Storie diverse

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Nulla è più pericoloso di un'idea, quando è l'unica che abbiamo.
Henry Van Dyke

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Sunnydale

Novembre 2002

 

-Dawn ti prego...vorrei parlarti-

La voce di Buffy suonò più nervosa di quanto avrebbe voluto. Dawn richiuse la porta d'ingresso sbuffando. Ci mancava solo l'ennesima ramanzina delle otto. Giusto per farla arrivare in ritardo di nuovo.

-C'è una cosa che...credo sia giusto che tu sappia che...ecco...-

Buffy si morse il labbro inferiore. Sapeva che stava facendo la cosa giusta. E poi nascondere il ritorno di Spike sarebbe stato come cercare di nascondere un elefante in un negozio di cristalli. O in un frigorifero. Lui le aveva raccontato una storia una volta sugli elefanti e i frigoriferi. Com'è che cominciava?

-Buffy, non c'è bisogno di fare quella faccia costipata. E poi qualunque cosa tu voglia dirmi non sarà peggio di quello che mi dirà il Preside Wood se farò tardi un'altra volta-

Vogliamo scommettere? Buffy serrò i pugni cercando di mantenere la calma. Forse quella storia di contare fino a cento non era poi una cattiva idea...peccato non ci fosse mai il tempo di metterla in pratica.

-Spike è tornato-

Bomba sganciata. Attendiamo la quantificazione dei danni. Diavolo. Doveva smettere di guardare Pearl Harbor. Ma non era certo colpa sua se nessuno lo aveva riportato al videonoleggio. E poi Ben Affleck e Josh Hartnett nello stesso film, bè chiunque avesse deciso per quel casting metteva a dura prova una povera ragazza impossibilitata a sfogare i propri ormoni...e a proposito di questo...rialzò lo sguardo su Dawn preparando il suo apparato uditivo a ricevere le sue grida agli ultrasuoni.

Ma sua sorella la guardava in silenzio, con un'espressione compassionevole sul volto. Dio, era preoccupata per lei...forse c'era ancora speranza per loro...forse dopotutto non la odiava davvero...

-E' tutto qui?-

Buffy la fissò con dolorosa sopresa. Perché aveva sbagliato di nuovo. Non era compassione quella che animava il volto della ragazza di fronte a lei, ma pietà. Unita forse anche a una punta di contenuto disprezzo.

-Come sarebbe a dire tutto qui?-

Dawn scrollò le spalle cominciando a infilarsi la giacca che aveva appoggiato sulla sedia.

-Hai dimenticato che la finestra della mia camera si affaccia sul portico dietro casa?-

Buffy si lasciò ricadere contro il bancone della cucina. Dawn sapeva. Lo aveva saputo forse ancora prima di lei...

-Non mi hai detto niente...-

Dawn scoppiò a ridere sinceramente divertita.

-Bè sorellina, direi che siamo pari, no?-

Buffy la trattenne per un braccio, prima che potesse uscire dalla porta.

-Questa non è una gara, Dawn. Non lo è mai stata-

La ragazza si fermò un istante a fissarla. Poi si liberò dalla sua stretta, prima di risponderle con un sorriso.

-Ne sei proprio sicura?-

Buffy la guardò sparire oltre la soglia mentre uno strano senso di nausea le attanagliava lo stomaco. Lasciò vagare lo sguardo nella cucina luminosa e pulita. Non c'era un solo oggetto fuori posto. Tutto era dove sarebbe dovuto essere. Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto, diceva sempre sua madre.

E non per la prima volta Buffy Summers si chiese qual'era il suo posto nel mondo o se ne aveva uno, tanto per cominciare.

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La voce di Willow risuonò forte e chiara nel corridoio del supermercato.

-E' assolutamente fuori discussione-

Spike incrociò le braccia sul petto con ostinazione.

-No. Quello che è fuori discussione è che io ti dia i miei soldi per affittare una casa che non ho neanche mai visto!-

Willow alzò gli occhi al cielo esasperata.

-Non ci sarà nessuna casa da affittare se ti presenti in quelle condizioni all'agente immobiliare!-

Spike tornò a concentrarsi sullo scaffale dei latticini senza mostrare il minimo cedimento.

-Non capisco di cosa parli...-

-Oh non lo so Spike, forse del tuo abbigliamento dark o dei tuoi capelli platinati o magari della tua faccia che sembra quella di un pugile appena sconfitto per K.O.-

Spike schioccò le dita soddisfatto.

-Buona idea! Diremo che sono un pugile. Un pugile che ha appena vinto un incontro importante...qualcosa a Las Vegas, sì uno di quegli incontri strapagati dove ti obbligano a indossare dei ridicoli boxer di raso lucido...mhh, no a ripensarci diremo che sono un pugile di periferia, già un eroe dei sobborghi...una specie di Sylvester Stallone del nuovo millennio, solo molto più sexy e con una faccia più intelligente...-

-Spike, l'affittuaria è una donna anziana e posso dirti fin d'ora che un pugile di periferia non è certamente il suo inquilino dei sogni-

-Bé allora trova un'altra casa. Una che possa venire a vedere senza dovermi travestire come un dannato impiegato comunale-

Willow serrò le labbra cercando per l'ennesima volta di ricordare il motivo per cui aveva voluto coinvolgere Spike in quella faccenda.

-Credimi Spike, questa è la casa perfetta. Non ne troveremo mai una migliore di questa. Due camere da letto, ampio soggiorno, cucina abitabile, terrazza esposta a sud, due bagni...-

Spike guardò la ragazza con un'espressione sarcastica.

-Ti prego Rossa, risparmiami! Se volevo sentire frasi come cucina abitabile e terrazza esposta a sud sarei andato a parlare con la tizia dell'agenzia-

Willow trasse un profondo respiro.

-D'accordo. Che ne dici allora di una stanza insonorizzata dove potrai suonare o ascoltare musica Punk a tutte le ore del giorno e della notte, di uno scantinato facilmente trasformabile in una palestra e di uno stupendo giardino?-

Gli occhi di Spike la fissarono perplessi, ma evidentemente interessati.

-Quante stanze ha esattamente questo *appartamento*?-

-Bè ecco...in effetti più che un appartamento direi che è una piccola villetta...-

-Una *villetta*-

-Sì...ma al prezzo di un appartamento!-

-Mm hm. E per quale ragione la proprietaria affitta una villa di almeno otto stanze al prezzo di un bilocale?-

Willow si morse il labbro inferiore nervosamente.

-Bè ecco...ti ho già detto che la proprietaria è una signora piuttosto anziana...e sai com'è, a volte l'età gioca brutti scherzi...insomma si è convinta che la sua casa sia infestata da una famiglia di fantasmi...non è ridicolo?-

Spike a dirla tutta non ci trovava assolutamente niente di ridicolo.

-Vorresti andare ad abitare in una casa infestata da un gruppo di dannati spettri?-

-Naturalmente faremo un esorcismo prima di entrare! Sarà semplicissimo, te lo assicuro!-

-Tu sei totalmente pazza!-

-E tu sei totalmente irragionevole!-

Spike alzò le braccia al cielo in segno di resa prima di dirigersi verso il banco dei surgelati. Willow lo fissò indecisa per qualche istante, ma un buon generale sapeva quando lasciare il campo di battaglia. Naturalmente non si trattava di una resa incondizionata...solo di una ritirata strategica.

-Non dimenticare il gelato alla fragola!-

Con un gesto annoiato Spike la invitò poco elegantemente ad andarsene. Quella strega sapeva essere più noiosa di una zanzara a volte.

Sospirando riportò la sua attenzione sulle quattro diverse qualità di spinaci surgelati. Già non capiva quale assurda convinzione salutista costringesse la gente a mangiare quella roba, ma che adesso gli si chiedesse anche di scegliere tra quattro cose assolutamente identiche...Tutte e quattro le confezioni giuravano, con caratteri cubitali, di offrire gli spinaci più freschi e sani. Niente anticriptogamici, niente conservanti, niente coloranti, niente agenti transgenici...c'era da chiedersi se ci fosse effettivamente *qualcosa* dentro quelle dannate scatole. E naturalmente tutte e quattro le confezioni assicuravano di offrire il miglior rapporto qualità-prezzo. Sangue di maiale. Quello era un alimento nutriente ed economico con un ottimo rapporto qualità-prezzo. La verità è che non aveva apprezzato abbastanza la semplicità della sua vita da vampiro chippato. Ma si sa, l'erba del vicino è sempre più verde. E così ecco che si ritrovava in uno stupido supermercato a scegliere un po' di quella dannata erba verde. E neanche poteva dire che non se l'era cercata. Diavolo. Era andato in capo al mondo a cercarsela.

Con un gesto rabbioso si impadronì della confezione più vicina per poi scaraventarla con evidente sollievo dentro il carrello della spesa.

Con occhio critico spostò l'attenzione sul settore gelati e affini. Contò rapidamente sei qualità di gelato alla fragola. Omogeneo, variegato, con fragole intere, a base di latte di soia, con panna, con yogurt. Quella era l'ultima volta. La prima e l'ultima volta che si lasciava convincere a entrare in un dannato centro commerciale.

-E così hai davvero cambiato dieta-

Spike si voltò sorpreso. Lui lo guardava con un sorriso divertito.

Decisamente era stata una cattiva idea entrare in quel centro commerciale.

-Il signor Giles ti costringe a fargli la spesa in cambio di vitto e alloggio?-

Spike si limitò ad assentire in silenzio, troppo sorpreso dall'incontro per fidarsi della propria voce.

Dove diavolo era finito il ragazzino ostinato e odioso che lo aveva preso a pugni solo la notte prima, rovesciandogli addosso tutte le sue frustrazioni? Di certo non lo riconosceva nell'uomo in completo grigio e cravatta scura che lo osservava con calma serafica dal fondo del corridoio.

Xander lasciò che il suo sorriso si trasformasse in una risata sincera. Certi momenti avrebbe davvero voluto incorniciarli. William il sanguinario, il vampiro che aveva terrorizzato le notti di intere generazioni, nonché le sue, il cacciatore di Cacciatrici, fermo di fronte al banco dei surgelati di un supermercato di periferia con in mano una confezione di gelato alla fragola e sul viso un'espressione di assoluta e completa meraviglia. Non smise di ridere neanche mentre si avvicinava a lui con passi misurati.

-Sai, era il preferito di Willow-

Spike si riscosse cercando di mettere a fuoco le parole dell'uomo, senza particolare successo. Il suo smarrimento doveva essere evidente, perché Xander si sentì in dovere di precisare.

-Il gelato alla fragola, Willow lo adorava-

Willow, certo. All'improvviso essere entrato in quel supermercato gli sembrava l'idea più idiota che avesse mai avuto. Dopo quella di venire a Sunnydale per uccidere una certa Cacciatrice. E naturalmente dopo quella di andare in Africa per recuperare una certa anima. Ci mancava solo che...

-Insomma ti vuoi muovere? E' più di un quarto d'ora che ti aspetto alla cassa!-

Appunto.

Spike lasciò ricadere la scatola di gelato nel carrello aspettando l'inevitabile.

Willow si bloccò a pochi passi da loro, pietrificata, mentre Xander si voltava lentamente verso di lei.

Finalmente erano lì, uno di fronte all'altra. Un passato ingombrante alle spalle e niente più comode regole sociali a proteggerli. E forse più niente di niente a legarli.

Xander respirò a fondo, socchiudendo gli occhi per un attimo.

Willow serrò i pugni cercando di prepararsi mentalmente a riceverle. Le recriminazioni e le accuse. Le parole piene di astio e delusione. Quelle acuminate come coltelli. Xander gliele avrebbe lanciate contro una dopo l'altra, con la sua mira precisa ed efficacie. E avrebbe centrato il bersaglio, come sempre. Non le restava che aspettare pazientemente e sperare che le restasse ancora la forza di respirare, dopo. O forse Xander non le avrebbe detto niente. Forse l'avrebbe semplicemente superata con passo sicuro, senza neanche degnarla di un secondo sguardo.

E lei era pronta. Aveva provato e riprovato quella scena centinaia di volte. Era pronta ad accettare tutto quello che le sarebbe ricaduto addosso con dignità e coraggio. Come una vera Amazzone. Come avrebbe voluto Tara. Avrebbe avuto la sua crisi di pianto più tardi, davanti a una tazza di tè, magari mentre la voce calda di Spike leniva le sue ferite. Per adesso doveva mostrarsi matura e controllata. Era pronta a qualunque evenienza.

Tranne a quella che prese forma davanti ai suoi occhi.

Ecco, a quella non era pronta per niente.

Cercò gli occhi azzurri di Spike, in un disperato tentativo di dare un senso a quello che stava accadendo. Ma li trovò più stupiti e attoniti dei suoi.

E allora tornò a guardare gli occhi scuri di Xander da cui continuavano a scivolare lente e silenziose delle lacrime.

In mezzo all'asettico corridoio di un supermercato, tra il banco dei surgelati e quello del cibo per cani, di fronte a due delle creature che erano arrivate più vicine ad ucciderlo, Xander, l'inossidabile Xan-man, stava piangendo.

Willow si sentì improvvisamente mancare la terra sotto i piedi, ma non ebbe il tempo di accorgersene, perché Xander fu su di lei in un lampo stringendola in un abbraccio che aveva il sapore inaspettato del perdono e quello acre del rimorso. Per un attimo rimase perfettamente immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, davanti a sè.

Xander guardò oltre la spalla di Willow, negli occhi azzurri del demone che lo osservava incerto, con la testa leggermente inclinata, appoggiato al banco dei surgelati. E gli venne di nuovo da ridere e pensò che quello era un altro di quei momenti che avrebbe voluto incorniciare. Troppo incredibile per essere vero. Troppo vero per essere credibile.

Sentì Willow ricambiare debolmente il suo abbraccio e sorrise con una dolcezza di cui non si credeva più capace. E poi, per una volta, Xander Harris disse quello che sentiva davvero e non quello che pensava di dover dire.

-Non vedevo l'ora che tornassi, Will. Mi sei mancata da morire-

E Spike sentì qualcosa sciogliersi dentro di lui. Perché contro ogni aspettativa e contro ogni previsione, qualcosa era ritornato al suo posto. E quando vide le spalle di Willow scosse da una serie di singhiozzi leggeri, seppe che anche dentro di lei qualcosa si era sciolto.

E che almeno lei aveva ritrovato il suo posto.

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La guardava, seduta nel sole. La luce dorata che traeva riflessi ramati dai suoi capelli castani. Gli occhi azzurri illuminati dalle pagine del libro che teneva sulle ginocchia. Di tanto in tanto si scostava i capelli dal volto, in un gesto dall'armonia inconsapevole. Hiro non riusciva a staccare gli occhi da lei. Da parecchio tempo, a dire il vero. Forse addirittura da quel pomeriggio in cui lei si era schierata contro sua sorella, contro la sua stessa razza, per difenderlo.

Continuò a guardarla, appoggiato alla rete metallica che delimitava il cortile della scuola. Incapace di muoversi. Incapace di decidersi ad avvicinarsi. Incapace di costringersi ad allontanarsi.

Poi, d'un tratto, lei alzò il capo puntando gli occhi azzurri nella sua direzione. Richiamata da un rumore, forse. O magari dall'intensità del suo sguardo.

Lo salutò con la mano, sorridendo, come una qualunque ragazza avrebbe fatto scorgendo in lontananza un amico.

Eppure erano ben lontani dall'essere due ragazzi come gli altri. Figuriamoci due amici.

Dawn si alzò dalla panchina richiudendo il libro con un gesto deciso e camminando sicura verso di lui, quando fu a pochi passi dalla rete metallica gli sorrise di nuovo.

-Pronto per il corso d'arte?-

Hiro la fissò fino in fondo agli occhi. Fino a che Dawn non si sentì rabbrividire.

-Era al corso d'arte che pensavi di passare il pomeriggio, prima di vedermi?-

Un lampo colpevole passò negli occhi azzurri della ragazza, subito nascosto da un sorriso fin troppo aperto.

-Non ti capisco. Dove altro avrei dovuto passarlo?-

Hiro non rispose, limitandosi a fissarla in cerca di una risposta che non trovava nelle sue parole. Dawn scrollò le spalle con noncuranza stringendo il libro al petto e cominciando ad allontanarsi.

-Su, andiamo o faremo tardi-

-La vita non è uno scherzo, prendila sul serio...-

Dawn si girò di scatto verso di lui, gli occhi blu ancora più grandi del solito.

-Come?-

-E morrai sapendo che nulla è più bello, più vero della vita-

Dawn continuò a guardarlo senza mostrare di riconoscere le sue parole. Hiro indicò con il capo il libro tra le mani della ragazza.

-E' una poesia di Hikmet. L'autore del libro che stavi leggendo-

Dawn assentì incerta sentendosi in dovere di giustificarsi.

-L'ho cominciato da poco...-

Hiro intrecciò le dita nella rete metallica.

-Non è un autore molto conosciuto qui in America...te lo ha consigliato un amico?-

Dawn si morse nervosamente il labbro inferiore.

-No è che...lo sto leggendo per uno dei corsi supplementari-

Hiro osservò il volto della ragazza cambiare sotto l'influsso di emozioni confuse e potenti.

-Davvero?-

Dawn rialzò il capo con maggiore convinzione.

-Sì, certo. Il corso della signora Bening...-

-Strano. Anch'io seguo quel corso e non l'ho mai sentita parlare di Hikmet...-

-Bè ti sarà sfuggito...e poi non è che tu sia esattamente lo studente più attento della classe, impegnato come sei a fare quei disegni...-

-Quelli in cui hai riconosciuto il tuo misterioso amico?-

Dawn indietreggiò colpita. Non le piaceva quando le conversazioni prendevano una piega inaspettata e con quel ragazzo capitava un po' troppo spesso.

-Non ho riconosciuto nessuno...ho solo notato una certa somiglianza, ecco tutto...-

Le labbra del ragazzo si aprirono in un mezzo sorriso.

-L'ultima volta che ci siamo visti mi hai chiesto se l'avevo incontrato di recente, questo tuo amico...-

Dawn scrollò le spalle cercando di sciogliere la tensione che sentiva accumularsi nella schiena.

-E allora?-

-Volevo solo dirti che l'ho incontrato, in effetti. E di recente-

Dawn aprì la bocca un paio di volte, ma non sembrò risolversi ad articolare una frase di senso compiuto, così Hiro riempì il silenzio circostante.

-Proprio l'altra sera, dopo che tua sorella mi ha gentilmente invitato ad andarmene da casa vostra. Ero sulla via del ritorno e mi è spuntato davanti, come se niente fosse...ti confesso che è stato un bel colpo. E per te come è stato rivederlo?-

Dawn strinse inconsciamente il libro di fronte a sé, quasi potesse farle da scudo.

-Chi ti dice che l'abbia rivisto?-

Hiro rise sinceramente divertito.

-Me lo hai detto tu, Dawn. Quando non hai riconosciuto la poesia di Hikmet, per non parlare di quella storia sul corso della Bening, scommetto che quell'arpia neanche l'ha mai sentito nominare Hikmet, figurarsi se lo consiglia a una sua studentessa...invece Juhdiel mi sembra esattamente il tipo che potrebbe regalare un libro di poesie a una sua *amica*-

Dawn lo fissò perplessa

-Chi?-

Hiro si passò una mano tra i capelli scuri, annoiato.

-Juhdiel, William, Spike o come diavolo si fa chiamare adesso. Il tuo caro amico, quello che era partito per un lungo viaggio, quello che volevi disperatamente ritrovare, quello che ti ha regalato il libro di poesie di Hikmet, Dawn. C'è qualcosa nelle mie parole che ti suona vagamente familiare?-

Dawn gettò una ciocca di capelli dietro la spalla.

-E anche se fosse? Non vedo come la mia amicizia con Spike possa riguardarti...-

Hiro la guardò con durezza.

-Sei tu che mi hai coinvolto, se non ricordo male. Sei tu che sei venuta a chiedere il mio aiuto. Ti ho raccontato più cose di quante non ne abbia mai dette a qualunque altro essere umano. Ti ho dato la mia fiducia e in cambio tu mi hai trattato come un estraneo qualunque. Perché non mi hai detto che lui era tornato? Credevo fossimo dalla stessa parte, Dawn-

Dawn replicò con ostentata freddezza allo sfogo del ragazzo, più colpita di quanto non volesse ammettere.

-Io non sto dalla parte di nessuno. E ora scusami, ma non voglio fare tardi-

Hiro la osservò allontanarsi decisa.

-Questa storia non riguarda solo te e Juhdiel! Riguarda tutti noi!-

Dawn tornò sui suoi passi, furente.

-Lo vuoi capire che non c'è nessun Juhdiel? Ci sono io e c'è Spike. *Spike*, è chiaro? Uno che ne ha già passate abbastanza per riempire almeno cinque vite e che ora vuole solo essere lasciato in pace!-

-E allora i miei disegni? Anche quelli non significano niente?-

Dawn scosse la testa esasperata.

-Sono solo *disegni*, nient'altro! E poi c'è solo una vaga somiglianza con Spike, non puoi essere sicuro che sia lui...-

-Così come tu non puoi essere sicura che non si tratti di lui! Io non l'avevo mai incontrato, Dawn. Eppure mi ci è voluto meno di un secondo per riconoscerlo. Puoi anche nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che la tua vita sia quella di una ragazza come le altre, ma noi due sappiamo bene che le cose stanno diversamente...-

Dawn strinse il libro di poesie con rabbia e riprese a camminare verso l'aula di educazione artistica.

-Juhdiel non ti appartiene, Dawn! Lui appartiene al mondo e al suo destino!-

Dawn si girò un'ultima volta, le guance arrossate dalla rabbia repressa.

-Non c'è nessun destino superiore, Hiro. Niente che ci guidi dall'alto! Siamo soli nel mondo e l'unico appiglio che abbiamo sono le persone che ci amano e che noi amiamo a nostra volta. Perciò se pensi di strapparmi dalle mani l'unico appiglio che mi è rimasto, ti consiglio di pensarci una seconda volta. Non sono indifesa come sembro!-

In pochi passi sparì dietro l'edificio della scuola, lasciando Hiro a fissare lo spazio vuoto del cortile.

-Lo so che non sei indifesa, Dawn. E' proprio questo che mi spaventa-

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-Sia chiaro che sto aiutando Will con la spesa, non certo te-

Spike scrollò le spalle con noncuranza.

-Come vuoi Harris. E comunque questa roba la paga Rupert, perciò tecnicamente è lui che stai aiutando-

Willow osservò prima l'uno e poi l'altro con fare seccato.

-Non potreste fare una tregua almeno per i dieci minuti che impiegheremo ad arrivare alla macchina?-

Xander sembrò improvvisamente ricordarsi di qualcosa.

-E a proposito di macchina, non pensare neanche lontanamente di fumare nella mia, non voglio certo che diventi un posacenere ambulante come la tua!-

-Ti hanno mai detto che hai la verve di un ottantenne?-

-Io non ho nessuna verve! E comunque cosa diavolo vorrebbe dire verve? Non è neanche una parola! Di sicuro non è inglese...-

Spike alzò gli occhi al cielo con evidente esasperazione.

-Ah, i pregi dell'educazione moderna! Imparate a sventrare le rane e a cercare siti porno su Internet ma se vi chiedono chi è Shelley pensate a una marca di liquori-

Xander spostò i pacchi su un lato per guardare meglio il demone.

-Bè almeno io l'ho frequentata una scuola, mister distruggi e scappa-

Willow rise piano prima di intromettersi.

-Non per erodere la tua autostima Xan, ma il nostro William si è laureato in legge a Oxford e con il massimo dei voti-

Xander spalancò gli occhi scuri sul demone, attonito. Spike fissò Willow con un'espressione tradita sul volto.

-Ma brava, grazie! Perché non vai anche in giro a raccontare che porto gli occhiali, tanto per completare la devastazione della mia immagine?-

Xander sembrò improvvisamente riprendersi dallo stato di shock in cui era precipitato.

-Il terrificante William il sanguinario in realtà è un avvocatucolo secchione e con gli occhiali? Cioè fai tanto il bello e dannato, l'uomo che non deve chiedere mai...bè il demone che non deve chiedere mai, perlomeno...quando in realtà sei un totale e irrecuperabile nerd?-

Il ragazzo alzò platealmente gli occhi al cielo prima di continuare.

-Ma allora esiste un Dio!-

Willow scosse la testa annoiata.

-Xander ti prego smettila prima che questa storia diventi un caso nazionale-

Xander zittì Willow con una mano.

-No ti prego, non parlare. Non rovinare la perfezione del momento-

Socchiudendo gli occhi il ragazzo assunse un'espressione estatica.

-Ecco posso quasi vederlo...Spike in versione topo da biblioteca...Dio, in questa versione assomiglia terribilmente al signor Giles il primo anno che è arrivato a Sunnydale-

Spike si parò di fronte a lui con un'espressione minacciosa.

-Non sai quanto sei vicino a fare un bagno nel tuo sangue, Harris-

Willow sbuffò prima di scaricare le sue buste tra le braccia dei due uomini.

-Mentre confrontate il vostro livello di testosterone vado a comprarmi un'aranciata al distributore automatico-

Xander aprì gli occhi senza mostrare la minima impressione e squadrò il demone con sufficienza.

-Sì, sì, conosco il ritornello. Ti strapperò il cuore a morsi Harris, nuoterò nel tuo sangue Harris, ti farò ingoiare le tue stesse budella Harris...francamente Spike, dopo le prime duecento volte certe minacce smettono di essere...come dire...minacciosamente credibili-

Spike lo fissò con un sorriso inquietante.

-Già, ma vedi, all'epoca avevo un chip che mi impediva di passare ai fatti, adesso invece sono...come dire...libero di squartarti sulla pubblica piazza e sotto la luce del sole, se mi va-

Xander gli diede una pacca condiscendente sulla spalla.

-E squarteresti la cosa più vicina ad un amico che tu abbia mai avuto?-

Spike squadrò l'uomo che stava di fronte a lui con ostentato disgusto.

-Di che cosa stiamo parlando esattamente?-

-Di me ovviamente ed è inutile che fai il sostenuto, Anya mi ha raccontato tutto-

-Tutto cosa?-

-Vediamo le sue esatte parole sono state: "anche se non lo da a vedere Spike ti è molto affezionato, in fondo tu sei la cosa più vicina ad un amico che lui abbia mai avuto! Me l'ha detto lui stesso la notte in cui abbiamo dato sfogo alle nostre pulsioni sessuali sul tavolo del Magic Box"-

Spike scosse la testa contrito.

-Ti rendi conto vero che adesso sarò costretto ad ucciderla?-

Xander assentì distrattamente.

-Sì bè, mettiti in fila-

I due camminarono in silenzio per qualche metro. Spike osservò in tralice l'uomo al suo fianco prima di parlare di nuovo.

-Per quella storia con Anya...-

Xander scrollò le spalle stancamente.

-Avevi ragione tu. Io l'avevo lasciata nel modo peggiore...lei aveva tutti i diritti di rifarsi una vita...per così dire. Credo di essermela presa a quel modo solo perché si trattava di te-

Spike serrò le labbrà in un'espressione contratta.

-Già. La tua fidanzata che sceglie di tradirti con una cosa morta e senz'anima. Deve essere un discreto colpo per l'autostima di un uomo...-

Xander scosse la testa sorridendo.

-Non si tratta di questo. Quello che ha detto Anya...la storia dell'amico e il resto...valeva anche per me. Anche se non ho mai voluto ammetterlo. Dopo che Oz se ne è andato...bè adoro Willow, Buffy e Dawn, ma è stato un sollievo in questi anni avere qualcuno con cui andare a giocare a biliardo o guardare la partita il venerdì sera...e quando Buffy...insomma...quell'estate...non credo ce l'avrei fatta da solo. Avevo davvero cominciato a fidarmi...a considerarti un amico senza neanche accorgermene e quello che è successo con Anya...e con Buffy...mi sono sentito un idiota per essermi fidato...per averti considerato più di un comodo alleato anche solo per un attimo...per averti permesso di avvicinarti abbastanza da ferirmi-

Spike fissò lo sguardo di fronte a sé, oltre l'orizzonte.

-Sono un demone. Istinto animale e tutti gli annessi e connessi. Cosa ti aspettavi? Che ti regalassi un dannato cucciolo a Natale e mi mettessi a cantare Jingle Bells davanti alla tua porta? Che mi comportassi come il tuo amichetto del cuore?-

Xander sembrò riflettere qualche istante sulla questione.

-In effetti era esattamente questo che mi aspettavo. Voglio dire, non la parte sul cucciolo e Jingle Bells, anche se devo ammettere che sarebbe quanto meno divertente...ma il resto...-

L'uomo si voltò a fissare il demone negli occhi.

-Mi hai salvato la vita tante di quelle volte che ormai avevo cominciato a dare per scontata la tua presenza e il fatto che ti saresti sempre comportato come un alleato fedele-

Xander sorrise prima di proseguire.

-L'ho capito l'altra sera, all'improvviso. Quando il demone si è impossessato della mia mente ho capito che non era odio quello che provavo nei tuoi confronti. Non lo era più da tanto tempo. Ho capito all'improvviso che quello che provavo nei tuoi confronti non era molto diverso da quello che provavo per Anya...-

Spike ricambiò il sorriso di Xander con un'espressione sarcastica negli occhi.

-E' questo il punto dove mi dichiari amore eterno e ci allontaniamo mano nella mano sullo sfondo di un tramonto fiammeggiante?-

Xander non diede segno di stare al gioco.

-Quello che provavo nei tuoi confronti era delusione. Delusione per essere stato tradito nel modo più doloroso da una persona di cui mi fidavo. Da qualcuno che consideravo un amico-

Spike distolse lo sguardo infastidito.

-Avresti dovuto saperlo che sarebbe finita così. Hai sbagliato a fidarti...sono solo...un demone come tutti gli altri-

Xander non rispose immediatamente e Spike avanzò di qualche passo prima di girarsi verso di lui con aria interrogativa. E fu in quel momento che le parole dell'uomo lo colpirono in pieno viso, come degli stiletti affilati.

-Credi che Buffy si sarebbe lasciata sorprendere in quel modo se tu fossi stato solo un demone come tutti gli altri? Andiamo Spike, lei è la Cacciatrice! L'ho vista rifarti i connotati almeno un centinaio di volte. Credi che se si fosse trattato di qualunque altro demone non sarei venuto a cercarti dopo quello che avevi fatto? Credi che non ti avrei ucciso senza pensarci due volte?-

Spike riprese a camminare cercando di allontanarsi da quella voce, ma le parole di Xander lo raggiunsero ugualmente.

-Il punto è che non era un demone qualunque che ci aveva traditi. Eri tu-

-Sì bè, grazie per il bel viaggetto nel dorato mondo dei nostri ricordi comuni, ma adesso sarà meglio arrivare a quella dannata macchina prima che la tua amica Wicca si faccia venire una crisi isterica-

Spike fece per riprendere a camminare, ma Xander lo trattenne per un braccio.

-Quello che voglio dire, Spike, è che non dimentico quello che hai fatto a me o a Buffy, il modo in cui ci hai feriti...-

Il demone si liberò dalla stretta dell'uomo con un gesto secco.

-Cos'è, vuoi fare un replay dell'altra sera? Perché ti avverto che questa volta non farò la parte del pungiball...-

Xander lo fissò negli occhi, con uno sguardo spaventosamente adulto, e all'improvviso Spike si rese conto che l'ultimo anno non aveva cambiato solo lui. La voce insolitamente pacata dell'uomo proseguì, come se nulla fosse.

-Così come non dimentico quello che hai fatto per me o per Buffy, il modo in cui ci hai protetti...e salvati, nonostante tutto, anche a costo di rinnegare la tua stessa natura...di andare in capo al mondo per cambiarla-

Spike rimase immobile qualche secondo, incapace di replicare. Perché doveva per forza essere finito in una realtà parallela, anzi no, neanche in un universo alternativo Xander Harris gli avrebbe mai parlato in quel modo.

-D'accordo, chi sei tu e che ne hai fatto di Harris?-

Xander scoppiò a ridere, una risata piena e sincera, una di quelle che Spike non gli sentiva fare da tempo.

Willow li raggiunse in quel momento, una lattina di aranciata in mano.

-Cosa c'è da ridere?-

Senza rispondere, Xander prese sottobraccio la ragazza e ricominciò a camminare verso la macchina. Spike li seguì scuotendo la testa. Decisamente le cose non stavano andando secondo i suoi piani. Del resto non era mai stato bravo a pianificare. E per una volta ne era anche contento.

+ + +

Robin Wood li osservò avviarsi verso una Station Wagon. La ragazza era la stessa che aveva già visto con lui una volta. Il ragazzo era quel costruttore. Harris. Aveva contribuito a rimettere in piedi la Sunnydale High School. Aveva sempre creduto che fosse una persona rispettabile. Bè le apparenze erano spesso ingannevoli. Lo sapeva meglio di chiunque altro.

Il demone se ne stava accanto a loro, le braccia cariche di buste della spesa. E rideva anche, di tanto in tanto. Come un uomo qualunque.

Mangiava, rideva, camminava. Come una persona normale.

Poteva ingannare quei ragazzini. Plagiarli magari.

Poteva ingannare il Consiglio degli Osservatori e quello dei demoni. Qualcuno poteva illudersi di aver ritrovato in lui un salvatore.

Ma di certo non poteva ingannare lui. Né tanto meno plagiarlo.

Perché lui sapeva chi era veramente. Sapeva quello che aveva fatto. E non si sarebbe lasciato fermare da un piccolo cambiamento di status.

Avrebbe avuto la sua vendetta. E l'avrebbe avuta presto.

-Allora ci vediamo a casa, Rossa-

Lo vide posare gli ultimi pacchi nel baule della macchina mentre la ragazza lo guardava contrariata.

-Come sarebbe a dire?-

Anche l'uomo lo fissava con una certa indecisione. Il demone rivolse a entrambi un sorriso consapevole.

-Bè non voglio trovarmi nel mezzo di qualche abbraccio di gruppo e poi le riunioni di famiglia non sono mai state il mio genere-

-Ti prego! Ma se non hai desiderato altro da quando hai minacciato di ucciderci la prima volta!-

Il tono dell'uomo era chiaramente sarcastico.

-Harris, dammi retta, non cominciare discorsi di cui non vuoi sentire la fine...-

Con un gesto della mano che voleva forse essere una qualche specie di saluto, il demone si allontanò con lunghe falcate dai due esseri umani.

Robin Wood sorrise compiaciuto. La resa dei conti sarebbe arrivata prima del previsto.

+ + +

-Vorresti dire che non sono ancora riusciti a scoprire dove si trova?-

Dall'altro capo del telefono ci fu una lunga pausa.

-L'ultima ubicazione segnalata nei manoscritti a nostra disposizione corrisponde a un punto imprecisato sotto la sede del Consiglio degli Osservatori. Immagino saprà che i sotterranei in quel punto sono un vero e proprio labirinto e le nicchie disponibili almeno un migliaio-

Rupert Giles si aggiustò gli occhiali cercando di venire a capo della situazione.

-Capirai anche tu che fatico non poco a credere che una reliquia di tale importanza sia stata abbandonata in un punto imprecisato del sistema fognario sotto il Consiglio, senza che nessuno si curasse di controllarne lo stato di conservazione o addirittura l'effettiva presenza-

-Le confesso che nutro le sue stesse perplessità-

La voce della ragazza gli arrivò stanca e vagamente rassegnata attraverso il sottile collegamento telefonico.

-Avete controllato tutti i reperti presenti nell'archivio museale del Consiglio? Forse la reliquia si trova lì e non è stata riconosciuta...-

-Non è certo un oggetto che possa passare inosservato signor Giles, sono sicura che se ne rende perfettamente conto-

Giles strinse tra le dita la cornetta del telefono. Naturalmente, era una cosa di cui si rendeva perfettamente conto. E proprio per questo non riusciva a credere che Quentin Travers non ne conoscesse la collocazione esatta. Un oggetto di tale valore e potere abbandonato in qualche sotterraneo umido come lo scarto di un rigattiere. Assolutamente inconcepibile.

-Almeno siete riusciti a recuperare i documenti correlati?-

-Ho raccolto e archiviato tutti i dati disponibili-

Giles intrecciò il filo del telefono tra le dita producendo un groviglio molto simile a quello formato dai suoi pensieri.

-Quando pensi di metterti in viaggio per raggiungerci?-

La ragazza rispose senza la minima esitazione.

-Sono già in viaggio-

Giles assentì silenziosamente, prima di rendersi conto che la sua interlocutrice non poteva cogliere in alcun modo il suo gesto.

-Abbi cura di...-

-I documenti arriveranno a destinazione sani e salvi signor Giles. Non si deve preoccupare-

Giles sorrise suo malgrado.

-Non è di questo che mi preoccupo, infatti. Come stavo dicendo, abbi cura di *te*. Ho la netta impressione che il legittimo proprietario tenga più a ricongiungersi con te che a leggere quei documenti-

Bethany sorrise a sua volta all'altro capo del telefono, grata che l'Osservatore non potesse vedere l'effetto delle sue parole su di lei.

-So badare a me stessa, signore. Le comunicherò l'ora del mio arrivo appena possibile-

Rupert Giles riagganciò la cornetta con un sospiro. Tutto sommato le cose cominciavano a muoversi. Il Consiglio sembrava più che disposto a collaborare e a condividere le proprie informazioni. Si sarebbe dovuto sentire più che soddisfatto. E allora cos'era quello strano senso di inquietudine che lo attanagliava?

+ + +

-E questo è tutto. Dio, mi sembra di essere uno di quei vecchi cartoni animati della Warner. Ehi ti ricordi quella puntata con Road Runner e Bugs Bunny che si sfidano nel Grand Canyon?-

Spike spostò la ghiaia bianca con la scarpa.

-Comunque credo non avranno grossi problemi...la Rossa e il carpentiere, intendo...insomma se hanno superato così l'impatto iniziale il resto è discesa, no?-

La lapide continuò a fissarlo silenziosa. Spike lo prese come un assenso.

-In ogni caso ti terrò aggiornata. Ma adesso passiamo a cosa più serie...-

Il demone si accomodò sull'erba umida accanto alla tomba.

-Vediamo...dove eravamo rimasti...ah sì. Dunque Caroline ha confessato a Mick di essere innamorata di Josh. Bè noi l'avevamo capito da secoli che sarebbe finita così! Voglio dire, era evidente che lei stava con Mick solo perché si sentiva in colpa per avere tentato di ucciderlo nella prima serie. Comunque Mick decide di andare ad affrontare Josh, ma quando arriva a casa sua trova Maria...sai quel nuovo personaggio, la domestica, naturalmente è ovvio che l'hanno infilata nel cast solo per farla mettere con Mick e infatti tempo cinque minuti e bang! I due finiscono a letto insieme. Sai attrazione fatale e roba del genere. Figurati, non hanno alcuna speranza, questo genere di relazione non va mai a finire bene...-

Un rumore di passi sul sentiero attirò la sua attenzione. Spike si alzò lentamente, cercando di mettere a fuoco il nuovo arrivato.

Un uomo di colore sui trentacinque anni. Un bell'uomo a dire il vero, alto ed elegante, avvolto in un cappotto scuro che drappeggiava la sua corporatura come un mantello. All'improvviso Spike sentì la mancanza del suo vecchio spolverino.

Lo vide avanzare con passo sicuro lungo il sentiero, proprio nella sua direzione.

-Scusa Joyce, finiremo questa chiacchierata un'altra volta-

Spike si allontanò dalla tomba di qualche passo, scrutando il volto ombroso dell'uomo attraverso gli occhi socchiusi.

C'era qualcosa in lui...qualcosa che...

La voce calda e profonda dello sconosciuto interruppe il pensiero prima ancora che potesse prendere forma.

-Bella serata non trova?-

Spike rilasciò un respiro che non si era accorto di aver trattenuto e assentì silenziosamente.

Gli occhi dell'uomo presero una sfumatura più dolce mentre riprendeva a parlare.

-Abbiamo avuto un clima mite quest'anno. Non ricordo un Novembre così caldo da...mi faccia pensare...dal 1977-

Spike incrociò le braccia sul petto guardando l'uomo da sotto in su. Ci mancava solo un damerino con la mania di conversare nei cimiteri per chiudere la sua giornata in bellezza.

-Non ho mai fatto molto caso al clima a dire la verità-

L'uomo rise sinceramente divertito prima di fissarlo con uno sguardo fin troppo diretto.

-Già. Per certe *persone* il clima esterno è piuttosto ininfluente, vero?-

Spike si irrigidì impercettibilmente, ma ci voleva ben altro per scalfire la sua famigerata spavalderia.

-Non saprei proprio-

L'uomo sembrò stupito dapprima, poi un'espressione consapevole gli attraversò gli occhi di velluto scuro.

-Ma certo. Le cose cambiano per tutti. Le chiederei anche di raccontarmi la sua storia, ma francamente...non ho tempo da perdere-

Spike sollevò un sopracciglio mentre sul suo volto si disegnava un'espressione strafottente.

-Peccato. Le assicuro che è una storia molto interessante. Suspence, azione e naturalmente molto sesso. Stavo pensando di venderla a qualche sceneggiatore di Hollywood-

Robin Wood rispose con un sorriso freddo e ostile.

-Non credo che a Hollywood sarebbero interessati ai diritti di una storia che finirà con la morte del protagonista-

Spike scrollò le spalle con noncuranza.

-Tutti dobbiamo morire, prima o poi-

Wood ricominciò ad avanzare verso il demone sfiorando sotto le falde del cappotto un paletto di legno scuro, perfettamente affilato.

-Già. E alcuni devono morire prima di altri-

Gli occhi azzurri di Spike si fecero di un blu cupo e torbido. Quell'uomo aveva qualcosa di inquietante e al tempo stesso familiare. Si concentrò sul suo volto d'ebano, un volto che, nella sua mente, continuava a richiamarne un altro. Quasi non sentì i passi leggeri che si avvicinavano, dietro di lui. Quasi.

L'uomo sembrò notarla per primo.

-Buffy Summers se non sbaglio. Ci siamo visti all'incontro genitori insegnanti del mese scorso-

La ragazza annuì, un sorriso cordiale sul volto.

-Ha una memoria eccezionale, con tutte le persone che avrà visto non credevo potesse ricordarsi di me-

L'uomo sorrise a sua volta, ma fissò gli occhi in quelli di Spike.

-Certe persone sono difficili da dimenticare-

Buffy si portò al fianco del demone e incrociò le braccia sul petto.

-Lo prenderò come un complimento, allora-

L'uomo assentì distrattamente prima di congedarsi e sparire nel buio del cimitero, silenziosamente come ne era emerso.

Spike continuò a guardarlo, fino a che la sua sagoma non si confuse con le ombre degli alberi spogli.

Buffy si morse il labbro inferiore cercando una qualunque frase che potesse riportarlo nella sua sfera di attenzione. E naturalmente se ne uscì con la frase più idiota e ambigua che mente umana potesse concepire.

-Allora, ti va di scaldarci un po'?-

Bè se non altro aveva sortito l'effetto desiderato. Lui la fissava ora, il sopracciglio destro alzato in un'espressione incredula. All'improvviso si sentì in dovere di chiarire il concetto.

-Intendo cacciare...sai vampiri, demoni...paletti, polvere, poltiglia gelatinosa...ricordi, vero?-

Lui la guardò indeciso per qualche istante, prima di sorridere sollevato.

-Ho già fatto la ronda. Niente di nuovo sotto la luna, puoi anche tornare a casa-

E con quelle parole cominciò ad allontanarsi da lei, verso l'uscita del cimitero.

-E' così che ti sei fatto quei lividi in faccia?-

Lui non diede segno di averla sentita e in pochi secondi sparì dalla sua vista.

Durata del contatto, circa centocinquanta secondi. E c'era perfino stato un sorriso. Sollevato. Un sorriso sollevato. Buffy osservò criticamente il cappotto nuovo. D'accordo il lilla forse non era il suo colore, ma non era tanto male. E poi lui non era quello che l'aveva sempre trovata sexy, anche con addosso l'orribile e nauseante divisa del Double Meet? Forse erano i capelli. Magari se li avesse tenuti sciolti...già magari cosa? Cos'è che si aspettava esattamente da lui? Che le saltasse addosso alla prima occasione? Che tornassero gli amanti segreti e disfunzionali dell'anno precedente? Che tornasse a giurarle amore eterno?

Buffy sospirò stancamente. Magari voleva solo tornare a parlare, come facevano un tempo. Magari desiderava solo poter fare una battuta senza che lui si mettesse subito sulla difensiva. Magari voleva che lui tornasse a guardarla come faceva una volta.

Invece lui la guardava appena e quando la situazione rischiava di scivolare in una qualunque parvenza di intimità cominciava a trattarla con una freddezza che non aveva mai creduto potesse appartenergli. Oh non era scortese, naturalmente. Anzi. Questo nuovo Spike era disgustosamente educato e noiosamente inglese. Come se un Rupert Giles non fosse sufficiente nella sua vita...

Dov'era finito il vecchio Spike? Quello che la irritava, la istigava, la desiderava, la provocava, la svelava e la faceva sentire viva?

"L'hai calpestato e ucciso, non ricordi?"

Le ripeteva incessantemente una vocina fastidiosa.

Buffy si lasciò ricadere pesantemente su una tomba, fissando la lapide di Joyce.

-E se, semplicemente, avesse smesso di amarmi?-

+ + +

-Ti dico che mi conosce Rupert-

Rupert Giles si accomodò meglio sulla poltrona, sprofondando nel nuovo libro di demonologia appena arrivato dall'Egitto.

-Rupert mi stai ascoltando?-

L'Osservatore non distolse lo sguardo dalla pagina densa di pittogrammi, ma rispose a tono.

-Uomo di colore incontrato in un cimitero. Intenti omicidi. Forse una vecchia conoscenza-

Spike alzò gli occhi al cielo incrociando le braccia sul petto.

-D'accordo mi stai ascoltando, ma forse non ti rendi conto della gravità della situazione...-

-Andiamo Spike, non c'è nessuna situazione! Quell'uomo ti ha solo parlato del tempo, è una cosa che si fa tra sconosciuti. Ci si incontra per caso, ci si saluta, si fa qualche battuta sul clima e ci si lascia. Probabilmente non ricorda nemmeno la tua faccia a quest'ora-

-Ti dico che mi stava provocando...credo che fosse armato anche...-

-E da cosa lo avresti dedotto?-

Spike aggrottò le sopracciglia pensieroso.

-Aveva un cappotto molto ampio e ha tenuto le mani nelle tasche per tutto il tempo...-

Giles si batté una mano sulla fronte affettando un'improvvisa comprensione.

-Ma certo! Porta un cappotto in pieno Novembre e tiene le mani in tasca! Sono chiari indizi di una natura criminale per non dire di un intento omicida-

-Fottiti Rupert-

Con un gesto nervoso Spike raccolse la giacca e si avviò verso la porta d'ingresso. Stava quasi per aprirla quando la stretta dell'Osservatore lo trattenne.

-Il passato è passato Spike. Non puoi fare niente per cambiare quello che hai fatto...per risarcire le persone che hai ferito. E anche se potessi questo non sarebbe il momento. Ci sono altre cose, altre priorità su cui ti devi concentrare. E poi anche se quell'uomo volesse vendicare un torto subito in passato, cercherebbe Spike e non William Appleton-

Spike si girò a guardarlo con un'espressione compassionevole sul volto.

-E' così che metti a tacere la tua coscienza, Rup? E' così che riesci ad accettare la mia presenza? Fingendo che il demone che hai odiato sia semplicemente sparito dalla circolazione per lasciare il posto a un innocuo avvocatucolo inglese fedele al Consiglio?-

Giles lasciò andare la presa di scatto, come se fosse rimasto bruciato dalle parole del demone.

-Io non...-

-Il passato non si cambia Rupert, hai ragione su questo...ma un passato come il mio torna sempre a presentare il conto, prima o poi. Non tutti dimenticano con la stessa facilità con cui lo fai tu-

Così dicendo Spike girò la maniglia buttandosi la giacca sulle spalle e sparì oltre la soglia.

+ + +

L'aveva notata naturalmente. Anche se le era passato accanto con noncuranza. Difficile non notarla, del resto. I pantaloni neri e attillati, il soprabito leggero che disegnava con morbidezza la sua figura elegante. E la cascata di capelli lucidi che le incorniciavano il viso deciso, ricadendo sulle spalle minute. Se ne stava seduta su un muretto, sotto la luce di un lampione, pienamente a suo agio. Quasi fosse stata una modella, seduta nello studio di un famoso fotografo e illuminata dalle sapienti luci di scena.

In quello si assomigliavano, senza dubbio. Lei e Juhdiel. O William. O Spike. O come diavolo aveva deciso di farsi chiamare utlimamente. Forse dipendeva dalla loro natura di prescelti. Sembravano avere una predilizione per le entrate ad effetto. Con un sospiro Hiro si strinse nella giacca di pelle e si girò a guardarla. Ci mancava solo che lo aspettasse davanti a casa adesso.

-Cosa vuoi?-

La ragazza gli strizzò l'occhio sorridendo serenamente, come se avesse a che fare con un vecchio amico.

Poi, come se niente fosse, rispose cordialmente alla sua domanda seccata.

-Voglio vedere con i miei occhi l'amore che con la sua forza ti distrugge fino a ridurti a meno di niente e poi ti ricostruisce pezzo per pezzo trasformandoti in qualcosa di nuovo. Qualcosa che non avresti mai sognato di poter diventare-

Hiro non riuscì a trattenere una risata leggera, riconoscendo le proprie parole sulle labbra della ragazza, e replicò a tono.

-Un essere umano che chiede a un demone di mostrargli il significato del vero amore. Bè questa davvero dovevo ancora vederla...-

Buffy sorrise a sua volta, per niente infastidita nel sentirsi rigettare addosso le proprie parole. Del resto non era certo la prima volta che le accadeva. Così fissò il ragazzo dritto negli occhi e lo sosprese.

-Credevo di aver capito che l'avessi già vista una cosa del genere...-

Hiro la osservò con più attenzione. Forse era stato troppo frettoloso nel giudicarla. C'era uno strano fuoco in quegli occhi verdi e sentiva emanare da lei un'energia che non aveva nulla a che fare con la sua essenza di Cacciatrice. Un'energia di cui forse lei stessa era ignara.

-Come mi hai trovato?-

La ragazza scrollò le spalle con noncuranza.

-E' davvero importante?-

-Hai ragione. Domanda inutile. Allora senti se ti piace di più questa. *Perché* mi hai trovato?-

Vide il suo sguardo oscurarsi per una frazione di secondo e le sue spalle perdere la postura sicura che le aveva sorrette fino a quel momento.

-Una volta ho conosciuto...qualcuno. Qualcuno che sapeva amare in maniera così incondizionata che faceva paura...a me e agli altri, ma non a lui. Mai a lui. Era come se quel modo di amare facesse parte della sua stessa natura...-

-E dato che questo *qualcuno* non è umano, ti chiedi se sia semplicemente la classica eccezione che conferma la regola o magari solo un esempio di una tendenza generale-

Buffy corrucciò la fronte non troppo convinta.

-Non è esattamente il modo in cui l'avrei detto io...ma...sì, più o meno è così-

Dio, in quella perfetta giornata le mancava solo di fare la figura dell''idiota davanti a un ragazzino.

-Il fatto è che ho bisogno di sapere...ho bisogno di credere che un lieto fine sia possibile per qualcuno che ama così...per qualcuno che è stato amato così...-

Hiro guardò in quegli occhi verdi e caldi leggendovi la risposta a molte domande e altre domande che forse non avrebbero mai avuto risposta.

-Seguimi-

La ragazza sorrise debolmente preparandosi a seguirlo lungo una strada sconosciuta.

+ + +

Bethany strinse la custodia della chitarra tra le braccia, quasi a volerla proteggere dagli sguardi curiosi degli sconosciuti che la incrociavano nell'aeroporto. Le sembrava che quegli sguardi la scrutassero, la esaminassero...con un sorriso la ragazza scrollò le spalle. Era solo un'impressione, naturalmente. All'apparenza non doveva sembrare altro che una ragazzina stanca del viaggio e amante della musica.

L'uomo le venne incontro con un sorriso tirato, sistemandosi gli occhiali leggeri sul naso. Ecco uno che sapeva bene di non trovarsi di fronte a una ragazza come le altre. E non per niente era nervoso quanto lei.

Bethany si sentì assurdamente sollevata nel leggere sul suo volto attento le sue stesse paure.

-Ben arrivata. Hai fatto buon viaggio?-

La ragazza alzò il volto verso quello dell'uomo, un sorriso stanco negli occhi di smeraldo.

-Sono solo contenta di essere arrivata a destinazione, signor Giles-

Rupert Giles si tolse gli occhiali massaggiandosi le tempie. Poteva comprendere benissimo lo stato d'animo della ragazza.

-Naturalmente. Immagino sarai esausta. Saremo a casa in pochi minuti-

-Casa?-

L'osservatore sorrise di fronte alle perplessità della ragazza.

-Il nostro comune amico mi ha giustamente fatto notare che saresti stata più al sicuro con noi, piuttosto che da sola in un albergo-

In effetti Spike era stato leggermente più colorito a riguardo. Qualcosa del tipo "che non ti passi neanche per la testa di scaricarla in uno di quegli schifosi Motel di periferia dove la cosa migliore che le può succedere è di essere stuprata da un dannato psicopatico di passaggio", ma Giles pensò che non era il caso di essere troppo fedeli al testo originale in quel frangente. La ragazza sembrava già spaesata così, figurarsi come si sarebbe sentita una volta che avesse compreso appieno la gravità della situazione che si riscontrava in quei giorni sulla Bocca dell'Inferno.

-Vedrai che dopo una buona notte di sonno ti sentirai un'altra-

Bethany assentì distrattamente, chiedendosi spassionatamente da quando non si sentiva più se stessa.

+ + +

La casa era piccola, ma graziosa e circondata da un giardino in stile giapponese. Il ragazzo precedette la sua ospite lungo un piccolo ponte di legno dipinto di rosso che si affacciava su un laghetto rotondo. Alcune carpe multicolore increspavano l'acqua cristallina emergendo in superficie, di tanto in tanto. Tutt'intorno erano distribuite simmetricamente piante di ciliegio che con la primavera dovevano trasformare quello spazio piccolo e curato in un tripudio di fiori bianchi e rosa. In un angolo si intravedeva un letto di ghiaia rastrellata su cui si ergevano rocce coperte di muschio.

-E' un giardino Karesansui-

Spiegò Hiro che aveva notato lo sguardo incuriosito della ragazza che lo seguiva. Se possibile, lo sguardo di Buffy si fece ancora più perplesso.

-Significa "acqua e montagne secche". E' una forma di giardino nata sotto l'influenza dello Zen-

Buffy osservò con occhio critico la scarna distesa di ghiaia grigia.

-Non vedo molta acqua se è per questo...-

Hiro scosse la testa sorridendo.

-Infatti questo tipo di giardino si caratterizza proprio per l'assenza di acqua. A differenza degli altri giardini questo non vuole rappresentare la natura in modo concreto, ma ne incarna l'essenza interiore-

Buffy scrollò le spalle.

-A me sembra solo una distesa di sabbia-

Hiro si fermò, costringendo la ragazza a fare altrettanto.

-Ne sei certa?-

Buffy lo guardò con un'espressione interrogativa, poi tornò a fissare il giardino.

La ghiaia era rastrellata in solchi paralleli che creavano una serie di spirali concentriche. Le pietre scure e levigate si stagliavano sulla superficie piana con un portamento maestoso e al tempo stesso statico. L'apparente casualità della disposizione rivelava ad un'osservazione più attenta uno studio attento e meticoloso. Grigio e nero. Pieno e vuoto. Linee curve e rette. E su tutto un senso di nullità. Buffy rabbrividì istintivamente mentre una strana malinconia si impadroniva del suo spirito. All'improvviso le pietre scure, perse sulla distesa grigia e composta, le comunicarono una profonda solitudine. La stessa che provava anche lei. Forse lei era proprio come quelle pietre, disposte con cura da una mano sconosciuta su una griglia prestabilita, parti di un disegno su cui non avevano alcun controllo.

-Pensi ancora che si tratti solo di un giardino sterile e inutile?-

La voce di Hiro la riportò bruscamente alla realtà. Il ragazzo le stava sorridendo.

-Questi giardini furono creati con l'aiuto di monaci zen per favorire la meditazione. Osservando un giardino karesansui si può sperimentare un senso di nullità e tutto ciò che manca viene riempito da quello che l'osservatore vede, prova o sente intorno a sé-

Buffy assentì silenziosamente, ancora stupita della forza delle sensazioni che il giardino le aveva trasmesso. Prima che potesse fare altre domande la porta di ingresso si aprì rivelando la figura di una giovane donna orientale avvolta in un Kimono di seta blu.

-Hiro! Sei già di ritorno?-

-Il nonno ha detto che poteva fare a meno del mio aiuto per oggi-

La donna assentì pensierosa, come se non fosse troppo convinta della spiegazione del ragazzo, ma non appena ebbe notato l'ospite al suo fianco, il suo volto si addolcì.

-Perdonate la mia maleducazione, voi siete un'amica di mio figlio?-

Buffy sorrise incerta, quella donna aveva dei modi che la mettevano stranamente a disagio.

-Hiro è un compagno di classe di mia sorella Dawn e francamente ero curiosa di conoscere i suoi genitori. Hiro ci ha raccontato meraviglie di voi-

La donna ricambiò il sorriso con maggiore convinzione prima di fare un leggero inchino di benvenuto.

-Vi prego entrate, stavo giusto preparando del tè-

Buffy non si fece pregare e precedette la donna oltre la soglia perdendosi così lo sguardo di intesa che madre e figlio si scambiarono fuggevolmente alle sue spalle.

Dopo aver percorso un lungo corridoio privo di mobili, Buffy si ritrovò di fronte a una nuova porta che dava su un giardino simile a quello che l'aveva accolta al suo arrivo. Si voltò perplessa verso la donna che si limitò a sorriderle e superarla, facendole strada.

La seguì lungo un sentiero di sassi a lastra distanziati di un passo l'uno dall'altro.

-Questo è il roiji, il sentiero che conduce alla casa da tè-

Spiegò pazientemente la donna. Buffy la fissò confusa.

-Avete una casa dove servite solo tè?-

La risata cristallina della donna fece tintinnare l'aria del giardino.

-Più che una casa è una stanza indipendente. La stanza dove si serve il tè non deve essere separata dalla natura, ma in comunione con essa. Il sentiero che conduce alla sala da tè ha il potere di spezzare i legami con il mondo esterno e di preparare al pieno godimento estetico che si può raggiungere durante la cerimonia-

Buffy si strinse nella giacca di angora lilla, ultimo grido delle boutique più in di Sunnydale, sentendosi stranamente inadeguata.

-E pensare che a casa nostra si compra al massimo il tè solubile...-

La donna sembrò non fare caso alla sua battuta, limitandosi ad aprirle la porta scorrevole che dava accesso alla famigerata sala da tè.

Buffy salì il basso gradino dell'ingresso e si ritrovò in una piccola anticamera dove erano disposti una serie di utensili e tazze rotonde.

-Questa è la mizuya, l'anticamera dove si prepara il rituale-

Spiegò la donna.

-Hiro, mostra alla tua amica la sala da tè mentre lavo gli utensili-

Il ragazzo assentì silenziosamente e Buffy si stupì di vedere come il suo atteggiamento spavaldo si fosse improvvisamente placato. Doveva essere l'effetto di sua madre, pensò mentre lo seguiva oltre l'anticamera. In fondo anche per lei era sempre stato così. Sua madre aveva sempre avuto il potere di darle un profondo senso di pace. E sicurezza.

Con un sospiro entrò nella sala più grande e fu immediatamente colpita dal suo aspetto poco appariscente, quasi vuoto. A giudicare dal rispetto con cui ne parlavano si sarebbe aspettata qualcosa di maestoso...qualcosa come Versailles. Non che l'avesse mai vista, ma Spike ne parlava come di una delle meraviglie del mondo. Non si stancava mai di raccontarle dei suoi viaggi in Europa e in un certo senso era un po' come se l'avesse fatta viaggiare a sua volta, sulle ali delle sue parole.

I materiali con cui era costruita la stanza davano l'impressione di una raffinata povertà. Accanto a una delle pareti stava un altare su cui erano collocati un fiore invernale e un brucia incenso, secondo una disposizione asimmetrica. Buffy sentì l'istinto primordiale di metterli al centro dell'altare, un po' come quando sua madre si ostinava a raddrizzare i quadri dell'ingresso. Sulle pareti di carta di riso erano dipinti alcuni aironi, colti in attimi di perfetta immobilità, ognuno di un colore o in una posizione diversa. Per il resto la stanza era completamente vuota. La donna entrò nella sala disponendo sul pavimento di legno chiaro una brocca tondeggiante e delle tazze spigolose. Buffy si trovò inevitabilmente a ripensare alla mania di sua madre per i servizi completi e armonici.

Hiro sembrò cogliere con uno sguardo le sue perplessità perché, mentre sua madre versava la polvere di tè verde nella prima tazza, le parlò con tono sommesso.

-La sala da tè è la dimora dell'asimmetrico. Gli oggetti e le decorazioni sono scelti in modo da evitare qualsiasi ripetizione di colori o motivi. In nessun caso lo spazio deve essere diviso in parti uguali. Per un giapponese la simmetria non lascia spazio all'immaginazione, ecco perché vengono lasciati spazi vuoti nella decorazione della stanza. La vera bellezza può essere colta solo da chi, con la propria mente, ha completato l'incompleto-

Buffy assentì silenziosamente, rapita dai gesti semplici e precisi della donna. I capelli scuri e lucidi le ricadevano sulle spalle e sulla fronte, sottili come fili di seta. Manteneva senza apparente fatica una posizione che doveva invece richiedere una tensione muscolare evidente, tutto il peso del suo corpo chino era concetrato sulle caviglie sottili, appena scoperte dal kimono blu. Sulle labbra aleggiava un sorriso rilassato mentre mescolava l'acqua bollente della brocca con una spatola simile a un pennello. Sentendosi osservata, la donna scostò i capelli dal volto con un gesto pieno di grazia contenuta e ricambiò lo sguardo di Buffy. C'era una strana poetica timidezza nei suoi gesti e al tempo stesso una forza vibrante e nascosta. Buffy pensò che non aveva mai visto una donna più bella.

Quando la prima tazza fu piena di un liquido verde e scuro la donna gliela porse con delicatezza e Buffy la raccolse tra le mani, sedendosi di fronte a lei. Mentre beveva il liquido caldo e seguiva i movimenti curati eppure sobri della donna, si sentì invadere da un senso di profonda armonia, come se i suoi sensi fossero stati rasserenati uno a uno dall'atmosfera quieta della stanza.

Quando ognuno ebbe finito di sorbire il primo sorso del suo tè, la donna si rivolse a Buffy sorridendo di quel suo sorriso semplice e tranquillo.

-Mio marito sarà a casa tra poco. Desiderate fermarvi per la cena?-

Buffy rispose senza esitare.

-Sarebbe fantastico! Sa, io e mia sorella viviamo sole e non siamo granché come cuoche-

La donna rise divertita.

-A dire la verità neanch'io sono una grande cuoca, ma mio marito ha un talento naturale per questo genere di cose. Vi piace la cucina giapponese?-

Buffy osservò la donna oltre l'orlo della tazza di tè. Era ora di calare le carte in tavola.

-Non sapevo che i demoni cucinassero per gli esseri umani-

Anche se una volta Spike si è offerto di cucinarmi una torta...

Il volto della donna si oscurò per un istante, ma la sua voce risuonò calma e sicura.

-Non capisco cosa volete dire-

-Sa tutto, mamma-

Hiro aveva posato sul pavimento la sua tazza di tè e guardava la donna con intenzione.

-Cosa vorrebbe dire che sa tutto? Non gli avrai parlato di...-

La porta dell'anticamera si aprì e si richiuse con un suono leggero. Dei passi lenti percorsero il corridoio facendosi sempre più vicini.

Buffy strinse il paletto che aveva nascosto nella tasca della giacca, mentre fissava la soglia della stanza con trepidazione. Una voce maschile, bassa e modulata, accompagnò i passi riempiendo il silenzio circostante.

-Tesoro non hai idea di quello che è successo oggi! Sembrano tutti impazziti, a quanto pare Juhdiel sta per tornare e...-

La voce si interruppe di colpo sulla soglia del salotto. Gli occhi del demone si fissarono sull'intrusa, mentre sul suo volto si disegnava un'espressione seccata.

-E cosa diavolo fa la Cacciatrice nella nostra sala da tè?-

Buffy non trovò la forza di replicare, troppo stupita da quello che vedeva di fronte a sé. Capelli scuri e lucidi, leggermente lunghi sulla fronte. Lineamenti orientali e un corpo alto e sottile vestito con un abito sobrio ed elegante. Occhi neri come la pece nascosti da lenti sottili sostenute da una montatura dorata. Un uomo, in tutto e per tutto. Se non fosse stato per la sensazione che le stringeva lo stomaco e le segnalava la presenza di un demone in quel corpo.

-Stavo appunto cercando di farmelo spiegare da nostro figlio-

La voce della donna era ancora più seccata dell'espressione dell'uomo.

-Hiro ti rendi conto che hai invitato in casa nostra un'assassina?-

-Ehi! Un momento! Sono la Cacciatrice, è vero, ma non sono certo un'assassina!-

Buffy incrociò le braccia sul petto cercando di ritrovare una certa compostezza, ma non era facile stando seduta per terra e le ginocchia cominciavano a farle male. Il demone la guardò con disgusto.

-Ai nostri occhi non c'è alcuna differenza-

Buffy si alzò di scatto, i pugni serrati.

-Cosa significa?-

Gli occhi scuri del demone scintillarono di un bagliore dorato.

-Fai domande di cui non vuoi sapere la risposta-

Buffy avanzò di un passo, sostenendo lo sguardo del demone senza esitazioni.

-Se hai qualcosa da dire ti conviene dirla subito, non sono un tipo paziente-

La donna afferrò il braccio del demone cercando di allontanarlo, ma lui la guardò con durezza scuotendo il capo.

-Lasciatemi solo con lei-

Hiro si strinse nelle spalle e uscì dalla stanza, seguito con passo incerto dalla donna.

Il demone li seguì con lo sguardo e Buffy fu certa di intravedere per un'istante un sentimento fin troppo umano in quegli occhi scuri.

-Perché sei qui?-

Le aveva parlato senza voltarsi. Buffy cercò di rispondere con voce ferma e decisa. Dopotutto lei era la Cacciatrice e quello solo un demone come tanti altri. Non c'era motivo di sentirsi in soggezione. Anche se non si trovava esattamente nel suo habitat naturale.

-Una perfetta unione tra un demone e un essere umano con tanto di progenie e casetta con la staccionata bianca? E' una di quelle storie che vanno verificate di persona-

Il demone sorrise tornando a voltarsi verso di lei.

-E ora che hai avuto la prova della veridicità del racconto di mio figlio ti chiedi come sia possibile che una situazione simile possa essere reale o addirittura concepibile-

Buffy storse il naso.

-Lo sa che parla proprio come il mio Osservatore?-

Il demone scosse il capo incrociando le braccia sul petto.

-Voi umani sottovalutate l'utilità della cultura e del linguaggio. Parlare in modo fluente e corretto apre più porte di quanto non facciano interi eserciti. E poi imparare la vostra lingua è stato un formidabile mezzo di integrazione per noi-

-Sarebbe a dire?-

-Sarebbe a dire che è difficile nascondere le proprie origini demoniache se si parla una lingua demoniaca-

Buffy fissò il demone dritto negli occhi.

-E per quale motivo avreste dovuto voler nascondere le vostre origini? Per quale motivo avreste dovuto desiderare di mescolarvi con noi umani? A parte naturalmente l'ovvia ragione di guadagnare la nostra fiducia per poi pugnalarci alle spalle o magari banchettare con i nostri cadaveri-

Il demone non si scompose di un millimetro, ma il suo sguardo si fece impenetrabile.

-Mi chiedo se la tua ignoranza sia da imputarsi a una cattiva educazione o sia anch'essa un utile strumento nelle mani del Consiglio degli Osservatori-

Buffy fece per replicare, ma il demone le tese il braccio con decisione.

-Stringi la mia mano-

Buffy esitò. Era una combattente, certo, ma di fronte a quella creatura si sentiva stranamente disarmata. Se l'avesse attaccata avrebbe saputo come reagire, ma la sua calma controllata la rendeva nervosa e incerta.

-Voglio solo farti vedere...il passato, Cacciatrice-

Serrando le labbra prese la mano che le veniva tesa, ma non appena la sfiorò sentì un flusso di energia attraversarle il corpo, mentre intorno a lei calava un'oscurità artificiale e completa.

+ + +

Il ragazzino correva con la forza della disperazione, ansimando. Aveva le guance rigate di lacrime e sangue. Il suo corpo esile era ricoperto di graffi e contusioni.

Altri ragazzi correvano dietro di lui, ridendo. Stretti tra le mani bastoni nodosi e pietre affilate.

Buffy si guardò intorno. Era nel mezzo di una prateria sconfinata, interrotta di tanto intanto da arbusti e piccoli grovigli di alberi.

Doveva essere un sogno.

Il ragazzino continuava a correre sempre più faticosamente. All'improvviso Buffy lo vide cadere a terra. Doveva essere inciampato. In pochi secondi gli altri ragazzi furono su di lui, come belve feroci su una preda indifesa. Cominciarono a colpirlo ripetutamente, ridendo delle sue grida disperate. Buffy cercò di muoversi, ma era come se ogni suo gesto richiedesse un tempo infinitamente lento per essere compiuto. Allora cercò di gridare, ma la sua voce le arrivò ovattata e lontana alle orecchie.

Il ragazzino caduto, invece, aveva smesso di gridare da tempo.

Con uno sforzo sovraumano Buffy si proiettò verso il gruppo di ragazzi che ora ballavano al suono di risate sguaiate sul corpo della loro vittima.

-Assassini!-

Questa volta l'urlo risuonò nell'aria forte e chiaro, come se all'improvviso alla voce di Buffy si fossero unite migliaia di altre voci. Tutte che gridavano quell'unica scarna parola. Assassini.

I ragazzi si voltarono verso un punto imprecisata, dietro di lei. E sorrisero, per niente colpiti dall'accusa.

-E' solo un demone qualunque, vecchia. Proprio come te-

Canterellando i ragazzini si allontanarono dal cadavere, già concentrati su un nuovo gioco.

Buffy rimase immobile, attonita.

Una donna di mezza età la superò, correndo a gettarsi sul cadavere. E Buffy capì all'improvviso che in quella strana realtà deformata, lei non esisteva se non come spettatrice impotente.

-Povero piccolo. Povero piccolo. Povero piccolo-

La cantilena dolorosa della donna le arrivò alle orecchie provocandole un profondo senso di nausea.

Lentamente si avvicinò, girando intorno alla donna.

Il corpo del ragazzino era martoriato e lacero, il volto irriconoscibile, coperto da una maschera di sangue e fango. Stretto al petto della donna sembrava una bambola rotta.

-Perché sei uscito? Perché? Ti avevo detto di non uscire! Ti avevo detto di rimanere nascosto! Perché...Perchè?-

Le lacrime scivolavano rabbiose dagli occhi chiari della donna che all'improvviso si rivolsero al cielo, sconfitti.

-E voi...voi, Dei impietosi, ditemi, qual'è la nostra colpa? Cosa abbiamo fatto per meritare tutto questo? Perché avete mandato questi carnefici a divorare la nostra stirpe? Non vi abbiamo forse riverito abbastanza? Non abbiamo forse innalzato abbastanza altari per voi?-

La voce rotta in singhiozzi convulsi, la donna si chinò di nuovo sul corpo esanime della sua piccola creatura, nascondendo il volto nei suoi capelli incrostati di sangue.

-E' forse giunta la fine del nostro tempo? Come le grandi bestie che governavano la terra prima di noi, la nostra razza si estinguerà nel sangue dei nostri figli? Rispondetemi...qualcuno mi risponda!-

Buffy socchiuse gli occhi, mentre l'urlo della donna le lacerava le orecchie.

Quando li riaprì, intorno a lei era calato un silenzio irreale rotto solo dal crepitare di un fuoco. Con la logica senza regole dei sogni, si trovava ora in un altro luogo e forse in un altro tempo. Intorno a lei non si stendeva più la steppa di una prateria, ma un gruppo di case di pietra bianca e legno d'ebano. In fiamme. Il fumo aveva reso nebbioso il paesaggio, ma Buffy riusciva a respirare senza alcuna difficoltà, mentre camminava, con la leggerezza di un fantasma, tra i resti del villaggio.

Abbandonati a terra stavano i resti di quelli che dovevano essere stati i padroni di quel luogo. Deturpati, smembrati e infine abbandonati nella polvere.

Erano centinaia.

Buffy osservava quello spettacolo raccapricciante senza riuscire a provare la minima emozione.

Una delle case sembrava essere ancora intatta, risparmiata dalle fiamme che arroventavano le altre. La porta era chiusa, ma Buffy entrò senza difficoltà. Le bastò desiderarlo per trovarsi immediatamente all'interno. C'era un piccolo ingresso e poi una grande sala da pranzo. Il tavolo di legno era apparecchiato con cura, forse per il pranzo. Sulla stufa bolliva una pentola di rame. Buffy si avvicinò. Non poteva sentire il profumo vaporoso che si emanava nell'aria, ma dall'aspetto doveva trattarsi di una zuppa. Abbondante. Quella doveva essere una famiglia numerosa.

Sulla destra della stufa c'era una rampa di scale a chiocciola che doveva portare ai piani superiori.

Buffy le salì lentamente.

La vide quasi subito. La stessa donna che aveva incontrato nella prateria. La stessa che aveva visto piangere sul cadavere di un bambino innocente.

Morta.

Il volto contratto in un'espressione sorpresa e sconvolta. Le vesti madide di sangue. Le avevano squarciato la schiena, forse con una spada. Giaceva riversa sulle scale, come se fosse caduta mentre cercava di salirle. Stringeva ancora nella mano destra un mestolo di rame. Quello con cui doveva aver mescolato la zuppa, fino a pochi istanti prima di essere uccisa.

Buffy guardò oltre il cadavere, in cima alle scale.

Sopresa dai suoi aggressori la donna non aveva cercato semplicemente di scappare. Appena entrata nella casa, Buffy aveva notato una seconda porta, sul retro, ancora sbarrata dall'interno. Gli assassini dovevano essere entrati dalla porta principale, quasi fossero stati i padroni di quel luogo. Se avesse voluto scappare la donna si sarebbe diretta verso la porta secondaria. Invece si era inerpicata su quella stretta scala a chiocciola, condannandosi inevitabilmente a morte.

Perchè aveva deciso di salire le scale, invece di fuggire nella direzione più logica?

Buffy serrò i pugni e scavalcò il cadavere, lo sguardo fisso sulla porta socchiusa alla fine delle scale.

In un attimo si ritrovò oltre la porta e in una stanza luminosa. Il pavimento di legno chiaro, le pareti di pietra bianca, le finestre ampie, tutto contribuiva a riempire di luce quel luogo. Al centro, appoggiato su un tappeto tessuto a mano stava un ampio tavolo di frassino coperto di libri pieni di figure colorate. Nei due angoli opposti stavano due letti e vicino alla finestra una culla.

La bambina sembrava ancora addormentata, seminascosta dalle coltri pesanti che dovevano averla protetta dal freddo, ma non dalla lama avvelenata dei suoi assassini. Il sangue aveva tinto di un colore scuro le coperte color crema, lacerate in più punti. Eppure il volto di quella creatura era ancora disteso nella tranquillità del sonno. Chissà qual'era stato il suo ultimo sogno. Quello che l'aveva accompagnata nel regno dei morti.

Buffy spostò lo sguardo sull'altro letto che invece era disfatto.

Il ragazzo doveva aver sentito un rumore, o forse erano state le ultima grida di sua madre a svegliarlo.

Aveva fatto in tempo a correre verso la culla di legno chiaro e a stringere tra le braccia il suo fratellino per l'ultima volta. Poco prima che la spada che ancora lo inchiodava a terra, lo trafiggesse da parte a parte.

Sotto il suo corpo spuntava una piccola manina insanguinata. Forse il neonato, stretto al petto del ragazzino, era stato colpito a sua volta dalla spada che aveva dato la morte a suo fratello. Forse era soffocato sotto il peso del cadavere di chi aveva cercato di proteggerlo, fino all'ultimo, facendogli da scudo contro l'assurda crudeltà del mondo. Forse era affogato nella pozza di sangue che si allargava sempre più sul pavimento.

Il ragazzino aveva i capelli di un castano ramato. Proprio come quelli del bambino che aveva visto morire tra l'erba secca della prateria. Proprio come quelli di Dawn. Buffy lasciò vagare lo sguardo nella stanza ancora qualche istante.

Poi vomitò l'anima.

+ + +

-Mi dispiace lasciarti da sola...proprio la tua prima notte a Sunnydale...-

Bethany sorrise rassicurante.

-Non c'è problema signor Giles, davvero. E poi sono sicura che Willow e Spike non tarderanno-

Giles cominciò ad abbottonarsi la giacca senza troppa convinzione.

-Se almeno quell'irresponsabile tenesse acceso il suo cellulare...non so neanche perché mi sono preso il disturbo di regalarglielo, dato che tanto è comunque irreperibile...-

La ragazza accarezzò la custodia della chitarra appoggiata al muro, accanto alla sua poltrona.

-Lui è fatto così. Sa come si dice..."mi spezzo, ma non mi piego"...-

Giles sospirò aprendo la porta dell'ingresso.

-Purtroppo nella vita bisogna anche imparare a scendere a compromessi-

Bethany si irrigidì impercettibilmente sotto lo sguardo attento dell'uomo.

-Certo...a volte non si può farne a meno...-

Rupert Giles lanciò un ultimo sguardo alla ragazza. Non riusciva ancora a fidarsi completamente di lei, aveva sempre l'impressione che dicesse la metà di quello che veramente sapeva.

-Devo proprio portare questi documenti alla biblioteca sussidiaria del Consiglio. Qui in casa non ho testi sufficienti per tentare una traduzione accurata...al mio ritorno discuteremo sul da farsi con più calma-

Bethany assentì silenziosamente senza staccare gli occhi dalla custodia di pelle scura e cominciò ad attendere.

Attese di sentire la porta dell'atrio aprirsi e richiudersi con un rumore secco e i passi dell'Osservatore muoversi sul selciato. Si alzò dalla poltrona e scostò appena la tenda. Attese di vedere l'uomo sparire oltre una curva.

E poi attese ancora.

Quando il silenzio attorno a lei si fece completo e assoluto si avvicinò alla custodia della chitarra, la prese tra le braccia e la distese sul tavolo dell'ingresso. Si sfilò la catenina dorata che portava al collo e la appoggiò accanto alla custodia nera. Prese tra le mani il ciondolo ovale e lo aprì, estraendone una piccola chiave di metallo. Con gesti precisi infilò la chiave nella serratura della custodia e la fece scattare. Aprì la cerniera lentamente, fino a che i suoi occhi non furono riempiti dalla sagoma della chitarra che aveva regalato a Spike, in un tempo e in un luogo che sembravano ora lontani anni luce. Con cura la sollevò e la appoggiò a terra. Osservò la custodia vuota per qualche istante. All'apparenza sembrava solo un comunissimo contenitore. E in effetti lo era, da un certo punto di vista. Solo che non conteneva esattamente ciò che ci si sarebbe potuti aspettare. Non solo, almeno. Passò le dita sottili sulla superficie del fondo fino a raggiungere un punto preciso. Esercitò una pressione decisa e il fondo si sollevò con uno scatto, rivelando uno scomparto segreto. Dentro, incastonata in un velluto scuro, stava la spada di Juhdiel, l'Eletto. Conservata per secoli in un luogo sconosciuto e poi a lungo dimenticata nei sotterranei di Londra, non certo casualmente sotto la sede del Consiglio degli Osservatori. Ritrovata con estrema facilità, grazie alla pronta traduzione dei materiali forniti dall'archivio del Consiglio. Certo bisognava avere una buona conoscenza degli antichi dialetti dei demoni vissuti in Inghilterra alla fine dell'Ottocento. Per quanto la riguardava, parlava correntemente almeno sette di quei dialetti. Non era stato difficile ricostruire il percorso seguito dalla spada e scoprire infine la sua attuale ubicazione. Travers ne era stato particolarmente compiaciuto e come sua abitudine aveva deciso di tenere per sé quella notizia fondamentale. Gli altri membri del Consiglio, invece, si erano arrovellati su quelle pergamene fitte di caratteri sconosciuti per più di un mese, senza venirne a capo. Alla fine Travers aveva finto di cedere le armi e deciso di inviare i documenti a Rupert Giles, per chiedere un suo consulto. Contemporaneamente inviava lei come sua emissaria, per mettere di nuovo in contatto la spada e il suo portatore. Del resto era più che convinto di avere sia lei che "l'eletto" nelle sue mani, sapeva bene che non gli erano fedeli, ma non dubitava del potere di convincimento dei suoi ricatti.

Il suo solito delirio di onnipotenza.

Solo che questa volta avrebbe pagato cara la sua sete di potere.

Una volta che la spada fosse stata nelle mani dell'Eletto, gli equilibri del mondo sarebbero cambiati per sempre. Non riusciva proprio a capire come questo piccolo particolare fosse potuto sfuggire al capo del Consiglio.

Tornò a guardare l'oggetto del desiderio di tante creature. La Spada Sacra. Il frutto di una serie infinita di notti insonni e ricerche febbrili, risplendeva di bagliori neri e purpurei. La lama affilata mostrava una struttura irregolare, simile a un fascio di muscoli guizzanti, quasi una potenziale protesi del suo legittimo portatore. Un'arma di ineguagliabile precisione e potenza, forgiata dal più grande spadaio di tutti i tempi e dotata, attraverso rituali antichi e dimenticati, di un'anima propria.

Senza osare sfiorarla, Bethany richiuse il doppio fondo, rimettendo la chitarra al suo posto. Lanciò un ultimo sguardo alla pendola dell'ingresso prima di rivestirsi rapidamente e uscire. La custodia stretta tra le braccia, come un bambino da proteggere o un ancora di salvezza a cui aggrapparsi.

+ + +

Buffy corse fuori dalla stanza, fuori dalla casa, verso l'ingresso del villaggio. E fu allora che li vide. Urlavano e inneggiavano alla nuova vittoria. Ed erano urla agghiaccianti, urla di festa e follia. Urla umane.

Quello che doveva essere il capo alzò la spada grondante di sangue al cielo e immediatamente intorno a lui calò un silenzio riverente e attento.

-Miei guerrieri! Valorosi combattenti della luce! Un'altra vittoria contro la stirpe delle tenebre si è consumata oggi, per mano nostra!-

Le urla ripresero a invadere l'aria unite a risate compiaciute e parole di festa.

L'uomo dai capelli biondi e dagli occhi fiammeggianti come tizzoni ardenti chiese di nuovo il silenzio.

-Abbiamo vinto una battaglia, è vero. Ma la fine della guerra è ancora lontana!-

Un mormorio leggero si sparse tra i ranghi, ma bastò un cenno del guerriero per placarlo.

-Eppure io vi giuro sulla mia spada, che oggi ho lavato nel sangue dei nostri nemici, che la razza umana vincerà questa guerra e dominerà la terra e tutto quello che è in essa!-

I guerrieri si strinsero attorno al loro condottiero urlando il loro assenso.

-Noi vinceremo, amici miei, perché combattiamo per far risplendere la luce in questo mondo di mostri e io vi dico che con le nostre spade squarceremo le tenebre che vorrebbero inghiottirci, senza alcuna pietà!-

L'uomo serrò la presa sulla spada e sollevò per i capelli il cadavere di una donna, riverso ai suoi piedi. Con un colpo netto e preciso le tagliò la testa e sollevò il trofeo grondante di sangue nell'aria piena di fumo e cenere.

-Il tempo dei demoni è finito!-

Gli uomini del suo seguito si precipitarono su di lui, una gioia scomposta e incosciente negli occhi, e lo sollevarono da terra, portandolo in trionfo.

Buffy lasciò vagare lo sguardo sui resti del villaggio. Intere famiglie sterminate, urla strazianti e carni bruciate, migliaia e migliaia di esseri ridotti in cenere. Sangue e cenere...mescolati a urla agghiaccianti, urla di festa e follia. Urla umane.

E non poté fare altro che chiudere gli occhi e urlare a sua volta, fino a rimanere senza fiato.

Il demone ritirò la mano dalla sua e immediatamente la stanza tornò ad illuminarsi...o forse era solo lei che aveva riaperto gli occhi? Di colpo le forze la abbandonarono e non poté fare altro che lasciarsi ricadere a terra.

La risata del demone risuonò tra le pareti sottili.

-Non ti sei mai chiesta chi abbia cominciato questa guerra, Cacciatrice? Abitavamo queste terre molto prima di voi. Il nostro errore fu di credere che una convivenza fosse possibile-

Buffy scosse la testa alla disperata ricerca di una giustificazione per gli orrori di cui era stata testimone.

-Voi vi nutrite di noi! Come potevamo...-

-Alcuni appartenenti alla nostra stirpe vi consideravano solo carne da macello. E' vero. Ma molti di noi erano convinti che meritaste di condividere il mondo che avevamo domato con le nostre mani. Molti di noi lottarono al vostro fianco per garantirvi il diritto alla sopravvivenza, ma quando gli equilibri cambiarono e la vostra razza salì al potere, voi non ci riservaste alcuna riconoscenza-

La voce del demone si era fatta profonda e dura.

-Le vostre mani sporche di sangue non ebbero pietà di noi. Ma dalle nostre ceneri che voi avevate sparso su questa terra nacque una nuova stirpe, una stirpe di guerrieri il cui scopo era diventato quello di mettere fine alla vostra dominazione. Il vostro sangue divenne per questi nuovi esseri linfa vitale e la vostra morte la ragione stessa della loro esistenza-

-Vampiri-

La voce di Buffy tremò incontrollata nel pronunciare quella constatazione.

-Vampiri, sì. Nosferatu. Non morti. Stirpe delle tenbre. Nel corso dei secoli avete dato mille nomi a quell'unica razza, ma non avete mai compreso fino in fondo la loro origine o la ragione della loro venuta al mondo-

-Ma voi allora...chi siete *voi*?-

Il demone sorrise debolmente.

-Noi siamo la stirpe dei demoni originari...o quello che ne è rimasto. I pochi di noi che sopravvissero al massacro furono costretti a vivere nella menzogna e nella paura, in costante attesa che gli equilibri mutassero. E grazie alle nostre potenti armate sembrò davvero che la vittoria ci avrebbe finalmente arriso. Centinaia e centinaia di voi morirono, schiacciati dalla razza nata dal nostro odio, ma alcuni di voi entrarono a far parte della stirpe dei non morti. Una circostanza che nessuno aveva previsto-

Un disprezzo profondo trasudava da quelle parole e Buffy ne fu investita con violenza.

-Con il vostro sangue debole, la vostra indole viziosa e crudele avete contaminato per sempre la stirpe di guerrieri nata per lavare le vostre colpe. Come parassiti vi siete mescolati a loro facendoli sprofondare negli abissi della dissoluzione. Quelli che erano stati i più puri e indomiti tra loro arrivarono addirittura a rivoltarsi contro di noi, i loro creatori, ergendosi a nuovi padroni del mondo-

Buffy avanzò verso la creatura in un inutile moto di rivolta. Sentiva le viscere contorcersi sotto il peso di quelle rivelazioni.

-Basta...basta! Non voglio più ascoltarti!-

La voce dell'altro risuonò calma e tagliente.

-Ma come? Non vuoi sentire la fine della storia? Eppure questa è la parte più interessante-

Buffy scosse la testa debolmente, ma già i suoi occhi cercavano risposte in quelli scuri del demone.

-Coloro tra voi che praticavano le arti oscure diedero vita a una nuova creatura, un guerriero della luce nato dalle tenebre. Un essere destinato a eliminare la razza di combattenti che avrebbero dovuto difendere il mondo demoniaco. La Cacciatrice. E così gli equilibri del mondo cambiarono di nuovo, a favore della razza umana. I demoni furono relegati nelle tenebre, condannati a guardare impotenti la lenta distruzione del mondo che avevano creato, insieme al ricordo stesso della loro esistenza-

-Se è vero che non volevate farci del male, se è vero che volevate convivere pacificamente con noi, perché avremmo dovuto distruggervi?-

Il demone spalancò su di lei i suoi occhi scuri e liquidi.

-Siamo immortali, guardiamo nel futuro con la stessa chiarezza con cui leggiamo il passato, la nostra forza vi sovrasta...e per questo voi ci chiamate mostri e ci temete-

La sua voce si fece bassa e vibrante.

-Eppure, ogni notte, voi sognate di superare la morte, di essere più forti, di conoscere ciò che vi attende oltre il domani...voi ci invidiate e quello che invidiate...-

-Lo distruggiamo...-

Buffy alzò il viso. Gli occhi pieni di domande irrisolte.

-E adesso? Avete deciso che finalmente è arrivato il momento della vendetta?-

Sentiva forte nel petto la minaccia che quell'essere rappresentava non solo per lei, ma per tutto ciò in cui aveva sempre creduto.

-I nostri padri, coloro che hanno subito in prima persona la vostra persecuzione, forse loro desideravano una vendetta. A questo scopo hanno creato la stirpe delle tenebre. Alcuni di noi ritengono ancora che la vostra distruzione sia l'unica via di salvezza per il mondo e aspettano con ansia l'arrivo della creatura che metterà fine al vostro impero. Ma per quanto mi riguarda...-

Le parve di scorgere un sorriso emergere dall'oscurità di quegli occhi profondi.

-Io vorrei solo trovare un nuovo equilibrio...un modo per convivere pacificamente con la vostra razza-

Buffy scosse la testa, troppo sconvolta per pensare razionalmente.

-Per quale motivo dovresti voler convivere con noi. Ci disprezzi...siamo i carnefici dei tuoi antenati...-

-Già. Ma alcuni di voi sono diversi. Alcuni di voi non si accontentano delle apparenze...e riescono a vedere la nostra anima e ad amarla...riescono a farsi amare da noi...-

Buffy scosse il capo incredula.

-I demoni non hanno un'anima...-

L'altro sorrise tristemente.

-Questo è quello che vogliono farvi credere. Perché accettare che abbiamo un'anima, proprio come voi, vi trasformerebbe in assassini qualunque. Ma se potete convincervi che non abbiamo anima o sentimenti...che siamo solo dei mostri...allora ucciderci diventa un atto di giustizia e voi non siete assassini, ma salvatori-

-Sono tutte bugie...vuoi solo confondermi...-

Buffy girò le spalle al demone, aggrappandosi alla parete sottile.

-Non ho modo di mentirti. Hai visto con i tuoi occhi la verità. Ora devi solo trovare il coraggio di credere a quello che hai visto-

La voce risuonava calma e perentoria dietro di lei e all'improvviso Buffy si sentì perduta. Perché lei già credeva. Perché lei già sapeva. Perché lei aveva già visto l'anima negli occhi di un demone che non avrebbe dovuto averla. Ma se era così...allora davvero lei non era altro che un'assassina qualunque.

+ + +

Spike gettò la sigaretta a terra senza neanche averla accesa.

Stupido Osservatore da strapazzo. Si presumeva che dovesse fare attenzione ai dettagli, che dovesse avere una capacità fuori dal comune per trarre conclusioni sensate anche sulla base di pochi indizi. Bè lui gli portava una marea di indizi che puntavano tutti verso un'unica direzione e quello invece di mettersi a fare congetture o almeno mostrare di prendere in considerazione la cosa continuava a leggere il suo stupido libro!

Al diavolo.

Avrebbe fatto le sue indagini da solo, come sempre. Non che avesse bisogno di quell'idiota di Osservatore. In effetti non sapeva neanche perchè aveva sentito il bisogno di parlargli della cosa. Non è che fossero amici o cose del genere...

Eppure a volte gli sembrava l'unica persona al mondo in grado di capirlo.

Doveva essere una questione di accento.

Stupidi americani.

Si comportavano da imperatori del mondo e neanche sapevano pronunciare correttamente i sonetti di Shakespear.

Già, imperatori di un mondo in declino. Com'era il titolo di quel film?

Spike si fermò qualche istante, il vento invernale che si insinuava sotto i vestiti con raffiche gelide.

Stupido inverno.

Perché diavolo doveva sentire freddo, tanto per cominciare? Mica era un umano qualunque. Neanche era umano per dirla tutta. Avrebbero almeno potuto preoccuparsi di renderlo impermeabile al clima...

Le parole dell'uomo di colore gli risuonarono nelle orecchie.

"Per certe *persone* il clima esterno è piuttosto ininfluente, vero?"

Non era stata una frase di convenienza. Non si trattava solo di un'osservazione sul tempo. Non era stato un semplice incontro tra sconosciuti.

Quell'uomo aveva lanciato delle frecce, dirette verso un bersaglio ben preciso. Mancava da capire perché avesse voluto lanciarle e se avesse intenzione di usare anche altre armi, in futuro.

Con un sospiro Spike riprese a camminare.

"Il declino dell'impero americano".

Ecco il titolo del film che cercava.

Un gruppo di intellettuali si incontravano in una casa di campagna per un pranzo domenicale e discuteva sul valore e il senso delle relazioni interpersonali in modo cinico e disincantato. La decadenza e il degrado della vita sentimentale dei protagonisti era incornicata nella più vasta decadenza dell'impero americano e dello stile di vita comunemente accettato.

Dru aveva riso tutto il tempo, ripetendo incessantemente quanto gli esseri umani fossero patetici. Era stata una bella serata quella. Uno di quei momenti in cui gli schieramenti apparivano ancora netti e chiari nella sua testa. Uno di quei momenti in cui amare Drusilla ancora gli sembrava l'unica scelta sensata in un mondo privo di senso.

Alzò lo sguardo verso il fondo della strada illuminata dai lampioni.

E fu allora che la vide.

Da principio pensò a un'illusione ottica, una specie di miraggio.

Si stropicciò gli occhi confuso, ma quando li riaprì lei era ancora lì, immobile di fronte a lui.

I capelli neri scompigliati dal vento e lucidi sotto la luce gialla del lampione. Gli occhi brillanti come pietre preziose sulla pelle ambrata del volto sottile. Le labbra morbide dischiuse in un sorriso leggero.

Se ne stava seduta sul ciglio della strada, come se niente fosse. Rilassata e serena.

Intrecciò lo sguardo con il suo e vide quegli occhi pieni di luce ridere della sua incertezza. Notò la custodia della chitarra appoggiata accanto a lei e non poté fare a meno di ridere a sua volta.

Perché dopotutto, almeno lei, aveva mantenuto le sue promesse. Ed era tornata da lui.

+ + +

Buffy seguì con gli occhi le linee eleganti ed essenziali degli aironi dipinti sui paraventi che la circondavano.

-Perché mi hai detto queste cose?-

Il demone sorrise suo malgrado.

-Perché credo tu sia una di quelle persone...una di quelle rare creature che riescono a vedere oltre la maschera del demone, fino a scorgere il suo cuore e la sua anima-

Buffy scosse la testa stringendosi le braccia intorno al corpo.

-Si vede che non mi conosci bene-

Il demone le posò una mano sulla spalla e Buffy si stupì del sollievo che le trasmetteva quel contatto.

-Forse sei tu che non ti conosci abbastanza...-

A quelle parole si ritrasse, improvvisamente infastidita.

-Tu dici? Allora lascia che ti racconti io una bella storia. La storia di una ragazza che si svegliava ogni mattina, indossando la stessa maschera. Quella che le avrebbe permesso di affrontare un altro giorno uguale agli altri. Fingeva che non fosse importante come si sentiva dentro, l'unica cosa che contava era interpretare bene il suo ruolo. Perché lei era la Cacciatrice. La prescelta. E non poteva mostrarsi debole, non aveva il diritto di avere paura. Sapeva che tutti loro, dal primo all'ultimo, contavano su di lei. Ma c'era qualcuno, un demone, che riusciva a vedere dentro di lei, a superare tutte le barriere che lei aveva eretto intorno a sè per proteggersi. Di fronte a lui si sentiva completamente nuda e indifesa. E lo odiava a morte per questo...-

Buffy serrò le labbra un istante sentendo lo sguardo bruciante del demone sul volto.

-Ma inevitabilmente gli unici momenti in cui riusciva a essere se stessa erano quelli che passava con lui. E non poteva nascondere che se non era ancora impazzita lo doveva solo al fatto che poteva rovesciare su di lui tutte le sue frustrazioni e le sue paure. Il demone le riceveva in silenzio, senza distogliere lo sguardo, sorridendole, di tanto in tanto, come se stesse ascoltando una favola, invece che il racconto dei suoi incubi e delle sue debolezze. E quando si alzava e tornava tra i vivi lei era libera dai suoi tormenti, poteva ricominciare daccapo, poteva tornare a essere la Cacciatrice-

Buffy respirò a fondo prima di continuare. Neanche sapeva perché stava dicendo tutte quelle cose. Cose che non aveva voluto mai confessare neanche a se stessa. E invece adesso le diceva senza alcun filtro...proprio adesso, proprio a quella creatura. La diga si era rotta e anche volendo sarebbe stato impossibile fermare il fiume in piena che le scorreva dentro.

-Non le importava che i sorrisi e gli sguardi pazienti che lui le rivolgeva fossero solo una maschera che lui indossava ogni volta che lei lo andava a cercare, per impedirle di scorgere la sua dannazione. Perché in fondo lui era solo un demone. Una cosa disgustosa e senz'anima che non valeva niente. Questo si ripeteva la ragazza ogni giorno. Questo ripeteva a lui ogni giorno, per tenerlo lontano dal suo mondo e dal suo cuore. Ma la cosa divertente è che la ragazza sapeva che quelle cose non erano vere. Sapeva che quel demone aveva un cuore che poteva essere spezzato e dei sentimenti che potevano essere calpestati. Sapeva che quel demone la amava come nessun altro l'aveva mai amata prima, come forse nessun altro avrebbe mai potuto amarla. E nonostante vedesse e sapesse tutto questo, la ragazza continuava a usare quella creatura senza pietà, continuava a ferirlo volutamente come se niente fosse-

Il demone la guardava con un'espressione indecifrabile sul volto e Buffy sentì il bisogno di arrivare fino in fondo, di chiedere delle risposte che non aveva il coraggio di darsi da sola.

-E adesso, dimmi, cosa ne pensi di questa ragazza? Pensi ancora che sia una creatura rara e nobile?-

Il demone scosse la testa stancamente.

-Penso solo che questa ragazza sia spaventata a morte da ciò che non capisce. Penso abbia solo paura di lasciarsi andare e rischiare di perdere ancora qualcosa...o qualcuno di importante. Penso che per lei sia più facile fingere di non provare niente, piuttosto che accettare le emozioni che le riempiono il cuore. E non c'è niente di crudele in questo. Non è cattiveria la tua, ma paura. Paura di ciò che non conosci e che per questo ti appare oscuro e nemico-

Buffy sentì le lacrime a cui non voleva cedere, bruciarle gli occhi chiari.

Il demone si avvicinò a lei e le sussurrò una filastrocca all'orecchio.

"Intorno a me c'è il buio

ma se il buio c'è

e il buio fa parte della foresta

allora il buio deve essere buono".

Buffy si lasciò andare a una risata leggera.

-Non è esattamente quello che mi cantava mia madre per farmi addormentare...o quello che mi hanno raccontato durante l'addestramento, se è per questo...-

Il demone scrollò le spalle con apparente noncuranza.

-Nulla è più pericoloso di un'idea, quando è l'unica che abbiamo-

Poi si avviò verso la porta di ingresso con passi tranquilli e sicuri.

-Stasera cucino le mie specialità, okonomiyaki e tempura di gamberi. Spero che vorrai unirti a noi-

Buffy alzò lo sguardo sul demone ritrovando un briciolo della propria famigerata ironia.

-Cos'è una nuova strategia di guerra? Se non puoi uccidere il nemico conquistalo con la tua cucina?-

Il demone sorrise divertito prima di risponderle.

-Terrò senz'altro presente il tuo prezioso consiglio-

+ + +

Robin Wood superò silenziosamente la porta scorrevole. Il demone se ne stava seduto sulle ginocchia, al centro della stanza, come sempre, quando lo aspettava.

Naturalmente si aspettava anche un rapporto dettagliato e lui glielo avrebbe fornito, come sempre.

Uomini...demoni. Si consideravano tanto diversi, ma alla fine ricadevano negli stessi identici errori. Finivano per affidarsi a persone che li ingannavano, mentre loro erano troppo occupati a rispettare le proprie regole e a preservare l'ordine costituito per accorgersene. O per intravedere le falle dei loro ambiziosi piani.

E forse era proprio questo il loro errore più grande. Fare piani ambiziosi. Essere così preoccupati del quadro di insieme da dimenticare i dettagli.

Dettagli apparentemente insignificanti, come lui.

-Quali novità mi porti?-

Robin si sedette di fronte al vecchio, sul pavimento di legno, chinando il capo in un inchino accennato.

-Come prevedevo il soggetto non ha mostrato alcun segno di essere l'Eletto. Propongo senz'altro di sottoporlo alla prova-

Il vecchio demone dischiuse gli occhi lentamente, affondando il suo sguardo cristallino in quello scuro dell'uomo.

-E' ancora sotto la protezione del Consiglio degli Osservatori?-

Robin Wood serrò i pugni sulle ginocchia e assentì silenziosamente. Il vecchio attese qualche istante prima di proseguire.

-Sai bene anche tu che non siamo ancora pronti per affrontare apertamente il Consiglio. Fino a che il mezzo demone sarà sotto la loro protezione non possiamo rischiare mosse avventate-

L'uomo fece per replicare , ma il vecchio lo zittì con un gesto della mano.

-Tanto più che il fatto che il Consiglio lo creda l'Eletto gioca a nostro favore, in questo momento. Quentin Travers sarà sicuramente ansioso di consegnargli la Spada Sacra per provarne il potere sul campo-

-Ma se questo mezzo demone, come credo, non è l'Eletto, la spada sarà del tutto inutile, per non dire sprecata, nelle sue mani e in quelle del Consiglio-

Il vecchio ricongiunse le mani in grembo socchiudendo gli occhi.

-Una circostanza che volgerebbe comunque le cose a nostro favore. Se il mezzo demone non è l'Eletto, la spada, come hai giustamente notato, sarà inutile nelle sue mani e potremo considerare l'eventualità di sottrarla al Consiglio. In caso contrario il ricongiungimento dell'Eletto con lo spirito della spada sarà una prova inconfutabile della sua identità per il Concilio dei demoni e ci risparmierà l'onere della prova. Tutto considerato ritengo che la cosa migliore sia continuare ad attendere e osservare-

Robin Wood si alzò irato, perdendo per un istante la sua proverbiale calma.

-Attendere e osservare!-

Il vecchio al contrario non si scompose e lasciò sbollire la rabbia che sentiva nel corpo dell'uomo in nero, prima di parlare.

-Esattamente. Sono sicuro che svolgerai il tuo compito in maniera esemplare, come sempre-

Robin rilasciò la tensione che si era accumulata dentro di lui e sorrise con leggerezza.

-In modo esemplare, naturalmente-

Quindi, senza aggiungere altro, si allontanò dalla stanza e dalla casa.

Dopo tutto il vecchio aveva ragione almeno su una cosa, avrebbe svolto senz'altro il suo compito in modo esemplare. Oh sì, il modo in cui avrebbe ucciso quel falso Eletto sarebbe stato un esempio per tutti, senza alcun dubbio.

+ + +

Note Nerd:

La poesia di Hikmet citata da Hiro è "Alla vita".

Road Runner e Bugs Bunny si sono davvero sfidati nel Grand Canyon in una delle puntate speciali prodotte dalla Warner...

Il riassunto della telenovela "Passions" è liberamente ispirato alla trama di BTVS, naturalmente è tutto virato in versione ironica...

Tutte le cose che Hiro e sua madre dicono del giardino e della sala da tè sono assolutamente vere!

La filastrocca che il padre di Hiro canta a Buffy è un'antica canzone africana.

Gli okonomiyaki sono un incrocio tra una frittella e una piadina ripiena. Il tempure è un tipo di frittura tipico della cucina giapponese.

Eh eh...ecco rivelata l'identita dell'uomo in nero che parlava con il nonno di Hiro davanti a una tazza di tè verde...altri non è che Robin Wood!

 

 

 

 

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