Amare, donare e perdonare

Prima Parte

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The way to love anything is to realize that it may be lost.
Gilbert K. Chesterton

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Sunnydale

Buffy lasciò che l'acqua bollente le scorresse sulla schiena sciogliendo la tensione che la irrigidiva.

"Stai lontana da me"

Rovesciò il capo all'indietro e l'acqua le riempì il viso e le labbra dischiuse.

"Stai lontana"

Si massaggiò i capelli insaponati mentre la schiuma si scioglieva lentamente a contatto con il getto d'acqua corrente e le scivolava lungo il corpo, seguendo le linee dei suoi muscoli.

"Lontana"

All'inizio aveva creduto di aver sentito male. Poi di non aver capito bene. Infine si era convinta che fosse tutto uno scherzo.

E forse lo era, in effetti.

Uno scherzo del destino.

Non sapeva come altro classificare quello che era successo.

Quando tutto il sapone fu lavato via, appoggiò i palmi aperti delle mani contro la parete di fronte a sé, aspettando che l'acqua ormai tiepida diventasse fredda.

Sentiva ancora la forza con cui l'aveva respinta quando aveva tentato di avvicinarsi, di capire, di confortarlo.

"Spike, sei impazzito?"

Lui aveva sorriso senza convinzione.

"Sì, forse è così. Forse è questa la spiegazione"

Il suo sguardo le era sembrato strano. Non quello di un pazzo. Era più...

Asettico.

Strana parola quella. Le ricordava la luce tagliente dei corridoi dell'ospedale e la freddezza composta dei medici che li percorrevano con ostentata tranquillità, fingendo di ignorare che nelle stanze accanto a cui passavano c'erano persone che stavano morendo.

Ed era così che Spike la stava guardando.

In modo asettico.

All'improvviso si era sentita smarrita, come al centro di un labirinto di cui non vedeva l'uscita.

"E' meglio tornare a casa"

Più che un'affermazione era suonata come una supplica. E da quando la sua voce assomigliava a quella di una bimbetta di dodici anni?

"Sì, è meglio andare"

Bene, almeno su una cosa erano d'accordo. Si era voltata verso il signor Giles, sollevata.

"Signor Giles, potrebbe darci un passaggio fino a Revello Drive?"

Ma come sempre lui l'aveva stupita.

"Non torno a casa con te"

La sua voce era risuonata incredibilmente priva di emozione, come il suo sguardo. Quasi non l'aveva riconosciuta quella voce. Perché tutto si poteva dire di Spike, tranne che fosse privo di emozioni.

"Non capisco"

Aveva inutilmente atteso una sua spiegazione, qualcosa che desse un senso all'assurdità di quella situazione.

"Non è necessario che tu capisca"

Uno schiaffo in pieno volto. Questo le avevano fatto sentire quelle parole. Forse lo avrebbe preferito. Decisamente avrebbe preferito essere aggredita piuttosto che averlo lì immobile di fronte a lei, come se aspettasse solo di mettere fine a quella penosa conversazione.

"Perché?"

"Perché cosa?"

Perché tutto questo, avrebbe voluto gridare. Perché non mi permetti di toccarti? Perché non vuoi più toccarmi? Aveva cercato di prendergli la mano, di stabilire un qualunque contatto che potesse riportarlo da lei, ma lui aveva eluso il suo tentativo passandosi una mano fra i capelli e allontanadosi impercettibilmente. Molto educato. Molto inglese. Non per questo meno crudele.

"Sono esausto, Buffy, e ho davvero bisogno di riposarmi. Credo che tu questo possa capirlo"

"Bè puoi riposarti a casa mia"

Dio, doveva essergli sembrata orribilmente patetica. Ci mancava che aggiungesse un "ti prego" e il processo di umiliazione pubblica sarebbe stato completo.

Buffy strinse istintivamente i pugni mentre l'acqua ormai gelida le faceva mancare il respiro, ma non riusciva a raffreddare la rabbia che l'accendeva.

Lui aveva sorriso di nuovo.

"Magari un'altra volta"

Oh questo era stato un bel colpo. Gli aveva offerto la sua casa e le sue cure e lui le aveva rifiutate con la stessa serena educazione con cui gli uomini sono soliti scaricare le amanti di una notte. Tipica scena da "mattina dopo". Già vista, già vissuta. Più di una volta. Aveva anche vinto la maglietta. L'immagine di Parker le risalì fastidiosamente agli occhi. Seguita da quella più dolorosa di Angel.

"Dove pensi di andare?"

La voce di Giles l'aveva riscossa e si era accorta che nel frattempo lui era arrivato sulla soglia della porta. Non si era neanche voltato a guardarli. E loro erano rimasti lì come idioti a pendere dalle sue labbra.

"A riposarmi un po', come ho già detto"

L'Osservatore aveva serrato le labbra con disappunto.

"Non puoi semplicemente dimenticare quanto è successo, William. Spero che tu ne sia consapevole"

Spike aveva scrollato le spalle, come a volersi liberare di un peso fastidioso.

"Credimi, Rupert, nessuno ne è più consapevole di me"

E con quelle parole era sparito, lasciandoli lì a guardare la soglia vuota.

Quella era stata l'ultima volta che l'avevano visto a Sunnydale.

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-Dove pensi di andare?-

Buffy cercò di suonare calma e sicura di sé. Come sua madre Joyce. Purtroppo lei era solo Buffy. Leggi anche completamente e irrimediabilmente inadeguata a fare da madre a un'adolescente ribelle.

Forse perché essendo stata lei stessa una ragazzina ribelle e troppo impaziente di crescere più che rimproverare Dawn le veniva spontaneo identificarsi con lei.

-Fuori-

Appunto. Quante volte aveva pronunciato in passato quella stessa frase? Ed era sempre suonata così irritante anche a sua madre?

-Fuori dove, Dawn?-

Sua sorella fece spallucce finendo di abbottonarsi la giacca di pelle.

-Con Janice-

Bene evitare le domande dando risposte non richieste. Altra tecnica che aveva elevato ad arte a suo tempo.

-Senti Dawn, non voglio certo impedirti di uscire, ma...-

-Perfetto allora siamo d'accordo-

E con quelle parole Dawn uscì richiudendosi la porta alle spalle.

Mentre camminava per le strade semi deserte di Sunnydale fino alla fermata dell'autobus più vicina si lasciò sfuggire una risatina. Buffy che tentava di recitare la parte della madre apprensiva era decisamente uno spettacolo ridicolo per non dire grottesco. E poi lei non aveva bisogno di altre madri. Aveva già l'unica che voleva accanto a sé.

Come a volersi rassicurare di questo fatto guardò la donna che le camminava accanto.

Joyce le sorrise di rimando.

-Vedrai che stasera andrà meglio. Non può sfuggirci per sempre-

Dawn assentì silenziosamente prima di lasciarsi cadere sulla panchina vicino alla fermata. Sapeva che sua madre aveva ragione. Doveva averla. Ma quel triste rimpiattino cominciava a stancarla.

+ + +

-Forse non vi rendete conto della gravità della situazione-

Bethany seguì lo sguardo del signor Giles, diretto agli occupanti del luogo.

Willow continuava a leggere il suo libro, una gamba che ondeggiava ritmicamente a cavallo del bracciolo della poltrona in cui era sprofondata.

Xander non aveva neppure varcato la soglia, da quando era arrivato. E sembrava deciso a rimanere appoggiato allo stipite fino a nuovo ordine.

Anche Robin era rimasto in piedi, accanto a una delle grandi finestre che davano sulla strada. Mancavano le tende e il sole inondava la stanza a fiotti, riversandosi come un torrente di luce sui mobili chiari.

Bethany era quasi certa che la mancanza delle tende non fosse un caso. Non ne aveva mai chiesto conferma a Willow, ma appena era entrata in quella nuova casa si era convinta che quella fosse la stanza preferita di Spike e che ne avesse deciso lui l'arredamento. Compresa la scelta di non mettere tende alle finestre.

Buffy e Dawn non erano venute per niente. A quanto pareva erano troppo occupate con la loro "vita reale".

La ragazza tornò a fissare Rupert Giles con pazienza.

Lui che la pazienza sembrava averla persa. Definitivamente.

-Si trova evidentemente in preda a uno stato confusionale, dopo l'accaduto. Per la prima volta dopo anni si trova a dover decidere della sua vita, privo di una qualunque guida, privo di punti di riferimento certi...-

-Vuol dire libero-

Giles si voltò a guardare Xander, quasi stupito che fosse stato proprio lui, tra tutti, a parlare. Xander ricambiò lo sguardo, con un sorriso.

-Andiamo signor Giles, non mi dirà che non ci ha pensato-

Giles si aggiustò gli occhiali sul naso, approfittandone per rompere il contatto visivo.

-Se lei fosse uno schiavo e avesse vissuto in catene, per anni. Se qualcuno improvvisamente rompesse le sue catene, se improvvisamente si ritrovasse libero, lei cosa farebbe?-

Rupert Giles incrociò le braccia sul petto.

-Vedi, Xander, il punto non è cosa farei io o cosa faresti tu. Il punto è cosa ha fatto Spike-

Una risata fredda si insinuò tra le loro frasi.

Willow chiuse il libro con un colpo secco e si alzò dalla poltrona recuperando la giacca di pelle dall'attaccapanni.

-Se solo poteste ascoltarvi. Siete così preoccupati per voi stessi, così terrorizzati da quello che Spike potrebbe farvi ora che è libero di agire...come se in questi anni non fosse stato altrettanto libero-

-Non per contraddirti Will, ma in questi anni Spike aveva il chip-

Willow rise in faccia a Xander, sinceramente divertita.

-Certo, il chip. Come dimenticarlo! Certo è stato il chip a impedirgli di assoldare un esercito di vampiri per ucciderci tutti. Oh e deve essere stato il chip a obbligarlo a prendersi cura di Dawn l'estate che Buffy è morta. E naturalmente è stato il chip a fargli subire le torture di Glory. Ed è ancora il chip che gli ha impedito di reagire quando l'hai quasi ammazzato di botte in preda com'eri a uno di quegli Oni...oh no, aspetta, all'epoca il chip non funzionava già più...-

Xander distolse lo sguardo infastidito.

-Cos'è te ne eri momentaneamente dimenticato?-

Willow fissò i presenti uno a uno.

-E' incredibile quanto sia difficile conquistarsi la fiducia degli altri e quanto sia facile perderla. A volte mi chiedo seriamente se ne valga davvero la pena-

La ragazza si infilò la giacca e uscì sbattendo la porta.

Xander rimase qualche secondo a osservare la porta chiusa.

-Non so voi ma io mi sento abbastanza vicino alla categoria dei vermi in questo momento-

-I vermi non sono una categoria sono una...-

Giles si tolse gli occhiali passandosi una mano sulla fronte.

-Non importa. La cosa più importante ora è ritrovare Spike prima che possa fare qualche sciocchezza-

Robin Wood si scostò dalla finestra e posò i suoi occhi neri sull'Osservatore.

-Vuol dire prima che possa allearsi con la parte avversa?-

Giles inforcò di nuovo gli occhiali e ricambiò lo sguardo.

-Qualcosa del genere-

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Dawn ballava in mezzo alle bottiglie di birra vuote. Sul bancone umido di liquore del bar.

Le piaceva quel posto. Spike una volta ce l'aveva portata durante l'estate in cui erano rimasti soli e ora lei ci tornava di tanto in tanto, giusto in memoria dei vecchi tempi.

Certo allora era poco più di una bimbetta impaurita con i jeans troppo grandi e quell'orribile felpa rosa che era finita nella spazzatura insieme al suo diario segreto. Adesso, strizzata in un top laminato e con una gonna di pelle troppo corta, non era altro che una delle tante ragazzine che fingevano di non aver più paura del buio. Per le altre che ballavano accanto a lei era solo un modo per sentirsi "grandi". Forse anche per Buffy era stato così, prima dell'incontro con Angel.

Per lei era solo un modo per sentirsi come tutte le altre.

Dawn ricacciò quei pensieri nell'angolo nascosto della sua mente che stava diventando sempre più spazioso e oscuro e si concentrò invece sulle vibrazioni della musica che la attraversavano e sul sudore che le imperlava il corpo facendolo risplendere sotto gli sguardi assetati e sfrontati che la spogliavano.

Era fin troppo facile attirarli. Fin troppo facile ingannarli.

Il ritmo si fece più intenso e così i movimenti di Dawn. Sentiva tutti quegli occhi cercare i pochi centimetri del suo corpo coperti dai vestiti umidi. Sentiva l'eccitazione che le saliva intorno. E l'invidia. Sentiva...

Si fermò di colpo fissando un punto imprecisato di fronte a sé. Passò da un volto all'altro in cerca di qualcosa che non aveva il coraggio di nominare.

Una mano sudaticcia le strinse la caviglia, ma lei a mala pena se ne accorse troppo occupata a fissare l'oggetto del suo desiderio.

Proprio laggiù, nella semioscurità di un angolo nascosto.

Parlava con un tizio che riconobbe come il proprietario del bar, un certo A.J. di cui nessuno sapeva il vero nome.

Stringeva una bottiglia di birra tra le dita sottili e ogni tanto si interrompeva per prenderne un sorso.

Finalmente, pensò, e perché ci hai messo così tanto? Ma non avrebbe saputo dire se stava inconsciamente parlando con lui o piuttosto con se stessa. Si lasciò scivolare giù dal bancone ignorando i miagolii di disappunto dei clienti e si fece strada tra la folla.

Senza la minima esitazione gli si gettò addosso a peso morto rovesciando la sua birra e lasciando senza parole il suo compagno. Si strinse forte a lui ricacciando in gola le lacrime senza riuscire ad arrivargli vicina quanto avrebbe voluto.

-Spike...Spike...lo sapevo che non potevi essertene andato davvero...non così-

L'uomo stretto tra le sue braccia si divincolò lentamente dalla sua presa allonanandola da sé, senza rabbia ma con decisione. A.J. sembrava oltremodo divertito dalla scena.

-Una delle tue amichette?-

Spike si limitò a scrollare le spalle come se non volesse dare troppa importanza alla cosa. Come se a mala pena fosse disposto ad accreditare la sua presenza.

-Figurati. E' solo un'altra ragazzina in cerca di avventure. Forse è meglio...-

Dawn si portò una mano alle labbra.

-Oddio...Buffy lo aveva detto che non sembravi in te l'ultima volta che ti ha visto...è questo che ti ha fatto Halfrek, vero? Ti ha fatto dimenticare ogni cosa! Ci ha cancellato dalla tua testa! Per questo te ne sei andato così!-

Spike serrò le labbra seccato dell'interruzione prima di degnarsi di rispondere.

-Non soffro di amnesia, grazie. E ora sparisci-

Dawn si avvicinò di nuovo fissandolo dritto negli occhi e parlando lentamente come a volersi assicurare di essere sentita al di sopra del rumore della musica e della gente.

-Sono Dawn, la tua Briciola, ricordi? E tu sei Spike e...-

-Mhh Juhdiel tu non me la racconti mica giusta, questa qui mi sembra tanto una scena da "mattina dopo", un alba "spinosa" a quanto pare-

A.J. chiuse il suo intervento con una risata poco elegante apparentemente orgoglioso del suo ridicolo giochetto di parole. Dawn lo guardò con disgusto, ma Spike si era unito alla sua risata.

-Forse è meglio continuare a discutere altrove-

I due si alzarono insieme, ma Dawn trattenne Spike per un braccio. In una frazione di secondo lui la imprigionò tra una delle pareti e il suo corpo, i polsi stretti in due morse di acciaio.

-Stai fuori dalla mia vita, Dawn o le cose potrebbero mettersi molto male per te. Mi hai capito? Molto male-

E così dicendo si allontanò di scatto voltandole le spalle come se nulla fosse successo.

-Ti odio!-

Spike si limitò a sparire con A.J. in uno dei privet del locale senza degnarla di uno sguardo.

Dawn si morse le labbra con rabbia. Bè se credeva di cavarsela con così poco...lei non era Buffy, non lo avrebbe certo lasciato andare senza lottare.

Raggiunse il tavolo dei due uomini a grandi passi e si sedette su uno dei divanetti accanto a loro, le braccia ostinatamente incrociate sul petto.

-Non me ne vado-

Li informò decisa. Spike si limitò a richiamare l'attenzione di una delle cameriere e a ordinare due birre. Ignorandola completamente.

A.J. invece sembrava molto interessato alle sue gambe, lasciate ben scoperte dalla gonna attillata. All'improvviso Dawn si sentì nuda sotto il suo sguardo lascivo. Rivolse un'occhiata speranzosa a Spike in cerca di rassicurazione, ma lui se ne stava seduto indolente sulla sua sedia e fissava A.J. con apparente indifferenza, in attesa di riguadagnare la sua attenzione. Ma A.J. era troppo impegnato a farle proposte che avrebbero fatto arrossire anche donne ben più sfacciate di lei. Quando le mise una mano sulla coscia nuda, accarezzandola senza remore, Dawn pensò davvero che la misura fosse colma. Spike era scattato in passato anche per molto meno. Del resto era sempre stato iper protettivo nei suoi confronti. Solo che questa volta non scattò affatto. In effetti non mosse un muscolo. Se si era aspettata di essere difesa aveva evidentemente bussato alla porta sbagliata. Un qualunque estraneo la stava importunando e Spike si comportava come se davvero non gliene fregasse niente. Anzi come se fosse impaziente di passare ad altro. Come se l'unico torto di A.J. fosse quello di fargli perdere tempo.

-Se non mi togli subito le mani di dosso la tua prossima gita sarà a Vienna con un coro di voci bianche-

A.J. guardò con disappunto il tacco di metallo degli stivali di Dawn che puntava in una direzione per così dire "pericolosa" al di sotto del tavolino di plexiglass e ritirò la mano anche se con voluta lentezza. Prese un lungo sorso della sua birra e poi tornò a rivolgersi a Spike unendosi così al club "ignora Dawn e scappa".

Per le successive due ore gli uomini parlarono in un gergo tecnico ed evidentemente in codice di impianti audio, mixer, microfoni e riflettori. All'apparenza non sembravano altro che due uomini che stavano organizzando una serie di concerti nel locale, ma Dawn era troppo intelligente per non capire che sotto c'era ben altro.

Quando finalmente sembrarono essere giunti ad un accordo soddisfacente, si alzarono dirigendosi verso l'uscita sul retro. Dawn, naturalmente, seguì Spike.

-Dove stai andando?-

Gli chiese sincronizzando il suo passo con le lunghe falcate di lui. Com'era prevedibile non ottenne alcuna risposta.

-Lo dirai a Buffy che sei ancora qui?-

Dawn non era sicura di quale risposta avrebbe voluto sentire e lui le risparmiò la fatica perché non rispose affatto, limitandosi a salire su una moto che doveva aver visto tempi migliori ma che si intuiva avere un certo valore storico. Per qualcuno appassionato di ferri vecchi, era evidente.

-Let's fly Pidgeon?-

Tentò non senza qualche esitazione la ragazza, ricordando un'altra notte in cui erano saliti insieme su una moto simile a quella.

Neanche l'ombra di un sorriso sfuggì alle labbra di Spike che si limitò a inserire la chiave di accensione.

-Hei! Non puoi mica lasciarmi qui da sola!-

Lui le rivolse uno sguardo di sfida.

-Ah no?-

Dawn serrò i pugni lungo i fianchi.

-Certo che no! Come dovrei tornare a casa secondo te? Gli autobus sono fermi da un pezzo ormai!-

Spike fece scaldare il motore con un rombo assordante.

-Vorrà dire che la prossima volta tornerai a casa prima-

E così dicendo partì sgommando verso un punto indefinito nell'oscurità.

-Ti odio!-

E questa volta Dawn era quasi sicura di pensarlo davvero.

Quasi.

+ + +

-Perché non vai da lui?-

Willow la fissò come se avesse detto la cosa più stupida del mondo.

-E tu perché non vai da lui?-

Bethany scrollò le spalle sorridendo. In effetti la domanda non le sembrava più tanto intelligente.

-Immagino non si possa obbligare qualcuno a rimanerci accanto, anche se lo desideriamo con tutto il cuore-

Willow assentì distrattamente continuando a camminare, la mente rivolta inevitabilmente a un altro tempo in cui aveva davvero creduto che la magia potesse risolvere qualunque problema.

-No, non si può. Certe cose non si possono forzare-

Bethany sollevò le braccia sopra la testa allungando i muscoli come un gatto che si stesse stiracchiando.

-Solo...dagli una controllatina ogni tanto da parte mia-

Willow la guardò in tralice.

-Mi stai chiedendo di spiarlo?-

Bethany sorrise scuotendo la testa.

-Ti sto chiedendo di proteggerlo-

-Credevo questo fosse il tuo lavoro-

Bethany impiegò qualche secondo prima di rispondere.

-C'è stato un cambiamento di programma-

Willow si fermò di colpo, improvvisamente conscia di quanto stava accadendo.

-Questo è un addio, è così?-

Bethany si fermò qualche passo avanti a lei, senza voltarsi.

-Io preferisco considerarlo un arrivederci-

-E come pensi che lo considererà Spike?-

La ragazza inspirò profondamente l'aria della sera.

-Spike ha già abbastanza problemi al momento, non voglio aggiungerne altri alla lista-

-E' per il Consiglio, vero? Ti hanno minacciata?-

-Oh no. Il Consiglio non minaccia. Il Consiglio...bè, consiglia-

Willow si strinse le braccia attorno al corpo, improvvisamente infreddolita.

-E Giles cosa ne pensa?-

-Non ho bisogno della sua approvazione per prendere le mie decisioni. E poi francamente, in questo momento è l'ultima persona che potrebbe aiutarmi, Travers l'ha già segnato da tempo sulla sua lista nera-

Bethany si girò a guardare la strega. In quel momento sembrava davvero soltanto una ragazzina spaurita. Quanto potevano ingannare le apparenze.

-E' meglio così. Non vale la pena di attirare ulteriormente l'attenzione del Consiglio su di noi. Lasciamo che si concentrino sulla scomparsa di Spike, saremo più liberi di agire-

Willow annuì poco convinta. Bethany le prese le spalle e la costrinse a guardarla.

-Mi muovo bene in campo nemico, Willow. Lo faccio da una vita-

Un gruppo di bambini giocava a pallone in un cortile vicino. Le grida e le risate superavano il muro di cinta, spensierate. Willow seguì i suoni con lo sguardo. Non aveva mai giocato a pallone in un cortile. Il pensierò la colpì nella sua semplicità. All'età che dovevano avere quei bambini era stata troppo occupata a studiare o a sognare una vita diversa da quella che faceva. E poi non c'era stato più tempo per certe cose.

Tornò a guardare la ragazza di fronte a lei. Chissà se c'erano stati cortili per lei. E palloni. E giorni spensierati. Chissà da quanto non c'erano più. All'improvviso si sentì triste. E non avrebbe saputo dire se a ispirarle quel sentimento erano un paio di occhi verdi che avevano visto già troppo, per essere così giovani, o una bambina dai capelli rossi che non aveva saputo fermarsi a vedere quello che aveva davanti, troppo occupata a guardare oltre.

-Parti stasera?-

Bethany la lasciò andare con un sorriso stanco.

-Ho ancora un paio di cose da fare qui-

Willow socchiuse gli occhi contro il sole di mezzogiorno.

-D'accordo-

Bethany la guardò indecisa su come prendere quella frase.

-D'accordo posso partire tranquilla?-

Willow si strinse nella giacca contro l'aria della sera.

-D'accordo lo proteggerò per te-

Bethany sorrise con gratitudine, ma la strega le aveva già voltato le spalle.

+ + +

Lo ritrovò in un fast food intento a ingurgitare una quantità spropositata di cibo. Davvero non riusciva a spiegarsi come potesse rimanere così magro. Sarebbe dovuto essere illegale mangiare così e rimanere magri. Maledetto metabolismo maschile.

Quando si girò a guardarla gli sorrise trionfante, ma lui la gelò con le sue prime parole.

-Credevo di averti detto di rimanere fuori dalla mia vita-

-E io credevo ti interessasse sapere che ero ancora in vita nonostante tu mi avessi abbandonata da sola nel pieno della notte in un vicolo dove avrei potuto essere aggredita, uccisa e probabilmente lasciata a marcire per giorni in un cassonetto-

Spike continuò a concentrarsi sul suo doppio cheeseburger con "tutto dentro".

-Bene. Ora che mi hai aggiornato sul tuo stato di salute puoi anche tornare a casa-

Dawn si avvicinò di qualche passo.

-Spike...non sei felice di vedermi?-

-No-

Si costrinse a ricacciare indietro le lacrime e l'umiliazione prima di parlare ancora.

-Si può sapere cosa ti ho fatto? Perché mi tratti così?-

-Perché voglio che mi lasci in pace ma a quanto pare non sei abbastanza sveglia da capirlo-

Dawn serrò i pugni imponendosi di non lasciarsi vincere dalla rabbia.

-E' per Buffy, vero? Se non puoi avere lei nessun'altra ti interessa?-

-Non ho cercato tua sorella così come non ho cercato te, Dawn-

Così dicendo si alzò lasciando sul tavolino i resti di quella che doveva essere il suo pranzo.

-Spike, aspetta...dove vai?-

Lui si voltò con un sospiro seccato.

-Dato che a quanto pare un locale pubblico non garantisce alcuna privacy me ne torno a casa dove non sono costretto a subire compagnie indesiderate. Ti saluto Dawn-

Dawn si aggrappò al suo braccio con una forza che non credeva di possedere.

-Spike!-

Lui si liberò dalla sua presa con uno strattone.

-Spike non esiste più. Forse non è mai esistito. Io sono Juhdiel, mettitelo in testa una volta per tutte-

E così dicendo si avviò verso l'uscita.

Dawn gli corse dietro senza ritegno. Al diavolo l'orgoglio femminile e tutto il resto. Aveva bisogno di lui. Spike, Juhdiel o chiunque lui fosse.

-E va bene, *Juhdiel*. Voglio venire con te-

Lui rise sinceramente divertito.

-Scordatelo-

-Non puoi impedirmi di seguirti-

-Potrei denunciarti per molestie-

Dawn sbuffò sonoramente.

-Figurati! Come se qualcuno potesse credere che una povera e innocente ragazzina ti stia molestando, non l'hai visto il film con Demi Moore e Michael Douglas? Le attenzioni del tuo amico l'altra sera, *quelle* erano moleste-

Spike le lanciò uno sguardo spassionato.

-Cosa pretendevi che facessi. Ti avevo detto di andartene. Ripetutamente. E non ho intenzione di mandare all'aria i miei affari per salvare quel poco che ancora rimane della tua virtù-

Oh. Questo era un bel colpo basso.

-Lo dirò a Buffy. Le racconterò ogni cosa e lei verrà a cercarti e ti infilerà un po' di sale in quella zucca vuota-

-Fai come ti pare-

Lui non sembrava particolarmente spaventato dalla prospettiva di scontrarsi con la Cacciatrice. Anzi l'idea di rivedere Buffy sembrava lasciarlo del tutto indifferente.

In un angolo remoto del cuore Dawn fece salti di gioia.

+ + +

Buffy si aggirò senza meta tra la folla del locale. Non si poteva dire che l'avesse seguita. Voleva solo vedere dove sua sorella passava le notti. E con chi.

-Cosa diavolo ci fai qui?-

Bene il piano pedinamento sotto copertura era saltato. Meglio passare al piano B. "Modalità sorella maggiore che ha tutti i diritti di sapere dove sei".

-Dovrei chiederlo io a te-

Dawn serrò i pugni con rabbia.

-Non dovresti essere qui-

Buffy puntò le mani sui fianchi.

-Di nuovo, mi hai rubato la battuta-

Dawn la guardò dall'alto in basso come se provasse compassione per i suoi miseri tentativi di controllarla. No. Non compassione. Disprezzo.

-Ti ha lasciata-

Buffy la guardò sorpresa.

-Ti ha lasciata, proprio come tutti gli altri. Fattene una ragione-

E così dicendo girò sui tacchi dirigendosi verso l'uscita.

-Dove vai adesso?-

Neanche si girò a guardarla.

-Goditi la serata. La mia ormai è rovinata-

Ultimamante Dawn esibiva una freddezza che la lasciava senza parole. Non che lei stessa fosse la cordialità fatta persona, ma Dawn...lei era sempre stata quella entusiasta, quella che si gettava nelle cose e viveva le sue emozioni sulla pelle, quella che urlava, rideva e piangeva senza vergogna. Quella che aveva sempre esibito le sue emozioni come trofei, forse perché per un certo periodo aveva creduto di non essere destinata a provarne, con la storia della chiave e il resto. Ed era sempre stata così simile a Spike in questo, non era certo un caso se erano entrati subito in sintonia e se, pur così diversi, si erano subito compresi e cercati.

"Se insisti a chiuderla in una gabbia le farai solo venire voglia di scappare"

Sta zitto Spike.

Le note di una canzone che non conosceva la avvolsero dolcemente insinuandosi dentro di lei. Qualcuno la urtò, ma lei non si fermò a ricevere le sue scuse.

Non so difendermi
quando cado
nel tuo sguardo

E accecato e assetato
entro in te
come in un bosco
pieno di sole

Sapeva di essere stata la sua ossessione, la sua più grande follia. Sapeva di averlo spinto inesorabilmente verso l'abisso da cui era faticosamente riemerso. E ora più che mai sentiva il peso di quella consapevolezza lacerarle il cuore.

Tu che sei
la mia follia
di possederti
senza averti
Non mi dai
che nostalgia
e allora vai
via da me

Ogni sensazione si amplificava dentro di lei fino a farla soffocare. Eppure si aggrappava a quelle sensazioni come un naufrago a dei miseri pezzi di legno. Come se potessero salvarla dall'annegamento.

"Sto annegando in te Summers. Sto annegando"

Non aveva mai capito cosa avesse voluto dire con quelle parole. Fino ad ora. Ora che capiva fin troppo bene. Ora che provava quelle sensazioni sulla sua pelle.

Sai confondermi
con la tua passione
senza emozione
e sudata e affamata
mordi la mia carne
con l'istinto
del cacciatore

Si era illusa di essere lei l'artefice del suo destino, ma non aveva fatto altro che ripetere gli stessi errori all'infinito. Fino a che non era rimasta intrappolata nel circolo vizioso che lei stessa aveva creato. E ora era strano e crudele come ogni cosa, anche una semplice canzone, le sembrasse raccontare la loro storia.

Tu che sei
la mia follia
di possederti
senza averti
Non mi dai
che nostalgia
e allora vai
via da me

Quegli occhi che la capivano prima ancora che lei riuscisse a capire se stessa. Questo le mancava più di tutto. Nel buio della sala poteva finalmente smettere di fingere che non le importasse. Poteva smettere di essere forte. Poteva piangere senza dover dare spiegazioni.

Non so difendermi
quando cado
nei ricordi
e usato e spezzato
ancora ti voglio

sono lo schiavo
dell'amore

La voce del cantante penetrava in ogni sua fibra, impietosa. Era riuscita a perdere tutto, prima ancora di averlo ottenuto. Seguì la canzone, una voce e una chitarra acustica, così semplice. Eppure la folla si era accalcata a tal punto che dovette lottare per farsi strada.

Tu che sei
la mia follia
di possederti
senza averti
Non mi dai
che nostalgia
e allora vai
via da me

Solo un assolo di chitarra nel silenzio che era calato intorno. L'uomo che lo suonava sembrava completamente assorto nel suono della musica, come se in quel momento per lui non esistessero altro che le note che stava traendo dalle corde consumate. Le ultime note della canzone si persero negli applausi del pubblico. Buffy rimase a guardare il cantante assaporarli con gli occhi chiusi. Dopo qualche secondo un uomo di una certa stazza salì con poca grazia sul palco stringendo un microfono tra le mani.

-Allora che ne dite del nostro nuovo acquisto?-

Il pubblico rispose con un boato di assenso. Un gruppo di ragazzine lanciò qualcosa sul palco. Qualcosa di molto simile a un reggiseno. All'improvviso Buffy aveva voglia di vomitare. Il cantante lo raccolse ridendo e agitandolo come un trofeo, mentre le urla delle ragazze si amplificavano. Buffy avrebbe potuto giurare di non averlo mai visto ridere in modo così spensierato. Non riusciva a staccare gli occhi da lui e quasi non si accorse che quello che doveva essere il proprietario del locale aveva ripreso a parlare.

-Per stasera abbiamo finito, ma Jude vi aspetta giovedì prossimo, stesso posto stessa ora!-

Il pubblico rumoreggiò deluso prima di applaudire l'uscita di scena del cantante. Buffy rimase immobile mentre la folla si dissipava urtandola e facendole perdere l'equilibrio più di una volta. Il gruppo di ragazze che aveva dato spettacolo poco prima le passò accanto e stralci dei loro discorsi concitati le arrivarono alle orecchie.

-Dio quanto me lo farei!-

-Sì nei tuoi sogni! Con tutte quelle che gli sbavano dietro figurati se si mette a guardare te!-

-Comunque stasera vado ad aspettarlo all'uscita, mai dire mai!-

-Sei proprio fuori di testa...-

Buffy sentì che le ginocchia che le cedevano. Non riusciva a capire se l'aveva ritrovato o l'aveva perso per sempre. Eppure quella canzone parlava di lei...di loro. Questo doveva pur significare qualcosa...Con passo deciso raggiunse il gruppo di ragazzine e ne afferrò una per un braccio.

-Da che parte esce il cantante?-

Una ragazza dai corti riccioli castani la guardò con sufficienza, liberandosi dalla sua stretta.

-E io che ne so?-

-Ma prima vi ho sentite...-

Una ragazza dagli occhi azzurri intervenne nella conversazione.

-Quasi sicuramente dal retro del locale, stiamo andando là, se vuoi puoi venire con noi-

La ragazza dai capelli castani si allontanò sbuffando.

-Scusala è che non sopporta la concorrenza! Io sono Sarah e tu?-

Buffy guardò la ragazza che le sorrideva con gentilezza.

-Buffy. Io sono Buffy-

+ + +

-Credi che sia giusto?-

Dawn alzò lo sguardo su di lei. Le sorrideva con quel suo sorriso rassicurante.

-Non lo so io...-

-Non è giusto Dawnie. Tu meriti di avere quello che desideri-

Dawn si rannicchiò contro il sedile dell'autobus notturno.

-Ma non posso averlo...quello che desidero è già suo...lo è sempre stato-

La guardò sedersi accanto a lei e sorriderle di nuovo.

-Le cose cambiano Dawnie. Tu puoi farle cambiare. Hai il potere per farlo-

Sentiva il cuore battere spasmodicamente dentro il petto, le lacrime bruciare negli occhi. Non doveva lasciarsi andare, non doveva cedere. Eppure...

-E' inutile. L'hai visto anche tu...ci sarà sempre lei tra noi...non potrà mai amarmi come io lo amo. Sono destinata a rimanere una qualsiasi...per quanti sforzi io faccia-

L'altra la guardò con dolcezza.

-Tu non sei una qualsiasi. La tua luce potrebbe risplendere così intensamente se non fosse oscurata dall'ombra della Cacciatrice-

Dawn si voltò di scatto premendo la fronte contro il vetro freddo del finestrino.

-Vattene! Tu non vuoi aiutarmi vuoi solo confondermi!-

La donna non si mosse ma la sua voce sottile le accarezzò le orecchie in un sussurro.

-Lui sta soffrendo. Riesco a sentirlo così chiaramente! E lei non fa niente per aiutarlo. Credi che questo sia giusto?-

Dawn scosse la testa mentre lacrime salate le inondavano le guance.

-Lei non può fare niente per salvarlo, ma tu sì. Non vuoi salvarlo Dawnie? Lui ti ha salvata...forse pensi che non meriti di essere salvato a sua volta?-

La ragazza nascose il viso tra le mani continuando a scuotere la testa.

Sentiva quella voce alle spalle che continuava a cullarla.

-Potreste essere così felici...riesco a vederlo sai? Se solo poteste liberarvi di tutto il resto...di tutti questi ricordi falsi, di tutte queste persone che vi ingannano. Qui nessuno ti ama veramente...credono di amarti, ma questi sentimenti sono solo frutto di una magia...noi lo sappiamo vero Dawnie?-

-Ma lui...lui non...per lui non è così, lo sento!-

La donna continuò a parlarle rassicurante. Ed era così dolce la sua voce.

-Ma certo, Dawnie. Lui è diverso dagli altri. I suoi sentimenti sono reali...e se solo la Cacciatrice smettesse di ingannarlo...se vi permettesse di seguire la vostra strada...siete destinati a fare grandi cose insieme, ma dovete...rimuovere gli ostacoli che vi si parano davanti...-

Dawn si tappò le orecchie con le mani.

-Lei è mia sorella! Non posso...non posso!-

La risata della donna risuonò nella sua mente.

-Credi che quando sarà il momento lei sceglierà te? Tu non sei nessuno per lei...ma per lui...tu sei l'unica salvezza...lui ha bisogno di te Dawnie...ha bisogno di *te*-

Dawn si lasciò andare contro lo schienale di velluto consunto. Come poteva? Come poteva anche solo fermarsi ad ascoltare tutte quelle menzogne? Eppure erano così dolci...dolci come la voce di sua madre che cantava storie di principesse in pericolo e principi dagli occhi azzurri pronte a salvarle. Ma la verità era che nessuno aveva mai cantato per lei. Nessuno l'aveva mai guardata addormentarsi. Nessuno le aveva mai raccontato storie che le facessero dimenticare le sue angosce. Nessuno.

Tranne lui.

-Devi allontanarlo da lei Dawnie, solo così sarà salvo. Solo così sarà tuo. Tu vuoi che sia tuo, vero? Solo tuo?-

Dawn rialzò lo sguardo su di lei. Su quel viso che tante volte l'aveva confortata.

Le lacrime le annebbiavano la vista e la voce uscì dalle sue labbra soffocata e incerta.

-Cosa devo fare, mamma?-

Lo sguardo di Joyce Summers si illuminò di una nuova dolcezza.

-Lascia che ti mostri la strada che lo porterà da te-

+ + +

Fuori dall'uscita secondaria si era assiepato un nugulo di ragazzine. Sicuramente più attratte dai profondi occhi blu del chitarrista che dalle sue canzoni. Buffy sospirò frustrata. Si sentiva totalmente fuori posto in mezzo a quel gruppo di adolescenti nel pieno di una tempesta ormonale.

-Venite qui tutte le sere?-

Sarah la guardò sorridendo.

-Beh no. Solo da quando ci suona Jude-

Già domanda idiota. Loro non erano certo lì per sentire la musica. Ma del resto non si poteva dire lo stesso di lei?

-Ed è molto che suona in questo posto?-

-Non molto. Nessuno sa cosa facesse prima di arrivare qui e ognuno ha la sua teoria in proposito. La mia amica Christine qui è convinta che sia per dimenticare una donna che è finito in questo angolo di mondo...anzi *la* donna, quella di cui parla nelle sue canzoni-

La ragazza dai riccioli castani, alias Christine, intervenne seccata.

-Quell'idiota. Come si fa a lasciarsi scappare uno così? Fossi stata al suo posto lo avrei tenuto ben chiuso in un posto nascosto, lontano dagli occhi degli altri-

Buffy non poté fare a meno di sorridere considerando quanto la ragazzina si fosse avvicinata alla verità.

-E tu?-

Disse poi rivolgendosi a Sarah.

-Qual è la tua teoria?-

Sarah scrollò le spalle.

-Tra tutte le città in cui poteva capitare, si è fermato qui, a due passi da casa mia. La mia teoria è che sono una ragazza molto fortunata-

-E questo ti basta? Averlo incontrato, voglio dire. Non vorresti saperne di più su di lui, sul suo passato?-

La ragazzina la guardò negli occhi, con un sorriso strano.

-Perché dovrei? Qualunque cosa abbia fatto in passato lo ha fatto diventare quello che è oggi perciò mi va bene-

Forse Christine aveva ragione. La donna di cui si cantava in quelle canzoni era davvero un'idiota.

Buffy arretrò di qualche passo. Ma cosa diavolo stava facendo? Davvero voleva aspettarlo come se fosse una delle tante ragazzine in cerca di un nuovo idolo?

-Hai cambiato idea?-

Sarah la stava guardando con aria interrogativa.

-Io...devo andare-

Si allontanò in fretta immergendosi in un vicolo buio, verso il parcheggio del locale. La sua macchina era ancora lì, abbandonata accanto a un furgone chiaro. Sentì una porta sbattere dietro le spalle e si girò di scatto, istintivamente preparata a difendersi.

Spike reclinò la testa di lato e la guardò senza sorpresa.

-Buffy-

Anche il suo nome fu pronunciato senza particolare accento. E questa era una novità. Ma Buffy era troppo impegnata a riempirsi gli occhi di lui per accorgersene.

-E così Dawn ti parla, dopotutto-

Buffy scosse la testa cercando di allontanare il ronzio che le annebbiava la vista.

-Dawn?-

Spike scrollò le spalle come se quell'informazione non fosse poi così essenziale.

-E' stata qui un paio di sere fa. In avanscoperta, a quanto pare-

E così Dawn sapeva. Da un paio di sere. E non le aveva detto niente.

In avanscoperta? No, non era così. Lei non era lì per questo...non era lì per controllarlo...neanche immaginava di incontrarlo...e poi lei e Dawn non erano così unite come lui sembrava credere. Non più.

-Non è come credi-

Lui la fisso senza emozione.

-D'accordo-

D'accordo? D'accordo cosa? Non c'era niente su cui essere d'accordo. Non c'erano accordi, punto.

-E così...ti piace qui?-

Chiese più per rompere il ghiaccio che per soddisfare una reale curiosità.

Spike ispezionò lo spiazzo di cemento illuminato dai neon del locale.

-Ho visto vicoli peggiori-

Buffy scosse la testa sorridendo.

-Intendevo se ti piace questa città-

-E' un posto come un altro-

-Perché fai così?-

Spike rise senza allegria.

-Ti sto dando la possibilità di essere libera e di ricominciare daccapo. Di cosa ti lamenti?-

-Ma io non voglio essere libera...non ci riesco...-

-Non condannarti all'infelicità. Illudersi di vedere un legame dove non c'è...è un modo triste di vivere-

Oh sì, lei sapeva tutto dell'infelicità ed era ora di cambiare musica.

-Ma c'è invece! Io lo so!-

Avevano raggiunto il furgone e Spike gettò i resti della sigaretta a terra prima di aprire la portiera.

-Torna a casa Buffy-

Si sentiva stringere lo stomaco, ma non poteva ancora darsi per vinta. Non ancora.

-Ti prego...voglio solo una spiegazione...-

Spike salì al posto di guida e cominciò a rovistare nelle tasche della giacca in cerca delle chiavi.

-Domani ti sveglierai e ti vergognerai del modo in cui ti stai comportando-

Avrebbe voluto strapparsi i capelli dalla rabbia. O prenderlo a calci per tutta la notte. Ma quella non era più un'ipotesi praticabile. Spike continuava a darle l'impressione di sapere qualcosa su di lei, qualcosa che lei stessa ignorava, e invece di parlarne continuava a venderle quella storiella del "è finita ormai" o a ridere dei suoi goffi tentativi di esprimere quello che provava per lui.

Avrebbe tanto voluto credere che quello non fosse Spike. Avrebbe tanto voluto convincersi che quello fosse solo un momentaneo disturbo della sua personalità e che presto sarebbe tornato da loro. Avrebbe voluto essere sicura che quello che vedeva davanti a sé fosse Juhdiel, l'eletto venuto a riportare l'equilibrio sulla terra tramite l'uso momentaneo del corpo di Spike.

Ma non era così cieca.

Quello era Spike.

Solo che non era più l'incasinata creatura "Spike-ama-Buffy". Era tornato ad essere semplicemente Spike. Uomo. Demone. E quant'altro.

Non c'era niente di rotto in lui.

Ricordava una volta in cui Dawn lo aveva convinto ad aiutarla per chissà più quale compito di letteratura inglese.

"Sai, potevi semplicemente dirle di no"

Lo aveva apostrofato tra lo stupito e il seccato.

Lui l'aveva guardata allargando le braccia.

"Cosa vuoi che ti dica? Sono completamente in balia delle donne con il cognome Summers"

Sul momento la cosa l'aveva infastidita. Forse perché si era sentita rassicurata da quell'affermazione, contro la sua stessa volontà.

Ora avrebbe pagato per risentirla.

Non c'era niente di rotto in lui. Tranne l'ago della bussola che aveva per molto tempo puntato S per Summers.

All'improvviso si sentiva nauseata.

-E' meglio che vada-

Si girò velocemente imponendosi di camminare con un minimo di contegno.

-Buffy?-

Si bloccò sul posto, il cuore testardamente aggrappato a quell'ultimo filo di speranza.

-Non tornare-

Assentì silenziosamente, non fidandosi della propria voce. Quando sentì il rombo del motore si arrischiò a lanciare uno sguardo indietro, ma il volto di lui era già avvolto nell'oscurità.

+ + +

Lo aspettava davanti all'ingresso del palazzo, le mani nelle tasche del cappotto scuro.

Spike sospirò indeciso tra l'irritazione e la rassegnazione.

-Che vuoi ancora?-

L'altro sorrise, le labbra scure aperte sui denti bianchissimi.

-Naturalmente farti i complimenti-

Spike lo superò senza esitazioni frugando le tasche in cerca delle chiavi con un po' troppa foga perché il gesto potesse sembrare casuale.

-Non ho tempo per i tuoi giochetti mentali Robin. Se hai qualcosa da dire dilla, altrimenti tornatene da dove sei venuto-

Robin Wood fischiò ammirato.

-E' così che le hai convinte ad andarsene? Bè devo ammetterlo sei bravo, ma purtroppo la parte del cinico indifferente non è proprio nelle tue corde. Ti consiglio di cambiare ruolo-

Spike continuò a ignorarlo infilando le chiavi nella serratura.

-Sarebbe morta comunque, Billy-

La voce di Robin lo colpì alle spalle, a tradimento.

-Non so di cosa tu stia parlando e comunque non c'è nessun Billy. Non c'è mai stato, così come non ci sono mai stati Spike o William. Mettetevelo in testa una volta per tutte-

-Ma certo, ora sei Juhdiel l'eletto, l'uomo che non deve chiedere mai...sai quella pubblicità mi è sempre sembrata un'idiozia fin dalla prima volta che l'ho sentita-

-Pensala come vuoi-

Spike cercò di mantenere un tono piatto, ma Robin sembrava sapere bene dove colpirlo. E quando.

-Penso che quello che stai facendo sia inutile-

Spike abbassò lo sguardo sulla serratura prima di riportarlo su Robin.

-Ho sempre creduto fosse il modo più efficace per aprire una porta, ma se ne conosci uno migliore...-

-Ho visto quello che hai ricordato dopo il provvidenziale intervento di Halfrek. Siamo legati, non dimenticarlo-

Spike strinse le chiavi tra le dita e le girò un'ultima volta nella serratura.

-La cosa non ti riguarda-

Robin assentì accondiscendente.

-Ma riguarda Buffy-

Spike si girò con rabbia.

-Non fino a che avrò voce in capitolo-

-Nasconderle la verità non servirà a cambiarla-

-Forse no, ma almeno avrò tentato-

Robin sospirò poco convinto.

-Siete più forti insieme che separati, questo devi ammetterlo-

Spike si ritirò nell'ombra, appoggiandosi a un muro umido.

-Io sono più forte. E' vero. Lei mi rende forte, ma a quale prezzo?-

-Buffy non è Emily. La situazione è diversa...voi siete diversi-

Spike si passò una mano tra i capelli. Cominciavano a diventare troppo lunghi e le punte si arricciavano ribelli. Doveva tagliarli. Non voleva sembrare un dannato cherubino. Non voleva sembrare William.

-E' tutto uguale invece. La stessa vecchia storia. Solo che il finale sarà diverso questa volta, te lo posso assicurare-

Così dicendo si scostò dal muro e tornò verso la porta, ma Robin si era già frapposto tra lui e la soglia vuota.

-Se pensi di riuscire a farmi tornare non mi conosci poi così bene come pensi-

Robin lo fissò dritto negli occhi.

-Non sono qui per convincerti a tornare, ma per convincerti a ripartire-

Spike rise stancamente.

-Me ne sarei già andato da un pezzo se non mi avessi trattenuto-

Robin si appoggiò allo stipite della porta con indolenza.

-Tu non stai ripartendo, stai scappando-

Spike lo prese per il bavero della giacca fino a che non furono a pochi centimetri di distanza.

-Levati dalla mia strada, Robin-

Robin Wood non diede il minimo segno di preoccupazione.

-Pensavo rivolessi la tua spada-

Spike lo lasciò andare alzando gli occhi al cielo.

-Quel ferro vecchio è completamente inutile così com'è. Lo sai benissimo anche tu-

Robin sorrise accondiscendente.

-Come ti ho già detto conosco qualcuno che può aiutarti a risvegliarlo-

Spike lo superò scivolando di lato.

-Come ti ho già detto non ho intenzione di ripetere gli stessi errori-

La porta si richiuse dietro di lui, sbattendo.

Robin Wood sospirò stancamente. Dal buio dietro di lui emerse la figura di un ragazzo dai capelli neri e lucidi.

-Bè come si dice. Tenta ancora, sarai più fortunato-

L'uomo di colore fissò il ragazzino con frustrazione appena contenuta.

Per tutta risposta Hiro gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò fischiettando.

+ + +

L'ultima. Finalmente.

Buffy posò l'ultima confezione regalo "menù speciale per famiglie" dietro il bancone. Odiava quel turno. Cominciava alle quattro di notte, poco dopo che aveva finito la ronda, e chiudeva alle sette del mattino. Aveva giusto il tempo di farsi una doccia per eliminare i residui di qualunque schifezza avesse imbrattato i suoi vestiti durante la ronda notturna e già doveva tornare a imbrattarsi con le schifezze che servivano al Double Meat. Sembrava incredibile ma c'erano più clienti di notte che di giorno. Usciti dalle birrerie o dalle discoteche gli abitanti di Sunnydale non avevano altro da fare che precipitarsi a mangiare uno di quei disgustosi hamburger pieni di grasso e colesterolo. O forse erano attirati da quegli stupidi cappellini che i dipendenti erano costretti ad indossare. Doveva essere uno spettacolo imperdibile.

Vieni via con me, stanotte

Buffy sbuffò seccata in direzione di Cherry. Non solo quella ragazzina aveva un nome ancora più improbabile del suo, ma la costringeva ad ascoltare Norah Jones durante tutto il turno di pulizia.

Vieni via con me e ti scriverò una canzone

Non che avesse qualcosa contro Norah Jones...

Vieni via con me, dove non possano tentarci con le loro bugie

Solo che le sue canzoni avevano lo strano potere di arrivarle dritte al cuore, risvegliando sogni e sentimenti che aveva dimenticato di avere.

Voglio passeggiare con te sotto un cielo di nuvole, in campi dove il grano è alto fino alle ginocchia

E ogni volta che ascoltava quelle parole la sua mente si riempiva di lui. Delle sue parole calde e suadenti.

Vieni via con me e ci baceremo

Delle parole che un tempo le aveva ripetuto incessantemente, senza mai stancarsi.

Vieni via con me e non smetterò mai di amarti

Dio, quanto le desiderava ancora quelle parole. E quanto ancora desiderava lui...

E vorrei svegliarmi con la pioggia che batte sul tetto, mentre sono al sicuro tra le tue braccia

Lo desiderava a tal punto che la cosa la spaventava.

L'aveva sempre spaventata.

Il modo in cui si sentiva al sicuro...e completa...stretta tra le braccia di una creatura che avrebbe dovuto essere la sua nemesi...

La totale comprensione che leggeva in quegli occhi chiari...occhi che la vedevano per quella che era, con tutte le sue fragilità e le sue debolezze umane...e riuscivano ad amarla comunque.

Non c'era niente di più spaventoso di essere amati così, quando si era certi di non poter amare affatto. Neanche se stessi.

-Io stacco!-

Buffy assentì distrattamente in direzione di Cherry, sollevata nel sentire le ultime note della canzone scomparire lentamente nel silenzio del locale ancora chiuso.

Per tutto il tempo che erano stati insieme non aveva desiderato altro che lui smettesse di amarla. Smettesse di desiderarla. Smettesse di farle provare sentimenti che non era pronta ad ammettere né ad accettare.

E ora che lui aveva smesso...tutto quello che desiderava era che lui ricominciasse. Ad amarla. A desiderarla. A risvegliarla.

Come le aveva detto lui quella volta?

"L'amore è una cosa meravigliosa"

Sì. Come no.

La porta del locale si aprì con il solito scampanellio. Buffy continuò a contare i soldi nell'ultima cassa senza alzare lo sguardo.

-Siamo chiusi non sapete leggere?-

Al diavolo la regola del "sorridi sempre al cliente". Il turno era finito da un pezzo.

-Scusami, Buffy. Avevo bisogno di parlarti prima di partire-

Buffy squadrò la nuova cliente.

-Scusami tu, ma come vedi sono molto occupata. Sono sicura che il signor Giles saprà rispondere alle tue domande molto meglio di quanto non possa fare io-

La ragazza la fissò con i suoi disturbanti occhi verdi.

-Tu credi? D'accordo, allora chiederò a lui di Juhdiel e della sua nuova vita a Desmond. Chissà magari tramite il Consiglio riuscirò anche a rintracciare il suo nuovo indirizzo-

E così dicendo la ragazza girò sui tacchi e si diresse verso l'uscita del locale. Non prima che Buffy l'avesse afferrata per un braccio e costretta a girarsi di nuovo.

-Cosa vuoi, Bethany?-

La ragazza scrollò le spalle sorridendo.

-Te l'ho detto. Voglio solo parlarti-

-Bene. Sono qui. Parla-

Bethany scosse la testa.

-Non qui. Non ora. Ci vediamo alle nove all'aeroporto. Vedi di essere puntuale-

Poi si liberò dalla presa di Buffy e uscì in silenzio come era arrivata.

Buffy serrò le labbra e i pugni. All'inizio aveva avuto qualche dubbio, aveva persino dato la colpa a un'insensata gelosia. Ora era ufficiale. Odiava quella ragazza e la sua aria da donna vissuta. E odiava i suoi occhi troppo verdi e i suoi stupidi capelli.

"Hai degli stupidi capelli"

Socchiuse gli occhi con un sospiro.

Sta zitto Spike.

+ + +

Spike si tolse la giacca con rabbia, scaraventandola dall'altra parte della stanza.

Stupido ragazzino.

Bè tecnicamente non era più un ragazzino. Anzi tecnicamente era più vecchio di lui adesso.

Ma che diamine! Era una cosa assolutamente infantile inseguirlo fino lì.

Se lo aspettava da Dawn. Tutto sommato neppure Buffy lo aveva stupito.

Ma Robin.

Certo era sempre stato un gran testardo. Non per niente aveva nelle vene il sangue di una Cacciatrice. Ma se pensava di convincerlo a tornare, di indurlo a incontrare quel vecchio.

Bè aveva decisamente sbagliato porta.

Non era stato facile abbandonare Sunnydale, lasciarsi tutta quella follia alle spalle.

Già una follia. Ecco cosa era stato il suo ritorno.

Finalmente lo riusciva a vedere chiaramente, grazie al regalino di Halfrek.

L'illuminazione sulla via di Damasco. Ecco cosa aveva ricevuto.

Per quanto lui fosse ben lontano dalla santità.

Sapeva di aver fatto la cosa giusta andandosene. Di non avere altra scelta che quella, nonostante Robin tentasse di fargli credere il contrario. Nonostante Dawn e Buffy fossero convinte che c'era qualcosa da salvare. Qualcosa di buono tra loro.

Ma lui sapeva che non c'era niente invece. O forse c'era troppo e questo era il problema.

Sì, aveva fatto la cosa giusta. Stare lontano da tutti loro era l'unico modo che aveva per evitare che la storia si ripetesse.

Eppure da quando era partito i suoi sentimenti erano sprofondati in un'emozione inaspettata.

Il senso di colpa e insieme la certezza che non avrebbe mai potuto disfarsene.

Ma con questo poteva convivere. Ciò che lo feriva era la consapevolezza del senso di distruzione contenuto nell'atto stesso della sua fuga. Perché a ogni passo che lo allontanava da Sunnydale, tutto ciò che aveva conosciuto e amato si sgretolava inesorabilmente. Il portico accogliente di casa Summers, l'oscurità tiepida del Bronze, gli alberi che incorniciavano le strade, la stanza di Buffy: tutte quelle cose sarebbero presto sbiadite nella sua mente. Il tempo le avrebbe presto devastate. E ancora più in fretta avrebbe cancellato lui dalle menti di tutti loro.

E Buffy.

Il pensiero di non rivedere più Buffy gli faceva perdere l'equilibrio come se fosse ubriaco. Anche adesso. Il suo viso radioso nella luce delle candele, il suo corpo morbido e arrendevole sotto le sue dita, la sua voce resa dolce dall'amore appena consumato e la gioia di esistere e la sensazione di completezza che lei gli suscitava...

Aveva camminato per ore la notte in cui se ne era andato, fino a perdere di vista il quartiere residenziale, finché la luna aveva cambiato posizione, con la sola consapevolezza di avere la cittadina alle sue spalle.

Solo quando i suoi occhi non avevano potuto più distinguere alcuna traccia di ciò che aveva abbandonato si era fermato.

E aveva urlato fino a non avere più fiato.

Aveva bisogno di bere. O di fumare. O di entrambe le cose, non necessariamente in quest'ordine.

Si rivestì in fretta precipitandosi fuori di casa, come se avesse avuto un'orda di bestie feroci alle sue spalle. Bestie che gli mordevano la schiena e le caviglie. Questo erano diventati i suoi ricordi. Feroci e impietosi.

Uscì nel sole tiepido del pomeriggio e si riempì i polmoni dell'aria pungente che annunciava la sera.

Proprio ai suoi piedi, abbandonata sulla soglia dell'ingresso, stava lei. Avvolta solo da un panno consunto.

Spike imprecò tra i denti e la raccolse.

La sua spada.

Il suo destino.

La sua condanna.

La spogliò di quel fodero improvvisato e vide scivolare a terra un foglio di carta su cui qualcuno, fin troppo facile immaginare chi, aveva scarabocchiato un indirizzo.

Osservò i caratteri ordinati ed eleganti stagliarsi sulla superficie bianca. Si accorse che stava stringendo l'impugnatura della spada con la stessa disperazione di un naufrago che si aggrappasse alla scialuppa di salvataggio. Il sole traeva dalla lama bagliori scarlatti.

Il colore del sangue che quella stessa lama aveva versato e di cui si era nutrita.

Serrando le labbra in una piega amara, Spike raccolse il foglietto e se lo infilò in tasca.

+ + +

-Allora che vuoi?-

Sapeva di suonare maleducata e insensatamente aggressiva. Ma francamente? Non gliene importava un fico secco.

Bethany le sorrise come se fossero state migliori amiche.

-Scusami per stamattina, ma il Consiglio ci tiene sotto controllo costante, gli unici posti sicuri sono quelli pubblici e molto frequentati-

Buffy la guardò indecisa se crederle o meno, ma per quanto la odiasse ricordava fin troppo bene i metodi del Consiglio. Che la stessero spiando sfruttando la buona fede di Giles o chissà quale altro marchingegno...bè la cosa non la stupiva affatto.

-Bè ora ci siamo. Luogo pubblico. Molto frequentato. Che vuoi Bethany?-

-Voglio combattere questa guerra al tuo fianco-

-Io combatto da sola, grazie comunque-

-Non possiamo permetterci di rifiutare l'aiuto di nessuno-

Buffy si girò verso la voce alle sue spalle.

-Willow...che diavolo...-

La strega le sorrise apertamente. Da quando era tornata quella era la prima volta che le sembrava sincera.

-Il Consiglio crede di avere il controllo su di noi, di poter prevedere ogni nostra mossa, crede di tenerci legati con i suoi ricatti. L'unico modo che abbiamo per contrastarlo e fare in modo che continui a crederlo e distruggerlo dall'interno-

Buffy incrociò le braccia sul petto. L'idea di distruggere il Consiglio la seduceva, non poteva negarlo.

-E che ruolo ha la nostra amica Bethany in tutto questo?-

Bethany si fece avanti per niente colpita dalla freddezza ostentata di Buffy.

-Il Consiglio ha risorse umane e tecnologiche che voi neanche immaginate. Avrete bisogno di qualcuno che vi dia notizie di prima mano, dall'interno-

-Vuoi dire un traditore?-

Bethany sorrise accondiscendente.

-Voglio dire un alleato-

Buffy guardò Willow e poi di nuovo Bethany.

-Perché dovrei fidarmi di te?-

-Perché non dovresti?-

Buffy rise divertita.

-Scusami ma fino ad ora non mi hai dato molti motivi per fidarmi-

Bethany la fissò senza ricambiare il sorriso.

-La fiducia non è una cosa che si può comprare o conquistare. Si può solo donarla. Fidarti o meno è una tua scelta. Non posso fare niente per influenzarla. Una volta che mi avrai dato la tua fiducia potrò fare in modo che tu non te ne penta, tutto qui-

-Ma così è troppo rischioso...-

-E' la vita che è rischiosa, Buffy. Credevo che tu lo sapessi meglio di chiunque altro-

Buffy distolse lo sguardo improvvisamente indecisa sul da farsi.

-Se non ti fidi di me, qualunque cosa io ti racconti o ti mostri non avrà valore. Se vogliamo avere una minima possibilità di battere il Consiglio dobbiamo fidarci gli uni degli altri. Non ci possono essere ombre o dubbi tra di noi, o i nostri nemici li useranno per distruggerci-

"Ti fidi di me?"

"Mai"

Buffy si passò una mano sulla fronte. Era stanca.

-Non siamo in competizione, Buffy-

Alzò gli occhi su Bethany, senza capire. La ragazza le sorrise.

-E' vero, sono innamorata di lui, ma purtroppo è un amore non ricambiato-

Buffy sorrise a sua volta.

-Non ne sarei così sicura-

Bethany scosse la testa con decisione.

-Lui ama te. Nessun'altra. Forse in futuro le cose cambieranno, ma al momento stanno così-

Com'era che la sua peggior rivale tentava di consolarla? Appariva davvero così patetica?

-Credimi l'uomo che ho incontrato a Desmond ha ampiamente superato la sua ossessione per la Cacciatrice-

Willow sbuffò seccata.

-Ma è questo il punto, non te ne accorgi? Non si tratta più di ossessione o sete di conquista o bisogno di affetto. Qui si tratta di amore. Di quello con la A maiuscola...anzi con tutte le maiuscole. Possibile che tu sia così cieca da non vederlo? Non so perché se ne sia andato o perché reciti la parte del cinico con te, ma certo non è perché ha smesso di amarti. Ma in effetti il punto non è se lui ti ama. Il punto è se tu ami lui-

Già. Così semplice.

Era tutto facile a sentire loro.

-Non è facile, lo so-

La comprensione nella voce di Bethany la fece sentire in colpa.

-Capire quello che proviamo e ammetterlo è la battaglia più difficile che possiamo combattere. Perché è contro noi stessi e le nostre debolezze che la combattiamo...però, non puoi rimandarla per sempre Buffy. Prenditi il tempo di capire quello che vuoi e quando lo avrai capito...non aspettare troppo a dirglielo-

Buffy rialzò gli occhi su Bethany che stava cominciando a raccogliere le sue cose. Il tabellone delle partenze segnalava l'imbarco immediato per i passeggeri diretti a Londra.

-Come faremo a comunicare una volta che sarai in campo nemico?-

Bethany sorrise neanche troppo sorpresa. In fondo se Spike si era innamorato di Buffy era perché aveva visto qualcosa in lei. E ora cominciava a capire cosa poteva essere.

-Ci terremo in contatto tramite Willow-

La strega si battè platealmente una mano sul petto.

-Servizio di messaggistica immediata Willow al vostro servizio-

Buffy rise sentendosi stranamente sollevata. Dopotutto non era sola come pensava.

-Allora buon viaggio...e salutami Travers-

Bethany scosse la testa salutandola, Willow le prese uno dei bagagli a mano e si avviò verso il check in.

-La aiuto con le valige-

Buffy assentì poco convinta. Bè, se volevano restare sole chi era lei per impedirglielo? Con un ultimo cenno della mano sparì oltre l'uscita dell'aeroporto.

Willow continuò a salutare fino a che la vide salire in macchina e lasciare il parcheggio.

-Credi che andrà a cercarlo?-

Bethany sorrise passando i documenti alla hostess.

-Credo che non passerà neanche da casa per la fretta di arrivare-

Willow sospirò stancamente.

-L'inganno non è la miglior base possibile per instaurare un rapporto di fiducia-

-Ma non l'abbiamo ingannata! L'abbiamo per così dire indirizzata in una certa direzione-

-Già e l'abbiamo fatto in modo subdolo e ingannevole-

Bethany scrollò le spalle ritirando la carta di imbarco.

-Come vuoi. Ma sai come si dice il fine giustifica i mezzi-

Willow assentì poco convinta. Aveva già percorso quella strada e non le era piaciuto dove l'aveva portata.

-E se davvero Spike non l'amasse più? Se non l'avesse mai amata davvero?-

Bethany la fissò con i suoi occhi verdi da gatta.

-Ti piacciono i film di Ginger Rogers e Fred Astaire, Willow?-

-Bè sì ma cosa...-

-Quando li guardi ballare e vorresti urlare da quanto sono bravi, quanto ti importa che nella vita reale si tollerassero a mala pena? Che la loro perfetta sintonia fosse solo il prodotto di ore e ore di allenamento e non il frutto di un amore eterno?-

Willow reclinò la testa cominciando appena a intuire dove la ragazza volesse arrivare.

-Non molto in effetti-

Bethany annuì soddisfatta.

-Esatto. Il risultato di un'addizione non cambia anche se cambia l'ordine dei fattori. Non importa se Spike e Buffy combatteranno insieme per amore, per scelta o per dovere. Non importa se si odiano, fuori dal campo di battaglia. Ciò che conta è che combattano insieme. Averli uniti e dalla nostra parte è l'unica possibilità che abbiamo per vincere questa guerra-

Willow distolse lo sguardo fissandolo in lontananza, verso un punto indefinito.

-Già. La felicità è una condizione sopravvalutata-

+ + +

Trovare i vecchi diari di Willow fu più facile di quanto avesse pensato. Sua madre non smetteva di rassicurarla e coccolarla mentre sfogliava febbrilmente le pagine fitte di una scrittura minuta e spigolosa.

-Nessuno soffrirà vero? Non sarà come con Willow...io non diventerò un mostro, vero?-

Joyce le sorrise con dolcezza.

-Dawnie, non ti metterei mai in pericolo, lo sai. Voglio solo renderti felice...voglio solo darti quello che io non ho potuto avere. Lui ti ama così tanto Dawnie! Solo, non se ne è ancora accorto. E la colpa è della Cacciatrice che annebbia la sua mente, lo inganna con le sue bugie-

Dawn strinse le pagine porose del diario tra le dita.

-Non credo che Buffy voglia fargli del male...lei non capisce...non si rende conto...se solo lo amasse lui...-

-Ma lei non lo ama Dawn. Te l'ha detto lei stessa, ricordi?-

Dawn scosse la testa. Di nuovo quelle odiose lacrime che le bruciavano le guance.

-Non credo di poterlo fare-

Joyce sospirò con condiscendenza mentre si sedeva accanto a lei.

-Credimi Dawnie, sarà meglio per entrambi se saranno separati. Si distruggeranno a vicenda se rimangono insieme. Tu sei la sola che può aiutarli e se guadagnerai la tua fetta di felicità nel farlo...cosa ci può essere di così sbagliato?-

Già. Cosa c'era di così sbagliato?

Le pagine del diario sfilarono veloci di fronte ai suoi occhi, finchè l'incantesimo non le comparve davanti. Così facile, così vicino...

+ + +

C'erano 26 miglia tra Sunnydale e la città dove Spike si era trasferito. Mentre percorreva quella distanza, Buffy pensava alle 26 ragioni per cui non avrebbe dovuto fare quel viaggio. Ce n'erano molte di più naturalmente, ma preferiva fermarsi a quel numero, giusto per simmetria. Sapeva di rischiare di apparire patetica. Fastidiosa perfino.

Ma non riusciva ad evitarlo.

Doveva sapere. Doveva capire.

Ma chi voleva prendere in giro?

Doveva vederlo. Punto.

Entrò nel locale come se le appartenesse, ignorando gli sguardi seccati del barista e delle due cameriere che stavano allestendo i tavoli per la serata. Non fece molta fatica ad individuarlo. Se ne stava seduto sul bordo del palco, la chitarra elettrica stretta tra le braccia come in un inconscio istinto di protezione. I riflettori appena accesi lo illuminavano taglienti, accendendo i suoi capelli di riflessi argentati e facendo emergere le curve decise del suo volto affilato. Tra le dita sottili una sigaretta accesa e dimenticata che si consumava lentamente senza essere fumata. Il personale del locale gli passava accanto sfiorandolo ma senza mai arrivare abbastanza vicino da toccarlo. Era come se fossero impauriti all'idea di incontrare l'intensità del suo sguardo o di distoglierlo dall'orizzonte denso di pensieri a cui era rivolto.

Buffy pensò che sarebbe rimasto così in eterno, immobile nella sua perfetta interpretazione di una rock star bella e dannata. Invece, improvvisamente, lo vide muoversi e alzarsi, allontanarsi a grandi passi e dirigersi verso l'uscita. Un guizzo di gioia inaspettata la percorse come una corrente elettrica. Perché l'aveva vista. Era stata lei la causa della sua improvvisa reazione. D'accordo la sua reazione alla sua vista era stata una fuga neanche troppo dissimulata, ma era pur sempre una reazione. Certo più di quello che aveva ottenuto chiunque altro in quel locale.

Lo intercettò a metà del tragitto.

Lui sospirò nel trovarsela di fronte. Un misto di disgusto e rassegnazione.

Si affrettò a parlare prima che potesse farlo lui.

-Voglio parlare...solo parlare-

Spike scrollò le spalle.

-Fa pure-

Continuò a camminare mentre si accendeva una sigaretta. Nel più completo silenzio.

D'accordo, non voleva renderle le cose facili.

-Sei arrabbiato?-

Odiava il modo in cui la sua voce suonava fragile in mezzo a tutto quel silenzio.

-No-

-E allora perché...-

Perché te ne sei andato? Perché non sei ancora tornato?

Lei continuava a desiderare di vederlo, di stringerlo di nuovo a sé. Certo doveva essere evidente dal modo in cui si stringeva le braccia vuote attorno al corpo, come se non potesse fare a meno di abbracciare qualcosa.

Buffy inspirò profondamente. Non era il caso di lasciarsi prendere dal panico. Si erano ritrovati, no? Qualcosa doveva pur significare. Cercò di dare una forma verbale ai suoi pensieri.

-Perché sei qui?-

-Questa veramente sarebbe la mia battuta-

Lo seguì mentre apriva lo sportello del solito furgone e richiudeva la chitarra in una custodia rigida. Si chiese se anche questo l'aveva rubato, come la macchina e la moto, come avrebbe fatto Spike. Lo Spike che conosceva e sapeva gestire. Più o meno. Intanto lui si era infilato una giacca di pelle nera. Ancora niente a che fare con lo spolverino che aveva sempre portato. Quello che lo aveva abbracciato come una seconda pelle.

-Sai bene che in questo momento non posso fare a meno di te-

Improvvisamente conscia del significato profondo delle sue parole, Buffy scrutò il volto del demone in cerca di una qualche reazione.

-Ovviamente. Se non ti servissi non saresti qui. Dimmi qualcosa che non so-

Buffy incassò il colpo. Per un attimo fu anche tentata di rispondergli a tono, ma rinunciò. Era troppo stanca anche per quello. Si mosse verso di lui, avvicinando una mano esitante al suo viso, mentre appoggiava l'altra sul suo petto.

-Spike, per favore...ho bisogno di te-

Lui la allontanò da sé con un gesto secco, per poi imprigionarla tra il proprio corpo e la fiancata del furgone.

-Tua madre non te l'ha spiegato?-

Buffy si sentì mancare il fiato. Era troppo vicino e il cuore le batteva troppo velocemente. Riusciva ancora a sentirlo?

-Quando rompi un giocattolo non c'è modo di farlo funzionare come prima-

Qualsiasi traccia di ironia era scomparsa dalla sua voce e i suoi occhi azzurri erano fissi su di lei.

-D'altra parte, come non hai mai mancato di sottolineare, sono solo un animale-

Fece scorrere lo sguardo lungo il suo corpo e Buffy dovette mordersi la lingua per resistere alla tentazione di coprirsi con le braccia.

-Perciò se vuoi comunque fare un giro sulla tua giostra preferita, sai bene quali tasti premere-

La voce di Spike si perse in un sussurro mentre premeva il suo corpo contro quello di lei. Il sapore metallico del suo stesso sangue le arrivò in gola.

-Smettila!-

Il demone la guardava con un espressione sarcastica dipinta sul volto. Come se non si fosse mai aspettato niente di diverso. Buffy si sentì fremere di rabbia.

-La fai sembrare una cosa...sporca-

Spike rise lasciandosi andare contro il furgone, senza mai staccare gli occhi da quelli di lei.

-Ma tesoro lo è. Una cosa sporca, rivoltante e disgustosa. Un essere umano che si unisce a un demone...a un mostro. Ne verrebbe fuori un discreto racconto dell'orrore. Potrei guadagnarci qualcosa dopo tutto-

Buffy lo guardò scuotendo il capo, incredula.

-Come puoi dire una cosa simile, dopo tutto quello che c'è stato fra noi...-

Spike rise di nuovo rovesciando il capo all'indietro.

-Tutto quello che c'è stato? Ti prego! Se vuoi uccidermi ci sono altri modi che farmi morire dal ridere-

Buffy sentì le lacrime bruciarle gli occhi, ma si sforzò di non cedere.

-Un tempo mi amavi-

Il demone smise improvvisamente di ridere e la afferrò per le spalle costringendola a guardarlo negli occhi.

-Non c'è mai stato amore tra noi. Sei sempre stata molto chiara su questo punto, ricordi? Sono solo una cosa malvagia e disgustosa. Sono incapace di amare. E sai qual'è la novità Buffy? Ora ti credo-

Nonostante la stesse ferendo con ogni sua parola detta e non detta, Buffy non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Non riusciva a non guardare quel corpo che un tempo era stato suo, quegli occhi che un tempo l'avevano guardata con devozione, quelle labbra che l'avevano amata.

-Io...io non riesco più a dormire la notte...ti sogno continuamente...ti desidero...mi manca il respiro se penso di non averti-

Spike le regalò uno sguardo comprensivo.

-So come ti senti-

Le accarezzò la testa come avrebbe fatto con un cucciolo smarrito.

-Ma non ti preoccupare. Ti passerà-

Buffy serrò i pugni lungo i fianchi, cercando di trattenere la rabbia. Sarebbe morta piuttosto che dargli la soddisfazione di cedere all'istinto. Sapeva che stava cercando di farle perdere le staffe. Solo che non sapeva perché.

-Vorrei tanto sapere cosa ti ha fatto diventare un tale bastardo-

Spike sorrise in tralice.

-Cosa vuoi che ti dica, sono sempre stato cattivo-

Stava per rispondere a tono quando un'improvvisa debolezza le ricadde addosso. Il cortile soleggiato, gli occhi azzurri di Spike, il parcheggio, presero a ruotarle intorno in un turbinio di colori confusi. Sentiva la voce di Spike che la chiamava da una distanza lontanissima. Avrebbe voluto rispondere, ma sentiva la bocca impastata e la gola secca.

E poi non sentì più niente.

+ + +

Si risvegliò con fatica. Spike la stringeva tra le braccia, quasi con reverenza. Un sorriso le sfiorò le labbra e il suo corpo si rannicchiò istintivamente contro quello di lui.

-Ti senti meglio?-

La sua voce era dolce e pacata. Aveva temuto che non lo avrebbe più sentito usare quel tono con lei.

-Mai stata meglio-

A dire il vero si sentiva incredibilmente debole, ma aveva aspettato così a lungo di riposare di nuovo nel suo abbraccio confortante e sicuro che non avrebbe certo rovinato il momento lamentandosi.

-Mi hai fatto spaventare a morte, sai?-

Buffy sorrise compiaciuta chiudendo gli occhi e godendo del tepore rassicurante che emanava il corpo di lui. Ecco questa era una cosa nuova. Non l'aveva ancora abbracciato abbastanza da quando era tornato in versione 2.0, con anima e battito cardiaco come bonus. Certo lui non le aveva dato molte occasioni per farlo.

-Credevo non ti importasse più niente di me-

Lo sentì trattenere il respiro per un istante prima di rispondere.

-Come ti viene in mente un simile pensiero? Sai bene quanto ti sono affezionato-

Buffy non riuscì a trattenere una risatina. A volte riusciva a suonare così fuori moda! Parlava proprio come uno di quei libri di Jane Austen che sua madre l'aveva costretta a leggere da bambina.

-Ogni tanto fa bene sentirselo dire-

Lo sentì ridere piano.

-Ma se te lo dico continuamente-

-Non da quando sei tornato-

Lui le accarezzò piano la testa.

-Forse perché non ho fatto in tempo a tornare che mi sei svenuta tra le braccia-

Buffy si morse il labbro inferiore tra i denti. Possibile che non si riuscisse mai a fare un discorso serio con lui? Riusciva sempre a sdrammatizzare tutto con una delle sue battute sarcastiche. Prima o poi avrebbero dovuto parlare di quello che era successo, di quello che lo aveva fatto cambiare così tanto. Ma stava troppo bene, stretta tra le sue braccia, per forzare la situazione e rischiare che lui si allontanasse di nuovo.

-Devi promettermi che ti riguarderai di più d'ora in avanti. Non posso lavorare tranquillamente se so che appena volto lo sguardo fai qualcosa di avventato, come oggi-

Buffy rise apertamente.

-Ma non ho fatto niente! Niente che non faccio di solito...non so perché sono svenuta, davvero...e poi so badare a me stessa, non ho bisogno che mi controlli continuamente-

Lo sentì sospirare profondamente contro la sua schiena.

-Ho saputo che sei uscita...avrei preferito che mi avessi aspettato. Hai sentito cosa ha detto il dottore l'ultima volta, non devi affaticarti...capisco che rimanere chiusa in casa è snervante per te, ma...-

-Ma di cosa diavolo stai parlando?-

Buffy si liberò dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi, ma quello che vide la lasciò senza fiato.

-Signorina, ti sembra il modo di esprimerti?-

La guardava con rimprovero. I riccioli castani gli ricadevano sulla fronte e i suoi profondi occhi azzurri erano nascosti da un paio di occhiali che assomigliavano molto a quelli di Giles.

-Cosa diavolo...-

Lui la zittì posandole un dito sulle labbra.

-Milly, lo sai che daresti un dolore a nostra madre se ti sentisse parlare in questo modo-

Le accarezzò una guancia prima di alzarsi dal letto.

-Adesso è meglio che vada ad avvertirla che ti sei ripresa. Non sai quanto si è preoccupata vedendoti svenire così all'improvviso-

Buffy cercò di alzarsi a sua volta, ma era come se ogni fibra del suo corpo fosse esausta e spossata.

-Spike!-

Lui si girò a guardarla con un espressione perplessa.

-Spike è morto, non ti ricordi più?-

-Ma no, non è vero tu...-

Lui le sorrise compassionevole.

-So che gli eri molto affezionata. Lo eravamo tutti. Era un buon cane anche se non aveva idea di cosa significasse fare la guardia a una casa. Ha sempre avuto un'indole troppo mite per incutere una reale paura nei malintenzionati-

Buffy aprì la bocca più volte, ma si ritrovò incapace di proferire parola.

-Non fare così Milly, Spike ha avuto una vita serena ed è morto di vecchiaia in una casa dove era stato molto amato. Non dobbiamo rimpiangerlo. E poi puoi sempre andarlo a trovare in giardino, quando ti sentirai meglio-

Buffy si prese la testa tra le mani cercando di schiarire la sua visione appannata. Le forze la stavano abbandonando.

Lo sentì precipitarsi su di lei e adagiarla sui cuscini di piuma. Decisamente quello non era il suo letto.

-Spike cosa sta succedendo?-

Lui le rimboccò le coperte con cura.

-Va tutto bene Milly, sei solo stanca-

La sua voce voleva sembrare sicura, ma era rotta da un'emozione dolorosa.

Buffy riuscì a fatica a rispondere, sentiva la gola arida e gli occhi le si chiudevano inesorabilmente.

-Chi è Milly?-

Lui le passò una mano sulla fronte e il contatto la fece rabbrividire. Si sentiva scottare.

-Hai la febbre alta...stai delirando...madre! Madre!-

Lo vide dirigersi verso la porta e incrociare sulla soglia una giovane donna vestita con un ampio abito scuro. Un abito vittoriano.

-William! Cosa è accaduto?-

-Emily, credo abbia la febbre alta e delira...dobbiamo chiamare il dottor Houseman-

La donna si passò una mano sul volto stanco.

-E con che soldi pensi di pagarlo? Sai bene quanto costano le visite a domicilio-

William serrò i pugni furiosamente.

-Non ti devi preoccupare dei soldi...chiederò un prestito allo studio, lo rifonderò lavorando per loro a tempo pieno-

La donna sembrò contrariata.

-E come farai con l'università? Credevo ti piacesse insegnare...hai detto che il professor Gilmore si sta per ritirare e che ti avrebbe lasciato il suo posto...non devi rinunciare a una simile occasione!-

William scosse il capo con decisione.

-Io non rinuncio. Scelgo. E' vero mi piace insegnare, ma la salute di Emily è più importante...e poi ci saranno altre occasioni. Adesso ti prego, manda a chiamare il dottor Houseman-

La donna gli passò una mano tra i capelli ricciuti mentre un'espressione sconsolata si disegnava sul suo volto stanco.

-Sei così caro, William. Dovresti poter avere quello che desideri...-

Lui la guardò con calore, un sorriso sincero sulle labbra.

-Desidero solo che la mia famiglia sia felice-

La donna uscì dalla stanza senza dire altro e l'ultima cosa che Buffy vide, prima di ricadere in un sonno profondo, fu il volto preoccupato di William che la guardava dalla soglia della stanza.

+ + +

Spike raccolse il corpo di Buffy tra le braccia e lo depose delicatamente sul sedile del furgone. Con sollievo la vide aprire gli occhi e guardarlo.

-William...-

Si sentì preso in contropiede per un attimo, ma nascose la sua sorpresa e mantenne un tono neutro e distaccato.

-Come ti senti?-

Lei scosse la testa, come confusa da qualcosa.

-Cosa hai fatto ai capelli? E il vestito...quando ti sei cambiato? Da quanto tempo sono svenuta?-

-Pochi minuti, ma abbastanza per confonderti a quanto pare-

La ragazza si mise a sedere lentamente.

-Mi sento stranamente bene-

Spike la guardò perplesso.

-Meglio così...credo. Buffy sei sicura di stare bene?-

Lei lo guardò negli occhi allora.

-Chi è Buffy?-

-Direi che questo vale come un no-

Spike si avvicinò frugandole nelle tasche.

-William...-

-Non eccitarti, sto solo cercando il tuo cellulare. Sono sicuro che ne hai uno nascosto da qualche parte-

-Non capisco di cosa parli...-

Dopo pochi secondi estrasse da una delle tasche della giacca della ragazza un microscopico cellulare di un azzurro sgargiante e glielo agitò davanti trionfante.

-Rimani distesa, chiamo Giles e Willow...forse dovrei chiamare prima Dawn...-

Cominciò a comporre un numero senza accorgersi che dietro di lui la ragazza si era alzata in piedi senza sforzo apparente.

-William, dove siamo?-

-Sto cercando di telefonare, fai la brava e torna a sederti-

-William...-

Senza voltarsi lui le fece cenno di tacere.

-E smettila di chiamarmi William-

Lei rise divertita, senza accennare a muoversi.

-E come dovrei chiamarti? Dici sempre che non ti piacciono i diminutivi...ma se vuoi posso ricominciare a chiamarti Billy come quando eravamo piccoli-

Spike lasciò cadere il telefono a terra e si voltò a guardare la ragazza, come se non l'avvesse vista da secoli. E in effetti la cosa, per quanto assurda, non era così lontana dalla realtà.

-Emily-

Sua sorella gli sorrise di rimando, come se la sua identità non fosse mai stata messa in questione.

+ + +

Buffy spalancò gli occhi di colpo. Sopra di lei si apriva un soffitto su cui erano stati affrescati un angelo e un diavolo in lotta per la conquista dell'anima di un uomo. L'imponenza della battaglia era stata però annebbiata dalla patina del tempo che aveva scolorito le vesti purpuree del diavolo e non aveva risparmiato i broccati cobalto dell'angelo. In alcuni punti l'intonaco era caduto a causa dell'umidità e ormai lo scenario in cui si era svolta quella che doveva essere una parabola biblica si poteva solo immaginare.

Con un sospiro Buffy richiuse gli occhi.

Decisamente non si trovava più in Kansas. Si chiese se Dorothy avesse provato lo stesso smarrimento di fronte al regno di Oz. Forse sbattendo tre volte i tacchi delle sue scarpette di rubino sarebbe stata magicamente risputata a Sunnydale, California.

Con uno sforzo che le sembrò disumano spazzò via le coperte e saltò giù dal letto. Immediatamente fu preda di una serie di vertigini, ma il contatto con il marmo freddo del pavimento contro i suoi piedi nudi le impedì di svenire.

Si rese conto di non essersi mai sentita così in vita sua.

Fisicamente debole.

Si guardò intorno alla ricerca di un qualunque indizio, ma all'improvviso ne trovò più di quanti ne volesse davvero. Riflessi sulla superficie di uno specchio dalla cornice di legno intarsiata. Capelli lunghi e ramati, occhi di un azzurro purissimo, incarnato niveo.

Tutti dettagli che non le appartenevano.

Eppure la ragazza che la guardava dallo specchio era lei.

Si avvicinò a quell'immagine sconosciuta con passi incerti. Sfiorò il suo viso attraverso la superficie dello specchio e quella replicò il suo gesto con perfetta sincronia. Come era ovvio. Eppure non c'era assolutamente nulla di ovvio in quella situazione.

Abbassando il braccio con cui aveva toccato lo specchio notò qualcosa che era rimasto nascosto.

Alzò fino al gomito l'ampia manica della camicia da notte di lino bianco e ispezionò il proprio avambraccio alla luce di uno dei candelabri che illuminavano la stanza.

Aveva la pelle sottile e tanto pallida da apparire quasi trasparente. Si riuscivano a intravedere una serie di vene azzurre sotto quella superficie candida. Ciò che invece spiccava con assoluta chiarezza erano una serie di cicatrici che solcavano quella porzione di pelle intrecciandosi l'una con l'altra come i fili della trama di un ricamo.

Arrotolò anche l'altra manica e si trovò di fronte a uno spettacolo identico.

Le sue braccia erano completamente deturpate da quei segni netti e impietosi, testimoni di ferite antiche.

Forse era una guerriera, anche in questa realtà. Forse quelli erano i segni delle sue vittorie sulla morte.

Ne sfiorò uno con le dita ripercorrendone la linea e d'improvviso qualcosa nella sua mente si spalancò.

Alzò gli occhi e vide una stanza simile a quella dove si trovava, ma più buia e stretta.

In un angolo una donna armeggiava con un catino, dandole le spalle.

Una candela mezza consumata ne illuminava i gesti rapidi e nervosi.

"Avvicinati"

Non un comando. Quasi un'affermazione. Quasi un lamento.

Senza spiegarsene il motivo, Buffy ubbidì.

Il bagliore di una lama le colpì gli occhi.

"Scopriti il braccio"

Come sotto la forza di un potere invisibile le mani di Buffy si mossero ripetendo i gesti che avevano già compiuto molte altre volte.

E fu allora che, stringendo il catino con una mano e sostenendo un coltello da macellaio nell'altra la donna si girò verso di lei.

"Quale braccio preferisci, oggi?"

Buffy non rispose, ma porse alla donna il braccio sinistro.

"Sei pronta?"

E nonostante non lo fosse Buffy assentì, perché era sua madre a chiederglielo.

+ + +

-Come hai potuto permetterlo!-

-Cosa? Adesso la colpa sarebbe mia?-

I due uomini si fronteggiavano dai due lati opposti della stanza, come due capitani pronti a lanciare i loro plotoni in battaglia.

-Guarda che sei tu il suo Osservatore! Avresti dovuto...che ne so...osservarla meglio!-

-Se solo tu non te la fossi data a gambe, costringendola a seguirti...-

Spike serrò i pugni trattenendo a stento la rabbia.

-Io non ho costretto proprio nessuno a seguirmi-

Giles rise sinceramente divertito.

-Non dirmi che davvero credevi che ti avrebbe lasciato andare così, dopo il modo in cui l'avevi lasciata!-

Spike distolse lo sguardo infastidito.

-Non sarebbe stata la prima volta-

Giles attraversò la stanza a grandi passi afferrandolo per le spalle e sbattendolo contro il muro.

-Non provarci neanche William. Sappiamo tutti e due che non sei tu la vittima della situazione. Non so cosa pensassi di ottenere con la tua partenza, non ho idea di quali macchinazioni ti frullino nella testa, ma so che per colpa della tua avventatezza Buffy è dispersa chissà dove e...-

-Londra 1852-

I due uomini si voltarono di scatto verso la porta dove Willow li osservava con sufficienza.

-E' lì che si trova Buffy...o a essere precisi è lì che si trova il suo spirito, perché il suo corpo in effetti è ancora qui a Sunnydale-

Spike si liberò con facilità dalla presa dell'Osservatore.

-Come lo sai?-

Willow scrollò le spalle.

-Bè mentre voi eravate occupati a misurarvi il livello di testosterone, io ho fatto due chiacchiere con Emily. I suoi ricordi arrivano fino al 10 Novembre del 1852. Lo scambio deve essere avvenuto in corrispondenza di quella data-

Giles si aggiustò gli occhiali sul naso.

-Quattro giorni prima della vampirizzazione di William-

Spike si strinse le braccia attorno al corpo.

-Morirà fra sei giorni-

-Prego?-

Spike si voltò a guardare l'Osservatore con un'espressione indecifrabile.

-Mia sorella è morta per mano di mio padre due notti dopo che sono stato vampirizzato-

Giles assentì improvvisamente consapevole dei pensieri di Spike.

-Ma ora tua sorella è qui e se non facciamo qualcosa...-

Spike punto gli occhi in quelli grigi dell'Osservatore.

-Sarà Buffy a morire-

+ + +

Note Nerd:

Il titolo naturalmente fa riferimento alla frase che la prima Cacciatrice dice a Buffy in contrappunto a "Death is your gift".

La canzone cantata da Spike è originale, ogni riferimento a cose o persone è puramente voluto.

La canzone di Norah Jones di cui parla Buffy è Come away with me.

 

 

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