Credendo Vides

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Per vedere devi credere

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Sunnydale

2 Novembre 2002

 

Aveva deciso. Gli altri potevano anche continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, ma per quanto la riguardava aveva tutta l'intenzione di passare al contrattacco.

La biblioteca era affollata, ma non fu difficile individuarlo. Se ne stava seduto a un tavolo isolato, leggermente in penombra. In realtà non l'avrebbe mai individuato se non fosse andata lì apposta per cercarlo.

-Ciao-

Il ragazzo non la degnò di uno sguardo, mentre con la matita continuava a tracciare rapidi segni su un foglio bianco.

Dawn non si lasciò scoraggiare e si accomodò accanto a lui.

-Sai, mi piacerebbe vedere qualcuno dei tuoi disegni-

Il ragazzo la fissò intensamente. I suoi occhi neri brillarono per un istante di un bagliore dorato.

-Non credo che ti piacerebbe-

Dawn si sentì presa in contropiede e lì per lì non riuscì a replicare. Guardò le sue dita sottili disegnare il profilo di un volto che conosceva a memoria. Doveva agire con cautela o non avrebbe scoperto niente.

-Senti, la verità è che mi incuriosisce il ragazzo che hai disegnato...ha un viso molto interessante...ti sei ispirato a qualcuno che hai visto?-

Le labbra del ragazzo si aprirono in un sorriso leggero, mentre sul suo volto si disegnava un'espressione indecifrabile. Ora che lo guardava meglio doveva ammettere che non era niente male. Aveva dei lineamenti vagamente orientali, occhi profondi e sopracciglia sottili. Portava i capelli neri e lucidi spettinati e alcune ciocche gli ricadevano sulla fronte spaziosa. Era di corporatura sottile, ma i vestiti lasciavano immaginare una muscolatura forte e ben disegnata. Aveva movenze leggere e sinuose come quelle di un felino.

In un certo qual modo le ricordava Spike. Già, Spike. Il motivo per cui aveva iniziato quella conversazione. Dawn si riscosse, rendendosi conto di essere rimasta a fissare il ragazzo seduto di fronte a lei come un'idiota, probabilmente era anche arrossita. Pensò freneticamente a qualche frase ad effetto che potesse toglierla dall'imbarazzo...come aveva detto Spike quella volta? Prima che avesse il tempo di ricordare la frase esatta il ragazzo si alzò in piedi raccogliendo i suoi fogli.

-Ora devo andare-

Dawn trattenne il respiro sorpresa.

-No, aspetta!-

Doveva fare qualcosa. Non poteva certo lasciarlo andare così. Ci doveva essere un modo per arrivare alla verità.

-Senti...il fatto è che il ragazzo che hai disegnato somiglia in maniera impressionante a un mio...amico...un mio caro amico...noi abbiamo litigato e lui è partito per chissà dove...così mi chiedevo se per caso tu lo avevi visto da qualche parte...recentemente...magari qui a Sunnydale...perché vorrei fare pace con lui, capisci? Ma non posso semplicemente scrivergli...è una faccenda che dobbiamo discutere di persona...sai come quando vuoi metterti con un ragazzo e le tue amiche ti consigliano di scrivergli una lettera d'amore, ma poi la lettera finisce immancabilmente tra le mani della tua peggior nemica e lei la legge di fronte a tutti i tuoi compagni di classe e quel ragazzo che ti piaceva ti guarda come se fossi pazza e ride di te con i suoi amici e da quel momento giuri che non scriverai mai più lettere d'amore in vita tua e prima che mi vada a nascondere in bagno rimpiangendo di aver mai iniziato questa conversazione potresti per favore dirmi se hai mai visto il protagonista dei tuoi disegni da queste parti?-

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei allora.

-Deve essere stato doloroso-

Dawn si sforzò di concentrarsi sulle sue parole e di controllare il proprio respiro irregolare.

-Come?-

-Vedere il ragazzo di cui eri innamorata ridere di te e dei tuoi sentimenti. Deve essere stato doloroso-

Ok. La conversazione stava prendendo una piega imprevista e assolutamente indesiderata.

-Era solo un esempio e poi neanche riguardava me...è capitato a una mia amica e...-

Il ragazzo la guardò con condiscendenza e Dawn ebbe la certezza che non aveva creduto a una sola parola.

-Sì. E' stato piuttosto doloroso, ma...hei! Sono qui per raccontarlo quindi significa che non sono morta...anche se l'encefalogramma della mia reputazione tra i ragazzi di questa scuola è decisamente piatto-

Aggiunse una risata nervosa, giusto per chiudere in bellezza. Dio, si poteva suonare più patetici di così? Lui però non la stava guardando con pietà...e sembrava più curioso che disgustato...

-E ne vale la pena? Vale la pena di soffrire così per delle persone che ti considerano meno di niente?-

Dawn scrollò le spalle sorridendo.

-Non saprei...ma non voglio diventare il tipo di persona che si tira indietro solo perché ha paura di soffrire o perché la situazione non è perfetta. Non voglio fingere di non provare niente solo perché sono spaventata da quello che provo...-

Non voglio finire come Buffy, continuò nella sua mente.

-Quindi hai deciso di dire a questo ragazzo che lo ami e vuoi farlo di persona...-

Dawn si riscosse sorpresa.

-Come? Quale ragazzo?-

-Quello che stai cercando. Quello che hai creduto di riconoscere nei miei disegni...-

-Vuoi dire...oh no! Dio, no! Non voglio dirgli che lo amo...cioé non credo...insomma non è per questo che lo cerco...le cose sono piuttosto complicate e...ho davvero bisogno di ritrovarlo perciò se tu potessi dirmi dove lo hai visto l'ultima volta...-

Il ragazzo chiuse i disegni in una cartelletta e raccolse lo zaino che aveva appoggiato a terra.

-Non mi crederesti e anche se mi credessi questo non ti aiuterebbe a ritrovarlo. Mi dispiace davvero di non poterti aiutare-

Dawn lo trattenne per un braccio con decisione.

-Quei demoni...quelli che hai disegnato...io so che non sono frutto della tua immaginazione. E neanche quel ragazzo lo è. Io so che esiste. So che tutto quello che disegni esiste. Combatto contro cose simili da quando sono venuta al mondo. Perciò non venirmi a dire quello che posso o che non posso credere. Se non vuoi fidarti di me lo capisco, ma non trattarmi come se fossi una di quelle stupide ragazzine che hanno riso di te in classe, perché io sono molto più di questo-

Lui la fissò in silenzio per qualche secondo e Dawn si sentì sotto esame. E lei odiava gli esami. Ma poi lui le sorrise e tutta la tensione sembrò sciogliersi in quell'attimo. Vide le sue labbra aprirsi e chiudersi e sentì in lontananza la sua voce calda e profonda. Doveva averle detto qualcosa...

-Come hai detto?-

Lui sorrise di nuovo.

-Questo non è il posto adatto per parlare-

Dawn si guardò intorno. Gli altri studenti della biblioteca li fissavano incuriositi, mentre il responsabile dei prestiti continuava a fargli cenno di tacere o andarsene.

-Ti va di venire a casa mia?-

Vide gli occhi neri del ragazzo fissarla con perplessità.

-Ti rendi conto che neanche ci conosciamo?-

-Giusto. Ricominciamo daccapo allora. Ciao, io sono Dawn Summers-

Sorridendo Dawn tese la mano al ragazzo che la strinse dopo qualche esitazione.

-Hiro Nobuhiko-

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Thomas Wilkinson osservò i due ragazzini dirigersi verso l'uscita. Finalmente. Quella era una biblioteca, non una casa di appuntamenti. Stupidi ragazzini.

Ogni giorno quegli studenti svogliati invadevano la sua biblioteca come un fastidioso sciame di vespe. Non avevano nessun rispetto per la cultura che faceva bella mostra di sé sugli scaffali di legno.

Sotto il suo sguardo acuto il brusio circostante si quietò. Pubblica istruzione, l'ultimo flagello della modernità. Ai suoi tempi un ragazzo doveva sudarselo il diritto allo studio. Lui per dirne una aveva lavorato in una fabbrica tutte le notti per pagarsi la retta scolastica.

Due ragazze risero forte di fronte alle pagine patinate di chissà quale rivista scandalistica.

Aberrazioni. Ecco cos'erano tutti quei ragazzini.

"Qualcuno dovrebbe fare qualcosa"

Disse la voce suadente dentro di lui. Già. Qualcuno avrebbe dovuto prendersi la briga di far capire a quelle insulse imitazioni di studenti che non tutto gli era dovuto e che l'istruzione che ricevevano non era una punizione, ma un privilegio.

"Piccoli ingrati"

Aveva ragione. Erano proprio degli ingrati. L'uomo guardò con rabbia la copia di "Delitto e Castigo" che gli era appena stata riconsegnata. Le pagine sembravano incollate da chissà quale porcheria e la copertina era sdrucita.

"Non hanno rispetto per niente"

Proprio per niente, concordò silenziosamente il bibliotecario.

"Insieme potremmo dargli una lezione. Una lezione che non dimenticheranno"

Sì forse era quella la chiave. Forse era stato troppo tollerante fino a quel momento.

"Una punizione esemplare che gli faccia comprendere il valore degli oggetti e l'importanza dell'istruzione"

Thomas Wilkinson assentì compiaciuto scorrendo velocemente l'archivio delle restituzioni e dei prestiti. Dopo qualche istante trovò quello che cercava. "Delitto e Castigo". Preso a prestito il primo di ottobre e restituito il due di novembre. In ritardo di un giorno. E in quali condizioni...

"Deve pagare. Non possiamo lasciare che la passi liscia. Deve pagare"

Sì. Non poteva più essere tollerante. Scrisse il nome e l'indirizzo sul suo taccuino di pelle. Sentì una risata gutturale allargarsi dentro il suo stomaco. Non ricordava quella risata. Davvero lui rideva in quel modo?

Ma adesso non aveva più importanza. L'unica cosa che contava era punire il colpevole.

Delitto e castigo.

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Xander lanciò l'ennesima occhiata allo specchietto retrovisore. Il contrasto tra i due adolescenti che sedevano sul sedile posteriore della sua auto non sarebbe potuto essere più stridente. Dawn risplendeva, letteralmente. I capelli castani baciati dal sole invernale mostravano caldi riflessi dorati, gli enormi occhi azzurri erano illuminati da un entusiasmo a stento contenuto e i gesti pieni di energia che accompagnavano i suoi discorsi rendevano evidente una vitalità improvvisamente risvegliata. Il ragazzo, un orientale a quanto aveva potuto vedere, era invece spento come una notte senza luna. I capelli neri ricadevano scomposti sul volto pallido facendolo sembrare ancora più sottile, gli occhi scuri e liquidi sembravano persi nella contemplazione di chissà quale cielo lontano, di sicuro non vedevano Dawn o il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino dell'auto. Un ragazzo strano, a dir poco. Da quando era entrato in macchina non aveva articolato una sola sillaba e di certo non stava ascoltando i discorsi di Dawn. Almeno non era un vampiro, decisamente un passo avanti...magari era un qualche genere di demone con il compito segreto di rendere triste la gente, del resto Anya non si era mai stancata di ripetergli quanto fossero numerose e diverse le stirpi demoniache. Ecco, quello era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto averla ascoltata mentre snocciolava il suo infinito inventario di mostri e affini invece di immergersi nella visione della partita del venerdì sera.

-Siamo arrivati. Sei sicura che non vuoi che mi fermi fino al ritorno di Buffy?-

Dawn rispose con un'alzata di spalle e un sospiro seccato.

-Ti prego Xander, non sono più una bambina! E poi non sarò sola, ricordi? Io e Hiro dobbiamo finire la ricerca di biologia-

E' esattamente questo che mi preoccupa, pensò Xander mentre faceva ripartire il motore della macchina e guardava Dawn sparire oltre la porta di casa Summers trascinando dietro di sé il suo riluttante *compagno di studi*. Tirò fuori il cellulare e digitò velocemente un numero sulla tastiera. Non la stava trattando come una bambina...voleva solo assicurarsi che non le accadesse niente di male.

-Double Meat Palace, vuole ordinare?-

-Sto cercando Buffy Summers. E' un'emergenza-

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Si sentiva divorare. La rabbia e il desiderio gli bruciavano le viscere. Doveva fare in fretta. Il colpevole doveva essere punito.

"Presto!"

Quella voce. Era davvero la sua voce? Non ricordava di aver mai sentito una voce simile.

Si affrettò comunque. Era vicino. Ormai era vicino. Poteva già pregustare l'odore del suo sangue.

Sangue.

Ma lui non voleva il sangue. Voleva la vendetta. Voleva la punizione esemplare.

"Sangue. Devi darmi il suo sangue"

Sì. Aveva bisogno di quel sangue. Lo voleva più di qualunque altra cosa al mondo.

Ma sentiva le viscere ribollire dentro di lui. Ogni passo era terribilmente faticoso e doloroso. E quel fuoco...quel fuoco nero che sentiva ardere nel suo stomaco...

Doveva affrettarsi c'era poco tempo.

Ecco. Riusciva già a intravedere la casa. La casa della sua vittima. Ancora pochi passi. Pochi passi mentre sentiva il suo corpo lacerarsi e sanguinare.

Scrollò la porta fino a che il rumore crebbe in maniera folle nel silenzio. Allora smise, perdendo anche l'impeto che lo aveva sospinto per oltre due chilomentri lungo la strada.

Le forze lo abbandonavano. Il suo corpo lo abbandonava.

-Il libro. Non devi maltrattare il libro-

Sentì un urlo crescere dentro di lui a partire dallo stomaco. Un urlo che lo divorava dall'interno.

E quando credeva di non poter più resistere, la porta si aprì.

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Dawn depositò le tazze di cioccolata calda sul tavolino del salotto. Hiro le sorrise di sfuggita prima di bere il liquido fumante. Non diede alcun segno di apprezzamento, ma neanche mostrò un disgusto evidente perciò Dawn decise di prendere il suo silenzio come un complimento. O quanto meno di non prenderlo come un insulto. E poi la cioccolata in tazza le riusciva bene. "E' esattamente come quella di Joyce". Spike non si stancava mai di ripeterglielo. E lei sapeva che questo era il miglior complimento che lui potesse farle. E a proposito di Spike...

-Non vorrei sembrarti insistente ma...-

-Lo vedo ogni notte-

Dawn trattenne il respiro per un attimo, troppo colpita dalla rivelazione per parlare.

-Ogni notte lui uccide e uccide...ma i demoni continuano a rinascere e sono sempre più numerosi. Ogni notte penso che sarà l'ultima...che lui si arrenderà e che lo vedrò morire davanti ai miei occhi...-

-Dove...dov'è che lo hai visto?-

Hiro alzò i suoi occhi neri su di lei.

-Nei miei incubi-

-Nei tuoi...-

Dawn scattò in piedi, furente.

-Esci da casa mia. Immediatamente!-

-Dawn io...-

-Spero che tu ti sia divertito perché questa è l'ultima volta che ti do l'occasione di prenderti gioco di me...e adesso torna dai tuoi amici a ridere di quell'idiota di Dawn Summers-

Hiro si alzò in piedi a sua volta, i pugni serrati.

-Non hai capito...-

Dawn non gli lasciò il tempo di finire.

-Mi hai fatto credere di averlo visto, mi hai fatto credere che sapevi di cosa stavo parlando! Ma tu non sai niente! Sei solo uno stupido ragazzino che si diverte a disegnare dei mostri!-

-Credi che sia divertente per me? Sei tu che non sai niente!-

Hiro si girò dirigendosi verso la porta, ma sulla soglia si bloccò.

-Io lo vedo continuamente...continuamente, capisci? Hai ragione, non ho idea di chi sia, né se sia la stessa persona che conosci tu...ma chiunque sia...mi tormenta...ogni volta che chiudo gli occhi lo vedo di fronte a me...ed è reale...ogni volta che lo vedo sono convinto che sia vero...poi mi sveglio e mi rendo conto che è stato solo un altro incubo e non capisco...non capisco perché continuo a vederlo...perché continuo a credere che quello che vedo sia reale...e quando mi hai detto che lo avevi riconosciuto ho pensato che forse potevi aiutarmi a capire...hai detto che non eri come quelle stupide ragazzine che ridono dei miei disegni...e per un attimo ti ho creduta...ma la verità è che sei esattamente come loro!-

Dawn sentì le lacrime bruciarle gli occhi stanchi. Guardò il ragazzo sparire oltre la soglia. Ancora qualche secondo e sarebbe uscito dalla sua casa e dalla sua vita. Probabilmente per sempre. Senza neanche rendersene conto si precipitò su di lui trattenendolo per la manica della giacca.

-Io non sono come loro...non sono come tutti gli altri...-

Hiro si voltò a guardarla e un sorriso triste gli increspò le labbra.

-Neanch'io-

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Edward McBain lavorava nella polizia di Sunnydale da meno di un mese e già aveva visto cose che avrebbero fatto impallidire qualunque detective della Grande Mela.

Come quel nuovo cadavere. Squartato proprio di fronte alla casa di una delle più facoltose famiglie del quartiere. Il ragazzino che aveva aperto la porta era ancora sotto shock. Un testimone assolutamente inutile dato che continuava a insistere che quando aveva aperto la porta si era trovato davanti un mostro con tanto di zanne affilate al posto dei denti.

Osservò il corpo che veniva accuratamente esaminato dalla scientifica. Sui quarantanni per quello che si poteva capire. Un tipo magro, probabilmente dinoccolato, abiti comuni. Il tipico impiegato pubblico. Con un sospiro scosse il capo. Chi poteva avere interesse a far fuori un tipo come quello e in quel modo...forse aveva dei debiti di gioco. Certo molte cose si sarebbero chiarite dopo l'identificazione. La voce del suo attendente lo distolse da quei pensieri.

-L'uomo che dovrebbe identificare il cadavere è appena arrivato, signore-

McBain si aggiustò la cravatta e accolse il preside della Sunnydale High con una stretta di mano.

-Signor Wood. Grazie per essere venuto. Mi scuso se ho dovuto distoglierla dai suoi impegni, ma la famiglia Martin crede di aver riconosciuto nella nostra vittima il bibliotecario della sua scuola-

Robin Wood assentì distrattamente rivolgendo l'attenzione al corpo senza vita pochi passi più in là. Il volto era deformato in un'espressione di terrore e il corpo sembrava essere stato letteralmente divorato. Tornò a guardare il detective di fronte a lui e rispose con pacatezza alla sua tacita domanda.

-Thomas Wilkinson. Ho fatto io stesso il suo colloquio di assunzione. Avete già trovato l'omicida?-

Il detective si mosse nervosamente aggiustandosi di nuovo la cravatta. Evidentemente non era abituato a portarla. Con ogni probabilità l'aveva indossata unicamente per fare buona impressione sulla famiglia che abitava nella grande villa in stile coloniale.

-Ci stiamo lavorando-

Robin sorrise in tralice.

-Naturalmente-

Tornò a guardare il cadavere con attenzione. Con tutto quel sangue era praticamente impossibile vedere se ci fossero segni di morsi o graffi. Di certo il colpo letale era stato inflitto allo stomaco. Come nel caso di quella ragazza. Sharon Worth.

-Pensa che ci sia un qualche legame con gli altri casi di omicidio verificatisi a Sunnydale negli ultimi mesi?-

Il detective lo guardò con sospetto. Un'espressione che gli era diventata abituale da quando lavorava nella polizia.

-Niente suggerisce un legame tra le vittime-

-Niente a parte il modus operandi dell'assassino-

Replicò pacatamente Wood. McBain fece per rispondere, ma il preside aveva già ripreso la strada di casa.

Il detective tornò a concentrarsi sul suo ultimo caso con un sospiro. Non era la prima volta che gli balenava in testa l'ipotesi che dietro i recenti omicidi si nascondesse la mano di un serial killer. Un serial killer decisamente abile che non lasciava altre tracce a parte un numero sempre crescente di cadaveri squartati o dissanguati. Un serial killer che sembrava scegliere le sue vittime a caso come se fossero delle semplici prede. Un animale...o meglio un mostro. Forse un mostro come quello che aveva visto il figlio dei Martin quando aveva aperto la porta di casa.

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Buffy percorse rapidamente il vialetto d'ingresso. Armeggiò con le chiavi per un tempo che le sembrò infinito prima di riuscire ad aprire la porta di casa.

-Dawn!-

Sentì una serie di passi al piano superiore e la voce di Dawn che la accoglieva con il solito tono seccato. Grazie a Dio.

Salì gli scalini due a due e spalancò la porta della camera di sua sorella.

-Conosci almeno il significato della parola "bussare"?-

Le parole sarcastiche di Dawn non distolsero la sua attenzione dal ragazzo che si era voltato a guardarla, sorpreso almeno quanto lei.

Buffy estrasse un paletto e si preparò a colpire.

-Allontanati da mia sorella. Ora!-

Dawn la guardò come se fosse improvvisamente impazzita.

-Buffy! Si può sapere che ti prende?-

Buffy la ignorò, continuando a fissare gli occhi neri del ragazzo.

-La Cacciatrice-

La voce dell'ospite indesiderato risuonò stupita e al tempo stesso fin troppo tranquilla. Buffy lo guardò con un sorriso sarcastico.

-Hai vinto un viaggio di sola andata all'inferno. Perché ora non fai il bravo e vieni a ritirare il tuo premio?-

Dawn osservava il suo compagno con rinnovato interesse, ma senza mostrare la minima preoccupazione.

-Sei un demone?-

Hiro scrollò le spalle con noncuranza.

-Ti avevo detto che non ero come tutti gli altri-

Dawn non riuscì a trattenere un sorriso.

Buffy abbassò il paletto e incrociò le braccia sul petto.

-Qualcuno vuole spiegarmi cosa diavolo sta succedendo qui?-

Dawn spostò l'attenzione su sua sorella. Forse per una volta poteva dirle la verità.

-Hiro è un mio compagno di classe, ci siamo trovati solo per fare una ricerca di biologia e davvero non avevo idea che fosse un demone-

Hiro le lanciò un'occhiata eloquente, ma non diede segno di volerla contraddire. Dawn serrò le labbra con decisione. In fondo perché cambiare la musica proprio adesso? Meglio suonare il vecchio adagio "va tutto bene". E poi anche se le avesse detto la verità, Buffy non avrebbe mai capito. Lei aveva una vita vera, degli amici reali...non poteva capire come ci si sentiva a vivere nella menzogna ogni singolo giorno...non poteva capire quanto fosse importante che Spike tornasse e la facesse di nuovo sentire reale.

-Un tuo compagno di classe. Vorresti farmi credere che un demone se ne va tranquillamente in giro per la Sunnydale High come uno studente qualsiasi?-

-Un mezzo demone-

Precisò il ragazzo puntando i suoi occhi neri in quelli verdi di Buffy.

-Come sarebbe a dire mezzo demone?-

-Sarebbe a dire che mia madre è un comune essere umano, mentre mio padre è un demone puro-

Dawn spalancò la bocca per parlare, ma si ritrovò senza parole. Fu Buffy a riprendersi per prima.

-Questo è impossibile-

Hiro si strinse nelle spalle.

-Sei libera di credere quello che vuoi. Sono venuto per lavorare con Dawn al nostro...progetto, non per rivoluzionare la tua visione del mondo-

Buffy serrò le labbra seccata. Quel ragazzo era irritante quasi quanto Sp...meglio lasciar perdere...o forse no.

-Cosa vorresti dire con questo?-

-Voglio dire che da brava Cacciatrice vedi il mondo in bianco e nero. I demoni sono i cattivi, gli esseri umani sono tutti creature innocenti e guai a mischiare le due razze. Bè il mondo reale non funziona così. Un demone può innamorarsi di un essere umano e decidere di vivere con lui alla luce del sole. Oppure può accadere il contrario. L'amore è qualcosa di incontrollabile e ci conduce spesso in direzioni inaspettate. Io ne sono la prova vivente-

Buffy scosse la testa con ostinazione.

-Le storie d'amore tra demoni e umani non vanno mai a buon fine...-

Hiro le sorrise divertito.

-Sei mai stata innamorata Cacciatrice? E non intendo semplicemente provare attrazione per una persona o pensare che potrebbe essere un buon partner con cui dividere la vita. O il letto...-

E così dicendo si diresse verso la finestra della stanza, lasciando Buffy e Dawn a guardarlo attonite. Si appoggiò all'intelaiatura di legno e guardò oltre il vetro sottile. Il suo volto e il suo corpo vennero inondati dalla luce del pomeriggio mentre lui rimaneva immobile per un istante, gli occhi neri catturati da un orizzonte lontano.

-Sto parlando dell'amore che con la sua forza ti distrugge fino a ridurti a meno di niente e poi ti ricostruisce pezzo per pezzo trasformandoti in qualcosa di nuovo...qualcosa che non avresti mai sognato di poter diventare-

Buffy serrò i pugni fino a che non sentì le unghie conficcarsi nelle palme delle mani. Quella frase l'aveva colpita più di quanto non volesse ammettere.

-Un demone che pretende di insegnare a un essere umano il significato del vero amore...bè davvero questa dovevo ancora vederla-

Il ragazzo si voltò lentamente verso di lei e per un attimo le sembrò di rivedere nei suoi occhi lo sguardo acuto e disarmante di Spike.

-Davvero?-

Buffy lo colpì in pieno viso con tutta la forza che aveva in corpo. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro demone capace di riconoscere le sue bugie e ributtargliele addosso.

-Fuori da casa mia!-

Dawn si parò di fronte a lei e la squadrò con un disprezzo a stento contenuto.

-Questa è anche casa *mia*. Non hai nessun diritto di aggredire i miei amici o di costringerli ad andarsene-

Buffy la guardò esasperata.

-Quello non è un tuo amico, Dawn. E' un demone che probabilmente aspetta solo il momento giusto per rivoltarsi contro di noi e ucciderci!-

La ragazza fece per replicare, ma Hiro le posò una mano sulla spalla trattenendola.

-Ci vediamo domani a scuola Dawn-

Rialzò lo sguardo sulla Cacciatrice che lo fissava furente. Si asciugò il rivolo di sangue che gli colava dalle labbra e le sorrise.

-Era comunque ora che tornassi a casa. I miei genitori saranno preoccupati-

Buffy lo seguì con gli occhi fino a che non sentì la porta dell'ingresso chiudersi dietro di lui, poi tornò a rivolgere l'attenzione su Dawn. Era ora che sua sorella la smettesse di mescolarsi con demoni e affini. E soprattutto era ora che accettasse l'idea che Spike se ne era andato per sempre e portare a casa dei suoi cloni non sarebbe servito a soffrire di meno. Si preparò a farle un lungo discorso sull'importanza di essere prudenti, tanto più in quel periodo, ma l'espressione sul volto di Dawn la lasciò senza fiato.

Non c'erano più rabbia o disprezzo nei suoi occhi chiari. E quando parlò la sua voce risuonò limpida e decisa.

-Non puoi impedire agli altri di avere dei sentimenti solo perché tu non riesci più a provare niente-

La osservò uscire dalla stanza, incapace di replicare. Contemplò per qualche istante la soglia vuota, deglutendo a fatica, cercando di scendere a patti con la realtà che lo sguardo e le parole di Dawn le avevano rivelato.

Sua sorella la odiava.

+ + +

Hiro attraversò rapidamente il quartiere residenziale osservando il sole calare all'orizzonte.

Stupidi umani. Sempre convinti di avere ragione. Sempre a recitare la parte dei poveri innocenti, quando era solo colpa loro se il mondo rischiava di essere completamente distrutto. Di nuovo.

Dawn però sembrava davvero diversa dagli altri...forse se le avesse spiegato...se le avesse mostrato come stavano veramente le cose...

-E com'è che stanno veramente le cose?-

Hiro si girò di scatto in direzione della voce sottile che era risuonata alle sue spalle. Una ragazza lo fissava con un sorriso consapevole. I suoi capelli rossi erano accesi dalla luce del tramonto e nei suoi occhi chiari scintillava un potere oscuro. Ma non era su di lei che si concentrò la sua attenzione. Si sentì inesorabilmente attratto dalla sagoma della creatura accanto a lei. Un comune essere umano all'apparenza, mollemente appoggiato contro un albero e seminascosto dall'ombra dei rami e delle foglie. Le mani pallide e sottili accarezzavano il pelo lucido di un gatto nero che se ne stava tranquillamente rannicchiato tra le sue braccia.

Hiro rabbrividì istintivamente prima di portarsi una mano al volto e stropicciarsi gli occhi. Eppure era sicuro di essere sveglio...quando guardò di nuovo di fronte a sé lo ritrovò nella stessa posizione, apparentemente in attesa di una sua mossa. Anche il gatto sembrava scrutarlo impaziente con i suoi occhi di smeraldo spalancati e attenti.

-Non può essere...tu sei solo un sogno...non puoi essere vero...-

Per tutta risposta l'altro si scostò dal tronco dell'albero lasciando che il gatto balzasse a terra. Gli ultimi raggi di sole fecero risplendere i suoi capelli dorati e trasformarono i suoi occhi azzurri in laghi di cristallo. I suoi lineamenti decisi e spigolosi si addolcirono nel bagliore diffuso e rosseggiante.

Non l'aveva mai visto chiaramente in volto, eppure Hiro non ebbe il minimo dubbio che quello che stava camminando verso di lui, con movimenti lenti e sinuosi come quelli del felino che lo seguiva fedelmente, fosse il guerriero che combatteva strenuamente nelle sue visioni notturne. E quando gli posò una mano sulla spalla e sentì la consistenza del suo corpo sotto le dita, seppe che quella creatura era reale quanto lui.

Lo vide sorridere ironicamente, quasi che si stesse prendendo gioco di lui, mentre la sua voce lo colpiva con il suo tono pungente e amaro.

-Cosa vuoi che ti dica ragazzino. A volte i sogni si avverano-

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Buffy finì di lavare i piatti cercando di ignorare il silenzio ostinato di Dawn. Quella ragazzina sapeva essere davvero testarda a volte.

"Testarda come tutte le donne Summers. Mi chiedo come qualcuno possa ancora avere dei dubbi sul vostro legame di sangue"

Aveva commentato Spike una volta. E lui ne sapeva qualcosa della testardaggine delle donne Summers.

"Senti chi parla. Il vampiro più ostinato dell'intero universo conosciuto"

Aveva replicato Buffy. E lei ne sapeva qualcosa dell'ostinazione di Spike.

"Dawn vuole solo il tuo rispetto, non chiede altro"

Quante volte lui glielo aveva ripetuto? E ogni volta a Buffy era sembrato che Spike non parlasse solo di Dawn, ma anche di se stesso.

Rispetto.

Come diavolo poteva rispettare gli altri se non riusciva neanche più a rispettare se stessa? Come poteva dare loro qualcosa che era convinta di non possedere?

Con un sospiro tornò a guardare sua sorella, evidentemente troppo intenta a contare le mattonelle del pavimento per riconoscere la sua presenza nella stanza.

-Scusami Dawn-

La ragazza alzò la testa di scatto con un'espressione stranita.

-Come?-

Ovviamente non aveva la minima intenzione di renderle le cose facili. Tipico.

-Ho detto, scusami. Per averti aggredito prima...per essere saltata alle conclusioni senza lasciarti spiegare...è che con tutto quello che sta succedendo...e la telefonata di Xander...ero preoccupata per te...-

-Non sono più una bambina, Buffy. Dio, neanche la sono mai stata una bambina! Come credi che mi sia sentita quando mi hai trattato come una povera idiota di fronte a un mio compagno di scuola?-

Buffy cercò di mantenere la calma. Inspirare, espirare, pensare a qualcosa di piacevole. No. Non quello. Qualcos'altro. Qualunque altra cosa che non avesse a che fare con un vampiro biondo e le sue...ok. Fine del viaggio nel mondo dei ricordi. Focalizza Buffy, focalizza. Tua sorella Dawn che è furiosa con te e non vuole essere trattata come un'idiota.

-Non volevo trattarti come un'idiota. Volevo solo proteggerti e...-

-Ma io non voglio che tu mi protegga! Dio Buffy, a volte sei così ottusa-

Buffy sentì la collera montare dentro di sé.

-Ottusa? Sì bè immagino che sia ottuso rinunciare all'università per fare i doppi turni in quell'orrendo fast food pur di pagare un istruzione decente a mia sorella. E di sicuro è ottuso salvarla un giorno e sì e l'altro anche dai demoni con cui si va a mescolare. E' più che ottuso continuare a tenerla con me quando è più che evidente che non sopporta neanche la mia presenza. E quanto è stato ottuso da parte mia saltare in quel portale e dare la mia vita in cambio della sua quando è ovvio che preferirebbe essere in qualunque altro posto piuttosto che qui?-

Dawn la guardò con una fredezza che Buffy non ricordava di aver mai visto sul suo viso.

-Ti ho mai chiesto di rinunciare alla tua vita per me, Buffy? E poi ti prego, non scivoliamo sul patetico. Sappiamo bene tutte e due che non ti sei gettata in quel portale per salvare me o il mondo-

Buffy scosse la testa incredula.

-E per cosa diavolo avrei sacrificato la mia vita allora?-

-Sacrificato dici...forse puoi far credere agli altri che il tuo sia stato un gesto altruistico, un terribile sacrificio. Ma io c'ero Buffy. Io ho visto il tuo sguardo quel giorno, ho visto il tuo sorriso. Non ti sei sentita sacrificata quando ti sei lanciata in quel portale. No. Tu ti sei sentita sollevata-

-Stai delirando...-

Dawn sorrise divertita.

-Io non credo. Sai cosa credo invece? Credo che tu ti sia gettata in quel portale perché eri stanca. Stanca della tua vita da Prescelta. Stanca di dover combattere ogni giorno contro un male diverso. Stanca di dover fare delle scelte dolorose. Stanca di esistere. Saltare in quel portale, annullarti in quella luce, è stata la tua liberazione. Salvare me e il mondo...quello è stato solo un fortunato bonus che ti ha fatto ricordare da tutti come l'ultima grande eroina della nostra epoca-

Buffy guardò a lungo la ragazzina, attonita.

-Sai Dawn, per la prima volta mi rendo conto di non conoscerti affatto e tu di certo non conosci me-

-Ah no? E di chi è la colpa?-

Dawn sorrise amaramente prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta.

+ + +

Spike si accomodò meglio sulla poltrona, gli occhi neri del ragazzo non lo avevano abbandonato un solo istante.

-Capisco che mi trovi attraente, ma stai mettendo in imbarazzo la mia amica. Sai, lei non è molto abituata a questo genere di cose...-

Willow alzò gli occhi al cielo non prima di avergli assestato una gomitata nello stomaco. Rupert Giles sospirò con disapprovazione prima di rivolgere al ragazzo un sorriso incoraggiante. In realtà il suo ospite non sembrava molto impressionato dall'uscita di Spike, ma l'Osservatore si sentì comunque in dovere di intervenire.

-Non badare a lui. Ha un senso dell'umorismo a dir poco grottesco-

Spike lo guardò piccato.

-Senti chi parla! Quello che per passatempo scrive una traduzione alternativa della Bibbia...-

-Se avessi un minimo di pazienza scopriresti che la traduzione di un classico come la Bibbia è un'occupazione affascinante e quanto mai utile. Alcuni errori hanno completamente travisato il senso del testo! Prendi ad esempio il passo in cui viene detto che Mosé attraversa il Mar Rosso. In realtà il testo originale non parla affatto di Mar Rosso, né si specifica che Mosé abbia aperto le acque di fronte al suo popolo. In realtà Mosé ha condotto la sua gente attraverso una palude rossa. Delle sabbie mobili per la precisione. Gli Ebrei sono sopravvissuti alla traversata perché erano vestiti di stracci e condotti da un uomo che aveva trascorso metà della sua vita nel deserto, perfettamente consapevole delle insidie di quel luogo, gli Egiziani invece indossavano pesanti corazze d'oro massiccio o di bronzo e viaggiavano a cavallo o su carri pesantissimi ecco perché pur passando nello stesso punto sono affondati. Le acque non si sono richiuse sopra le loro teste, semplicemente sono stati inghiottiti e soffocati dalla sabbia. Questo non significa che non si possa comunque parlare di un miracolo. Solo che la mano di Dio è più riconoscibile nella scelta e nell'illuminazione di Mosé che non nell'apertura del Mar Rosso che per altro si trovava a chilometri di distanza...-

Rupert Giles si bloccò di colpo. Spike lo osservava divertito, il sopracciglio destro leggermente alzato. Willow scuoteva la testa rassegnata, mentre il ragazzo seduto sul divano continuava a studiare Spike con attenzione.

-Già. Immagino che questo non sia il momento adatto per discutere delle approssimative traduzioni del Testo Sacro. Hiro...ti chiami Hiro, vero?-

Il ragazzo assentì silenziosamente senza distogliere lo sguardo da Spike. La cosa si stava facendo effettivamente imbarazzante.

-Ci sarebbe molto utile se tu potessi dirci quello che sai di Spike-

-Io lo sogno da una vita-

Spike scoppiò a ridere senza ritegno.

-Bé sarà meglio che ti metti in fila, ragazzino-

Hiro non mostrò la minima impressione e continuò a parlare come se niente fosse.

-Ha ucciso migliaia di creature di fronte ai miei occhi. Notte dopo notte-

Spike si fece improvvisamente serio.

-Sì bè, niente che non sia già di pubblico dominio. Anzi, sono sicuro che Rupert potrebbe suggerirti due o tre letture interessanti per approfondire l'argomento-

Giles fissò il ragazzo dagli occhi scuri e scosse la testa.

-Non credo che stia parlando del tuo passato da vampiro, William...sono più incline a pensare che i suoi sogni siano collegabili alla tua reale natura e potenzialmente al tuo compito futuro...-

Willow strinse convulsamente il gatto nero che per tutta risposta si divincolò soffiando e saltò a terra. Osservò il felino aggirarsi con passi felpati tra le poltrone e il divano per poi saltare sulle ginocchia di Spike e accomodarsi tra le sue braccia. Il demone prese ad accarezzarlo distrattamente senza distogliere l'attenzione dal ragazzo seduto di fronte a lui.

-Io invece sono incline a pensare che questo ragazzino non sappia proprio un bel niente di me-

Hiro scrollò le spalle con noncuranza, alzandosi dalla poltrona.

-Allora siamo pari-

Spike gli sorrise con freddezza, ma lo lasciò continuare.

-Tu non hai la minima idea di chi sei o di qual'è la natura dei demoni che dovrai affrontare. Non porti la tua spada con te, perciò deduco che l'hai persa o forse non l'hai mai trovata e credimi, da quello che ho visto, senza la spada sei solo carne da macello-

Prima ancora che avesse terminato di parlare Hiro si ritrovò imprigionato contro il muro, una morsa di acciaio che gli stringeva la gola. Il volto del demone a pochi centimetri dal suo. Non l'aveva neanche sentito muoversi, ma sentì la sua voce bassa e tagliente nelle orecchie.

-E dimmi, ragazzino, chi è che è carne da macello adesso?-

Willow sbuffò annoiata dall'angolo della stanza.

-Spike lascia stare il nostro ospite. Non c'è bisogno di dare in escandescenza solo perché *lui* ha ragione e *tu* hai torto-

Spike allentò la presa e si girò verso la ragazza con un'espressione scura sul volto.

-Si può sapere da che parte stai, Rossa?-

Willow si alzò dalla poltrona avanzando verso di lui, lo sguardo pieno di disappunto.

-Sai benissimo da che parte sto-

Spike socchiuse gli occhi e lasciò andare il ragazzo prima di tornare a guardarla.

-Scusami Will-

La strega scosse il capo sorridendo, prima di coprire la distanza che li separava e affondare le dita tra i capelli biondi del demone, spettinandoli.

-Hei! Giù le mani dalla mia testa! Non sono il tuo dannato gatto!-

Rupert Giles osservò la scena con un sospiro. In quei momenti era davvero difficile riuscire a credere di trovarsi di fronte a due delle creature più pericolose e potenti che avessero mai camminato sulla terra.

-Capisco che la preoccupazione per la tua pettinatura sia impellente, Spike, ma potremmo tornare a concentrarci sul problema del giorno?-

Il demone si voltò lentamente verso il ragazzo che era rimasto fermo alle sue spalle.

-Giusto. Il mio spasimante segreto. Se vuoi posso darti una foto da appendere in camera da letto-

Giles alzò le braccia esasperato.

-D'accordo. Fuori di qui!-

Spike diede una rassicurante pacca sulla spalla al ragazzo e gli indicò la porta.

-E' stato un piacere conoscere un mio fan, ma il tuo tempo è scaduto, ragazzino. Oh! E accetta un consiglio gratuito, stai lontano dalla casa della Cacciatrice se non vuoi finire nei guai-

Giles intervenne con decisione.

-No. Il ragazzo resta. Per quanto riguarda voi due sono sicuro che una passeggiata serale raffredderà i vostri bollenti spiriti-

Willow fissò l'Osservatore sorpresa.

-Signor Giles...ci sta sbattendo fuori di casa?-

Giles si tolse gli occhiali e cominciò a sfregarli energicamente con un pezzo di stoffa.

-Non è esattamente la definizione che avrei dato alla situazione, ma è esattamente quello il risultato che vorrei ottenere-

Spike scosse la testa incredulo prima di uscire sbattendo la porta di ingresso, immediatamente seguito da Willow.

Giles si rimise gli occhiali e tornò a fissare il ragazzo.

-Ora che siamo soli che ne dici di dirmi la verità?-

+ + +

Attraversarono il parco in silenzio. Un gruppo di ragazzini tornava verso casa ridendo. Una giovane donna spingeva una carrozzina sussurrando una canzone leggera al neonato addormentato tra le coperte di lino. Il selciato era battuto ritmicamente dalla corsa di un uomo alle loro spalle. Su un muretto alla loro destra una ragazza faceva streching.

-Cosa stiamo facendo qui?-

Spike si fermò ad osservare i prati e le panchine che si svuotavano lentamente. Tutte quelle persone avevano una casa a cui tornare. E altre persone che aspettavano il loro ritorno. Era in questi momenti, quando camminava in mezzo a una folla di sconosciuti, che si sentiva davvero solo.

La ragazza si parò di fronte a lui coprendogli la visuale.

-Spike, cosa diavolo stiamo facendo in questo stupido parco?-

Il demone sorrise. Tecnicamente non era del tutto solo in effetti.

-Eseguiamo gli ordini di Rupert. Passeggiamo per raffreddare i nostri bollenti spiriti-

Willow incrociò le braccia sul petto poco convinta.

-E da quando facciamo quello che dice "papà"?-

Spike si portò una mano al petto indossando una falsa espressione contrita.

-Così mi ferisci Rossa! Io sono sempre stato un bravo ragazzo ubbidiente...-

Willow scoppiò a ridere sinceramente divertita.

-Sì, come no. Ubbidiente. E a cosa ubbidisci esattamente?-

Gli occhi azzurri del demone si fissarono nei suoi, aperti e disarmanti.

-Ubbidisco ai miei sentimenti-

Rimasero a guardarsi per qualche istante. Intorno a loro il vociare della gente andava lentamente scemando. Willow scosse la testa sospirando.

-Torniamo a casa Lord Byron-

Spike soffocò una risata, poi con un balzo salì su una panchina vuota di fronte a lei e cominciò a declamare parole antiche, con voce profonda e suadente.

-Ma presto egli si riconobbe l'uomo meno adatto per unirsi al gregge degli uomini, coi quali egli aveva poco in comune; non ammaestrato a sottomettere i propri pensieri ad altri, benché in gioventù la sua anima fosse oppressa dai propri pensieri; ancora invitto, non voleva cedere, ad animi contro i quali il suo si ribellava, il dominio della sua mente, orgogliosa nella solitudine, della sua mente che poteva trovare in sè una vita per vivere al di fuori dell'umanità...-

Willow sorrise divertita.

-"Il pellegrinaggio di Aroldo il cavaliere". Un'opera piuttosto sopravvalutata se vuoi il mio parere...-

-Sopravvalutata? Quel poema è stata la fonte di ispirazione di un'intera generazione! L'incarnazione del Mal du siècle! E Byron...un aristocratico che sputa in faccia all'alta società inglese e combatte sul fronte rivoluzionario, un innamorato deluso ma sempre pronto a ricominciare e a bruciarsi...persino Goethe nel suo Faust ha celebrato il mito di Byron con l'episodio di Euforione o forse pensi che anche Goethe sia un autore sopravvalutato?-

-Forse dovresti fare il professore di letteratura inglese invece che il salvatore del mondo-

Spike scrollò le spalle saltando giù dalla panchina.

-Almeno sarei pagato decentemente-

Ripresero lentamente a camminare lungo il viale. Ad un tratto Willow sembrò colpita da un'idea.

-Hai mai pensato di darti alla poesia moderna invece di continuare a rileggere i tuoi classici inglesi? Voglio dire, dopo più di cento anni li saprai tutti a memoria. Sarebbe ora di rinnovare il guardaroba...sotto molti punti di vista...-

Spike le riservò un'espressione sarcastica infilando le mani nei Levis neri abbinati all'immancabile maglietta scura.

-Ho smesso di leggere le poesie moderne quando hanno cominciato ad assomigliare a messaggi in codice scambiati tra alieni solitari costretti a vivere in un mondo ostile-

Willow rise divertita.

-In effetti alcuni autori sono piuttosto...ermetici. D'altra parte un piccolo cambiamento di stile non potrebbe farti che bene...magari anche provare un look un po' più aggiornato...-

Spike la guardò piccato.

-Ci ho messo più di cento anni a trovare il look perfetto e ora vorresti che lo abbandonassi solo per seguire delle stupide mode passeggere? Sto benissimo così, grazie tante, e non mi sembra che qualcuno si sia mai lamentato del mio aspetto fisico se è per questo...-

Willow alzò le mani in segno di pace.

-Scusa, scusa! Non prenderla così sul personale...-

Spike si fermò incrociando le braccia sul petto.

-Stai parlando di cambiarmi il guardaroba e la biblioteca, a me sembrano cose piuttosto personali. Non ricordo di aver mai fatto commenti sui tuoi completini psichedelici o sui tuoi gusti letterari che per la cronaca includono pietre miliari come Vogue-

-Ehi! Vogue è una rivista di classe! E poi ci sono un sacco di modelle carine...e i miei vestiti non sono psichedelici!-

-No certo, sembrano solo dipinti da un pittore cubista...e daltonico-

-Almeno io conosco l'esistenza di altri colori oltre al nero...che per la cronaca non è neanche un colore-

-Per tua informazione ho anche delle camicie rosse-

-Oh deve essere per questo che passi tre quarti d'ora davanti all'armadio ogni mattina...vediamo cosa potrei mettere? I jeans neri con la maglietta nera e la camicia rossa o i jeans neri con la maglietta nera e la camicia rossa...un dubbio amletico non c'è che dire-

-Bè almeno non abbino il rosso al rosa...e poi il mio stile è un classico e sai cosa si dice dei classici, non passano mai di moda-

-Allora forse dovrei cominciare a chiamarti Aroldo...un nome classico, sempre al passo con i tempi...-

Spike la guardò in tralice.

-Devi solo provarci-

Ridendo Willow lo prese sotto braccio e insieme si avviarono verso l'uscita del parco.

L'uomo smise di correre, seguendo con lo sguardo la coppia che si allontanava. Si avvicinò alla panchina su cui Spike si era esibito, solo pochi istanti prima, e si sedette. Il ragazzino lo aveva portato direttamente da lui, come aveva previsto. Spike. Aveva passato gli ultimi venticinque anni a cercarlo e ora eccolo lì, a portata di mano. Peccato che le cose non stessero esattamente come aveva creduto. Gli era stato detto di cercare un vampiro e lui si era preparato di conseguenza. Si era allenato senza tregua, ogni singolo giorno, per raggiungere la preparazione atletica necessaria ad affrontare un demone. Aveva imparato tutto quello che c'era da sapere su vampiri e affini, studiando instancabilmente, fino quasi a perdere la vista. Aveva girato mezzo mondo, ripercorrendo le strade già tracciate da Spike e dalla stirpe di Aurelius, fino ad arrivare a stabilirsi addirittura sulla Bocca dell'Inferno. E tutto questo solo per scoprire che il suo avversario era in qualche modo tornato a essere un uomo qualsiasi.

Robin Wood si strinse nelle spalle prima di alzarsi e uscire dal parco.

-Poco male. Vorrà dire che ucciderlo sarà più semplice del previsto-

+ + +

Rupert Giles sorbì un lungo sorso di tè mentre osservava la notte calare sugli edifici di Sunnydale.

Spike aveva ragione dopotutto. Il ragazzo sapeva poco o niente dell'Eletto e della sua missione. Ma la chiacchierata privata era stata ugualmente molto utile. Certo si trattava solo di sogni, ma i disegni che aveva avuto occasione di vedere erano senza dubbio molto accurati e da quello che gli aveva raccontato Willow i demoni che vi campeggiavano erano identici a quello che Spike aveva affrontato con scarsi risultati a Boston.

Per non parlare della spada sacra. Il ragazzo ne aveva fatto una riproduzione a dir poco fedele. Probabilmente dipendeva dal fatto che suo nonno, a quanto gli aveva raccontato, era un celebre spadaio giapponese. A sentire lui un diretto discendente di Miyamoto Musashi, il più famoso Samurai della storia, quello che in molti ancora chiamavano il Principe della spada.

Avrebbero dovuto tenere d'occhio quel ragazzino e magari parlare con il suo famoso nonno. Poteva rivelarsi una preziosa fonte di informazioni considerato il fatto che, secondo la leggenda, la spada dell'Eletto era stata forgiata proprio in Giappone.

Naturalmente le cose sarebbero state infinitamente più semplici se avessero potuto recuperare la famosa spada. Ma sembrava che Quentin avesse qualche difficoltà a convincere i vertici del Consiglio ad affidare la reliquia nelle mani di un Osservatore ribelle ripetutamente sollevato dal suo incarico, un ex-vampiro che aveva messo a ferro e fuoco mezza Europa e una strega nera che aveva tentato di distruggere il mondo solo pochi mesi prima.

In effetti non c'era da stupirsi se facevano qualche resistenza.

Il problema era che il tempo cominciava a stringere e gli ultimi avvenimenti avevano ampiamente dimostrato che senza la spada erano del tutto impotenti di fronte ai nuovi demoni.

Con un sospiro l'Osservatore appoggiò la tazza fumante sul davanzale della finestra. Era ora di chiamare a raccolta le truppe.

+ + +

 

 

Note Nerd:

Allora vi piace Hiro adesso che finalmente lo avete visto in faccia? Anche se non si nota a prima vista è un mezzo demone, ma non proprio come Spike...i genitori di William infatti erano tutti e due umani!!

Il nome del detective è un omaggio allo scrittore di gialli Ed McBain.

E' già, contro ogni previsione (ma vi giuro che la sua identità l'avevo decisa molto prima di leggere i vostri commenti) "l'uomo con gatto nero" (aiuto sembra il titolo di un quadro impressionista) era proprio Spike...Sorpresa! Bè Dawn l'aveva detto che era sicura che lui fosse tornato, se poi nessuno le ha creduto non è colpa mia! §^0^§

La versione che Giles dà dell'episodio di Mosé e del Mar Rosso si ispira a una recente corrente di studi che ha effettivamente ritradotto il Testo Sacro originale mettendo in dubbio molti dei passaggi cruciali. Se volete approfondire l'argomento, ma non volete annoiarvi a morte con dissertazioni linguistiche e filologiche, vi consiglio i saggi di Moni Ovadia.

Miyamoto Musashi è il più abile e famoso samurai del Medioevo giapponese. Vissuto tra il 1584 e il 1645 dedicò la sua vita allo studio e alla pratica delle diverse tecniche di combattimento. In molti lo chiamano semplicemente Kensei, ovvero "principe della spada".

Il passo citato da Spike è, come nota Willow, tratto dal Poema in quattro canti "Il Pellegrinaggio di Aroldo il cavaliere" composto da George Byron tra il 1812 e il 1818. Secondo una famosa frase del Lord inglese grazie a quest'opera "una mattina si svegliò per trovarsi celebre". Il Poema descrive i viaggi e le considerazioni di un cavaliere ribelle che disprezza gli uomini ma non disdegna i piaceri terreni e sceglie di trascorrere la sua vita in viaggio da un luogo all'altro. Le informazioni biografiche fornite da Spike sono tutte corrette, per chi se lo fosse chiesto, così come il riferimento a Goethe che davvero dedica un episodio della sua opera alla celebrazione di Byron. D'altra parte Willow non ha tutti i torti: Byron esercitò un influsso innegabile sulla letteratura e sull'immaginario "romantico", ma il suo mito è senza dubbio sproporzionato rispetto agli esiti artistici effettivamente raggiunti. Del resto i "romantici" furono molto più influenzati dalla sua vita che dalle sue opere...

 

 

 

 

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