2001 Pagliuchella
 
Pagliuchella il brigante scritto e pubblicato da EDMONDO MARRA nel 2001
Alcuni uomini si perdono nel tempo per mancanza di eredi e le loro gesta diventano eroiche agli occhi e alla mente di chi ha la fortuna di incontrarle per caso ed impedisce che l’oblio della notte le copra tra le sue ceneri senza tempo.Un mondo trascorso come sta trascorrendo il nostro,che non può,non merita di essere dimenticato!
Stolto e’ colui che si crogiola nella sua saccenteria e non arriva nemmeno a pensare che l’avventura terrena di chi e’ stato prima di lui e’ immensa nella perdita del particolare ed assurge ad esempio e a conoscenza oggettiva delle cose del mondo.E’ la Storia.Non quella dei grandi esaltata da reminiscenze scolastiche,ma la quotidianità nelle sue piccolezze e grettezze,quando l’ammirazione e l’avversione si annullano per aprire uno squarcio dove senza tempo ed in una luce splendente si intravedono figure che sembrano un film.

Volturara Irpina Gennaio 2001
Edmondo Marra.



Capitolo I

- Scappa, Nanni’,scappa! arrivano le Guardie.
Ansimante Carmela , la sorella , grida sottovoce,mentre Ferdinando si butta giù dal letto e arraffa i vestiti sparsi alla rinfusa sulla cassapanca.
- Madonna mia,ma che gli ho fatto,perché non mi lasciano in pace ?,alla guerra con ci voglio ritornare,non voglio morire per loro.
Parla da solo per cercare di capire,ma e’ già sulle scale scalzo e mezzo nudo.Il freddo del Gennaio volturarese lo colpisce come un frustata,ma la paura e’ tanta che non se ne accorge per niente,mentre le due Guardie Nazionali che salgono per il Campanaro capiscono che il loro interlocutore non ha molta voglia di dare spiegazioni.. Gli altola’ si sprecano e con i fucili in mano cercano di fermarlo,senza sparare. In fondo devono solo convincerlo ad andare al Posto di Guardia a firmare il foglio di partenza per il richiamo alle armi; possono immaginare che come tanti non l’avrebbe accettato,ma non ne hanno la certezza matematica,in fondo e’ un giovane che da poche settimane e’ tornato a casa dalla guerra e la sua confusione mentale riescono a capirla,forse provano anche pena,ma il dovere e’ dovere e non si fermeranno certo a riflettere o ad andare contro gli ordini del Capitano.Non e’ la prima volta in quei giorni che vedono quella stessa scena;quasi tutti i giovani,tornati sbandati a casa dal disciolto esercito borbonico, richiamati alle armi non hanno la benché minima voglia di tornare a combattere arruolati in un esercito straniero e per altro contro i loro stessi compagni asserragliati a Gaeta con il Re Francesco II a difendere le ultime disperate speranze di ripristino dell’ormai ex Regno delle Due Sicilie.
Correre appresso a quel giovane,smilzo e veloce come una lepre, e’ un’impresa impossibile ed i due gendarmi desistono quasi subito dall’inseguirlo.Un ritorno in Piazza per avviare una procedura ormai collaudata.Il capitano della II compagnia D.Vincenzo Luciani li aspetta con l’aria di chi già si immagina tutto,d’altronde li aveva tenuti d’occhio dal Tiglio fino a quando avevano svoltato l’angolo del palazzo dei Sarno sul Campanaro.Con fare sornione e soddisfatto si avvia,seguito dai due nel Posto di Guardia situato a dx dell’entrata del palazzo di D.Michele Masucci,il farmacista; li fa entrare a preparare il rapporto,mentre lui resta davanti alla porta ad osservare soprappensiero l’andirivieni della gente. La fitta nebbia che si alza rende la piazza spettrale con ombre che si muovono negli impegni di prima mattina.L’orologio di fronte suona otto colpi gravi e due acuti ed intuisce l’ora contando mentalmente ogni colpo,
Un freddo umido,tipico delle mattine volturaresi,penetra nelle ossa ed ingobbisce chi avanza dandogli la sensazione di avere un po’ di caldo. Dalla Pozzella tre persone nei loro mantelli a ventaglio, che confabulano sottovoce lo fanno irrigidire rendendolo nervoso,li osserva mentre gli passano davanti salutandolo con rispetto e sicuramente con timore;risponde al saluto con distacco,quasi seccato e torna ad osservare lontano nella nebbia verso il Freddano.Poi con gli occhi ritorna su di loro che varcano la soglia del Comune a dx del Campanile;e’ un vecchio edificio ad un piano,coperto davanti da due tigli secolari,dei quali uno vuoto all’interno e tanto grande da servire come riparo spesso sia agli ubriachi,che sono tanti,sia a qualche giovane scappato di casa che non sa dove andare a dormire.Davanti ai tigli una grande fontana in pietra con tre fontanini cui si rifornisce tutta la popolazione con enormi recipienti che le donne portano in testa.
- idioti!,pensa ad alta voce,appena si saranno aggiustate le cose la pagheranno ,ed in malo modo! tre imbecilli a cui il vecchio sistema borbonico stava bene,hanno prosperato come hanno voluto sul Comune,cascettoni e furbi!
Dal Campanaro scende D.Salvatore Sarno,che si avvicina alla fontana pubblica posta davanti al Comune e beve soddisfatto ,poi aiuta una donna a mettersi in testa la “secchia” piena d’acqua e vedendo D.Vincenzo si avvia al Posto di Guardia per scambiare con lui due chiacchiere.
L’incontro e’ cordiale come sempre,d’altronde sono in sintonia per idee e propositi,
D.Salvatore vede nel giovane avvocato carattere,intelligenza e determinazione ed anche un pizzico di cattiveria che denota personalità.
-Ciao Vincenzo,come sta D.Giuseppe,tuo padre ?
-così,così,non esce mai perché ha troppo affanno e si stanca facilmente.
-peccato!, uno come tuo padre ci voleva in questi frangenti difficili.Avrebbe fatto rigare diritto chiunque volesse creare turbative.Oggi e’ diventata una babilonia,non si capisce più niente! Quello che mi fa rabbia e’ che ci abbiamo messo quarant’anni per arrivare a questo momento e come al solito quando tutto sembra andare per il verso giusto abbiamo la capacità di distruggere il filato per il solo gusto di farlo.
Quante sofferenze,quante paure e quante mortificazioni a servire un Governo che abbiamo sempre odiato,dispotico e ingiusto. Però ricordati che non dobbiamo avere paura di nessuno,dobbiamo perseverare nelle nostre idee e distruggere chiunque vuole il ritorno del vecchio ordine di cose ormai superato; D.Gennaro Vecchi e i suoi amici Masucci mi sembrano troppo morbidi,a volte paurosi e tolleranti,invece bisogna usare il pugno di ferro.Non si deve più tornare indietro,la nuova Italia e’ un’occasione unica e ci porterà tanti benefici economici e politici.Al Nord sono ricchi e più avanti di noi,potremo finalmente progredire e far scomparire quest’ignoranza che e’ la madre di tutti i nostri problemi.
-D.Salvatore voi parlate troppo bene,ma parlate agli asini.Questi devono capire che siamo noi a comandare e che,vogliano o non vogliano,devono seguirci.Il prossimo Sindaco dovete essere voi,perché avete già dimostrato di saperlo fare in tempi bui,e se permettete io come legale vi posso dare una mano,perché conosco le leggi e so anche essere duro con questi ignoranti cascettoni. Proprio adesso sono saliti sul Comune Vincenzo Pennetti,il segretario comunale e quei due lecchini di Mariano Santoro e Ferdinando De Cristofano. Non solo non hanno firmato al Plebiscito dello scorso Ottobre,ma stanno remando contro di noi e non facciamo niente per cacciarli a pedate nel culo dal Comune.
-caro Vincenzo,se tutto va bene ed in autunno vinceremo le elezioni sarai il mio segretario comunale al posto di quel Pennetti che non capisce proprio niente e che non porta mai un bilancio o un resoconto in Consiglio comunale.Piuttosto dobbiamo guardarci dai tre fratelli Masucci. Sto già preparando un piano per toglierceli di torno su al Comune.Ho parlato con D.Serafino Soldi ad Avellino e mi ha promesso che nel Consiglio Provinciale che hanno creato ci metteranno il notaio,Leonardo; agli altri ci penseremo con calma. Gennaro Vecchi lo fermeranno loro stessi,senza i Masucci non e’ nessuno,se poi pensa che lo aiuteranno i suoi amici preti,si sbaglia di grosso,perché stanno tutti sotto tiro e lo stesso parroco D.Angelo Marino rischia grosso ad appoggiare i Borbone!
Le parole di D.Salvatore lo rincuorano,ma il sorriso che fa capolino sul suo volto diventa una maschera dura,quando viene chiamato all’interno del posto di guardia dal sergente Giuseppe Di Meo per firmare il verbale della fuga di Ferdinando Raimo. Saluta con garbo e riverenza il suo interlocutore e rientra.
-questo e’ il terzo caso di diserzione,tuona rivolto alle guardie, e deve essere l’ultimo! non tollereremo d’ora in poi nessun benché minima insubordinazione .La legge parla chiaro,chi non vuole accettare il richiamo nell’esercito italiano deve essere considerato un disertore e se non si costituisce deve essere abbattuto.Chiamate le guardie di servizio,organizzeremo una battuta a largo raggio fino alla Faieta,dobbiamo ritrovarlo vivo o morto per dare una dimostrazione di forza e di concretezza.
La guardie si danno subito da fare e nello spazio di mezz’ora in mezzo alla Piazza,tra la curiosità e un po’ di timore di molti volturaresi, sono schierati tre plotoni di Guardie Nazionali in assetto di guerra.
Qualcuno si chiede il motivo di tutto quel movimento,altri si fanno il segno di croce capendo che qualcosa di grave sta accadendo,il parlottio continua e si incomincia a vociferare che stanno cercando un ragazzo del Campanaro che non vuole partire per il fronte,a Gaeta.Un silenzio innaturale scandito dagli ordini degli ufficiali cala sulla Piazza,i plotoni si dividono,il primo si dirige al Campanaro destinazione Acquamieroli,passando per la Serra,il secondo si dirige al Cotrazzulo attraversando il Freddano ed il Dragone,il terzo sale per il Candraone e passando per il vecchio mulino si avvia “a monte”.Una manovra di accerchiamento destinata ad un sicuro successo.
Erano anni che non si vedeva una cosa del genere,qualche vecchio rivà con la memoria ad inizio secolo,quando arrivarono i francesi e in tanti scapparono sulle montagne,
diventando “breanti”,e che per sopravvivere rubavano e rapivano i signori;si ricordano i nomi di Aniello Rinaldi,ucciso in un famoso rastrellamento il 10 ottobre 1809;Luigi Solito,cui gli urbani mozzarono il capo alla Costa nel Febbraio del 1814 solo perché non aveva voluto arruolarsi con i francesi , Giosue’ Raimo dei Trigna,il nonno di D. Mariniello,che poi divenne decurione comunale, e Giacinto Buonopane e tanti altri di cui si sono persi persino i nomi.Ricordano i nomi dei rapiti tra i quali Giovanni,il fratello di D.Bernardo Marra, e tanti viatecali presi e rilasciati in poco tempo,dopo pagamento di riscatto.
- Quando cambia governo succede sempre la stessa cosa,i furbi vincono ed i fessi vanno al massacro,c’e’ gente che ha il fiuto e che non sbaglia mai da che parte schierarsi,altri per seguire le loro idee restano fuori e ne prendono di santa ragione.Stavolta succederà la stessa cosa,ne vedremo delle belle,dice uno avviando la discussione dopo la partenza delle Guardie.
-Stavolta la situazione la vedo abbastanza grave; i Borbone non rinunceranno mai al Regno,ritorneranno come sempre e più avvelenati di prima.Non dimenticatevi del 1820 e del 1848 quando la repressione che instaurarono durò anni ed anni e ne fecero le spese tutti coloro che avevano osato ribellarvisi.Lo stesso D.Nunzio Pasquale,il farmacista a sx della Chiesa Matrice e’ stato sorvegliato dalla polizia fino all’anno scorso per essere stato liberale nel 48,quando era Sindaco;e se ve lo ricordate,D.Domenico Benevento morto otto anni fa che era avvocato e non riuscì mai a diventare notaio e fu controllato in tutti i suoi movimenti per venti anni esatti fino al 1840.Voleva fare il Sindaco,e lo meritava pure,ma non ci riuscì mai.Dovette accontentarsi di mettere il cugino D.Carmine Benevento,il dottore a capo del paese e dopo molte e molte sofferenze.Mi ricordo che nel 1834,avevo cinque anni e me lo raccontava mio padre che D.Carmine stava già per diventare Sindaco,era nella Terna dei candidati,ma un ricorso anonimo che lo accusava dei trascorsi carbonari lo bruciò senza pietà e dovette aspettare il 1840 per coronare il suo sogno. Fu,mi ricordo,un buon periodo per Volturara,con qualche accenno di miglioramento sociale e meno intrallazzi del solito.
Questo discorso fatto da D.Gerardo Pennetti,l’avvocato,e’ seguito in religioso silenzio,tant’e’ che l’interlocutore vedendo che lo ascoltano continua a raccontare del passato in un clima di quasi religiosa attenzione.

Carmine Benevento



-Uomini valorosi e degni,che hanno dato la vita per questo merda di paese,in cui nessuno parla mai bene di un altro e dove tutti pensano solo ai tornaconti personali; paese dove chi fa’ bene e’ maltrattato e chi e’ fetente e maligno viene rispettato ed ossequiato;dove la Cultura del ricordo viene sostituita dall’esaltazione del potere contingente e la Memoria,fonte di sapere e scuola di vita con gli esempi passati,viene sotterrata nel dimenticatoio dei cazzi propri.
Man mano che parla si infervora e scava nei meandri della sua mente per cacciare i ricordi; sembra quasi un comizio popolare con una ventina di persone che ascoltano interessate.Si guarda attorno per leggere gli occhi e quando si avvede della presenza di un paio di sciacquini, che facendo finta di guardare altrove con le orecchie tese non perdono nemmeno una virgola del discorso,si rincuora ancora di più,sa che dopo mezz’ora al massimo chi deve sapere saprà,ma non ha paura delle conseguenze.Ormai ha deciso di andarsene dal paese a lavorare al Tribunale di Ariano,e vuole “smerdiarli” tutti pubblicamente.
-ce ne sono stati tanti che hanno cercato di fare qualcosa,ma sono sempre tutti stati ammosciati, e di brutto. Ce ne sono stati tanti altri che hanno pensato solo a loro stessi, e si sono trovati sempre bene.La politica ha arricchito molti,ma molte famiglie si sono distrutte a causa delle idee professate.Non voglio andare indietro di molto,ma per quanto mi raccontava mio padre,che ha fatto il medico per quarant’anni , i Rinaldi,di cui Giovanni fa il calzolaio,settanta,ottant’anni fa erano importanti e rispettati,
amministratori e preti,e per seguire i Borboni contro i francesi, formarono una banda con Nicola e Aniello che si unirono a Laurenziello di Santo Stefano e divennero i briganti più terribili della zona.Fecero male fine a da allora non si sono più ripresi.
I Bottigliero,il cui nonno D.Giacomo fu Sindaco nel 1813 e 1814, e segretario comunale per molti anni,oggi vivono di stenti e sono destinati a scomparire.
I Benevento ed i Picone si stanno avviando a fare la stessa fine,e pagano gli uni di essere stati liberali,gli altri di essere filoborbonici.
I primi,imparentati a più riprese con i Rinaldi hanno avuto Sindaci,avvocati,medici e arcipreti.Oggi e’ rimasto solo D.Giacobbe,il farmacista e D.Gioacchino,il medico.Ma dacché sono morti D.Cosmo,il prete e D.Carmine,il dottore nel 51,e D.Domenico nel 52 la loro stella sta calando,di fronte ai nuovi padroni.
La stessa fine,se permettete,la sta facendo la mia famiglia.Non vi racconto la sua storia che e’ grande e luminosa,ma per essere fedeli alla nostra patria,rischiamo di essere annullati dai fautori del cosiddetto nuovo ordine.
Detto questo si allontana lasciando gli astanti pensierosi e perplessi.






Ormai un freddo sole fa capolino tra la nebbia e nell’aspettare gli sviluppi della spedizione i soliti perditempo continuano a chiacchierare e a ricordare il passato.
Si parte dal D.Nicola Marino,nonno di D.Alfonso,il dottore.Era il 1827 quando fu ucciso sulla Maroia dai briganti disertori ,chi non lo ricorda!Era il Capourbano,il responsabile dell’ordine pubblico di Voltorara e pagò con una schioppettata il troppo rigore messo nel suo lavoro.
- era terribile quell’uomo,racconta uno,lo ricordo ancora oggi! un paio di mustacchi e sugli occhi cervoni ,sopracciglia sempre inarcate. Insieme a suo cognato D.Giuseppe Luciano,il Sindaco,erano i padroni di Voltorara in quel periodo.Un clima di guerra e di paura dopo il 1821.La repressione dei Borbone fu dura e lunga.Gente come D.Luigi Di Meo il dottore,D.Ciriaco Marrandino il farmacista,D.Domenico Pedicino,D.Carmine Benevento il medico condotto ed i sacerdoti D.Cosmo Benevento e D.Antonio Candela furono perseguitati e maltrattati con durezza.Molti furono licenziati dal lavoro come D.Cosmo che era maestro nelle scuole primarie ,altri come Domenico Pedicino andarono in esilio ,altri ancora sotto controllo asfissiante. Criminalizzati i migliori di Voltorara.,un passo indietro nel progresso delle idee in un paese già arretrato;fu la fine della cultura e l’inizio della furbizia.Prevalse la forza sull’intelligenza, e i D.Giuseppe Luciano ed i D.Nicola Marino ne furono gli esponenti più rappresentativi .Duri,troppo spesso cattivi,o stavi con loro o contro di loro ed erano guai,guai grossi.
Dopo l’omicidio di D.Nicola fu fatto Capourbano il figlio D.Mattia Marino,prima di diventare notaio.Un fatto che e’ diventato leggenda è che scatenò un guerra contro i briganti rei della morte del padre e gli anziani ricordano ancora oggi che fumò nella sua pipa i capelli di un brigante ammazzato,per la rabbia ed il rancore. Se questi sono tempi tristi,quelli erano proprio bui.
Gli risponde D.Achille De Cristofano,il farmacista
-non credere che i mesi a venire saranno tanto calmi.Sto notando un diffuso malessere e continui borbottii sottovoce; quà la maggior parte delle persone non vuole accettare l’annessione al Piemonte.Si parla di nuove tasse,sempre più salate. Sembra il 1848 quando nel giro di vite il Re Bomba,Ferdinando II si inventò il Prestito Nazionale e tassarono tutti dai preti alle Congreghe,dai possidenti ai Comuni.
Prendi i due fratelli avvocati D.Mattia e D.Alfonso Marra.Il padre Angelo martirizzato dal passato Governo fu costretto all’esilio a Tripoli,loro si sono gettati sulle barricate borboniche e combattono il nuovo corso con tutte le loro forze.Uniti ai Marino,ai Pennetti,ai De Feo,ai De Cristofano e a Mariano Santoro manderanno i loro amici,e sono tanti, a convincere il popolo che alla fine e’ meglio essere servo in casa,che schiavo degli altri, degli stranieri.
I Masucci hanno subito cavalcato il cavallo del cambiamento ed il loro amico Gennaro Vecchi e’ rimasto in sella come Sindaco anche coi piemontesi e non ha nessuna intenzione di farsi da parte. I Sarno e i Luciani stanno preparando il terreno per prendere in mano la situazione.Ditemi voi se la situazione non e’ esplosiva!
- l’unico vero liberale convinto ,gli fa eco D. Ferdinando Sarno, e’ D.Nunzio Pasquale,il farmacista ma e’ troppo bravo per avere qualche possibilità di rientrare nel gioco.Poi con tutti i guai che ha passato dal 50 in poi,non penso proprio che abbia la forza di rimettersi in mezzo alla politica che gli ha rovinato la salute e la proprietà .Lo hanno controllato per dieci anni senza pietà per le sue idee libertarie e ha dovuto subire tante onte e tante mortificazioni,oggi doveva essere il suo momento,ma Volturara come al solito premia i furbi e i marpioni non certo le brave persone.Suo figlio D.Vincenzo e’ troppo giovane e deve pensare a laurearsi per continuare il lavoro paterno.


Michele Marcantonio Masucci

Un certo movimento di guardie nazionali che salgono e scendono dal Comune e vanno nelle case vicine fanno capire a tutti che i caporioni si stanno muovendo.Infatti dopo poco quasi all’unisono dai rispettivi portoni escono i fratelli D.Leonardo,D.Alessandro e D.Michele Masucci con aria seria ed a loro si uniscono D.Gennaro Vecchi,il Sindaco con suo fratello D.Achille il dottore.
Li salutano con riverenza e si devono prendere il rimprovero di D.Michele,il farmacista che li invita a pensare di andare a lavorare invece di stare in piazza a perdere tempo in chiacchiere che potrebbero rivelarsi anche pericolose per loro.
L’invito viene raccolto immediatamente e dopo un poco in una piazza completamente vuota si vedono passare ed andare sul Comune alla spicciolata D.Pasqualino,il dottore con suo fratello D.Generoso il farmacista,i figli di D.Alessandro Masucci .
La sala e’ piccola e piena di gente.Seduti al tavolo D.Gennaro e D.Salvatore,il II Eletto,con il segretario D.Vincenzo Pennetti che prende i nomi dei presenti per iniziare la seduta di Giunta.Nei due angoli della stanza D.Leonardo e D.Alessandro seduti in poltrona,il secondo con il mento appoggiato al bastone e le gambe incrociate in avanti attendono lo svolgersi dei discorsi quasi assenti,con lo sguardo perso nel vuoto.
D. Achille Vecchi,appoggiato con le spalle al muro ha come un guizzo in avanti e con aria seria chiede la parola
- cari amici la situazione e’ seria e pericolosa.Non voglio essere l’uccello di malaugurio,ma le notizie che mi arrivano dalla provincia fanno capire che un’epidemia di vaiolo sta serpeggiando dappertutto,e l’esperienza per il colera di sette anni fa e del 1837 dovrebbe insegnarci che Volturara e’ a rischio.Troppa promiscuità tra uomini e bestie,qua’ nessuno si lava,puzzano tutti come capre .D’altronde sembrano vaccinati. Quelli che ci andranno di mezzo potremmo essere noi,perciò dobbiamo fare qualcosa per impedire il propagarsi del contagio,non voglio allarmarvi,ma ieri ho avuto la certezza di due casi in una famiglia alla Morece .Chiedete a D.Pasqualino che ne pensa.
- quello che dice mio cognato e collega D.Achille e’ purtroppo una grave verità,esordisce D.Pasqualino Masucci. Qui tra rivoltosi e malattia si preannunciano tempi duri.Se non manteniamo la calma sarà una catastrofe!A Carbonara in Alta Irpinia e’ successo il finimondo:bambini uccisi,notabili trucidati.Lo stesso Sindaco e’ stato malmenato brutalmente.
Qui da noi nelle cantine e nei Caffè si mormora in continuazione,i soliti prezzolati fanno capire che Franceschiello sta per tornare vincitore,non sanno che e’ assediato a Gaeta e sta per capitolare da un momento all’altro.
Per la malattia non mi preoccupo tanto,sembra che ci sia solo qualche caso sporadico che possiamo tenere sotto controllo senza timori per la nostra salute .L’unica cosa da fare e’ trovare i soldi in bilancio per procurarci le medicine per i poveri in caso di necessità.
Lo interrompe D.Michele lo zio:
- scusami Pasqualino,voglio intervenire anch’io,come responsabile dell’ordine pubblico e dire ai signori che devono capire che stiamo in stato di guerra!Noi sappiamo che questo nuovo ordine di cose ormai, nolenti o volenti,dobbiamo accettarlo.E’ come un fiume che quando scende forte porta con sé tutto tronchi,rami e melma .L’unica cosa certa e’ che indietro non si può tornare. L’acqua non sale!
Abbiamo l’obbligo morale di difendere le istituzioni ed il nostro ruolo.Se questa e’ la barca,senza storie dobbiamo metterci a remare per impedire l’affondamento.Oggi rappresentiamo il nuovo governo e dobbiamo impedire che i nostri nemici,con la scusa dei Borbone,ci tolgano di mezzo.Sarebbe l’anarchia,il ritorno al Medioevo!
Alle parole di D.Michele segue un silenzio che e’ riflessione,ma anche paura. E se con il suo intervento voleva sortire un effetto devastante,si capisce subito che ha raggiunto lo scopo.
La tensione e’ palpabile negli occhi di D.Vincenzo Di Meo,D.Bernardino Luciani,D.Marco Marrandino, e degli altri decurioni presenti nella stanza.
Gennaro Vecchi ha voglia di concludere la discussione con punti concreti all’ordine del giorno ed invita i presenti a vigilare e a denunziare le persone sospette di creare turbative sociali con discorsi o azioni facinorose:
- un giro di vite può servire da deterrente. Arresteremo chiunque crei casino .E voi D.Michele controllate chi nella Guardia Nazionale rema contro,le notizie che ci arrivano dicono che un gruppo interno che fa capo ad Alessandro Picone ed i fratelli creano confusione,premono sugli indecisi,gridano contro gli ufficiali.Da che e’ morto il padre due anni fa sembra voglia fare il capopopolo,se occorre dobbiamo fermarlo con la forza.Si fa forte dell’appoggio di Matteo Marino,il fratello del Parroco,un'altra testa calda da tenere a bada. I sacerdoti stanno zitti,in attesa,ma la presenza di mio fratello D.Ferdinando e la stima di cui godo tra di loro dovrebbero tenerli a bada in questa che qualcuno vuol far diventare una guerra santa contro lo Scomunicato Vittorio Emanuele,ma che e’ solo una scusa dovuta alla paura di perdere un potere che finora nessuno ha mai controllato.Da oggi ci aggiorneremo ogni giorno a quest’ora per fare il punto sulla situazione e prevenire ogni turbativa nel miglior modo possibile.




















Capitolo II


Ferdinando infilata la salita del Monnezzaro correndo cerca di aggiustarsi addosso i panni che volano lontano dalle mani tremanti di paura e di freddo.Supera la Serra e attraverso l’Acqua delle Noci si arrampica fino all’Acquamieroli. Nella mente cerca di trovare una strada che lo porti lontano e l’unica possibile e’ quella che conduce nei boschi del Terminio .Ma capisce che nella neve seguiranno facilmente le sue tracce e decide di girare a sinistra verso l’acqua di Zia Maria,una zona che conosce bene e dove non penseranno mai di seguirlo.Il castagno cavo,nel cui tronco giocava da bambino,lo accoglie ansimante ed infreddolito.Si pone la testa fra le mani mentre le lagrime incominciano a scendere lungo le guance,quasi a liberarlo da un incubo che non sembra vero.Torna indietro ad analizzare un periodo che non gli ha lasciato il tempo né di capire né di riflettere. Tre anni di soldato a Napoli,passati in un attimo e quel ritorno a casa dopo lo scioglimento dell’esercito borbonico che sembrava averlo fatto rinascere. I propositi di sposarsi e il desiderio di quella vanga che al confronto del fucile gli sembrava tanto leggera e calda, poi la bomba del richiamo alle armi in quell’esercito che gli avevano insegnato a considerare formato da nemici capitali, e l’ordine di indossare quella divisa che nelle esercitazioni di attacco al nemico aveva perforato decine di volte con la baionetta,un momento allucinante che lo aveva sconvolto e …..
le voci salgono da lontano nel silenzio ed un brivido sale attraverso il suo corpo facendogli drizzare i capelli,il cuore sembra impazzito ed un tremore inarrestabile lo assale.Ritorna nell’albero accucciandosi in un angolo e chiude gli occhi aspettando il peggio.Non vuole pregare,ne ha viste troppe in tre anni di guerra ,attende sperando solo che non lo vedano.
Le tre guardie nazionali camminano lentamente,infastidite da un incarico di cui avrebbero fatto volentieri a meno.
Mattia Picardi come al solito e’ il più loquace e non smette mai di parlare.La salita gli procura affanno,ma nonostante il fiatone martella i compagni :
- ragazzi,vi rendete conto che siamo italiani! non so che significa del tutto ma deve essere sicuramente una cosa buona se in tanti si sono dati da fare per arrivare a farlo.Pensavo che bastasse essere volturarese per vivere tranquillo,ma se e’ necessario essere italiani per stare meglio,sapete che vi dico? “Viva L’Italia”.Mio padre non si e’ mai mosso dal paese e ha sempre lavorato la terra,mio nonno la stessa cosa,io voglio fare altrettanto ne deduco che essere italiani e’ una cosa buona.Questi ci daranno la terra gratis,sennò a che ci serve ‘st’ Italia? Garibaldi ci ha portato libertà,mo’ ci porterà la ricchezza. Questi che hanno nostalgia dei borboni non li capisco proprio.Fino all’anno scorso chi comandava faceva legge,i Don ci trattavano come bestie ed il Capourbano sembrava Napoleone Bonaparte;nemmeno un bicchiere di vino potevi fare senza il suo permesso ,oggi si parla di libertà e di uguaglianza,di terre e di sementi gratis,e allora ben venga Garibaldi e Vittorio Emanuele,qui lo si può dire ad alta voce tanto non ci sente nessuno,in paese e’ pericoloso pure parlare e come al solito si e’ diviso in due tronconi. I Masucci,i Vecchi, i Sarno e i Luciani hanno capito che indietro non si torna e sono passati subito coi piemontesi,mentre i Marino,i Picone e i Pennetti guardano indietro e non accettano la novità. Stavolta qualcuno fa male fine,ne sono sicuro.Prendi questo giovane che stiamo cercando,da quello che ha detto Don Vincenzo Luciani ha le ore contate,lo vogliono vivo o morto per dare l’esempio.Se lo prendono si fa’ minimo cinque anni di carcere,poveraccio non vorrei essere nei suoi panni.
Ferdinando sente i loro passi allontanarsi e le loro voci perdersi nel fruscio del bosco,si alza e dall’albero guarda intorno per vedere se ci sono altre guardie,poi ritorna a sedersi e aspetta in silenzio senza nemmeno muoversi Decide che forse non vale piu’ la pena di costituirsi,sentite le parole di quel cretino,sa che il circondario pullula di giovani come lui scappati per non arruolarsi soprattutto verso Montella e Acerno e che unendosi a loro puo’ sperare di cavarsela o almeno di vendere cara la pelle.
Le ore passano lente e solo quando l’oscurita’ comincia a calare insieme alla nebbia dal Terminio decide di scendere verso il paese per attrezzarsi a sopravvivere sulle montagne.Andando verso valle si disseta alla piccola sorgente posta all’inizio dell’Acqua di Zia Maria e guardando l’acqua fredda nel palmo della sua mano pensa che stare in montagna alla fine non e’ difficile e che qualcosa da mangiare o da bere la si puo’ sempre trovare.
Le prime case gli appaiono come qualcosa di ostile e pensa che non avrebbe mai immaginato di guardare Volturara in modo negativo,lui che se l’era sempre sognata nelle lunghe ore di attesa a fare la guardia a Napoli.Ma tant’e’,non puo’ permettersi ora sentimentalismi gratuiti che possono determinare la sua fine.Scende nel vallone della Serra e,nonostante la nebbia,si avvia spedito verso casa sua dalla parte posteriore per evitare eventuali brutte sorprese.
Giovanni suo fratello se lo vede sbucare dall’oscurita’ e solo il suo sangue freddo gli impedisce di gridare,con un cenno degli occhi gli fa capire di dirigersi alla stalla che da’ sul vallone mettendo contemporaneamente il dito sulla bocca per farli capire di stare zitto.
Ferdinando esegue l’ordine ed aspetta in silenzio nell’oscurita’ l’arrivo del fratello.
- Nannì,la situazione e’ piu’ grave di quanto pensiamo,ti vogliono usare come esempio per gli altri e non te la perdoneranno.Sentivo i discorsi in Piazza e nessuno,dico nessuno,era dalla tua parte.Non ho trovato una parola di conforto nemmeno da un cane.Tutti hanno paura di parlare e di esprimere quello che pensano.Il paese e’ stato preso in mano dai soliti che si vantano di essere italiani,quando fino ad ieri erano piu’ borbonici dei Borboni.Maledetti loro e la politica,noi “fessi” paghiamo per situazioni che non capiamo e che non ci interessano affatto.Sono andato dal Sindaco D.Gennaro Vecchi per chiedere perdono facendogli capire il tuo stato d’animo,ma non ha voluto sentire ragioni.Lui che e’ sempre disponibile e comprensivo mi ha trattato in modo gelido,ha incominciato a fare strani discorsi che non ho capito sul fatto che per essere troppo buono con tutti era stato minacciato di arresto da Avellino e alla fine mi ha fatto capire che non poteva intervenire a tuo favore,perche’ il problema era di competenza della Guardia Nazionale e del suo Comandante.Quest’ultimo non ha voluto nemmeno ricevermi,anzi mi ha fatto maltrattare da quell’altro Caino di D.Vincenzo Luciani,degno figlio del padre, che ha minacciato di arrestarmi solo per il fatto di essere tuo fratello.Siamo rovinati! il paese e’ circondato dalle Guardie Nazionali,noi di famiglia siamo tenuti sotto continuo controllo negli spostamenti da stamattina,la nostra casa e’ presidiata dalla parte del Campanaro e non so come tu abbia fatto ad arrivare fin qui senza essere visto,figurati che hanno messo le guardie anche davanti la casa della tua fidanzata Rosa per toglierti ogni mezzo di sopravvivenza.Non so che fare o che pensare,dimmi tu come dobbiamo comportarci.
- quello che mi dici,purtroppo lo avevo intuito.Ma noi Raimo siamo di pasta dura e non caliamo la testa tanto facilmente.Ormai mi resta solo la montagna e la speranza che,come dicono,Franceschiello e’ alle porte del Regno per riprendersi il trono dei suoi antenati.Solo se tornano i Borbone a Napoli ho speranza di cavarmela e,giuro,mi vendichero’ di tanta cattiveria nei miei confronti .Per adesso ho deciso di andare alla macchia aspettando tempi migliori e sono ritornato apposta per prendere il necessario per sopravvivere,andro’ verso Montella,se non ci vedremo piu’,ricordami nei tuoi pensieri e sappi che moriro’ innocente.
Per la scala interna sale al piano superiore e,preso il vecchio fucile del padre Sebastiano con un coltello ed un po’ di pane di granturco,indossa la sua vecchia cappottella e senza parlare abbraccia il padre,sua madre Annarosa,sua cognata Carmenella,un bacio ai nipotini e ridisceso nella stalla con il fratello si allontana nel vallone scomparendo nella notte.
I primi giorni passano con una strana sensazione di malessere,dovuto allo smarrimento di doversi nascondere senza aver commesso alcun reato,ma l’esigenza di dover provvedere al proprio sostentamento prende il sopravvento e facendo appello a tutte le sue energie decide di andare a stabilirsi sul monte Costa .Per adesso trascorre le notti in un tipico pagliaio volturarese,addossato ad un terrapieno,ben nascosto,coperto di zolle erbose fatto a “V” rovesciata e come le bestie del bosco impara a nascondersi di giorno e a muoversi di notte.A volte scende fino a valle nelle campagne e qualche gallina ci lascia le penne .I giorni passano lenti ed un mormorio popolare sottovoce incomincia a parlare di un’ombra che vaga per sfuggire ad una giustizia ingiusta.Capiscono tutti e subito di chi si tratta e non c’e’ una masseria che di notte non abbia sull’uscio un pezzo di pane o di formaggio,a volte un salame o una bottiglia di vino.Gli Sembra facile sopravvivere intorno a Volturara guardandola dall’alto e commuovendosi per la semplicita’ e la disponibilita’ della sua gente,ma,nonostante l’omerta’,le mezze parole e le piccole allusioni mettono in guardia D.Vincenzo Luciani,che nei suoi frequenti giri per il paese alla ricerca di notizie su Ferdinando Raimo,non tralascia nessun indizio o informazione.Intuita la situazione crea un cordone notturno di Guardie Nazionali nelle zone basse del paese e della campagna in modo da impedire qualsiasi collegamento tra la popolazione e quello che ormai viene definito il brigante disertore;nello stesso tempo fa seguire ogni movimento dei suoi familiari ed esercita controlli su chiunque va a legnare nei boschi.Costringendolo in montagna gioco forza si deve arrendere per fame.Ferdinando deve limitarsi a prelevare il cibo dei lavoranti che salgono alla montagna ,ma e’ ben poca cosa.Le sue improvvise apparizioni con il fucile spianato a fermare i poveracci che vanno a cercare legna nei boschi crea terrore e fughe scomposte,alla fine il magro bottino si risolve in un pezzo di pane e qualche volta nemmeno in quello.In compenso crea un clima di timore tra la popolazione e fa capire il suo raggio d’azione alle Guardie Nazionali.Una situazione insostenibile e pericolosa che lo stesso Ferdinando capisce.Decide allora di allontanarsi da Volturara per un po’ di tempo e,prese le ultime provviste,si dirige verso le montagne del Terminio in direzione di Montella.
Un paesaggio irreale e freddissimo,una distesa bianca solcata ogni tanto da orme di animali selvatici. Ferdinando perde il tempo a seguirle sulle neve,mentre gli occhi vagano alla ricerca di un luogo dove potersi fermare a dormire.Ha paura dei lupi che a branchi vagano in cerca di cibo e che di notte diventano pericolosissimi.In alto verso la vetta non può andare perche’ la neve e’ alta quasi un metro,deve mantenersi nelle zone basse e deve seguire un percorso quasi obbligato per non cadere in uno dei tanti burroni di cui e’ pieno il Terminio .Sale all’Acqua delle Logge e attraverso la Valle della Rena scende a Verteglia,luogo dove tutti gli sbandati della zona trovano facile rifugio.
Un vecchio capanno sembra essere fatto apposta per ripararlo dal freddo e dalla stanchezza del cammino fatto.Vi entra e chiude l’ingresso con della legna trovata all’interno.Si siede per terra con il fucile tra le mani e aspetta la sera che avanza lentamente.Lunghi ululati in lontananza incominciano a squarciare il silenzio e sembrano accerchiarlo nella sua solitudine.Paure ancestrali sembrano salire dalla punta dei piedi e,attraversando con un fremito il corpo,gli fanno pulsare le tempie e scoppiare la testa.Un turbinio di immagini e voci lo sconvolgono e gli fanno ripercorrere,ancora una volta,gli avvenimenti vissuti.Su tutto le parole di suo padre Sebastiano “ noi Raimo siamo condannati ad essere maltrattati da chi comanda a Volturara,ma ci sara’ un giorno in cui dovranno strisciare come vermi ai nostri piedi in un modo o nell’altro; ci odiano perche’ non caliamo la testa come gli altri pecoroni e sappiamo sopravvivere del nostro,senza calarci il cappello e gli occhi al loro passaggio.Dimenticano che veniamo da lontano e che abbiamo dimostrato di saper morire da uomini e non vivere da conigli”.
Ferdinando ricorda gli uomini della sua famiglia che nel corso degli ultimi 60 anni avevano sfidato il potere trasformista per essere rimasti coerenti con le loro idee e su tutti Aniello Rinaldi,fratello della nonna paterna Camilla e l’ancora vivente Giosue’ Raimo,l’unico che e’ riuscito a non lasciarci la pelle e che ha anche fatto il decorione comunale negli ultimi anni,arricchendosi con il commercio di legname.
Un tormentato sonno lo libera da tanti pensieri,ma dura poco ed alle prime luci dell’alba infreddolito e preoccupato si affaccia sull’uscio per rendersi conto del territorio.Si lava la faccia con le neve e perde i suoi occhi in lontananza per decidere sul da farsi.Deve procurarsi da mangiare,ma non e’ facile in quella immensa distesa bianca,si sposta verso il basso e con somma sorpresa vede in lontananza una grossa capanna da cui esce un filo di fumo.Non sa che fare,ma non puo’ restare senza fare niente.Pensa che sicuramente e’ un rifugio di pastori e che non sara’ difficile chiedere ospitalità ’.Sa anche che non deve mettere loro paura per evitare reazioni sconnesse che possono procurare guai.Decide di dire che e’ un cacciatore di cinghiali persosi sulla montagna.....
la voce alle sue spalle suona improvvisa e imperiosa
-uaglio’ che cazzo ci fai qua’!chi sei? se non vuoi morire butta a terra il fucile e voltati lentamente!
Ferdinando si irrigidisce nella paura e lancia lontano in un baleno il fucile alzando le mani in alto come per arrendersi e per non morire.
Voltandosi si avvede che non sono le Guardie Nazionali,come aveva pensato,ma tre individui sconosciuti dal piglio deciso.Incomincia a balbettare qualcosa,ma come risposta riceve il calcio di un fucile nel fianco e l’ordine di stare zitto e di seguirli.Si avviano lentamente verso la capanna con Ferdinando che incomincia a capire di avere a che fare con dei banditi che sicuramente lo uccideranno senza pieta’.Decide di aspettare la fine con fermezza anzi nella sua mente incomincia a farsi strada l’idea che forse e’ meglio farla finita piuttosto che continuare a vivere in quel modo.
Lo spingono nella baracca e la scena che vede lo lascia interdetto.Un fumo che toglie il respiro e,intorno al fuoco,sul quale bolle un pentolone pieno di carne,cinque personaggi strani con barbe lunghe sotto cappellacci a falda larga con pistole alla cintola e pantaloni alla zuava ficcati dentro scarponi pieni di chiodi alla base.
Quello che sembra il capo incomincia a ridere e,battendo tutte e due le mani sulla schiena del suo vicino
- imbecilli! io mi aspettavo un cinghiale o una lepre. E voi che mi portate ? na’ pagliuchella di uomo .Ma dove lo avete preso? invece di ucciderlo me lo portate qua’ in pompa magna? venticinque volte cretini! abbiamo tanti problemi e voi invece di risolvermeli,me li aumentate?fosse almeno uno ricco,ne avremmo ricavato qualcosa,ma da come si presenta questo mi sembra un pezzente e pure fesso.
- era armato,Ciccocia’,rispose uno dei tre,e non potevamo sapere chi era e dove andava con questa neve e ,rivolto a Ferdinando,continua
-Pagliuche’ ora devi dirci tutto! chi sei ,da dove vieni e dove stavi andando, se vuoi continuare a campare.
Il giovane racconta la sua storia con aria grave di uno che sa di essere arrivato al capolinea della vita e aspetta le reazioni feroci degli astanti.
La risata e’ generale e fragorosa.Cicco Ciancio seduto su di uno sgabello,alza la mano e provoca il silenzio
- e bravo lo toralese. Sei coraggioso e scaltro.Puoi restare con noi a combattere le guardie e i carabinieri .Pagliuche’,ti metteremo pero’ alla prova e se non sei buono ti sparerò io alle spalle!Adesso riscaldati al fuoco e mangia con noi.Oggi si può,domani chissà.
Ti premetto che i volturaresi mi stanno sul cazzo perché sono ignoranti e cafoni,ma tu puoi servirci per penetrare sul tuo territorio che conosciamo poco.Da oggi sei anche tu un brigante.Pensi di esserti salvato,ma da oggi riperdi di nuovo la tua vita,perche’ come noi farai una brutta,ma bruttissima fine.La nostra e’ una via di non ritorno che si concludera’ nel sangue,ma prima di distruggerci la dovranno pagare cara.Il territorio ci protegge,da qui a Calabritto abbiamo venti rifugi, e finche’ c’e’ la guerra da qualche parte ci lasceranno tranquilli,ma se cade Gaeta come si dice in giro e i Piemontesi prendono il potere in mano definitivamente abbiamo poche speranze di salvarci.La voce nei paesi dice che una flotta inglese e’ pronta a sbarcare a Manfredonia e a Gaeta,dobbiamo sperare in un miracolo che forse non si verifichera’ mai. D’altronde gente come noi e’ considerata da tutti carne da macello,da eliminare perche’ costituiamo un pericolo per la tranquillità dei galantuomini e chiunque comanda per prima cosa tenderà ad eliminarci. Ma prima che ci eliminino completamente dobbiamo farli tremare di paura e dobbiamo succhiar loro il sangue fino alle ossa.Continueremo a rapire i più ricchi e solo se ci pagheranno,li rilasceremo.Il mio sogno e’ di andare a morire lontano di vecchiaia e se avremo tanti soldi o ci compreremo il potere o scapperemo in qualche altro mondo che sia piu’ ospitale di questo.Si dice che nelle Americhe c’e’ posto per tutti e libertà di fare tutto quello che uno pensa e vuole,senza i ricordi del passato. Se fosse vero sarebbe meraviglioso.
Ma bando alle chiacchiere,caro Pagliuchella,benvenuto in mezzo a noi e che Dio te la mandi buona. Per un’altra ventina di giorni pensiamo a mangiare e a divertirci,poi verrà la primavera e penseremo sul da farsi.Entreremo in guerra con tutti e chi e’ contro di noi dovrà avere vita corta.

Capitolo III

Sul pianoro di Verteglia la vita si svolge secondo un rituale consolidato.Pattugliamenti a due o a tre per controllare il territorio ed impedire che le Guardie li sorprendano all’improvviso.Con l’arrivo di quello che i briganti montellesi ormai chiamano tutti Pagliuchella i pattugliamenti arrivano a spostarsi fin sotto l’Acqua delle Logge in territorio di Volturara e a volte fin al Cretazzuolo,da dove si vede splendere in basso tutta la bellezza selvaggia del lago Dragone pieno d’acqua e di uccelli di ogni tipo.
Volturara,nascosta dal monte Costa,sembra celarsi ai loro sguardi come a difendersi da eventuali attacchi,presa come e’ da avvenimenti straordinari che stanno cambiando il suo aspetto ed il suo futuro.
Sono i giorni in cui Alessandro Picone gira per il paese a smuovere i giovani contro lo straniero che si e’ impossessato del Regno delle Due Sicilie ed a fomentarli contro quei notabili che saltando sul carro del vincitore si creano un’identità’ italiana considerando nemici tutti quelli che non vogliono il nuovo ordine di cose.
La primavera arriva in tutto il suo splendore in un territorio che si prepara a vivere avvenimenti esaltanti e drammatici,come del resto in tutto il Regno.
Pagliuchella impara in breve tempo l’arte della guerriglia e degli spostamenti nelle montagne.Capelli lunghi su una folta barba nera,cappellino con visiera sulla fronte,camicia aperta sul petto e pantaloni infilati in stivali da soldato borbonico,cappottella corta sempre aperta,nemmeno suo fratello Giovanni lo riconoscerebbe con quel fucile sempre in mano e la pistola alla cintola.
La voglia di rivedere la sua famiglia e la sua fidanzata e’ come una lama nel cuore che sembra piegarlo,ma la paura che i suoi familiari possano essere maltrattati per la sua fuga come complici lo frena e gli fa capire che Ferdinando Raimo e’ morto,
ingiustamente, ma e’ morto. Egli e’ ormai per tutti Pagliuchella ed i volturaresi dovranno imparare a conoscerlo bene a loro spese .L’unica vendetta e’ uccidere,senza essere riconosciuto, parecchi di quelli che si sono resi responsabili delle sue sventure.
Chi semina chiodi,dovrà camminare con le scarpe di ferro,pensa,guardando con penosa sofferenza dalla sommita’ del Monte Costa la piazza di Volturara sotto di lui in quella fresca mattinata di fine marzo del 1861



.Le persone sembrano piccoli punti che si muovono avanti ed indietro nel passeggio abituale e dai movimenti che compiono sembra di riconoscerli tutti.E’ Pasqua,ed un suono,come una musica,sale alle sue orecchie procurandogli sensazioni struggenti.E’ il rumore del popolo che si prepara alla festa e che nelle sue molteplici e diverse componenti,come in una cassa acustica,si unifica in una armoniosa melodia che si innalza sulla vallata e si disperde nel vento.Pensa a Rosa,ormai persa, che oggi gli avrebbe portato il canestro pieno di taralli,salami e formaggi,secondo l’usanza,e a sua madre che dopo la messa avrebbe preparato il sugo pieno di carne,così saporito, e nel quale avrebbe calato il pane di nascosto prima di pranzo sapendo che ella lo avrebbe sgridato benevolmente.
Cicco Ciancio gli mette la mano sulla spalla distogliendolo dai suoi pensieri:
- uaglio’,così muori prima del tempo! devi uccidere il tuo cuore,noi lo abbiamo fatto da tempo e stiamo bene.Per tutti siamo bestie animalesche e come tali dobbiamo comportarci.La legge della sopravvivenza ci impone di pensare solo a noi stessi,senno’ ci fottono, ed io non voglio morire per far fare bella figura a chi uccide piu’ di noi,ma rappresenta la legge e la legalità .Ho ucciso e non merito pieta’,me ne fotto di Garibaldi e di Franceschiello,voglio solo restare vivo e sarei capace di uccidere tutti i tuoi compaesani ad uno ad uno per restare vivo.Se non capisci questo,fatti fottere e vattene da noi,so gia’ che ti prenderanno in due ore e vedrai che ti squarteranno,se possono.
- Ciccocia’,ti sbagli. I volturaresi non sono così cattivi come li dipingi,sono solo cazzomio. Io pago perche’ appartengo alla classe dei fessi.Come me hanno gia’ pagato altri ed altri ancora a venire saranno sacrificati sull’altare degli interessi di chi comanda. I cascettoni della piazza devono,per mantenere il potere,dimostrare la loro adesione al nuovo Governo e se non ammazzano qualche fesso come me,nessuno gli crede.
Sentivo dai racconti di mio padre che si stanno scannando tra di loro,pur di restare a galla, personaggi che sei mesi fa parteggiavano per i borboni e che oggi sembrano essere nati italiani da sempre.
Mi raccontava che 50 anni fa era la stessa cosa.Nel 1814 qua’ sotto la Costa uccisero e decapitarono Cicerone che aveva il solo torto di non volere andare a combattere per un esercito che vedeva nemico. Luigi Solito di Sebastiano,questo era il suo nome, aveva vent’anni e non capiva niente di politica,lo fecero diventare preda,cioè brigante, e poi gli tagliarono la testa,insieme ad uno di Paternopoli per dimostrare la loro fedelta',
mentre i loro amici con imbrogli non partirono mai per la guerra.Bussolotti con gli stessi nomi o con nomi che inventavano al momento,tanto chi di noi sa leggere ?. Io sognavo la zappa e Rosa,mi hanno dato il fucile e con quel fucile mi ammazzeranno.
Giusto trent’anni fa un altro Ferdinando Raimo,come me, passò lo stesso guaio.Era un lontano parente della mia famiglia e da piccolo sentivo raccontare spesso questa triste storia.Lo fecero partire al posto di un altro,parente del Capourbano D.Mattia Marino,il notaio e del Sindaco di allora che era Giuseppe Luciano il padre di quel fetente di D.Vincenzo che mi sta dando la caccia per farsi bello. Ferdinando Raimo pagava per il padre Giosue’,brigante del primo ottocento,poi riabilitato,il quale fece ricorso al Sindaco,al Sottointendente e all’Intendente della Provincia di Principato Ultra,come si chiamavano allora,ma senza risultato.Dovette partire nel 1831!Morì l’anno dopo nell’Ospedale militare di Napoli di tubercolosi.
Un velo di lagrime solca i suoi occhi,mentre parla.Cicco Ciancio ponendogli il braccio intorno alle spalle gira su se’ stesso e lo distoglie da quel panorama che gli procura dolore e sofferenza.E’ commosso da quel ragazzo bravo di cuore che non riesce a superare lo scoglio tra i sentimenti e la durezza della realta’,istintivamente gli vuole bene perche’ gli ricorda quando,e non e’ passato troppo tempo,anche egli era di sentimenti e non la belva che le cose della vita e gli uomini avevano creato.











Capitolo IV 1 Aprile 1861

Alessandro Sarno sa che se non si muove lui la scampagnata si risolvera’ in un nulla di fatto e sarebbe un vero peccato non godersi l’ultimo giorno di vacanza prima di tornare a Napoli a studiare.
Questa Pasquetta e’ certamente un po’ particolare,ma viverla da italiano e’ un’esperienza unica ed entusiasmante.Mentre scende per il Campanaro dirigendosi al Freddano a chiamare l’amico Vincenzo Pasquale rivà con la mente agli avvenimenti degli ultimi mesi.
Come scordarsi di quel 7 Settembre ?,non aveva chiuso occhio per tutta la notte,e la finestra lasciata apposta aperta portava l’eco dei colpi di cannone in lontananza.
Le notizie che circolavano negli ambienti universitari circa l’arrivo di Garibaldi a Napoli trovavano conferma e,secondo copione, a prima mattina sarebbe arrivato a Palazzo Reale,per prendere possesso della citta’.
La scena del dittatore che percorreva le vie tra ali di folla gli rimbomba nella mente e gli procura ancora brividi di entusiasmo e di determinazione.
-Come e’ possibile che esistano persone incapaci di capire la portata di questo momento che sicuramente restera’ nei secoli come espressione di liberta’ e di democrazia? Non si rendono conto che il martirio dei fratelli Bandiera,di Carlo Pisacane trova la sua esaltazione nella fuga definitiva del despota e tiranno ? Quando io venni al mondo nel primo Dicembre del 1842 in Volturara Irpina,questo antichissimo territorio della distrutta Sabazia dal ferro romano regnava ancora la Santa Alleanza dei Potentati della Terra e la ragione umana,che distingue l’uomo dal bruto,e lo avvicina a Dio,non aveva posto tra gli uomini!
Il Diritto era la forza, e la violenza legalizzata ridotta a sistema di governo.Il Dovere l’ubbidienza al piu’ forte.La Morale una sfacciata ipocrisia.La Giustizia rifugiata in cielo in grembo a Giove di la’ da venire!
Tutto lo scibile umano,l’educazione e l’istruzione, veniva impartita dai Preti,nelle Scuole Pie e nei Seminari Diocesani.ed ai preti era ancora confidata la Polizia di Stato!
La indagine del Perche’ di tutte le cose e del mondo,nel quale si vive, e senza del quale l’uomo non puo’ vivere, e cesserebbe di esistere,costituiva un Delitto, ed era punito con la morte civile dell’individuo,assai piu’ feroce dell’antica schiavitu’ pagana!
La fine del Re Bomba con il suo governo che era la negazione di Dio dovrebbe essere salutata con esultanza,invece resistono rimasugli del passato che vogliono bloccare il progresso e l’avanzata delle nuove idee di liberta’ e di pace sociale in nome delle quali tanti uomini hanno immolato la vita.
- sei sempre il solito sognatore,Don Alessandro.
La voce di Vincenzo sembra provenire da lontano,e lo riporta alla realta’ di un mattino tranquillo e freddo.
- A che stai pensando,a Garibaldi o a Mazzini.Lo so che sono i tuoi eroi,i tuoi chiodi fissi,ma per oggi lasciali in pace,falli riposare tranquilli.Piuttosto dobbiamo fare le ultime spese perche’ manca il pane e il castrato per il pranzo.Ho fatto preparare la carrozza di mio padre,metteremo tutto dentro,perche’ Tortoricolo e’ lontano e a piedi non ci voglio arrivare.Gli altri tardano ad arrivare e come al solito devo pensare a tutto io,poi mi diranno che sono pignolo e pedante.
- caro Vincendo,amico mio,sei l’unico che mi capisce in questo paese di incolti e maligni.Un uomo come te e’ sprecato a perdersi in un posto come questo.Devi avere il coraggio di andartene ed aprire una farmacia nella capitale,pardon ex capitale,a Napoli.
- Alessandro,non aprire una ferita che sanguina e duole.Sai benissimo le sventure di mio padre.E’ dal 1850 che e’ controllato dalla polizia ed in questi 10 anni e’ stato maltrattato,vituperato,ammosciato dai quei quattro cascettoni della Piazza,che mal sopportavano il suo buon cuore,la stima che il popolo aveva nei suoi confronti.Lo hanno preso di mira nel suo lavoro,nella sua proprieta’.Quanti processi ha dovuto subire.Oggi non abbiamo nemmeno gli occhi per piangere e se riusciro’ a laurearmi in Farmacia,e’ mera fortuna,frutto di sacrifici immani. D’altronde quante volte hai dovuto tu pagarmi il Teatro a Napoli o una cena in qualche ristorante di Posillipo. Anche tuo padre Salvatore e’ stato maltrattato dai Masucci e dai Vecchi,ma per fortuna e’ riuscito a mantenere la proprieta’,anzi l’appartamento che ti ha comprato in via Duomo a Napoli ti servira’ per la futura professione di avvocato,te lo meriti perche’ hai tutte le qualita’ per sfondare nel difficile mondo della Giurisprudenza.Ma bando alle chiacchiere oggi mi voglio proprio divertire e non pensare a niente.Ho contato siamo in diciotto,non manca proprio nessuno.Si avviano speditamente al Freddano a preparare gli ultimi ritocchi per il pranzo di Pasquarella.
Chi li guarda appare preoccupato e pensieroso.Dietro la finestra della cucina, D.Nunzio Pasquale,padre di Vincenzo ha l’aria di chi le ha viste tutte,ma lo sguardo corrucciato prelude a situazioni gravi e piene di incognite.
- e’ la stessa scena del 48,ampliata mille volte.Allora i Borbone avevano fatto finta di cedere alle richieste di riforme ed una nuova ventata di ottimismo aveva percorso le strade del Regno delle Due Sicilie. Ma era stato fuoco di paglia.
Se lo ricorda bene,perche’ era stato Sindaco proprio dal 48 al 50,anno in cui inizio’ la repressione che lo investi’ in pieno.Piu’ lo avevano fatto parlare,piu’ lo avevano punito,piu’ si era dimostrato liberale,piu’ lo avevano perseguitato. Se li era scrollati di dosso solo col decreto del Giugno 1860,dopo 10 lunghi anni.
Oggi,pensa tra se’,sono in difficolta’ piu’ di allora,ma i Borbone sono duri a morire,anzi ritorneranno e piu’ feroci di prima come nel 1799 e nel 1815,nel 1821, e nel 1850.Sara’ un’ecatombe,forse si salveranno solo i soliti camaleonti.Suo padre GiacomoAntonio,che aveva iniziato la stirpe di farmacisti,aveva intuito l’evolversi della situazione ai suoi tempi e prevedendo il ritorno di Ferdinando aveva aborrito i francesi,ricevendo poi dal Sovrano la nomina di Sindaco dal 1817 al 1819.Sotto il suo Sindacato erano iniziati i nuovi movimenti liberali che facevano capo a D.Luigi Di Meo,il dottore e a Domenico Benevento,l’avvocato e che erano sfociati nei moti carbonari del 1820,giovani che lui appena quindicenne,idolatrava e che rappresentavano i punti di riferimento delle sue idee.
Chiama la serva Anna,come a scuotersi dalle sue riflessioni, e la manda ad avvertire D.Salvatore Sarno,il padre del giovane Alessandro che c’erano stati dei strani movimenti di ex soldati borbonici sbandati e renitenti alla leva verso Cruci e che stesse attento,come Ufficiale della Guardia Nazionale, a far pattugliare il territorio in quel giorno per evitare guai ai figli che noncuranti del pericolo volevano passare una giornata allegra in compagnia degli amici.
Mentre,dalla finestra, osserva la donna che si avvia verso la Piazza,incrocia con lo sguardo Alessandro Picone che sta ritornando a casa ed istintivamente cala gli occhi per non salutarlo.Non perche’ lo odia,ma sa che sta sbagliando di grosso ad accanirsi contro il Nuovo Ordine di cose che ha portato all’Unita’ d’Italia.Tipico volturarese analfabeta e rampante che non razionalizza i concetti,ma guarda solo agli interessi spiccioli ed immediati. Possidente,ma incolto;capace,ma improvvido e istintivo.Se avesse avuto voglia di studiare,e qualche anno fa poteva permetterselo,avrebbe capito che solo nella cultura c’e’ il progresso e nel progresso la libertà dall’assolutismo borbonico e dalle aberrazioni della Polizia.Invece oggi e’ il fautore del vecchio credendolo nuovo ed e’ pericoloso per se’ e per gli altri.Dio non voglia il ritorno di Franceschiello,questo vorra’ fare il Capourbano e usera’ i moschetti al posto della vanga.E’ come i Rinaldo di cinquant’anni fa e i Marino di trent’anni fa.
Riesce a vedere fino al ponte del Freddano e l’animazione che c’e’ in Piazza,gli fa capire che e’ meglio rimettersi vicino al fuoco a fumare la pipa,senza pensare a nulla,distaccandosi da una realta’ che gli crea solo sofferenza.

E’ una giornata strana,in cui si intrecciano situazioni diverse in un momento storico particolare.Le voci di una possibile rivolta popolare imminente mette in movimento tutte le guardie nazionali che perlustrano il paese agli ordini di D.Leonardo Masucci,Don Salvatore Sarno e D.Vincenzo Lucani.La tensione e’ palpabile negli sguardi di tutti ed ognuno evita qualsiasi tipo di provocazione tra gli opposti schieramenti che possono sfociare da un momento all’altro in alterchi o scontri fisici difficili da controllare.Qualche scalmanato prendendo coraggio inveisce contro il posto della Guardia Nazionale,ma gli ordini da Avellino sono di non rispondere a nessuna provocazione verbale per non far degenerare una situazione che non assicurerebbe un intervento militare immediato per mancanza di uomini. I campagnuoli sembrano estranei allo svolgersi degli eventi,ma tutti sanno che sotto sotto tutti hanno caricato il fucile o per attaccare la Guardia Nazionale o per difendersi da attacchi improvvisi di sbandati che girovagano senza meta e senza cibo.
La notizia che in mattinata a Montella in pubblica piazza Cicco Cianci ha ucciso un compaesano che aveva avuto il solo torto di contraddirlo,senza essere arrestato,fa intuire ai filoborbonici le enormi difficolta’ in cui si trovano le Guardie Nazionali che hanno paura e pensano solo a salvarsi la pelle in un clima di incertezza assoluta.
La riunione tra gli ufficiali nel Posto di Guardia serve a creare un piano di Ordine Pubblico per la giornata che si presenta di difficile controllo,prima di raggiungere le famiglie che non vogliono rinunciare alla scampagnata,senza curarsi o forse senza nemmeno capire troppo i pericoli incombenti.
D.Leonardo da’ le ultime disposizioni organizzando una decina di pattuglie che gireranno per il territorio,con un occhio di riguardo per le zone a rischio,dove stazioneranno alcune Guardie armate.
Precisamente alla Masseria Vecchi,in contrada Occhielli,dove pranzeranno il Sindaco ed i familiari;a Cruci alla Masseria Masucci e a Tortoricolo,dai Pasquale dove si incontrano tutti gli studenti del paese.
L’ordine e’ di sparare in caso di attacco armato,di non rispondere alle offese verbali e di non accettare di bere vino,nel controllo dei gruppi di gitanti.
Le persone che passano in Piazza chinano la testa come a non salutare e, alla domanda di qualche esagitato filoborbonico che chiede loro “ viva a chi?”,la risposta ricorrente e’ “ viva a chi comanda”,con una sorta di rassegnazione e di paura.
Pochi sono quelli schierati apertamente e le provocazioni innescano scene preoccupanti di invettive e maledizioni reciproche.Solo la paura verso gli ufficiali che sono conosciuti come caratterialmente terribili serve da deterrente a situazioni che sembrano esplosive.La paura di essere arrestati per offese allo Stato mantiene una calma apparente,ma pericolosa.
Il crocchio di giovani che si sta formando sotto la Teglia sembra estraneo agli eventi per il brio dei discorsi e per le risate che ogni tanto rimbombano nell’aria.
Tra gli altri c’e’ Alessandro Sarno,Vincenzo Pasquale,Achille e Annibale Masucci i figli di D.Leonardo Bernardino Luciani cugino di D.Vincenzo Luciani, e Generoso Benevento , in quel mentre arriva dalla Pozzella Gioacchino Benevento,il dottore che era andato a visitare il collega Pasqualino,ormai in condizioni di salute disperate,che riferisce loro che gli altri amici hanno preferito andare dai Pennetti,nella loro masseria di Sorbo Serpico,su consiglio dei genitori.
L’atmosfera s’incupisce e si intravede qualche muso lungo.
- maledetta politica,nemmeno oggi ne saremo esenti,c’era da immaginarselo che non li avrebbero mandati con noi.I rancori tra i nostri genitori pesano sempre sulle nostre scelte,nostro malgrado,la voce di Achille Vecchi,il fratello del Sindaco sembra rotta dall’emozione.Oggi volevo ubriacarmi per dimenticare le tante sofferenze di questi ultimi tempi e non pensare a Pasqualino,ma vedo che sara’ un po’ difficile.
- non ti crucciare piu’ di tanto,gli risponde Alessandro,andremo lo stesso a divertirci,alla fine lo sapevamo che potevano anche non venire con noi.Negli ultimi tempi,a Napoli,hanno fatto sempre gruppo a parte e poi,chi se ne frega,chi c’e’ c’e’ e chi non c’e’ non c’e’.
Con la comitiva di Sorbo sono andati PietroAntonio Pennetti,Alfonso e Mattia Marra e quel rompiballe di Vincenzo Santoro,il figlio di D.Mariano,l’impiegato comunale.Come vedete i conti tornano.Sono tutti filoborbonici fottuti ed hanno come ospiti anche Achille De Cristofano,il farmacista e suo fratello Ferdinando,l’avvocato che manco a farlo apposta non hanno firmato al Plebiscito del 20 Ottobre scorso e che fanno come al solito doppio gioco,sembrano italiani,ma in cuor loro sono seguaci di Franceschiello.I Pennetti stavolta nessuno li perdonera’,hanno vita corta a Volturara.Vincenzo,il segretario comunale e suo nipote Gerardo,l’avvocato soprattutto si sono fatti tutti nemici ed appena le cose si acquieteranno gliela faranno pagare cara.Lo stesso Mariano Santoro,non sottoscrivendo il Plebiscito ha le ore contate,gia’ si sente in giro che presto lui e Vincenzo Pennetti saranno licenziati dal Comune.
















Capitolo V


5 Aprile 1861

Don Nicolino,finito di celebrare la Messa nella cappella del Cimitero di Montemarano sale sul terzo dei tre carretti che aspettavano fuori sulla strada.Si cala il cappello sulla fronte,si avvolge il mantello sulle spalle e nell’anonimato del suo aspetto assume il ruolo leggendario del cospiratore. I carretti si avviano lentamente verso le Tavernole in un silenzio rotto dal rumore delle ruote sul selciato.La nebbia del Dragone sale verso di loro nascondendoli in una nuvola irreale.Nella sua mente un tumulto di sensazioni che non traspaiono. Riva’ coi pensieri ai giorni precedenti fatti di preghiere e di fughe,di incontri e di persuasioni;Napoli sembra cosi’ lontana,ma la paura di essere preso dalle Guardie piemontesi piu’ che personale e’ preoccupazione di non poter portare a termine il piano,di dover consegnare Napoli ed il Regno ad uno straniero amico dei notabili e dei potenti trasformisti,lontano dalle esigenze del popolo e della Chiesa.
Cerca di riordinare le idee ,di mentalizzare con chi deve o puo’ parlare a Volturara,come finalizzare eventuali malesseri o ripensamenti.”Alea iacta est”,mentre spontanee sorgono sulle sue labbra preghiere alla Madonna e a San Giovanni per ritrovare serenita’ e calma.
Gli occhi del conducente si posano sul furtivo passaggio di una lepre che scompare dietro al cespuglio.E’ un attimo poi segue la curva della strada che appare indistinta nella nebbia.Quei vecchi ruderi sulla destra gli fanno fare il segno della croce e si ricorda del passeggiero dietro di lui.
Come e’ diverso da come lo conosceva.La lunga barba incolta,il cappello calato sugli occhi lo fanno apparire uno dei tanti briganti della zona.Ma forse lo e’diventato davvero!
Cosa e’ rimasto del Don Nicolino che conosceva? La bonarieta’ era diventata determinazione,lo spirito allegro faceva posto ad un silenzio interrotto solo da discorsi seri che lui non capiva.Qualcosa stava succedendo, ed il brivido lo fa’ sobbalzare. Perche’ Don Nicolino e’ cosi’ pensoso?,che va a fare a Volturara? Mah in fondo che me ne importa,l’importante e’ ritornare a Montemarano per finire di potare il vigneto.
Le prime case della Tavernole frenano i suoi pensieri.Tira le briglie e le esclamazioni degli altri due conducenti per fermare i cavalli fanno capire che fa troppo freddo.Il salto dal carretto serve a Don Nicolino per comprendere che i quarantuno anni se li porta ancora bene.Saluta con la mano i cocchieri e si avvia verso il paese.
Angelo e Luigi Solito escono sulla strada nel momento in cui don Nicolino appare dietro la curva,gli si fanno incontro.Si guardano intorno per vedere se sono spiati.Non vedono nessuno,ma Nicola Raimo li sta osservando senza farsi vedere.”Stavolta li frego”! e se ne va verso Volturara.
Con riverenza i fratelli salutano Don Nicolino e gli portano i saluti di Matteo Marino e Alessandro Picone che lo aspettano a Volturara.Chiedono della situazione e D Nicolino li rassicura che tutto e’ pronto per il grande ritorno di Franceschiello
- ragazzi ,duecento persone sono pronte a Bagnoli,cento a Montemarano,cinquanta a Castelfranci.Domenica si parte. Volturara sta nel mio cuore e dovra’ essere il centro della sommossa.I tanti amici personali che ho da voi vi daranno una mano senza comparire.Non vedo l’ora di incontrare Don Angelo e suo fratello per avere le ultime notizie!
- state tranquillo don Nicoli’ siamo pronti anche a morire contro questi traditori che sono passati collo Scomunicato del Piemonte,le parole di Angelo sono piu’ per rassicurare se’ stesso che il sacerdote.Sa che e’ difficile e che la situazione e’ disperata. - Non si puo’ consegnare il Regno agli stranieri ed essere ridotti in schiavitu,pensa,Il Signore e’ con noi e ci aiutera’.D’altronde questo prete sta dicendo che centinaia nei vari paesi si stanno muovendo e che il Re sta per tornare a casa vincitore.
Le prime case di Volturara sono davanti a loro.Nicola Raimo li osserva e la loro allegria gli mette rabbia e fretta.Attraversa il Serrone e va da Don Ferdinando.Pensa che e’ il piu’ duro , il piu’ severo.Gira sulla Spiezeria e bussa alla porta
.- D.Ferdina’,muovetevi sta arrivando.Arrestatelo prima che combini guai grossi.Questo e’ pericoloso piu’ di quanto immaginate.
Insieme si avviano in Piazza e D.Ferdinando lo vede mentre sta parlottando davanti al grande tiglio affianco al Campanile,dietro alla fontana.
Una certa eccitazione si sta impadronendo di Don Nicolino,tutti la aspettavano con ansia,qualcuno con curiosita’,mentre parla osserva gli astanti per carpire qualche sensazione.Vede Don Generoso Sarno salire al Campanaro e gli corre dietro.Sorpreso di vederlo Don Generoso,gli chiede il motivo dello stare a Volturara e alle prime parole resta come interdetto..Con una scusa lo saluta e sale al Campanaro verso casa.
-sempre lo stesso!,pensa don Nicolino,e si gira verso la Piazza.Riprende il controllo di se’ stesso.
Don Ferdinando gli si avvicina tirandolo per il lembo del cappotto
–Buongiorno,sono il Tenente De Cristofano,posso offrirvi un bicchiere di vino,vorrei scambiare due chiacchiere con voi!il prete resta sorpreso,ma accetta .Si avviano in silenzio al Posto di Guardia.
- Don Nicolino,che fai qui a Volturara?,le parole di D.Salvatore spezzano l’aria tesa,
non cambi mai,sempre in movimento. Chissa’ che stai combinando adesso!; poi rivolto al fratello ,
- Ferdinando ti presento un caro amico di Montemarano.Abbiamo trascorso a Napoli tante belle giornate insieme.
D.Ferdinando lo guarda storto,vorrebbe picchiarlo al fratello,ma si mantiene.
-va bene ho capito vi lascio soli,ci vediamo dopo.
Don Nicolino si scioglie,chiede a Salvatore degli amici ,di suo fratello Achille De Cristofano,di Don Nicola De Feo e degli altri.
-don Nicoli’, Achille e’ sicuramente in Farmacia,andiamo a trovarlo.Svoltano la Terrasanta, attraversano sulla dx la strettoia che va al Carmine,salgono sul ponte di legno posto sul vallone e si infilano nella Farmacia.
Don Achille esce dal piccolo sgabuzzino,attirato dal suono del campanello della porta.Gli occhi sopra gli occhiali sembrano brillare di gioia
–Don Nicolino bello,finalmente!,vieni mettiamoci dietro,ci facciamo un bel bicchiere di vino.
-Don Achì io me ne vado,ho da fare,fa D.Salvatore avviandosi alla porta,vi lascio soli,poi rivolto a Don Nicolino,vienici a trovare qualche volta,resti a pranzo a casa.
-Non lo pensare a mio fratello,e’ falso e contro di noi,fa D.Achille appena Salvatore chiude la porta,piuttosto fammi sapere,sono ansioso di capire quando si parte.Noi siamo pronti,gli amici ci aspettano.
-Don Achì,le cose vanno bene, e sorseggiando il bicchiere
,- buono questo vino,scommetto che e’ del Saracino.
La calma di D.Nicolino rincuora il farmacista che si apre con determinazione
-li dobbiamo ammazzare tutti questi traditori cascettoni,venduti per mantenere il potere, come sempre.Una pausa ,poi riprende
- il popolo e’ con noi;e’ stato fatto un buon lavoro,gli amici si sono impegnati al massimo in questi mesi,soprattutto Matteo e Alessandro.Li mando a chiamare?,no! forse e’ meglio che io non mi faccia vedere,sono piu’ utile se resto riservato.Questi sospettano tutto e non vorrei che ci scoprano prima di partire.
- Achì! Non c’e’ piu’ tempo!Domenica si deve partire.Tutti insieme in tutti i paesi dove possiamo arrivare.Il Re e’ alle porte della Campania,la flotta e’ nelle acque di Manfredonia secondo le ultime notizie.Dobbiamo creare confusione per alcuni giorni,prendere in mano la situazione e aspettare in stato di massima all’erta per creare un Governo provvisorio.Li spazzeremo come nel 99! poi aggiunge
-senti,adesso io vado a trovare gli altri.Tu sai quello che devi fare.
Si baciano,poi D.Nicolino ritorna in Piazza.La tensione che avvertiva all’arrivo sembra stemperarsi in questi incontri con amici,una specie di euforia gli pervade l’animo.
”E’ meglio di quanto credessi,pensa,ho fatto bene a venire,se riesco a far crescere la tensione,Volturara puo’ diventare il fulcro della rivolta.Va a finire che Franceschiello lo devo portare qui per ringraziarli,un giorno,speriamo non lontano.”
E’ arrivato davanti alla fontana della Piazza,quando vede due suoi compaesani che di spalle passeggiano.Si avvicina e tira per l’orecchio D.Nicola Gallo,suo vecchio amico.
Il fastidio per il gesto ricevuto si trasforma in sorpresa appena si gira
-Donnicolì e che ci fai qui ?,fatti guardare,lo sai che non ti riconoscevo piu’?Con questa barba sembri un brigante! Nicola Gallo e’ veramente sorpreso.Sa qualcosa,sa anche che il prete e’ ricercato per i fatti di Napoli del Novembre scorso.
-Niente,sono venuto a trovare dei vecchi amici,ma tu, piuttosto, come ti trovi a lavorare, a Volturara?,vedo che stai con Achille De Nicolais,grande amico mio.Mi fa piacere vedervi insieme qui a Volturara. L’ho sempre detto che Volturara e Montemarano devono stare insieme,fare un unico paese,l’uno puo’ aiutare l’altro.
Mentre parla,con la coda dell’occhio vede arrivare Don Nicola De Feo,l’arciprete.Li lascia quasi di scatto,senza nemmeno salutarli.
-Don Nicola!,come stai?,si abbracciano,si baciano con affetto,in nome di un’amicizia da ragazzi al Seminario di Nusco,culla dei loro impegni scolastici.
-Non mi chiedere perche’ sto qui, so’solo che sono contentissimo di vederti.
-Nicolì,!oggi resti ospite a casa mia,a pranzo,non dire di no,sennò mi arrabbio.
-vabbene,vabbene hai vinto tu! ho tanto da fare,ma a te non saprei dire di no.
-oh,vedi pero’che adesso ho da fare! Sai e’ morto don Pasqualino Masucci,il dottore e devo officiare il funerale,tu aspettami a casa che ti raggiungo subito.-
-Madonna mia,facendosi il segno di croce,don Pasqualino e’ morto?,povero amico mio così giovane! mi hai dato una tristissima notizia. Preghero’ per lui.Il Signore lo abbia in gloria.
Il cielo coperto,livido risuona in lontananza di cupi rumori e dietro la collina di San Michele improvvisi bagliori fanno presagire un tempo non proprio primaverile. I due sacerdoti si avviano al Campanaro.
-Maria! oggi abbiamo un gradito ospite,non farmi fare brutta figura,prepara qualcosa di buono,io torno tra poco
.La donna fa accomodare Don Nicolino nella stanza dove D.Michele il padre del sacerdote sta aggiustando una sedia.Cordialmente saluta l’ospite montemaranese e lo invita a prendersi un bicchiere di vino.
D.Nicolino avverte una strana sensazione di nervosismo e senza essere scortese,chiede di potersi assentare.
-non posso perdere tempo,pensa tra di se’,qua’ se non mi muovo rischio di rovinare tutto il filato.
Scendendo attraversa la Piazza d’un fiato,dirigendosi verso il Freddano;gira sotto i Portoni verso la casa di Don Angelo,il parroco.Sa che trovera’ comprensione ed aiuto,sa che Don Angelo gli indichera’ la strada giusta.Al bussare il parroco si affaccia alla finestra e senza parlare scende ad aprire la porta.Solo dopo che don Nicolino e’ entrato lo abbraccia con affetto.Scambiandosi parole di circostanza salgono al piano superiore. Matteo e’ lì.
Alto,robusto,con baffoni tendenti al grigio,sopracciglia forti e nere,sotto una capigliatura castana e corta incute rispetto,ma nello stesso tempo disponibilita’ al dialogo e senso di sicurezza.Don Nicolino ne aveva sentito parlare,ma trovarselo di fronte così come se l’era immaginato gli mette allegria e lo fa aprire senza remore.
-Matteo,dobbiamo muoverci.Solo tu puoi concretizzare i nostri sforzi,i nostri ideali contro questi traditori venduti allo Scomunicato.
-Don Nicoli’,fatevi salutare,e state senza paura.Volturara e’ con noi.Lo straniero non passera’.Garibaldi e Vittorio Emanuele pagheranno la loro tracotanza.Piuttosto come va negli altri paesi? quando ci sara’ l’ordine di accendere il fuoco?
-Il momento e’ vicino,sono qui per questo.Dopodomani iniziera’ in cento paesi una rivolta contro cui i pochi piemontesi non potranno fare nulla. A Volturara prenderai tu il comando delle operazioni e con i tuoi amici costituirai il nucleo che attendera’ il ritorno del nostro Re Francesco.
- ho gia’ parlato con loro e sono pronti.Comunque vogliono conoscerti.Abbiamo parlato tante volte di te che non vedono l’ora di vederti.Non sanno ancora che sei qui a Volturara, ma se usciamo li troveremo senz’altro.
Don Nicolino non se lo lascia dire due volte e prendendo il cappotto dalla poltrona dice
a Matteo di andare avanti,lui lo seguira’.
Arrivano al fontanino del Freddano,mentre l’orologio della Piazza suona mezzogiorno e le campane ricordano a tutti che e’ ora di fermarsi a mangiare,prima di riprendere il lavoro nei campi.Si fanno il segno della croce senza neanche accorgersene,mentre si infilano nel sottano di Alessandro Picone.
Finalmente i capi della cospirazione sono a raccolta.Con Alessandro ci sono suo fratello Luigi e Angelo Solito. Matteo fa le presentazioni ed invita tutti a fare una passeggiata al Dragone.Si parlera’ meglio,senza occhi ed orecchie indiscrete.Non si accorge che da dietro la finestra di fronte Pietro Candela li sta osservando con attenzione.
Una sorta di euforia pervade l’animo dei congiurati. Matteo parla con Don Nicolino sugli appoggi che sono riusciti ad ottenere tra i notabili.Fa il nome dei fratelli Mattia e Alfonso Marra,figli di Don Angelo,il nome di Don Gioacchino Benevento e di altri che pur essendo loro favorevoli non vogliono esporsi troppo,dato che le Guardie Nazionali tengono tutto sotto osservazione e conoscono i movimenti di tutti.
Alessandro con gli altri due un poco piu’ indietro guardano il prete ed esprimono i primi giudizi sulla persona. L’impressione che ne hanno ricevuto e’ senz’altro piu’ che positiva.Ammirano la serieta’ del volto,nascosto dalla barba,la determinazione del linguaggio e la sicurezza che le sue parole infondono. Alessandro si stregola le mani impaziente e l’eccitazione nei suoi occhi si concretizza nelle invettive contro Don Leonardo,contro Don Salvatore e contro Don Nunzio. Cascettoni,traditori.,sempre loro,pur di comandare non esitano a mettersi con gli stranieri,scomunicati Piemontesi.
La passeggiata si conclude nei pressi dell’aia di San Michele in localita’ San Carlo.Don Nicola osserva davanti a se’ e lo spettacolo della Natura e’ impressionante. j
-Avete un panorama degno del Paradiso! e se non fosse per il freddo e l’umidita’…
Il Dragone e’ pieno d’acqua fin sulla stradina che lo costeggia e lo spaccato che hanno davanti agli occhi fa vedere solo acqua con mallardi che salgono e scendono e centinaia di uccelli che volteggiano sull’acqua creando figure geometriche che assumono mille contorni e mille forme.Il cielo grigio e minaccioso rende piu’ colorata la superficie del lago e le pieghe dell’acqua con fare soffice sembrano cullare un mondo a se’,eterno,senza tempo.
Il brivido piu’ di piacere che di freddo scuote Don Nicolino,i cui pensieri erano arrivati chissa’ dove e,facendosi il segno di croce invita i compagni ad affrettare il passo perche’ ha troppi impegni in paese.
- Devo passare da Don Nicola Gallo,non per altro,quello si offende,pensa don Nicolino mentre arrivano alle prime case del Freddano.Al fontanino li lascia non senza averli baciati ad uno ad uno.Una stretta di mano a Matteo come per dirgli vai avanti senza paura e si avvia verso la Piazza.
Trova Don Nicola Gallo mentre va a tavola e un altro bicchiere di vino,senza mangiare,gli mette allegria.Ritrovarsi con un collega e di Montemarano stempera quel nervosismo che lo aveva assalito da quando era arrivato a Volturara.Gli racconta che tutta l’Europa si sta organizzando per riportare sul Trono di Napoli Francesco II.Una flotta attacchera’ a Manfredonia,un’altra a Palermo,mentre da Roma l’esercito marcera’ su Napoli con in testa il Re per scacciare gli atei.
-Don Nico’!fra giorni mi tolgo la barba,l’incubo e’ finito!Torno a fare il mio dovere di sacerdote,non senza aver scacciato questi demonii che si sono venduti alloScomunicato.
Se ne va rinfrancato,attraversa la piazza e al Campanaro bussa alla casa di don Nicola De Feo.
Chiede scusa per il ritardo,ma la simpatia che accoglie il suo ritorno gli fa capire che non sono offesi. A tavola l’aspettano in tre,tutti desiderosi di conoscere questo personaggio di cui avevano sentito parlare così bene.Giovanni,il fratello di don Nicola De Feo,fidanzato con Agnese la sorella di Alessandro Picone, non fa che chiedere notizie su come si sono conosciuti e delle marachelle che combinavano in Seminario.Il padre Michele scruta l’ospite cercando di capire cosa voglia e la sua mente va ai tempi del 48 e del 21.Ha lo stesso furore negli occhi di quelli che allora volevano il contrario di quello che voleva lui.Quante vite bruciate per cacciare i Borbone ed ora c’e’ chi ancora li vuole far ritornare!Cinquant’anni di lotte,di paure,di riunioni segrete.Ne aveva sentito parlare tanto da suo padre.I volti di Don Cosmo,di Don Domenico il fratello; di D. Antonio Candela ballano davanti ai suoi occhi e si mescolano allo sguardo duro,
accigliato,forse un po’ cattivo di questo prete che sembra un brigante.
- Si! questo e’ proprio un brigante,a me non piace,mi voglio fare i fatti miei,ma lo devo dire a Nicola di non fidarsi troppo.Questo porta guai appresso,glielo devo proprio dire.Il pranzo va avanti in silenzio,poi i due sacerdoti passano nel salotto e don Nicolino spiega come se fosse la prima volta nella giornata tutto il piano per il ritorno di Francesco II con la stessa partecipazione e veemenza di sempre.
Gli dice che e’ in diretto contatto con Roma tramite il fratello Mariano che sta a Napoli,nascosto dopo che tutti e due nell’anno precedente avevano partecipato ad una rivolta ed erano riusciti a sfuggire alla cattura per un soffio.
Fuori sta calando la sera.I cinque rintocchi dell’orologio,così vicini li scuotono dal parlare.Con rammarico Don Nicolino si alza e abbracciando l’amico gli rinnova l’invito a combattere contro lo scomunicato e nemico di Roma,apportatore di rovina dei popoli.
Mentre dalla finestra lo guarda che attraversa la piazza,Don Nicola De Feo a stento riesce a frenare il tumulto di sentimenti,suscitato dalla visita del suo amico.E’ turbato! sia perche’ lo ha visto sofferente,sia perche’ ha scatenato nel suo animo di uomo tranquillo orizzonti di lotte e di intrighi.
Nei suoi occhi appaiono le figure di don Gennaro Vecchi,don Salvatore Sarni,di don Leonardo Masucci, i padroni di Volturara. Come sara’ possibile combatterli?,chi ne avra’ il coraggio?
Potranno Matteo e Lisandro Picone far fronte ad un potere forte con mille tentacoli?.Mah! forse e’ meglio non pensarci.Che Iddio li aiuti.Chiude la finestra ,perche’ le prime gocce di pioggia portate dal forte vento penetrano tra le imposte creandogli fastidio agli occhi.
Don Nicolino torna a Chianzano, e sa che la sua giornata non e’ finita.Per recarsi in paese,chiama Achille e Giovanni Mongiello e li prega di andare con lui.Ivi giunti si dirigono in Piazza all’osteria di Beatrice Picariello e si rilassano bevendo un bicchiere di vino.
Agli sfotto’ di Beatrice che gli chiede come mai un prete porta la barba,Don Nicolino risponde che e’ un voto fatto per il ritorno del Re Francesco e che fra alcuni giorni se la tagliera’ una volta raggiunto lo scopo.
Un po’ infastidito e accorgendosi che l’ora e’ tardi e la persona che aspettava tarda a farsi vedere esce dall’osteria con i compagni e si avvia alla casa del fratello Silvio,dove conta di passare la notte.
Da questo momento si perdono le tracce di Don Nicolino.Per non essere arrestato,si nasconde nelle campagne di Chianzano.
























Capitolo VI





6 Aprile

Il freddo penetra nelle ossa,un vento gelido ed umido nello stesso tempo, fa capire che la vita e’ anche sofferenza fisica a Volturara.La poca acqua caduta ieri e’ gelata nelle pozzanghere sparse qua e la per la strada.Un debole sole arancione,che non riesce a penetrare la nebbia sparsa dappertutto apre alle tenebre di una notte passata senza dormire,con pensieri di odio e di rancore. O la morte o la montagna!Alessandro pensa gia’ a domani:Deve sembrare tutto spontaneo. Guai ! se capiscono le nostre intenzioni,qui arriva tutto l’esercito piemontese.Ci distruggono! Questi non scherzano. D’altronde quanti ci hanno abbandonato in sei,sette mesi.Sembravamo in tanti,siamo rimasti una decina e qualcuno sembra fare proprio il doppio gioco.Volti che girano nella sua mente e non servono a dargli tranquillità. Ricorda le parole di don Nicolino ed immagina scenari di rivolte in tutti i paesi. L’ansia dei preparativi accresce la sua determinazione.Niente deve essere lasciato al caso,ma d’altronde la continua presenza di Don Matteo lo aiuta ad essere ottimista. A sentire lui il paese e’ spaccato in due,molte famiglie sono favorevoli al ritorno del Re.Solo i marpioni si sono venduti allo Scomunicato.Gli viene voglia di metterne una decina al muro e fucilarli,se tutto va per il verso giusto.Il cavallo nel suo incedere piano lo fa sobbalzare,vuole scrollarsi di dosso questi pensieri,sa che deve arrivare presto alla masseria di Matteo alla valle re ‘Mpeo,deve sapere cosa fare.Lo trova mentre segue i bracciali nella semina e chiamandolo da lontano si avviano verso la Foresta.
- Alessandro tu sei il più coraggioso di tutti.Da te dipende il risultato finale.Oggi devi ritornare in paese e creare movimento.Se vedono che siamo forti ci seguiranno tutti contro questi cascettoni che vogliono solo comandare sempre loro.Li sappiamo tutti:
Don Linardo,Don Gennaro,Don Vicienzo Luciani,quel Caino;Don Marco,Don Salvatore,Don Ferdinando,Don Nunzio e quanti piu’ ne metti.Ma se ritorna Franceschiello li dobbiamo spogliare di tutto quello che hanno,gli dobbiamo mettere la zappa in mano! e qualcuno deve anche lasciarci la pelle. Piu’ imbecilli sono e piu’ si sentono importanti! c’e’ Giuseppe il falegname che sta proprio “ cacanno o’ cazzo”, prima o poi la paghera’.Fanatico e fessa!.Ma torniamo a noi,cerca Vincenzo,Angelo e Nicola di Bottino e fatevi sentire,devono incominciare a tremare.
Alessandro saluta Matteo e si avvia verso Volturara,un gelido vento taglia la faccia e lo fa piegare in avanti con il mantello chiuso sulle spalle mentre nella mente si delineano i movimenti da fare durante la giornata per preparare la rivolta.Spedire i fidati nelle “Cantine” del paese a surriscaldare l’atmosfera senza dare nell’occhio,mandare qualcuno nei locali della Guardia Nazionale a controllare i movimenti ed entrare nei crocchi in Piazza per aizzare gli animi.
In effetti non e’ d’accordo con Matteo su come agire,ma vi si adegua perche’ conosce la sua capacita’ di organizzazione e sicuramente ne sa piu’ di lui.Anzi si rincuora perche’ vuol dire che fuori da Volturara le cose vanno bene e che la loro azione sara’ sicuramente protetta da un intervento delle forze del Re che come gli hanno fatto capire premono alle porte del Regno,dal Lazio per terra e da Manfredonia per mare.Arrivato in paese,lascia il cavallo al Freddano e si avvia lentamente verso il Candraone. Vicienzo Mele il Carpato sembra aspettarlo,insieme ad Angelo e Mattia,i fratelli,davanti casa. Nervoso,agitato gli si fa incontro ed Alessandro deve fare uno sforzo mentale per calmarsi,per concentrarsi.Sa di essere piu’ impulsivo di lui,ma in questo momento ha il compito di organizzare gli altri e deve mantenere la calma per poter far calmare gli altri,d’altronde la tensione sale e conosce bene il carattere di Vincenzo, irruente e irrefrenabile quando perde la calma,senza mezzi termini.
Spiegandogli la situazione ed i propositi riesce a calmarlo davanti ad un bicchiere di vino messo loro davanti da Rosaria la madre di Vincenzo,dopo che si erano accomodati su di uno scranno vicino al fuoco.
- Tutto il pomeriggio e la sera dobbiamo passarli in mezzo alla gente,spiegando loro che il momento della liberazione e’ vicino.Un paio andranno nella Cantina di Antonio Pennetta,altri nel caffè di Angelo Discepolo,altri ancora in quello di Giovanni De Feo,Luigi e Raffaele i miei fratelli li mandero’nella cantina alle Tavernole,Raffaele Cotillo andra’ nel caffe’ di Giovanni De Cristofano,mentre Luigi e Angelo Solito
si fermeranno in Piazza nella cantina di Nicolantonio Marra,che e’ amico nostro.Bisogna provocarli mostrando sicurezza,se il popolo ci segue sono cotti.
Vincenzo prosegue il piano di Alessandro:
-Nicola Marra,Pasquale Cutillo,Matteo Masucci,Raffaele Del Percio,Matteo Picardi,
Nicola Montefusco,Mariano Risoli,Bernardo de Cristofano e Giovanni De Feo che sono i piu’ coraggiosi devono stare in mezzo alla Piazza,girare per il paese casa per casa,chiamare gli amici ad uscire allo scoperto.Devono muoversi gia’ da oggi!
Alessandro con la scusa di aver delle faccende da sbrigare lascia i tre e si avvia verso casa,vuole tranquillizzare Maria,la moglie e concentrarsi per preparare ogni mossa nei minimi particolari.
Arrivato a casa chiama i fratelli Luigi,Nicola e Raffaele e davanti ad una zuppiera di pasta e fagioli fumante da’ loro le ultime raccomandazioni.Il piu’ determinato sembra Luigi che,stanco di subire le oppressioni dei soliti,ricorda le sofferenze del padre Antonio contro quei tre o quattro che fanno il bello e cattivo tempo a Volturara.Sfruttato e abbandonato,messo in ginocchio da un potere precostituito,gli avevano impedito di crescere,lo avevano costretto quasi alla miseria,lui che voleva mandarli a scuola per farli diventare qualcuno nel paese.Dalle sue parole sortisce un rancore sordo e profondo che fa passare nella schiena di Raffaele un brivido che arriva fino ai denti che si serrano in una morsa d’acciaio.
Nicola capisce le tensione e li invita alla calma,per avere piu’ concentrazione e non commettere errori.Un ultimo bicchiere di vino,versato da Maria,bevuto d’un fiato quasi per un rituale sacro e di sangue ed all’unisono si alzano per andare a svolgere ognuno la sua parte.
Alessandro esce passando davanti al sottano dove la madre Gaetana sta sbrigando lavori nel cellaro,vorrebbe salutarla,ma l’istinto lo dissuade dal farlo e tirando diritto si avvia verso la Piazza.
Povera mamma,pensa camminando,da quando e’ morto papa’ si e’ chiusa un in mutismo che mi preoccupa.Ormai e’ piu’ di un anno e non riusciamo a farla nemmeno sorridere; i pensieri la uccideranno se continua così.Deve rassegnarsi e ritrovare la grinta che la contraddistingueva.Certo che noi ed io in particolare non facciamo niente per aiutarla,anzi stavolta mi odiera’ per quello che sto facendo e non mi perdonera’ mai di aver coinvolto anche Raffaele che e’ cosi’ giovane ed inesperto.Ma io non posso tirarmi indietro,se il Signore vuole che devo portare questa croce,la portero’ fino alla fine.Forse e’ meglio andare a trovare il compare Don Angelo Marino,il Parroco,chiedero’ consiglio a lui e lo faro’ pregare per me e la mia famiglia;puo’ darsi che c’e’ anche il fratello Matteo,solo lui riesce a darmi la carica giusta, senno’
qui’ rischio di crollare senza combinare niente.
Svolta sotto i Portoni e scompare nel buio della scala.

Per tutto il pomeriggio e’ un tam tam per passare la notizia dell’imminente rivolta contro l’invasore e i cascettoni. Decenni di rancori e di maltrattamenti subiti ritornano con insistenza nei discorsi fra la gente;odi mai sopiti fanno accrescere la rabbia di chi vede in domani la rivalsa contro tanti ,troppi torti subiti; una schiavitu’ oppressiva da cancellare con la forza della rivolta.Nelle parole di tutti la voglia di fare giustizia sommaria di famiglie cattive e prepotenti.Qualcuno pensa di mettere la ghigliottina in Piazza come a Parigi cinquant’anni prima,altri pensano gia’ dove scappare in caso di fallimento,ma la sensazione generale e’ che le cose stanno cambiando e che andra’ tutto bene.Nelle cantine,nei caffe’,nelle case,nelle campagne un’atmosfera di attesa,di parole nervose.Su tutto la speranza di poter appropriarsi di quelle terre da decenni coltivate per altri,per i soliti,senza ricevere in cambio nemmeno il minimo per sopravvivere.
La sera freddissima cala su un paese silenzioso.Una nebbia fitta sembra favorire le ombre che passano da una casa all’altra.Al Freddano soprattutto e’ un brulicare di persone che si incontrano.Dalla casa di Matteo Marino,sotto i Portoni, ogni tanto parte qualcuno con destinazione precisa per avvertire delle mosse da fare,.altri che salgono per avere ordini. Vicino al fuoco mentre discutono ci sono i promotori, i piu’ determinati.La vecchia cassapanca ospita Alessandro e Matteo,appoggiati al muro Luigi Picone e Giuseppe Nardiello li osservano in silenzio,nell’altra stanza don Angelo,il parroco,fratello di Matteo,prega da alcune ore in solitudine.
In Piazza, a due passi,l’atmosfera e’ diversa,pesante.Si palpa dolore e preoccupazione.
La morte del Dottore Pasqualino Masucci ha lasciato nello sconforto e nella disperazione i Masucci e i Vecchi.E’ una processione continua che sale e scende per le scale di D.Alessandro. Nello studio ci sono tutti i notabili a tenergli compagnia. C’e’ don Salvatore Sarno con il figlio diannovenne Alessandro,il dottore PietroAntonio Pennetti,D.Alfonso Marra,l’avvocato, e D.Vincenzo Luciani.
Lamenti e preghiere provengono dalla stanza affianco. D.Clorinta,la moglie di D.Pasqualino ha continue crisi di nervi e a nulla valgono gli sforzi del fratello D.Achille Vecchi a somministrarle medicine per risollevarla.Le amiche le tengono le mani e in silenzio piangono anche loro.
Era il migliore di tutti,buono e disponibile,simpatico e allegro.Nessuno riesce a farsene una ragione.Nemmeno il tempo di rendersene conto ed e’ scomparso,strappato ad una giovinezza nel pieno fulgore ed a una moglie che lo adorava.
D.Leonardo Masucci,il Notaio con D.Marco Marrandino e D.Gennaro Vecchi,il Sindaco discutono nel salotto,nei loro sguardi preoccupazione e nervosismo.Sanno tutti e tre che la situazione sta precipitando e che hanno il dovere di far fronte ad uno stato di cose grave e pericoloso.Non possono permettere lo stravolgimento voluto da pochi esagitati. Cinquant’anni di attesa non possono perdersi per superficialita’e noncuranza.L’unita’ d’Italia e’ troppo importante e bisogna fare tutto per mantenerla dopo averla ottenuta con sacrifici e tante perdite umane.Il ricordo del Re Bomba e del suo dispotismo e’ troppo fresco per non farli innervosire al solo pensiero.
D.Marco e’ il piu’ deciso
- D.Leona’ so che vi sto chiedendo un sacrificio troppo grande,so che il vostro dolore e’ una cosa tremenda,ma chiedo a voi e a D.Gennaro di essere forti e soprattutto calmi.Voi siete il nostro punto di riferimento,la nostra unica speranza.
Anch’io ho sofferto ed ho sofferto per una vita.Mio padre Ciriaco ha speso la sua esistenza in nome di un ideale unitario,mio zio Orazio ha passato tanti guai,si e’ rovinato una vita per poter vedere un giorno l’Italia unita,senza quei bastardi dei Borbone. Ebbene,scusate,ma dovete superare il vostro dolore,avrete tempo per piangere D.Pasqualino,oggi occorre fermezza e determinazione.Quei facinorosi la devono pagare prima che combinino altri guai.Lo sapete che in questo momento o al massimo domani si ribelleranno.Hanno armi e munizioni,questi ci ammazzano come cani!Occorre far intervenire l’esercito per fermarli,la Guardia Nazionale paesana non e’ in grado di poterlo fare,anzi molti di loro parteggiano per quei fetenti.
Si ferma di parlare per le grida di dolore che provengono dalla casa affianco e per un attimo un silenzio pesante cala nella stanza. D.Gennaro ha la testa fra le mani e qualche singhiozzo fa capire a Don Marco che sta piangendo sommessamente,di nascosto.
D.Leonardo si alza dalla poltrona e si avvia lentamente al balcone come per trovare concentrazione.E’ stato sempre di poche parole,ha preferito sempre l’azione e le cose concrete.Sa che il momento e’ pericoloso,la mente va indietro negli anni e ricorda altri momenti simili,ma mai pericolosi come adesso.Ricorda le parole di D.Pasquale,suo padre,”la calma e’ la virtu’ dei forti”,vorrebbe averlo vicino a lui in questo momento.Lui saprebbe cosa fare.Questa disgrazia in famiglia non ci voleva proprio,povero Alessandro quante ne ha viste,che vita di merda,e la mente va al 46 quando gli morirono quattro figli in sei mesi.Sembrava finita,ma questo dolore e’ peggio di allora,e’ insopportabile.
Gli e’ rimasto solo Generoso,poverino e’ sempre triste e stavolta sembra proprio finito.E’ passato un giorno dal funerale,ma sembra peggio di ieri.Vorrei dormire e svegliarmi tra dieci anni.
Lo fanno scuotere le parole di D.Gennaro
-Don Leona’! tu sai il bene che volevo a Pasqualino.Non dimentichiamoci pero’che sono il Sindaco e se lo sono e’ grazie a te e a D.Alessandro. Voglio da voi una parola di conforto,voglio sapere cosa devo fare! ho la mente vuota,c’e’ solo rabbia e dolore,ma se non ci decidiamo rischiamo il caos politico e sociale.Questi farabutti non hanno rispetto del nostro dolore,anzi ne approfittano perche’ siamo storditi e confusi.Non dimentichiamoci che lo stesso D.Salvatore aspetta casino per metterci in un angolo.Siamo riusciti a frenarlo per tanti anni,ma stavolta vuole farci le scarpe,lo stesso D.Nunzio si e’ alleato con lui per toglierci il Comune di mano.Giuro pero’ sull’anima di mio cognato che li prendero’ ad uno ad uno e non gli daro’ tregua fino alla fine dei loro giorni.La colpa e’ soprattutto di Alessandro Picone e Matteo Marino,sempre loro,sono peggiori dei padri,rompiballe e irriverenti. Ma li aggiusto io.Ho avvertito il Governatore Nicola De Luca a varie riprese,ma la situazione e’ estesa a tutta la Provincia e non possono mandare uomini a perdere tempo qui a Volturara.
-Gennaro,amico mio,sei come un figlio per me e la tua sofferenza mi opprime.Non so che consiglio darti,ma forse consigli in questo momento non ce ne sono e non servono. L’unica cosa da fare e’ restare calmi e non prendere nessuna iniziativa.Se li affrontiamo a viso aperto ci uccidono tutti,sono troppo determinati e non capiscono che stiamo facendo il loro bene.Un giorno i loro figli ci ringrazieranno per come ci siamo comportati,ma per adesso dobbiamo solo aspettare che passi questa bufera,questo terremoto.Non dico si salvi chi puo’ perche’ non sono un vigliacco,ma meno ci facciamo vedere in giro e meglio e’.D’altronde se succede qualcosa ho avuto anche io assicurazioni che verranno da Avellino ad aiutarci. Nicola Raimo sta seguendo gli sviluppi per noi.
Anche lui e’ da ammirare.Si sta fingendo amico loro per sapere le loro mosse in anticipo.Rischia grosso,se lo scoprono lo ammazzano!ma ho fiducia in lui,sai anche tu quanto e’ determinato e coraggioso.Quanto a Salvatore Sarno,lascialo perdere, solo se sbagli mosse puo’ avere spazio,altrimenti resta isolato con Nunzio e Vincenzo Luciani. Piuttosto chiama Ferdinando De Cristofano e mandalo a controllare per il paese con le Guardie Nazionali,e’ l’unico di cui possiamo fidarci e certamente non si fara’ fare fesso.
Marco Marrandino approfitta del silenzio che si e’ creato e chiede permesso per andarsene,vuole lasciarli soli perche’ devono decidere cose importanti;si avvia per le scale con una certa fretta di uscire da quella casa un po’ iellata.Incrocia D.Salvatore,il cognato e D. Vincenzo,il nipote e li saluta con un mezzo inchino,ma con freddezza.Loro non lo degnano di uno sguardo,ne’ di un saluto,continuando a parlottare tra loro.
D.Vincenzo,appena Marrandino si e’ allontanato lancia strali di maledizioni su di lui.
- ecco uno dei soliti lecchini dei Masucci,e’grazie a gente come lui e Nicola Raimo che perpetuano il loro potere a Volturara. D.Salvato’,scusate la mia sfacciataggine ma se non prendiamo noi in mano la situazione,qui rischiamo di fare una brutta fine. Gennaro e’ troppo morbido,troppo tollerante,a volte ho l’impressione che sia d’accordo con i rivoltosi.Dobbiamo farci rispettare con la forza,devono capire che noi siamo l’ordine.Quei quattro cafoni analfabeti,sobillati da alcuni pazzi criminali vogliono solamente sovvertire l’ordine sociale,stabilizzato nel tempo dai nostri antenati.Vogliono impadronirsi delle nostre terre per comandare loro a Volturara e noi non possiamo permetterlo.Come loro non hanno piu’rispetto per noi,noi dobbiamo ammosciarli con la forza senza pieta’,anche con le armi. A lavare la testa all’asino ci perdi acqua e sapone,questi bastardi bisogna ammansirli con la frusta.Abbiamo fatto tanto per loro e non capiscono chi gli fa del bene.Carne da macello che si permettono di fare i giusti e non rispettano chi rappresenta lo Stato.
-Calmati Vincenzo,lo ferma con decisione D.Salvatore,non farti prendere dalla rabbia,non serve a niente.Oggi dobbiamo mantenere la calma,i conti li faremo dopo e chi deve pagare paghera’.Lo stesso Gennaro Vecchi dovra’ rendere conto di come si sta comportando: e’ lui l’artefice di questo schifo. Cascettone e furbo basta che comanda lui va tutto bene.
Piuttosto domani mattina vado a Salza per votare il Deputato nazionale con Nunzio Pasquale e Nicola De Cristofano.Sicuramente spingero’ perche’ mandino un distaccamento militare a Volturara a controllare la situazione.Oggi ho gia’ fatto spedire da D.Scipione Capone da Montella un telegramma in merito.Spero che mi ascoltino!Come Ufficiale della Guardia Nazionale potrei fronteggiare la situazione in prima persona radunando tutti ed armandoli,ma forse e’ meglio stare riservati,siamo in pochi e rischieremmo di morire tutti.La morte di D.Pasqualino,il dottore potrebbe giocare a nostro favore.Non sono proprio Caini,dovrebbero rispettare il dolore dei Masucci e stare calmi.Altrimenti allora e’ la fine del mondo e non e’ possibile .L’esercito e’ organizzato bene ed in due ore puo’ arrivare a Volturara.Puo’ contare su Piemontesi,Ungheresi e Guardie Nazionali di vari paesi comandate da D.Michele Tagle che,sappiamo bene,non scherza proprio.
Le ultime notizie dicono che i contrari non sono bene organizzati e litigano tra di loro,d'altronde stai vedendo con i tuoi occhi quanta gente sale e scende a salutare e a tenere compagnia ai Masucci; questo vuol dire che contano ancora e che tanti preferiranno restarsene tappati in casa piuttosto che mettersi contro tutti noi. A cose finite saro’ io stesso a fare l’elenco di quelli coinvolti,li faro’ marcire in galera per il resto della loro vita.Ora si fatto tardi e voglio andarmene a dormire.Domani devo alzarmi presto per andare a votare,ti raccomando di vigilare perche’ come dicono tutti forse e’ proprio domani che vogliono attaccarci.E’ Domenica e nessuno lavora,quando non lavorano pensano e quando pensano troppo,sbagliano.




Capitolo VII



7 Aprile Domenica


A prima mattina Luigi Picone si presenta in Piazza con una penna rossa sul cappello,
provocazione bella e buona.
Alle 17 Giovanni De Feo,seguito da altre persone gira inneggiando a Francesco II.
Ore 21,30 sul ponte del Freddano Giovanni De Feo grida “Viva Dio,Viva Francesco II” al passaggio del parroco Don Angelo Marino e del sacerdote Don Nicola Marra che escono dalla Chiesa di San Sebastiano scappando poi sotto i Portoni.Davanti alla casa di Domenico Zirpolo fu Carlo, Alessandro Picone chiede a Don Angelo “Compa’, viva a chi?” ed il parroco gli da’ una risposta evasiva dicendogli di badare di piu’ alla Dottrina insieme ai ragazzi che stanno con lui.
Alle 22,45 Pietro Candela,vedovo della sorella di Alessandro Picone,dalla finestra di casa vede un gruppo di giovani visibilmente eccitati davanti al fontanino del Freddano vicino alla casa dei Picone che parlottano tra di loro. Sono Alessandro e Luigi Picone,Vincenzo e Angelo Mele,Nicola Marra detto Bottino,Raffaele Cutillo con il figlio Pasquale. Alessandro e’ armato!
In quel mentre dal Candraone compare Raffaele Del Percio armato di scure che al grido di Viva Francesco II invita tutti alla rivolta.
E’ IL SEGNALE!
Pasquale Cutillo va a prendere una pertica,Nicola Marra un fucile ed un panno bianco che issa alla pertica in segno di bandiera,la danno in mano ad Angelo Mele ed incominciano a muoversi verso il Freddano gridando a squarciagola,girano per via Croce si dirigono al Carmine.Man mano che proseguono si forma una folla incredibile, eccitata e determinata.Vanno per la Pozzella sparando in aria e tirando sassi alle case dei “Don”.La Guardia Nazionale si eclissa,per timore di soccombere.Arrivano in Piazza in centinaia e centinaia.Molti i giovani.Tentano di sfondare il portone del notaio Don Leonardo Masucci,Consigliere Provinciale e Comandante della II Compagnia della Guardia Nazionale di Volturara (vi si trova nascosto la spia Nicola Raimo) vicino al Tiglio,ma non vi riescono.Si dirigono al posto di Guardia rompendo le effigi di Vittorio Emanuele e Garibaldi. Raffaele Del Percio e Giuseppe Nardiello detto di Zeza con una scure mandano in frantumi lo stemma dei Savoia.Prendono fucili,mentre altre armi le requisiscono ai “Don”.Angelo Usignuolo armato bussa al portone di Don Nicola Marino per farsi consegnare altre armi .
Matteo Masucci e Matteo Picardo vanno verso il carcere,puntano le armi al collo del custode Pellegrino Scioscia di Altavilla e liberano i detenuti Nicola e Giovanni Sarno cugini, e Lorenzo Pedicino.
Il Sindaco Don Gennaro Vecchi sta a casa di Alessandro Masucci padre del cognato Pasquale Masucci,morto il giorno prima.Avvertito della situazione riesce a raggiungere casa sua e a tapparsi dentro.
Don Ferdinando De Cristofano si nasconde nel primo buco che trova:il botteghino di Sebastiano De Cristofano.
La folla sempre piu’ numerosa continua a percorrere il Freddano in cerca di proseliti.Ormai i rivoltosi sono intorno ai mille. Sparano,gridano,inneggiano ai Borbone,sfogano la loro rabbia contro chi si e’ venduto ai Piemontesi.
Verso le 23,30 Don Salvatore Sarno,Don Nunzio Pasquale e Don Nicola De Cristofano di ritorno da Salza dove si sono recati per votare il deputato al Parlamento vedono l’immensa folla che percorre le strade inneggiando a Francesco II ,issando bandiera bianca,presi dalla paura scendono ad Avellino per avvertire le Autorità di quello che sta accadendo.
Rimangono feriti verso mezzanotte Nicola Montefusco e Carmela Giliberti.Il vino incomincia a scorrere Alessandro Picone si ferma a bere nella cantina di Antonio Pennetti. Fino alle due,alle tre di notte i rivoltosi presidiano il paese.

8 Aprile

ore 9 Il governatore di Avellino Nicola De Luca arriva a Volturara,con 50 Piemontesi della quarta Compagnia del 30° Reggimento e con Guardie nazionali di Atripalda, Bellizzi, S.Lucia ,Santo Stefano e Candida,quest’ultime guidata dal capitano Michele Tagle,famigerato filosabaudo.
La gente presa dalla paura scappa sulle montagne.L’ordine e’ di arrestare tutti i rivoltosi.Viene perquisita la casa di Vincenzo Mele al Freddano da Don Salvatore Sarno,che riceve tre colpi di fucile che lo sfiorano.Dalla montagna ricevono colpi di fucili anche coloro che vogliono aprire la casa dei Picone.
I Piemontesi iniziano una caccia all’uomo sparando a vista contro chiunque resiste o si da’ alla fuga.
Ore 9,30 viene ucciso con una fucilata il giovane Giovanni Volpe,di 16 anni che tentava di scappare sopra il mulino al Candraone.
Viene ferito”abbascio lo freddano” fuori dall’abitato Nicola Di Meo alla spalla dx da due Piemontesi che gli avevano intimato l’alt. Generoso Picone,avvertito da Alessandro Picardo scappa ma viene raggiunto da un colpo sparato da un piemontese che chiama rinforzi.Lo feriscono ancora in varie parti del corpo con quattro fucilate.
Ore 10 Il governatore telegrafa ad Avellino annunciando la repressione e la morte di un rivoltoso.
Sul Comune il Sindaco Don Gennaro Vecchi segnala ad uno ad uno i nomi dei rivoltosi al maggiore dei Piemontesi Gioacchino Orta
Alle 10,30 Emanuele Salerno,mentre si reca da Giovanni Salerno per farsi prestare l’asino,al Crocevia davanti alla cantina del fu Domenicoantonio Salerno viene colpito al braccio da una fucilata dei Piemontesi che al suo tentativo di fuga gli intimano l’alt.
Viene ferito alla testa ed al braccio anche Giosue’ Marino,mentre con zappa in spalla va a seminare la patate.
Matteo Masucci di 20 anni dopo aver dato da mangiare alle mucche si apparta per un bisogno fisiologico dietro una siepe,richiamato da due Guardie Nazionali forestiere mentre si alza viene colpito da una fucilata che lo ferisce dietro l'orecchio sn..
Ore 12 il Governatore invia un secondo telegramma affermando che erano stati uccisi altri tre rivoltosi.
Verso mezzogiorno la situazione si calma.
Sono stati catturati Alessandro Risoli,soldato sbandato;Emanuele Candela,Antonio Buonopane,Luigi e Rosario Di Genua di Montella.
Vengono perquisite le case di Rosa Marino,moglie di Alessandro Marra di Ermenegildo;Vincenzo Di Meo;Rosaria Masucci,moglie di Vincenzo Mele;Gaetana Picone,madre di Alessandro e Luigi.Alcuni oggetti d’oro vengono rubati dalle Guardie Nazionali.
Scappano sulle montagne Alessandro Picone,Raffaele Cutillo,Nicola Marra,Angelo Usignuolo,Bernardo De Cristofano,Mariano Risoli,Angelo Mele,Giuseppe Nardiello,Luigi Picone,Elia Petito.
Ore 13 un terzo telegramma del Governatore ad Avellino fa capire che la situazione e’ sotto controllo.Continuano le perquisizioni e gli arresti per tutto il pomeriggio e nei giorni seguenti,dietro la delazione dei vari “Don”.
9 Aprile
condizioni meteorologiche pessime con pioggia vento e neve rendono la vita difficile ai fuggiaschi sulle montagne.
10 Aprile
il governatore rientra ad Avellino da Volturara.
11 Aprile
Don Scipione Capone Comandante della Guardia Nazionale di Montella e del Circondario in una lettera afferma che circa duecento volturaresi si sono dati alla macchia dopo la repressione e che essi rappresentano un pericolo costante perche’ capaci di organizzarsi in bande armate.
Iniziano i rapimenti a scopo di estorsione,ne resta vittima D.Nicola De Meo,farmacista, di anni 37,al quale per la paura,raccontano, diventarono tutti i capelli bianchi in una notte.Al rilascio dopo il riscatto sembra invecchiato di venti anni. Un’altra vittima di rapimento e’ Pietro Lepore.
15 Aprile
26 ex soldati borbonici vengono catturati intorno a Volturara
17 Aprile
vengono catturati in contrada Laura Nicola Marra e Raffaele Del Percio. Nello stesso giorno in Sagrestia viene arrestato il Parroco don Angelo Marino,mentre si accinge a celebrare la Messa.
Fino al 17 Luglio,giorno in cui Giuseppe Nardiello si costituisce,la sua Banda e’ padrona del territorio,minacciando molti notabili locali e rapendone altri.
Estorsioni vengono fatte in danno di Don Nicola Benevento,D.Achille Vecchi il medico e D.Gennaro Vecchi,il Sindaco che viene rapito e rilasciato dietro riscatto.
2 Giugno
viene istituita e festeggiata la prima Festa Nazionale dell’Unita’ d’Italia in un clima di tensione in una Volturara in cui i rivoltosi mantengono il predominio del territorio.
17 Giugno
nella notte primo scontro della banda Nardiello con le Guardie Nazionali.
2 Luglio
secondo scontro tra la banda Nardiello e le Guardie Nazionali,. Giuseppe Nardiello viene ferito alla mano dx e prontamente medicato da Don Achille De Cristofano,il farmacista. Nello scontro,avvenuto alle Tavernole ,resta ucciso Giuseppe Di Meo,sergente della Guardia Nazionale,falegname,(convinto filosabaudo che in precedenza aveva avuto scontri verbali con gli insorti tra i quali Alessandro Picone che nei giorni precedenti la rivolta del 7 Aprile gli aveva tolto il berretto e calpestato sotto i piedi e che solo l’intervento della madre Gaetana aveva scongiurato una denuncia,
comprandogli un cappello nuovo.)
7 Luglio
Don Achille De Cristofano e Don Gioacchino Benevento,il medico condotto vanno a festeggiare le sommosse che si rincorrono in Provincia sulle Tavernole nella Cantina di Bernardo De Feo e Carolina Calabrese.Don Achille commenta il defilarsi dei filosabaudi ” hanno finito li fessa!”
8 Luglio
la banda Nardiello assalta la sede della Guardia Nazionale distruggendo le insegne sabaude e il ritratto di Vittorio Emanuele II. La Banda musicale percorre le vie del paese suonando l’inno borbonico,Don Achille De Cristofano regala la sciabola di suo fratello Ferdinando,I Tenente della Guardia Nazionale, a Giuseppe Nardiello.
13 Luglio
proveniente da Paternopoli, verso mezzogiorno Nicola De Luca,Governatore di Avellino a capo di 200 Ussari ungheresi,4 cannoni,un battaglione di linea e 800 Guardie Nazionali raggiunge Volturara,sfila con il suo esercito per il paese per incutere paura.
14 Luglio
nei rastrellamenti sul territorio da parte delle Guardia mobile in una imboscata dopo uno scontro a fuoco viene catturato sulla Faieta nei pressi del Cotrazzulo il brigante Ferdinando Raimo alias Pagliuchella di 25 anni.Portato in paese viene impiccato al tiglio in Piazza dove resta appeso per quattro giorni a monito per la popolazione.Solo la pieta’ di alcuni sacerdoti mette fine al calvario del giovane dandogli sepoltura.
Il Governatore scioglie la banda musicale,rea di aver suonato l’Inno borbonico e minaccia di arresto il Sindaco per tolleranza verso i rivoltosi.
15 Luglio
Prima sentenza per i fatti del 7 Aprile.Vengono scagionati D.Mattia e D.Alfonso Marra ed il Parroco D.Angelo Marino.Vengono rimessi altresi’ in liberta’ Nicola Raimo e suo figlio Domenico e Nicola Picone,fratello di Alessandro.Gli altri vengono condannati tutti.
17 Luglio
si costituisce Giuseppe Nardiello.

21 Luglio
viene arrestata Giuseppa De Feo con l’accusa di aver diffuso voci allarmanti in paese,circa il ritorno di Francesco II.
27 Luglio
si costituisce Luigi Picone.
11 Agosto
Domenica.La giornata e’ passata tranquilla sotto il controllo costante della Guardie Nazionali che girano per il paese e le campagne per mantenere l’ordine. A tarda sera il capitano della II Compagnia della Guardia Nazionale Don Vincenzo Luciani si avvia insieme a Giovanni Lomazzo,che impugna una mazza,in Piazza,per controllare la chiusura delle Cantine,fa anche arrestare Nicolantonio Marra perche’ fa giocare a carte gli avventori,cosa proibita il di’ di festa.Alle undici di sera si dirige verso il Freddano e dinnanzi alla casa di Capone Pascale si imbatte in Alessandro Picone seduto con il fratello Nicola ed altri.Gli intima l’ordine di arresto,ricordandogli di ritenersi fortunato che’ se lo prendono i piemontesi lo seviziano.Arrivano altre Guardie Nazionali nelle persone di Mattia Picardo,Giovanni Ingino,Antonio De Feo,Alessandro De Feo e Michele De Feo. Alessandro cerca di calmare il Capitano chiedendogli di che cosa lo si accusa.Poi vista la mala parata gli chiede di poter andare in carcere senza manette,per non far preoccupare i familiari;ottenuto il tutto si avviano verso la Piazza.Man mano che camminano si accresce intorno a loro il numero di persone che li seguono.Sul ponte della Piazza incrociano la madre di Alessandro che incomincia a gridare”lo aveto preso finalmente sto’ mariuolo,lo pozza appiccia’ Gesu’ Cristo!” la tensione cresce,la folla preme. Alessandro Picone ne approfitta e scappa infilandosi tra le gambe dei presenti.La guardia Mattia Picardo lo afferra, ma resta con in mano la sola giacca,che Alessandro portava appoggiata sulle spalle,le altre lo inseguono,chiusi tra la folla. In un baleno il fuggitivo scompare dietro la Costa ed inutili sono le fucilate che gli spara appresso la guardia Alessandro Picardi. Continuano ad inseguirlo,ma ormai e’ scomparso nella boscaglia.
12 Agosto
le sei guardie sono incarcerate con l’accusa di aver favorito la fuga del Picone
16 Agosto
muore D.Gioacchino Benevento,trent’anni,medico condotto figlio di D.Carmine e cognato di D.Pasqualino,morto il 5 Aprile.Il colera colpisce i due giovani medici che si erano prodigati per i tanti malati del paese.
5 Settembre
viene arrestata Filomena Di Meo che parlando con Nicola Lomazzo e Giovanni Raimo asserisce che navi straniere riportano a Napoli Francesco II e che i rivoltosi saranno liberati senza causa.
6 Settembre
vengono rilasciate perche’ non riconosciute colpevoli le sei Guardie Nazionali arrestate per la fuga di Alessandro Picone.
14 settembre
Giuseppa De Feo viene condannata a quattro mesi di prigione.
17 Settembre
nel Bar di Angelo Discepolo,un tale Angelo Melchiorre di Atripalda afferma che 14/15 mila sbandati borbonici hanno fatto ritirare la Guardie Nazionali. Viene subito arrestato da Don Nicola De Cristofaro,secondo Tenente della Guardia Nazionale.
23 Settembre muore all’eta’ di trentotto anni ,sicuramente vittima ancora del colera che imperversa,Beatrice Rastano,la giovane moglie del Sindaco D.Gennaro Vecchi. Un altro colpo durissimo che mette in ginocchio D.Gennaro,il quale si richiude in se’stesso nella preghiera,dedicando tutte le sue attenzioni ai suoi piccoli nella quiete domestica,allontanandosi del tutto dalla vita amministrativa.
28 Settembre
vengono definitivamente scagionate le sei Guardie implicate nel fattaccio dell’11 Agosto.
Ottobre
il nuovo Sindaco e’ Salvatore Sarno. Inizia un gire di vite che colpisce ad uno ad uno i filoborbonici. Viene licenziato da cancelliere comunale,dopo trent’anni, D.Vincenzo Pennetti per non aver firmato al Plebiscito.Viene messo a riposo Mariano Santoro da impiegato comunale per lo stesso motivo.Viene messo in stato di accusa anche Ferdinando De Cristofano,l’altro impiegato comunale.
Viene dato un contributo alla moglie di Giuseppe De Meo,ucciso dai briganti il 2 Luglio,rimasta sola con 5 figli.Acquisisce potere Vincenzo Luciani che sara’ scelto come Segretario Comunale al posto di D.Vincenzo Pennetti.
Nel mese di Novembre la situazione e’ ancora grave.E’ difficile andare o venire da Avellino per i notabili senza paura di essere uccisi. Nemmeno il messo che deve portare le delibere al Prefetto riesce a portare a termine questo compito.Le campagne e le montagne pullulano di rivoltosi.Il sindaco per andare a Montemarano si fa scortare da 32 Guardie Nazionali.
11 Dicembre
Giuseppa Di Meo viene condannata a due mesi di carcere.
13 Dicembre
Angelo Melchiorre viene condannato a due mesi di carcere.

Febbraio 1862
passaggio e sosta a Volturara delle truppe e Guardie Nazionali della Provincia.
Maggio 1862
viene catturato il brigante Alessandro Masucci alias Malaoi
1 Giugno 1862
Seconda Festa Nazionale. Per l’occasione si premiano con sei carlini i due carabinieri e le sedici Guardie Nazionali che avevano contribuito alla cattura del brigante e Carlini 12 al loro Comandante
Giugno 62
si costituiscono Alessandro Picone e gli altri sei.
20 Giugno 1862
vengono rilasciati dal carcere in cui si trovavano Matteo Picardi,Raffaele Picone,Generoso e Luigi Sarno e Don Mariano Coscia,fratello di Don Nicola.
11 Ottobre
Il prefetto Nicola De Luca invia una circolare ai Comandanti delle Guardie Nazionali in cui dà il termine di 5 giorni per comunicare manutengoli di briganti e gli assenti dai Comuni ed ordina di arrestare i parenti di briganti fino al III grado di parentela.
1863 Lo Stato italiano offre la riduzione da 1 a 3 gradi della pena ai briganti che si costituiranno. Viene arrestato il brigante Alessandro Picardi.
9 Gennaio 1863:
alla 4 di mattina muore in carcere Raffaele Del Percio all’eta’ di ventisei anni,in modo misterioso.
13 Marzo 1863
vengono rilasciati Matteo Masucci,Vincenzo Mele e D. Amelio Coscia,altro fratello di Don Nicola. In questo giorno con la stessa sentenza Alessandro Picone e Raffaele Cutillo si buscano venti anni di lavori forzati,Nicola Marra sei anni,Bernardo De Cristofano e Mariano Risoli un anno,Angelo Mele sei mesi.Il fascicolo e’ intitolato “Processo contro Alessandro Picone ed altri” .Alessandro e’ imputato di cospirazione ed attentato contro la sicurezza interna dello Stato. Volturara viene definito un paese arretrato, feroce e sanguinario,restio ai novelli ordini civili (Giudice Vigorita)
Ai primi di Luglio viene ucciso Giuseppe De Feo di Pasquale da “un’orda brigantesca con cui si era unito”.
26 Novembre
viene ucciso sulla Faieta in localita’ Acqua degli Uccelli il brigante Luigi Volta 30 anni originario di Serino in uno scontro a fuoco con i Reali Carabinieri e la Guardia Nazionale di Volturara.
17 Dicembre
viene catturato il brigante Gaetano Picardo con Giuseppe Rossetti di Biella. In un telegramma vengono lodati e ricompensati con straordinari i componenti della pattuglia della Guardia Nazionale (Squadriglia sussidiaria mobile) che hanno contribuito alla cattura,in particolare il sergente Raimo. Lodi ricevono il Sindaco Salvatore Sarno ed il maresciallo dei Reali Carabinieri.
19 Dicembre 1863
molti condannati beneficiano dell’Indulto promulgato per reati politici e messi in liberta’.
1864
il 9 Settembre nelle ore pomeridiane due briganti della comitiva Cianci a cavallo si presentano alla casina di Ferdinando Picardi e fattolo salire su un cavallo lo sequestrano e lo conducono alla volta del bosco di Montella.
1 novembre i Carabinieri di Montella trovandosi in perlustrazione con un drappello del II Reggimento Fanteria arrestano il contadino Pasquale Garofalo di Montella per dato alla banda Cianci due giumente che erano servite per il sequestro del Picardi .
il 6 Novembre Ferdinando Picardi ritorna in famiglia dietro lo “sborso” di 2975 lire


10 Marzo 1865
Giuseppe Nardiello,capo dell’omonima banda e’ condannato a diciotto anni di lavori forzati; Luigi Picone e Elia Petito rispettivamente a sette e quattro anni di carcere. Pietro De Feo alias Petrillo 16 anni di lavori forzati,Michele Stoppiello 14 anni di lavori forzati,Gaetano Picardo 20 anni di lavori forzati.



1866
nella primavera del 1866 vengono arrestati i briganti volturaresi appartenenti alla banda di Cicco Cianci e responsabili del sequestro di CarmeAntonio Parrielli di San Mango:
- Vito Sarno di Giovanni nato il 22-7-1846.
- Generoso Calabrese di Francesco di 16 anni
- Giovanni Sarno di Ferdinando di 20 anni
- Pietro Lomazzo fu Domenico di 20 anni.
A Giugno la banda viene distrutta e Cicco Ciancio ammazzato in uno scontro a fuoco. Il suo corpo viene portato a Montella e mostrato su un carro per le vie del paese a monito per tutti.
1868
Novembre vengono arrestati come manutengoli della Banda di Pico Ferrigno di Montella
Giuseppe Discepola
Annibale De Meo
Benedetto Figliuolo
Michele di Clora
Pico Ferrigno e’ l’unico della Banda Cianci ad essere riuscito a sfuggire alla cattura ed imperverserà tra le montagne di Montella e Volturara fino agli anni 70.
1869
il 2 e 3 Agosto sono arrestati come manutengoli dei briganti
-Nicola Sarno fu Giovanni 30 anni
-Giovanni Sarni di Salvatore 27 anni
-Raffaele Sarni di Salvatore 37 anni
-Felice Morante di Lorenzo.
il 5 e 6 Agosto vengono anche arrestati come manutengoli
-Angela Sarno di Salvatore
-Giuseppe Pascale fu Emanuele
1870
Alcuni briganti derubarono Michele Risoli di Pasquale nel bosco di Bolifano.


Appendice

Il mio primo incontro con Pagliuchella e’ avvenuto leggendo dieci anni fa la Storia di Volturara di Roberto Di Meo. Non conoscendo i particolari del periodo in cui visse,mi resto’ per molto tempo nella mente la storia di un bandito che sul Malepasso fermava i viandanti derubandoli e picchiandoli. Mi resto’ impresso il fatto che era stato catturato ed impiccato in Piazza a Volturara sotto il mitico Tiglio secolare. Quante volte l’ho guardato cercando di capire e di immaginare a quale ramo era stato appeso. Il risultato che vedevo davanti ai miei occhi era una persona penzolante sul lato del tiglio rivolto verso il Campanaro.E quasi sempre la scena finiva con un brivido che mi percorreva la schiena,non so se di paura o di curiosita’su una storia che non avrei mai conosciuto o capito a fondo.
Il secondo incontro e’ avvenuto tre anni fa scoprendo Edoardo Spagnuolo con le sue ricerche sul periodo post-unitario del 1861,in particolare con il libro “Rivolte antisabaude nel Circondario di Volturara,Montemarano e Castelvetere”.
Uno squarcio su una realta’ dimenticata. Una voglia di andare fino in fondo per scoprire che era successo veramente.
Personaggi sino ad allora sconosciuti giravano nella mente con cognomi e nomi familiari,spezzoni di vita che era difficile mettere insieme senza commettere errori madornali.
In quel libro ritrovo un tal Pagliuchella,arrestato dal Governatore della Provincia Nicola De Luca nella repressione della rivolta anti-piemontese ed anti-notabili del Luglio 1861 con sua impiccagione il 14 Luglio sotto il tiglio e lasciato penzolare per alcuni giorni al “ludibrio del popolo”.Il dato che mi colpi’,pero’,fu che Spagnuolo citava come fonte Roberto Di Meo con il suo libro ed era strano che un ricercatore di documenti come lui non fosse riuscito a trovare niente di ufficiale sulla vicenda di Pagliuchella e che si era affidato ad uno storico locale che a sua volta non aveva citato alcuna fonte.Un alone di mistero e di curiosita’ a volte ossessiva animo’ la mia voglia di arrivare fino in fondo per scoprire una storia che forse non interessava nessuno,ma che nella mia mente apriva scenari romantici e avventurosi.
Dagli archivi consultati escono piano piano nomi e volti,protagonisti e vittime di un periodo di grande turbolenza sociale che alla fine e’ l’inizio di un percorso che ha determinato la realta’ di oggi.
Giovanni Volpe viene ucciso dai fucili piemontesi nella repressione dell’8 Aprile 1861,verso le dieci di mattina,aveva sedici anni.Cadde come un passerotto dal ramo di un albero mentre canta al calore del mattino e non si rende nemmeno conto di cadere.
Giuseppe De Meo,falegname e sergente della Guardia Nazionale di Volturara,viene ucciso in c.da Tavernole il 2 Luglio 1861 in uno scontro a fuoco con i briganti,
sicuramente della banda di Giuseppe Nardiello.
Vengono arrestati piu’ di cento volturaresi e condannati il 5 Luglio a pene di diversa entita’ e li troviamo tutti con nome,cognome e paternita’,ma di Pagliuchella nessuna traccia!
Dal 1862 al 1866 le montagne di Volturara pullulavano di briganti di tanti paesi,ma tutti sfuggiti alle repressioni dell’esercito regolare in nome di un’unita’ d’Italia che nessuno voleva accettare e per non ingrossare,con la chiamata obbligatoria alle armi, le fila di un esercito che consideravano nemico.Per primo viene arrestato Alessandro Masucci,
Malaoi. Alla fine del Novembre 63 viene ucciso in uno scontro a fuoco sul Terminio il brigante Luigi Volta di Serino.Il 17 Dicembre viene arrestato il brigante Gaetano Picardi.Nel Giugno 1866 viene sterminata la banda di Francesco Cianci ( Cicco Ciancio) di Montella di cui Pagliuchella era luogotenente,.Il capobrigante ammazzato viene trasportato al suo paese e mostrato per le strade su un carro a monito per tutti.
Alla fine si sa quasi tutto di tutti,ma il vero nome di Pagliuchella non salta fuori.Non si riesce a capire chi era,quando e’ morto e come e’ morto.Ormai si fa strada il pensiero che non sia mai esistito e che sia frutto di fantasia popolare che Roberto Di Meo ha creduto di trasportare nella storia di Volturara,per creare un alone di leggenda in un periodo che la nebbia della dimenticanza dolosa ha coperto sotto una coltre impossibile da aprire.
Nell’inverno del 1999 Carla Di Vece,ultima discendente della famiglia Pasquale,mi mostra un quaderno scritto a mano nel 1916.E’ il tentativo,mai portato a termine, di scrivere una “Storia di Volturara” da parte di Nunzio Pasquale(1879-1967) dimenticato negli anni in un baule in soffitta.
Tra le tante notizie carine riesco a decifrare una pagina dedicata al Brigantaggio:
“Il brigante piu’ celebre di queste contrade fu Cicco Ciancio,nativo di Montella,il quale compiva le sue gesta uccidendo e rubando assieme ai suoi degni compagni nel territorio di Volturara e di Montella. Cicco Ciancio che andava a rifugiarsi nelle recondite grotte della Faggeta e sotto le gole del Terminio era il terrore di questi luoghi.Egli il piu’ delle volte inviava anche qualche lettera minatoria ai benestanti di Montella e di Volturara intimando loro di inviargli mediante qualche suo fido o confidente una somma rilevante in danaro,altrimenti pena la morte.Cicco Ciancio ed i suoi degni ed inseparabili compagni sequestravano anche qualche persona che incontravano nei boschi ed allora i furfanti rilasciavano i disgraziati quando la famiglia di quest’ultimi inviava loro il danaro chiesto.Cicco Ciancio per molti anni fu invano perseguitato dalla forza pubblica che non potette scovrire ed assicurare alla Giustizia il temibile e pericoloso brigante.Finalmente un giorno ben triste pel famigerato brigante, Cicco Ciancio fu ucciso a colpi di moschetto dai Carabinieri che perlustravano le campagne. La voce pubblica afferma che il cadavere di Cicco Ciancio il quale aveva commesso innumerevoli furti e delitti fu trascinato a viva forza per sfregio per le vie di Montella mettendolo esposto al pubblico per qualche giorno per farne vedere la sembianza truce su cui era impresso il marchio dell’infamia e rilevavanosi a chiare note le stigmate dei veri e grandi delinquenti nati.Furono altresì briganti e seguaci di Cicco Ciancio i seguenti volturaresi: Pagliuchella,alias Ferdinando ??? ( il cognome viene cancellato dall’autore) che fu ucciso in contrada Faggeta,in un conflitto colla forza pubblica; Pietrillo De Feo,il galeotto,che sconto’ in diversi penitenziari la pena di anni 36 di lavori forzati;il brigante Giuseppe di Zeza,che per sfuggire alla Giustizia,dopo aver commessi diversi delitti fuggì alle lontane Americhe clandestinamente;Alessandro Masucci soprannominato Malavoi; Cienzo (Vincenzo) e Angelo Mele lo Carpato;il fratello di Sabatiello di Camillo; un certo Sarni che fu ammazzato in carcere perche’ traditore dai suoi stessi compagni,briganti come lui.Altri briganti sono esistiti in queste contrade,che non citiamo per non andare alle lunghe. Tutti detti briganti capitanati dai celebri Cicco Ciancio e Pagliuchella ecc , mandavano la refurtiva a qualche ricettatore di qui ???????????? ( nomi cancellati dall’autore sul manoscritto)
Furono presi ( in quei tempi) dai briganti in ostaggio i seguenti cittadini di Volturara: Ferdinando Picardi,mentre dormiva nella sua casina; e dovette la sua famiglia sborsare una rilevante somma per essere rilasciato;D.Gennaro Vecchi e Pietro Lepore.( cfr Storia di Volturara di Nunzio Pasquale ).

Pagliuchella e’ tornato prepotentemente sulla ribalta dei personaggi volturaresi!
Nuove luci e nuove ombre si stagliano su una figura ormai assurta a personaggio leggendario e sempre piu’ misterioso.Finalmente sappiamo definitivamente e sicuramente che Pagliuchella e’ esistito e che si chiamava Ferdinando,che fu ucciso in un conflitto a fuoco sul Terminio e non impiccato in Piazza sotto il Tiglio,ma
perche’ Nunzio Pasquale scarabocchia sul suo cognome impedendone la visualizzazione?
La risposta piu’ semplice e’ che la famiglia di Pagliuchella e’ ancora a Volturara nel 1916 e che Nunzio Pasquale ha paura di ritorsioni.
Ad uno sguardo attento pero’ balza agli occhi che di tutti gli altri briganti citati,Don Nunzio da’ nome,cognome e soprannome:Cio’ significa che la famiglia di Pagliuchella non solo sta a Volturara,ma che e’ soprattutto una famiglia potente e/o pericolosa.
Iniziano ricerche per arrivare a soddisfare una curiosita’ che sta assumendo i contorni di un giallo,ma tutto e’ inutile:di volturaresi con nome Ferdinando uccisi nel periodo post-unitario dal 1861 al 1870 non esiste nessuno!
I ricordi degli anziani del paese si perdono in qualche non so,non ricordo.Non si puo’ dare loro torto,sono passati centocinquant’anni.
Alcuni dicono che prima della II guerra mondiale abitava al Freddano un certo Antonio Monzione soprannominato Pagliuca con due figlie femmine di cui si sono persi i nomi.Non mi sembra una buona pista!
Altri aprono piste su una famiglia in particolare; indizi sfumati su antichi racconti che finiscono,pero’ sempre nella stessa frase: mi diceva mio nonno che quella era una famiglia di “ breanti ”.
Altri ancora arricchiscono la loro versione con “marenghi d’oro” trovati in un tronco d’albero alla fine dell’800 da un volturarese,che secondo la versione dei loro nonni erano in verita’ il frutto delle rapine dei briganti di cui quel volturarese era ricettatore e parente.
Alla fine dopo tre anni di ricerche,tra tira e molla piu’ o meno veri,resta il mistero di un breante di cui non si riesce a trovare l’identità’. Un’istintiva simpatia si affaccia sulle vicende di un uomo che nel turbine confuso dell’Unita’ d’Italia parti’ per difendere,come tanti,l’autonomia della sua Nazione,il Regno delle Due Sicilie,contro un invasore spietato e crudele che voleva cancellare secoli di memoria e di storia e fini’ col diventare preda da cacciare e da uccidere.Fossero tornati i Borbone,come nel 1799, sarebbe diventato un eroe da ricordare e da indicare ai posteri per audacia e coraggio,ma quello che e’ successo non si puo’ cancellare e ,forse ,e’ meglio che sia andata così.Resta il dubbio assoluto che il Bene ed il Male siano frutto di circostanze casuali e che non sempre chi vince ha ragione. E,permettetemelo alla fine. Forse e’ meglio non conoscere mai il vero nome di Pagliuchella ,perche’ un dato e’ certo:in una Volturara in cui la classe dirigente ha sempre pensato e pensa solo ed esclusivamente al proprio tornaconto personale,il Brigante Pagliuchella resta uno dei pochi che ha combattuto ed e’ morto per un Ideale.

Pagliuchella e’ un atto d’amore di Edmondo Marra verso il suo paese e la sua gente.E’ la cronaca romanzata,ma fedele,quasi giorno per giorno,del 1861,un anno importantissimo della Storia d’Italia, e si basa su documenti veri,frutto di una ricerca lunga e difficile. Nell’esaltazione del particolare diventa in definitiva uno spaccato di un periodo quasi sconosciuto che ha determinato gli eventi e le situazioni attuali.Il “nuovo ordine delle cose” imposto dal Governo Nazionale di Torino scatena una serie di ripercussioni politiche ed economiche che creano grossi turbamenti sociali i cui risvolti dureranno decenni.
Nasce per restare come documento vero che aiuti a creare la memoria storica della nostra gente.

Edmondo Marra,medico di base, e’ nato nel 1951 a Volturara Irpina ,paese di cui e’ attualmente Sindaco.
Alla sua prima esperienza,ha curato nel 1999 la pubblicazione di un manoscritto del 1916 sulla Storia di Volturara e sta preparando la pubblicazione di un romanzo da un manoscritto del 1895 di Vincenzo Pasquale “ Il Capourbano”.