Quel che resta di noi

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Life consists not in holding good cards but in playing those you hold well.
Josh Billings

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Stava ancora pensando alle parole del suo ragazzo. No, piccola e fondamentale correzione, stava pensando alle parole del suo ex-ragazzo. Sottolineato ex. Ancora non riusciva a crederci. Dopo tutto quello che avevano passato e superato insieme lui aveva avuto il coraggio di lasciarla. Su due piedi e senza una ragione. Anzi no, altra piccola correzione, una ragione c'era, solo che era tutt'altro che ragionevole. "Non riesco più a stare con te, mi dispiace". Questo le aveva detto in risposta alle sue lacrime, alle sue disperate richieste di spiegazioni. Gli dispiaceva? Non immaginava neanche quanto gli sarebbe dispiaciuto. Doveva pagare. Tutto l'amore che aveva provato per lui si era improvvisamente trasformato in un odio profondo e devastante. Voleva vederlo soffrire. Voleva vederlo patire i tormenti più atroci. Così avrebbe capito come si sentiva lei. Avrebbe capito cosa voleva dire vedere il proprio mondo andare in frantumi.

Fu allora che la sentì.

Da principio le sembrò un sussurro indistinto. Lo scambiò per il fruscio del vento tra le foglie. Ma non c'era vento quella sera. L'aria era perfettamente immobile, il paesaggio cristallizzato. Ascoltò con più attenzione e lentamente il sussurrio si trasformò in una voce chiara e suadente che ripeteva sempre le stesse parole, come una litania.

"Posso darti ciò che vuoi, posso darti ciò che vuoi, posso darti ciò che vuoi"

Sharon si guardò intorno, ma nel buio del vicolo non riusciva a distinguere nulla. Eppure aveva sentito quella voce e continuava a sentirla. Istintivamente rabbrividì e fece per cambiare direzione.

"Povera Sharon. Gli hai dato così tanto e lui ti ha abbandonata. Hai cambiato la tua vita per lui e cosa ne hai ricavato? Solo dolore e disperazione"

La ragazza si bloccò, il respiro chiuso in gola. Doveva andarsene. Probabilmente aveva a che fare con qualche maniaco. Non era sicuro rimanere lì. Eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a muovere un solo passo. Perché quella voce dava corpo ai suoi stessi pensieri, ai suoi desideri più nascosti e le piaceva ascoltarla. La faceva sentire immensamente meglio.

"La vendetta è così dolce, ha un gusto che neanche immagini. E come staresti bene dopo...in pace con te stessa e con il mondo. Posso aiutarti sai? Unisciti a me e io esaudirò ogni tuo desiderio"

Sharon deglutì con fatica. Sentiva il sangue scorrere più velocemente e i pensieri affollarle la mente. Pensieri oscuri e disgustosi, eppure così dolci e liberatori.

-Voglio vederlo morto-

Le parole frementi della ragazza furono accompagnate da una risata fredda e profonda. E quella fu l'ultima cosa che Sharon sentì.


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Xander chiuse il giornale e bevve un lungo sorso di caffè. Aveva quasi dimenticato di trovarsi sulla bocca dell'inferno. In effetti da quando Willow era partita con Giles per l'Inghilterra la vita era trascorsa incredibilmente tranquilla a Sunnydale. Aveva persino sentito Buffy lamentarsi con Dawn del fatto che le sue ronde stavano diventando terribilmente noiose.

Naturalmente aveva sempre saputo che si trattava solo di una calma apparente. A Sunnydale non valeva il detto "niente nuove, buone nuove". Alla sua ridente città natale si adattavano più espressioni del tipo "la quiete prima della tempesta" o "a un periodo di pace segue sempre una guerra" o "è impossibile rilassarsi quando si sta seduti sopra una bomba a orologeria". Chiaro il concetto, no?

Eppure per un po' si era illuso. Del resto le cose andavano talmente bene che non c'era motivo di rovinarsele pensando al peggio. I cattivi sembravano definitivamente scomparsi da Sunnydale, Spike compreso; aveva ottenuto la promozione a capo cantiere; si era trasferito in un nuovo appartamento in centro; passava il suo tempo libero con Buffy; aveva persino avuto una conversazione civile con Anya. Se si aggiungeva il fatto che Kelly, la nuova procace cameriera del Bronze, lo guardava in maniera inequivocabile non si poteva negare che era decisamente un buon periodo. Aveva già menzionato il fatto che Spike se ne era andato da Sunnydale? Insomma non aveva nulla di cui lamentarsi. Perciò aveva deciso di godersi quello stato di grazia finché durava, dei problemi si sarebbe occupato quando si fossero presentati.

Ed eccoli lì, i problemi. In prima pagina sul Sunnydale Chronicle. "Giovane promessa del football morta in circostanze misteriose. La famiglia e gli amici piangono la prematura scomparsa di Mark Watson". L'articolo si dilungava sulle strepitose imprese sportive che l'immacolato eroe di Sunnydale era riuscito a compiere in soli ventidueanni di vita. Mark era un ragazzo sincero e onesto, commentava il padre. Non aveva un nemico al mondo, sottolineava la madre. Era un modello da seguire per tutti, rincarava l'allenatore. Gli volevano tutti un gran bene, confermavano gli amici. La ragazza del giovane idolo non aveva voluto rilasciare commenti, ma il cronista sosteneva che era "distrutta dal dolore". A quanto pare si sarebbero dovuti sposare nel giro di due mesi.

Insomma un uomo sulla strada della santità. Ma non era il tono celebrativo dell'articolo ad aver colpito Xander. Ad attirare la sua attenzione erano stati alcuni particolari a cui il giornalista accennava tra le righe. Mark era stato ritrovato nel vicolo dietro al Bronze, il corpo orribilmente sfigurato e neppure una goccia di sangue nelle vene. Il coroner era rimasto piuttosto perplesso di fronte alla circostanza. Le ferite che coprivano il corpo della vittima erano gravi, certo, ma non tanto da risultare mortali, sembravano inflitte più che altro per provocare dolore. Di certo non giustificavano quell'ingente perdita di sangue, la vera causa della morte. E poi dove diavolo era finito tutto quel sangue? Non ce n'era traccia nel vicolo, o sul corpo della vittima. Era come se Mark fosse stato prosciugato. Letteralmente.

Xander avrebbe scommesso il suo stipendio di un mese sul fatto che il coroner doveva aver trovato anche una piccola ferita, simile al morso di un animale, all'altezza del collo della vittima. E avrebbe vinto.


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-Non lo so Xander. Ho pattugliato tutti i cimiteri, ho fatto un giro persino nelle case abbandonate in periferia e non ho trovato assolutamente niente. O questo vampiro è invisibile oppure è maledettamente bravo a nascondersi-

-O forse è maledettamente bravo ad anticipare le tue mosse-

Xander fissò negli occhi la ragazza che aveva alzato lo sguardo su di lui, contrariata.

-Avevamo deciso che l'argomento era chiuso o sbaglio?-

Come se quella frase avesse segnato la fine della discussione, Buffy tornò ad occuparsi della cena. Naturalmente Xander era di tutt'altro avviso.

-Andiamo Buffy, non possiamo escludere l'ipotesi a priori. Quel ragazzo è stato sfigurato con un arma appuntita e sottile, un punteruolo...o magari dei chiodi-

-Smettila-

Buffy continuò a fingersi estremamente intenta nella disposizione delle verdure sul piatto di portata, ma il suo volto contratto tradiva un'emozione evidente. Xander le strinse un braccio con delicatezza costringendola a girarsi verso di lui.

-Buffy, ascolta. Non sappiamo dove è andato, cosa ha fatto, chi ha incontrato sulla sua strada. Ma sappiamo che era fuori di sé quando ha lasciato Sunnydale. Sappiamo che ha giurato che al suo ritorno le cose sarebbero state molto diverse. Hai sentito anche tu Clem-

Buffy distolse lo sguardo infastidita. Certo che aveva sentito Clem...certo che ricordava quello che aveva detto. Ogni sera, quando si trovava sola a pattugliare un cimitero o a rigirarsi tra le lenzuola fredde, riascoltava mentalmente ogni parola del discorso con cui le aveva annunciato la partenza di Spike. Ogni sera si chiedeva se lui sarebbe tornato cambiato...e come. L'idea che potesse decidere di non tornare affatto non le attraversava neppure la mente. Che bugiarda. Quell'idea disturbante si infiltrava nella sua testa, di tanto in tanto, ma lei si rifiutava categoricamente di accettarla, concepirla o anche solo prenderla in considerazione. Perché Spike non era come gli altri. Quando partiva era sempre per ritornare. E poi non le aveva detto addio con una di quelle scene plateali alla Casablanca. E lui *era* uno da scene plateali. Le sue entrate e le sue uscite erano sempre accuratamente studiate per ottenere un determinato effetto. Un attore nato. Anche se aveva sostituito l'impermeabile bianco con uno spolverino di pelle nera non significava che le sue battute fossero meno incisive o efficaci di quelle di Bogart. Non se ne sarebbe mai andato senza prima recitare la sua battuta finale. E non se ne sarebbe mai andato senza portare con sé il suo spolverino di pelle nera. Quello che era accuratamente nascosto in un ripiano dell' armadio a muro della stanza di Buffy e che ogni sera, per un motivo o per l'altro, usciva di lì per darle il tormento, proprio come il suo padrone. A volte le capitava *casualmente* tra le mani e se ne stava lì a guardarlo come se da un momento all'altro avesse potuto parlarle, spiegarle. Altre volte era lei a cercarlo per fargli domande che trovavano come risposta solo un lungo silenzio. Nota mentale. Smettere di parlare con lo spolverino di Spike prima che qualcuno mi veda e decida di internarmi in manicomio. Di nuovo. Le parole di Xander interruppero i suoi pensieri.

-Buffy mi stai ascoltando?-

La ragazza cercò di concentrarsi sul suo interlocutore che, sfortunatamente, non aveva i capelli ossigenati e non indossava uno spolverino di pelle nera.

- Il chip...potrebbe essere riuscito a rimuoverlo...o magari ha semplicemente smesso di funzionare-

-Questo non significa necessariamente che sia tornato ad uccidere-

La risata di Xander riempì la stanza.

-Andiamo Buffy! Stiamo parlando di un assassino, un mostro che vive di sangue umano e gode del dolore delle sue vittime. Pensi di poter cambiare la natura di una belva feroce chiudendola in una gabbia? Perché è questo che era il chip per lui, Buffy, una *gabbia*. Non lo ha cambiato, ha solo contenuto i suoi istinti. Ma quegli istinti, quella sete di sangue e di morte, non sono mai scomparsi e una volta riaperta la gabbia torneranno a dominarlo. E anche con il chip che lo frenava...guarda quello che è riuscito a fare, tutto il dolore che è riuscito a causare. L'ultima volta che vi siete incontrati ti ha quasi...Dio, se solo penso a quello che è arrivato a farti...avremmo dovuto ucciderlo quando ne avevamo l'occasione-

Buffy sentì la voce di Xander incrinarsi e non avrebbe saputo dire se fosse più per il dolore o il senso di impotenza.

-Non è così semplice Xander...io e Spike...quello che è successo non è stata solo colpa sua-

-Ti prego dimmi che non lo stai difendendo, dimmi che non stai prendendo le parti di un essere che ha più volte tentato di ucciderci tutti e che ti ha quasi stuprata-

-Io non prendo le parti di nessuno Xander, sto solo dicendo che non dovresti lasciare che il tuo risentimento nei confronti di Spike ti porti su una pista sbagliata-

-E tu non dovresti permettere che i tuoi sentimenti per lui ti allontanino da quella giusta-

Buffy sospirò esasperata, tornando a guardare Xander negli occhi.

-Ti prego non ricominciare! Te l'avrò già detto un milione di volte! Non provo più niente per lui! Anzi non ho *mai* provato niente! Niente è chiaro?-

Xander fissò a lungo lo sguardo in quello di Buffy prima di parlare.

-No Buffy, me lo hai detto solo una volta e ci sei riuscita a malapena-

Buffy si sentì presa in contropiede, tanto che indietreggiò di qualche passo. Lei che indietreggiava di fronte a Xander...Xander Harris! Non era indietreggiata neanche di fronte al Maestro figurati se...

-E' assurdo...ti stai sbagliando di grosso! Io e lui siamo solo....-

Già cos'erano? Il vampiro e la sua cacciatrice? Forse un tempo. Amanti? Bé quello non lo erano più da un pezzo. E allora cos'era che continuava a legarli l'uno all'altra contro la loro stessa volontà? Più di una volta aveva provato a dare un nome a quel sentimento, ma sembrava essere sempre quello sbagliato. Alzò lo sguardo rendendosi improvvisamente conto che non era riuscita a terminare la frase.

-Cosa devo fare per convincerti?-

Xander le sorrise dolcemente ma il suo tono era freddo e tagliente come una lama di coltello.

-Potresti cominciare piantandogli un paletto nel cuore. Questo sarebbe un buon inizio-

Buffy sostenne il suo sguardo senza esitare.

-Se c'è lui dietro tutto questo, e sottolineo *se*, dato che non solo non ne abbiamo alcuna prova, ma neanche sappiamo se è effettivamente tornato a Sunnydale, ti assicuro che non esiterò un solo istante a farlo fuori-

Xander la guardò uscire dalla stanza con passo deciso e si passò una mano tra i capelli con frustrazione.

-Lo spero Buffy. Lo spero-


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Non erano passati che pochi giorni dal suo ultimo scontro con Xander e Buffy si ritrovava di nuovo a perlustrare con scarsi risultati i vicoli della periferia di Sunnydale. Con un sospiro rigirò il paletto di legno tra le dita.

Il numero delle vittime continuava a salire. Si trattava sempre di morti per dissanguamento, chiaramente un indizio del fatto che nelle uccisioni erano coinvolti dei vampiri. Il punto era *quali* vampiri. Era evidente che si trattava di un nuovo ordine che seguiva un rituale specifico e ricorrente: i corpi delle vittime erano sfigurati in maniera disgustosa, tutti nello stesso identico modo.

Aveva smesso da tempo di farsi domande sulle ragioni e le origini dei rituali delle sette vampiriche. L'unica cosa che si chiedeva era dove diavolo si nascondessero i vampiri che stavano dilaniando lentamente la popolazione di Sunnydale. Per quanto cercasse non riusciva a scoprire il loro nido.

Ma non era soltanto questo a disorientarla. Accanto ai cadaveri dissanguati se ne ammonticchiavano altri, in numero minore certo, ma non per questo meno preoccupanti. Si trattava di solito dei parenti delle vittime o di persone che avevano stretto con loro un qualche legame intimo.

Il fatto sconcertante era che nel loro caso la causa della morte era totalmente diversa. Era come se quelle persone fossero state divorate dall'interno. Disgustoso. Ma il punto era un altro. Quale vampiro era in grado di divorare un corpo umano a partire dal suo interno? E se non si trattava di vampiri, ma di altre creature demoniache, perché queste ultime avrebbero dovuto scegliere come prede proprio delle persone legate alle vittime dei vampiri? Forse vampiri e demoni di altro tipo si erano alleati? E se sì, per quale ragione? Inutile dire che a questo punto del ragionamento a Buffy veniva un terribile mal di testa. Lei era una creatura votata all'azione, una guerriera. La sua arte era il combattimento non la strategia. Arrovellarsi sui problemi e studiare le situazioni da ogni angolazione era compito del suo osservatore, lei si limitava a eseguire o, più spesso, a spingerlo a cercare nuove soluzioni, a formulare nuovi piani, se i primi non la convincevano. O almeno così era sempre stato. Prima che lui se ne andasse.

Più di una volta era stata sul punto di chiamare Giles. Senza dubbio lui avrebbe saputo dove cercare o almeno *cosa* cercare. Naturalmente il suo proverbiale orgoglio unito a una buona dose di risentimento per il recente abbandono del suo osservatore l'avevano fermata prima che riuscisse a comporre il numero completo. E poi lui aveva ben altri problemi da risolvere ora, ad esempio come incanalare e gestire gli strabordanti e oscuri poteri di Willow. Già, Willow. La sua migliore amica. La sua peggior nemica. Chi delle due sarebbe sopravvissuta e tornata da lei? Chi delle due sarebbe stato più facile affrontare?

Buffy si passò una mano sul volto stanco. In quei momenti rimpiangeva le continue chiacchiere di Spike. Almeno con la sua voce insistente nelle orecchie le era praticamente impossibile fermarsi a pensare. Si lasciò andare a una risata poco convinta. Dio, ma chi voleva prendere in giro? Rimpiangeva molto più di quello. Aveva tanti di quei rimorsi nei confronti di Spike che non riusciva neanche a iniziare a contarli.

Si era comportata in maniera terribile con lui. L'aveva trattato come un essere inferiore, niente più che un oggetto...e allo stesso tempo aveva lasciato che la prevaricasse, gli aveva permesso di farle cose che non riusciva neanche ad ammettere con se stessa...se gli altri avessero scoperto quello che davvero era successo tra loro, non sarebbero più riusciti a guardarla in faccia.

Lui aveva avuto ragione, come sempre. Lei era tornata sbagliata. Era tornata dal regno dei morti con la precisa e indissolubile convinzione di non valere niente e di non meritare niente. Tutto quel potere, non era stata lei a chiederlo e spesso sentiva di non meritarlo affatto...a volte le veniva da pensare che...la relazione che aveva avuto con lui...era come se avesse voluto essere punita. Si era convinta di non meritare altro che dolore. Così era andata da lui, dal suo nemico naturale. Si era letteralmente gettata tra le sue braccia in cerca di quel dolore, di quella punizione. E il bello era che lui, invece, l'aveva amata. A modo suo, aveva cercato di prendersi cura di lei. Ma lei non glielo aveva permesso, perché non voleva essere amata e curata. Voleva solo provare qualcosa. Che cosa, non era ancora riuscita bene a capirlo.

A volte, in quegli attimi in cui la sua mente era abbastanza distratta da lasciarsi andare, si chiedeva come sarebbero andate le cose se lei gli avesse dato una possibilità. Sarebbero comunque finiti sul pavimento di quel bagno a lacerare gli ultimi pezzi della loro dignità e del loro cuore se gli avesse permesso di avvicinarsi...di entrare davvero in contatto con lei? O forse il contatto era sempre esistito, fin dall'inizio. Solo che lei non aveva mai voluto vederlo.

In quelle lunghe e vuote passeggiate notturne ripensava a tutte le conversazioni, o per meglio dire alle discussioni, che aveva avuto con lui su questo punto. Per quanto si fosse sempre sforzata di ignorarlo non era mai riuscita a non ascoltarlo.

Ricordava ancora la dolcezza del suo volto mentre cercava di convincerla a dare una possibilità alla loro storia e a se stessa.

"Non pretendo che tu mi ami. Ma è possibile che tu non riesca ad amare te stessa? Che tu non riesca a lasciarti andare? Perché vuoi negarti...."

"Continui a non capire Spike...Forse per te non è un problema che io faccia sesso con te senza amarti, ma io non voglio diventare il tipo di persona che ragiona in questo modo"

"E cosa diventerai invece? Una persona che non tenta neanche di avvicinarsi alla felicità perché le condizioni non sono ideali? Le persone scendono a compromessi continuamente Buffy"

"Io no"

"No, certo che no. Potresti accidentalmente finire per essere felice"

Aveva alzato lo sguardo su di lui a quel punto, ma sul suo viso non aveva trovato l'espressione strafottente che si aspettava. Solo un'infinita tristezza.

"Te l'ho già detto una volta Buffy. La vita non è una canzone. Non è mai perfetta. Bisogna saper godere delle cose che abbiamo. Altrimenti è come essere già morti"

Naturalmente tutte le sue parole, tutti i suoi tentativi, tutto il suo impegno non erano serviti a niente. Aveva cercato di salvarla in tutti i modi possibili, ma non si era accorto che lei non voleva essere salvata. E così aveva perso. Anzi, no. Avevano perso entrambi.


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-Accidenti!-

Buffy prese a calci la macchina, colpendo con rabbia il pneumatico anteriore. Era proprio il momento peggiore per restare a piedi. Era esausta, dopo il doppio turno al lavoro, e stava congelando nell'uniforme del Double Meat Palace. Si guardò intorno con un moto di frustrazione. Il parcheggio era deserto.

-Problemi?-

La voce proveniva da un punto indefinito nell'oscurità, e Buffy si mise immediatamente in allarme. Alla sua perfetta giornata non mancava altro che uno scontro con qualche vampiro di terza categoria o magari con uno dei relitti umani che infestavano le notti di Sunnydale.

L'uomo spuntò dal buio, alto e avvolto dalla nebbia fredda. I suoi stivali risuonavano sul selciato. Buffy attese che le venisse più vicino, alla luce del lampione, mentre una sensazione conosciuta le invadeva il petto.

Riconobbe all'istante Spike, eppure le sembrò di vederlo per la prima volta. Era imponente e selvaggio, con i capelli mossi dal vento.

Il fiato le si bloccò in gola e si ritrovò incapace di pronunciare una singola sillaba. Così, come sempre, lui parlò per entrambi.

-Non c'è bisogno che fingi di essere felice del mio ritorno. So che non ci siamo lasciati bene...-

Buffy sorrise. Era l'unica cosa che poteva fare, a parte mettersi a urlare.
Lui continuava a guardarla e aveva quello sguardo. *Quello* sguardo. Gli occhi blu spalancati su di lei, come quelli di un bambino in cerca di approvazione. Il sopracciglio destro impercettibilmente alzato. E quel tono di voce. Quello dolce e composto. Quello che aveva sempre pensato dovesse appartenere a William.

-E' solo che...non credevo saresti ritornato...così all'improvviso-

"Avresti dovuto avvertirmi. Avresti dovuto darmi il tempo di abituarmi all'idea". Possibile che lui riuscisse sempre a coglierla di sorpresa? Ma la cosa peggiore era che da quando le era comparso davanti come un sogno ad occhi aperti, e per tutto il tempo, lei non aveva desiderato altro che sfiorargli le labbra. Quelle labbra crudelmente sensuali e tenere. Quelle labbra che le erano sempre sembrate fuori posto sul volto di un demone.

-In effetti avevo pensato di organizzare una festa per annunciare il mio ritorno, avevo già preparato gli inviti da spedirvi...ma sai come sono fatto. Non potevo aspettare-

Buffy rabbrividì riconoscendo all'istante le parole che lui le aveva già rivolto in una notte ormai lontana, ma mai dimenticata.

-Direi che la sorpresa ti è riuscita comunque benissimo-

Lo vide sorridere. Il suo volto non era più scavato come un tempo. I suoi lineamenti sembravano più dolci, più morbidi. Le piaceva. La lontananza sembrava avergli fatto bene dopo tutto. La verità era che stare lontano da lei gli aveva fatto bene, solo che non era sicura di essere pronta per accettare quella verità. All'improvviso si sentì perduta. Gli occhi pieni di lacrime. Abbassò il capo allora e si aggrappò a lui, come in cerca di sostegno.

E le sembrò naturale. Cercare sostegno in lui. E conforto. Di nuovo. Cercare in lui la propria forza, come aveva fatto per mesi, dopo essere riemersa dal suo sonno mortale. Dopo essere stata strappata dall'unico paradiso che aveva mai conosciuto.

Spike abbassò la testa in cerca del suo sguardo. Lacrime. Fece per sfiorarla e quasi la toccò prima di ritrarsi.

-Buffy...-

Cercava di suonare indifferente, ma lei lo sentiva. Era al limite. Ed era lei che l'aveva spinto fino a quel punto. Le sentiva arrivare, le sue lacrime. Anche quando fingeva di non provare niente, anche quando diceva di usarlo, questa era una cosa che non riusciva a sopportare. Vederlo piangere. Perchè diventava difficile in quei momenti continuare a dichiarare di disprezzarlo. Diventava quasi impossibile non provare niente per lui.
Come in quei primi momenti, dopo essere ritornata in vita, quando lo aveva visto ai piedi delle scale. Quando aveva visto per la prima volta i suoi occhi bruciare di lacrime trattenute. Quando senza bisogno di spiegazioni lui l'aveva riconosciuta e accettata. Quando per la prima volta aveva letto sul suo volto quella dedizione e quell'amore che aveva calpestato e rinnegato con tutte le sue forze.
Eppure non avrebbe dovuto essere così. Un demone non avrebbe dovuto provare certe cose. Ma lui non era mai stato come gli altri. E forse un po' di quell'amore era ancora in lui, in un recesso nascosto del suo cuore. Forse.

Si tuffò in lui, nel suo petto. Per nascondere le proprie lacrime e sfuggire alle sue. E lui la accolse dentro di sé, come sempre. Senza chiedere, senza pretendere, con gli occhi chiusi, in quel silenzio perfetto che solo gli amanti conoscono.

E quasi la strinse tra le braccia. Quasi. Prima di ritrarsi ancora. E Buffy respirò il suo profumo e il suo sapore e desiderò solo che tornasse tutto come prima. Solo non proprio come prima.

Gli prese una mano e la strinse allora, intrecciando le dita con le sue. Gli occhi chiusi. Perchè non aveva potuto essere così la prima volta? Perchè non era mai stato così dopo? E adesso era troppo tardi.

"Due anime legate dal filo rosso del destino"

La voce la colpì. Perché non era la voce della sua mente. Né quella di Spike. E quando riaprì gli occhi tutto era buio intorno, mentre l'eco della voce risuonava incessantemente nelle sue orecchie. Evidentemente doveva smettere di affittare "L'amore è una cosa meravigliosa". Prima di tutto qui non c'erano due anime, ma una. E tutto sommato non era certa neppure di questo. E quando guardò la sua mano intrecciata a quella di Spike non vide un filo rosso...era più un nastro rosso. Un nastro rosso stretto attorno ai loro polsi e c'era una luce...un bagliore intenso che nasceva da quel contatto.

E quegli occhi blu e profondi come un oceano continuavano a fissarla. Ma lui non sembrava più lo stesso e non indossava più il suo adorato spolverino. E ora che ci pensava non avrebbe potuto indossarlo neanche prima dato che lei lo teneva chiuso nel suo armadio da mesi. E neppure lei era la stessa e i suoi capelli erano raccolti ora e ricordava che erano sciolti e le ricadevano sulle spalle fino a pochi attimi prima. E quello doveva essere un sogno. E nel momento stesso in cui formulò quel pensiero Buffy si svegliò.

Era nella sua stanza, la finestra aperta lasciava entrare spiragli di luce e vento. Non c'era nessun parcheggio, nessuna macchina in panne, nessun filo rosso. O nastro rosso. O quello che era. E non c'era Spike. Non c'era mai stato. Non era mai tornato da lei. Era stato solo un sogno. E le faceva più male di un incubo. Perché quando ti svegli da un incubo ti senti sollevata e ti aggrappi alla realtà con gioia e ne trai conforto. Ma quando fai un sogno così. Quando provi una gioia così in un sogno, non c'è realtà che possa competere, al tuo risveglio. E allora non ti rimane altro che tornare a dormire e sperare che il sogno torni ancora e che duri abbastanza per illuderti di nuovo che sia la realtà.


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Come Buffy aveva dolorosamente constatato solo poche ore prima, Spike non era con lei a Sunnydale. Quello che rimaneva di lui era nascosto in una cantina umida, sotto una casa che aveva visto giorni migliori, in un Paese bruciato dal sole. Quello che rimaneva di lui riposava su un tappeto rosso come il sangue, disteso su un pavimento scuro. Quello che rimaneva di lui aveva socchiuso gli occhi e ascoltava i suoni che riempivano le stanze sopra la sua testa. La porta che si apriva e si chiudeva più volte. I passi leggeri di Bethany, quelli più pesanti di un uomo. No. Due uomini. Spike sorrise. Era ora che la ragazza si trovasse un nuovo passatempo. Forse l'avrebbe lasciato riposare in pace finalmente. E magari morire. Se era davvero fortunato.

Poi la porta si aprì nuovamente.

-Hai deciso di venire allora?-

La voce gli arrivò ovattata eppure stranamente famigliare. Si concentrò sui nuovi passi che facevano vibrare il pavimento sottile. I passi di una fata. Spike si alzò in piedi. voltandosi verso le scale. Erano diretti verso la cantina, si stavano avvicinando a lui eppure non riusciva a crederci. Perché fare tutta quella strada solo per vedere un piccolo rimasuglio di quello che era stato un tempo un vampiro potente e temuto? E poi sorrise. Forse dopotutto per loro era un viaggio di piacere. Vederlo ridotto così, l'ombra di se stesso. Non era quello che avevano sempre voluto? Annientarlo. Sì. Questo era quello che avevano sempre desiderato. Forse erano venuti per dargli il colpo finale e in fondo non gli sarebbe dispiaciuto più di tanto cadere per mano loro. Di certo non meritava pietà.

La porta della cantina si aprì e i visitatori scesero lentamente le scale. Spike non si mosse limitandosi a sorridere e aspettare. Avrebbe lasciato a loro la prima mossa. In qualunque gioco sono sempre i bianchi a muovere per primi, no? E loro erano candidi in confronto a lui.

L'uomo gli si parò di fronte, deciso e autoritario come sempre. Lei non riusciva neanche a guardarlo negli occhi. Se ne stava in disparte, le braccia abbandonate lungo il corpo quasi in segno di resa. Di certo non era più in forma di lui, ma Spike non se ne sentì rincuorato. L'aveva lasciata piena di potere, tormentata certo, ma indubitabilmente forte e ora sembrava solo uno scricciolo spaurito di fronte a un rapace. Sentì l'uomo muoversi prima ancora di vederlo e riportò la sua attenzione su di lui. Lo avrebbe ucciso adesso? No. Probabilmente avrebbe giocato un po' con lui. Giusto in memoria dei vecchi tempi. Gli sorrideva e Spike cercò il sarcasmo in quel sorriso o il senso di superiorità o il disprezzo. Si stupì di non trovare niente di tutto questo. L'uomo sembrava sinceramente felice di rivederlo. All'improvviso Spike si sentì smarrito. Anche questo era parte del gioco? E lui quale pedina avrebbe dovuto muovere? Ma fu ancora l'uomo a muovere. Mosse il braccio destro e glielo posò sulla spalla. La sua presa era calda e sicura ma Spike rabbrividì sotto quel tocco. Per anni aveva segretamente desiderato che lo guardasse in quel modo, che lo sfiorasse con quel trasporto. Certo c'era stato quell'abbraccio paterno, ma era stato solo frutto di una bugia, un'illusione che al risveglio lo aveva lasciato pieno di amarezza e rimpianto.

E all'improvviso un pensiero lo colpì. Quella era stata l'ultima volta che si erano visti. Il loro ultimo contatto era stato un abbraccio, l'ultimo sguardo che lui gli aveva rivolto era stato quello di un padre che saluta suo figlio. Il destino o chiunque governasse la sua vita...le loro vite, doveva davvero essersi divertito quel giorno.

-William-

La parola lo risvegliò dolorosamente.

-William è morto-

La replica giunse automatica, immediata. Come sempre aveva reagito d'istinto. Sentì Bethany trattenere un singhiozzo e si voltò verso di lei.

-Non fidarti mai di nessuno. Soprattutto delle persone che si fingono tue amiche. La mia governante me lo ripeteva continuamente, quando ero piccolo. Ma a quanto pare questa è una lezione che non sono mai riuscito ad imparare-

Bethany serrò i pugni ricacciando in gola le lacrime.

-Io ho dovuto...il mio compito...io non potevo...non...-

Spike le sorrise, ma non c'era alcuna comprensione in quel sorriso. Solo un odio a stento trattenuto.

-Non ti preoccupare, piccola. Sono abituato a essere tradito. Dopo la milionesima volta ci fai l'abitudine e quasi non fa più male. Quasi...-

Spike tornò a rivolgere la sua attenzione all'uomo.

-Sei stato bravo, davvero. Capelli biondi, figura minuta, occhi da gatta. Hai fatto una selezione tra le spie del Consiglio o si è presentata lei spontaneamente? Hai pensato, se trovo qualcuna che le somiglia abbastanza sarà più facile convincerlo a raccontare i suoi sporchi segreti e usarli contro di lui? Bé devo dirtelo, il tuo piano è riuscito in pieno. Bethany, Buffy. Perfino la stessa iniziale. Ma del resto sei sempre stato un perfezionista vero?-

Il volto dell'uomo di fronte a lui tornò serio, la sua mano era ricaduta lungo il fianco. Il suo sguardo era di disapprovazione. A quella vista un moto di rabbia e frustrazione si impossessò del corpo di Spike. Perché ci aveva creduto. Per un attimo aveva davvero creduto che lui fosse felice di rivederlo. Si poteva essere più idioti di così?

-Se sei venuto per uccidermi fallo in fretta. Altrimenti vattene e porta con te la tua pupilla e la piccola Mata Hari. Non sono dell'umore giusto per chiacchierare dei vecchi tempi, Rupert-

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