Così vicini, così lontani

Seconda Parte

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The way to love anything is to realize that it may be lost. ?

Gilbert K. Chesterton

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Sunnydale

-Un altro-

Riley osservò il barista servire per l'ennesima volta l'uomo seduto a due sgabelli dal suo. Indossava solo uno stropicciato completo grigio e da uno dei baveri della giacca penzolava una targhetta con il nome e la qualifica.

Edwin Barrows. Venditore capo.

A giudicare dalla quantità di alcol che aveva ingerito nell'ultima mezz'ora le vendite non dovevano essere andata gran che quest'anno. o forse erano andate talmente bene che aveva deciso di anticipare i festeggiamenti prima della chiusura dell'anno contabile.

-Qual è il colmo per un venditore di abeti?-

Riley si girò verso l'altro avventore, ma quello non sembrava rivolgersi a nessuno in particolare.

-Essere licenziato a Natale-

Già. A quanto pareva niente festeggiamenti in vista.

L'uomo scoppiò in una risata scomposta prima di scolare il bicchiere in un sorso e incrociare il suo sguardo.

-Cos'è non lo trova divertente?-

Riley si limitò a fissarlo senza rispondere. L'uomo assentì silenziosamente prima di richiamare il barista e ordinare un altro drink. Quando lo ebbe tra le mani rigirò il liquido sul fondo del bicchiere facendo tintinnare il ghiaccio. Poi si sporse in avanti e sussurrò a voce bassa, come se stesse rivelando un segreto di importanza capitale.

-Provi dopo una dozzina di questi-

Riley tornò a fissare il suo bicchiere ancora pieno. Aveva già abbastanza problemi senza farsi carico di quelli degli altri.

-Riley?-

Appunto. Possibile che non si riuscisse a stare soli un secondo in quella dannata città? Si chiese se gli avevano appiccicato addosso un radar che li informava in tempo reale dei suoi movimenti e per un attimo ebbe una vaga idea di cosa doveva aver provato Spike dopo la sua fuga dai quartieri dell'Iniziativa. Guardò ancora qualche istante il ghiaccio sciogliersi nel liquido ambrato del bicchiere appoggiato sul bancone umido prima di voltarsi verso l'uomo che gli si era seduto accanto, al posto dell'ombra che gli aveva fatto compagnia fino a poco prima.

-Cosa nella frase "voglio stare da solo" ti ha spinto a seguirmi fino a qui?-

Xander scrollò le spalle facendo segno a Willy di portargli un'altra birra.

-Nessuno dovrebbe stare da solo durante le feste. E' deprimente-

Non sono più stato solo da quando...Riley scacciò il pensiero dalla mente cercando di concentrarsi sulle parole dell'altro e non sulla sagoma dell'ombra che gli gravava sulle spalle.

-So che magari non mi consideri più il tuo migliore amico ma...-

-Cosa vuoi sapere?-

-Niente. Non la intendevo in questo modo. Volevo solo farti sapere che, se mai avrai voglia di parlare con qualcuno, potrai sempre farlo con me-

Riley si lasciò sfuggire un sorriso sarcastico.

-Sempre pronto a coprirmi le spalle, come ai vecchi tempi?-

Xander scrollò le spalle.

-Non pretendo di essere in grado di risolvere i tuoi problemi, ho già abbastanza difficoltà a capire quali sono i miei, figurati. Ma qualche volta dire quello che abbiamo in testa a qualcun'altro aiuta. Sai un po' come svuotare le vecchie scatole in cui abbiamo rintanato le cose che non volevamo più vedere, a volte quando le abbiamo lì sul tavolo non sono più così orrende come ce le ricordavamo-

-Apprezzo l'offerta, davvero. Ma credimi, Xander, non vuoi sentire quello che ho da dire-

-Probabilmente no. Ma più di quello che vorrei sentire, in questo momento, conta quello che tu hai bisogno di dirmi-

-Non saprei neanche da dove cominciare-

Xander si fermò, costringendo l'altro a fare altrettanto.

-Comincia da dove vuoi-

-E' solo che...-

Riley scosse la testa come infastidito da qualcosa.

-Non sono abbastanza per loro. Non sono mai stato abbastanza per nessuno. Avrei dovuto saltare quando ne avevo la possibilità, a chi sarebbe importato? Non avreste neanche saputo che ero morto. Se non fossi tornato l'anno scorso non avrei neanche saputo che la mia ex ragazza si stava facendo fottere dal suo nemico naturale sotto gli occhi di tutti! Diceva di amarmi, ma aspettava solo che mi togliessi di mezzo. E Sam, la mia Sam. Anche lei diceva di amarmi, ma alla fine anche lei mi ha lasciato-

E all'improvviso l'ombra che prima era confinata nell'angolo della sua visione periferica si stendeva pienamente davanti ai suoi occhi. Quell'orrendo, orrendo mostro che si portava dentro da quando Sam era saltata giù dal burrone, quel demone dai denti affilati e grondanti di sangue che si nutriva del suo cuore, quell'oscura presenza che gli aveva appesantito le spalle in tutti quei mesi era lì davanti a lui e rideva.

-E nonostante mi sforzi non riesco a capire perché-

E aveva disperatamente bisogno di capirlo. Voleva una ragione, una spiegazione qualunque, anche una stupida, che potesse giustificare la scelta di Sam, qualcosa che lo facesse ripartire "ah ok, adesso ho capito". Qualche altra conclusione che non si risolvesse in "non credeva che potessi salvarla" perchè accettare quello significava che fino all'ultimo lei non aveva creduto che lui la amasse abbastanza da riportarla indietro dal suo viaggio all'inferno, che fosse come un dannato Orfeo, troppo debole e stupido per salvare la sua Euridice, e più ci pensava più quella fine faceva schifo.

Ma tu sei debole, Riley.

La voce accusatoria di Sam gli ferì le orecchie.

Una nausea insistente gli risalì alla bocca dello stomaco e all'improvviso il locale era diventato troppo piccolo, troppo fumoso, troppo buio. Troppo. Si alzò dallo sgabello facendolo cadere a terra, ma nessuno sembrò preoccuparsene. Doveva uscire. Fuori. Sì. Una volta fuori sarebbe stato meglio.

L'aria fredda gli sferzò il viso, ma non trovò il sollievo che si aspettava. Alzò una mano verso la fronte dove sentiva un dolore acuto diffondersi a partire dagli occhi. Qualcuno mi spari. Per favore.

Sei sempre stato debole. Ma non deve essere così per forza.

La voce rassicurante della dottoressa Walsh.

Sì lei avrebbe potuto aiutarlo. In fondo lo aveva già fatto una volta.

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Odiava sapere che a pochi passi da lei, loro se ne stessero l'uno tra le braccia dell'altra, incuranti del mondo. Era come se tutti i giorni mettessero su uno show a suo uso e consumo. Peccato che non fosse possibile farsi rimborsare il biglietto.

Si immerse di nuovo nel libro di storia cercando di concentrarsi, ma erano troppo vicini. Il loro bisbigliare sommesso, le risate leggere, gli spazi di silenzio in cui poteva immaginare i loro corpi fusi in un abbraccio...o peggio. Le davano il voltastomaco.

La porta dell'ingresso aperta e richiusa con un colpo secco la distolse da quei pensieri fastidiosi.

-C'è nessuno?-

Rupert Giles entrò nella stanza carico di pacchetti natalizi. Forse se l'avesse ignorato l'avrebbe lasciata in pace.

-I libri hanno un effetto ipnotico a volte, lo so. Ma un libro di storia americana non può essere *così* interessante-

Mai sottovalutare la pazienza e la cocciutaggine di un Osservatore. Con una scrollata di spalle Dawn si rassegnò a intavolare una parvenza di conversazione.

-Chi avrebbe mai immaginato che L'ultimo Samurai fosse basato su fatti realmente accaduti?-

-Bè Tom Cruise a quanto pare è il perfetto prototipo del giovane soldato americano-

-Deve essere per questo che un soldato americano su tre ha nell'armadietto una sua foto in Top Gun-

Giles tossicchiò nervosamente cambiando rapidamente argomento.

-Allora, dov'è Buffy?-

-Ha bisogno di chiederlo?-

-Sul retro con Spike, eh?-

-Già-

-E' un bene che non sia passato dal retro, allora. Immagino che qualcuno potrebbe trovare una preziosa fonte di ispirazione in una storia d'amore come quella di Spike e Buffy, ma...-

-Qualcuno come un regista di film a luci rosse o una qualche scrittrice di romanzi porno soft?-

Giles tossicchiò di nuovo sistemandosi gli occhiali e indicò i pacchi della spesa di Natale.

-Bè comunque ero solo passato a posare questi. Ho ancora un paio di cose da fare prima della festa, perciò...-

-Ciao e addio signor Giles-

Cosa poteva poi esserci da festeggiare...

Buffy scelse esattamente quel momento per rientrare in casa, mancando per un soffio il suo Osservatore. Sempre la solita fortunata.

-E' stata una cosa veloce questa volta-

Quasi sorpresa che sua sorella avesse deciso di aprire una conversazione con lei, Buffy si bloccò sulla soglia.

-Come?-

Un sorrisetto sarcastico si disegnò sulle labbra della ragazzina e Buffy comprese immediatamente quello a cui si stava riferendo.

-Allora cos'è di lui che ti toglie ogni freno inibitore? I suoi occhi blu, il suo sorriso ammiccante, i suoi zigomi cesellati...-

La voce di Dawn scivolò su una nota deliberatamente crudele.

-O forse è la sua esperienza *linguisitica*, mi ha raccontato che ha fatto impazzire più di una ragazza con quella. Anche tu ti ecciti solo a sentirlo parlare?-

Buffy fissò sua sorella a lungo e il suo modo di stare seduta, quasi fosse annoiata del mondo intorno, realizzando all'improvviso che era tutta una finta. Riusciva a percepire chiaramente la rabbia che ribolliva sotto quell'espressione rilassata e incurante. Dopo intere settimane di totale indifferenza era quasi un sollievo vederla provare qualcosa. Solo che non riusciva a capacitarsi che si trattasse davvero di odio nei suoi confronti.

-Hai fantasie erotiche su di lui mentre distribuisci quei disgustosi hamburger?-

L'amarezza era sempre più evidente nelle sue parole.

-L'avete già fatto sui sedili della sua moto? Certo sono un po' scomodi, ma sono sicura che non avresti problemi a improvvisare-

-Non è solo una storia di sesso-

La voce di Buffy ebbe un tremito che non sfuggì a sua sorella.

-Ti prego Buffy, non renderti ridicola. Non crederai davvero che qualcuno possa trovare in te qualcosa di più che un bel corpo da scopare-

-Dawn!-

La ragazzina sorrise divertita.

-Andiamo, non vorrai fare la pudica con me. Sappiamo entrambe qual è la tua fama nel mondo dei demoni, per non parlare di quello militare, poverini non c'è da stupirsi che i commilitoni di Riley facessero così fatica a ricordare che il tuo nome era Buffy e non Slutty...-

Buffy scattò d'impulso, fin troppo colpita.

-Quand'è che sei diventata così? Cos'è che ti ha fatto cambiare così tanto?-

-E tu come hai fatto a diventare così? E' una di quelle storie che deve essere interessante da ascoltare, ma è vietata ai minori, vero? Non potresti fare uno strappo per una volta?-

Buffy sorrise con tristezza prima di rispondere a tono.

-Mi sembra che tu abbia già sentito anche troppo della mia vita sessuale, non vorrei mai rovinare l'immagine che ti sei fatta di me-

-Cosa vuoi farci, Spike non è esattamente un fan della riservatezza...è incredibile quello che riesci a tirargli fuori quando è ubriaco...ma questa è una di quelle cose in cui tu hai sicuramente più esperienza di me-

Questo era stato un colpo basso. E forte. Buffy socchiuse gli occhi con stanchezza.

-Perché deve andare sempre così? Perché non possiamo parlare come un tempo?-

Dawn rise sinceramente divertita.

-Come un tempo? Quando mai abbiamo parlato, Buffy? Per trovare un po' di comprensione sono dovuta andarmi a infilare nella cripta di un vampiro!-

-Dannazione Dawn, ho rischiato la mia vita per te più volte di quante riesca a ricordarne, non significa proprio niente? Mi ritieni troppo stupida per darti la pena di parlarmi dei tuoi problemi, non mi consideri all'altezza di aiutarti o capirti? O forse hai preferito Spike a me perché avevi bisogno di qualcuno che ti facesse sentire migliore di quello che sei, speciale, qualcuno che non ti desse delle regole e non ti mettesse davanti a delle responsabilità, ma che si limitasse ad adorarti senza chiedere niente in cambio!-

-Ti sbagli Buffy, questo è il motivo per cui *tu* hai scelto di stare con lui. Mi chiedo ancora cosa spinga lui a stare con te...ma forse sopportare le tue piccole crisi di nervi è più facile e meno dispendioso che costruire un altro Buffybot-

Buffy serrò i pugni senza mostrare di aver accusato il colpo.

-Tu non sai niente del mio rapporto con Spike, di quello che facciamo per...-

-Ma se tutto il quartiere sa quello che fate!-

Buffy aprì la bocca per replicare, ma era come se tutta l'aria le si fosse ingolfata in gola, lo sguardo tagliente della ragazzina le arrivò dritto in faccia, come uno schiaffo.

-Sai perché ho scelto Spike?-

Dawn si assicurò che sua sorella le stesse dedicando tutta la sua attenzione prima di continuare.

-Perché era tutto quello che tu non eri e non sarai mai-

E con quelle parole lasciò la stanza in un silenzio irreale.

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-Hei amico, c'è qualche problema?-

L'uomo alzò gli occhi verdi di bile con una risata gutturale.

-Niente che non si possa risolvere-

Prima ancora che gli fosse data la possibilità di urlare il barista si trovò sbattuto contro la parete dietro il bancone. Le bottiglie disposte sugli scaffali rotolarono disordinatamente a terra accompagnate dal rumore dei vetri rotti, mentre l'odore pungente dei super alcolici evaporava nell'aria stantia.

Gli altri avventori si voltarono a osservare la creatura che cresceva di fronte ai loro occhi, come se non fosse stato altro che una qualche allucinazione dovuta ai fumi dell'alcool.

Solo due si mossero in direzione del mostro, fin troppo consapevoli che a Sunnydale niente era troppo incredibile per essere vero. O forse erano solo più sobri di tutti gli altri.

-Dobbiamo bloccarlo prima che esca di qui-

-Più facile a dirsi che a farsi, capitano. Li hai visti i denti?-

Riley serrò le labbra. Essere chiamato capitano non gli riportava certo alla mente dei bei ricordi. Sorrise comunque a Xander cercando di improvvisare una strategia.

-Più che denti direi zanne. Ti ricordi il cane dei Perkins?-

-Vuoi dire il dannato cane dei Perkins-

Riley assentì silenziosamente mentre camminava lentamente seguendo una traiettoria circolare che lo avvicinava sempre di più al demone. Xander lo osservò immobile cercando di capire quello che Riley voleva da lui. Concentrati Xander. Il cane dei Perkins. Si ricordava solo che era rimasto per giorni davanti alla porta della sua vecchia casa ad abbaiare come un ossesso, dopo che i suoi padroni lo avevano abbandonato per traslocare in un altro Stato. Avevano dovuto circondarlo e metterlo all'angolo per riuscire a prenderlo. Circondarlo e metterlo all'angolo. Ok, ricevuto. Raccolse una bottiglia di Brandy mezza vuota da terra e la agitò davanti al mostro.

-Ehi, che ne dici di un goccetto tra amici?-

Nello spazio di tempo che il demone impiegò per concentrare la sua attenzione su di lui, Xander vide Riley aggirare la preda e posizionarglisi alle spalle. Trappola pronta a scattare.

Con un gesto secco Xander infranse la bottiglia su un tavolo tenendola stretta per il manico e trasformandola in un'arma.

-Vieni da papà cuccioletto-

Il mostro ringhiò scoprendo le zanne, ma prima che potesse muovere un altro muscolo una stecca da biliardo gli aveva trapassato il costato. L'urlo che gli sfuggì dalla gola raggiunse toni così acuti che Xander fu costretto a coprirsi le orecchie.

Riley serrò le mani sulla stecca di legno usandola come una leva e proiettando il demone in uno degli angoli bui della sala. Lo osservò rannicchiarsi su se stesso mugulando proprio come un cucciolo ferito. Solo che non era certo innocuo come un cucciolo. Non ancora.

Con calma misurata estrasse un coltello a serramanico. Sentì la voce di Xander alle proprie spalle, ma era solo un sussurro indistinto e quasi completamente coperto dalla voce possente che gli rimbombava nella testa.

"E' il momento di prendere in mano la tua vita, soldato"

Più ancora della sua voce, Riley percepiva il peso della figura della dottoressa Walsh gravargli sulle spalle.

"Coraggio Riley. Fai il tuo dovere. Non vorrai darmi un'altra delusione?"

Riley alzò il braccio sopra la testa stringendo tra le dita il manico del coltello.

"Posso aiutarti, ma prima tu devi aiutare me"

Sì. Avrebbe lasciato che lei lo aiutasse. A farla finita.

A trovare un finale per quella storia.

-Fermati Riley! E' un essere umano!-

Riley scosse la testa senza indietreggiare.

-Non più-

Sentì le braccia di Xander trattenerlo.

-Forse c'è ancora qualche speranza. Dobbiamo portarlo da Spike. Lui saprà cosa fare-

Riley si lasciò sfuggire una risata.

-Ma se non sa neanche cosa fare di se stesso? Lasciami. Devo finirlo prima che riacquisti le forze-

-Non è roba tua, Capitan America-

Parli del diavolo. E arriva un demone di seconda categoria. Riley si liberò dalla presa di Xander con uno strattone prima di girarsi verso il nuovo arrivato.

-E così ti sei degnato di presentarti all'appello. Com'è che ti fai chiamare adesso? Ah sì. Il salvatore. Non ti sembra un po' blasfemo come soprannome?-

Spike avanzò lentamente, senza guardarlo negli occhi. Guardava oltre le sue spalle, troppo concentrato sul caso del momento per accorgersi del vero problema. Riley reclinò la testa con un sorriso spento. Ma sì. Ogni cosa a suo tempo. Non era ancora arrivato il suo turno. Incredibile come fosse difficile guadagnarsi un posto sottoterra in quel periodo dell'anno.

Intravide un movimento dietro di sè, ma prima ancora che potesse pensare di allontanarsi dal demone, Spike lo aveva superato, conficcando nello stomaco di quello che ormai era diventata una bestia selvaggia, una spada affilata dalla curiosa forma ricurva. Intrisa del sangue della creatura la lama brillava di bagliori scarlatti nella penombra del locale. Di colpo la stanza venne illuminata da un fascio di luce metallica mentre un vortice di fumo nero e denso cominciava a fuoriuscire copioso dalla ferita del mostro solo per essere immediatamente risucchiato dalla spada. La creatura riassumeva gradatamente fattezze umane mentre le sue grida si mescolavano all'urlo stremato di Spike. Riley osservò con misurato interesse la lotta tra i due demoni. Perché era di questo che si trattava. Una lotta tra due entità demoniache per il possesso dell'anima di un uomo.

E forse sarebbe stato questo d'ora in poi il destino della razza umana. Essere l'oggetto di contesa tra diverse stirpi demoniache. O forse quello era stato il destino degli uomini da quando avevano per la prima volta camminato sulla terra.

"Devi fermarlo"

Riley scosse la testa con calma.

"Diventerà sempre più potente se non lo fermiamo in tempo!"

Riley si limitò a rimanere immobile mentre la lotta si consumava fino ad esaurirsi davanti ai suoi occhi.

Spike estrasse la spada dal corpo dell'uomo e la ferita che aveva aperto nel suo stomaco si rimarginò immediatamente. Non successe altrettanto con quella provocata dalla stecca da biliardo. Il sangue inondò i vestiti stracciati dell'uomo allargandosi in una pozza ai suoi piedi.

Riley osservò Spike sorreggersi alla spada per evitare di crollare a terra come aveva fatto il suo avversario. Continuò a guardarlo anche mentre chiamava un'ambulanza e lo seguì con gli occhi fino a che non lo vide sparire dall'uscita sul retro, poco prima che gli agenti e i medici arrivassero sul posto.

-Dicono che se la caverà. La ferita non è grave come sembrava-

La voce di Xander lo riscosse dal suo torpore.

-E' ancora vivo-

Una constatazione più che una domanda, ma l'altro gli rispose ugualmente.

-Già. E completamente purificato. Un punto per noi e niente di fatto per gli Oni. Avevamo solo bisogno di tempo per ingranare, ma ti dico che questa stagione vinceremo il campionato!-

Riley sorrise spassionatamente in risposta alla calorosa pacca sulla spalla di Xander.

Uno a zero eh? Bè era ora di pareggiare il conto.

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Spike chiuse il rubinetto lasciando che anche l'ultimo rivolo di sangue scivolasse nel tubo di scarico del lavandino. Si sentiva come se un branco di elefanti gli fosse allegramente passato sopra. E poi fosse tornato indietro a finire il lavoro.

Aveva salvato quell'uomo, certo. Ma non era neanche riuscito ad avvicinarsi a Riley. L'aura dell'Oni era ancora troppo forte intorno a lui. Ed era qualcosa che non aveva mai visto. Un Oni che invece di impossessarsi del corpo di un uomo gli si accoccolava addosso come un animaletto da compagnia. Già. Meglio soli che male accompagnati. Mai proverbio più azzeccato.

Alzò gli occhi verso lo specchio puntandoseli addosso.

Non era abbastanza forte. Per riuscire anche solo ad avvicinarsi a Riley aveva bisogno di un'energia superiore. Un'energia che non aveva intenzione di usare.

Appoggiò le mani sulla superficie dello specchio, guardandosi negli occhi. All'improvviso leggeva sul proprio volto tutti gli anni che gli erano sempre scivolati addosso. Sorrise e lo specchio gli sorrise di rimando.

-E quindi cosa pensi di fare, grande eroe?-

Disse poco convinto rivolto alla sua immagine speculare.

-Mhh. Dottore, il mio coinquilino parla di se stesso in terza persona e manifesta evidenti manie di grandezza. Dove mi consiglia di comprare la camicia di forza?-

Spike si lasciò sfuggire un sorriso prima di girarsi verso Willow.

-Parla quella che si crede la strega più potente dell'universo-

Willow passeggiò ammiccante fino a raggiungerlo.

-Io non credo, tesoro. Io sono-

Spike aprì la bocca con tutta l'intenzione di risponderle a tono, ma le parole che gli uscirono dalle labbra sorpresero lui per primo.

-Non riesco a usarla-

La strega lo squadrò con i suoi enormi occhi chiari.

-La spada?-

Spike scosse la testa distogliendo lo sguardo.

-Buffy-

Willow si morse un labbro cercando una risposta conveniente. Ma dubitava ce ne fossero, arrivati a quel punto.

-Non puoi farne a meno. Lo sai-

Spike serrò le dita sui bordi del lavandino, dietro di sé. Willow coprì la distanza che li separava prendendogli il volto pallido tra le mani.

-Non puoi continuare a usare la spada senza il suo aiuto-

-Vuoi dire senza il suo sangue-

La voce di Spike tagliò l'aria, sibilante come un coltello, ma la ragazza non si lasciò impressionare.

-Guarda in faccia la realtà, William. Ti reggi a malapena in piedi, se insisti con la tua crociata solitaria Buffy dovrà piangere su una nuova tomba. E io non credo che meriti un altro dolore del genere-

La strega fece un'impercettibile pausa prima di continuare.

-Nessuno merita un dolore del genere-

Lo sguardo di Spike perse tutta la sua ostinazione mentre si posava sul volto acceso della ragazza.

-Ho la pelle dura, Rossa. Non devi preoccuparti per me-

Willow puntò le mani sui fianchi indossando un'espressione corrucciata.

-Certo, perché tu non mi dai mai motivo di preoccuparmi, vero?-

Spike rise accogliendola contro di sé e lasciandosi riscaldare dal suo abbraccio. Willow appoggiò la fronte contro il suo petto facendo le fusa come un gattino.

-Allora le parlerai?-

E come tutti i gatti sapeva quando graffiare. Spike assentì silenziosamente fissando il vuoto. La strega rovesciò il capo all'indietro guardandolo con sospetto.

-E quando?-

-Presto-

Willow si separò da lui all'istante sgranando gli occhi in un'espressione di rimprovero. Spike sospirò rassegnato.

-Le parlerò Will, parola di boy scout. Voglio solo lasciar passare le feste. Per una volta che siamo tutti riuniti e in pace...non voglio rovinare l'atmosfera-

La strega incrociò le braccia poco convinta.

-E' per questo che non l'hai ucciso quando ne hai avuto l'occasione, per non rovinare l'atmosfera?-

Spike scrollò le spalle con leggerezza.

-Ero ancora in tempo, tutto qui. Il demone non lo aveva contaminato del tutto, valeva la pena di provare a salvarlo. E i fatti mi hanno dato ragione, no?-

-Non sto parlando del tuo ultimo fortunoso salvataggio e lo sai benissimo-

Spike serrò le braccia attorno al corpo minuto della strega.

-Non è ancora il momento-

-Oh e dimmi quando arriverà questo momento, nell'anno del poi e nel mese del mai?-

-Te lo dirò quando lo saprò-

E così dicendo le depositò un bacio sulla testa prima di uscire dal bagno e chiudersi la porta alle spalle. Willow sbuffò seccata mentre estraeva un cellulare dalla tasca dei pantaloni. La linea suonò a lungo a vuoto prima che qualcuno si decidesse a rispondere.

-Il tuo principe azzurro fa i capricci Biancaneve. Credevo lo avessi educato meglio nel castello-

La voce di Bethany le arrivò leggera come la sua risata. Willow ascoltò le sue rassicurazioni all'altro capo del filo senza uscirne minimamente sollevata.

-No ti sbagli, lui finge di ascoltarmi. E poi si comporta come se non mi avesse neppure sentita-

La risposta che ottenne non era certo quella che si aspettava.

-Non ha bisogno di un supporto ha bisogno di te!-

Willow strinse il telefono tra le dita cambiando posizione.

-No, Buffy è fuori gioco. Non può aiutarlo a risolvere il problema dato che è lei il problema, ti pare?-

Il silenzio dall'altra parte durò più di quanto avrebbe voluto. Ma quando le parole di Bethany lo interruppero, la strega desiderò che quel silenzio disturbante fosse durato per sempre.

-Spero che tu stia scherzando-

Ma il tono di Bethany non aveva niente di scherzoso. Anzi, era dannatamente serio.

-No. Beth. Non credo che tu ti renda conto di quello che mi stai chiedendo-

E con quelle parole chiuse la comunicazione sentendo all'improvviso sulle spalle il peso di un futuro prossimo venturo che non aveva alcun potere di cambiare.

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Lo stava letteralmente assaltando, quasi che fosse una fortezza di cui doveva prendere possesso. I suoi baci, le sue carezze, il suo corpo addosso, erano intossicanti. Sentiva il sangue pulsare più intensamente e decisamente in un'unica direzione. La allontanò da sé un istante cercando di ritrovare un minimo di equilibrio o autocontrollo. Si passò una mano tra i capelli approfittando dell'istante per riprendere fiato.

-Forse dovrei legarti a una sedia per riuscire a parlarti senza distrazioni-

-Legarmi ad una sedia per riuscire a *parlarmi*? Non è esattamente quello che avrebbe fatto con una corda e una sedia lo Spike che ricordo...-

E così dicendo Buffy nascose la testa nell'incavo del suo collo facendo una di quelle cose con la lingua che riuscivano a raddoppiare il suo ritmo cardiaco. Spike sentì che stava di nuovo perdendo il controllo, ma prima che la sua vista si annebbiasse del tutto si aggrappò al corso di pensieri che gli frullavano in testa. La allontanò di nuovo intrappolandola tra le braccia.

-Riesci sempre a evitare i discorsi seri approfittandoti dei miei punti deboli-

-Forse mi piacciono i tuoi punti deboli-

Buffy si lasciò ricadere su di lui con tutto il proprio peso e fece scorrere una mano sul suo torace e poi giù verso un punto che non era esattamente debole, ma era senz'altro uno dei suoi preferiti. Lo sentì trattenere il respiro prima di abbandonarsi alle sue carezze.

"Non crederai davvero di essere più di un bel corpo da scopare, vero?"

Le parole di Dawn continuavano a ronzarle in testa nonostante cercasse di scrollarsele di dosso. Guardò gli occhi di Spike velarsi del suo stesso desiderio e decise che in fondo andava bene anche così. Gli avrebbe dato quello di cui aveva bisogno, come lui aveva fatto con lei. Le bastava averlo e lo aveva, no? Era con lei in quel momento, non era forse così? Aveva scelto lei, mettendola prima di tutto il resto. E più di una volta. Non c'era niente di cui preoccuparsi. Ma quando Spike le prese la mano allontanandola e intrecciando le dita con le sue provò un'improvviso senso di panico.

-Che ti prende Buffy?-

Gli sorrise fingendo una tranquillità che non provava.

-Mi prende che voglio fare sesso con il mio uomo. E' chiedere troppo dopo una dura giornata di lavoro?-

Lui continuò a fissarla poco convinto. Buffy si sciolse dal suo abbraccio ridendo nervosamente.

-Ma se non mi vuoi...-

Spike le rivolse uno sguardo azzurro, così diretto e limpido da colpirla in profondità dandole un senso di vertigine.

-Sai cosa voglio davvero...cosa ho voluto fin dalla prima volta in cui ti ho vista?-

Buffy sorrise debolmente.

"Non crederai davvero di essere più di un bel corpo da scopare, vero?"

-Avere un rapporto intimo con te-

Buffy si sentì rivoltare lo stomaco mentre respirare diventava sempre più faticoso. Perché un conto era subire le insinuazioni di Dawn e fingere che non la colpissero, un altro era sentire le stesse parole dette da lui.

"Non crederai davvero di essere più di un bel corpo da scopare, vero?"

Sollevò il capo con un sospiro cercando di nascondere le lacrime che le pungevano gli occhi. L'unica soluzione praticabile le sembrò quella di giocare d'anticipo.

-Lo so, il sesso con me è fantastico. Non sei il primo a dirmelo-

Spike rise e sembrava sinceramente divertito.

-Ti lascio sola un pomeriggio e tu ti trasformi in Anya?-

Tornò a fissarla negli occhi mentre la stringeva un po' più forte tra le braccia.

-Non parlo di sesso. Se avessi voluto solo un po' di sano sesso non avrei avuto problemi a trovarlo-

Vide una rabbia sorda riempire gli occhi di Buffy. Un misto di gelosia, sconcerto e orgoglio ferito. D'accordo forse non aveva scelto l'argomentazione più azzeccata. La sentì allontanarsi inesorabilmente, anche se continuava a rimanere tra le sue braccia. Le prese il volto tra le mani cercando di trattenerla.

-Buffy, guardami. Puoi fare sesso un milione di volte senza mai avere un rapporto intimo con una persona. Lo so meglio di chiunque altro. E anche tu-

L'intensità con cui quegli occhi blu oltremare cercavano i suoi la fece rabbrividire, ma per quanto difficile, Buffy sostenne il suo sguardo concentrandosi sulle sue parole sussurrate a fior di labbra.

-Credevo che stare con te, fisicamente, potesse bastarmi. Ma il fatto è che anche mentre facevo sesso con te non stavo veramente con te. Eravamo più lontani a letto di quando eravamo semplici alleati di comodo. Per un sacco di tempo ti ho incolpata del senso di abbandono, della solitudine che ho provato in quel periodo. Ma non eri solo tu ad alzare dei muri tra noi. La sola idea di mostrarti chi ero veramente, di aprirmi fino in fondo, mi terrorizzava. Mi sembrava di lottare per cambiare le cose con te, ma la verità è che mi stava bene così. Pensavo sarebbe stato più facile e meno doloroso essere allontanato e respinto per quello che non ero piuttosto che per quello che ero-

Spike respirò a fondo prima di continuare, come se avesse bisogno di energie che non era sicuro di avere ancora.

-Ma quando tutto è precipitato...quella sera...-

Lei scosse la testa posandogli le dita sulle labbra, in un invito silenzioso a non rimettere in questione cose ormai superate.

-No, lasciami finire, Buffy. Altrimenti ho paura che non riuscirò mai più a dirtelo...-

La vide irrigidirsi impercettibilmente e per l'ennesima volta si maledì per aver gettato sul loro rapporto un'ombra incancellabile.

-Quella sera ho capito quanto ci eravamo allontanati stando insieme. Quanto mi ero allontanato da me stesso. Ci sono voluti troppo tempo e troppe tragedie per farmi ritrovare la strada...e non voglio tornare indietro, perché francamente non so se avrei la forza di ricostruirmi di nuovo...ho bisogno che andiamo avanti insieme, Buffy, e l'unico modo che conosco per farlo è essere assolutamente sincero con te...e accettare il fatto che non tutto quello che faccio o che sono possa piacerti...che un giorno potresti innamorarti di qualcun altro o semplicemente smettere di amarmi...che la nostra storia non è scritta nel destino o scolpita nella pietra-

Le sorrise debolmente allora, come a cercare nei suoi occhi verdi una qualche traccia di conferma. E così quando proseguì il suo tono aveva più il suono di una domanda che di un'affermazione.

-Ma forse è questo il bello. Il fatto che scegliamo di stare insieme ogni giorno-

Buffy reclinò la testa su un lato sfiorando al contempo il suo volto serio.

-Addio alla mia fantasia di essere due innamorati segnati dal destino-

-E per seguire la mia politica dell'assoluta sincerità ti dico che questa tua fissazione con Shakespeare comincia a diventare preoccupante-

Per tutta risposta la ragazza appoggiò il gomito sulla sua spalla e il mento sulla mano arrivando quasi a sfiorargli le labbra con le sue.

-E' tutta colpa di un certo gentiluomo inglese dal fascino antiquato-

Spike la guardò in tralice.

-Il mio fascino non è *antiquato*, semmai senza tempo-

Buffy gli prese il volto tra le mani catturandogli la bocca con un bacio interminabile, fino a che non sentì il suo corpo rispondere come sapeva. Si allontanò impercettibilmente continuando a sfiorargli il viso con il suo respiro caldo.

-Parlavo del signor Giles-

Prima che lui potesse riprendersi dall'evidente sorpresa lo baciò di nuovo, questa volta con più leggerezza, poi si allontanò definitavamente andandosi a sedere sulla poltrona di fronte, a ovvia distanza di sicurezza.

-Allora, cosa volevi dirmi prima?-

Spike le puntò contro un dito accusatore.

-Forse c'è qualcosa che tu vuoi dirmi?-

Buffy rise sinceramente divertita.

-Giuro che non avrei mai pensato che potessi essere geloso del signor Giles-

-Non sono geloso di Rupert, in fondo è solo il tuo Osservatore, l'uomo che ti ha educata rendendoti quella che sei, che ti ha guidata e sostenuta, che ha passato con te gli ultimi sei anni, giorno e notte...dovrei essere geloso?-

-Spike! Ti prego! Il signor Giles è...vecchio!-

-Data la *nostra* situazione puntare sulla *vostra* differenza d'età per rassicurarmi non è stata esattamente una mossa brillante-

-Non mi dirai che credi davvero che tra me e il signor Giles...ti prego...non riesco neanche a dirlo...il signor Giles è così...inglese!-

Spike alzò le mani in segno di resa prima di girarsi e raggiungere la porta. Buffy fu più veloce di lui chiudendo le mani sulla serratura e parandoglisi davanti. Non che lui avesse fatto un grande sforzo per sfuggirle.

-Per quanto l'idea che tu possa essere davvero geloso del signor Giles sia in un certo senso molto lato e molto relativo divertente...non ti lascerò cambiare argomento e lasciare questa stanza, non questa volta. Voglio sentire quello che hai da dirmi-

-Ho bisogno del tuo corpo-

Buffy lasciò andare la maniglia della porta affondando le dita nella giacca di Spike.

-Per quanto adori sentirtelo dire vorrei che mi dicessi anche il resto-

Spike sospirò prima di prenderle il volto tra le mani e puntare gli occhi nei suoi.

-Ci sto provando-

Buffy trattenne il respiro per un attimo, perché sentiva di essere arrivata a un nuovo punto di svolta e sapeva che qualunque cosa avesse fatto a quel punto, qualunque strada avesse scelto di percorrere, le cose sarebbero inevitabilmente cambiate. Di nuovo.

-Non era un modo di dire...hai davvero bisogno del mio corpo...del mio sangue...per continuare a usare la spada-

Spike chiuse gli occhi per un istante, abbastanza per farle capire che aveva centrato il punto.

-In tutto questo tempo hai sempre usato la spada senza di me. Ogni volta che ti ho offerto il mio sangue hai cambiato argomento o hai semplicemente lasciato la stanza, guardandomi come se fossi impazzita...mi hai tenuto lontana da tutte le tue battaglie, mi hai fatto sentire esclusa...-

Spike assentì distrattamente, come se non fosse convinto che quelle fossero le cose giuste da dire, o da sentire, in quel momento. Poi appoggiò le mani contro la porta ai lati del suo volto.

-Dovresti vivere la tua vita, non la mia-

Buffy lo attirò più vicino fino a che le sue parole non furono che un sussurro sulle labbra di lui.

-La vita che voglio vivere è la nostra. Io appartengo all'oscurità, con te. Sei stato tu a dirmelo una volta, ricordi?-

Spike sollevò gli occhi al cielo separandosi da lei.

-Ti prego! Stavo solo cercando di portarti a letto, avrei detto qualunque idiozia per averti. Non ti sto chiedendo di vivere come una ragazza normale, Buffy. Non sono così ipocrita. E sono il primo a riconoscere la tua natura di cacciatrice. L'unico che non ti ha mai chiesto di rinnegarla, ma questa non è la tua guerra. E' la mia. Io non posso più tirarmi indietro e ho bisogno del tuo sangue per combattere, è vero. Ma questo non significa che sei obbligata a combattere anche tu-

Buffy gli sorrise allora, con inaspettata leggerezza.

-Faccio parte di questa storia non perché qualcuno mi abbia obbligata o scelta. Ma perché ho deciso di farne parte. Nel momento in cui ti ho dato il mio sangue ho scelto di combattere al tuo fianco. E lo sceglierei ancora. E ancora. E ancora-

Avrebbe voluto continuare a ripeterlo all'infinito, o almeno fino a quando non fosse stata assolutamente certa che lui avesse capito, che fosse sicuro di aver sentito bene, che fosse certo che essere al suo fianco era esattamente quello che lei voleva. Ma lui ora la stava baciando ed era strano come rassicurandolo sui suoi sentimenti e le sue decisioni lei si sentisse all'improvviso altrettanto rassicurata. Le parole di Dawn, le sue accuse, i suoi attacchi, ora le sembravano così lontani e ingenui e perfino ridicoli.

Buffy rise dimenticando la maniglia della porta che le premeva contro la schiena, mentre la bocca di Spike affondava su di lei. Ma non riuscì a trattenere un gemito quando lui disegnò la linea del suo collo con la lingua, e lo sentì sorridere contro la pelle. Si spinse in avanti allora invertendo le loro posizioni e trascinandolo verso la scala dell'ingresso, continuando a scorrere il suo corpo con le mani. Spike rise a sua volta, baciandola dolcemente sulla guancia prima di girarsi e spingerla su per le scale.

-Dobbiamo fare piano-

Gli sospirò Buffy sulle labbra.

-I vicini si sono lamentati che ci muoviamo troppo rumorosamente in casa-

-In effetti a volte ti muovi come un camionista..ah-

Spike si sentì mancare il respiro quando Buffy gli morse il labbro inferiore spingendosi contro di lui.

Le serrò le mani sui fianchi ascoltando il suo respiro accelerare e guardandola chiudere gli occhi mentre risaliva con le dita lungo il suo corpo fino ai suoi seni.

Buffy chiuse gli occhi affidandosi a lui completamente mentre continuavano a salire un gradino dopo l'altro cercando di non perdere il contatto dei loro corpi.

Spike appoggiò la fronte contro la sua continuando ad accarezzarla lentamente. Lei aprì gli occhi intrecciando lo sguardo con il suo, attento a cogliere ogni minimo cambiamento nella sua espressione. Riusciva a vedere il suo corpo riscaldarsi sotto le sue mani attraverso i suoi occhi sempre più scuri di desiderio. Un desiderio contenuto a fatica.

-Aspetta-

Ansimò Buffy.

-Aspetta-

Lui le staccò le mani dal corpo alzandole in aria a distanza di sicurezza mentre si chinava su di lei per baciarla. Un bacio lento e profondo, in cui sentì la sua lingua accarezzarla. Un bacio trattenuto e misurato, capace di farsi strada dentro di lei mentre il suo corpo la imprigionava contro la balaustra delle scale.

Con uno sforzo sovrumano Buffy lo allontanò da sé.

-Hai bisogno del mio corpo, ricordi?-

Respirava a fatica sfiorandosi le labbra gonfie nel vano tentativo di non pensare ai brividi che le correvano lungo il corpo.

Spike sospirò appoggiando le mani sulla balaustra ai lati del suo corpo.

-Non sai quanto-

-Spike...hai delle priorità da rispettare...-

Lui la fissò direttamente in viso, gli occhi limpidi di decisione.

-Sei tu la mia priorità, Buffy. Lo sei stata dal primo momento-

Un mezzo sorriso si disegnò sulle sue labbra morbide.

-Sei sempre stata al centro dei miei piani...solo che con il tempo i miei piani su di te sono leggermente cambiati-

Buffy nascose un tuffo al cuore rispondendo al suo sorriso. La sua priorità. Le suonava strano, quasi irreale sentirselo dire. Nonostante fosse la prescelta non si era mai sentita una prima scelta. E non era solo un gioco di parole. Gli uomini della sua vita, poi, avevano sempre messo qualcos'altro prima di lei. Per suo padre era stato il lavoro e la sua nuova perfetta famiglia da cartolina. Per Angel era stata la Missione. Per Riley era stato l'esercito. Per Xander era stata l'amicizia. Per Giles era stato il Consiglio. Ma lui...lui era diverso. Da quando si erano incontrati, tutto quello che aveva fatto, il male e il bene, erano dipesi da lei, rivolti a lei. La cosa la terrorizzava e la esaltava al tempo stesso. Sentì la sua carezza sul viso e chiuse gli occhi istintivamente.

-Muoio dalla voglia di fare l'amore con te, adesso-

Buffy sorrise di nuovo, questa volta contro le sue labbra. C'era una certa ironia in tutto questo. In un modo o nell'altro lui aveva bisogno del suo corpo, anche se ora lei sapeva che non era l'unica cosa che voleva da lei. In un modo o nell'altro lei continuava a desiderare di dargli tutta se stessa e non solo il suo corpo, ma sapeva che ora come ora lui aveva bisogno solo di quello.

Sfilò lentamente il coltello che teneva nello stivale e con una leggera pressione si aprì un piccolo taglio lungo il braccio. Abbastanza profondo da permettergli di bere da lei. Non troppo da lasciarle una cicatrice. Non voleva che la sua pelle gli ricordasse nel tempo la sua dipendenza.

-Abbiamo tempo per il resto. Tutto il tempo che vogliamo. Ora prendi quello che ti serve-

Spike ricambiò il suo sorriso fingendo di non sapere che se le cose fossero precipitate forse quella era l'ultima occasione che avrebbero avuto per stare insieme.

+ + +

-Sei pronto a tornare?-

Se l'era aspettata quella domanda. In effetti la aspettava da giorni. Era più che pronto a rispondere. Erano mesi che aspettava di poter rispondere. Eppure adesso sentiva la gola secca e la lingua impastata. Non fidandosi della propria voce scelse un semplice cenno di assenso.

Bethany cercò gli occhi del suo compagno, prima di appoggiargli una mano rassicurante sulla spalla. Nei suoi occhi spalancati non lesse paura o esitazione. Non lesse alcuna emozione visibile. E questo la spaventò più di ogni altra cosa. Così giovani quegli occhi e già così vuoti. Eppure sentiva che la scintilla non era del tutto spenta, voleva credere che fosse rimasto qualcosa di buono nascosto sul fondo.

-Forse non ti vorranno, ma avranno bisogno di te-

Il ragazzo assentì di nuovo, lo sguardo ormai perso altrove insieme ai suoi pensieri.

Bethany si morse un labbro. Forse Willow aveva ragione, forse questa era un'idea troppo azzardata perfino per delle giocatrici d'azzardo come loro.

Allontanò quei pensieri fastidiosi dalla mente e lasciò la presa incrociando le braccia sul petto.

-Parti stasera, con il primo volo-

-E Travers che ne pensa?-

Bethany trasalì, sorpresa di sentire la sua voce. Non aveva parlato praticamente con nessuno in quei mesi, all'infuori di Travers. Per lo più si limitava ad ascoltare e assentire o a fare quelle magie informatiche con cui si era reso indispensabile al Consiglio.

-E' stato lui stesso a proporre il tuo trasferimento a Sunnydale-

Lui le sorrise, un sorriso calcolato.

-Avrebbe proposto chiunque pur di non essere costretto a mandare di nuovo te-

Bethany lo guardò decisa.

-Ma ha fatto il tuo nome e nessun altro-

Si assicurò che lui ricambiasse il suo sguardo prima di continuare.

-Hai fatto un buon lavoro, devi essere orgoglioso di quello che sei riuscito ad ottenere. Entrare nelle grazie di Travers non è da tutti-

Lo vide distogliere lo sguardo nascondendo un moto di disagio.

-Evidentemente tra simili ci si intende-

Bethany lo prese per un braccio impedendogli di uscire dalla stanza.

-Non pensare neanche per un attimo di assomigliare a quel mostro. Non sottovalutare la tua umanità-

-No, sei tu che non devi sottovalutare l'umanità di Travers. Ho già visto uomini come lui, assetati di potere fino al punto di non volere nient'altro, non vedere nient'altro. Uomini così sono disposti a qualunque cosa, a sacrificare chiunque pur di ottenere quello che vogliono. Non c'è animale o mostro al mondo tanto spietato quanto l'essere umano-

-Se sei così disgustato dalla natura umana perché hai deciso di combattere al nostro fianco invece di rimanere nell'esercito di Travers? Seguendo lui ti saresti assicurato un posto in prima fila per assistere alla fine del mondo-

Il ragazzo serrò le labbra prima di spalancare gli occhi cerulei su di lei.

-Travers cerca dei soldati votati alla sua causa, pronti a morire per lui e io sono sempre stato troppo vigliacco per combattere in prima fila. Preferisco il ruolo della spia, dà più garanzie di sopravvivenza-

Bethany lo guardò chiudersi la porta alle spalle. Sapeva che lui non li stava aiutando spinto dal suo buon cuore o dalla sete di pace e giustizia, ma era altrettanto sicura che non fosse un semplice istinto di sopravvivenza a muovere le sue azioni.

-Forse sono davvero pazza?-

Ma la sua domanda cadde nel vuoto senza che nessuno potesse sentirla o almeno rassicurarla.

+ + +

Il parco era deserto, illuminato solo dalle ultime luci della sera. Le altalene appena scosse dal vento, la neve smossa, ma immobile. Il paesaggio intero dava l'impressione di essere in attesa di qualcosa, anche solo un soffio di vento più forte che lo animasse.

Riley si guardò intorno, scrutando tra gli alberi intrecciati e i cumuli di neve. La testa gli pulsava incessantemente da ore ormai. Inghiottì l'ennesima pillola pur sapendo che non sarebbe servita a niente. Esattamente come tutte le altre. Si lasciò andare contro lo schienale gelato della panchina di pietra, concentrandosi sul dolore che gli premeva contro le tempie.

-Oh capitano, mio capitano-

Riley spalancò gli occhi al suono della risata cristallina che aveva rotto l'incanto della sera.

Dawn stava in piedi di fronte a lui i capelli infiammati dai raggi del tramonto e il volto illuminato dal riverbero della neve. Gli occhi limpidi come laghi di montagna lo osservavano acuti senza rivelare il mistero delle loro profondità.

Un vestito leggero, decisamente troppo leggero per quella stagione, le scopriva ampie porzioni di pelle diafana. Immersa in quella luminosità iridescente non gli era mai apparsa più bella o più pericolosa. E meno umana.

-Non dovresti essere a festeggiare con la tua famiglia-

Riley sentì la propria voce suonare stanca e affaticata nell'aria rarefatta.

Dawn non smise di sorridere mentre rispondeva enigmatica.

-Oh lo farò presto, non ti preoccupare-

Riley sentiva un peso profondo sul petto, lo stesso di sempre, lo stesso che sentiva da quella notte. La notte in cui Sam era morta. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sulla sua immagine, ma ogni volta che lei prendeva corpo nella sua mente la vedeva trasformarsi inesorabilmente in un ammasso di alghe verdi e melma che lo avvinghiavano trascinandolo sul fondo di un lago dalle acque torbide.

-Non capisco se è la tua natura di soldato che ti impone di continuare a resistere o se sei solo irrimediabilmente ottuso-

Riley scosse la testa istintivamente senza comprendere fino in fondo cosa stesse negando.

La sentì avvicinarsi sinuosa, appoggiare le mani sulla panchina ai lati delle sue gambe e piegarsi su di lui fino quasi a sfiorarlo, ma senza stabilire alcun contatto fisico.

-Sarebbe tanto più facile lasciarsi andare. Non si può combattere contro il destino-

Riley le sorrise allora.

-Il destino è un invenzione della gente fiacca e rassegnata-

Dawn si rialzò di scatto, un moto di rabbia e frustrazione le increspò il volto. Ma fu solo un istante, prima che sui suoi occhi calasse l'abituale velo di distacco.

-Come vuoi. Del resto ho sempre pensato che fossi un masochista. Altrimenti perché saresti stato tanto a lungo con Buffy?-

Rise di nuovo con leggerezza prima di allontanarsi salutandolo fuggevolmente con una mano.

-Ti lascio in buona compagnia-

A quelle parole Riley sentì il peso sul petto aggravarsi.

"Mi hai tradita"

Riley scosse la testa.

"Vuoi lasciarmi andare, lo sento"

-Sono così stanco, Sam-

Gli occhi di Sam lampeggiarono nel buio del suo sguardo.

"E credi che io non sia stanca di aspettare e aspettare e aspettare che tu ti decida a salvarmi?"

Riley si passò una mano sul volto quasi a volersi nascondere.

-Non so come...-

"Lo sai benissimo!"

Replicò la voce di Sam, fredda e imperiosa. Così simile a quella della dottoressa Walsh.

Riley si sentì percorrere da un brivido gelato, ma subito la voce di Sam tornò quella dolce di un tempo e le sue braccia pallide e sottili si strinsero attorno al suo corpo.

"E' così facile, devi solo lasciarti andare. Ti aiuterò io a farlo. Lascia che ti aiuti"

Riley serrò le labbra contro quelle di Sam che sembravano volerlo divorare, ansiose.

Sentì la sua voce come un sussurro nella mente.

"Il mondo sarà migliore senza di lui e noi potremo di nuovo stare insieme. Per sempre. Nessuno potrà più separarci"

Riley sentiva le sue fibre cedere una alla volta, i suoi muscoli sciogliersi al suono della voce di Sam, il suo corpo muoversi contro la sua volontà.

La sentì sorridere compiaciuta sul suo petto.

"Posso renderti così potente. Sarai il mio guerriero perfetto"

Riley riaprì gli occhi di colpo mentre la risata di Sam si confondeva con quella della dottoressa Walsh. Con uno sforzo sovrumano si liberò dal peso del corpo abbandonato che gravava su di lui, riuscendo a rialzarsi. L'urlo del demone gli risuonò nella mente come un sibilo acuto e incessante. Si coprì inutilmente le orecchie.

"Salvami, Riley. Salvami!"

-Ma se non riesce neanche a salvare se stesso-

Riley alzò gli occhi annebbiati solo per trovarsi davanti Spike. E cos'era quella che stringeva tra le mani? La stessa spada ricurva e nera che aveva già visto.

"Credi di potermi uccidere?"

La domanda gli era passata per la testa ma non era stata la sua voce a lanciarla nell'aria. Intravide Xander mettersi da qualche parte alle sue spalle, ma Riley era certo che non fosse stato lui a parlare. E non era stata neanche Buffy che rimaneva immobile accanto a Spike. Sorrise al pensiero che sembravano due schieramenti opposti pronti a fronteggiarsi. Sorrise perchè sapeva bene che era solo contro tutti. Tutti loro. Se avessero deciso di colpire, lui sarebbe stato il primo a cadere.

"Non sei solo, Riley. Io sono sempre con te. Non ti ho lasciato neanche per un istante"

La voce di Sam lo avvolse calda e rassicurante. Riusciva ancora a sentire le sue braccia attorno al collo e il suo peso addosso.

-Devi lasciarla andare-

"No!"

E Riley non avrebbe saputo dire chi fosse stato a gridare. Se lui stesso o Sam, nella sua mente. Ma all'improvviso Sam era di fronte a lui e indossava i vestiti di quella notte ed erano di nuovo sull'orlo di quel precipizio solo che lei si era voltata a guardarlo, questa volta.

"Non lasciarmi andare Riley. Non lasciare che mi portino via da te"

Riley scosse la testa cercando di raggiungerla ma ad ogni passo che faceva lei sembrava allontanarsi inesorabilmente.

Buffy strinse istintivamente il braccio di Spike, come se avesse bisogno di aggrapparsi, di ancorarsi a qualcosa di solido, di reale. Qualcosa che poteva ancora riconoscere. Qualcosa di diverso dal corpo di Riley che si deformava lentamente davanti ai suoi occhi fondendosi con quello del demone che lo abbracciava tra le sue spire sempre più strette.

-Non posso lasciare che si nutra di lui. E' già troppo forte. Devo fermarlo-

Senza neanche voltarsi Buffy assentì.

-Voglio che tu mi prometta una cosa prima di andare-

Spike spostò per un attimo lo sguardo su Riley. L'Oni si era avvinghiato a lui attraverso una serie di tentacoli verdastri simili ad alghe marcescenti. Eppure in quella forma mostruosa si riusciva ancora a indovinare la sagoma di Sam. Gli occhi di quella che un tempo era stata una donna erano fissi in quelli di Riley e lui non sembrava interessato a vedere altro.

Non era sicuro di poter fare promesse a questo punto.

Buffy continuava a guardare Riley, stringendogli il braccio con ostinazione.

-Promettimi che non esiterai-

Nessuna inflessione. Nessun tremito nella sua voce. Possibile che gli stesse chiedendo...

-Promettimi che nel momento esatto in cui capirai che non c'è più niente da fare lo ucciderai-

-Buffy...-

Lei si voltò a guardarlo allora, la morsa più stretta sul suo braccio, le labbra serrate in una linea dura.

-Promettimi che se dovrai scegliere tra salvare lui o salvare te stesso non avrai esitazioni-

Spike le sorrise prima di posare la mano sulla sua e stringerla a sua volta. Continuò a sorriderle mentre si scioglieva dalla sua presa.

-Ti prometto che non ti deluderò-

Buffy lasciò che un singhiozzo le riempisse la gola mentre lo guardava entrare deciso nella sfera di energia nera che aveva inglobato Riley.

Sapeva già che lui non l'avrebbe delusa. Ed era proprio questa consapevolezza che la terrorizzava.

Riley fece un altro passo in avanti. Sam continuava a sorridergli, dal limitare del dirupo. Continuava ad aspettare che lui la raggiungesse. Forse aveva continuato ad aspettare per tutto quel tempo. Ancora pochi passi e l'avrebbe di nuovo stretta tra le braccia.

E poi, dal nulla, Spike si parò di fronte a lui, la spada puntata contro il suo stomaco.

-Devi lasciarla andare-

Una rabbia sorda gli inondò le vene facendogli pulsare le tempie.

-Levati di mezzo-

Spike non si mosse.

-Non puoi salvarla-

Riley guardò il demone schierato di fronte a lui con condiscendenza.

-Non voglio salvarla-

Riley strinse la lama tra le mani fissando gli occhi in quelli di Spike, incurante del sangue che gli colava dalle dita.

-Voglio seguirla-

Spike serrò la presa sull'impugnatura.

-Non puoi seguirla-

Riley ricambiò il suo sguardo con altrettanta determinazione.

-Non puoi fermarmi-

Un sorriso amaro distese le labbra di Spike.

-No, hai ragione-

Con un gesto improvviso ritirò la spada lasciando delle dolorose tracce di sangue sulle mani dell'uomo per poi ruotare su se stesso e affondare la lama nel groviglio di membra dell'Oni che si trovava alle sue spalle.

-Ma posso fermare lei-

L'urlo del demone risuonò acuto e straziante, il suo dolore si trasferì direttamente al corpo di Riley facendolo gridare a sua volta.

I tentacoli dell'Oni si levarono in aria assottigliandosi come lame prima di calare su Spike.

-No!-

Buffy avanzò di un passo in direzione dello scontro, ma Xander la afferrò per un braccio trattenendola. Una barriera di energia incandescente si era sprigionata dalla lama nera conficcata nello stomaco dell'Oni e aveva avvolto completamente Spike, proteggendolo dall'attacco. Un fiotto di melma nera cominciò a sgorgare dall'ammasso ormai informe della creatura ricoprendo lentamente Riley che si trovava ancora tra i due avversari. Spike rigirò la lama ma benché l'Oni diventasse di attimo in attimo più debole non accennava a diminuire la morsa che aveva stretto attorno al corpo dell'umano.

-Lo sta perdendo-

Buffy alzò gli occhi sul volto contratto di Xander prima di tornare a fissarli sulla scena.

Riley si era accasciato contro l'Oni che continuava a risucchiare le sue energie inglobandolo lentamente al suo interno.

Spike strinse più forte le mani attorno all'elsa della spada, senza però decidersi a infliggere al mostro il colpo mortale. Se l'avesse fatto avrebbe ucciso insieme al nemico anche l'umano di cui si stava nutrendo. Ma non c'era più molto tempo.

-Sam!-

La voce di Buffy risuonò forte e chiara alle sue spalle.

-Sam!-

Spike guardò il demone e gli parve di cogliere qualcosa muoversi sotto l'ammasso di alghe, tentacoli e melma.

-Sam, so che puoi sentirmi! Lascialo andare, Sam! Lascialo libero! Se lo ami devi lasciarlo!-

Le forme della creatura continuarono a mutare fino a che il volto cereo di Sam riapparve dal groviglio verdastro. Riley alzò gli occhi su di lei, il volto appena sopra il livello del fango che lo imprigionava.

-Sam-

La donna si spinse lentamente fuori dal corpo dell'Oni come un cadavere che riemergesse dalla sua tomba. Riley allungò le braccia coperte di fango verso di lei e la vide sorridere.

Fu solo un istante ma le loro dita riuscirono a sfiorarsi.

-Perdonami, Riley. Se non riuscivo a lasciarti andare-

Prima che potesse rispondere Riley vide Sam volteggiare su se stessa e afferrare la spada nera tra le mani. Non appena l'ebbe toccata una fiamma bianca l'avvolse completamente e salì alta nel cielo insieme alle ultime urla del mostro.

Prima di scomparire come cenere argentata nell'aria Sam tornò a guardare Riley regalandogli quell'ultimo sorriso di addio che non aveva avuto il coraggio di concedergli in vita.

Poi scomparve in un soffio, lasciando al suo posto solo il cadavere putrescente dell'Oni.

Spike ricadde su un ginocchio sostenendosi alla spada conficcata nel terreno, come una croce su una nuova tomba.

Buffy lo raggiunse in un attimo, cedendo all'istinto di abbracciarlo, come a volersi rassicurare che fosse davvero sopravvissuto indenne.

-Lo hai salvato-

Spike scosse la testa guardando la schiena di Riley, infangata e ricurva sul cadavere dell'Oni.

-Tu e Sam lo avete salvato-

Buffy allungò lo sguardo su Riley che si era ormai alzato e cominciava ad allontanarsi barcollando, il capo rovesciato indietro come alla ricerca di qualche ultimo frammento di cenere che fosse rimasto a galleggiare nell'aria. Qualche residuo dell’anima e del corpo di Sam.

Si rivide adolescente, una spada tra le mani e nient’altro se non il dolore sordo che le urlava nel petto a ricordarle quello che aveva perso. L’amore che aveva sacrificato. Sola al mondo, lontana anche da se stessa. Con l’unico desiderio di morire a sua volta, cancellare tutto quello che era stata, ogni atto che l’aveva portata a quel punto del cammino.

E realizzò che non c’era nessun conforto da dare.

+ + +

Il ragazzino continuò a camminare lungo la statale fradicia della neve calpestata dalle auto. Sunnydale non poteva essere ancora molto lontana. Dovevano essere passate almeno due ore da quando aveva abbandonato l’aeroporto. Nessuno lo aveva raggiunto per portarlo in città e così se la stava facendo a piedi. Presto sarebbe stato completamente solo, completamente al buio, completamente disperso.

Nei film horror questo era il momento in cui gli spettatori scuotevano la testa e davano per morta la cheer leader di turno, strizzata nella sua divisa di due taglie più piccola. Possibile che non riuscisse a sentire la sinistra musica di sottofondo? Non sapeva che il solito maniaco assassino si nascondeva tra i cespugli? Non capiva che quell'inquadratura in soggettiva non prometteva niente di buono?

Il ragazzino sorrise al pensiero che, a dispetto delle apparenze, era proprio lui la persona più pericolosa lì intorno.

Una macchina accostò poco distante e il conducente gli fece segno con la mano di avvicinarsi. Una volta raggiunta l’auto si appoggiò con i gomiti al finestrino aperto scrutando nell’oscurità, ma il suo esame fu interrotto da una voce fin troppo nota.

-Sali, Andrew-

Andrew nascose la sorpresa dietro un sorriso. Travers aveva conservato, dopotutto, un senso dell’umorismo decisamente inglese. Montò in macchina senza proferire parola. Aveva imparato a sue spese che il metodo migliore per ottenere risposte era non fare domande. Infatti, dopo pochi istanti, l’uomo seduto al posto di guida cominciò a parlare.

-Travers ha pensato che avresti preferito essere scortato in città da una faccia amica piuttosto che da uno sconosciuto-

Andrew sorrise nel buio.

-Aspettavo la mia *scorta* in aeroporto-

L’uomo assentì silenziosamente prima di continuare.

-Temo di averti mancato per un soffio, ho fatto più in fretta che ho potuto, ma il traffico a quest’ora è infernale e quando sono arrivato te ne eri già andato-

-Errore mio. Anche dopo quattro ore in sala d’attesa avrei dovuto immaginare che non sarebbe mancato all’appuntamento-

Andrew si accomodò sul sedile, scacciando la sensazione di fastidio che gli procuravano i vestiti fradici di nevischio appiccicati addosso.

-L’importante è esserci ritrovati alla fine. Sarebbe stato un peccato se fossi dovuto arrivare fino a Sunnydale a piedi-

Andrew osservò il cartello che segnalava l’ingresso a Sunnydale scorrere fuori dal finestrino.

-Già, un vero peccato-

+ + +

-Vai da qualche parte?-

Riley appoggiò il borsone sul marciapiede scrutando l’orizzonte nella speranza di intravedere il taxi che aveva chiamato da almeno venti minuti. Aveva sperato di evitare quel confronto, partire senza fare troppo rumore, ma evidentemente non era il suo giorno fortunato, o la sua settimana, o il suo anno. Si girò verso di loro. Buffy aveva le mani puntate sui fianchi e il mento sollevato con cipiglio. Tipico. Xander stava invece camminando verso di lui con un sorriso incerto. Spike era rimasto seduto al posto di guida, apparentemente intento a scegliere quale nocciolina estrarre dal pacchetto che stringeva tra le dita. Neanche fosse stato al Drive In.

-Da qualche altra parte. Sì. L’idea era questa-

-Non crederai che ti lasciamo andare così, vero?-

Certo che no. Sarebbe stato troppo facile e comodo. Ma era pronto. Le accuse, le recriminazioni, gli insulti. Era pronto. Fosse stato per lui sarebbe passato direttamente ai pugni in faccia. Ma poteva aspettare. Era pronto.

Ma non per quello che Xander gli aveva riservato.

Lo vide avvicinarsi a grandi passi tra gli sguardi immobili degli altri, solo per sentirsi stringere in un caloroso abbraccio. E se ne fregò altamente se poteva sembrare debole o gay o qualunque altra cosa Spike gli avrebbe senza dubbio sbattuto in faccia tra massimo trenta secondi. Ricambiò l'abbraccio di Xander perché era quello che aveva aspettato da quando era tornato a Sunnydale.

-Bentornato, amico-

E in quelle parole Riley riconobbe esattamente quello che gli era mancato per tutto quel tempo in cui era rimasto solo.

Il conforto di un amico.

-Vediamo di non farci arrestare per atti osceni in luogo pubblico-

Xander si separò da Riley nascondendo una risata.

-Mangia le tue stupide noccioline e sta zitto, Spike-

Il demone non sembrò particolarmente colpito, si limitò a sbuffare ostentando impazienza.

-C'è la remota possibilità che saliate in macchina prima di domani?-

Riley lo guardò perplesso.

-Ho già chiamato una macchina, non ho bisogno di essere accompagnato-

-Sali e non rompere, Capitan America-

Xander circondò le spalle di Riley con un braccio invitandolo a salire in macchina.

-Quello che Spike vuole dire è che saremmo felici se volessi fermarti ancora qualche giorno e venissi alla festa di Natale a casa Summers-

Riley guardò istintivamente Buffy che si limitò a rispondergli con un sorriso convinto.

Xander si era già impossessato della sua valigia lanciandola sul sedile posteriore dell’auto. Lo vide chiudere la portiera e raggiungere Buffy.

-Allora tutti d’accordo ci vediamo a casa-

Riley si lasciò cadere sul sedile accanto a Spike, troppo stanco o stupito per opporre resistenza.

Spike gli diede una pacca fin troppo calorosa sulla spalla.

-E mentre le nostre fidanzate fanno gli ultimi acquisti noi ci faremo un bel viaggetto a casa soli soletti. Non sei contento?-

-Attento a te Spike!-

La voce di Xander si confuse con il rombo del motore. Riley strinse le labbra debolmente prima di concentrarsi sulla strada. E pensare che si era illuso che il peggio fosse passato.

Dawn sbadigliò annoiata appoggiandosi al tronco dell'albero dietro cui era rimasta nascosta ad osservare il combattimento.

-Che seccatura. Quel Riley si è proprio rivelato un inutile soldatino di piombo-

Sentì le mani di sua madre appoggiarsi sulle sue spalle rassicuranti.

-Non te la prendere bambina mia. Ci sono ancora altre pedine da giocare. La partita è appena cominciata-

Dawn assentì lentamente.

-E così mi toccherà tornare a casa per quella stupida festa di Natale-

Joyce le sorrise dolcemente.

-Pazienza, Dawn. Pazienza. E ricorda, tieni vicino gli amici e ancora più vicino i nemici-

Dawn sospirò rassegnata avviandosi verso casa.

-Se almeno non fossero così noiosi-

+ + +

La strada innevata si snodava di fronte a loro, illuminata più dalla luna che dai pochi lampioni.

-Giusto una curiosità. L'hai poi trovato il *dottore* che cercavi l'ultima volta che sei venuto a Sunnyhell?-

Riley sorrise in tralice prima di rispondere.

-Lo sai cosa dicono della curiosità e dei gatti-

-Coraggio, Finn. Uccidimi-

Riley si accomodò contro il sedile, prima di rivolgergli uno sguardo distratto. Aveva capito immediatamente che la disponibilità di Spike nel riaccompagnarlo a casa doveva nascondere un secondo fine.

Rispose con voce piatta, come se stesse constatando l'ovvio.

-L'ho catturato circa dieci minuti dopo il mio arrivo-

Oh questo lo aveva colpito. Riusciva a intravederlo dal modo in cui il suo sopracciglio si era impercettibilmente alzato. Si girò verso il finestrino prima di proseguire.

-Il tempo previsto per la missione erano 48 ore, con Sam eravamo rimasti d'accordo di ritrovarci dopo 4 dall'arrivo. Ho pensato di passare a casa di Buffy a fare un saluto a lei e agli Scoobie-

Spike assentì silenziosamente. Ricordava bene la notte in cui Riley era tornato, il giorno dopo Buffy lo aveva lasciato. E pensare che solo poche ore prima si era illuso di aver fatto dei passi avanti con lei. Certo non lo aveva invitato in casa, ma già convincerla a farlo in giardino...e la rivelazione lo colpì in piena faccia.

-Ci hai visti, quella sera in giardino...-

Riley non si voltò a guardarlo, ma poteva immaginare l'improvvisa comprensione che doveva illuminare gli occhi dell'altro.

-Difficile non notarvi-

Spike scosse il capo sorridendo.

-Non potevi mandarlo giù, vero? Il fatto che alla fine avesse scelto me...-

-Sapevo che avrebbe scelto te, per questo me ne sono andato-

-Se eri così in pace con te stesso perchè tutta quella messa in scena per togliermi di mezzo?-

Riley incrociò le braccia sul petto, come se stesse riflettendo sulla questione solo in quel momento.

-Ho detto che sapevo che avrebbe scelto te, non che ero entusiasta all'idea. Credevo di poterlo accettare, ma quando vi ho visti insieme, non so, non riuscivo ad ammettere che Buffy potesse davvero preferire un mostro a un uomo-

-E così hai deciso di dimostrarle di quali bassezze un mostro è capace. Hai convinto tutti che il dottore fosse ancora vivo, hai spinto Buffy a pattugliare con tua moglie per darle modo di sentire quanto eravate normalmente felici insieme, quanto meravigliosa era la vita che si stava perdendo, e poi il tocco finale, hai costretto Willy a tenerti quelle uova di Suvolte ben sapendo che lui le avrebbe scaricate a me. Devo dirtelo Finn, ti avevo sottovalutato, in fondo anche in te c'è un che di mostruoso. Del resto doveva esserci un motivo se Buffy ti aveva scelto-

-In tutti c'è un mostro, solo che in alcuni di noi è addormentato da abbastanza tempo da farci illudere che se ne sia andato per sempre. Ma c'è sempre qualcosa di inaspettato pronto a risvegliarlo-

Spike assentì silenziosamente. Non avrebbe saputo dirlo meglio.

-Ti confesso che speravo in un vincitore a sorpresa. Un terzo uomo che nessuno si sarebbe aspettato-

Sì certo, Xander Harris. Il dannato rospo travestito da principe azzurro. Spike scacciò quell'immagine dalla mente. Ci mancava solo che gli venisse un attacco di gelosia per Xander adesso...

-E intanto noi due ci saremmo scolati un'altra bottiglia di whiskey imprecando contro il destino beffardo e magari saremmo anche diventati migliori amici nel processo-

-Esattamente-

Spike si passò una mano tra i capelli con un sospiro stanco.

-Ho sempre saputo che ti piacevo ma non pensavo saresti arrivato a tanto per avermi-

Riley si lasciò andare a una risata liberatoria. Non riusciva a capire il motivo ma si sentiva tremendamente sollevato. Come se qualcuno avesse aperto tutte le finestre e la luce e l'aria circolassero finalmente libere in ogni stanza dell'Hotel per idioti disperati in cui aveva risieduto stabilmente negli ultimi tempi.

Un demone lo stava riaccompagnando a casa al volante della sua macchina, lo stesso demone a cui aveva dato la caccia per mesi quando ancora lo conosceva solo con il nome di Ostile 17, lo stesso demone che li aveva traditi tutti più di una volta e che aveva finito per fregargli la ragazza. E lui si stava facendo riaccompagnare a casa e trovava la conversazione perfino divertente.

Come diavolo si faceva rientrare una cosa del genere in uno qualunque dei preesistenti modelli di vita stile Riley Finn?

Semplice non lo si faceva. Si inventava un modello nuovo.

Vide con la coda dell’occhio Spike che accendeva lo stereo della macchina e cominciava a navigare tra le stazioni radio. Sotto la pressione rapida delle sue dita le canzoni di Natale scivolavano una nell’altra intrecciandosi in un’unica confusa melodia festosa.

Se sperava di trovare un’emittente che trasmettesse musica Punk alla vigilia di Natale…

Ma di colpo il miscuglio sonoro fatto di campane, risate e cori di bambini si interruppe per lasciare spazio a una serie di note acide strappate a una chitarra acustica in un arpeggio sempre più alto.

I heard there’s a secret chord

That David played and it pleased the Lord

But you don’t really care for music, do you?

Riley sorrise riconoscendo la musica prima ancora delle parole.

-Jeff Buckley-

Spike lo guardò come se gli fosse spuntata una seconda testa.

-Che c’è?-

-Sinceramente credevo che i soldati cantassero solo viva Topolino…ma devo aver visto troppe volte Full Metal Jacket-

Riley puntò lo sguardo sulla città coperta di neve, negli occhi altri Natali.

-Prima che un soldato, sono un ragazzo di campagna, ricordi?-

But Baby I’ve been here before

I’ve seen this room and I’ve walked this floor

You know, I used to live alone before I knew you

-A proposito di Brokeback Mountain, basandoti sulla tua esperienza, la trovi una ricostruzione accurata della vita dei mandriani oppure…-

Forse si aspettava un pugno o una replica, ma Riley si limitò a incrociare le braccia sul petto cominciando a sussurrare le parole della canzone, un sorriso enigmatico sul volto.

But Love is not a victory march

It’s a cold and broken Halleluja

Halleluja, Halleluja

Halleluja, Halleluja

Spike sospirò tornando a concentrarsi sulla strada, appoggiò il gomito sul finestrino aperto e unì la sua voce roca a quella sofferta di Buckley e al sussurro accennato di Riley.

And is not a cry you hear at night

Is not someone who’ve seen the light

It’s a cold and broken Halleluja

La macchina continuò a procedere lenta attraverso le strade bagnate di nevischio, stridendo di tanto in tanto nelle curve, mentre le voci dei tre uomini si mescolavano in un insolito e struggente canto di Natale.

Halleluja Halleluja

Halleluja Halleluja

-I soliti teppisti, ubriachi anche la vigilia di Natale-

Commentò seccata una donna di mezza età, carica degli acquisti dell’ultima ora, dopo essere stata investita dagli schizzi alzati dalla macchina di passaggio. Alcuni passanti annuirono guardandola scrollarsi la neve bagnata dalla gonna per poi superarla con un sorriso distratto. Un uomo avvolto in un pesante cappotto di pelliccia, il volto nascosto dal cappello calato sugli occhi e da una sgargiante sciarpa stretta intorno al collo, si fermò invece a raccogliere uno dei pacchetti che le era rotolato a terra. La donna ringraziò senza neanche alzare gli occhi sul nuovo venuto, troppo occupata a stimare il danno occorso al suo abito migliore. Se lo avesse fatto avrebbe certo trovato strano il fatto che l’uomo indossasse occhiali scuri quando il sole era già calato da un pezzo. Lo sconosciuto sorrise dietro la sciarpa mentre osservava la donna proseguire il suo cammino. Girò su se stesso canticchiando la canzone che aveva poco prima riempito l’aria ghiacciata e non smise neppure dopo aver tirato fuori un cellulare e composto un lungo numero sulla tastiera.

-Buona Vigilia di Natale angioletto-

La risposta seccata all’altro capo del telefono arrivò precisa e prevedibile come da copione.

-Non ho rintracciato lo strumento, ma sarai felice di sapere che ho trovato il proprietario-

La voce all’altro capo del telefono suonò calma e decisa, nonostante il tono tradisse una certa impazienza.

-No, credo sia meglio che te ne occupi di persona. Temo ci vorranno tutte le tue capacità persuasive per convincerlo a vendere-

Un breve silenzio interruppe la conversazione, prima che la risposta arrivasse.

-Beh puoi sempre puntare sulla vostra amicizia di vecchia data-

Lorne sorrise della sorpresa che aveva sentito nella voce dell’altro, prima di chiudere la conversazione.

A volte non aveva bisogno di ascoltare qualcuno cantare per sapere cosa gli passasse per la testa. E con Angel era diventato più facile che con chiunque altro.

+ + +

 

 

 

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