Il risveglio

Rupert Giles ricambiò lo sguardo azzurro del demone che stava in piedi di fronte a lui. Averlo avuto così vicino, per così tanto tempo, e non avere capito. Poteva ancora definirsi un Osservatore degno di questo nome?

-Non sono qui per parlare del nostro passato comune, Spike-

Sì, così poteva andare. Calmo e controllato. In fondo era questo che gli avevano insegnato in tutti quegli anni al Consiglio. Mai mostrare le proprie emozioni. Dimostrarsi sempre padrone della situazione.

-Credo anzi che sarebbe meglio per entrambi dimenticarlo-

Spike rise lasciandosi ricadere sul divano.

-Già, sarebbe più comodo, vero? Ma ti assicuro che non ho dimenticato come mi hai spillato soldi quando ero in difficoltà-

Giles sentì la rabbia che non si era accorto di aver trattenuto esplodergli in corpo. Tutta la calma e la compostezza di cui si era compiaciuto solo qualche istante prima erano dimenticate.

-Tu mi stai accusando di essermi approfittato del tuo momento di debolezza? Ti prego! Proprio tu che non hai fatto altro per anni! Ci hai praticamente trasformato nella tua banca personale, senza contare tutte le volte che hai tentato di ucciderci e quelle che ci hai venduto al miglior offerente! E pensare che nonostante tutto questo ti ho accolto nella mia casa! A questo proposito ti faccio notare che sto ancora aspettando che tu mi rifonda di tutte le bottiglie di whiskey scozzese che hai impunemente prosciugato durante il tuo...soggiorno nel mio appartamento. E non credere che non abbia notato che manca all'appello quella che tenevo nascosta nello scomparto segreto del Magic Box. Si trattava di una bottiglia che apparteneva alla mia famiglia da generazioni, una miscela assolutamente incomparabile, conosco collezionisti che sarebbero disposti a uccidere pur di possedere una bottiglia come quella...-

-E tu Ripper? Scommetto che tu hai ucciso per molto meno in passato-

Giles sentì il proprio corpo proiettarsi verso il demone, prima ancora che il suo cervello potesse realizzare quello che stava facendo. Lo avrebbe colpito. Non c'erano dubbi. Si sarebbe avventato su di lui e gli avrebbe fatto sputare tutto il sangue innocente che aveva trangugiato nell'ultimo secolo. Lo avrebbe fatto. Se una stretta sicura non lo avesse trattenuto all'ultimo istante.

La mano pallida della ragazza che era rimasta in silenzio al suo fianco, per tutto il tempo, si posò con decisione sul suo braccio. Quel gesto leggero lo risvegliò improvvisamente e fu con occhi nuovi che l'uomo guardò verso il demone che se ne stava mollemente seduto sul divano con un'espressione sorniona disegnata sul volto.

Lo aveva giocato. Di nuovo. Ed era proprio questo l'aspetto di Spike che più lo inquietava. Non la sua terrificante fama, né la sua inclinazione alla violenza e di certo non la sua identità di vampiro. A quelle cose era abituato. Era stato addirittura istruito ad affrontare quelle cose. Ciò che davvero lo spaventava di quella creatura era la sua capacità di colpire i punti nevralgici delle persone senza neanche sfiorarle. Ciò che davvero lo turbava era la sua innata predisposizione a leggere nel cuore e nella mente di coloro che lo circondavano, di mettere a nudo le loro debolezze, le loro paure, i loro desideri più intimi, anche quelli di cui non erano ancora consapevoli. Perché non ci sono corazze o armi che possano difenderti da qualcuno che ti legge dentro così facilmente, nonostante tutti i tuoi studi e il tuo addestramento non c'è strategia d'azione efficacie di fronte a una persona così. Devi improvvisare. E Rupert Giles odiava improvvisare.

-Signor Giles...-

La voce sottile della ragazza risuonò nella cantina semivuota. Spike la guardò e la sua espressione tagliente si addolcì all'istante.

-Ehi Rossa. Credevo ti avessero tagliato la lingua-

Aveva cercato di suonare sarcastico, ma l'emozione lo aveva tradito. Era sempre stato così con lei. Non era mai riuscito a mantenere il suo atteggiamento spavaldo e sfrontato, la sua maschera di cinismo si infrangeva ogni volta che guardava in quegli occhi troppo grandi e luminosi. Anche se adesso non erano più così puri e trasparenti come li ricordava. Ma forse era solo l'oscurità di quella cantina che gli giocava brutti scherzi.

Willow lo guardò a sua volta e gli sorrise. Un sorriso malinconico e disilluso. Di certo non il prodotto di un gioco di ombre.

-Non c'è tempo-

A quelle parole Spike si alzò dal divano e si girò a fissare la parete umida e scrostata. Naturlamente sapeva perché erano venuti. Giles glielo aveva anche confermato nel suo solito modo indiretto. "Non sono qui per parlare del nostro passato comune". Che era come dire "Sono qui per ucciderti", ma in forma molto più educata. Terribilmente inglese. Non si aspettava niente di diverso, eppure...eppure il pensiero che lo avrebbero ucciso così, senza alcuna esitazione, senza alcun rimpianto...ma in fondo era quello che voleva anche lui, no? L'epica impresa che avrebbe dovuto dare finalmente un senso alla sua esistenza si era rivelata un sadico scherzo a uso e consumo di un demone che probabilmente ora se la stava ridendo alle sue spalle. Tanto valeva farla finita una volta per tutte. E farlo in fretta.

Sentì i passi leggeri della ragazza farsi sempre più vicini e non poté impedirsi di girarsi di nuovo verso di lei. Rabbrividì sotto il tocco caldo delle sue mani sul viso, ma non si allontanò di un passo.

-Mi dispiace, William-

Spike le sorrise allora.

-Già. Lo dicono tutti questo. Qualche secondo prima di colpirmi a morte-

Sentì Giles muoversi, poco fuori dalla sua visuale, e non ebbe bisogno di girarsi per sapere dove era diretto. La cantina era buia, ma c'era un'ampia finestra, proprio sulla parete di fondo. Naturalmente quella finestra era sempre rimasta chiusa da quando si era stabilito a casa di Bethany, nonostante lui stesso avesse tentato di aprirla, più di una volta. Rimanere in piedi nel sole e sciogliersi nel vento. Non riusciva a immaginare una morte più misericordiosa di quella. Ed era stato proprio questo a frenarlo, ogni volta. Lui non meritava misericordia. Aveva esaurito il suo diritto alla pietà molto tempo prima. Ma ora Giles stava di fronte a quella finestra e ne apriva i catenacci, uno dopo l'altro. Una volta spalancate le imposte la luce avrebbe invaso gran parte della stanza, rifrangendosi in ogni direzione. Non c'erano mobili abbastanza alti dietro cui nascondersi, o coperte con le quali proteggersi e tanto meno spazi d'ombra in cui ripararsi. A guardarla con più attenzione, quella stanza che per settimane aveva rappresentato il suo unico e ultimo rifugio, non era altro che una perfetta trappola per vampiri. Forse era addirittura stata progettata a quello scopo. Spike alzò gli occhi su Bethany e lei gli restituì lo sguardo, accompagnandolo con un sorriso luminoso. Era stato un idiota a fidarsi. Come sempre.

Senza dire una parola, attraversò la stanza fino a raggiungere Giles. Con decisione lo afferrò per le spalle allontanandolo dalla finestra, completamente indifferente alle sue proteste concitate. Se doveva uscire di scena voleva farlo con stile, dannazione. Fece scattare l'ultima serratura e appoggiò le mani contro le imposte di legno scuro. Esitò un'istante, forse, ma comunque non abbastanza perché i presenti se ne rendessero conto. Poi, con un colpo secco, spalancò la finestra. Il cono di luce lo avvolse completamente e quando si voltò a guardare le facce attonite che lo circondavano, un sorriso gli attraversò le labbra.

Rupert Giles osservava quello spettacolo affascinato. Per uno strano effetto ottico la luce sembrava irradiarsi direttamente dal corpo di Spike. La pelle chiara, i capelli lucidi, gli occhi cristallini, ogni dettaglio della sua figura sembrava essere stato creato e studiato appositamente per riflettere quella luce così pura e intensa. Quella creatura oscura non gli era mai apparsa a suo agio come in quel momento, grondante di luce.

Spike chiuse gli occhi. Il cerchio si era finalmente chiuso. Cenere alla cenere. Polvere alla polvere. Eppure, in quegli ultimi istanti, gli sembrò quasi che il suo corpo fosse tornato a respirare, che il suo cuore avesse ricominciato a battere e il suo sangue scorresse di nuovo caldo nelle sue vene. Non si era mai sentito vivo come nel momento della sua definitiva morte. Sorridendo lasciò che ogni fibra del suo corpo bevesse quella luce calda e densa. Così diversa da quella che lo aveva avviluppato nella sfolgorante mattina in cui aveva indossato la gemma di Amarra. La mattina in cui aveva quasi ucciso Buffy Summers. Mentre lottava contro di lei, in pieno sole, ferendola abilmente con i colpi e le parole, il suo corpo era rimasto freddo. Morto. La sua pelle non era stata percorsa da brividi di calore. I suoi occhi non avevano bruciato di lacrime trattenute. E il suo cuore non aveva battuto come se avesse voluto scoppiargli in petto. Il suo cuore...Aprì gli occhi di scatto fissandoli in quelli cauti e attenti dell'uomo che era rimasto immobile, di fronte a lui.

-Cosa diavolo...-

+ + +

-Io...credo che dovreste venire di là-

Angel e Wesley alzarono contemporaneamente la testa dai pesanti volumi in cui erano immersi da ore.

-C'è qualcosa che non va?-

-Hai trovato qualcosa?-

Le domande dei due si mescolarono l'una all'altra lasciando Fred indecisa su quale risposta dovesse avere la precedenza.

-Ecco...io...non sono sicura...dovreste venire di là-

Angel si alzò raggiungendola e dopo pochi istanti Wesley li seguì nell'altra stanza. Il computer di Fred era acceso e qualcosa attirò l'attenzione dell'Osservatore.

-Fred...sono sicuro che è solo una mia impressione, ma...quelli non sono gli archivi del Consiglio degli Osservatori?-

La ragazza si morse il labbro inferiore, imbarazzata. Stava per rispondere, ma la voce di Angel la interruppe.

-E' impossibile-

+ + +

-Come è possibile?-

Spike si girò verso la finestra, lasciando che il sole del mattino gli colpisse il viso e gli occhi. Non stava bruciando. Cercò di parlare di nuovo, ma aveva la gola arida e una spossatezza che non ricordava di aver mai conosciuto si stava rapidamente diffondendo in tutte le sue fibre. Sentì un tonfo, ma impiegò qualche minuto per capire che si trattava del suo stesso corpo che era crollato sul pavimento. E poi si fece buio.

-Svegliati Will!-

William si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno e provò un profondo senso di sollievo nel riconoscere la propria stanza e anche una strana e ingiustificata nostalgia alla bocca dello stomaco. Qualcosa saltò sul letto facendone scricchiolare le molle.

-Smettila di poltrire! E' già mattina inoltrata!-

La voce cristallina di Emily gli riempì le orecchie e la mente. Era stato solo un sogno. Con un sospiro emerse dalle pesanti coperte di lino stroppicciandosi gli occhi ancora pieni di sonno. Sua sorella gli sorrideva dal fondo del letto e lui le sorrise a sua volta.

-Ho fatto un sogno strano-

La ragazzina risalì lungo il letto andando a sedersi di fronte a lui.

-Uno dei tuoi sogni sul futuro?-

-Non credo, era un po' troppo assurdo per essere vero-

-Ma i tuoi sogni sono sempre assurdi, Will!-

Emily rideva, sinceramente divertita e William non poté fare altro che unirsi alla sua risata stringendole le mani tra le sue, che quella mattina erano incredibilmente fredde. D'un tratto lei inclinò la testa di lato tornando insolitamente seria e scrutandolo con quei suoi profondi occhi blu.

-Allora, cosa hai sognato questa volta?-

William rimase in silenzio per qualche istante, ricambiando il suo sguardo. Quando lo guardava in quel modo, con gli occhi sgranati e limpidi, sembrava solo una bambina in attesa di ascoltare la favola della buonanotte...ma in fondo lo era, no? Una bambina. E lui non era altro che un ragazzino che sognava troppo.

-Ero un vampiro cattivo che si innamorava della sua Cacciatrice e...-

Emily lo colpì sul petto imbronciata.

-Smettila di prenderti gioco di me! Non sono più una bambina! Se non vuoi raccontarmi il tuo sogno non importa, ma non devi inventarti delle storie strane come quando eravamo piccoli-

Lui la guardò sorpreso.

-Ma non me lo sto inventando...è la verità! Voglio dire...è il mio vero sogno...-

Emily sembrò sollevata nel sentire quelle parole.

-Bé allora questa volta è davvero solo un sogno e non c'è niente di cui preoccuparsi-

Ridendo si protese verso di lui arruffandogli i riccioli castani.

-Sei già un demone! Perché dovresti voler diventare un vampiro?-

Sotto lo sguardo attonito del fratello la ragazza si girò verso il comodino prendendo tra le mani un bicchiere in cui scintillava un liquido color rubino.

-E ora bevi la tua medicina-

William sentì l'odore acre e metallico del sangue invadergli le narici e allontanò il bicchiere con un gesto secco, facendolo cadere sul pavimento.

-Ah Will! Guarda cosa hai fatto! Edith si arrabbierà!-

La voce di Emily sembrava lontana anni luce. William rimase a guardare il liquido viscoso che si spargeva lentamente sul pavimento scuro e quando rialzò lo sguardo suo padre si ergeva minaccioso al centro della sala.

-Sei solo un piccolo demonio-

Vide l'uomo alzare il braccio sopra la testa e calarlo su di lui con violenza. Senza trovare il tempo o la forza per reagire si trovò bocconi sul pavimento. Mentre tentava di rialzarsi una mano leggera gli accarezzò la spalla e il ragazzo si voltò a guardare la sua governante china su di lui.

-Non ascoltarlo. Non devi avere paura di quello che sei. Non dimenticare che sei stato scelto per salvarci tutti-

-Perché devo essere così? Perché non posso essere come tutti gli altri?-

La donna accolse il suo corpo singhiozzante tra le braccia.

-Dov'è finito il mio cavaliere saggio e coraggioso?-

A quelle parole il ragazzo alzò il volto di scatto e si ritrovò in un vicolo buio. Di fronte a lui una donna dai lunghi capelli scuri lo guardava dolcemente.

-Potrei scegliere il cavaliere più coraggioso e saggio e perderlo con un bacio-

La vide avvicinarsi inesorabilmente, un passo dopo l'altro, e guardarlo con i suoi occhi ardenti e neri come carboni. Era perduto. Con uno sforzo sovraumano si voltò per fuggire, ma la strada era sbarrata dall'imponente sagoma di un uomo. Una creatura dagli occhi scuri come un abisso e dal sorriso dolce come il miele. Era vestito in modo strano. Una camicia bianca e sottile disegnava la sua muscolatura possente e le sue gambe erano fasciate da pantaloni di pelle nera. Doveva essere uno straniero.

William se ne sentì inspiegabilmente attratto e fece qualche passo verso di lui.

-Non puoi fuggire dal tuo destino. La tua strada è stata tracciata già da molto tempo. Ma se vuoi posso farti riposare per un po'-

L'uomo gli sorrideva enigmatico, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni. All'improvviso quella che gli era sembrata una via di fuga gli apparve come l'inizio di un labirinto senza uscita. William scosse il capo cercando di allontanarsi da quello sguardo penetrante che lo trapassava da parte a parte, ma quale direzione avrebbe dovuto prendere? Se la sua strada era già segnata, perché non riusciva a vederla? All'improvviso una luce balenò alle sue spalle e lui si voltò istintivamente in quella direzione. Il bagliore era così intenso che dovette chiudere gli occhi per un attimo. Quando li riaprì poté finalmente distinguere di fronte a sé la sagoma di un oggetto...un'arma affilata...una spada...nera e scarlatta. La sua spada. Sua e di nessun altro. Nata con lui e per lui. Lentamente si avvicinò all'arma, ma proprio quando stava per sfiorarla una voce richiamò la sua attenzione.

-Abbiamo davvero bisogno di armi per questo?-

William si voltò in quella direzione. Una donna dai lunghi capelli biondi e dalla pelle ambrata era distesa sul pavimento di pietra, splendida nella sua nudità. I suoi occhi verdi lo colpirono come lame sottili provocandogli uno strano languore.

-Spike svegliati!-

Spike si svegliò di soprassalto. Guardandosi intorno si sentì sollevato nel riconoscere la sua cripta. Tutto era esattamente come lo ricordava, eppure stranamente fuori posto. Qualcuno si muoveva nella zona sotterranea. Strano. Era sicuro di averla sigillata dopo il "deflagrante" ritorno di Capitan America. Un ritorno con i fuochi d'artificio, questo non lo si poteva negare. Si alzò sbuffando. Doveva essere qualche resto di quelle stupide uova. Ma questa volta Willy lo avrebbe sentito e di certo d'ora in poi ci avrebbe pensato due volte prima di accettare di nuovo un lavoro da lui. Stupido barista da quattro soldi. Se non fosse stato per lui Buffy non lo avrebbe mai lasciato. Spike si fermò un istante all'imboccatura della botola che portava nei sotterranei. Ma chi voleva prendere in giro? Buffy lo avrebbe lasciato comunque. La parola "fine" era già scritta sulla loro storia ancora prima che cominciasse. Per tutto il tempo lei non aveva aspettato altro che una scusa, una ragione qualunque che le desse la forza per respingerlo e ironia della sorte lui gliene aveva dato una ottima. Le aveva ricordato che era un demone senza scrupoli, una creatura senz'anima di cui non ci si poteva fidare. Ma la cosa più divertente era che se aveva accettato quello stupido lavoro era stato solo per lei. Conosceva Willy da abbastanza tempo per sapere che immischiarsi nei suoi affari "sicuri" non era mai una buona idea. Aveva respinto le sue offerte di collaborazione per anni. Aveva preferito rivolgersi ai suoi nemici naturali piuttosto che chiedere il suo aiuto. Ma quando aveva visto Buffy in quel fast-food aveva capito di non avere scelta. Quando aveva visto il suo volto scavato e pallido sotto le luci al neon del locale aveva realizzato di non avere più molto tempo. Quel posto l'avrebbe uccisa. Non nel senso letterale del termine, naturalmente. Ci voleva ben altro per eliminare Buffy Summers. Lui lo sapeva meglio di chiunque altro. Eppure in un certo senso la Buffy che conosceva e amava sarebbe morta. Si sarebbe spenta lentamente davanti ai suoi occhi, logorata da quella vita che non le apparteneva. All'inizio si sarebbe trattato di piccoli compromessi, qualche doppio turno in più, qualche ronda in meno. Giusto per comprare quel vestito nuovo a Dawn. O per pagare le rette della scuola. O le bollette della luce. Sarebbero stati piccoli passi. Come aspettare un altro anno prima di tornare all'università. O lasciare che qualcun altro si occupasse di controllare il proliferare di demoni e vampiri a Sunnydale. Perché ormai c'erano altre priorità e in fondo il suo destino poteva aspettare. E prima che se ne rendesse conto avrebbe dimenticato il proprio valore, avrebbe dimenticato se stessa. E a lei questo non doveva succedere. Non lo meritava. Doveva fermarla prima che si allontanasse troppo dalla sua strada, prima che raggiungesse il punto di non ritorno. Doveva salvarla. Per una volta doveva salvarla quando contava e non solo nei suoi sogni. E poco importava se per farlo avrebbe dovuto calpestare gli ultimi brandelli di dignità che gli erano rimasti, riducendosi a prendere ordini da creature che un tempo aveva comandato. Poco importava se per farlo avrebbe messo in pericolo se stesso. Perdere Buffy, di nuovo, lo avrebbe ucciso comunque.

I rumori sotto di lui lo riscossero dai pensieri che lo avevano imprigionato, aprì il lucchetto della botola e scese le scale in fretta.

Strano. Le cose erano esattamente come una volta. Tutto era perfettamente in ordine. Non ricordava di aver ripulito là sotto dopo l'esplosione e neanche di aver sostituito i mobili andati distrutti con altri esattamente identici.

Spostò lo sguardo verso il letto e fu allora che la vide. Gli dava le spalle e aveva il capo chino, sembrava intenta ad osservare qualcosa.

-Che diavolo fai qui? Credevo di averti detto di non scendere qua sotto senza di me-

Dawn rimase immobile e dopo qualche istante di indecisione Spike le si avvicinò cercando di capire cosa avesse attirato la sua attenzione al punto da spingerla ad ignorarlo.

-E' molto bella, vero?-

Spike assentì osservando la foto stretta tra le mani della ragazzina. Buffy sorrideva dalla cornice di legno, i capelli le ricadevano sulle spalle come cascate di luce e gli occhi brillavano di bagliori verdi e ambrati. Era di una bellezza sconvolgente.

-Le somigli-

-Ed è stato per questo vero?-

Spike scrutò il volto di Dawn in cerca di risposte, ma ora lei lo guardava con durezza.

-Nelle mie vene scorre il suo sangue. La mia anima è solo un frammento della sua. Per questo mi sei rimasto vicino. Per questo ti sei preso cura di me-

Dawn fece per andarsene, ma Spike la trattenne per un braccio, con decisione.

-Non è stato per questo. E lo sai-

La ragazza gli sorrise serenamente, come se non fosse accaduto nulla.

-Certo che no. E' stato per Emily-

Spike la guardò sparire in un lampo di luce.

-Quando pensi che tornerai, tesoro?-

Il vampiro si girò di scatto, solo per vedere Buffy nella cucina di casa Summers intenta a cucinare qualcosa.

Voleva rispondere, ma a che scopo? In fondo quello era solo un sogno. Doveva esserlo, perché la vera Buffy non lo avrebbe mai guardato in quel modo e di certo sarebbe morta piuttosto che chiamarlo "tesoro".

Colpita dal suo silenzio la ragazza si girò verso di lui. Tra le mani stringeva un coltello. Spike indietreggiò istintivamente, ma lei si limitò a stringere l'impugnatura dell'arma e affondare la lama affilata nella sua stessa gola. Il sangue uscì a fiotti dalla ferita, colandole lungo il collo e inzuppandole i vestiti.

-Bevi Spike. Lo sappiamo tutti e due che è il mio sangue che hai sempre voluto-

Spike scosse la testa disgustato, incapace di muoversi.

-No io...No!-

Willow serrò il braccio di Giles che si voltò a guardare il suo volto pallido e contratto.

-Lo stiamo uccidendo-

Spike si contorceva sul pavimento, di fronte a loro, tossendo sangue.

Giles strinse la mano della ragazza con forza.

-Il processo di risveglio è cominciato-

+ + +

Wesley rilesse per l'ennesima volta i dati che Fred aveva raccolto nel corso delle sue ricerche febbrili e non del tutto legali. Ma data l'entità dei risultati forse si poteva soprassedere sull'aspetto legale della questione.

-Secondo i dati del Consiglio William Appleton è nato nel 1831. Ora, tu affermi che Drusilla l'ha vampirizzato nel 1881, ma se questo fosse vero la creatura che conosciamo come Spike dovrebbe dimostrare un'età apparente di cinquant'anni. E' passato diverso tempo da quando l'ho visto l'ultima volta, ma mi sembra di ricordare che il suo aspetto non fosse, come dire, così maturo-

-Posso assicurarti per esperienza personale che le parole "Spike" e "maturo" sono assolutamente incompatibili-

Angel misurava a grandi passi la stanza.

-Ma non mi sembra questo il punto fondamentale, Wes. Le date potrebbero essere sbagliate...un errore di battitura magari...ma il resto...è assolutamente impossibile-

Wesley tornò a guardare lo schermo del computer.

-I dati del Consiglio sono sempre molto accurati. In realtà mi sembra improbabile che abbiano potuto commettere un errore così grossolano-

-Ti prego! William il sanguinario uno dei membri fondatori del nuovo Consiglio degli Osservatori? E' talmente assurdo che non fa neanche ridere!-

-Eppure questi rapporti parlano chiaro. Le sue missioni, i suoi contributi alla causa...sono tutti accuratamente registrati. E il suo anno di morte...-

-Corrisponde all'anno di vampirizzazione di Spike.. Lo so Wesley, li ho letti anch'io quegli stupidi rapporti!-

Angel cercava inutilmente di contenere la sua rabbia. Wesley non poteva capire. Non conosceva Spike. Non aveva vissuto al suo fianco per più di vent'anni. Non immaginava quanto disprezzasse il Consiglio e tutti i suoi membri. Come poteva averne fatto parte? Com'era possibile che lui non ne avesse mai saputo niente? Non riusciva a credere che Spike fosse riuscito a nascondergli un segreto di quell'entità. Non voleva neanche prendere in considerazione l'ipotesi di non averlo mai realmente conosciuto.

-Forse non hai mai conosciuto William Appleton-

Angel serrò i pugni con forza, sfuggendo allo sguardo dell'Osservatore.

-E' quello che comincio a pensare anch'io. Forse la persona che credevo di conoscere non è mai esistita-

Wesley scosse la testa.

-No! Intendo dire realmente. Forse Spike e William non sono la stessa persona! Forse il William Appleton di cui parlano gli schedari del Consiglio non è lo stesso William Appleton che è stato vampirizzato da Drusilla...forse sono due persone completamente diverse, senza nessun legame. Potrebbe essere un semplice caso di omonimia!-

Angel alzò di nuovo gli occhi scuri su di lui, colpito. Poteva essere...in fondo William era un nome piuttosto comune...forse stavano seguendo una pista del tutto sbagliata...

-Temo che le cose siano un po' più complicate di così-

Fred continuava ad armeggiare con la tastiera, senza staccare gli occhi dallo schermo del computer.

-Cosa vuoi dire?-

-Ecco...ho incrociato i dati contenuti nei documenti del Consiglio con quelli disponibili negli archivi anagrafici di Londra. C'è un solo William Appleton nato nel 1831 a Londra. Forse le madri inglesi si erano stufate del nome William...comunque facendo una ricerca sul cognome Appleton ho scoperto che si tratta del nome di una casata nobiliare. A quanto pare gli Appleton erano una famiglia piuttosto conosciuta e stimata-

Angel lanciò uno sguardo poco convinto alla ragazza.

-Veramente quando l'ho conosciuto William era un semplice borghese e non mi sembrava che l'alta società londinese lo tenesse in gran conto-

-Questo perché tu hai conosciuto il William Appleton nato nel 1852, non quello nato nel 1831-

-Ma certo, questo spiega tutto...-

Wesley si era avvicinato a Fred, come colpito da un'improvvisa rivelazione. Angel guardò entrambi con disappunto.

-Potrei essere illuminato anch'io?-

Fred gli fece cenno di avvicinarsi.

-Vedi? Non si tratta di un caso di omonimia, ma semplicemente di un padre e di un figlio con lo stesso nome. William Appleton, nato nel 1831, coniugato con Emma Kensington nel 1850, padre di William ed Emily Appleton, nati rispettivamente nel 1852 e nel 1859-

-All'epoca chiamare il primogenito con il nome del padre era un'abitudine piuttosto comune-

Wesley annuì soddisfatto, ma Angel non sembrava altrettanto placato.

-Il figlio di un Osservatore...è impossibile...l'avrei saputo se fosse stato in qualche modo legato al Consiglio...l'ho seguito per settimane prima di farlo avvicinare da Drusilla e non ho mai incontrato suo padre...e tanto meno un Osservatore!-

-Questo perché William Appleton senior ha abbandonato la famiglia intorno al 1862-

Fred continuava ad aprire e chiudere documenti seguendo un percorso vertiginoso e apparentemente casuale.

-Dopo la sua fuga la casata degli Appleton è caduta in disgrazia, la tenuta di famiglia è stata venduta e tutte le ricchezze e il prestigio sono andati perduti. Probabilmente la moglie si è trasferita con i figli da qualche parente o magari in un appartamento in città. In ogni caso William Appleton junior si è iscritto a Oxford nel 1871 e si è laureato in legge cinque anni dopo. Secondo i registri della facoltà ha insegnato per alcuni anni all'interno del Campus e in seguito ha iniziato a collaborare con uno studio di avvocati...-

Wesley guardava la ragazza con evidente ammirazione.

-Sorprendente-

Fred assentì distrattamente.

-Già, sembra incredibile che una persona così sia potuta diventare un assassino senza scrupoli-

-No, intendevo dire che è sorprendente quello che sei riuscita a scoprire in così poco tempo...-

Fred arrossì leggermente. Non era mai stata brava ad accettare i complimenti.

-Bè...non è stato poi così difficile...basta sapere dove cercare...e poi il fatto che William appartenesse a una famiglia conosciuta ha facilitato molto le cose...-

-Questo non cambia il fatto che il tuo aiuto è stato fondamentale-

Fred intrecciò le mani nervosamente, ma quando guardò negli occhi limpidi di Wesley la sua incertezza sembrò svanire di colpo.

-Perché suo padre se ne è andato?-

Wesley e Fred si voltarono di scatto verso Angel, improvvisamente consci della sua presenza nella stanza. La ragazza tornò a lavorare sul computer.

-Questo punto non è molto chiaro. L'unica cosa che ho trovato è il rapporto di un medico del posto che ha preso in cura William subito dopo la partenza del padre. Si tratta di una lettera per la verità, probabilmente indirizzata a un altro dottore, una richiesta di consulto. Dov'è finita...ah eccola qui..."Il paziente non presenta difficoltà motorie e l'ematoma appare completamente riassorbito. Vi confermo quindi che il trauma cranico non ha avuto conseguenze fisiche evidenti. Persiste però la forma di amnesia che avevo riscontrato al momento del risveglio dallo stato comatoso. In assenza di altre cause evidenti ritengo si tratti senz'altro di una conseguenza del trauma psicologico subito dal bambino e sottopongo pertanto il caso alla Vostra attenzione. Ho allegato le mie osservazioni sul decorso del paziente e i riferimenti medici del caso. In attesa di un Vostra risposta..." eccetera. La risposta deve essere andata persa o forse il medico non l'ha archiviata tra i suoi documenti...-

Angel rimase in silenzio e Wesley osservò per qualche istante il suo volto contratto.

-Non ci sono prove che sia stato suo padre...potrebbe semplicemente essere caduto o aver avuto un incidente...i bambini si fanno male continuamente...-

-Già. Continuamente. Mio padre lo ripeteva a chiunque gli chiedesse perché io e Katy fossimo coperti di cicatrici-

Fred sentì le dita contrarsi attorno al mouse. Cercò gli occhi di Wesley che ricambiò il suo sguardo con apprensione prima di tornare a rivolgere la sua attenzione al vampiro.

-Angel...-

-Wesley, tu hai ancora i codici di accesso al sistema del Consiglio-

L'Osservatore annuì incerto, del resto quella di Angel era stata un'affermazione più che una richiesta.

-Controlla su cosa stanno lavorando gli Osservatori al momento. Quali libri stanno leggendo, quali ricerche stanno facendo e come si stanno muovendo. Fred...-

La ragazza rivolse il suo sguardo trepidante sul vampiro, in attesa.

-Scopri tutto quello che puoi sul padre di Spike. Cosa ha fatto dopo aver lasciato la famiglia, come è stato reclutato dal Consiglio, quali direttive ha fatto passare e poi incrocia i dati con quelli di Wes. Ho come l'impressione che otterremo dei risultati interessanti-

Angel si infilò la giacca e si diresse verso la porta di ingresso. Wesley fece qualche passo verso di lui.

-E tu dove vai?-

Il vampiro si bloccò un attimo prima di aprire la porta.

-A trovare una vecchia amica-

+ + +

Spike urlò di dolore. Un urlo basso e disperato come quello di un animale torturato.

-Cosa diavolo state facendo!-

Bethany scese le scale di corsa raggiungendolo sul pavimento. Strinse a sé il corpo scosso dalle convulsioni cercando di placarlo, ma lui si ribellò a quel contatto, come se ne fosse rimasto scottato.

-Cosa gli avete fatto?-

Gli occhi della ragazza scintillarono di rabbia.

-Avevate detto che eravate qui per salvarlo da se stesso. Avevate detto che volevate solo discutere con lui del suo futuro! E io vi ho fatto entrare...vi ho creduto!-

Giles non si scompose e la sua voce risuonò calma e misurata.

-Abbiamo solo dato inizio al processo di risveglio. Cosa che tu eri stata incaricata di fare mesi fa. Avevamo già discusso della questione, se ben ricordi. Nel caso i metodi naturali non avessero dato i risultati sperati eravamo d'accordo di intervenire con mezzi più diretti-

-Eravamo d'accordo di aiutarlo, non di ucciderlo!-

Giles si tolse gli occhiali passandosi una mano sulla fronte.

-Ti assicuro che ci vuole molto più di questo per ucciderlo. Ha sopportato torture ben peggiori e per motivi molto meno importanti. E poi se non è in grado di sopportare la mutazione che lui stesso ha scelto, come pensi che possa affrontare le prove che lo attendono?-

Bethany si alzò in piedi allora, guardando l'Osservatore con odio.

-E qual'è la conclusione di questo discorso? Se non supera la prova significa che non era degno di esistere? Come potete rimanere a guardarlo soffrire così? Voi lo conoscevate...eravate amici!-

Giles rise sinceramente divertito.

-Amici? Non è esattamente la parola che avrei usato per definire la nostra relazione-

Bethany scosse il capo disgustata.

-E pensare che non si stancava mai di parlarmi di voi. Di dirmi quanto eravate forti e giusti. "I buoni". Così vi chiamava. Non posso credere che si sia sbagliato fino a questo punto-

Willow serrò i pugni mordendosi il labbro inferiore, ma Bethany non colse il suo gesto, troppo intenta a fissare gli occhi grigi dell'Osservatore.

-C'era una storia che gli piaceva ricordare più spesso delle altre. In questa storia avevate perso tutti la memoria e per la prima volta lo avevate accettato tra voi, per la prima volta vi eravate comportati come se lui fosse parte del vostro gruppo...come se valesse qualcosa. E il momento più bello della storia era stato quando uno di voi lo aveva abbracciato e lo aveva chiamato figliolo. Perché in quell'istante, nella frazione di secondo che era durato quell'abbraccio, si era illuso che al mondo esistesse qualcuno che lo avrebbe amato sempre e comunque...qualunque cosa avesse fatto. Naturalmente si trattava solo di una stupida storia, una favola durata lo spazio di un giorno, ma lui non riusciva a dimenticarla. Quella giornata lo tormentava più di qualunque altra avesse mai vissuto-

Giles distolse lo sguardo dagli occhi brucianti della ragazza.

-Si è trattato solo di un illusione...quello che credevamo di essere...quei legami...non erano reali-

-Ma i sentimenti dietro quei legami lo erano. O forse vuole negare anche questo? Sarebbe più facile, vero? E quanto sarebbe più facile se questa creatura così complicata cedesse e lasciasse il posto a qualcuno che potete plasmare a vostro piacimento? Quanto sarebbe più facile per voi se questa notte, su questo pavimento, semplicemente, lui morisse?-

Senza aggiungere altro Bethany si avvicinò di nuovo a Spike e raccolse il suo corpo tremante tra le braccia.

-Bé io non rimarrò a guardare. Vado a riprenderlo-

Poi si voltò verso la strega dai capelli rossi.

-Fammi entrare-

La voce di Willow risuonò forte e decisa nel momentaneo silenzio che si era creato.

-No-

Bethany la guardò con rabbia e stava per replicare, ma la strega la precedette.

-Vado io-

Giles si voltò di scatto verso di lei come se quelle poche parole lo avessero ferito a morte.

-Non pensarci neanche! E' troppo pericoloso. Non abbiamo idea della natura e dell'entità della battaglia che si sta consumando nel suo corpo. Potresti rimanere intrappolata nei suoi incubi o peggio-

Ma Willow stava già camminando verso Spike.

-L'ho già fatto una volta, con Buffy. Posso farlo di nuovo-

Con delicatezza scostò Bethany e sfiorò la fronte di Spike che sembrò provare un istantaneo sollievo. Poi si inginocchiò al suo fianco e chiuse gli occhi.

Lo spazio intorno a lei era avvolto da una nebbia densa e scura. Cercò con lo sguardo un qualunque punto di riferimento, inutilmente.

-Ti sei persa?-

Willow si voltò di scatto. Da principio non vide nulla, poi una sagoma prese forma di fronte a lei, mentre la nebbia si diradava. Un bambino. Come l'ultima volta. E naturalmente non un bambino qualunque. Le fu sufficiente osservare quegli enormi occhi azzurri per capire chi aveva davanti.

-Spike?-

Inaspettatamente il bambino scosse la testa.

-William?-

Un nuovo segno di diniego. Willow aggrottò la fronte perplessa. Se non si trattava di Spike...chi diavolo era quel bambino?

-Juhdiel!-

Il bambino si voltò verso la voce che aveva rotto il silenzio.

-Devo andare-

-Aspetta! Sai dove posso trovare Spike?-

-E' un tuo amico?-

Il bambino la guardava con un sorriso aperto e sincero e Willow non poté fare a meno di sorridere a sua volta prima di rispondergli.

-Sì. Un mio amico. Credo si sia perso e vorrei aiutarlo a ritrovare la strada di casa. Puoi aiutarmi?-

Il bambino sembrò riflettere qualche istante sulla questione.

-Deve essere la nebbia. Anch'io mi sono perso per un po', ma adesso torno a casa-

Willow assentì distrattamente, quel bambino non le era di alcun aiuto.

-Sono contenta per te-

-Juhdiel!!-

La voce si era fatta più insistente. E più vicina. Era senza dubbio la voce di una donna.

-E' Edith. Devo andare. Mi cerca da tanto...-

Il bambino si voltò di nuovo verso di lei.

-Tu le somigli un po'...Mi piaci-

Willow si sentì presa in contropiede. Con un ultimo sorriso il bambino la salutò e sparì nella nebbia. La ragazza scosse la testa perplessa. La mente di Spike era molto più complicata di quella di Buffy. Non sarebbe stato semplice come sperava. Con un sospiro cominciò a camminare nella nebbia.

-Juhdiel, finalmente!-

Di nuovo quella voce. Forse per Spike si era trattato di una voce importante. Forse quella voce le stava ripetendo un messaggio che lei non riusciva a comprendere. Willow cercò di individuare il punto da cui quel suono traeva origine. Inutile. La nebbia era troppo fitta.

-Ciao Edith-

Era di nuovo il bambino. Sembravano molto vicini. Perché diavolo non riusciva a vederli?

-Non sentivi che ti chiamavo?-

-Mi ero perso, credo-

Willow avanzò di qualche passo seguendo le due voci che si intrecciavano intorno a lei.

-Adesso è meglio tornare indietro. Si è già fatto tardi-

-Ma non trovo più la mia spada! Deve essere qui da qualche parte. Non posso tornare a casa senza di lei!-

Ora sembrava che le due creature si stessero spostando. Willow cercò disperatamente di capire dove si stessero dirigendo.

-Riesci a ricordare dove l'hai vista l'ultima volta?-

Ci fu un lungo silenzio e Willow pensò per un attimo di averli persi. Poi il bambino parlò di nuovo, con tono incerto.

-L'ultima volta che l'ho vista stava litigando con te-

-Litigando? La spada stava litigando con me?-

Il bambino rise.

-Non la spada, naturalmente, Emily!-

-Perché mi parli di Emily adesso?-

Ci fu un altro silenzio, più lungo del primo.

-Non so. Stavo cercando di ricordare dove avevo lasciato la spada e mi è venuta in mente lei...vuol dire che l'ho lasciata a lei? Perché non riesco a ricordare?-

Il tono del bambino era denso di frustrazione, doveva essere sull'orlo delle lacrime. La voce della donna, invece, risuonò calma e sicura.

-Fino a che ti ostinerai a guardare solo con gli occhi non riuscirai mai a trovarla. E' soltanto con il cuore che si riesce a vedere chiaramente. Quello a cui veramente teniamo è spesso invisibile ai nostri occhi, ricordatelo-

Le voci si erano fatte più forti e Willow cominciò a correre nella loro direzione. E finalmente li vide. Si tenevano per mano e camminavano lentamente. Il bambino alzò lo sguardo azzurro sul volto della donna dai lunghi capelli rossi. Era vero, pensò Willow, quella creatura le somigliava in maniera impressionante.

-Possiamo tornare a casa adesso? Possiamo?-

Edith sorrise al bambino prima di voltarsi verso Willow.

-Sì, Juhdiel. Puoi tornare a casa ora. Vedi? Sono venuti a prenderti-

Il bambino seguì lo sguardo della donna fino a che i suoi occhi non si posarono su Willow.

-Hai trovato il tuo amico?-

Willow non rispose, ma fissò i suoi occhi chiari in quelli altrettanto limpidi della donna che si ergeva di fronte a lei.

-Sì, lo ha trovato. Anche se non lo ha ancora riconosciuto-

Le parole della donna rotolarono più volte nella mente di Willow prima di prendere una forma coerente. Avrebbe dovuto ricordarlo. La prima impressione è quella che conta. Posò di nuovo lo sguardo sul bambino che le sorrideva fiducioso, gli occhi di un azzurro impossibile. Con un gesto lento gli porse la mano perché la prendesse.

-Torniamo a casa Spike-

Il bambino sorrise e strinse la sua mano. E poi il buio e la nebbia sparirono di colpo.

Willow riaprì gli occhi. Era di nuovo nella cantina e Giles la osservava preoccupato. Si sforzò di sorridergli, ma sentiva che il proprio corpo era allo stremo delle forze. Vide Bethany precipitarsi verso di lei. No. Non verso di lei. Con fatica girò il capo verso Spike che ora giaceva riverso, gli occhi spalancati e puntati al soffitto. Per un attimo ebbe il timore che non fosse riuscito a seguirla, che fosse rimasto intrappolato in quell'universo freddo e nebuloso. Poi vide una lacrima scintillare nei suoi occhi azzurri e notò con sollievo il gesto istintivo della sua mano che si copriva il volto per nasconderla. Almeno era di nuovo tra loro. Era una cosa positiva, no? Di certo quella cantina, benché umida, era meglio di quella nebbia grigia e impenetrabile. Poi Spike parlò e Willow non si sentì più così sicura delle sue convinzioni.

-Cosa significa tutto questo?-

La voce del demone era così bassa da risultare quasi impercettibile, ma Willow riuscì a sentire con perfetta chiarezza la disperazione che la faceva vibrare. Lo aveva fatto di nuovo. Aveva riportato in vita qualcuno che non lo aveva chiesto. Qualcuno che con ogni probabilità riposava in pace. Ma non lo aveva voluto solo lei. Non era stata una sua idea questa volta...eppure avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto opporsi...avrebbe dovuto ricordare. "La magia ha sempre conseguenze. Sempre". Non era stato proprio lui a dirglielo? Ma lei non lo aveva voluto ascoltare. Non aveva voluto imparare. Sentì il cuore stretto in una morsa e si portò istintivamente una mano al petto. Cercò il volto di Giles, cercò freneticamente quegli occhi grigi che riusicvano a placarla ogni volta che rischiava di perdere il controllo. Ma l'Osservatore era già al fianco del demone e gli parlava di leggende antiche come il mondo, di demoni e dei e di un bambino che portava il nome di un angelo, un demone dal cuore umano venuto al mondo solo per salvarlo e della sua spada assetata di sangue. E portò testimonianze, mostrò diari dai fogli polverosi e libri dai caratteri antichi, ben sapendo che la verità non aveva bisogno di certe inezie, perfettamente consapevole che tutta la storia, e forse molto di più, era già nella mente e nel cuore della creatura che rimaneva immobile ad ascoltarlo, come se dalle sue parole dipendesse la sua intera esistenza. Quando l'Osservatore smise di parlare, il vuoto lasciato dalle sue parole fu riempito da un silenzio teso e profondo, un silenzio che sembrava non dover finire mai. E poi, inaspettata come un fulmine a ciel sereno, una risata lo infranse. Ed era una risata forte e spensierata, la risata di un ragazzo a cui avessero appena raccontato la storia più divertente del mondo. Giles si accigliò.

-Sei certo di aver compreso appieno quanto ti ho appena detto? Se c'è qualcosa che non ti è chiaro...o se hai delle domande...-

Spike cercò di frenare la risata che gli scuoteva il petto, con scarso successo. Si liberò dell'abbraccio di Bethany che non si era staccata da lui un solo istante da quando si era risvegliato e cercò di rimettersi in piedi.

-William! Non è il momento di scherzare! Si tratta di una faccenda della massima importanza-

Giles per primo si stupì della sfumatura che aveva assunto il suo tono. La sua era la voce di un padre che redarguiva il figlio. Prima che potesse riflettere sulle implicazioni di quella reazione inaspettata, la voce di Spike risuonò forte e chiara nella stanza.

-Ti prego Rupert, non dirmi che non riesci a cogliere la superba ironia di tutta la situazione. Proprio io che ho subito per anni l'ira di Angelus e Darla perché mi ritenevano troppo umano per far parte del loro clan...io che sono stato accusato dal Giudice di puzzare troppo di umanità...io che mi sono sempre aggrappato a vizi e abitudini tipicamente umani...io che mi sono sempre innamorato come uno stupido adolesciente...in realtà sono sempre stato un demone, anche quando credevo di essere un uomo!-

Spike si coprì il volto con una mano e Giles non avrebbe saputo dire se quel gesto servisse a nascondere le sue risate o le sue lacrime. L'osservatore strinse le labbra prima di riportare l'attenzione sul libro che stringeva tra le mani.

-Secondo le scritture...ecco...-

Sfogliò le pagine in fretta, fino a trovare il punto che cercava.

-"In un tempo in cui il conflitto tra demoni e uomini rischiava di distruggere entrambe le civiltà, dalle ceneri delle due razze nacque un piccolo demone con le sembianze di un bambino umano. Al tempo stesso umano e non umano, era destinato a diventare il supremo cacciatore dei suoi consaguinei. Il Cacciatore ha una spada sacra forgiata nel sangue e capace di avvertire la presenza dei suoi nemici e distruggerli. Solo quando li avrà sterminati tutti il suo compito sarà finito e lui sarà libero dal suo destino"...come vedi dunque non sei un demone...del resto non si può neppure dire che tu sia un essere umano...a essere precisi rappresenti un caso più unico che raro, una perfetta ibridazione tra le due specie...un punto di equilibrio tra due razze che sono sempre state considerate incompatibili. Non completamente umano, ma neppure completamente demoniaco....ecco si potrebbe dire che...è come se...-

Giles esitò, cercando di arrivare alla giusta definizione della situazione, ma Spike lo precedette.

-Come se qualcuno avesse voluto incrociare un elefante e una farfalla-

Giles aggrottò la fronte e si sfilò gli occhiali iniziando a pulirli per la ventesima volta negli ultimi dieci minuti.

-Non è esattamente la similitudine che avevo in mente...-

-Ma rende l'idea, vero? Perché in fondo è questo che sono. Uno scherzo della natura-

-William, ti prego di non rendere le cose più difficili di quanto già non siano...-

-Più difficili? Più *difficili* dici? Dio, a volte mi chiedo se la tua sia una parte ben recitata o se tu sia solo incredibilmente stupido!-

Giles fece per replicare ma Spike non gliene lasciò il tempo.

-Difficili. Credi sia stato facile rinnegare la mia famiglia e la mia natura per allearmi con degli idioti che neanche mi consideravano degno di respirare la loro stessa aria? Credi che sia stato facile sopportare in silenzio i vostri sospetti, le vostre continue accuse, le vostre occhiate di disprezzo, ogni* singolo* giorno? Credi che sia stato facile amare Buffy nell'ombra, accettando tutto da lei senza mai chiedere niente in cambio? Salvarla da se stessa, lasciando che distruggesse me in cambio, solo per vederla andare via lasciandomi indietro, come una *cosa* che non serve più? E quanto è stato facile secondo te decidere di arrivare fino a questo punto per riavere quello a cui avevo volontariamente rinunciato, solo per lei, perché potesse avere quello che meritava, per diventare il tipo di persona che non avrebbe mai...-

Lo sguardo azzurro di Spike si oscurò allora. Le ultime parole, quelle che non era riuscito a pronunciare, gli bruciavano sulle labbra. Sentì il desiderio viscerale di colpire qualcosa...o qualcuno. Colpirlo fino a non sentire nient'altro che il dolore delle proprie ossa ridotte in frantumi dall'impatto. Ma aveva vomitato tutte quelle parole con una tale violenza che ora si ritrovava spossato. Socchiuse gli occhi allora, e quando parlò di nuovo non c'era forza o intensità nella sua voce. Solo un dolore sordo e rassegnato.

-Tutta questa strada solo per scoprire che non sarò mai il tipo di persona che volevo diventare...Dio, non sarò mai neanche una persona...solo questo immondo miscuglio ...questa...*cosa* senza significato e senza scopo-

Sentiva i loro sguardi su di sé. Sentiva gli occhi di Bethany bruciarlo con le loro lacrime trattenute e sentiva la disperazione di Willow e lo smarrimento, il senso di impotenza che si mescolavano con quelli che provava lui stesso in quel momento. E sentiva lo sguardo indagatore degli Osservatori, dietro di lui.

Giles si avvicinò di qualche passo. Sapeva che Spike stava aspettando una sua reazione. Sapeva che tutti in quella stanza si aspettavano che risolvesse quella situazione di stallo. Perché lui era sempre stato quello che riportava le cose sui sicuri binari della razionalità. Lui era quello che aveva sempre trovato le parole, anche quando sembrava che non ci fosse più niente da dire. Ma quali parole avrebbero mai potuto colmare la voragine che si era aperta tra di loro? Quali gesti avrebbero mai potuto ristabilire un contatto che forse non era mai neanche esistito, se non nei loro sogni più folli? Fece per posargli una mano sulla spalla, ma sentì il corpo del demone irrigidirsi e il suo braccio si bloccò a mezz'aria, incerto.

-La tua esistenza non è affatto priva di significato e di certo non è priva di scopo. E se tu smettessi di commiserarti per qualche minuto forse...-

-Vattene-

La voce di Spike risuonò così satura di rabbia e odio che Giles non poté fare a meno di indietreggiare.

-Non sono quello che credi. Non sono quello che dici. Sono solo un rifiuto qualsiasi. Perciò vattene e lasciami in pace-

-William, cerca di ragionare...-

-Non sono William!-

Con un urlo selvaggio Spike colpì la parete con i pugni chiusi. La pietra si sgretolò sotto i suoi colpi furiosi, mentre il suo sangue si mescolava alla polvere grigia.

-William...Spike...tutta la mia vita, anche dopo la mia morte...è stata solo una bugia...una gigantesca, assurda bugia! La verità è che non sono...nessuno. Solo un morto che cammina!-

Giles lo afferrò per le spalle cercando di placarlo, ma Spike si liberò della sua stretta ruggendo un insulto dopo l'altro.

-Rupert, Ti prego! Non assillare il ragazzo!-

Spike rialzò la testa allora, appena in tempo per vedere la figura di un uomo dall'aria distinta scendere lentamente i gradini di pietra della cantina. Gli occhi freddi come il ghiaccio da cui avevano tratto il colore lo osservavano con condiscendenza.

-Comprendo perfettamente il tuo stato d'animo e credimi, sono profondamente rammaricato che siamo dovuti arrivare fino a questo punto. E' naturale che tu sia...come dire...alterato in questo momento, ma...-

-Alterato?-

Spike scoppiò in una risata grottesca, rovesciando il capo all'indietro. Quando tornò a guardare l'uomo, però, il suo sguardo non mostrava alcun segno di divertimento.

-Credimi, Quentin. Non mi hai mai visto alterato-

Quentin Travers abbandonò all'istante il sorriso convenzionale che aveva ammorbidito i tratti del suo volto fino a quel momento e ricambiò lo sguardo del demone con altrettanta ferocia.

-Inutile dire quanto sia lusingato dal fatto che tu abbia conservato nella memoria i dettagli del nostro breve eppure così proficuo incontro-

Spike sorrise con freddezza.

-Sai com'è, non capita tutti i giorni di vedere il capo del Consiglio degli Osservatori umiliato da una sua Cacciatrice-

Travers serrò le labbra con astio, ma Spike continuò imperterrito.

-Anzi ora che ci penso credo anche di averti sentito implorare in quell'occasione. Certo il Consiglio non è più quello di una volta...forse sarebbe ora di chiudere i battenti-

L'uomo sorrise allora, gli occhi chiari illuminati da un lampo freddo.

-Non credo che tuo padre sarebbe felice di sentirti parlare in questo modo-

Spike non mostrò alcuna reazione evidente, ma quando parlò di nuovo il suo tono di voce risuonò fin troppo distaccato.

-Non so di cosa tu stia parlando-

-Oh andiamo, non fare il modesto. Il contributo di tuo padre allo sviluppo del Consiglio degli Osservatori è unanimemente riconosciuto. Quell'uomo è stato un esempio luminoso per tutti noi. Sfortunatamente è morto nell'esercizio delle sue funzioni, ma questo immagino tu lo sapessi già-

-Sir William Appleton-

La voce di Giles risuonò incerta e attonita nel silenzio teso lasciato dalle ultime parole di Travers.

-Tu sei il figlio di Sir William Appleton-

Gli occhi dell'Osservatore erano ora puntati sul demone che ricambiò il suo sguardo con sufficienza.

-Nessuno è perfetto-

Giles scosse la testa turbato.

-Come è potuto succedere...-

-Vuoi dire come *io* sono potuto succedere-

Gli occhi di Spike si ridussero a fessure sottili, ma le sue labbra sorridevano beffarde.

-Un altro novellino cresciuto nel mito di Sir William Appleton. Mi fate pena-

-Lui era un precursore...la struttura stessa del Consiglio è ispirata alle sue idee...io ho studiato sui suoi manuali prima che venissero distrutti-

Spike si lasciò andare a una risata grottesca.

-Ah già, l'incendio. Cosa vuoi che ti dica, mi ero stancato di uccidere Osservatori che citavano mio padre a memoria-

-Io non capisco...-

-Ma certo che no. Nessuno ha mai capito. Neanche io, fino a che non è stato troppo tardi-

Quentin Travers si frappose tra i due uomini con malcelata impazienza.

-Credetemi, potrei stare ore a sentir parlare del nostro illustre padre fondatore, ma temo che il tempo stringa, perciò, Rupert, sono costretto a chiederti di lasciarmi solo con William. Dobbiamo discutere di alcune questioni che non possono più essere trascurate-

Giles tentò debolmente di protestare.

-Io non credo che...-

-Oh andiamo Rupert, sono sicuro che io e il ragazzo ce la caveremo benissimo-

Spike non si mosse, ma lo sguardo di Quentin Travers non ammetteva repliche. Lentamente la stanza si svuotò lasciando i due uomini uno di fronte all'altro. Il Capo degli Osservatori tentò di parlare, ma Spike lo fermò con un gesto della mano.

-Mettiamo subito in chiaro le cose, Quentin. Punto primo, se mi chiami un'altra volta "ragazzo" non vivrai abbastanza per pentirtene. Punto secondo, se nomini ancora mio padre puoi anche scordarti di scendere a patti con me...-

-Cosa ti fa pensare che voglia fare un accordo con te, William?-

Spike cominciò a passeggiare con ostentata noncuranza per la stanza, il capo rivolto verso l'alto, le mani intrecciate dietro la schiena. Sulle sue labbra un leggero sorriso si allargava lentamente.

-Bé vedi, so per esperienza che il Capo del Consiglio degli Osservatori non si muove dalla sede di Londra, se non per cause di forza maggiore. La situazione deve essere discretamente fuori controllo se sei arrivato fino a quest'angolo di mondo. Per come la vedo io la tua carriera è appesa a un filo e io sono il tuo biglietto vincente per la lotteria. Ma naturalmente puoi correggermi se sbaglio-

Quentin Travers si limitò a sorridere in tralice, lasciando che Spike proseguisse.

-Un idealista come Rupert potrà anche credere alla storia del Prescelto destinato a salvare il mondo, ma io no. Perciò, Quentin, perché non mi dici cosa vuoi da me? E questa volta, fai in modo che sia la verità-

L'uomo guardò il demone dritto negli occhi prima di replicare.

-Vedi William, gli uomini hanno bisogno di credere in qualcosa di superiore, una forza metafisica che dia un senso alle loro azioni. De profundis clamo ad te Domine. Questa invocazione mi ha sempre affascinato, la trovo particolarmente esplicativa. E' nel momento in cui brancola nel buio più profondo che l'uomo anela alla luce. Ed è nel momento della disperazione e del dolore che il bisogno di credere in qualcosa, qualunque cosa, si fa più insistente-

Spike si lasciò cadere sul divano, ostentando un'espressione annoiata.

-Grazie per la lezione di filosofia, ma ancora non vedo...-

-Già è evidente. Ancora non vedi. Ecco perché sono qui William. Per aprirti gli occhi. Il mondo come noi lo conosciamo ha i giorni contati. La razza umana è stata contaminata e si sta lentamente consumando. Sarà un processo lento, naturalmente, ma inarrestabile e quando sarà compiuto non rimarrà neanche il ricordo di quella che una volta è stata la civiltà che ha dominato la terra. I demoni perderanno la loro principale fonte di nutrimento e presto o tardi scompariranno a loro volta. La terra tornerà a essere un ammasso di sabbia sterile. Il cerchio sta iniziando a chiudersi, si torna al principio. Il vero principio. Cosa accadrà dopo non importa, noi saremo tornati ad essere polvere. Non c'è modo di fermare quello che è cominciato, è inutile farsi illusioni-

Spike si accese una sigaretta prima di replicare.

-Vediamo se ho capito bene. L'umanità si estingue, i demoni pure, il mondo torna a essere una palla di sabbia. Nessuno può impedirlo. Continuo a non capire perché la cosa dovrebbe interessarmi-

Quentin Travers sorrise compiaciuto.

-La verità si sta facendo strada, William, e quando si rivelerà in tutta la sua potente freddezza, gli abitanti della terra la rifiuteranno, saranno disposti a credere in qualunque cosa pur di allontanare da sé la consapevolezza che la loro vita sta per finire. La verità nuda e cruda è spesso troppo difficile da digerire. Per questo nascono le leggende. Ed è qui che entri in gioco tu-

Spike non si scompose, ma era evidente che Quentin Travers si era guadagnato la sua attenzione.

-Forse tu non sei esattamente un angelo mandato sulla terra a salvare la razza umana dalla perdizione, e tuo padre non era un uomo integerrimo come tutti credevano, ma alla fine ciò che conta non quello che si è, ma quello che gli altri credono che siamo. Se riusciremo a convincere il Consiglio e la comunità demoniaca che tu sei il salvatore che tutti aspettano con trepidazione, nessuno potrà opporsi alla nostra volontà. Più le cose peggioreranno, e credimi William quando ti dico che peggioreranno, più la gente si stringerà attorno a noi e si affidirà alle nostre cure, ma quello che più conta è che sarà entusiasta di conferirci sempre più potere. Non ci sono limiti a quello che potremo ottenere una volta che il potere sarà nelle nostre mani-

Spike continuò a fumare con indolenza, lasciando che le parole di Travers aleggiassero nell'aria.

-"Meglio un giorno da leone che cento da pecora". Era uno dei motti preferiti di mio padre. Mentre il mondo andrà in rovina noi ci godremo i nostri giorni di gloria-

Travers assentì compito.

-Tuo padre era un uomo saggio-

Spike sorrise gettando il mozzicone di sigaretta a terra e schiacciandolo sotto i piedi.

-Sai invece qual'è il mio motto?-

Con uno scatto felino Spike si alzò dal divano, afferrò l'Osservatore e lo proiettò contro la parete opposta e prima che l'uomo potesse riprendersi fu su di lui, le mani strette attorno al suo collo.

-"Meglio soli che male accompagnati"-

+ + +

Angel scese gli scalini di pietra, lentamente. I suoi occhi si abituarono presto all'oscurità della cantina e misero a fuoco una sagoma raggomitolata nell'angolo più lontano della stanza. La creatura era coperta di stracci e tremava. Se di freddo o di paura non avrebbe saputo dirlo. Si avvicinò cautamente aggirando i mobili rovesciati e le schegge di vetro sparse sul pavimento in mezzo alla polvere e al sangue rappreso. Doveva aver lottato. Del resto era il minimo che ci si potesse aspettare. Quando fu abbastanza vicino si fermò di nuovo lasciando che i suoi occhi vagassero su quel corpo sottile, quasi diafano. Si chiese quando avesse consumato l'ultimo pasto. Dovevano essere passate settimane, forse addirittura mesi. Una rabbia sorda lo invase nel vedere quella che era stata una potente creatura della notte ridotta a un cumulo di ossa. Quegli idioti non erano neanche stati in grado di occuparsi del suo nutrimento. Probabilmente si erano chiusi la porta della cantina alle spalle e avevano semplicemente aspettato. Si inginocchiò di fronte alla creatura rattrappita cercando di scrutarne il volto e la vide alzare gli occhi di fuoco su di lui. Le sorrise allora, cercando di nascondere la rabbia e la frustrazione.

-Sono venuto a prenderti, Dru-

Lei lo guardò e i suoi occhi apparvero ancora più grandi e oscuri sul volto scavato. Tentò un debole sorriso prima di lasciarsi andare contro il petto del suo Sire, finalmente libera di riposare.

+ + +

Quentin si contorse sotto la stretta del demone. Il suo respiro si stava facendo faticoso e in pochi secondi si ridusse a un rantolo. Nonostante tutto l'uomo riuscì a replicare. Petulante.

-Buffy...-

Spike lasciò la presa all'istante. Quentin Travers tossì, massaggiandosi il collo su cui si facevano sempre più evidenti i dolorosi segni delle dita del demone.

-Lascia fuori Buffy da questa storia-

Travers si rialzò scuotendosi la polvere dal completo gessato.

-Temo che la nostra comune amica sia già dentro questa storia fino al collo. Ma potrebbe uscirne. Tutto dipende da te-

-Se non l'hai ancora capito, non sono un tipo paziente, Quentin, quindi parla fino a che hai fiato per farlo-

L'osservatore si lisciò la barba bianca, laconico.

-Personalmente penso che le Cacciatrici abbiano fatto il loro tempo. La ribellione delle ultime due reclute ne è la prova più evidente. Senza contare che la leggenda della Cacciatrice è in un certo qual modo limitata. Non credo che la comunità demoniaca sarebbe così felice di affidarsi a una creatura umana, tanto meno a qualcuno che ha rappresentato una minaccia per secoli. Ma la leggenda del cavaliere dalla spada scarlatta...un campione in grado di riunire sotto la propria guida uomini e demoni. In questo caso le possibilità sono infinite. Naturalmente se tu rifiuti la mia generosa offerta di collaborazione, sarò costretto a ripiegare di nuovo sulla linea delle Cacciatrici-

Spike si girò verso la finestra che era rimasta aperta. Il sole del pomeriggio lo avvolgeva con i suoi bagliori dorati, riscaldandogli la pelle. Ancora non riusciva a capacitarsi di poter provare di nuovo quella sensazione.

-Buffy non accetterà mai di scendere a patti con te. Non è il tipo che accetta compromessi-

Quentin Travers estrasse una pipa dal taschino del gilet e cominciò a caricarla di tabacco.

-Vedo che comprendi la situazione. Per questo comprenderai anche che un tuo rifiuto non mi lascerà altra scelta che sostituire Buffy-

Spike tornò a guardare l'uomo.

-Non penserai di...-

Travers agitò la mano con condiscendenza.

-Sappiamo benissimo tutti e due come funziona il passaggio di consegne da una Cacciatrice all'altra. Non sono stato io a stabilire questa regola-

L'uomo tornò a concentrarsi sulla pipa. La accese con cura lasciando che il tabacco crepitasse per qualche secondo, prima di aspirare la prima boccata.

-Ma ti assicuro che ho tutta l'intenzione di sfruttarla a mio vantaggio-

Il corpo di Spike si irrigidì impercettibilmente, ma la sua voce rimase calma e sicura.

-Uccidere Buffy non è facile come sembra-

Quentin assentì distrattamente.

-Durante il viaggio aereo hanno proiettato un film. Uno di quei vecchi classici girati a Cinecittà negli anni Sessanta. "Sansone e Dalila". Naturalmente era farcito di bestialità e la datazione era assolutamente incongruente, pur tuttavia non è stata una visione inutile. Come saprai secondo la leggenda la radice della forza di Sansone erano i suoi capelli. Una volta che Dalila li ebbe tagliati, quello che era stato un guerriero invincibile tornò ad essere un comune mortale e finì per morire sotto le macerie di un tempio che lui stesso aveva contribuito a distruggere-

Spike incrociò le braccia sul petto annuendo con diligenza.

-Capisco. Quindi il tuo piano è andare a Sunnydale e tagliare i capelli a Buffy. Ingegnoso. Devo ammettere che a me non sarebbe mai venuto in mente-

L'Osservatore scosse la testa sorridendo.

-Vedi William, nessuno è invincibile. Ogni eroe ha il suo punto debole. Per Sansone erano i capelli, per Achille il tallone, per Buffy Summers...bé sappiamo entrambi qual'è il punto debole di Buffy Summers-

Spike scrollò le spalle con non curanza.

-Il suo pessimo gusto in fatto di uomini?-

Quentin aspirò una lunga boccata di fumo.

-Il suo cuore. E come diceva sempre tuo padre. "Un guerriero astuto non colpisce il corpo o la mente. Colpisce il cuore". Prima toccherà a quel carpentiere. Harris. Per la strega non ci saranno problemi. La sua condanna a morte aspetta solo la mia firma. Poi sarà la volta di Rupert. Devo ammettere che sarà un grande dolore per me sacrificare un Osservatore così dotato, ma sono certo che lui sarà felice di immolarsi per la causa. Ma il mio capolavoro sarà la distruzione della Chiave. Come dicevano quei monaci? "La Chiave è il legame, il legame deve essere reciso. Questa è la volontà di Dio". E chi siamo noi per opporci alla volontà del Creatore?-

Gli occhi di Spike scintillarono di rabbia, ma Travers proseguì, incurante della sua reazione.

-Credimi William, quando avrò finito con lei mi implorerà di mettere fine alle sue sofferenze-

-Non puoi sopportarlo, vero? Non riesci a sopportare che al mondo ci sia qualcuno che non si è mai piegato al tuo volere...che ti ha ridicolizzato e ha messo in questione la tua autorità e i tuoi metodi. Il tuo piano, i tuoi deliranti progetti per il futuro del mondo, l'accordo che vuoi stringere con me...è solo una questione di vendetta, vero?-

L'osservatore non nascose una risata compiaciuta. Quando tornò a guardare il demone i suoi occhi erano taglienti come lame affilate.

-Ti sbagli, William. E' una questione di potere-

+ + +

-Secondo me è stata una stupidaggine portarla qui-

Angel lanciò un'occhiata di rimprovero a Cordelia, intenta a cullare Connor sul divano dell'atrio.

-Avrei dovuto lasciarla là a morire?-

-Dico solo che quella pazza visionaria non ci sarà di alcun aiuto e se la tua intenzione era mettere su un manicomio criminale sarebbe stato meglio chiedere delle sovvenzioni statali e arruolare qualche poliziotto o magari un esercito. Vero, piccolino? Il tuo papà non ha il senso degli affari, ecco perché viviamo in un Hotel fatiscente invece che in un bell'appartamento a Manhattan-

Il bambino gorgogliò tra le braccia della ragazza agitando le manine in aria.

-Cordelia, vorresti per favore lasciare Connor fuori dalle nostre discussioni?-

-Dici così solo perché lui mi da ragione!-

Angel si passò una mano tra i capelli con un gesto frustrato.

-Ha solo pochi mesi, è già difficile seguire le tue elucubrazioni mentali per me che ho più di duecento anni, figurati per lui...-

-Ti prego Angel! Anche un bambino capirebbe che la situazione ti è completamente sfuggita di mano. Prima c'è stata Fred e non ho detto niente, perché in fondo è una ragazza carina e i suoi episodi psicotici sono andati diminuendo con il tempo, poi siamo passati al caso Faith e quando dico "caso" intendo caso clinico dato che non ho dubbi che finirà presto nei manuali di psicologia criminale sotto il capitolo "manie omicide e altri disturbi psicotici". Ma potevamo fermarci qui? No di certo! Bisognava anche aggiungere all'elenco un vampiro visionario e assetato di sangue che passa il suo tempo a parlare con le bambole! E perché l'hai portata qui? Perché ti aiutasse nella ricerca di un altro pazzo che durante il vostro ultimo incontro si è divertito a farti torturare con dei chiodi. Dio, Angel credo davvero che dovresti parlare con un buon analista per curare la tua tendenza all'autolesionismo, un conto è piangere sul latte versato, cosa che per conto mio fai anche troppo spesso, e un conto è riempirsi la casa di maniaci trattandoli come se fossero solo dei poveri cuccioli smarriti. Francamente non credo che I Poteri avessero in mente questo quando ti hanno parlato di espiazione-

Cordelia Chase era senza ombra di dubbio la prova vivente che un essere umano poteva resistere più cinque minuti senza bisogno di repirare. Le sue tirate erano sempre così lunghe e concitate che Angel si stupiva ogni volta del fatto che non crollasse esausta al suolo una volta finito di parlare. Continuava a cullare Connor, invece, come se nulla fosse accaduto.

-So che Spike non ti è mai piaciuto, ma...-

-Non è che non mi sia mai piaciuto, penso solo che il mondo sarebbe stato un posto migliore se lui non fosse mai esistito e non vedo come portarlo qui possa essere un bene per noi o per lui-

Angel sospirò sedendosi accanto a lei e prendendo una delle manine di Connor tra le sue.

-Non so se sarà un bene o un male averlo tra noi. Non so neanche se lui vorrà venire...magari non riusciremo neppure a trovarlo, ma...è una cosa che sento di dover fare, non posso fare a meno di pensare che glielo devo questo tentativo...almeno questo devo farlo per lui-

Cordelia lo guardò allora, cercando una risposta nei suoi occhi scuri.

-Ma perché? Perché adesso?-

Angel scosse il capo lasciando la mano di Connor.

-Perché se non fosse stato per lui...io neanche sarei qui, adesso-

+ + +

 

Continua....

 

Torna all'indice Fanfiction

 

 

 

.