Amare, donare e perdonare

Seconda parte

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Whatever our souls are made of, his and mine are the same.
Emily Brontë

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Buffy si stiracchiò allungandosi sul letto. Era annoiata a morte. La signora Appleton si ostinava a non farla uscire dalla camera da letto. Avrebbe potuto tentare di fuggire dalla finestra, non che non ci fosse abituata, ma doveva ammettere di sentirsi troppo debole per tentare.

E così continuava a ripensare alla visione del giorno precedente. Era come se la sua mente si fosse connessa con i ricordi di qualcun'altro. Non riconosceva quelle scene eppure sentiva di averle vissute. Solo che non ne capiva il senso. E quando provava a ricordare altri particolari le sembrava che la testa dovesse scoppiarle.

Fortunatamente anche le giornate più lunghe avevano una fine.

Sentì i passi familiari risalire le scale e avvicinarsi lentamente.

Si liberò dalle lenzuola saltando giù dal letto.

Lo sentì esitare dietro la porta.

Si precipitò nella sua direzione rabbrividendo per lo sforzo. E quando aprì la porta era già tra le sue braccia.

Lo sentì ridere sotto il suo assalto.

Dio quanto le era mancato.

Aspirò profondamente, la faccia nascosta nell'incavo del suo collo. Sapeva di buono. Lo aveva sempre pensato questo di lui. Anche quando si era sforzata di odiarlo.

Le sue mani le massaggiavano la schiena riscaldandola. Ancora un attimo. Ancora qualche secondo per illudersi che fosse tutto a posto.

-Allora come sta oggi la mia sorellina?-

E come d'incanto la magia era rotta.

Con un sospirò Buffy si separò da lui stampandosi un sorriso falso sulle labbra.

-Sto bene, William. Così bene che mi sento pronta ad uscire-

Lui le sorrise attraverso la montatura dorata degli occhiali.

-Nostra madre dice che hai ancora la febbre alta-

Buffy sbuffò seccata. Essere trattata come una bambina non le mancava affatto.

-Sto bene ti dico!-

William la guardò poco convinto.

-D'accordo allora domani faremo una passeggiata in giardino-

Buffy lo afferrò per un braccio.

-Perché non adesso?-

William le carezzo una guancia con gentilezza.

-Devo prepararmi. Stasera sono invitato a casa dei Burton-

-Non puoi darti malato?-

William le sorrise scostandole i capelli che le erano ricaduti sul viso.

-Lo sai che è importante-

Buffy scosse la testa con ostinazione.

-Ma perché vuoi andare a casa di quegli snob arroganti? Cosa c'è di così importante a casa dei Burton?-

Non sapeva di chi stesse parlando, ma il nome Burton le aveva ispirato un'immediata antipatia. Dovevano essere dei ricordi rimasti impressi nella mente di Emily nonostante il recente scambio di anime, leggi quell'ultimo assurdo casino. E se era così, chi era lei per contraddire Emily?

William alzò gli occhi al cielo alzandosi in piedi e cominciando a misurare nervosamente la stanza a grandi passi.

-Sai benissimo cosa c'è di così importante a casa dei Burton. Te ne ho parlato fino allo sfinimento, perciò non fingere di non ricordare solo per mettermi in imbarazzo-

Buffy si morse il labbro cercando disperatamente di ricordare qualcosa che potesse aiutarla a ricostruire quel puzzle. Il suo smarrimento doveva essere evidente perché quando William si girò a guardarla il suo sguardo si addolcì.

-E va bene se ci tieni così tanto te lo ripeto per l'ennesima volta. La figlia dei signori Burton. Ecco cosa mi spinge a tornare di nuovo in quella casa di arroganti snob-

William la fissava, aspettandosi evidentemente un commento da lei. Solo che lei davvero non aveva alcun commento. Oh, ne avrebbe avuti di sicuro...se solo fosse riuscita a ricordare chi diavolo fosse la figlia dei signori Burton.

-Senti, so che Cecily non ti piace, ma addirittura fingere di non ricordare chi sia...-

-Non è possibile!-

Adesso William non la stava semplicemente fissando. La stava più precisamente squadrando. E non sembrava un esame amichevole il suo.

Ma che diamine.

Questo era davvero troppo.

Possibile che si dovesse trovare Halfrek tra i piedi anche a centinaia di anni di distanza da Sunnydale?

Ma un momento. Forse questa non era una circostanza così funesta come poteva sembrare. Buffy prese un profondo respiro e poi fece la cosa che le riusciva meglio. Mentì sui propri sentimenti.

-Voglio dire...non è possibile che tu creda davvero che Cecily non mi piaccia perché in realtà io...-

La odio.

-La adoro!-

William ricambiò il suo sguardo, perplesso.

-Ma se non l'hai mai neanche veduta...-

Buffy sfoderò il suo miglior sorriso.

-Oh William dopo tutto quello che ho saputo di lei ti giuro che è come se la conoscessi!-

William ricambiò il suo sorriso.

-Bene allora...non sei dispiaciuta per l'invito a casa dei Burton-

-Affatto! Anzi ho intenzione di accettarlo-

-Prego?-

Buffy prese William sotto braccio e lo accompagnò con dolcezza e altrettanta decisione alla porta.

-E ora vai a prepararti, se vogliamo essere da loro per le otto non possiamo perdere altro tempo-

Così dicendo chiuse la porta sul volto attonito del ragazzo.

Già, non poteva perdere altro tempo. Aveva un problema urgente da risolvere.

Non aveva ancora deciso l'abito che avrebbe indossato per la cena.

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Giles si passò una mano sulla fronte cercando inutilmente di scacciare la stanchezza.

Non poteva cedere adesso. Buffy stava probabilmente affrontando difficoltà inimmaginabili, sola, in un mondo che non conosceva, sottoposta a regole che non poteva comprendere...doveva riportarla indietro, a ogni costo.

-Posso solo immaginare quale dolore vi provochi questa situazione, ma spero che crederete alle mie parole quando vi dico che sono davvero mortificata-

Giles si girò a guardare Buffy sulla soglia. Teneva le mani intrecciate in grembo, le spalle dritte e il mento alto. Stava eretta come una regina che attendesse di essere incoronata. Decisamente Buffy non era più tra loro.

-Vi credo, signorina Appleton, e vi assicuro anche che presto potrete tornare ad abbracciare la vostra famiglia-

Emily scosse la testa con dolcezza.

-Questo è al momento il minore dei miei problemi, signor Giles. Ho accanto a me l'unica persona che io abbia mai realmente amato, e che mi abbia amato a sua volta. Mio fratello è tutta la mia famiglia-

Giles assentì pensieroso.

-William, certo. Anche se immagino l'avrà trovato...cambiato-

Emily gli lanciò un sorriso enigmatico.

-A dire il vero, signore, l'ho finalmente ritrovato-

Giles osservò la ragazza con più attenzione. Forse la chiave per uscire da quella prigione era più vicina di quanto non avesse osato sperare.

Emily avanzò con garbo misurato.

-Per molti anni mio fratello non è stato se stesso. Per proteggerlo dalla crudeltà del mondo, mia madre lo aveva imprigionato in una vita che non era la sua. La vita di un uomo comune. Un uomo come gli altri. Ma come voi sapete bene, signor Giles, mio fratello non è come tutti gli altri-

Giles si aggiustò gli occhiali sul naso mentre i pezzi del puzzle che lo aveva ossessionato scivolavano lentamente al loro posto.

-Non ero certo che conosceste la sua vera natura, ma certo avevo immaginato che almeno uno di coloro che gli stavano accanto fosse al corrente delle sue...necessità-

Emily rise sommessamente.

-Per tutti quegli anni, dopo l'incidente che lo aveva privato del ricordo della sua identità, nostra madre ha continuato a nutrirlo con il mio sangue. Naturalmente a sua insaputa. Pagava la sua sopravvivenza con la mia malattia-

Il sorriso di Emily si fece amaro.

-Si dice sempre che un genitore ama tutti i suoi figli allo stesso modo, ma non è così. C'è sempre un prediletto. E mia madre non ha mai nascosto il suo legame privilegiato con mio fratello. Il primo figlio...e maschio per giunta...come biasimarla?-

Già come? Giles serrò le labbra contrito. Per quanto assurda potesse sembrargli quella convinzione, sapeva bene che nell'epoca in cui Emily e William erano vissuti era più che normale pensarla in quel modo. E poi la predilizione per il figlio maschio era ancora più che diffusa anche in epoca attuale, perfino nella più che moderna America. Ma qui non si trattava di semplice predilizione. Qui si trattava di una madre che aveva scelto quale dei due figli dovesse sorpavvivere, quale delle due vite che aveva generato fosse più importante. Ed era quanto meno una coincidenza curiosa il fatto che avesse orientato la sua scelta sul demone piuttosto che sull'essere umano.

-Vostra madre era un demone, non è forse vero signorina Appleton?-

La ragazza non sembrò colpita né sorpresa da quell'affermazione. Anzi. Fissava l'Osservatore come se non avesse atteso altro che condurlo a quella precisa considerazione.

-Capisco perché mio fratello abbia tanto rispetto per voi, signor Giles. Siete un uomo molto acuto-

-Rispetto?-

Giles rise di gusto.

-Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni di assidua frequentazione è che Spike...voglio dire William, non rispetta niente e nessuno-

-E' bizzarro, non credete? Come l'uomo più acuto sia a volte così impegnato a indagare le pieghe nascoste della realtà da dimenticare di osservarne la superficie-

Di fronte all'espressione oltremodo seria della ragazza la risata gli morì in gola.

-Mio fratello non perderebbe mai tempo a discutere con voi se non tenesse alla vostra opinione, se non desiderasse la vostra approvazione-

Giles si sentì preso in contropiede. Per quanto quell'idea gli fosse più volte balenata nella mente, anche osservando gli alterchi tra Buffy e Spike, l'aveva sempre accuratamente ricacciata indietro. Come poteva anche solo prendere in considerazione il fatto che un demone potesse avere una coscienza, sentimenti ed esigenze così umani? Come ammettere che i demoni seguissero veri e propri codici morali, per quanto loro propri, e nonostante questo continuare a ucciderli senza farsi altre domande e senza provare altri rimorsi?

-Per amore di un uomo, mia madre aveva violato ogni regola di condotta propria della sua stirpe. Aveva rinnegato la propria natura e la propria storia, tutto pur di rimanere al suo fianco. Ma alla fine la sua menzogna le si era ritorta contro. Mio padre non aveva saputo accettare la sua diversità, né tanto meno quella di suo figlio. E così mia madre aveva compreso che non era lei ad essere stata amata, ma l'immagine ideale che suo marito aveva di lei. Una donna che non esisteva. Scacciata dalla sua famiglia di origine, rifiutata da quella che aveva formato con tanto dolore e speranza, vedeva in mio fratello la sua rivincita. Crescere un figlio che era parte di lei, ma che racchiudeva in sé anche lo spirito dei due mondi che l'avevano esclusa, quello demoniaco da cui proveniva e quello umano a cui si era legata per amore. E' comprensibile che non potesse accettare di perderlo-

-Ma voi, Emily...anche voi eravate sua figlia-

Emily scosse la testa con una rassegnazione che sembrava il risultato di un'estenuante battaglia interiore.

-Io venivo per seconda. Nella mente di mia madre il mio senso nel mondo era quello di garantire la sopravvivenza di mio fratello. Il bambino del destino-

Giles distolse lo sguardo per un attimo, come infastidito dai pensieri stessi che quelle parole così misurate gli suscitavano.

-E voi sapevate...sapevate tutto e ciò nonostante accettavate quella situazione...aberrante?-

Emily fissò l'uomo fino a che lui non ricambiò il suo sguardo.

-Non accettavo, aspettavo-

Giles la guardò improvvisamente confuso.

-Aspettavo che William si risvegliasse e mi salvasse. Lui era il mio cavaliere. Il più saggio e coraggioso-

Emily parve sorridere di quel sogno infantile.

-Lo costringevo a leggermi storie di tesori dimenticati e di cavalieri pronti a brandire la loro spada per salvare principesse imprigionate. Speravo che quelle storie lo aiutassero a ricordare quello che era e quello che sarebbe prima o poi dovuto tornare a essere. Speravo che avrebbe trovato il modo di liberarmi...di liberarci entrambi da quella prigione-

Giles non poté fare a meno di provare tristezza per quella famiglia separata da un segreto troppo grande. Tristezza e comprensione, perché lui stesso aveva potuto constatare come i segreti nascosti distruggessero inevitabilmente ogni legame.

Stranamente, Emily non sembrava altrettanto triste.

-Ma ora so che il nostro destino è di rimanere legati. Solo in modo diverso-

Giles fissò la ragazza con gli occhi pieni di domande, ma lei si congedò con cortesia decisa e non ebbe il coraggio di imporle di rimanere.

Maledetta etichetta inglese.

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L'aveva convinto a concederle un po' di tempo, prima della partenza. Lui sembrava abituato a concederle tutto ciò che desiderava. Almeno ora sapeva che era nel suo carattere e non dipendeva dalla sua ossessione per lei. Anche William, come Spike, amava in modo tale da poter essere felice anche solo osservando la felicità negli occhi di chi amava e sapendo che era stato lui ad accenderla.

E Buffy non aveva dubbi che William amasse Emily, come e più di quanto Spike avesse amato lei.

Solo in modo diverso.

Fece un giro su se stessa voltandosi a guardarlo. I primi fiocchi di neve avevano iniziato a cadere lenti dal cielo, ma loro sembravano non sentirli. Era come se un sole caldo li avvolgesse, una luce morbida figlia della loro vicinanza.

Attraverso le labbra di Emily, Buffy sorrise stranamente serena. Nonostante tutto.

William le sorrise di rimando, seduto sulla panchina di pietra vicino alla siepe d'edera.

Improvvisamente stanca, Buffy si accomodò accanto a lui e lasciò che i suoi occhi si riempissero della bellezza di quel giardino.

Era un giardino d'inverno, di quelli che i nobili usavano farsi costruire all'interno dei loro palazzi per fare sfoggio con sottoposti e rivali del loro potere. Di solito pullulavano di piante esotiche e sfavillavano di marmi lucidi e cineserie. Ma questo era diverso. Si trovava all'interno dell'abitazione, ma all'ultimo piano, in una sorta di mansarda, e benché invisibile all'esterno grazie ad alte siepi di edera rampicante, era a cielo aperto. Un giardino sul tetto del mondo.

Il loro.

William le aveva ricordato poco prima che aveva costruito lui quel giardino. E Buffy doveva ammettere che adorava il risultato.

Non un giardino da sfoggiare con i conoscenti, quello spazio era fatto apposta per sognare. Lui sembrava averlo creato per questo.

E per lei.

-Questo giardino è il punto fermo del mondo che gira-

La voce pacata di William era rafforzata da una profonda solennità mentre pronunciava quelle parole.

Buffy sospirò lasciandosi andare contro la sua spalla, intrecciando la mano con quella di lui.

-Il punto fermo del mondo-

Bisbigliò senza rendersene conto.

-Del mondo che gira-

Completò lui con un sorriso nella voce.

Buffy si sentì in colpa. Il mondo girava tutt'intorno a loro, intorno a quell'isola verde che era il loro asilo: giravano le lancette degli orologi, ma lui e lei restavano immobili mentre c'era talmente tanto da fare e per cui combattere.

-Sei sempre stato bravo con le parole. Fai sembrare tutto così vero-

-Solo che non l'ho detto io. L'ha detto Sir Thomas Eliot. E c'è un altro verso: "nel punto immobile, là è la danza"-

Buffy alzò la testa di colpo, fissando il profilo elegante di William rivolto al cielo plumbeo, come in attesa di qualcosa.

-Tu credi che stiamo danzando?-

Lui si voltò a guardarla perplesso, ma lei aveva già avuto la risposta a quella domanda. Proprio da lui. Solo, in un altro tempo.

"Non abbiamo mai fatto altro"

Un cardellino spiccò il volo, attraversando il loro campo visivo e quasi rivendicando la propria assoluta libertà e sicurezza all'interno del piccolo giardino. I loro occhi si incontrarono al di sopra delle mani intrecciate. E quello sguardo divenne il centro dell'immobilità, il centro stesso del punto fermo del mondo che girava. Adesso anche il giardino stava girando in un modo diverso al cospetto dell'immobile pace dei loro sguardi.

Improvvisamente Buffy si rese conto che non era quel giardino. Erano loro. La loro unione era il punto fermo, quel punto immobile in cui si svolgeva la danza. Quando lui la chiudeva tra le sue braccia c'era movimento, c'era elettricità nell'aria, ma le cose avevano al tempo stesso una loro completezza, buona o cattiva che fosse.

Si alzò di scatto, in cerca di una via d'uscita, una soluzione che potesse riportarla indietro. Subito. Adesso. Indietro da lui. Ed era assurdo perché lui era lì accanto a lei e ora la guardava con un misto di affetto e preoccupazione.

Ma era esattamente questo il problema.

Quello che lui era in quel tempo, il legame che condividevano. Era meraviglioso.

Ma non le bastava.

Voleva di più.

Voleva un'occasione per avere quello che non avevano ancora avuto, quello che avrebbero potuto già avere se solo non fosse stata così ottusa e stupida.

Se solo non fosse stata così terrorizzata dall'idea di poter amare di nuovo qualcuno.

E rischiare di perderlo.

Si alzò di scatto in cerca di qualcosa. Una via di fuga. Una risposta. Una rassicurazione. Non avrebbe saputo dire cosa voleva esattamente. E prima che potesse formulare una qualunque domanda sentì una debolezza che aveva ormai imparato a riconoscere che le assaliva le membra.

Le braccia di William la strinsero sorreggendola, ma la sua voce era lontana mille miglia.

La chiamava con il nome di un'altra. Le diceva che non poteva portarla con sé. Avrebbe voluto protestare ma con quale forza? E poi era così sereno il suo abbraccio, si

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-Potrebbe essere il risultato di uno strappo temporale-

-Ma non serve una macchina per viaggiare nel tempo?-

-Non se il viaggio è frutto di un incantesimo-

-Credete che sia opera di Halfrek...di nuovo?-

-Impossibile, un demone della vendetta può esaudire un solo desiderio di vendetta al giorno, sono le nuove regole-

Le voci continuarono ad affastellarsi nell'aria ormai viziata della stanza. Ore di discussioni e non erano ancora arrivati a niente. Solo Emily se ne stava compostamente seduta in silenzio, in un angolo della stanza. Osservando. Spike le teneva una mano dolcemente serrata sulla spalla, come a volerla sostenere e rassicurare. O forse era lei a sostenerlo. Lei a essere il suo punto fermo, il suo centro di gravità, in quella stanza. In quell'universo.

Giles non riusciva a smettere di guardarli, né ad allontanare la sensazione bizzarra che gli mordeva lo stomaco mentre lo faceva. Si sentiva escluso. All'improvviso il legame privilegiato che aveva avuto in tutti quegli anni con Buffy era stato reciso. E la ragione non era che ora il corpo della sua Cacciatrice era abitato da un altro spirito. No. La colpa non era di Emily. E quella sensazione fastidiosa non la provava ora per la prima volta. Era una sensazione a cui si era ormai abituato, un emozione che provava ormai da troppo tempo. Dal giorno in cui Buffy era tornata dal mondo dei morti e aveva scelto qualcun altro come suo confidente. Per l'ennesima volta Giles si chiese se fosse davvero stato un caso che tra tutti loro Buffy avesse scelto proprio Spike come suo punto d'ancoraggio a un mondo che non riconosceva e in cui non si riconosceva più. Quell'idea che più volte lo aveva sfiorato lo colpì ora con inaudita violenza. Tanto che si sentì costretto a farla tacere rivolgendo il suo pensiero a questioni più impellenti.

-Che ne pensate di Quantum Leap?-

Xander fissò l'osservatore con perplessità.

-Bè Scott Bakula è un grande trasformista e quell'idea di Ziggy il computer con gli umori di una donna? Geniale! Come la chiusura di ogni episodio con la stessa frase tipo circolo vizioso, credo che facciano le repliche sul satellite...e questo non era assolutamente quello che lei intendeva, vero?-

Giles non rispose, apparentemente assorto in riflessioni molto più profonde e Xander ridacchiò nervosamente spostando lo sguardo sui volti corrugati di Willow e Anya, senza trovarvi la comprensione che sperava.

-Era una bella serie, ma francamente? Il grande attore lì in mezzo non era Bakula, ma Dean Stockwell-

Xander sorrise a Spike, con inaspettata gratitudine. Anya sbuffò annoiata con la classica espressione "uomini, inutile provare a capirli" negli occhi. Willow invece stava già dedicando altrove la sua attenzione.

-Cosa intendeva con Quantum Leap, signor Giles?-

L'Osservatore si tolse gli occhiali stropicciandosi gli occhi.

-Bè in effetti intendevo proprio quella serie televisiva, ritengo che il meccanismo narrativo su cui si basava non sia poi così lontano dalla situazione che stiamo vivendo-

Xander puntò un dito accusatore contro l'uomo.

-Signor Giles...lei...lei...guarda la televisione?!-

Giles inforcò di nuovo gli occhiali per darsi un tono.

-Io non direi che la guardo, direi piuttosto che mi documento sull'esistente, non si possono escludere a priopri delle fonti solo perché sono disponibili a una massa di utenti-

Spike gli riservò una pacca neanche troppo amichevole sulla schiena.

-Andiamo Rupert, non è il caso di fare il timido, perché non parli ai bambini qui della tua passione viscerale per Happy Days?-

Una selva di sguardi incuriositi si appuntò sull'osservatore che tossicchiò nervosamente.

-Ha persino una copia perfetta del Jubox del locale di Al, compresi i dischi in vinile-

Continuò imperterrito Spike. Se possibile gli occhi di Xander si sgranarono ancora di più. Giles lanciò a Spike un'occhiata di fuoco.

-Se seguissi una soap opera in cui la protagonista è riuscita a sposare in sequenza tutti i componenti maschili della famiglia del suo patrigno, io non parlerei degli interessi altrui con tanta leggerezza-

-E non vi ho ancora detto quanto ha sborsato per una riproduzione del copricapo della Loggia del Leopardo-

Xander strabuzzò gli occhi di nuovo.

-Lei ha un copricapo della Loggia del Leopardo? E' di vera pelliccia?-

Giles chiuse il libro che aveva aperto davanti a sé con un colpo secco, ma il gesto non ebbe l'efficacia che aveva sperato.

-Certo che ce l'ha, lo tiene in una teca di vetro su uno scaffale bello alto del suo studio da scapolo accanto a una delle microcamere con cui il Consiglio ci spia-

Il silenzio calò di colpo nella stanza, mentre Giles si rendeva conto che come sempre le frecciatine di Spike non erano innocue, né tanto meno dirette a caso.

-Cosa vorresti insinuare con questo?-

Spike scrollò le spalle con noncuranza.

-Niente di che, pensavo solo che se tu concentrassi le tue forze nel trovare una soluzione ai problemi di Buffy, invece che passare il tuo tempo a tenere aggiornato Quentin Travers sui miei spostamenti, forse otterresti maggiori risultati, Rupert-

Willow si alzò di scatto dalla poltrona fissando l'Osservatore che rimaneva in silenzio, di fronte allo sguardo indagatore del demone.

-Avanti signor Giles, gli dica che sta sbagliando. Lei non ci tradirebbe mai per Quentin Travers...non è così?-

La voce di Xander suonò più incerta di quanto lui stesso non avesse voluto.

Anya rise sommessamente.

-Qualcuno ha fatto il bambino cattivo-

Xander si frappose tra il demone e l'Osservatore, lo sguardo ostinatamente rivolto a quest'ultimo.

-Glielo dica signor Giles...gli dica che non ci tradirebbe mai...non per il Consiglio-

Rupert Giles osservò uno a uno i volti che lo fissavano in cerca di una risposta. Una risposta che già conoscevano, ma che non potevano o non volevano accettare.

-Come Osservatore sono tenuto a informare il Consiglio di ogni variazione dello stato delle cose sulla Bocca dell'Inferno-

Spike scosse la testa rassegnato più che stupito.

-Naturalmente. Il Consiglio prima di tutto-

Xander indietreggiò verso l'ingresso, Anya gli si avvicinò con cautela, lo sguardo improvvisamente triste. Conosceva le storture del mondo, l'ignavia dei potenti, la paura capace di generare l'odio, ma vedere quello smarrimento negli occhi caldi di quello che era stato il suo amore oltre che il suo amante, le suscitava ancora un dolore quasi fisico. E si odiava per questo.

Perciò non lo seguì quando lo vide uscire sbattendo la porta. Disilluso.

-Non credi di avere oltrepassato il limite?-

Spike sorrise incrociando le braccia sul petto.

-E tu, Ripper? O forse il limite l'hai passato tante volte che ormai non riesci neanche più a vederlo?-

Rupert Giles parlò con tono pacato, come se stesse discutendo dell'ultimo articolo letto sul Times piuttosto che di un'accusa di tradimento.

-Credo sia opportuno tornare a problematiche più urgenti quali la mancanza di una Cacciatrice che possa difendere la terra dalle forze dell'oscurità-

-Credevo che salvare la signorina Summers fosse la questione più urgente-

Emily accompagnò le proprie parole con un sorriso enigmatico. Accanto a lei Spike serrò le labbra in una piega dura, fissando Giles dritto negli occhi.

-Ma certo. Salvare Buffy è la cosa più importante. E' quello che pensiamo tutti, o no?-

Giles ricambiò lo sguardo del demone con altrettanta decisione.

-No. La cosa più importante è capire *come* salvarla. E se le mie teorie sono esatte credo di aver trovato la strada giusta-

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La ragazza lo abbracciò da dietro, affondando la faccia nell'incavo del suo collo.

-Scusami. C'è tanto da fare e al primo imprevisto io scappo facendo l'offeso come un bambino dell'asilo. E' che non sono bravo in queste cose...in questi giochetti strategici. Io sono quello del bianco e nero. Da una parte il male e dall'altra il bene. Il grigio non mi è mai piaciuto-

-Shhh. A nessuno piace essere traditi dai propri amici-

Xander scosse la testa con un sospiro.

-Il signor Giles ha fatto un giuramento al Consiglio e non se la sente di romperlo...io lo rispetto per questo...solo...a volte la realtà è dura da accettare-

Dawn alzò lo sguardo oltre la spalla dell'uomo e lo puntò verso qualcosa che soltanto lei riusciva a vedere.

-Non siamo obbligati ad accettare la realtà, abbiamo il potere di cambiarla-

Xander diede un buffetto sulla guancia alla ragazzina, prima di sciogliersi dal suo abbraccio.

-Certe cose non cambiano Dawnie. Anche se le neghiamo con tutte le nostre forze o fingiamo di non vederle, certe cose accadono ugualmente. Sono indipendenti dalla nostra volontà-

Dawn si raddrizzò affettando un'espressione smarrita e ingenua.

-Allora vuoi dire che non possiamo fare niente per Buffy? Che rimarrà per sempre nel 1852?-

Xander le prese le spalle con decisione, fissandola con i suoi occhi nocciola, nel modo più rassicurante che conosceva.

-Certo che no, Dawnie. Ti giuro che farò tutto quanto è in mio potere per aiutarti-

Dawn sorrise sollevata, gli occhi appena lucidi di lacrime di commozione.

-Bene, perché credo di sapere come risolvere questa situazione-

Xander la fissò con incerto stupore.

-Fantastico, allora andiamo dagli altri e...-

Lo sguardo di Dawn si fece improvvisamente duro.

-No Xander. Questa è una cosa che dobbiamo fare noi due, da soli. Non possiamo coinvolgere il signor Giles, non sappiamo quali sono le reali intenzioni del Consiglio...non possiamo rischiare che ci fermino-

Xander esitò, certo il pensiero di salvare Buffy, di essere l'eroe del giorno, in un certo qual modo lo seduceva. Ma queste cose non finivano mai bene...e poi come diceva il proverbio? L'unione fa la forza o qualcosa del genere.

-Dawnie io credo che...-

-E' una questione di famiglia, Xander. Spetta a noi risolverla-

Una questione di famiglia.

Xander guardò di nuovo gli occhi azzurri e morbidi di Dawn e all'improvviso la sua idea di tenere la cosa per loro non gli sembrò più tanto azzardata.

+ + +

Quantum Leap.

La ricordava anche lui quella serie. Con Dawn non se ne erano persi un episodio durante tutta quella afosa e fatidica estate. Quella in cui erano rimasti soli.

Il dottor Samuel Beckett fa un'esperimento di viaggio nel tempo, ma qualcosa va storto e lui si trova a saltare da un'epoca storica all'altra, di volta in volta andando ad occupare il corpo di qualcuno che ha bisogno di aiuto. Quando risolve il problema, ricomincia il viaggio ogni volta sperando che il suo prossimo salto sia verso casa.

Ma perché Buffy? Perché ora? E perché Emily?

Doveva trovare il modo di scambiare di nuovo i loro spiriti, di rimandare Emily nel 1852 a...

A morire.

Spike si strinse la testa tra le mani. Sempre più forte.

Comunque andasse non poteva salvarle entrambe. Doveva scegliere. Scegliere quale di quelle due vite era più importante.

-E' davvero identico-

Alzò il capo di scatto mascherando la propria angoscia con un sorriso.

Finse di guardarsi intorno e valutare il luogo che li circondava. Un giardino di inverno costruito sul tetto della casa. Un giardino sul tetto del mondo.

Il loro.

-Non è stato difficile. Nella mia mente questo posto non è mai cambiato-

Sua sorella si sedette accanto a lui e gli strinse le mani con l'abituale dolcezza.

-Il mio William, sei sempre stato un romantico in fondo-

Lo sguardo di Spike si velò di disprezzo.

-William...William era solo un stupido borghese con la testa tra le nuvole. Fortunatamente è morto per sempre-

Emily gli afferrò un braccio e lo costrinse a girarsi, i suoi occhi mandavano lampi furenti.

-Certo, William era un borghese. Uno stupido borghese che lavorava per mantenere la sua famiglia, per garantire a sua madre e a sua sorella una vita dignitosa. Un uomo che dava prova della sua intelligenza tutti i giorni, perché non aveva un titolo o degli amici altolocati che potessero garantirgli la sopravvivenza. Un uomo che non aveva paura di rivolgere la parola alla servitù o alle classi sociali che gli altri consideravano inferiori, perché per lui soltanto una classe esisteva, quella degli esseri umani. William era un borghese e forse era davvero stupido come dici, perché metteva le persone che amava prima di se stesso ed era pronto a sopportare qualunque umiliazione e qualunque sofferenza se questo poteva servire a proteggerle-

-Se era tanto intelligente, se era tanto altruista, com'è che ha preferito farsi dissanguare da un vampiro in un vicolo malfamato piuttosto che tornare dalla sua famiglia? Perché ha lasciato sua sorella ad affrontare la morte da sola? Perché sua madre ha preferito lanciarsi giù da una finestra piuttosto che vederlo di nuovo?-

Emily indietreggiò di qualche passo e Spike le sorrise crudelmente.

-Ora le cose ti appaiono diversamente, vero? All'improvviso non sono più il tuo cavaliere saggio e coraggioso...-

La ragazza scosse la testa senza distogliere lo sguardo.

-No. E' solo che finalmente ho capito da cosa viene tutta quella rabbia, tutto quel dolore che porti negli occhi-

Lo aveva colto di sorpresa, non c'era dubbio. Ma del resto non era quello che sua sorella faceva sempre?

-Tutti commettiamo degli errori. Ma non sono i nostri errori a determinare il nostro destino. Anzi, forse solo grazie ad essi possiamo cambiare strada. E le persone che ci amano, non smettono di farlo soltanto perché abbiamo commesso qualche errore-

-Qualche errore-

Spike rise sinceramente divertito.

-Tu non hai idea...non sai come ho vissuto dopo di te, quello che sono diventato, le cose che ho fatto...e che non ho fatto-

-Tu mi odi, William?-

Emily lo guardava con un'espressione seria dipinta sul volto. La sua piccola donna, così determinata. Così sicura di sé e del suo mondo. In questo assomigliava tanto a Buffy da farlo stare male. E come lei, naturalmente, pretendeva delle risposte.

-Non potrei mai odiarti, anche se ci provassi con tutte le mie forze-

-Eppure ho deviato volontariamente il tuo destino e l'ho fatto per puro egoismo. Perché non sopportavo l'idea di dividerti con qualcun altro. Mi andava bene essere malata, perché questo ti legava a me per sempre. Sapevo che non mi avresti mai lasciata fino a che avessi avuto bisogno di te. Volevo che dipendessi da me, per sempre, per questo ti ho dato il mio sangue, la prima volta. L'idea era stata di nostra madre certo, ma sono io che ho scelto di metterla in pratica. E quando l'ho fatto, sapevo che avrei stabilito tra noi un legame indissolubile. Un legame che si poteva sciogliere solo con la morte. In fondo sono io che ti ho spinto in quel vicolo e quel vampiro...in un certo senso ti ha davvero reso libero. Libero da me-

Spike scosse la testa con un sospiro.

-Non mi sono mai liberato di te. Del tuo ricordo. Credevo che ormai l'avessi capito-

Emily assentì piano.

-E' vero. E questo mi ha sconvolta-

-Lo immagino-

Emily gli strinse la mano tra le sue, cercando i suoi occhi. Voleva che capisse davvero. Ne aveva bisogno.

-Mi ha sconvolta perché ho capito che anche se entriamo e usciamo dalla nostra vita, nonostante cambiamo strada continuamente, per quanto possiamo essere lontani, le persone che amiamo saranno con noi per sempre. L'amore è una cosa meravigliosa, William-

Spike si liberò dalla stretta allora.

-Sì, come no-

Ma Emily non sembrava disposta ad arrendersi.

-Forse William era solo uno stupido borghese, ma aveva capito la cosa più importante-

Lo vide serrare i pugni e le labbra, come a trattenere un pensiero troppo doloroso.

-Una cosa che io ho capito soltanto ora. Ora che sei di nuovo qui, di fronte a me-

Spike tornò a guardarla, mentre le sbarre della gabbia di vetro in cui si era chiuso volontariamente cominciavano a incrinarsi.

-E cosa sarebbe?-

Emily gli sorrise e non gli era mai sembrata più serena.

-La vera felicità non deriva dall'essere molto amati, ma dall'essere capaci di amare molto-

Il demone socchiuse gli occhi come se volesse concentrare l'attenzione su un dettaglio che gli sfuggiva.

-Amare. Non so neanche più cosa voglia dire. Forse non l'ho mai saputo-

Emily si alzò con decisione e si parò di fronte a lui ergendosi in tutta la sua altezza.

-Forse puoi ingannare gli altri, William, ma non me. Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue, le nostre anime sono l'una parte dell'altra, io conosco il tuo cuore, so di cosa è capace. Perciò non dirmi che non sai più amare, abbi il coraggio di ammettere che non vuoi. Hai così paura dei tuoi sentimenti che preferisci fingere di non averne affatto!-

Spike si alzò in piedi furioso.

-E la cosa ti stupisce? Evidentemente non sai cosa vuol dire amare qualcuno a tal punto da trasformarlo nella tua ragione d'essere, amarlo tanto che quando pensi alla tua vita è solo lei che vedi. Tanto che ti diventa indispensabile come l'aria che respiri e anche di più. Perché se non sei con lei a cosa ti serve respirare? E così senza che neanche tu te ne renda conto quel qualcuno diventa la tua roccia, la tua casa, il tuo tutto. E all'improvviso ti lascia. Se ne va. Ed è come se ti strappassero il cuore dal petto senza anestesia e pensi che morirai lì sul posto, mentre la guardi andarsene in un giorno di sole, verso un mondo dove tu non sei neanche contemplato. Ma sai qual è la cosa più terribile?-

Emily sostenne il suo sguardo, anche se vedeva il suo volto sempre più appannato, attraverso le lacrime che le riempivano gli occhi.

-La cosa più terribile è che sopravvivi, invece. E giuri a te stesso che una cosa del genere non ti accadrà mai più. Ti convinci che sei cambiato e che sarà tutto diverso. Ma poi la rivedi e succede di nuovo. Lei se ne sta lì di fronte a te, nei suoi striminziti vestiti all'ultima moda, bella e forte come non mai, e tutto il resto non conta più niente. E' come se si sciogliesse, sparisse nel nulla, perchè l'unica cosa che riesci a vedere è lei. Come prima, come sempre. E così tutto ricomincia ed è come una di quelle storie d'amore tragiche in cui sai benissimo che le cose andranno a finire male, ma nonostante tutto continui a rileggerle, sperando stupidamente ogni volta che le cose andranno diversamente e che Giulietta si sveglierà in tempo e Romeo non berrà quel dannato veleno. Bè sai una cosa? Forse hai ragione. Non voglio più vivere così. Forse sono stanco di combattere, forse voglio provare a essere felice da solo, per una volta-

Emily lo guardò fino in fondo agli occhi, senza remore.

-E lo sei? Felice?-

Spike ricambiò lo sguardo e all'improvviso sentì di avere voglia di ridere. E dannazione lo fece. Rise di gusto, come se gli avessero raccontato la barzelletta più divertente del mondo. E in fondo la era, no?

-No. Non sono felice-

Sua sorella gli sorrise allora come se non avesse aspettato altro che quello.

-Allora forse è ora di mettere da parte la paura e tornare a combattere per quello che vuoi-

Spike distolse lo sguardo puntandolo lontano, di fronte a sé.

-Quello che voglio-

Spike soffocò un singhiozzo in una risata sommessa.

-Io non ce la faccio Milly. Non riesco a perderti un'altra volta-

La ragazza scosse il capo con decisione e premette una mano sul petto del demone.

-Ma tu non puoi perdermi, Will. Io sarò sempre qui, con te-

Il demone alzò gli occhi al cielo in un moto di esasperazione o forse per nascondere quelle maledette lacrime che gli bruciavano dietro gli occhi.

-E' questa la parte dove mi dici di continuare a vivere e ad amare anche per te, magari salvando il mondo nel frattempo?-

Per quanto si sforzasse non riusciva ad abituarsi a quella visione. La ragazza gli rispose in tono sicuro.

-Stavo giusto pensando che tengo tra le mie la mano di un eroe-

Spike la guardò smarrito. Quelle parole lo avevano colto completamente alla sprovvista.

-La mano di un eroe-

Ripeté in tono sarcastico.

-Già. Il classico eroe solitario alla John Wayne-

Emily sorrise divertita anche se evidentemente non poteva avere capito quella battuta.

-Ma tu non sei solo. Hai Buffy con te-

Spike scosse la testa senza però lasciarle le mani.

-Buffy può anche essere accanto a me, lottare al mio fianco, ma di certo non sarà mai con me-

-Le cose cambiano-

-Credimi, Milly, certe cose non cambiano-

Lei assentì distrattamente.

-Forse perché non vogliamo davvero cambiarle, dopotutto. A volte preferiamo lasciare le cose come stanno, per quanto le situazioni ci facciano soffrire. Siamo così terrorizzati all'idea di cambiare in peggio che accettiamo di continuare a stare male. Pensiamo che sia meglio affrontare un dolore che già conosciamo piuttosto che rischiare di provarne uno nuovo che non sapremmo come gestire. Ma così ci priviamo anche della possibilità di essere felici-

Spike scosse la testa.

-Le cose tra me e Buffy...bè sono un po' più complicate di così-

Emily lo fissò in cerca di qualcosa.

-Non sei innamorato di lei?-

Spike inspirò profondamente.

-Non è questo il punto-

Emily scrollò le spalle.

-E allora qual è?-

-Sei sempre stata così irritante?-

La ragazza lo fissò dritto negli occhi con un'espressione improvvisamente seria.

-Sempre-

Spike scoppiò improvvisamente a ridere e sua sorella si unì a lui.

Ridere. Dannazione erano mesi che non rideva così tanto. Ed era assurdo perché il mondo era sull'orlo di un'apocalisse e come al solito loro erano in mezzo a un casino di proporzioni bibliche e neanche aveva idea di come ne sarebbero usciti. Eppure Emily era riuscita a farlo ridere. Di sé, delle sue paure, di tutta quella situazione. E la cosa non lo stupiva, perchè se c'era una cosa in cui Emily eccelleva era nel rovesciare le situazioni, farti vedere le cose da tutto un altro punto di vista. Farti scoprire che la verità non era un monolite solitario che si stagliava nero nel deserto, ma qualcosa che ognuno aveva dentro di sé e che doveva imparare a guardare in faccia una volta per tutte.

Certe cose non cambiavano mai. Come il giardino che li aveva visti crescere e che ora li vedeva di nuovo insieme.

Tornò a guardare sua sorella ridere attraverso il volto di Buffy.

Altre cose invece non potevano che cambiare.

+ + +

Buffy si alzò con fatica dal letto. Le coperte le sembravano pesanti come macigni sul proprio corpo. Aveva perso troppo sangue questa volta. Ma forse perso non era la parola giusta. Perché quel sangue lo aveva donato di sua spontanea volontà a William. O a quello che era rimasto di lui dopo la vampirizzazione. Proprio come doveva avere fatto Emily prima di lei.

Si chiese se fosse andata veramente così o se quello non fosse uno di quei paradossi temporali di cui Giles le aveva parlato. Nel qual caso era stata lei a nutrire William con il proprio sangue, anche la prima volta. Era stata lei a salvare la vita del vampiro, condannando così quella di tutte le sue vittime future.

Eppure non riusciva a pentirsi di quel gesto. Del resto non era la prima volta che lo compiva.

E adesso aspettava che lui tornasse, trepidante come una sposa, la prima notte di nozze.

Da dove diavolo le arrivavano poi queste idee stile romanzo d'appendice? Buffy scosse la testa come a volersi liberare di quei pensieri, ma i ricordi e le emozioni di Emily pulsavano sempre più forti nella sua mente.

Sentì la porta dell'ingresso aprirsi e la voce alterata di sua madre mescolarsi a quella di un uomo che non riusciva ad identificare. Sentì che doveva fermarli.

Più si avvicinava più le parole si facevano forti e taglienti nelle sue orecchie.

-Non te lo consentirò mai William, dovrai passare sul mio cadavere!-

William? Come poteva essere? Si era fatta promettere che non sarebbe tornato, almeno per qualche giorno. Ma naturalmente lui non era riuscito a rispettare il piano. Avrebbe dovuto immaginarlo, non riusciva neanche a seguire quelli che lui stesso ideava da quanto era impulsivo, figuriamoci quelli altrui!

-Mia cara, non indurmi in tentazione-

-Dove credi di andare? Questa non è più la tua casa!-

Buffy si affacciò sulla soglia e finalmente lo vide.

Sua madre era ai suoi piedi e tentava disperatamente di trattenerlo, ma lui sembrava troppo forte per lei. Notò che era ferita a una guancia. Doveva averla colpita.

Lo guardò avanzare nella sua direzione e seppe all'istante che non poteva aspettarsi compassione da quegli occhi di un azzurro freddo e metallico.

-Eccolo qui il mio tesoro, la mia piccola adorata Emily-

Aprì le braccia per invitarla ad abbracciarlo sorridendole in un modo così falso che Buffy provò un reale senso di disgusto attanagliarle lo stomaco.

-Non avvicinarti-

Lui si finse colpito da quelle parole.

-Non vorrai rifiutare un abbraccio a tuo padre?-

Buffy sentì le gambe cedere sotto il peso di quella rivelazione. Eppure lo sapeva. L'aveva capito dal primo momento in cui l'aveva visto. Suo padre. O meglio, il padre di Emily. Ma ormai non faceva differenza, perché negli occhi di quell'uomo, chiunque fosse, aveva letto chiaramente la propria condanna a morte.

Sua madre si alzò in piedi furiosa e si parò tra loro, le braccia distese davanti a sé in un istintivo gesto di protezione.

-Te l'ho già detto. Se vuoi avvicinarti ancora ai miei figli, dovrai prima passare sul mio cadavere-

L'uomo si fermò dov'era. Poi emise un sospiro frustrato, si strinse nelle spalle e regalò a entrambe un sorriso sereno.

-Se proprio insisti-

Quindi afferrò la donna che era stata sua moglie per le spalle e la lanciò letteralmente fuori dalla finestra della stanza.

-No!-

Il grido invase l'aria con una forza lancinante. Buffy non avrebbe saputo dire se fosse stata lei a urlare così o sua madre. Forse erano state entrambe. Senza rendersene conto era arrivata fino alla finestra e ora guardava il cadavere della donna giacere a terra sul selciato. Dieci metri sotto di lei. Nella sua mente l'immagine di Joyce Summers distesa senza vita sul divano del salotto si sovrappose a quella del cadavere della sconosciuta che in questo mondo era la sua vera madre.

-E' sempre stata una ribelle, non ha mai voluto capire che infrangere le regole porta sempre a delle conseguenze. Raramente positive-

-All'inferno-

-Bè sì in certi casi questa è una conseguenza possibile, ma ci sono fini peggiori-

Buffy si voltò lentamente verso l'uomo che era rimasto fermo alle sue spalle.

-Brucerai all'inferno per questo-

L'uomo scrollò le spalle con noncuranza.

-Oh non fare la santarellina con me. Ho visto cosa hai fatto con quel vampiro...ti sei lasciata dissacrare da quel mostro disgustoso. Se c'è qualcuno che brucerà all'inferno, mia cara, quella sei tu-

Buffy scosse il capo incredula.

-Quel mostro, come lo chiami tu, è tuo figlio-

L'uomo le sorrise freddamente.

-Ogni famiglia ha i suoi scheletri nell'armadio-

Lo vide estrarre dalla tasca un laccio di pelle e avvolgersene le estremità alle mani.

-Sai ho sperato fino all'ultimo che mi avresti riscattato dall'infamia che quel demonio aveva gettato sul nome della nostra famiglia, ma purtroppo il cattivo sangue di tua madre ti ha reso debole e le tue pulsioni scellerate hanno fatto il resto-

Buffy indietreggiò lentamente verso il davanzale cercando con lo sguardo una via di fuga. Di colpo le sembrò di essere tornata su quel parapetto di metallo. Quello da cui si era lanciata nel vuoto per salvare il mondo. L'inevitabilità della morte la colpì come una secchiata d'acqua fredda sul viso.

Sentì il proprio corpo rabbrividire istintivamente.

-Una Cacciatrice, una paladina della luce che cede all'oscurità, sei la vergogna della tua razza-

Buffy serrò i pugni e si dispose in posizione di attacco. Se doveva cadere l'avrebbe fatto combattendo. Emily meritava che lei lottasse per salvarla.

-Credi di farmi paura? Un povero omuncolo accecato dai pregiudizi e dalla vergogna. Mi fai solo pena-

L'uomo le sorrise sinceramente divertito cominciando ad avanzare verso di lei.

-Sei solo un essere inferiore. Le tue parole non possono ferirmi-

Buffy ricambiò il sorriso.

-Le mie parole forse no. Ma questi di sicuro sì-

E così dicendo assestò una serie di pugni al volto e allo stomaco dell'uomo che si ritirò sorpreso. Stava per lanciarsi in un nuovo attacco quando sentì le forze che la abbandonavano.

No. Non ancora. Ti prego.

Mentre si accasciava a terra sentì la risata dell'uomo sovrastarla, mentre il laccio si stringeva sempre più stretto attorno al suo collo.

+ + +

Xander inspirò profondamente, quasi a raccogliere le forze, prima di parlare.

-Ne sei sicura?-

Dawn non si scompose e continuò a disporre gli oggetti intorno a sé.

-Ma certo! Credi che metterei a rischio la vita di Buffy?-

Xander scrollò le spalle imbarazzato.

-Ovviamente no...è solo che...-

Dawn si morse un labbro smarrita.

-Forse è stato un errore...sai Xander, dopotutto credo tu abbia ragione, è meglio fermarsi e avvertire gli altri-

Xander assentì sollevato.

-Giusto, allora io vado al Magic Box e...-

-E io cerco Spike. Ci vediamo a casa del signor Giles-

Xander le sorrise uscendo.

Ingenuo.

E idiota.

Ma era servito allo scopo. Le aveva procurato gli ingredienti di cui aveva bisogno. E un alibi.

Dawn scosse la testa sorridendo e tornò a concentrarsi sull'incantesimo.

-Non è tempo di smettere?-

Dawn si voltò di scatto, ma respirò sollevata nel riconoscere la sagoma nell'ingresso.

Senza scomporsi più di tanto continuò a disporre gli oggetti intorno a sé.

-Sei stata brava, devo ammetterlo. Ma trovarmi non significa fermarmi-

-Devi fermarti, invece, finché sei ancora in tempo. Non ti rendi conto del rischio che stai correndo-

Dawn sbuffò annoiata invitandola ad avvicinarsi.

-Sei perfino più noiosa di Buffy e credimi, dubitavo che avrei mai pronunciato queste parole-

Emily guardò la ragazzina con un'improvvisa tristezza.

-Non otterrai quello che desideri in questo modo-

Dawn distese le labbra in un sorriso freddo.

-Forse hai ragione. Coraggio allora, spezza l'incantesimo e rimetti le cose come stavano-

Emily si avvicinò al cerchio incantato con qualche esitazione. Quell'improvvisa arrendevolezza non la ingannava. Sapeva di trovarsi di fronte a un avversario potente. E infido. Ma la cosa essenziale ora era riportare lo spirito di Buffy a casa, nel suo tempo, al resto avrebbero pensato lei e William una volta che si fossero ricongiunti. Stava quasi per spezzare il cerchio quando la voce della ragazzina le scivolò alle spalle, fredda e dolce al tempo stesso.

-Chissà se Buffy sarà disposta a sacrificarsi per Spike come tu ti sei sacrificata per William. E se invece decidesse di lasciarlo morire? Non è terribile non sapere cosa ci riserva il futuro?-

Emily serrò le labbra e fece un altro passo verso il cerchio. Doveva avere fiducia nel legame. Conosceva i sentimenti di Buffy, li aveva percepiti in ogni fibra del suo corpo. Poteva fidarsi.

Dawn la raggiunse alle spalle, sorniona.

-Sai, nonostante tutto mi sei simpatica. Non voglio che torni a casa a mani vuote. Perciò ti dirò qualcosa che ti risparmierà molti dubbi e incertezze-

Non doveva darle ascolto. Doveva rompere il cerchio. Subito. Altrimenti...

-Se torni morirai-

Aveva sempre sentito parlare dell'istinto di sopravvivenza, quel senso viscerale che rende così difficile il suicidio. Ma non l'aveva mai sentito urlare così forte dentro la testa. All'improvviso il suo corpo si rifiutava di muoversi e ubbidirle. Eppure sapeva di dover morire prima o poi. Non aveva mai avuto paura. Non era questo che aveva detto poco prima a suo fratello? Quello che contava era vivere con pienezza. Non contava il tempo...

-Come cambiano le cose. Basta una parola, a volte. Altre volte, come nel tuo caso, un semplice gesto equivale a una condanna-

Dawn girò attorno alla sua preda, con passi lenti e misurati.

-Mi sembrava giusto che tu sapessi cosa ti aspettava al tuo ritorno. Oh e naturalmente sarà una morte violenta, ma questo già lo immaginavi, vero?-

-Fermati-

Dawn sorrise di nuovo e questa volta di puro divertimento.

-Hai paura?-

Emily assentì senza esitare.

-Sì. Ho paura. Una terribile paura che se mi riveli altri dettagli avrò la tentazione di fare qualcosa che cambierà il mio destino e quello di molti altri-

Dawn la fissò incredula.

-Vorresti farmi credere che preferisci tornare indietro e morire piuttosto che rimanere e vivere accanto a tuo fratello?-

Emily fece un altro passo deciso verso il cerchio.

-Non ti illudere. Io sarò sempre con lui. Qualunque cosa tu faccia-

E così dicendo spezzò il cerchio con un piede.

Di colpo il corpo di Buffy ricadde a terra, come un sacco vuoto.

Joyce Summers si fece accanto a Dawn che continuava a fissare quel corpo accasciato ai suoi piedi.

-Vedi, il problema di questi nuovi eroi è che si fidano sempre troppo dei loro nemici-

Dawn assentì senza staccare gli occhi da sua sorella.

-Dove hai mandato Emily?-

Joyce sorrise compiaciuta.

-Oh lei è tornata a casa, come le avevi promesso. Non si può mancare a un appuntamento con la morte-

-E Buffy?-

Joyce scrollò le spalle con indifferenza.

-Diciamo pure che ha avuto quello che voleva-

+ + +

Lo sentiva tutto intorno a sé. Il suo profumo. E sentiva il suo corpo, così accogliente. Le sue braccia che la trattenevano in un abbraccio sicuro e consolante.
Si accoccolò contro di lui con un sospiro soddisfatto.
Buffy si morse il labbro inferiore. Forse se chiudeva gli occhi e si concentrava abbastanza poteva tornare a dormire e magari convincersi che era tornata a casa.
Ancora cinque minuti e si sarebbe alzata. Nascose il volto contro il cuscino di piume e per un attimo le sembrò di essere tornata bambina. Era inverno e sua madre la chiamava attraverso la porta mentre lei si rannicchiava ancora più profondamente sotto le coltri tiepide di sonno. Ancora cinque minuti. Sembrava essenziale in quelle mattine di inverno strappare anche solo cinque minuti di sonno in più. Cinque minuti in cui assorbire tutto il calore possibile per poi correre a per di fiato verso il bagno, i piedi che rabbrividivano sulle mattonelle fredde del pavimento. Ancora cinque minuti. Istanti in cui percorrere a ritroso il sentiero dei sogni notturni e aggrapparsi a quelli più dolci. Ancora cinque minuti per illudersi di poter rimanere avvolta per sempre in quel tepore rassicurante.
E stava quasi per riaddormentarsi quando lo sentì muoversi dietro di lei.
Si stava svegliando.
Buffy si chiese quali fossero i loro rapporti in questa realtà.
Sentì le labbra di lui sfiorarle la spalla e poi risalirle lungo il collo, mentre le sue mani si insinuavano tra le pieghe della camicia da notte.
A quanto pareva i loro rapporti erano piuttosto buoni.
Sentì il proprio corpo reagire istintivamente a quei baci leggeri e pieni di promesse, come se fosse abituato a riceverli. Come se istintivamente li riconoscesse. E li riconosceva, infatti. Come riconosceva le mani che la spogliavano lentamente. Troppo lentamente.
Neanche si accorse di essersi girata e avergli circondato il collo con le braccia per attirarlo più vicino, ancora più vicino. Ma sentì il suo sorriso sulle labbra, un'istante prima di perdersi nel suo bacio. Lasciò che la sua lingua le invadesse la bocca e la assaporasse, avidamente.

Dio, quanto le era mancato.

E all'improvviso qualcosa atterrò su di lei. Qualcosa di pesante. Istintivamente il suo corpo si preparò a difendersi. Ma quelle che le riempirono le orecchie non erano certo urla demoniache.

-Sveglia! Sveglia! Sveglia!-

O forse sì.

Intanto lui si era allontanato, improvvisamente troppo impegnato a fingere di lottare con quel mostriciattolo per dedicarle attenzione.

Buffy si liberò delle coperte con insofferenza, pronta a lamentarsi di quell'assalto, ma prima che potesse dire qualcosa il nemico le aveva circondato il collo con due braccine paffute e aveva iniziato a tempestarla di baci.

Istintivamente ricambiò l'abbraccio e lo vide guardarla con amore oltre la spalla della bambina.

Bè se bastava una bimbetta dagli occhioni azzurri a compiere il miracolo di restituirle il suo amore avrebbe accettato di buon grado quell'interruzione.

-Ora basta piccola, libera la mamma e vieni ad aiutarmi a preparare la colazione-

Come un fulmine la bambina si precipitò giù dal letto e si mise a saltellare sulla soglia della stanza, impaziente.

Lui rise.

-E tu che dicevi che sarebbe tornata stravolta dalla serata alla pista di pattinaggio-

Buffy assentì distrattamente, ancora troppo concentrata sulla parola "mamma".

-Non correte o vi farete male!-

Disse d'istinto mentre lo guardava inseguire la bambina giù dalle scale.

Dio, era davvero una mamma. Solo una mamma avrebbe detto una cosa simile!

Si guardò intorno riconoscendo la stanza. Dunque era a casa. Eppure sentiva di essere lontana mille miglia.

+ + +

-Cosa credi che le sia successo?-

Willow tornò a guardare il corpo esanime di Buffy, disteso sul divano del salotto. La scena cominciava a diventare ripetitiva.

-Lo spirito di Emily ha abbandonato il corpo di Buffy ed è tornato al suo posto, mentre quello di Buffy è stato per così dire scacciato dal corpo di Emily e ora si trova chissà dove-

Spike si passò le mani fra i capelli con un grido frustrato.

-Ma come è potuto succedere?-

Dawn si lasciò sfuggire un singhiozzo dalla poltrona accanto al divano. Xander si fece avanti senza esitare.

-Ho lasciato in giro gli ingredienti e il libro di incantesimi prima di venire ad avvisarvi. Sembrava una buona idea-

-Già e incredibilmente è andata male-

Il tono di Spike non ammetteva repliche e a Xander non era mai piaciuto quel tono. Era quello che usava sempre suo padre prima di...

-Senti Spike, mi dispiace per quello che è successo, ma non è colpa mia se tua sorella ha deciso di fare da sola quell'incantesimo e lo ha sbagliato-

Giles alzò la testa dall'imponente volume che continuava a sfogliare da ore ormai.

-Tecnicamente l'incantesimo non era sbagliato, ma solo incompleto. Secondo questo libro quando gli spiriti in gioco sono due il cerchio magico deve essere spezzato contemporaneamente da due persone e in due punti diversi, altrimenti solo uno degli spiriti ritrova il suo posto, mentre l'altro...bè a dire la verità non ho idea di cosa accada all'altro spirito-

Concluse l'Osservatore rituffando la testa tra le pagine polverose del volume in cerca di soluzioni che sembravano al di fuori della loro portata.

Spike scosse la testa con rabbia tornando ad attaccare Xander.

-Se non avessi dato inizio a questa cosa Emily sarebbe ancora qui!-

-E Buffy sarebbe morta!-

Le parole ricaddero pesanti nel silenzio che era calato tutto intorno. Spike aveva distolto lo sguardo e ora fissava un punto indefinito, lontano da tutti loro. Xander gli si mise di fronte, la voce ridotta a un sussurro che nonostante tutto rimbombava nella stanza come un urlo.

-Questo non era il mondo di Emily. Non era qui il suo posto. Ma è quello di Buffy. E' il suo posto...Volevo solo riportarla indietro. E credevo fosse quello che volevi anche tu-

Spike lo guardò con durezza.

-Mi stai chiedendo di farti i complimenti per la brillante riuscita del tuo piano? D'accordo Xander. Complimenti. Grazie a te mia sorella è tornata al suo posto, nel 1852, a morire assassinata per mano di nostro padre. Mentre Buffy...bè Buffy non è esattamente tornata al *suo* posto ma chissà, magari è più felice dove sta adesso. Di sicuro ha degli amici meno stupidi!-

Xander serrò i pugni lungo i fianchi.

-Non potevo prevedere quello che sarebbe successo...-

-Certo che no! E' proprio questo il problema quando si gioca con la magia. Ci sono sempre conseguenze che non possiamo controllare. Sempre. E mi sembra anche che questo discorso l'avessimo già fatto una volta-

-Lo so che ci sono conseguenze, ero qui anch'io l'anno scorso-

-Ecco perché non riesco a spiegarmi come diavolo tu abbia potuto anche solo pensare che ripetere lo stesso errore fosse una buona idea! Provare un incantesimo di quel genere, da solo, ma che cos'hai nella testa al posto del cervello?-

Xander lasciò scivolare lo sguardo su Dawn per un istante. La ragazzina lo fissava smarrita, nel panico più totale.

Non poteva tradirla. Non adesso. L'avrebbe distrutta. E poi questa sarebbe stata solo l'ennesima xanderata, leggi azione impulsiva apparentemente geniale ma in definitiva idiota e inutile per non dire dannosa. Prima o poi quella parola sarebbe entrata di diritto nel vocabolario, almeno i posteri lo avrebbero ricordato per qualcosa...con Homer Simpson aveva funzionato.

Guardò Spike negli occhi e inspiegabilmente non ci riuscì. Non riuscì a mentirgli. Non riusciva a sopportare l'idea che lo considerasse un'idiota.

Un momento. Che cavolo gliene fregava dell'opinione di Spike? E infatti non era la sua opinione che gli interessava.

Voleva il suo rispetto. Diavolo, se lo meritava.

-Sono sicura che pensava di agire per il meglio-

La voce di Willow gli arrivò dolce alle spalle facendolo sentire inspiegabilmente sollevato.

-Già, per il meglio. Meglio perdere mia sorella che Buffy, deve essere questo che ha pensato-

Dawn scoppiò definitivamente in lacrime lasciando la stanza sotto gli occhi comprensivi e preoccupati dei presenti.

Xander si alzò pronto a seguirla.

-Sarai anche il paladino dei due mondi, ma non sei l'unico ad aver perso qualcuno in questa guerra-

Spike distolse lo sguardo, senza riuscire a scacciare un odioso senso di colpa.

Lui che si sentiva in colpa per aver aggredito Xander?

Assurdo.

+ + +

Era assurdo.

Tutto quanto. La visione di lui che giocava con quella bambina cercando di convincerla a mangiare la colazione, come avrebbe fatto un qualunque padre con sua figlia.

Padre. Figlia.

Anche questo era assurdo.

E ancora più assurdo era il concetto di moglie e madre associato a lei.

Lei che era...

-Tesoro io devo andare, finisci tu qui?-

Buffy alzò di nuovo gli occhi su suo marito e gli rispose con un sorriso, come sempre. Lui la ringraziò con un bacio prima di infilarsi la giacca e agguantare un ultimo pancake ripieno di sciroppo d'acero mentre si avviava alla porta. Era sempre il solito.

-Ti sporcherai il vestito-

Lui le sorrise impertinente.

-Abbiamo speso una fortuna per quella lavatrice ultimo modello, dovremo pur inaugurarla come si deve, no?-

Buffy gli lanciò contro uno strofinaccio e all'improvviso quella scena le sembrò assolutamente naturale.

E perché mai avrebbe dovuto sembrarle innaturale?

Cercò di concentrarsi sul pensiero che le aveva dato quello strano senso di inquietudine solo un attimo prima, ma proprio non...

-Mamiiii!-

Buffy sorrise alla bambina e la accolse tra le sue braccia. Aveva un sacco di cose di cui occuparsi.

Cose normali.

Quel pensiero la colpì.

Normali. Perché quel concetto la colpiva come se fosse stato estraneo alla sua vita?

La bambina si agitò tra le sue braccia mentre la porta dell'ingresso si riapriva e suo marito rientrava trafelato.

-Di nuovo!-

-Lo so, lo so! Sono in ritardo-

-Cronico-

Buffy scosse la testa sorridendo mentre suo marito le lanciava un ultimo saluto prima di uscire sbattendo la porta.

Sempre il solito.

Ma cos'è che stava pensando un attimo prima?

Ah, sì. Aveva un sacco di cose di cui occuparsi.

+ + +

-Cioè se ho capito bene ogni realtà alternativa in cui Buffy viene a trovarsi ha qualcosa in comune con le altre, come uno di quei giochetti enigmistici, tipo trova i cinque particolari uguali?-

Anya sfogliava distrattamente un vecchio numero di Cosmopolitan, le lunghe gambe accavallate sotto il tavolo di mogano del salotto di Giles.

L'Osservatore assentì continuando a sfogliare un trattato di teoria quantica.

-Esatto. Solo che in questo caso il punto comune a tutte queste realtà è uno soltanto, una specie di centro attorno a cui ruota tutto-

Willow appoggiò i gomiti al tavolo protendendosi in avanti a sbirciare le pagine affollate di numeri.

-E questo elemento comune funzionerebbe come una specie di porta dimensionale che collega tutte le realtà, è così?-

-Più o meno-

La strega inclinò la testa su una spalla.

-Allora più salti farà Buffy e più sarà facile per lei riconoscere la porta e usarla per tornare qui-

-Per niente-

Anya lasciò scivolare la rivista sulla superficie lucida del tavolo.

-Più salti fa Buffy e più la sua testa si riempie di buchi-

-Cosa intendi con buchi?-

-Vuoti di memoria-

La voce di Spike arrivò soffocata dalla mano che si teneva stretta a pugno di fronte alla bocca. Sembrava in cerca di qualcosa da azzannare. O qualcuno.

Anya sospirò sonoramente. Tutta quella tensione le faceva male alla pelle.

-Più Buffy rimane nelle singole realtà più la sua mente si adatta al nuovo stile di vita, dimenticando quello passato. E' una specie di meccanismo di salvataggio, le impedisce di impazzire-

-Quindi se Buffy rimane bloccata in una delle realtà alternative troppo a lungo potrebbe non riuscire più a tornare?-

Spike appoggiò le mani contro il vetro sottile della finestra, guardando il buio che avanzava.

-Il punto è che potrebbe non desiderarlo più-

-Vorrà dire che andremo noi a riprenderla-

Xander entrò a fatica dalla porta, trasportando un'enorme lavagna riscrivibile.

Spike lo fissò scettico mentre la sistemava sull'apposito piedistallo e rendeva visibile a tutti il disegno multicolore che riempiva la superficie lucida. Un cerchio centrale blu intersecato con una serie di altri cerchi di colori diversi che formavano una sorta di corolla.

-E come? Giocando a Pictionary?-

Anya batté le mani entusiasticamente.

-Adoro gli indovinelli!-

Giles sollevò lo sguardo dal libro, discretamente seccato.

-Xander, per quanto apprezzi la tua volontà di risollevare il morale della truppa, per così dire, non mi sembra il momento giusto per giocare a Pictionary-

-E' un fiore!-

Xander si rivolse a Giles ignorando il tentativo di Anya.

-Non vi sto proponendo una partita a Pictionary...-

-Non vuoi che indoviniamo cosa rappresenta il disegno?-

-Sì Anya, ma...-

-Bene, perché sono sicura che è una margherita!-

Xander sospirò seccato.

-Non è una margherita. Senta signor Giles, io credo che abbiamo guardato la cosa dal punto di vista sbagliato. Per tutto il tempo abbiamo cercato una formula che risolvesse il problema, una spiegazione razionale all'accaduto ed è esattamente quello che ha tentato di fare Sam per quasi tutta la serie tv. Ma il punto è che non c'è niente di razionale nei suoi salti nel tempo e solo quando lo capisce riesce a entrare in contatto con la volontà superiore che lo guida e...-

-E tu guardi troppi telefilm-

-L'area blu è comune a tutti i cerchi-

Willow si era avvicinata al disegno e lo osservava con spassionato interesse.

Anya puntò un dito accusatore contro Willow.

-Ehi! Non tocca mica a te!-

Xander assentì soddisfatto.

-Esatto, dobbiamo solo indovinare cosa c'è nel cerchio blu che lo collega a tutti gli altri-

Anya sbuffò seccata.

-Non vale dare suggerimenti!-

Giles tornò a concentrarsi sul libro.

-Xander, non credo proprio che tirare a indovinare sia la strada giusta...-

-Bè non lo è neanche nascondersi dietro un libro-

Spike si era avvicinato a Willow e al disegno.

-Sai, se vedesse i tuoi cerchi Giotto si rivolterebbe nella tomba, non ce n'è uno che sia anche solo vagamente regolare-

Xander incrociò le braccia sul petto con puntiglio.

-Bé scusi mister compasso, ho pensato che fosse un buon modo per rappresentare la diversità degli universi in cui Buffy sta viaggiando-

Spike tornò a girarsi verso la lavagna imponendosi di non sorridere. Dopotutto era ancora arrabiato con lui.

-D'accordo, d'accordo. Allora che si fa, genio?-

Xander fissò le spalle del demone, senza parole. Non solo Spike si era dichiarato pubblicamente in accordo con lui, ma ora chiedeva a lui, Xander Harris, di decidere il da farsi. E tutto questo nonostante lo credesse responsabile della scomparsa di sua sorella e di qualunque altra cosa fosse successa a Buffy nel frattempo. Forse era lui a viaggiare in universi paralleli, non Buffy.

Ok Xander. Niente panico.

-Mettiamo nel cerchio blu le informazioni che abbiamo e vediamo cosa ci fanno venire in mente-

Xander socchiuse gli occhi in attesa delle risate, sarcastiche, o del solito "starai scherzando", altrettanto sarcastico. Giles fu il primo.

-Si trova a Sunnydale ma anche a Londra-

Willow scrisse obbediente Sunnydale e Londra all'interno del cerchio blu.

-Collega Buffy ed Emily-

Willow scrisse i due nomi accanto alle città.

Xander continuava a guardare incredulo la scena. Stava funzionando.

-D'accordo ora facciamo un elenco delle cose che queste quattro parole ci fanno venire in mente usando il metodo dell'associazione di idee-

Willow scrisse una lista di altre parole nell'angolo in alto del foglio. Sembrava averci preso gusto.

Consiglio degli Osservatori. Cacciatrice. Bocca dell'Inferno. Demoni.

Giles interruppe l'azione.

-Cancella Bocca dell'Inferno. Si trova solo a Sunnydale-

Anya gli saltò nella voce.

-Allora cancella Consiglio degli Osservatori dato che ha sede a Londra-

-Cancella Cacciatrice. Emily non sapeva ancora di esserlo-

Willow eseguì l'ordine di Spike.

-Così ci rimane solo demoni, che non è un luogo...-

-Spike-

Il demone si girò in direzione dell'uomo che aveva parlato.

-Che c'è?-

Xander continuò a fissare il disegno e le parole racchiuse nel cerchio centrale.

-Spike-

-Ho detto che c'è?-

Rimarcò il demone seccato.

-Sei tu Spike-

-Sì bè e tu sei Xander. Ora che abbiamo chiarito le nostre identità che ne dici di...-

-No! Non vedete? L'unica cosa che hanno in comune Londra, Sunnydale, Buffy ed Emily è Spike!-

Giles scosse la testa continuando a fissare la lavagna.

-Mi dispiace deluderti Xander, ma una persona non può funzionare da porta dimensionale, a meno che non si tratti di qualcuno come Dawn e sappiamo che lei ha perso da tempo questa capacità-

-Forse Spike non è la porta dimensionale ma sicuramente può dirci dov'è-

Spike fissò l'uomo con sufficienza.

-Credi che io sappia dov'è la porta dimensionale?-

Xander ricambiò lo sguardo senza scomporsi.

-Ne sono sicuro-

-Senti amico, se credi che avrei perso tempo a giocare a indovina indovinello con voi invece di usare la porta per aiutare Buffy...-

-Pensaci bene Spike. Sei l'unico tra di noi che ha conosciuto sia Buffy che Emily e che è stato sia a Londra nel 1852 che a Sunnydale oggi. Solo tu puoi dirci qual è il luogo che sia Buffy che Emily conoscono e che si ritrova identico sia qui che a Londra-

-Senti Xander io proprio non...-

"E' identico".

La voce di Emily risuonò nelle orecchie di Spike con una nuova forza.

-Non può essere così semplice-

-Non tutto deve essere per forza complicato, amico-

-Si può sapere di cosa state parlando?-

La voce di Giles si intromise tra loro, percorsa da una speranza che si era improvvisamente riaccesa.

Spike si passò le mani tra i capelli.

-Il giardino-

Willow si avvicinò al demone, una nuova luce di comprensione sul volto.

-Ma certo, due luoghi identici, costruiti dalla stessa persona, anche se distanti nel tempo e nello spazio...Buffy però non ha mai visto il giardino sul tetto, qui a Sunnydale-

-No, ma deve aver visitato quello a Londra, ricordo che pochi giorni prima della mia vampirizzazione ci ho portato Emily...ma se Emily era qui significa che io, o meglio che William ci ha portato Buffy!-

-Si può sapere di cosa diavolo state parlando?-

Anya fissò l'Osservatore con una certa soddisfazione.

-Ora capisce come ci si sente a essere esclusi? Non è una bella sensazione, vero? Bè spero che se ne ricorderà la prossima volta che organizza una cena di Natale a casa sua e non mi invita-

Giles sospirò stancamente.

-Anya, non ho mai organizzato una cena di Natale a casa mia senza invitarti...in effetti non ho mai organizzato una cena di Natale a casa mia...-

-Esatto! Ecco perché quest'anno tocca a lei organizzare. E non si dimentichi di spedirmi un invito! Ora scusate, ma dato che vi ho già brillantemente aiutato a risolvere il problema Buffy devo tornare ad occuparmi del mio lavoro-

E così dicendo il demone vendicatore sparì in una scenografica nuvola di fumo.

Giles si aggiustò gli occhiali sul naso. Un delirio alla volta. Era il massimo che poteva sopportare.

-Di quale giardino stiamo parlando?-

Disse tornando a rivolgersi agli altri.

-Lo avevo progettato per Emily. Una specie di giardino di inverno costruito sul tetto della nostra casa di Londra. Serviva a darle l'illusione di poter passeggiare all'aperto senza uscire di casa. Non ci è voluto molto perché diventasse il suo rifugio...e il mio-

Spike si interruppe come colto da un'immagine troppo dolorosa o forse troppo felice e Giles non gli impose di continuare. Non ce n'era bisogno. Qualunque fosse stato il motivo che lo aveva spinto, Spike aveva deciso di ricreare il giardino lì a Sunnydale e senza volerlo aveva creato un ponte tra le due realtà in cui aveva vissuto. Il legame di sangue tra Buffy ed Emily doveva aver fatto il resto. Probabilmente si era trattato di una specie di paradosso temporale. Del resto dopo la battaglia con Glory si erano creati degli strappi nel tessuto dimensionale che probabilmente non si erano ancora totalmente ricuciti e questo lasciava spazio a fenomeni insoliti come quello. Eppure c'era qualcosa che non tornava in quella ricostruzione, come un tassello mancante.

-Io vado-

Giles tornò a guardare il demone che si era diretto con decisione verso la porta.

-E dove vorresti andare?-

-A riprendere Buffy, è ovvio-

Giles si alzò a sua volta e riuscì a intercettare Spike prima che uscisse dalla porta.

-Non è così semplice, William. E' passato del tempo dal primo salto, quella che troverai nel giardino, se la troverai, potrebbe essere una persona diversa da quella che conosciamo. Non sappiamo quanti salti ha già fatto. Potrebbe anche non riconoscerti affatto-

-O non voler tornare-

La voce di Willow ricadde pesante sulle loro spalle. Spike si fermò sulla porta, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa. Xander mascherò il disagio con una risatina.

-Andiamo Will, ma certo che vuole tornare. Con ogni probabilità è finita in una dimensione infernale e sta lottando contro demoni che neanche riusciamo a immaginare aspettando che i suoi amici arrivino ad aiutarla-

Willow guardò Xander dritto negli occhi.

-O magari è finita in un mondo perfetto e spera che i suoi amici la lascino in pace-

Xander serrò i pugni lungo i fianchi.

-Non possiamo esserne certi-

-Giusto Xander. Non possiamo. Ma la vera questione è...-

Willow si avvicinò ancora di qualche passo, fino a che il suo viso non fu a pochi centimetri da quello di Xander.

-Siamo disposti a rischiare di strapparla dal suo paradiso pur di riaverla con noi? Siamo disposti a farlo...di nuovo?-

+ + +

Note Nerd:

Quantum Leap è davvero un telefilm con Scott Bakula. E Dean Stokwell era davvero l'attore più bravo tra i due...

Lo so lo so c'è un problema di datazione. Ma volevo citare Eliot. A tutti i costi. Chiamiamola licenza poetica...

Se vi state chiedendo "il marito di Buffy in quella realtà è Spike?". Bè non ci è dato di saperlo. Ma non è scontato.

Dawn cattiva...che ci posso fare? The girl rocks.

E così ecco quanto è davvero successo la notte della vampirizzazione di Spike...non avrete davvero creduto a quell'orribile lettera di addio della madre vero? Eh eh...

 

 

 

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