un'improvvisa malinconia.

-Il mio cucciolo è scappato e nessuno vuole aiutarmi a ritrovarlo-

Edith si avvicinò di qualche passo.

-Volevi bene al tuo cucciolo?-

Drusilla scosse la testa più volte in segno di assenso. Una bambina smarrita, ecco cos'era quella creatura. Edith socchiuse gli occhi tristemente. Non riusciva a capire perché fosse così facile per gli esseri umani smarrire la propria strada.

-Ho un'amica che potrebbe aiutarti a ritrovarlo, se ancora lo vuoi-

Drusilla si alzò in piedi di scatto, le mani giunte e gli occhi pieni di luce. Edith le porse la bambola che aveva portato con sé e guardò il vampiro stringerla tra le braccia tremanti. Era una comunissima bambola, a prima vista. I capelli acconciati in morbidi riccioli castani e il corpo rigido avvolto in una nuvola di pizzi e trine. Gli occhi, però, erano bendati da un nastro di raso azzurro e la bocca mostrava una piega indecifrabile, a metà strada tra un sorriso divertito e una smorfia di dolore.

-Ti svelerà molte cose, se saprai ascoltarla-

Drusilla fissò la bambola con un'espressione assorta, poi il suo viso si illuminò di nuovo.

-Oh sì, è proprio una gran chiacchierona, vero...Come ti chiami tu?-

Edith sorrise impercettibilmente al vampiro.

-Edith-

Drusilla assentì soddisfatta, come se per tutto il tempo avesse atteso solo di sentire quel nome. Poi tornò a guardare la bambola.

-Ti piace il nome Edith?-

Sembrò intenta ad ascoltare la sua silenziosa risposta, quindi scoppiò a ridere.

-Le piace, ma dice che dovrò chiamarla Miss. E' una fanciulla di buona famiglia, sai? La mia cara Miss Edith, sono certa che saremo grandi amiche!-

Edith sorrise con condiscendenza a Drusilla.

-Miss Edith sarà tua mica fino a quando ti prenderai cura del tuo cucciolo. E' molto importante che una volta che lo avrai ritrovato tu te ne prenda cura...lo capisci questo, vero Drusilla?-

L'altra fece cenno di sì con il capo, gli occhi chiusi e un sorriso leggero sulle labbra.

-Lui sarà il mio cavaliere ed io sarò la sua principessa, come nelle favole-

Strinse forte la bambola, mentre il suo sorriso si trasformava in un mugulio di dolore.

-Ma non vivremo per sempre felici e contenti, vero? Le mie favole sono sempre così tristi...così tristi, così tristi...-

Le parole si trasformarono presto in una nuova cantilena. Edith guardò la creatura per qualche istante e poi le accarezzò il volto.

-Ora vai a cercare il tuo cucciolo, Drusilla-

Il vampiro sollevò lo sguardo ombroso su di lei prima di allontanarsi barcollando, il volto trasfigurato dall'angoscia per un amore perso prima ancora di essere provato.

+ + +

Il sole tramontava, finalmente. Quella giornata gli era sembrata interminabile, più lunga di tutti i suoi ventotto anni di vita. Percorse la strada che lo separava dalla sua casa a grandi passi, mettendosi a correre di tanto in tanto, ma non troppo a lungo da attirare l'attenzione. Come avrebbe reagito sua madre? Gli avrebbe sorriso come un tempo? Lo avrebbe accolto di nuovo tra le sue braccia? Avrebbe perdonato il suo momento di debolezza?

Di certo doveva essere arrabbiata...spaventata, anche. Le avrebbe parlato di nuovo, le avrebbe spiegato che non era un mostro, che la amava ancora nonostante tutto...che avrebbe continuato a proteggere lei ed Emily. Avrebbero trovato una soluzione insieme, si sarebbero presi cura l'uno dell'altra come avevano sempre fatto. Certo doveva essere paziente, non poteva pretendere che tutto tornasse come prima. Aveva commesso un grave errore, aveva perso la strada per un attimo e ne aveva pagato le conseguenze. Ma ora l'aveva ritrovata, la sua strada, doveva solo dar loro del tempo per accettare la nuova situazione...tempo... ecco quello di cui avevano bisogno...tempo e pazienza e tutto sarebbe stato perdonato e accettato...e grazie al cielo lui aveva tutto il tempo del mondo.

Salì i gradini due alla volta. La porta di ingresso era aperta. Forse l'avevano lasciata aperta per lui, sapendo che non aveva con sé le chiavi. Non avevano domestici e avrebbero potuto non sentirlo bussare se si trovavano ai piani superiori. Entrò con naturalezza, come se non si fosse mai allontanato da quella casa, come se stesse tornando da una giornata di lavoro. Chiamò i loro nomi più volte, ma la sua voce riecheggiò nelle stanze vuote. Forse Emily stava dormendo nella sua stanza e sua madre...sua madre probabilmente doveva ancora rientrare.

Raggiunse rapidamente i piani superiori dirigendosi verso la camera della sorella. La porta era chiusa e sulla sua superficie scura e ruvida era appuntato un biglietto...no, una lettera. Una lettera indirizzata a lui.

William,

Sono certa che tornerai per concludere la tua opera, ma non troverai altro sangue con cui banchettare in questa casa. Non ho potuto impedire che prendessi la vita di Emily, ma non ti darò la soddisfazione di succhiare via anche la mia. Hai sempre pensato che tuo padre fosse un essere indegno del nostro amore e del nostro rispetto, perché ci aveva abbandonati. Hai impegnato tutto te stesso nel tentativo di cancellare il suo nome dalla nostra vita e di prendere il suo posto. Ma ora voglio dirti che non era tuo padre ad essere indegno di te, eri tu ad essere indegno di lui. Per questo se ne è andato. Non poteva sopportare la tua vista e ora vedo che aveva ragione. Lui riusciva a vedere gli abissi in cui ci avresti trascinato e tentò di avvertirmi, ma non lo ascoltai. Come avrei potuto? Come può una madre guardare negli occhi di suo figlio e vedere un mostro? Ma ora ti vedo per quello che sei. Ti vedo come ti vedeva tuo padre, finalmente. Perché sei tornato a cercarci William? Vuoi ucciderci? O forse vuoi renderci uguali a te? Qualunque cosa tu voglia fare ormai è tardi.

Mia figlia è morta, uccisa da un mostro che io stessa ho allevato nel mio grembo. Non mi resta altro che seguirla nel suo viaggio. Di me rimarranno solo queste scarne sillabe.

 

William aprì lentamente la porta, barcollando oltre la soglia. Non poteva essere. Sua madre non avrebbe mai...Lasciò vagare lo sguardo nella stanza. Il letto era disfatto e la pesante organza delle tende fluttuava nel vento. Qualcuno aveva lasciato la finestra aperta. Bisognava chiuderla. L'aria fredda della notte non faceva bene al cuore debole di Emily. Si diresse con decisione verso la finestra. E la vide.

Era riversa sul pavimento, le braccia abbandonate lungo il corpo, come in segno di resa. William impiegò qualche secondo per riconoscere in quel corpo senza vita le sembianze di sua sorella. All'improvviso aveva voglia di vomitare. Si appoggiò al davanzale della finestra lasciando che l'aria fredda gli riempisse la gola. Qualche minuto ancora e si sarebbe svegliato. Non era così che succedeva con gli incubi? Perché questo era senza dubbio un incubo. Doveva esserlo. Guardò la città che si stagliava in lontananza, oltre il parco, con le sue luci artificiali e i suoi vapori grigi. Lasciò spaziare lo sguardo tutt'intorno e poi sotto di lui. Sua madre era lì, come si aspettava. A prima vista poteva sembrare un fagotto di stracci, se non fosse stato per tutto quel sangue. Non sapeva se provare dolore o sollievo nel vederla sotto di lui, immobile. La morte doveva essere stata immediata. Difficile sopravvivere a un salto di quell'altezza. Certo lei non lo voleva. Sopravvivere.

Si accorse che stava stringendo convulsamente il marmo del davanzale solo quando lo sentì sgretolarsi tra le dita. Un altro segno della sua nuova forza. Avrebbe dovuto esserne piacevolmente stupito o semplicemente terrorizzato? Lasciò andare la presa e tornò verso il centro della stanza. Si chinò su Emily e la raccolse tra le braccia, cullandola con dolcezza. Ma questa volta Emily non si strinse a lui nascondendo il volto nel suo petto. Questa volta non gli assicurò che tutto sarebbe andato bene con la sua voce calma e serena. Questa volta non c'era la sua risata cristallina a spazzare via i suoi tormenti. Il suo corpo era freddo e abbandonato, tutta la passione e la gioia che l'avevano fatta vibrare erano scomparse. William sentì gli occhi riempirsi di lacrime e sorrise al pensiero che in vita non aveva mai pianto tanto in una sola notte.

Rimase a lungo a guardarla giacere immobile nel suo abbraccio. Era come se aspettasse il suo risveglio da un minuto all'altro. Come se la stesse semplicemente vegliando, in attesa che lei gli sorridesse di nuovo.

-E così il figliol prodigo è tornato a casa-

Le parole risuonarono chiare e fredde nell'aria immobile della stanza. Da principio William pensò a uno scherzo della sua mente.

-Una fine terribile per una ragazza così giovane, non trovi? Del resto giocare con il fuoco è pericoloso, si finisce sempre per bruciarsi-

William rialzò la testa lentamente. Sulla soglia della stanza, illuminata dalla tenue luce della luna che filtrava dalla finestra spalancata, si stagliava la sagoma di un uomo. Non era molto alto, ma il suo corpo era lungo e sinuoso come quello di un felino. I capelli ricciuti incornicavano il volto dai lineamenti massicci e gli occhi scuri erano freddi come una notte senza luna. Era vestito in modo ordinario, ma qualcosa nel suo portamento sembrava suggerire che non si trattava di un semplice esponente della borghesia londinese. Da ogni suo gesto, da ogni sua parola, trasudava un orgoglio a stento contenuto, quasi una fiera superbia, tipica di chi si sente al di sopra dei propri simili.

-Devo ammettere che eri quasi riuscito ad ingannarmi. Il tempo passava e tu continuavi a comportarti in modo assolutamente normale. Anzi in modo esemplare a dirla tutta. Un buon lavoro, buone amicizie...per non parlare di come ti sei preso cura di tua madre e tua sorella. Per un attimo ho davvero pensato che forse, dopo tutto, valevi qualcosa-

L'uomo camminò con sicurezza verso il centro della stanza, studiandone ogni angolo, ma senza mai perdere di vista il suo avversario. Osservò per qualche istante la finestra spalancata prima di avvicinarsi e guardare oltre il davanzale.

-Vedo che tua madre ha seguito il mio consiglio-

William continuò a guardarlo, incapace di reagire, troppo sconvolto per rispondere alle sue parole.

-Chi siete?-

Sul volto dell'uomo lesse un improvviso disgusto, un moto di repulsione così evidente da lasciarlo senza fiato. Fu allora che si accorse di avere indosso la sua maschera di vampiro. Era scivolato nel volto della caccia senza rendersene conto. Con fatica tornò alle sue sembianze umane. Sentì il bisogno di nascondersi a quello sguardo indagatore, di fuggire il più lontano possibile da quella stanza.

-Per quanto mi costi ammetterlo, sono tuo padre-

William si aggrappò più forte al corpo della sorella.

-Non può essere...-

L'uomo rise di gusto.

-Curioso, è la stessa frase che pronunciai io quando mi resi conto per la prima volta che mio figlio era una creatura infima e inutile-

William vide l'uomo scuotere la testa inorridito e abbassò istintivamente il capo.

-Come ti dicevo, mi ero quasi ricreduto sul tuo conto. Ma non ci è voluto molto perché la tua natura debole e viziosa riemergesse. Giusto qualche parola suadente sussurrata da una sconosciuta. E devo ammettere che non riuscivo a pensare a una fine più adatta per te che morire in un vicolo maleodorante con la gola squarciata per mano di una prostituta-

La voce dell'uomo era ora calma e pacata.

-Ma naturalmente le cose non sono mai semplici come appaiono a prima vista. Perché la prostituta non era una vera prostituta e la tua morte non era una vera morte. Del resto se fosse stato così facile ucciderti l'avrei fatto prima di andarmene-

-Dove...perché sei...-

-Perché me ne sono andato? Direi che questo lo ha spiegato egregiamente tua madre nella sua lettera. In effetti, l'ho aiutata io a scriverla. Ma non fraintendermi, io le ho solo suggerito le parole più efficaci, quanto al contenuto è tutto opera sua. Del resto dopo averle fatto trovare il cadavere di tua sorella praticamente dissanguato non è stato difficile spingerla ad odiarti...e a odiare se stessa per averti permesso di ucciderla. "Se solo fossi tornata prima...se solo lo avessi allontanato quando potevo". Continuava a ripeterlo. Piuttosto seccante a dire il vero-

William alzò gli occhi su suo padre, disgustato.

-Ma io non l'ho uccisa...lei...era *viva* quando l'ho lasciata, stava bene!-

L'uomo gli lanciò un'occhiata sarcastica.

-Tecnicamente stava bene, certo, ma non potevo ignorare che l'avevi insudiciata per sempre. Hai instillato in lei la convinzione che i demoni possano essere domati invece che semplicemente uccisi, le hai fatto credere che anche in un essere inutile e abietto come te è possibile trovare qualcosa di buono. Nel momento stesso in cui sei tornato in questa casa l'hai condannata a morte. Povera bambina, parlava come una pazza...in questo ti somigliava parecchio, devo ammetterlo. "Può controllare il suo demone, lui ne è capace" continuava a insistere che dovevamo tenerti con noi, che saremmo stati di nuovo una famiglia. Ho dovuto ucciderla per farla smettere. Del resto sarebbe morta comunque, presto o tardi. Qualunque essere umano che si avvicini così tanto a un demone è destinato a morire-

William lo guardò dapprima senza capire. Le parole si muovevano nella sua mente come schegge impazzite, impedendogli di coglierne il preciso significato. Poi, prima ancora che la rivelazione lo colpisse in tutta la sua drammaticità, sentì una rabbia sorda e incontrollabile diffondersi nel suo corpo.

-Tu l'hai uccisa...hai ucciso tua figlia...-

Con un ruggito si avventò sull'uomo spingendolo a terra e imprigionandolo sotto il peso del suo corpo.

-Come hai potuto...come hai potuto prenderti la sua vita come se niente fosse!-

-E tu William? Non hai fatto lo stesso quando hai bevuto il suo sangue, uccidendo in lei tutto ciò che era buono e puro? Mi vuoi far credere che non c'è stato neanche un momento in cui hai goduto sentendola venir meno nelle tue braccia? Neanche una misera frazione di secondo in cui hai desiderato di berla tutta, fino all'ultima goccia?-

William si ritrasse, in preda a un moto di disgusto e disperazione. Sentì le sue forze venire meno e si lasciò cadere a terra, il capo chino sul petto e gli occhi irrimediabilmente spenti.

Allora si accorse di essere sporco. Sporco del sangue di Emily. I capelli scomposti, la camicia che una volta era stata immacolata, tutto il suo corpo era coperto di sangue. Era stato per caso che si era fermato in tempo. Lo sapeva bene. Un secondo in più ed Emily sarebbe morta per mano sua. Avrebbe avuto rimpianti allora? Avrebbe provato una qualche emozione? Forse non era davvero rimasto niente di umano in lui e quello che Emily gli aveva dato la notte precedente era solo un'illusione. E sua madre...non era forse stato a causa sua che si era tolta la vita? Era troppo disgustata di lui, di quello che era diventato, o forse di quello che era sempre stato, per questo si era gettata da quella finestra. Se non fosse mai tornato da loro...se non avesse mai parlato con Emily...se...

Strinse il capo tra le mani chiudendosi su se stesso, come un bambino in attesa di una punizione che sapeva di meritare. E quella punizione sarebbe arrivata, di questo era certo. All'improvviso si accorse di desiderarla anche, di non poterne fare a meno. Voleva soffrire, almeno quanto avevano sofferto sua madre e sua sorella quando avevano esalato l'ultimo alito di vita.

-Povero, povero William. Anche come vampiro sei piuttosto patetico. Non certo un degno discendente della stirpe di Aurelius. Ma del resto non sei mai stato degno di niente...sei sempre stato troppo...inferiore-

William rialzò gli occhi tersi su suo padre.

-Perché anche lei? Perché Emily? Perché non ti sei limitato a uccidermi se mi odiavi così tanto?-

Lo sentì ridere sinceramente divertito.

-Come sempre il mondo ruota intorno a te, vero William? Non sei cambiato di una virgola, il solito egocentrico presuntuoso. Bè ti do una notizia, non sei il centro dell'universo. Non del mio almeno-

L'uomo si diresse verso il camino, disponendosi ad accendere il fuoco.

-Non dovrei parlarti di queste cose, sai il segreto professionale e tutto il resto...ma che ci posso fare? Adoro vantarmi. E poi non credo che avrai occasione di raccontarlo in giro. Mi hai chiesto perché Emily. In effetti è una storia affascinante, quasi uno scherzo del destino. Avere due figli come voi, l'una la nemesi dell'altro-

Immobile nel suo angolo, William lo guardava accatastare la legna nel camino in un ordine preciso e studiato.

-Durante uno dei miei viaggi, ho scoperto l'esistenza di un'antica organizzazione nata per liberare la terra dalla feccia come te: il Consiglio degli Osservatori. Naturalmente non è stato facile entrare a far parte di questo stimato gruppo di gentiluomini ma, sai come si dice, volere è potere. E io volevo diventare uno di loro, William, più di qualunque altra cosa al mondo. E sai perché lo volevo?-

L'uomo si voltò verso il vampiro, a quel punto, ansioso di vedere l'effetto delle sue parole su quel corpo stravolto.

-Lo volevo perché sapevo che il Consiglio mi avrebbe portato fino a te. Sapevo che il tuo lato demoniaco sarebbe emerso prima o poi, tutto quello che dovevo fare era attendere l'inevitabile-

William guardò l'uomo senza mostrare segno di comprensione.

-Quando finalmente sono diventato un Osservatore a tutti gli effetti e mi sono state aperte le porte degli archivi, ho impiegato tutto il mio tempo libero facendo ricerche su di te, sulla tua...razza. Devo dire che sono rimasto piuttosto deluso, non sei poi così importante come credevo, non per il Consiglio almeno. Ma poi mi sono imbattutto in alcuni volumi interessanti che illustravano la genealogia delle Cacciatrici-

William si sentiva incapace di compiere qualunque movimento, ogni energia vitale sembrava aver abbandonato completamente il suo corpo. Era questo che significava essere morti?

-Cacciatrici di cosa?-

L'uomo sorrise compiaciuto. Sembrava si attendesse quella domanda, anzi forse non aveva aspettato altro che quella.

-Per ogni generazione c'è una prescelta che si erge contro i vampiri i demoni e le forze delle tenebre. Lei è la Cacciatrice. Il Consiglio degli Osservatori addestra e vigila sulle cacciatrici, con ogni mezzo deve fare in modo che adempiano al loro destino e non perdano la strada. Bè immaginerai la mia sorpresa nello scoprire che mia figlia era una potenziale cacciatrice-

Con calcolata lentezza l'uomo estrasse un fiammifero dalla tasca del soprabito scuro e lo accese.

-Naturalmente fui scelto come suo Osservatore e se Emily fosse diventata una cacciatrice effettiva la mia carriera all'interno del Consiglio sarebbe stata fulminea e senza precedenti, senza contare che avrebbe cancellato l'onta di avere te come figlio-

-Ma allora perché...-

-Perché l'ho uccisa? Bè vedi, molto spesso le cose non vanno come noi speriamo. Avrei dovuto capire che anche Emily mi avrebbe deluso, in fondo aveva il sangue di tua madre che le scorreva nelle vene, quello che scorre anche nelle tue...o dovrei dire scorreva? Sì forse sarebbe più appropriato. Si trattava di un sangue debole e impuro, un sangue capace di dare vita a un mostro, ma inadeguato per sostenere il corpo di una Cacciatrice. Come sai bene anche tu Emily si è ammalata, una circostanza molto insolita a dire il vero, ma tant'è...capisci bene che non potevamo lasciare il mondo nelle mani di una Cacciatrice priva di forze. Hai mai sentito il detto "morto un Papa se ne fa un altro"? Bè diciamo che questo principio si applica anche alle cacciatrici. Dalle ceneri di Emily nascerà una nuova guerriera, più forte di lei-

William lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, spossato. Tutte quelle rivelazioni. Tutte quelle accuse. Elui non riusciva a provare niente. Ma la cosa peggiore era che non riusciva neppure a capire. Era come se quell'uomo che diceva di essere suo padre stesse parlando in una lingua sconosciuta di cui coglieva solo le sonorità. Quale senso potevano avere le ragioni di un padre che aveva appena ucciso la sua unica figlia?

-Non sono venuto qui di mia volontà, sono stato mandato, capisci? Il Consiglio voleva che controllassi le condizioni di Emily e prendessi le precauzioni del caso. Ne ho approfittato per raccogliere informazioni sugli ultimi discendenti della stirpe di Aurelius e studiare un piano d'azione per eliminarli. A causa della mancanza di una cacciatrice adeguata quelle insulse creature stavano prendendosi un po' troppe libertà. E qui arriva la parte più divertente--Sto seguendo l'ultimo childe, il più giovane. Apparentemente una graziosa fanciulla dai lunghi capelli neri e dagli occhi sognanti. In realtà un pericoloso assassino privo di qualunque scrupolo. Strano come le apparenze ingannino anche l'occhio più esperto a volte-

L'uomo lanciò il fiammifero al centro del camino. La fiamma divampò lenta all'inizio e poi sempre più intensa illuminando il la stanza con bagliori sinistri.

-Dicevo, la sto seguendo e lei mi porta in una stalla, una di quelle rimesse per carozze a essere precisi. E lì c'è un uomo che piange come un bambino...una delusione d'amore forse? Comunque, da principio il ragazzo è diffidente, la scambia per una borseggiatrice. Forse sarà abbastanza intelligente da andarsene. Ma lei è seducente e i suoi occhi brillano nell'oscurità, come carboni ardenti. Le sue parole sono un balsamo per l'orgolio ferito di quell'uomo. Lei gli promette un avvenire rifulgente...sì credo sia questo il termine che ha usato "rifulgente". E' curioso come a volte le parole siano più potenti di qualunque arma. Lui si lascia inebriare da quelle parole e cede. Naturalmente lei ignora con quale perdente si sia andata a mescolare, povera ingenua. Lui le porge il collo e lei vi affonda i denti, nutrendosi di quel sangue immondo. Poco dopo lui fa altrettanto con lei e il rito è compiuto. Lui è già un nosferatu e neppure se ne rende conto. Purtroppo non esiste cura per l'inettitudine-

L'uomo si sporse verso il camino acceso e raccolse un ceppo di legno infuocato.

-Ma la cosa davvero eccitante è che, ora che sei un demone a tutti gli effetti, sono libero di eliminarti con la piena approvazione del Consiglio, nessuno mi biasimerà per questo...anzi conosco più di una persona che brinderà in mio onore. In realtà pensavo che la tua trasformazione in vampiro potesse rappresentare un'occasione di riscatto per Emily. Per questo ti ho permesso di tornare a casa, ero davvero convinto che una volta visto il tuo vero volto, quello che hai nascosto così bene in tutto questo tempo, avrebbe compiuto il suo dovere, uccidendoti. Ma avrei dovuto immaginare che era già troppo contaminata per riconoscere il proprio destino. Così dovrò pensare anche a te. Del resto io vi ho dato la vita, mi sembra giusto che sia io stesso a togliervela, non credi?-

Con tutta calma l'uomo si avvicinò al letto a baldacchino che troneggiava al centro della stanza e diede fuoco ai tendaggi, poi passò ai mobili, ai tappeti, alle finestre. Ben presto l'intera stanza era in fiamme. William lo guardava attonito, troppo sconvolto per muovere un solo muscolo. Poi i suoi occhi si posarono sul corpo privo di vita di Emily e fu come se le sue membra fossero all'improvviso percorse da una nuova forza. In vita non era mai stato capace di odiare nessuno, neppure quelli che lo disprezzavano apertamente. In vita non era mai stato capace di provare rancore per quel padre che non c'era mai stato. Ma a quanto pareva la morte cambiava le cose. Radicalmente.

-Non è stato solo in questi ultimi mesi. Tu ci hai sempre osservati. Quando abbiamo perso la casa, quando Emily si è ammalata, quando non avevamo neanche i soldi per sfamarci...tu eri lì e non hai fatto niente per aiutarci. Eravamo la tua famiglia e tu sei rimasto a guardare, tutto il tempo. E anche la notte in cui sono stato ucciso. Anche allora saresti potuto intervenire...avresti potuto salvarci tutti, ma non l'hai fatto. Come hai potuto...come sei riuscito a rimanere immobile nell'ombra limitandoti a osservare?-

-Sai come si dice, figliolo, la pazienza è la virtù dei forti e poi osservare è un po' la ragion d'etre dei membri dell'organizzazione, non per niente ci chiamano Osservatori-

Con un sorriso l'uomo rivolse di nuovo la sua attenzione al vampiro.

-E ora coraggio, William, è tempo di lasciare il posto a qualcuno che lo merita-

William vide l'uomo avvicinarsi lentamente, ma con ostentata sicurezza. La torcia di legno scintillava ancora nelle sue mani. Forse avrebbe dovuto scappare o urlare. Sapeva che stava per morire di nuovo e aveva la netta sensazione che questa volta si sarebbe trattato di una morte definitiva. Eppure non provava nessuna voglia di fuggire o lottare. La verità era che non aveva più nulla per cui lottare. Chiuse gli occhi aspettando la fine, impaziente.

-Povero William. Davvero pensavi che sarebbe stata una morte rapida e indolore? Pensavi forse che mi limitassi a darti fuoco? Bè devo ammettere che la tua ingenuità è quasi commovente-

William riaprì gli occhi di scatto, in tempo per vedere l'uomo estrarre un pugnale dalla lama ricurva e sorridergli condiscendente.

-Ho detto *quasi* commovente-

Sentì la lama affilata conficcarsi nel ventre, poi nello stomaco e al centro del petto. Presto la sua vista si annebbiò, ma continuava a sentire la risata dell'uomo mescolarsi al rumore sibilante del fuoco che dilaniava la stanza. Continuò a sentirla anche quando si abbandonò sul corpo di Emily, quasi a proteggerla da quell'ultimo scempio.

-Siete sempre stati due esseri inutili e indegni di esistere, sarebbe stato meglio se non foste mai nati-

E fu allora che qualcosa dentro William si ruppe. Forse fu l'improvvisa consapevolezza che le uniche due persone che avevano mai mostrato di amarlo erano perse per sempre. Forse fu solo una reazione alla fredda violenza con cui suo padre lo aveva rifiutato e condannato. O più semplicemente fu la delusione per non essere riuscito a fare la differenza, per essersi rivelato un essere inutile, proprio come lo aveva definito suo padre, per non aver saputo proteggere la sua famiglia. Di una sola cosa William poteva dire di essere assolutamente certo in quel momento. Dentro di lui non era rimasto nient'altro che il desiderio di distruggere il mondo che aveva conosciuto e amato. A cominciare da suo padre.

Nello spazio di un respiro fu su di lui. Non ci furono più parole tra loro, per molto tempo. Solo una lotta convulsa e violenta tra due esseri che non desideravano sopravvivere, ma solo annientarsi l'un l'altro. Poi una distrazione e il paletto di legno che l'osservatore aveva estratto dalla giacca scivolò a terra con un tonfo sordo. Il vampiro non gli diede il tempo di rammaricarsi. I denti affilati affondarono nella giugulare dell'uomo, succhiandone lentamente la linfa vitale. Quando sentì che la sua vittima stava per oltrepassare il punto del non ritorno, si fermò lasciando che il corpo scivolasse ai suoi piedi.

-Chi l'avrebbe detto che la mia prima vittima sarebbe stato proprio il padre che ho sempre desiderato di ritrovare. Tutta questa storia ha un certo fascino, se ti piacciono le tragedie greche. Personalmente le ho sempre trovate piuttosto deprimenti-

La creatura si leccò le mani intrise di sangue. Poi, con un unico fluido gesto, sollevò da terra il corpo esanime fino a che quel volto terreo non fu a pochi centimentri dalle sue labbra.

-Sai non dovrei dirti queste cose...il segreto professionale e tutto il resto...ma che ci posso fare? Adoro vantarmi. E poi non credo che avrai occasione di raccontarlo in giro-

Il volto del vampiro si illuminò di un sorriso sarcastico, quando negli occhi dell'uomo il segno che riconosceva l'origine di quelle parole.

-Tu muori stanotte, su questo non ci sono dubbi. Io invece vedrò la fine di questa notte e di molte altre notti a venire. Vivrò per anni, dopo che di te non sarà rimasto altro che una polvere maleodorante, forse per secoli, e sai come impiegherò il mio tempo?-

L'uomo soffocò un singhiozzo, gli occhi sbarrati davanti a sé. Il vampiro continuava a parlargli imperterrito.

-Attraverserò ogni angolo della terra in cerca della nuova cacciatrice e quando l'avrò trovata la ucciderò, proprio come tu hai ucciso Emily questa notte. E con lei ucciderò il suo osservatore e tutti i membri del Consiglio che hanno avuto a che fare con lei. Dopodiché andrò in cerca della successiva e ucciderò anche lei. E andrò avanti così fino a che non rimarrà neanche più il ricordo dell'esistenza di un Consiglio di Osservatori e di un branco di ragazzine che vogliono giocare a fare le guerriere del Bene. E sai perché vincerò questa guerra, papà?-

Lentamente il vampiro avvicinò per l'ultima volta le labbra al collo dell'uomo.

-Perché non mi hai lasciato nessun'altra possibilità-

Le urla del carneficie e della vittima si mescolarono al crepitare del fuoco riempiendo la notte stellata di una macabra sinfonia.

 

+ + +

Angelus osservò con calcolata noncuranza il corpo esanime disteso sul letto. Il giovane vampiro giaceva riverso tra le coltri bagnate del suo stesso sangue. I vestiti con cui era stato sepellito erano ridotti a stracci informi, eppure, anche in quello stato, non riuscivano a nascondere la sua innata eleganza. I riccioli di un biondo scuro e corposo erano sparsi sul cuscino e nascondevano in parte il volto abbandonato nel sonno.

Da quel corpo addormentato emanavano un fascino e una forza tanto più intensi perché ancora inconsapevoli. Eppure era vicino, Angelus lo sentiva. Quel corpo era vicino al suo definitivo risveglio e non si sarebbe perso quello spettacolo per nulla al mondo.

-L'avevo detto che quello scarto non ci avrebbe portato altro che guai. La sua prima notte fuori e guarda come si è ridotto...quel letto sarà da buttare domattina-

Darla batteva ritmicamente il piede sul pavimento, impaziente.

Angelus sembrava ignorarla volutamente e Drusilla era troppo concentrata nella contemplazione del suo nuovo compagno di giochi per ascoltarla.

-Avremmo dovuto lasciarlo bruciare nella sua insulsa casa, insieme ai cadaveri della sua stupida famiglia!-

Drusilla iniziò a mugulare piano, dondolando avanti e indietro.

-E' il mio cucciolo e io dovevo proteggerlo. Vero Miss Edith? Lui sarà il mio cavaliere e io la sua principessa per anni e anni e anni. E' così che dice la favola. Vero Miss Edith?-

Angelus emise un sospiro che non si era accorto di aver trattenuto e di cui per altro non aveva alcun bisogno. A volte Drusilla riusciva ad essere snervante. Ci mancava anche quella stupida bambola per completare il quadro della sua follia. E dove l'aveva presa comunque? Stava per strappargliela di mano e suggerirle di smettere di frignare se non voleva ritrovarsi a morire di inedia nei sotterranei della magione, senza la sua preziosa compagna bendata, quando il cigolio del letto annunciò il lento risveglio del suo nuovo passatempo.

Drusilla si precipitò al fianco del suo childe, osservando incantata il suo risveglio.

William aprì lentamente gli occhi. Si sentiva come carne da macello e forse non era nient'altro che quello ormai. Al suo fianco stava la principessa nera che gli aveva rubato l'anima e il cuore in un vicolo buio. Gli sembrava già passato un secolo da allora.

-Qual'è il vostro nome, mia signora?-

La donna spalancò su di lui gli occhi neri e profondi.

-Drusilla-

William la guardò a lungo, un uomo avrebbe potuto perdersi in quegli occhi pieni di segreti.

-Avreste dovuto lasciarmi morire in quel vicolo, Drusilla-

Drusilla scoppiò a ridere e cominciò a danzare intorno al letto con la sua preziosa bambola tra le braccia, seguendo un ritmo che solo lei sembrava sentire. All'improvviso si chinò su di lui raccogliendo il suo viso tra le mani.

-Ho scelto il cavaliere più saggio e coraggioso e lui neanche lo sa!-

William la guardò con tenerezza. In certi momenti quella creatura gli appariva più innocente di una bambina, eppure aveva ormai compreso quale demone si celasse dietro quello sguardo ombroso.

-Direi che abbiamo ampiamente esaurito la dose quotidiana di svenevolezze e sentimentalismi-

Darla si avvicinò a grandi passi e strappò bruscamente Drusilla dalle mani di William.

-Ora se vuoi morire una volta per tutte io posso accontentarti anche subito, in caso contrario comincia a mostrare un po' di rispetto per i tuoi padroni-

William distolse lo sguardo dalla donna bionda che lo sovrastava e cercò gli occhi scuri del vampiro che gli aveva svelato i primi misteri della sua nuova natura.

Anche lui lo stava fissando e quando parlò la sua voce era calma e misurata.

-Allora vuoi morire, William?-

William esitò qualche istante prima di alzarsi dal letto. Il dolore si sparse in ogni fibra del suo corpo, sommergendolo. Sforzandosi di non barcollare troppo vistosamente si avvicinò al vampiro e alzò lo sguardo su di lui.

-Voglio ottenere tutto quello che non osavo neanche sognare, voglio ergermi al di sopra della massa, voglio dimenticare le leggi umane, l'etica e la morale-

Angelus sorrise compiaciuto.

-Vedo che hai imparato bene la lezione, mi piace un childe capace di ascoltare...e imparare in fretta-

Con uno scatto improvviso proiettò il vampiro più giovane contro la parete opposta nella stanza. Senza dargli il tempo di riprendersi fu di nuovo su di lui, le mani premute contro le sue ferite aperte.

William lottò per non svenire o peggio ancora piangere. Risultò più facile di quanto non avesse creduto. Forse il suo lato umano lo stava rapidamente abbandonando. Forse suo padre glielo aveva strappato una volta per tutte quella stessa notte. Suo padre...

-E voglio diventare forte, così forte che ai miei nemici scoppierà il cuore nel petto al solo sentire pronunciare il mio nome-

E voglio ridurre in cenere il Consiglio degli Osservatori e cancellarne ogni memoria. Ma naturalmente tenne per sé quell'ultima considerazione.

Angelus lo guardò intensamente, dritto negli occhi.

-Ti insegnerò tutto quello che so, ti trasformerò nel miglior vampiro che tu possa diventare, ma in cambio ci apparterrai, completamente. Tutto quello che sei, il tuo corpo, la tua mente, la tua essenza e il tuo stesso demone, sarà una nostra proprietà inalienabile. Non c'è niente che potrai rifiutarci, ci dovrai rispetto e dedizione assoluta, sono stato abbastanza chiaro?-

William sorrise, mostrando la sua espressione più ingenua.

-Non lo so padrone, prima dovrei accertarmi che la merce che mi state offrendo sia di prima qualità. Voglio dire, per il momento avete fatto un gran parlare di quanto siete bravi e forti, ma non ho avuto ancora nessuna prova evidente che non si tratti solo delle vanterie di un gruppo di squilibrati-

Darla fulminò il giovane vampiro con lo sguardo, mentre Drusilla nascondeva il volto tra le mani incerta se ridere o piangere. Angelus invece non esitò un istante e scoppiò in una risata grottesca.

-Mi piacciono i figli insolenti e pieni di orgoglio, è più divertente piegarli ai miei voleri-

William sorrise di nuovo. Era davvero curioso di vedere chi si sarebbe piegato per primo.

+ + +

 

Torna all'Indice capitoli

 

 

 

 

.