Padre Alessandro Di Meo
 
Padre Alessandro Di Meo 1726-1786 ,
Prodigio di Scienza e Miracolo di Santità
Alessandro Di Meo 1726 - 1786 , Redentorista .
Servo di Dio.
Prodigio di Scienza e Miracolo di Santità.
Portento della Natura e della Grazia.
Figlio di Marco e Giovanna Pennetti. Discepolo di Sant’Alfonso de’ Liguori. Nacque il 3 Novembre 1726 nella Terra della Voltorara.Ha scritto “Gli Annali della Storia del Reame di Napoli nella mezzana Età”, opera monumentale in XII tomi,pubblicati postumi dai nipoti sacerdoti Giuseppe e Pasquale Di Meo.
Morì il 20 Marzo 1786 in Nola mentre predicava della vita e della morte,colpito da apoplessia, divenendo il simbolo dell’accettazione della volontà divina di fronte all’exitus e preveggendo la sua dipartita nelle ultime parole che stava proferendo.
GIUDIZI SUGLI ANNALI DI P. Alessandro Di Meo nei secoli

Can. Salvatore Ruggiero, revisore regio:
E' degno di lode chi le sue fatiche impiega nell'illustrare la storia del nostro Regno e con l'aiuto delle vecchie Carte si impegna a portare lume nell'età oscura, regolandone la cronologia e richiamandone gli avvenimenti. Questa adunque non è da negarsi al dotto P. Alessandro Di Meo, che è stato splendore e ornamento della Congregazione del SS. Redentore, il quale, versato nella lettura dei Diplomi e fornito delle regole della critica, ha compilato gli Annali del nostro Regno, supplendo a ciò che manca agli altri storici, e rendendo più corretta la Storia Napoletana.

Can. Ignazio Falanga, revisore regio, al Card. Sf orza:
Gli Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli... essendo un'opera di cui si è potuto dal pubblico formare un anticipato giudizio nella grata accoglienza fatta dal Prodromo (l'Apparato Cronologico) di detta Opera, già dato alle stampe, posso assicurare l'Eminenza vostra che, se laude immortale meritamente per quello ha riscosso l'Autore, per questo al certo forzerà il pubblico a colmare la sua memoria di mille benedizioni. Imperocché un sano giudizio in esso si scorge ed una esatta maturità nel rivangare i monumenti della Storia, e, quel che più vale, una precisione così netta nel distinguer caratteri del vero dalle barbarie dei mezzani tempi offuscato, che non può il Lettore non abbandonarsi, anche nei punti più dubbiosi, al criterio di una Guida dotta.
Edoardo Winkelmann, prof. all'univers. di Heidelberg (1894):
Tutti noi altri moderni, che investighiamo e scriviamo sulla Storia dell'Italia del Medio Evo, dove andremmo a finire, se non avessimo avuto il P. Di Meo sulle cui spalle ci poggiamo? Egli fece tutto nel suo secolo e giovò ai posteri ancora: la sua perciò fu vita bene spesa.

Ferdinando Hirsch, professore all'università di Berlino
Nei miei studi sulla Storia dell'Italia Meridionale, al tempo dei Longobardi e dei Normanni, ml sono sempre persuaso che gli Annali di Di Meo formano la base, da cui nuove ricerche devono cominciare per rimontare indietro e progredire. Degne di ammirazione sono la diligenza, la perseveranza, l'erudizione e la critica sottile che si riscontrano in questo indagatore della Storia, il quale specialmente si è acquistato grandi meriti per la Storia della sua piccola patria e per le estese ricerche e per l'uso giudizioso dei documenti.

Michele Schipa, redattore dell'archivio storico napoletano:
<<La base granitica che posero alla nostra Storia Medioevale l'erudizione, le ricerche operose e molteplici, l'acume critico, lo spirito fieramente indipendente del padre Alessandro Di Meo e dei di Lui Annali si è fatto e si fa largo uso in Italia e fuori, sfruttati con segni palesi di riverente gratitudine.

Gaetano Milanesi, direttore dell'archivio di Stato di Firenze:
<<Gli annali dell'eminente Storico Alessandro Di Meo sono opera veramente dotta e magistrale.

Marra Antonio:
Profondo filosofo e sommo critico annalista (il Di Meo), le cui opere sono state in ogni epoca ricercate dagli storici, principalmente dai Dotti di Germania.
Prodigio di scienza e miracolo di santità
flagello degli increduli
Portento della Natura, e della Grazia
Petto di acciaio
Biblioteca portatile,
E’ tale, che fa far idea della Sapienza di Dio.
Fiume di eloquenza, e miracolo di erudizione
Operario di Gesù Cristo
Uomo impareggiabile

Con questa gloria terminò li suoi giorni, e sarà sempre immortale la memoria del P. D. Alesandro di Meo, gloria de' Letterati, vero Operario di Gesù Cristo , e degno figlio di nostra Congregazione. Portento della Natura, e della grazia era stimato dai ceti li più elevati: nuovo Apostolo, e tra tutti un altro S. Paolo lo predicavano i Vescovi: petto di acciaio veniva chiamato dai Missionari Napoletani: Fiume di eloquenza, e miracolo di erudizione da tutti i Letterati: Biblioteca portatile, lo denominava in Compendio Monsignore Moja Vescovo di Muro: Uomo impareggiabile chiamavalo un Consigliere del Re. Il dotto P. Benedettino D. Salvadore Maria Blasi di lui Amico, avendo avuto contezza dell'immatura, e impreveduta sua morte, così teneramente esprimesi nell' ultima XVIII. sua lettera. pag. 103. " Non posso spiegarvi i movimenti del mio cuore a sì improvvisa disgraziata notizia, che mi ha penetrato il più interno dell' animo. Io non saprei, se abbia fatta perdita maggiore la Religione in restar privo di un Apostolo, che al buon sentiero conducea le anime traviate; o la Repubblica Letteraria nell' essere spogliata d' un uomo infaticabile di sì profonda erudizione, e dottrina. Vaglia non però per tutti l' Elogio di Monsignor Liguori nostro Ven. Padre. Avendolo inteso predicare Monsignor Borgia Vescovo di Aversa, disse: tutto è stupore, non vi è stato, nè si vedrà altro simile; e Monsignor Liguori soggiunse: è tale, che fa far idea della Sapienza di Dio.
Aspetto fisico di PADM
Non era il P D Alesandro un uomo di gran aspetto: la sua statura era piuttosto bassa che proporzionata: Aveva il colorito così bruno, che dava nel nero; e le fattezze anziché gentili, erano ruvide, e quasi disgustose Mons. Mastromattino Vescovo di Vicoquenza vedendolo entrare in Sagnestia per predicare al suo Clero, si riempi di tal scorno, che se convenuto lì fosse, volentieri ne sarebbe scappato. Sentendolo predicare calò la testa,ma fu così tocco nel corso degli Esercizj che rinunciar voleva il Vescovado; e fatto l'avrebbe, se dissuaso non fosse da personaggi di alto rango: Ne predicava. sempre le meraviglie, e non con altro nome lo chiamava, che di Apostolo di Gesù Cristo.
20 Marzo 2004

L’opuscolo di Padre Tannoia è stato scritto tre mesi dopo la morte di Padre Alessandro Di Meo avvenuta Lunedì 20 Marzo 1786 da un suo confratello ed ammiratore e pubblicata la prima volta nel 1808 , in pieno decennio francese. Fu ristampato nel 1889 dal sacerdote Don Antonio Candela , uomo colto e di forte temperamento e dedicato al prof. Luigi Di Meo pronipote del Servo di Dio. E’ una testimonianza diretta della vita del grande nostro compaesano , che al di là di una ingenua,ma immediata e retorica , ne mette in luce la grandezza culturale, storica e di fede .Da l’aspetto fisico, caratteriale e umano di un personaggio schivo ed amato da tutti ,dal Re all’ultimo bracciale con la stessa intensità e con lo stesso rispetto. Un uomo semplice ma capace di diventare un leone nella diffusione della parola di Dio dai pulpiti di mezzo Regno e capace di interloquire alla pari con i grandi dotti dell’epoca con una erudizione portentosa e concreta che scardinava ogni falsa ideologia . Ma la grandezza di Patrammeo è la costanza della ricerca storica nei polverosi archivi e la capacità di smontare concetti ed eventi con chirurgica precisione e grande metodo di ricerca.
Nella ricerca di solitudine , nell’esaltazione del prorpio io attraverso l’impegno di ore ed ore calato sui libri , nell’immediatezza e l’ingenuità del suo carattere e la riservatezza dei propri gesti ,initi ad una intuizione geniale ,dovuta a perseveranza ed applicazione Padre Alessandro Di Meo incarna la vera anima volturarese nei secoli , anche se tornato negli anni 70 al paese nativo , ed essendo vacante il posto di arciprete per l’improvviso decesso del titolare rifiutò l’invito degli amministratori e dell’assemblea popolare che per ben due volte in pubblica piazza lo osannò alla massima carica religiosa del paese. Approfittando della pioggia incessante si calò dalla finestra dalla stanza che lo aveva visto bambino al Freddano e scappò di nascosto per paura di non saper dire di no al suo popolo. Fu il primo emigrante e ,come tutti coloro che lasciano a malincuore lo Otrale , se lo portò nei suoi occhi e lo amò da lontano.
Come tanti è tornato per l’eternità , anche se dopo duecento anni .Veglierà su di noi ed i nostri discendenti fino alla fine dei secoli.
Edmondo Marra
I paesi irpini dagli Annali di P. Alessandro Di Meo
di Edmondo Marra. Elaborazione di Angelo A. Marra.

Nella discussione che si sta portando avanti sulla legge promulgata dalla Lega con proposta di aggiungere ai paesi il nome dialettale mi sembra interessante esporre gli studi di Alessandro Di Meo , liquorino, che Sant’Alfonso amava definire “ Prodigio di Scienza e Miracolo di Santità” tratti dagli Annali del Reame di Napoli nella Mezzana Età opera in dodici tomi , fonte di ricerca usata dai più grandi storici europei degli ultimi due secoli.
Padre A. Di Meo,Servo di Dio, nato a Volturara Irpina nel 1726 e morto a Nola nel 1786 mentre predicava della ineluttabilità degli eventi della vita e della capacità di saper affrontare la morte ,nella sua opera monumentale , parla di molti Comuni irpini, mettendone in risalto le origini e i signori durante il Medio Evo

In ordine alfabetico , su notizie tratte dell’opuscolo di G. Chiusano scritto nel 1976, parla di

-Acquara: Casale di Trevico. La Chiesa di S. Giovanni, insieme al Casale, fu donata a Montevergine. Già nel 1183 risultava la Badia di Sant’Euplio di Acquara, il cui Signore, Guglielmo di Monte Fullone, Aveva il diritto di presentare l’Abate.

-Aiello:(<<Agello>>), vicino Atripalda, in P.U., diocesi di Avellino. Nel 1197, era nota la Chiesa di <<S. Maria di Agella>> dei Verginiani, in tenimento di Atripalda.

-Altavilla: in P.U.

-Andretta: chiamata <<Belice>>, in P.U., diocesi di Conza. Ne fu Signore, secondo il catalogo del Borromeo, Guallerano Follari. Era feudo di due militi.

Aquilonia: credonsi due antiche città di tal nome,ambe sannitiche.L’una si vuole da alcuni in Agnone nel Sannio,l’altra nei sanniti irpini ove ora è Carbonara. Gelso la pone in Lacedonia.
( Aquilonia,Quilonia,Chilonia,Cilonia,Cidonia).

-Ariano:(<<Araiani>>)in P.U. Alcuni vogliono che fosse l’antica Equotutico. Fu dichiarata suffraganea di Benevento nel 969. I Conti di Ariano si unirono ai greci(1024). Fu presa da Roberto il Guiscardo(1079). Protettore: S. Ottone. Nota la Chiesa di S. Agostino, fuori città(1080). Conti di Ariano: Eriberto(1089),Eriberto figlio del Conte Corrado(1100), Giordano, figlio di Eriberto, in guerra con i vari Conti(1119), che perdette Ariano e fu costretto a ritirarsi a Morcone(1112). Morto il Conte Guglielmo, recuperò Ariano(1127), ma poi venne lapidato(1127). Il Conte Ruggiero dette Montefusco e Palude al Re Ruggiero(1130), e venne mandato, con la moglie, prigioniero in Sicilia (1139). Nel 1140 il Re Ruggiero tenne Curia in Ariano.

-Atripalda:(<<Tripalda, Tripaldo, Truppoaldo>>)in P.U., vicina Avellino. Fu edificata da Isacco di Avellino il 1060. Il Re Ruggiero si accampò presso il Sabato, con il suo esercito(1132). Guglielmo, Signore di Atripalda, donò la Chiesa di S. Pietro alla Chiesa di S. Maria dei Morti(1174), e il molino d’Arci ai benedettini(1184).

Avellino( Abellinum ,Abellino diminutivo di Abella ) era antica città irpina ,posta dove attualmente è il convento francescano di Atripalda , nei pressi del Sabato. In un Concilio Romano del 499 fu presente il Vescovo di Avellino,Timoteo. Nel 969 , inseguito alla devastazione di Ottone il Grande , cominciò a trasferirsi dove attualmente sta.: Nel 1016 il Conte di Avellino Rofrido liberò Salerno dai Saraceni con l’aiuto degli amalfitani. Nel 1130 l’antipapa Anacleto in Avellino promise al duca Ruggiero la incoronazione a Re.


-Bagnoli:(<<Bagnuoli>>) in P.U., diocesi di Nusco. Erimanno, Conte di Conza, dette ai benedettini fondi in Bagnoli e in Montella.

Baiano .Nel 1109 vi era un monastero di monache.

-Calabritto:(<<Calabretto>>) diocesi di Conza. Nel catalogo del Borrelli, vien citato Guglielmo, Signore di Laviano, Calabritto e Massa.

-Candida: in P.U., i Verginiani avevano possedimenti.

-Caposele: Castello in Principato Citeriore, diocesi di Conza.

-Capriglia:(<<Caprilia>>) vicino Avellino

-Carife:(<<Carifi>>) in P.U., diocesi di Trevico.

-Cassano: in P.U. diocesi di Nusco.

-Castelbaronia: in P.U., diocesi di Trevico. Si vuole molto recente, e assai dopo il 1135.

-Castelvetere: in P.U., diocesi di Montemarano. Ruggiero era Signore di Castelvetere e di Taurasi.

-Castiglione: in P.U., vicino Calitri, distrutta. Dava otto militi.

-Cervinara: in P.U., nel Vallo Caudio, vicino Paulisi e Montesarchio.

-Chianche, e Chianchetelle:(<<Chianchelle, Cianchelle>>)due Casali in P.U., distanti da
Chiancella). Il Re Ruggiero vi pose l’accampamento.

-Chiusano:(<< Clusano,Clusiano >>) in P.U., forse fu detta così da <<Clausus Janus>>.

Conza ( Compsa,Consa,Cossa,Cosa), importantissima città romana di cui il Di Meo racconta la storia nei secoli in modo preciso e particolareggiato.. Aveva due monasteri benedettini femminili,un ragguardevole capitolo, e il monastero benedettino maschile di S.Maria in Elce extra moenia.
Distrutta e ridimensionata nel suo ruolo dal terremoto del 990: apparve la Stella dalla parte del Settentrione , ed avea lo splendore , che tendea contra il mezzodì. Non molti giorni dappoi fu un tremuoto grande,che rovesciò molte case in Benevento, e Capua, dove fece suonar le campane per se stesse , ed uccise molti uomini , ed in Ariano abbattè molte chiese. La città di Frigento se ne cadde, e così quasi mezza città di Consa col suo vescovo , ed oppresse molti uomini.Ronsa fu tutta sommersa co i suoi abitanti

-Domicella: alle pendici del Monte Sarno(<<Domicella>>), diocesi di Nola.

Eclano ( Eculanum,Aeclanum,Ecolano,Eclano) era una delle antiche città irpine.Dall’itinerario di Antonino , risulta distante da Benevento XV miglia, da Subromola XXII miglia, dal Ponte sull’Ofanto XXII miglia. Eclano,chiamata poi Quintodecimo, non era certamente la città di “Eca o Ecana, che distava da Benevento XLI miglia , e che i più con buona ragione , identificano con l’attuale Troia ( o Accadia).Eclano era Frigento, dice Cluverio.Più attendibile che fosse l’attuale Passo di Mirabella( Olstenio).

-Flumeri: (<<Formari>>) in P.U., diocesi di Trevico. Riccardo di Guarino, flumerese, fu ucciso dai suoi contadini. Il Duca Guglielmo mise a ferro e fuoco Flumeri, e uccise due sacerdoti(1122). Orso Fromeriense sottoscrisse in Trevico(1142). Veniva chiamata anche <<Flumara>>.

-Fontanarosa:(<<Fontanarosa>>)in P.U. Ebbe per Signore Roberto, Suffeudario di Elia di Gesualdo.

-Forino: (<<Florino>>) in P.C., diocesi di Salerno. Fu ivi battuto il greco Saburrro(663). Alderisio, figlio di Alderisio di Forino, sposò Gertrude, figlia di Roderisio di Nocera(792). Nei documenti cavesi è scritto <<Fiume Forino>>, vicino Maiorano. Una nota del 1022 parla di un <<territorio in Maiorano>> vicino al fiume Forino.

-Frigento: (<<Fregento, Friesento>>)sede vescovile, unita ad Avellino, in P.U. Fu saccheggiata dai Saraceni il 926. Fu Signore di Frigento, Gesualdo e Paternopoli, Guglielmo, figlio spurio del Duca Ruggiero(1142). Il terremoto del 900 la distrusse per metà.

-Gesualdo: (<<Gisualdo>>) in P.U. Ebbe Signori Guglielmo Gesualdo(1141), Elia (1152), il Conte Guglielmo (1167), Elia Gesualdo, che arrestò l’imperatrice Costanza e la mandò al Re Tancredi in Palermo(1191).

-Guardia dei Lombardi: (<<Guardia Lombarda>>) in P.U., diocesi di S. Angelo L. Aveva un monastero benedettino intitolato a <<S. Leone>>.Nel 1053 il Papa Leone IX vi sostò
-Lacedonia: (<<Laquedonia, Cedogna, Cidonia>>) sede vecovile in P.U. Ritenuta l’antica Aquilonia. Roberto del Torpo, Signore di Lacedonia, era soggetto ad Arrigo, Conte di Lucera(1081). La Chiesa di S. Nicola fu data ai benedettini(1108). Ebbe per signori anche Riccardo di Balvano(1179) e suo figlio Gilberto.

-Lioni: (<<Leoni>>) in P.U., diocesi di S. Angelo.

-Luogosano: (<<Locosano, Locossano>>) in P.U. Vi era un monastero chiamato S. Maria

- Manocalzati : (<< Malecalciati >>) in territorio di Avellino, successivamente chiamata <<Manicolciati>>.

-Mercogliano: (<<Merculiano, Mercuriano>>)in P.U. Era posseduto dal Conte Rainolfo, poi dal fratello Riccardo. Furono spodestati dal Re(1132), per riaverlo il 1138.

- Montaguto : (<<Monte Acuto>>)in diocesi di Vovino.

-Montefalcione: (<<Monte Falcione>>) in P.U.

-Monteforte: (<<Monte Forte>>) in P.U., diocesi di Avellino.

-Montefusco: (<<Monte Fusco>>)in P.U., per molto tempo Capoluogo di provincia. Fu dominata da Roberto, in guerra con Landolfo di Benevento(1119), poi ucciso in Benevento. Giordano, Conte di Ariano, occupò Montefusco(1121); ne fu cacciato l’anno successivo(1122); la rioccupò il 1127. Il Conte di Ariano la cedette al Duca Ruggiero (1130). Il Re vi mise un contestabile(1132). Il 1137 venne ucciso, in battaglia, Eterno di Montefusco. Re Tancredi l’assediò(1193).

-Montemarano: (<<Monte Marano, Monte Mariano>>)in P.U., sede vescovile: Casale S. Marco, Casale in Monte Mariano sopra il Calore, erano già abitati, rispettivamente, nel 797 e nel’883. Suffranganea di Benevento(1058). Fu vescovo di Montemarano, e cittadino, San Giovanni, consacrato dal Papa Gregorio VII il 1084. Nei confini del paese vi era il Castelboiano. Il Re Ruggiero la saccheggiò e la dette alle fiamme insieme ad altri castelli, nel 1138.

-Montemiletto: (<<Monte Milite>>) in P.U. Ne fu Signore Troisio Normanno(1113). Fu distrutta nel 1119.

-Monteverde : (<<Monte Verde>>) in P.U., sede vescovile. Fu presa dal Guiscardo il 1078. Ne fu Signore Goffredo, Conte di Andria.

- Monticchio : (<<Monticulus>>). Fu presa da Guiscardo(1078). Nei confini di S. Angelo (<<di Nusco?>>), aveva nel suo territorio il Goleto (1133).

-Morra: in P.U. Roberto di Morra fu Comandante del Re Ruggiero(1137). Alberto, figlio di Sartorio beneventano, fu eletto Cardinale(1155), e, poi, nel 1187, eletto Papa con il nome di Gregorio VIII: ebbe breve pontificato.

-Nusco: in P.U., sede vescovile. Sant’Amato fu cittadino e vescovo di Nusco: non era verginiano, e lasciò un testamento. Il Conte Giordano depredò la cittadina. Fu governata da Simone Tivilla e da Ruggiero di Medania. Secondo il Borelli, dette sette militi.

-Parolise: (<<Parolisio>>) in P.U.

-Paternopoli: (<<Paterno>>) in P.U., diocesi di Frigento. Fu governata da Guglielmo Gesualdo, dal suo figlio Elia(1141), e dal figlio di questi, Guglielmo(1142). Nel 1145, Guglielmo Gesualdo tenne Curia a Paternopoli.

-Pesco: (Sant’Angelo a). Era nei confini di Frigento, nelle vicinanze del fiume Arbio. Il Duca Roberto donò la Chiesa di Sant’Angelo a Pesco all’Abate Staffo.

-Prata e Pratola: in P.U. Prata fu bruciata e abbattuta dal Re Ruggiero(1134). Ne fu Signore Guglielmo Abinalia.

-Rocca San Felice: in P.U. San Guglielmo ebbe da Adamo di Rocca la Chiesa di San Cesareo.

-Ronza: vicino Conza. Fu distrutta dal terremoto del 990.

-Salza: (<<Salsa>>) in P.U., diocesi di Avellino.

-S. Andrea di Conza: in P.U. Residenza dell’Arcivescovo, per donazione del Conte Gionata(1161) alla Chiesa di <<Consa>>.

-S. Angelo dei Lombardi: (<<S. Angelo Lombardo>>), città vescovile, in P.U. Era Già vescovado nel 1175. I Saraceni la saccheggiarono nel 926. Gli stessi, nel 1002, ne bruciarono il castello Longobardo.

-Sant’Angelo all’Esca: in P.U.

-Senerchia: (<<Senercle>>:Sinus Herculis). Aveva la Chiesa di S. Gennaro(1205), sull’alto del monte, ove era il castello. Era in Principato Citeriore, vicino Quaglietta e Calabritto.

-Serino: in P.U., vicino Solofra. Il 943, il Principe di Salerno, Gisolfo, dette il Gastaldato di Sanseverino e di Montoro al Conte di Giffoni fino a Serino(<<usque Serrinas de Ripilea>>). Ebbe per Signore una Saraceno, la quale lasciò beni ai benedettini cavesi in suffragio dei due mariti, Roberto Capomazza e Simone di Tuilla(1159). Agli stessi benedettini furono fatte donazioni da Ruggiero Giudice in Serino(1164). Nel 1187, era governata da Ruggiero, Conte di Tricarico.

-Serpico: era un castello sopra Sorbo: vicino Atripalda e S. Stefano. Fu abitato fino al secolo XV. Ne fu Signore Niccolò Gallotta. Nella peste del sec. XVI, fu abbandonato, e i suoi abitanti confluirono a Volturara e a Sorbo. Dette due militi.

-Serpillo: (<<Serapide>>)Casale, che il Conte di Conza, il 901, donò ai benedettini di Salerno. Vi è chi lo identificò con Serpico, e chi, con qualche migliore ragione, con una località messa alle croci di Montella, chiamata <<Sarapullo>>.

-Solofra: in P.U., diocesi di Salerno. Ne fu Signore Roberto, Conte di Caserta(1178): poi, Ruggiero, Conte di Tricarico, e Guglielmo, Conte di Caserta(1187).

-S. Stefano: in P.U., vicino Atripalda.

-Summonte: (<<Submonte, Sommonte>>)in P.U., vicino Avellino. Ai Verginiani, da Giovanni Arderio, fu donato il castello di Summonte.

-Taurano: in diocesi di Nola, vicino Lauro.

-Taurasi: (<<Turaesu>>). In P.U. I Saraceni la saccheggiarono nel 926. La Chiesa di Sn Barbato, sia nel tenimento di Taurasi, fu donata ai benedettini di Cava da Ruggiero, che era Signore di Taurasi e di Castelvetere.

-Torella dei Lombardi: in P.U., non lontana da Nusco. Veniva chiamata anche <<Turella>>.

-Trevico: (<<Trivico>>) città vescovile. Fu chiamata <<Monte Vico>>(1122), o solo <<Vico>>. <<Vico Aquidio>>. Fu presa da Roberto il Guiscardo(1079), che vi fece accecare il nipote Gradilone. Ne fu Signore Riccardo(1142).

-Tufo: in P.U. Castel Tufo vicino al fiume Sabato. Ne fu Signore Roberto; poi, Raone, soggetto al Conte di Ariano. Sarolo del Tufo morì in battaglia nelle Puglie, seguendo le parti del Re.

-Vallata: in P.U., sotto Trevico. Il 1129 fu desolata da Mercovaldo.

-Volturara: (<<Volturaria, Votorale, Viturale>>)in P.U., diocesi di Montemarano. Detta così perché accerchiata dai monti (<<Vola terrae, Volutata>>), o dalla presenza di molti buoi (<<Vituralia>>)?
Nel 797, le stava vicino il Casale S. Marco, distrutto. Aveva la Chiesa di S. Vito(1022). Ebbe Signori Guglielmo di Tuilla, i Della Marra, i Carafa, i Masucci, gli Stramboni, i Principi di S. Nicandro, i Signori Beri.






Dei seguenti paesi non dà alcuna notizia:
Bonito, Cairano, Calitri, Casalbore, Cesinale, Contrada, Grottolella, Lapio, Marzano, Melito, Montecalvo, Montefredane, Montoro Inferiore, Montoro Superiore, Moschiano, Megnano, Ospedaletto, Pago, Quadrelle, Roccabascerana, Rorondi, San Mango, S. Martino Valcaudina, S. Michele di Serino, S. Nicola Baronia, S. Arcangelo Trimonti, Savignano, Scampitella, Sirignano, Sorbo, Sperone, S. Sossio, Sturno, Teora, Torre le Nocelle, Torriori, Villamaina, Vallesaccarda, Villanova, Zungoli. Quanto agli altri paesi non citati, si spiega: all’epoca in cui l’Annalista scrive, o erano solo Casali, o Comuni non autonomi, o di nessuna rilevanza.

Alcuni paesi sono scomparsi nel tempo:

-Sabazia : ( Sabatia) ,onde i popoli Sabatini, era una città antica dei Sanniti-Irpini.Alla prima sorgente del fiume Sabato, al di sopra di Serino , se ne vedevano i ruderi.Probabilmente aveva forma ovale con una circonferenza di un miglio e mezzo.

-Romulea ( Romola,Subromola) Il Cluverio la identifica con Bisaccia.L’itinerario di Antonino la pone a XXII miglia da Benevento.

-Quintodecimo ( Eclano,Acquaputrida): il nome è dalla distanza da Benevento,quindici miglia. Era vescovado prima del mille, distinto da Frigento. Fu distrutta in parte da Costantino imperatore dei greci nel 662

-Acquaputrida .I più ritengono essere stata edificata sulle rovine di Quintodecimo.Non mancano avanzi di essa nei pressi di Mirabella. Ebbe un castello(1130) ora distrutto

-Equotutico( Equo Tutico,Equo Magno) antica città sannitico-irpina.Chi la identifica con Foggia e chi con S.Eleuterio , zona nelle prossimità di Ariano. Secondo Orazio si identifica con Trevico.

-Fratuento ovvero l’antica Sant’Angelo dei Lombardi.

La Civita di Teora:in territorio di Teora , al di sopra di un colle, e vicino all’Ofanto, eravi una città , di cui altro non resta, che languida rimembranza col nome di Civita, che distingue il luogo.

( Elaborazione di Angelo A. Marra)
Padre Alessandro Di Meo 1726-1786
Un Eroe irpino dimenticato

Il titolo del libro “ Un Eroe dimenticato “ rende l’idea del messaggio che volgiamo lanciare per ricordare l’Opera e la Vita di un personaggio schivo e riservato che rifiutò onori e gloria che i suoi contemporanei volevano tributargli , dal Re di Napoli all’ultimo popolano, per dedicarsi a diffondere la parola del Signore e a cacciare dall’oblio e dagli errori la Storia del Regno di Napoli nel Medioevo.
Sant’Alfonso dei Liguori ,che lo volle con sé , lo definiva “Prodigio di Scienza e Miracolo di Santità” , racchiudendo in queste parole la grandezza morale e culturale di un Uomo che i posteri dimenticarono troppo in fretta , e che restò conosciuto solo nella stretta cerchia dei grandi storici dell’ottocento e del novecento, che lo videro fonte inesauribile ed esatta delle loro ricerche.
La sua opera monumentale è costituita da “ Gli Annali del Reame di Napoli nella Mezzana Età “, dodici tomi in cui riscrive la storia medievale confutando tesi ritenute ineccepibili e dimostrando gli errori di tanti ricercatori tratti in inganno da superficialità e scarsità di notizie raccolte.
La grandezza del personaggio è dovuta anche ad una dialettica eccezionale e ad una condotta di vita santa esaltata dalla grande serenità nella preveggenza ed accettazione della morte che annunciò al popolo nella Chiesa di Nola , mentre dal pulpito stava divulgando la parola di Dio sul ciclo delle cose terrene.
Una moltitudine di persone andò a visitare la sua salma e , come riporta il suo contemporaneo Antonio Tannoia , non pochi furono i miracoli che si verificarono in suo nome.
Il compianto giornalista Goffredo Raimo si dedicò alla riscoperta della figura di P. Alessandro Di Meo con un opuscolo del 1986 ,poi dalla vita non ebbe il tempo di continuare.
Il nostro appello agli uomini di cultura che ben lo conoscono è di trovare il metodo per mantenere vivo il ricordo di questo Eroe dimenticato , perché esempio di Santità,di eccezionale Fede,di grandissimo spessore culturale, modello da imitare per impegno in difesa del Cristianesimo e dei valori della Chiesa dimostrati nelle tante dispute vincenti contro chi metteva in dubbio la parola di Dio. Personaggio moderno per la validità delle sue ricerche e per la Santità della sua vita ha il diritto di ricevere gli onori che merita e di prendere il posto nella galleria delle Glorie irpine , anche perché oggi nessuna Enciclopedia porta il suo nome .
A Lui sono intitolate solo una strada in Avellino e in Volturara Irpina , suo paese natale.
In ultimo è degna di nota la riflessione su P. Alessandro fatta da P. Antonio Tannoia, suo contemporaneo nel 1786
<< ……Con questa gloria terminò li suoi giorni, e sarà sempre immortale la memoria del P. D. Alesandro di Meo, gloria de' Letterati, vero Operario di Gesù Cristo , e degno figlio di nostra Congregazione. Portento della Natura, e della Grazia era stimato dai ceti li più elevati: nuovo Apostolo, e tra tutti un altro S. Paolo lo predicavano i Vescovi: petto di acciaio veniva chiamato dai Missionari Napoletani: Fiume di eloquenza, e miracolo di erudizione da tutti i Letterati: Biblioteca portatile, lo denominava in Compendio Monsignore Moja Vescovo di Muro: Uomo impareggiabile chiamavalo un Consigliere del Re. Il dotto P. Benedettino D. Salvadore Maria Blasi di lui amico, avendo avuto contezza dell'immatura, e impreveduta sua morte, così teneramente esprimesi nell' ultima XVIII. sua lettera. pag. 103. " Non posso spiegarvi i movimenti del mio cuore a sì improvvisa disgraziata notizia, che mi ha penetrato il più interno dell' animo. Io non saprei, se abbia fatta perdita maggiore la Religione in restar privo di un Apostolo, che al buon sentiero conducea le anime traviate; o la Repubblica Letteraria nell' essere spogliata d' un uomo infaticabile di sì profonda erudizione, e dottrina. Vaglia non però per tutti l' Elogio di Monsignor Liguori nostro Ven. Padre. Avendolo inteso predicare Monsignor Borgia Vescovo di Aversa, disse: “ tutto è stupore, non vi è stato, né si vedrà altro simile” ; e Monsignor Liguori soggiunse: “ è tale, che fa far idea della Sapienza di Dio ” >> .
- Epiteti a lui riferiti:
Prodigio di scienza e Miracolo di santità
flagello degli increduli
Portento della Natura, e della Grazia
Petto di acciaio
Biblioteca portatile
E’ tale, che fa far idea della Sapienza di Dio
Fiume di eloquenza, e miracolo di erudizione
Operaio di Gesù Cristo
Uomo impareggiabile.
Il popolo di Voltorara vuole Patrammeo come Arciprete .

Nel 1770 Padre Alessandro di Meo torna a Voltorara per i funerali dell’Arciprete in carica. Il 2 Giugno in pubblico Parlamento e per acclamazione il popolo di Voltorara chiede come nuovo Arciprete Padre Alessandro Di Meo. Gli amministratori presentano petizione al Re per essere soddisfatti ed il Re incarica il vescovo di Montemarano,da cui dipende Voltorara , di risolvere la situazione.
Il 4 Agosto , vista la rinuncia di PADM , il vescovo nomina Arciprete Don Alessio Lepore degno per dottrina e per virtù morali.
Si racconta che PADM rimase segregato in casa al Freddano e fu controllato notte e giorno per impedirgli di andarsene . Era tanta l’attesa del popolo !
Una notte approfittando della pioggia incessante , il nostro si calò da una finestra che dava nel giardino dal primo piano e scappò di nascosto a continuare i suoi studi. Da allora è tornato da noi solo dopo più di 200 anni.
Il Re ama Patrammeo

Aperti gli esercizj , l'idea del Predicatore attirò tal quantità di signori, come se predicato si fosse nel duomo di Napoli. Il concorso è grande, cosi in una sua il P. Capuano al P. Villani. Non vi è eccezione di persone, c' interviene quantità di Officiali, Tracolli,paggi del Re, varie dame, ed altre signore, preti in gran numero, monaci di varj ordini, Teatini, Pii Operarj, ed altri. La compunsione è generale in tutti, molti de' Cadetti cercano farsi religiosi, ed altri vorrebbero ritirarsi tra di noi: Sodisfatto ne restò il Cavalier Acton, e per testimonianza di questo, sodisfattissimo. anche il Sovrano. Volle il Re avendo sperimentato il gran profitto, che ogn' anno si fosse chiamato, e ci fu il P. D. Alesandro sino alla morte.
Ultimi istanti di vita di PADM
3 Marzo 1786 era Domenica

“La grazia di Gesù Cristo, fratelli miei, cosi egli s' introdusse, che quì ci ha uniti,sia quella che voglia farvi cavar profitto da questi santi esescizj. Questa sera, per dirvi la verità, non voglio fare istruzione, ma vogliamo fare tutti insieme un atto di fede : non già che recitar vogliamo la solita formola: vogliamo considerare bensì se quello, che crediamo, lo crediamo coi fatti.
Reca somma meraviglia, come un Cristiano creda che per un peccato mortale si meriti un Inferno eterno, ed abbia lo spirito di commetterlo. Questo è quello, che fa lo stupore de' secoli, e questo fa stordire anche i Santi in Cielo. Dimandate a taluno se si fida passare per un bosco, dove sa che vi siano assassini? vi dira di no; ma può essere che i medesimi lo lascino, anzi che cortesemento lo accompagnino, e gli additino la strada .”Sì, può essere, risponderà costui; ma volete che sopra a può essere azzardi la vita? sarei un pazzo. Dite ad un' altro che vada in un Paese, ove l' aria è appestata, e può essere che non s' infetti: vi risponderà lo stesso .Cosi quell' altro: che si butti da una finestra sicuro che scampi la vita: Di certo vi darà la medesima risposta. Or come si può dare che un Cristiano sappia per fede, che per un peccato mortale si abbia da vedere arrostito vivo, che il cervello li abbia da bollire nella testa, frigerli il sangue nelle vene, e le midolla nell' ossa, e poi abbia il coraggio, e la temerità di voler commettere un peccato mortale? Anche coloro, che fanno i saputi, e vogliono essere tenuti per uomini di senno, mi fa stordire come questi inciampano nel medesimo errore. Non ci è fede: non ci è fede. Tutto è pena nell' Inferno .Vampe negl' intestini, vampe nel petto vampe, vam …. ,, Qui finì di parlare, e quasi appoggiandosi colle braccia sulla Cattedra, piegando il capo vi cadde, come inginocchioni.
Cure prestategli in punto di morte

A vista di tale spettacolo tutta l'udienza restò di gelo; il Chierico, che li stava dietro lo sostenne tra le braccia, ed accorsevi il padre Spirituale de' Fratelli, ed il Canonico D. Salvatore di Lucia, il quale li diede sul punto l' assoluzione. Calato dalla Cattedra, fu posto a sedere, ma tutto abbandonato sopra una sedia dal lato dritto della statua.di Maria Santissima, che stava esposta al fianco della Cattedra. Se li cavò sangue all' istante, e del sangue, per la stima, che si aveva, se n' empirono varie ampolline. Il pianto era commune in tutti. Se li vedevano intorno per darli soccorso e Gentiluomi , e Preti, e Canonici, e tra gli altri il Cantore, ed il Decano di quella Cattedrale: Chi li sosteneva il capo: chi gli astergeva il sudore: chi con varj spiriti cercava ristorarlo. Taluni gli slargavano la sottana, chi sbottonava i sott' abiti: altri prostrati avanti l' altare di Maria Santissima pregavano, recitando le litanie; e tutti immersi in un mare di pianto imploravano da Dio, e dalla Vergine la vita del caro Padre D. Alesandro. Nel medesimo istante non uno, ma molti si diedero a girare per la Città, chiamando per prestargli ajuto li migliori Medici, e Chirurgi.
Tra tante sollecitudini, anzichè migliorare, peggiorò l' Infermo. I Medici, vedendo a momento mancare li polsi, ordinarono in fretta 1' Estrema Unzione; né si mancò a quegli espedienti, che l' arte è solita usare in simili casi : ventose a taglio sulla nuca: acqua calda nell' estremità del Corpo: vescicanti alle gambe: senapismi sotto le piante, tutto fu fatto, ma tutto fu inutile, e senza sollievo.
Onore al feretro

Vi concorrevano a momento, non solo la gente popolare, e minuta; ma Gentiluomini, Preti, Religiosi, Dame, Cavalieri e Militari da ogni parte. Ognuno avrebbe voluto baciarli i piedi, ma non potendo perché troppo elevato, baciavano con divozione l' estremità del Catafalco. Contemporanearnente in questo secondo giorno ci furono altre grazie, e prodigj; e da ogni parte si ricorreva il Missionario santo trapassato in Nola. Quarantacinque ore stiede esposto il Cadavere; e calandosi dalla Castellana, non solo si vide esente da male odore; ma fu trovato flessibile, ed a portata di ognuno. La sottana fu fatta in pezzi, né ci restò capello sulla testa, tanto era grande la stima della di lui santità, e l' ardore di sue reliquie.
Le origini di Volturara da PADM

Dagli “Annali del Regno di Napoli nella Mezzana Età “ di Padre Alessandro Di Meo Volume XII pag. 511:

Volturara: (<<Voltorara,Vulturaria, Votorale, Viturale>>)in Principato Ultra, diocesi di Montemarano. Detta così perché accerchiata dai monti (<<Vola terrae, Volutata>>), o dalla presenza di molti buoi (<<Vituralia>>).
Nel 797, le stava vicino il Casale S. Marco, distrutto. Aveva la Chiesa di S. Vito (1022) . Ebbe Signori Guglielmo di Tuilla, i Della Marra, i Carafa, i Masucci, gli Stramboni, i Principi di S. Nicandro, i Signori Beri. Il territorio di Montella l’e’ comune”.

Volturara secondo Tannoia

Volturara, piccola, ma commoda Terra del Principato Ultra, in Diocesi di Montemarano, fu la Patria del P. D. Alesandro di Meo gran Missionario, e gran Letterato. Benché non sia questa Terra troppo ricca de' doni di natura, perché posta tra i tortuosi anfratti del rigido Appennino, cospicua non però si rende per li portentosi talenti, che in ogni tempo ha prodotto…..
2000 Il miracolo di padre Alessandro Di Meo

Più di una volta mi ero chiesto come faceva Maria ad essere ancora viva !
Operata all’Ospedale di Avellino alla fine degli anni novanta per un tumore all’utero con metastasi diffuse , era stata mandata a casa a morire. Convinta dai familiari a recarsi in un Ospedale di Napoli, seguii la vicenda sapendo, base all’esperienza di lavoro , che prima o poi sarebbero venuti a prescrivere la morfina in attesa dell’exitus . Invece dopo la chemioterapia , << miracolosamente >> Maria continua a svolgere le sue normali attività sottoponendosi a periodici controlli specialistici.
La risposta l’ho avuta oggi,quando un amico ha chiesto al marito di venire alla manifestazione del 3 Novembre in onore di Padre Alessandro Di Meo per raccontare di quando era andato a Nola alla fine degli anni sessanta a ritrovare “ le ossa” di Padre Alessandro Di Meo per riportarle a Volturara.
Il marito spiega che era andato insieme al sacerdote Don Matteo Masucci, al professore Roberto Di Meo e a Don Alessandro Di Meo ,il dentista. Spiega anche nei minimi particolari come a destra dell’altare aveva scavato una buca e come dopo due metri aveva rinvenuto la bara con i resti mortali del nostro grande concittadino. Puntualizza soprattutto che aveva messo in una busta un po’ di terreno che era a contatto diretto con le ossa di Padre Alessandro.
Racconta di aver messo questa terra in un “abitino “ ( sacchetto ) di stoffa e che , quando la moglie era tornata a casa dall’Ospedale aveva appoggiato questo abitino sulla ferita della moglie chiedendo a Padre Alessandro Di Meo di aiutarla a superare la malattia. Deve essere stato un momento importante nella sua vita, perché mentre ne parla assume un’aria seria e concentrata.
Ognuno può trarre le conclusioni che vuole , ma Lui è fermamente convinto che Padre Alessandro Di Meo abbia aiutato sua moglie a guarire ed nello stesso tempo è innegabile che Maria ha debellato una malattia che sembrava ormai in uno stadio irreversibile.
P. ALFONSO M. SANTONICOLA

REDENTORISTA


UN EROE DIMENTICATO

IL SERVO DI DIO

P. D. ALESSANDRO DI MEO

della

Congregazione del SS. Redentore


Prodigio di Scienza

e Miracolo di Santità


1936

UN EROE DIMENTICATO
I

Miracolo di Santità


Primi albori .


Il Servo di Dio P. D. Alessandro di Meo, nacque il 3 novembre 1726 nella piccola e ridente cittadina di Volturara Irpina, feconda sempre di belle menti e di più nobili cuori, da Marco e da Giovanni Pennetti. Ebbe i nomi di Giuseppe, Alessandro: Fu battezzato per tempo e gli fu padrino lo zio Arciprete, D. Nicola Pennetti 1).
Sin dall’infanzia emanava da lui come un’aura di pietà; particolarmente spiccava una tenera devozione alla Vergine Immacolata, infusagli dalla pia genitrice. Ma, cresciuto negli anni, perché
d’indole incostante, irrequieta, insubordinata, il fanciullino si macchiò di tutti i piccoli difetti dell’età: trastulli, impertinenze, capricci, alterchi, disobbedienze. . . . serbando però, a quanto pare, l’innocenza battesimale.
Un giorno, fra l’altro, per una delle solite impertinenze, fu dal maestro barbaramente sferzato, poi, qual malfattore, legato con funi e chiuso in una stanza, prigione degl’impertinenti. Il focoso fanciullo ne fu atterrito. Strepitò in ogni modo per recuperare la libertà : invano! Infine con grandi sforzi scioglie i legami funesti, e , non potendo per la porta, si precipita per la finestra con grande pericolo. Fu libero; ma dall’inumano trattamento fu così spaventato e scosso che non volle saperne più né di scuole ne di maestri. Soltanto dopo lungo tempo e lunghi contrasti si riuscì a rimetterlo per il sentiero degli studi, sotto la savia guida di D. Paolo Rega, presso cui apprese i primi rudimenti della grammatica italiana e latina.


1) Rimase orfano di padre a otto anni ( 13 Gennaio 1735 ); la madre morì il 10 ottobre 1764.
2) Morto il padre ebbe a tutore il celeberrimo Antonio Pennetti, zio materno, << eccellente medico >> di mente enciclopedica, morto il 25 Novembre 1771 in Volturara.







Nonostante il tempo perduto e le impertinenze frequenti Alessandrino era il primo della classe e lasciava molto dietro a sé tutti i condiscepoli. Però, non volendo gli zii, Nicola e Antonio Pennetti, perdere un giovane così ben disposto agli studi, un genio, di cui già essi stessi presentivano la sublimità, lo indussero a vestire da chierico nel Seminario di Montemarano.
Portò con se le sue debolezze; ma la grazia del cielo lo seguiva.


Le vittorie della grazia.


Anche nel seminario il giovane Alessandro eclissò tutti per il suo sapere e . . . bisogna confessarlo, per le sue impertinenze, tanto che più volte Mons. Sanseverino, suo pio Vescovo, disperando di poter domare un tal carattere, decise di volerlo espellere; e l’avrebbe fatto, se Alessandro non avesse trovato un salvatore nel Vicario Generale. Questi infatti, che ammirava nel giovane discolo un genio, dava sempre speranza di emenda.
Ma ciò che non potè la volontà e l’industria dell’uomo, ottenne la grazia di Dio, che segretamente lavorava nel cuore del giovane Di Meo.
Passando un giorno per Volturara S. Alfonso, s’incontra nella strada col Vescovo di Montemarano , Mons. Innocenzo Sanseverino. Per le due anime elette quest’incontro fu una nobile gara di umiltà e di amore. Dopo breve colloquio, a vista di tutti, si abbracciano, si baciano teneramente, si fanno mille reverenze; infine nel separarsi, malgrado ogni ripugnanza e protesta dell’umile S. Alfonso, il pio Vescovo gli tiene la staffa nell’atto di montare a cavallo.
Quest’atto sublime di umiltà, fatto da un Vescovo a un Santo sulla pubblica via, meravigliò, confuse, ed edificò tutti gli astanti; ma più di tutti restò attonito il nostro Alessandro. Una luce divina lo pervade, lo invita a se, onde, vinto dalla grazia, esclama : << Dunque la santità è tale, che esige rispetto dai medesimi Vescovi ? >>
Come S. Paolo sulla via di Damasco, il giovane e baldo Alessandro senza indugio risponde alla divina vocazione, e da nel grido penitente e risoluto : << Domine, quid me vis facere ? Signore, che vuoi che io faccia ? >> Anch’egli sente nell’intimo del cuore la voce del Redentore Gesù : << Alzati dal tuo torpore, abbandona tutto, entra nella mia Congregazione, e là ti sarà detto dal mio servo Alfonso quello che tu debba fare >> .
Immantinente il convertito, senza farne inteso alcuno, abbandona patria, seminario, parenti, tutto ; e vola alla pittoresca e solitaria Ciorani in quel di Mercato S. Severino ( ora Sanseverino Rota ), ove già altra volta, durante gli Esercizii Spirituali per la tonsura, aveva fatto voto alla Vergine SS. di non bere vino per un anno.
Era il 1745, diciannovesimo dell’età sua.


Ascensioni sublimi.

Nel Noviziato di Ciorani, donde erano usciti Santi e Apostoli di gran valore, il Neo-Novizio s’incontra con i primi Padri della Congregazione del SS. Redentore, poc’anzi fondata ( 1732 ), con S. Alfonso, Fondatore, coi PP. Cafaro, Sportelli, Villani, Rossi, e altri molti, e respira anch’egli in questa eletta aiuola profumi di cielo. Il suo cuore è inondato da una piena di pace e di gaudio. Prima di gettare lungi da sé l’abito del mondo per rivestirsi di quello del SS. Redentore, già si era dispogliato dell’abito del vizio e si era rivestito di quello della virtù.
Le passioni : ira, orgoglio, dissipazione ecc. diedero luogo alla mitezza, all’umiltà, al raccoglimento. Ai divertimenti e alla tiepidezza subentrò la mortificazione ed il fervore. Si disciplinava ogni giorno e spesso a sangue; si martoriava con cilizi, vigilie, erbe amare, digiuni e con altre penitenze più terribili. Brevemente : l’uomo vecchio era sopraffatto dal nuovo.




Brillava soprattutto la pietà. Il Novizio Di Meo tenerissimamente amava l’Infante di Betlem, venerato, imitato e onorato in modo particolare dai nostri Novizi. Volentieri spendeva le ore a piangere i suoi trascorsi ai piedi del Crocifisso o del Tabernacolo santo per attingere dalle vive fonti del Cuore Eucaristico col perdono le acque salutari della virtù e della pace.
La Madonna era l’idolo del suo cuore. Ai piedi di Lei deponeva ogni sorta di ossequio, di sacrificio; di Lei discorreva sempre. Era come impregnato e imbalsamato dal Nome, dalla venerazione, dalla gloria della sua buona Madre Maria. A Lei tutto si affidava, a Lei ogni giorno si consacrava, al suo valido patrocinio commetteva tutto sé e la sua eterna salute.



L’Addolorata.


E davvero il patrocinio e il soccorso della Vergine Madre gli era omai più che necessario, perché il << nemico delle umane genti >> , indispettito per tale e tanta conversione a Dio, tramava una fatale insidia.
Verso la metà del Noviziato Fratel Di Meo è pervaso da tristezza, accidia, malinconia. Una fosca nube di pensieri e di desideri mondani gl’ingombrano la mente e torturano il cuore : << vivere in una Congregazione povera, lugubre, affliggente ! … logorare una florida giovinezza fra quattro mura ! … un vago fiore in ombre eterne ! …. Consumare una vita in pene e in sacrificii senza
prò ! …. forse senza avvenire ! …. Che fare ? …. Fuggire dunque al cielo libero, al bel
mondo ! ….>> .
Un nuovo postulante venne a tempo per compiere l’opera del demonio . Non ammesso in Congregazione, questi, disgustato, si avvicina ad Alessandro, ne intuisce lo stato d’animo, gli prospetta un fulgido avvenire nella milizia, e con esso prende accordi circa il tempo e il modo della fuga.
Detto fatto. Il povero Fratel Di Meo entra in camera, prende il cappello, che nasconde sotto le vesti, e, << con viso sconvolto, come dice il P. Tannoia, suo biografo, cammina pel corridoio del Noviziato >> verso la porteria . Quivi s’incontra con gli occhi in una devotissima pittura di Maria Addolorata, trafitta da una spada, Addolorata, che tanto amava, e tante volte aveva onorata con ossequi, con giaculatorie e baci.
<< Profondamente commosso, son sue parole andai a gittarmi ai piedi della Madonna, e tutto ad un tratto una voce interiore, il cui suono echeggiò lungo tempo nell’anima mia, mi sussurrò queste parole :
“ Figlio, dove vai ? se lasci la Congregazione, sei certo dannato . , ,
La voce interna proseguiva : Morrai prima di un mese, forse nel punto stesso di passare la soglia di casa >> .
Atterrito e tremante, contrito e fiducioso, il Novizio si gitta ai piedi della Madre Addolorata ; e, sgombra la mente dalla fosca nube, fugata la tentazione, dilatato il cuore all’amore e alla speranza, giura in cuor suo, e dice:
<< Mamma mia, eccomi qua . Ti voglio servire perfin che vivo e voglio amarti per tutta l’eternità.>>
Così dicendo lascia partire solo il compagno ; egli invece si postra piangendo ai piedi del P. Maestro, confessando il suo fallo e rivelando l’accaduto.




La calma dopo la burrasca.



Da quel giorno Fratel Di Meo riprende e aumenta il fervore di prima, diviene anzi l’esemplare dei suoi buoni Confratelli, ed è pervaso da tanta pace, da delizie tante e tante consolazioni, che si crede di essere in Paradiso. Invero pace, quiete, paradiso egli chiamò il S. Noviziato Redentorista, quando più tardi, pregato dai Confratelli, compose un distico da mettersi sulla porta del Noviziato di Ciorani.

Quid blaterat mundus ? Memorem hic ? fallitur, errat.
Hic pax, hic requies, hic Paradisus adest.

Sul quadro poi dell’Addolarata miracolosa, che con somma venerazione si conserva tuttora nel medesimo Noviziato, un altro distico ricorda in breve ai Confratelli del P. Di Meo ol fatto e le parole della tenera Madre Maria :

Aeterno si abeas, Fili, cruciaberis igne ! ! ! …
De Meo quod dixit, Flens tibi Mater ait.

Terminato il S. Noviziato, con gioia comune fu ammesso alla professione religiosa, e si diede con ardore agli studi.
Ma, benchè ingolfato nei suoi profondi studi, non diminuì mai in lui il fervore, la pietà e l’esercizio di ogni virtù, anzi crebbero sempre, come luce mattutina fino al perfetto meriggio.
Mai più dimenticò di essere vittima sacrificata all’onore e all’amore di Dio e della Vergine, onde ad Essi sempre dirigeva i pensieri e gli affetti; ad Essi consacrava i suoi studi e lavori ; tutto operava a gloria di questi Supremi Amori. Lungi perciò dal rattiepidirsi, s’infervorava sempre più, e l’orazione, la mortificazione, la virtù, prendevano in lui proporzioni gigantesche.
Sopra ogni altra cosa era ammirabile in lui la scrupolosissima osservanza delle Regole e l’attaccamento sommo alla sua Congregazione. Perciò, -- quando l’Abate Basiliano, Giuseppe Muscari, fattosi Redentorista ed eletto Lettore degli Studenti, corruppe alcuni di questi con le sue utopie intorno alla fondazione di un novello Istituto, meno povero e più glorioso del loro, dedito alle missioni, non di abbietti e rozzi montanari, ma del Celeste Impero ( Cina) ! – lo studente Di Meo gli si oppose energicamente, traendo dalla sua la maggior parte dei Confratelli e dandone pronto avviso a S. Alfonso. E allora solamente si quietò, quando seppe e vide espulso quel perturbatore della pace comune.
Eletto anzi egli stesso, benchè tuttora Studente a succedergli sulla cattedra di Teologia e di Filosofia, si adoperò a tutt’ uomo, affinché ritornasse con loro lo splendore degli studi la tranquillità dell’ordine.
Sicché, quando giunse finalmente il più bel giorno della vita, già D. Alessandro Di Meo era << alter Christus >>, e poteva offrire, ripieno di gaudio santo, l’Ostia Immacolata di pace e di Amore.


L’Apostolo.


Da quel giorno beato raddoppio il fervore, e s’industriò in ogni guisa per sempre più trasformarsi interamente in Gesù Redentore. Né la scuola, né i gravi studi gli impedivano di assecondare il suo zelo di diffondere anche negli altri il sacro fuoco, che gli ferveva nel petto per il suo Gesù e per la Madre sua Maria.
Come il Celeste Seminatore, ovunque diffuse il seme della divina parola; ma . . . suo malgrado, con molto poco profitto : i pensieri sublimi e lo stile elevato del giovane oratore riportavano ben poco frutto. Il popolo infatti, pur estasiato a tanta eloquenza, non ne capiva nulla.
Certamente il P. Di Meo avrebbe lavorato invano, se una grande umiliazione non gli avesse insegnato la vera e feconda eloquenza, la predicazione apostolica.
Un sabato, predicando il P. Di Meo con vasta erudizione sulla Vergine Madre, dimostrava al popolo di Pagani come fosse stata onorata già molto tempo prima della sua nascita dai Druidi, dalle Sibille, dagli Argonauti, Egiziani ecc., allorché ebbe l’ordine categorico di S. Alfonso, che l’ascoltava dal coro, di spezzare immediatamente il sermone e di scendere dal pergamo. Ritorna confuso ed umiliato verso la sua cella, quando il povero Padre si incontra col S. Fondatore, il quale gli fa li per li << un’altra predica >> sul modo di predicare all’apostolica! e gli regala a bruciapelo tre giorni di ritiro con la sospensione di celebrare in detti giorni.
Il P. Di Meo con profonda umiltà s’inginocchia, accetta l’umiliazione e la penitenza, e ne ricava tanto profitto che giustamente viene annoverato tra i più celebri Missionari e tra i più zelanti Apostoli del Mezzogiorno e chiamato << miracolo d’eloquenza .>>
Infatti sin da giovane sacerdote si era dato a un largo Apostolato, nonostante l’ufficio di Lettore. Predicava quasi sempre nelle Domeniche e nei Sabati. Anche nel campo, che ora direbbesi di Azione Cattolica fu esimio. Gli fu affidata la nostra Congregazione Operaia di Pagani che sotto la sua direzione raggiunse l’apogeo con oltre 300 Soci, oltre quelli che accorrevano sporadicamente dai paesi circonvicini. Egli solo fondò e restaurò Associazioni di laici e di ecclesiastici << in gran numero >> ( Tannoia ) e fu valido cooperatore di S. Alfonso, Suo gran Padre, nella missione organizzativa e restauratrice dell’Azione Cattolica del tempo.
Impiegato nelle Missioni, sostenne l’immane lavoro per molti anni, malgrado i suoi profondi studi e le innumerevoli opere intraprese. Era l’anima delle Missioni : un portento : un autentico Apostolo di Cristo.


Pertransiit benefaciendo.



Moltissimi lo richiedevano per ascoltare la divina parola, onde i Superiori si trovavano spesso nell’imbarazzo per non sapere chi prima contentare. Numerose furono le Missioni, a cui partecipò, numerosissimi gli Esercizi, innumerevoli i discorsi, le conferenze su svariatissimi soggetti ad ogni ceto di persone : Vescovi, Clero, Seminarista, Nobili, Ufficiali e Militari, (1) che in quei tempi chiedevano famelici e premurosi il celeste nutrimento della divina parola.


1) In quei tempi erano frequenti questi Esercizi di Militari, e i Padri Redentoristi con a capo S. Alfonso e sopratutto
il P. Di Meo erano spesso invitati a tale uopo nei diversi quartieri del Regno, specie di Napoli ; anzi non di rado tutti gli Ufficiali in corpo si portavano per vari giorni nei nostri Collegi di Pagani o Ciorani a tal fine con grande soddisfazione del Re. dei Ministri e degli alti Comandanti particolarmente del Ministro della Guerra, Acton, e del Maresciallo Pignatelli.




Dovunque apportava la pace anche tra fazioni armate, la grazia di Dio, una rifioritura religiosa, un contento sovrumano. Immenso fu specialmente il bene raccolto tra gli Ecclesiastici, i Religiosi, i Gentiluomini, gli Ufficiali e i Soldati, a cui teneva frequenti Esercizi Spirituali nelle nostre Case o fuori.
Nel porgere gli Esercizi era ammirabile, affascinante, trionfale.
Ei fu ( citiamo in confuso ) per ministero apostolico a Pagani, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Angri, Campagna, Salerno, Nola, Aversa, Foggia, Muro, Trani, Barletta, Molfetta, Bisceglie, Corato, Vico Equense, Sarno, Ariano, Avellino, Conza, Napoli, Cerreto Sannita, Torre Annunziata, Caposele, Deliceto, ove, Studente fu compagno di S.Gerardo, Pozzuoli, Ottaviano, Caiazzo, Capua, e in moltissimi altri paesi, Seminari, Convitti, Istituti e Associazioni della Campania degli Abruzzi, delle Puglie, ecc.
Dovunque l’eloquenza del P. Di Meo si rivelava veramente apostolica. Un fiume di dottrina, satura di pietà, di zelo e di convinzione, invadeva le menti, penetrava nei cuori degli ascoltanti, che ne rimanevano come affascinati, e tutti, come il ferro dalla calamita, erano attratti da lui all’amore di Gesù e della Vergine Madre.
Talora la sua eloquenza aveva del prodigioso.
Predicando un giorno gli Esercizi Spirituali nel nostro Collegio di Materdomini al Clero e alla Nobiltà, descrisse il Giudizio Universale così al vivo che tutti si credono presenti al divin tribunale e procinti di essere mandati nel fuoco eterno, onde istintivamente si precipitano con la faccia sul pavimento e invocano con alte grida il soccorso del potente Arcangelo S. Michele.
Altra volta un tale pentito dei suoi falli ne fa pubblica confessione, né sapendo più che fare per piangerli, da di fronte sulla predella dell’altare e tanto si tormenta, che di li a pochi giorni muore di contrizione.
Il delitto, l’odio, il peccato, in tutti i suoi aspetti cedeva il luogo al bene, all’amore, alla virtù. Molti peccatori e non pochi eretici ritornavano a Dio e alla S. Chiesa ; mentre altri consacravano a Dio l’intera vita nei chiostri, ovvero, pur restando nel mondo, correvano quali giganti pei fioriti sentieri della perfezione.



L’imitazione di Gesù.


Il grande segreto di una predicazione così fruttuosa era senz’altro l’imitazione di Gesù, il quale << coepit facere et docere >> , era la coscienza di poter dire con S. Paolo . << imitatores mei estote, fratres, sicut et ego Christi . – siate miei imitatori, fratelli, come anche io lo sono di Cristo >> ; era l’esuberanza della vita interiore, anima di ogni apostolato.
Imitò Gesù . l’imitò nelle virtù, che più brillarono nell’Uomo Dio ; l’imitò seguendolo nella povertà, castità, ubbidienza ; l’imitò nella via dolorosa, l’imitò nella vita ; l’imitò nella Morte.
Tralasciando le altre virtù, tutte croiche in Lui , ci soffermeremo alquanto sulle tre virtù caratteristiche del P. Di Meo : umiltà, pietà e ubbidienza.


Umiltà.


Su questa virtù fondamentale della perfezione cristiana il P. Di Meo, con sacrifici eroici, costrusse l’edificio della sua santità. In tutto e a tutti si piegò in omaggio all’umiltà infinita del suo Dio.
Infatti l’umilia il Padre Suo S. Alfonso, facendogli interrompere la predica ? Egli accetta in pace la confusione, il rimprovero e la penitenza.
Lo ammirano, l’encomiano i popoli, i nobili, il clero, i Vescovi, i Ministri, il Re ? Non si gonfia. A Dio tutta la gloria; tutto il disprezzo a sé.
Nel Noviziato, nello Studentato, benché a tutti superiore per scienza e non inferiore per virtù, egli nasconde scienza e virtù, solo mostrando ai Confratelli i traviamenti della vita trascorsa. Divenuto Sacerdote, si chiude in camera, e passa la sua vita << coi morti >>, com’ei diceva , cioè coi libri, quasi fosse indegno di trascorrerla coi vivi.
In Missione sembra non ci sia, eppure nel suo nascondimento lavora per quattro ! Confessa con gioia in luogo remoto la plebaglia più abbietta; esulta, se gli vien dato di catechizzare i fanciulli; festeggia, si è impiegato in uffici oscuri e poco onorevoli.
Novello Agostino, la prima volta che predicò in Volturara, sua patria, confessa a tutti dal pergamo, i suoi falli, e a tutti ne domanda pubblico perdono, commovendo fino alle lacrime l’intera città.
Nella confessione, nell’orazione, nell’insegnamento, nella conversazione, ovunque, si rivela in tutto il suo esteriore come un penitente, che deplora i delitti della sua gioventù, un religioso, indegno di rivestire il saio che lo involge. Non tralascia, in breve, alcuna occasione per umiliarsi anche esteriormente senza ostentazione, ma di vero cuore.
Onde giustamente diceva l’inclito Fondatore a taluni, che dubitavano della perseveranza del P. Di Meo, a cagione della vastissima scienza e degli innumerevoli encomi, di cui gli eran prodighi i popoli e i letterati : << La sua grande umiltà farà morire D. Alessandro Di Meo nella Congregazione. >>
Infatti << la sua grande umiltà >> gli fé rinunziare ogni dignità, meno quella di Consultore Generale della Congregazione del SS. Redentore ( 1783 ) . << La sua grande umiltà >> gli fa rinunziare l’Arcipretura di sua patria, nonostante si fosse ricorso al Re per indurvelo. << La sua grande umiltà >> ritardò la pubblicazione dei suoi Annali Critico – Diplomatici, perché i sapienti del tempo gli prospettavano la mitra, che certamente gli avrebbe procurato il Sovrano. << La sua grande umiltà >> dunque gli fé rinunziare al Vescovato , al Rettorato del Collegio dei Cadetti in Napoli, offertogli dal Grande Maresciallo D. Francesco Pignatelli ; gli fé ricusare perfino il solo titolo di Teologo del Re, decretatogli dallo stesso Maresciallo, a cui riuscì inoltre impossibile fargli accettare l’ufficio di Bibliotecario Reale. Quando infine il valoroso Maresciallo gli notificò essere intenzione del Re e della Regina di eleggerlo Teologo e Direttore delle Calabrie, l’umile Padre per tutta risposta fuggì da Napoli, ne più vi ritornò. Perciò, avendo pubblicato il suo Apparato Cronologico, a tutti ne fé dono, tranne al Maresciallo, per evitare nuovi onori e nuove proposte.
La gloria, avresti detto, lo seguiva e inseguiva come l’ombra tanto più insistentemente quando più la fuggiva.
In breve << la sua grande umiltà >> era giunta a tale perfezione che provava quasi un senso di ribrezzo al solo sentirsi nominare, come ci attestano i suoi biografi.
Il P. D. Alessandro Di Meo infatti si brigava così poco del suo nome, che, quando regalava i suoi preziosissimi manoscritti, non vi apponeva mai la firma; anzi avendo saputo che qualcuno li aveva pubblicati col proprio nome, non ne menò mai lamento.

Pietà.


Pari all’umiltà era la pietà del Servo di Dio.
Fervente e assiduo all’orazione comune, altra ne faceva privatamente. Dalla mattina alla sera aveva sempre dinanzi lo sguardo del Buon Dio, a cui spesso rivolgeva un pensiero amoroso, un fervido sospiro, una devota giaculatoria, offrendo a Lui sensi, opere, vita, tutto.
Imitatore del Serafino del Tabernacolo, S. Alfonso M. dei Liguori, suo glorioso Padre, egli volentieri consumava i ritagli di tempo libero ai piedi del Sacramento d’Amore. All’altare quando celebrava, emulava nel raccoglimento, nella modestia e nella devozione gli stessi Angeli.
Nelle prediche, parlando del Prigioniero dell’altare, tratteneva l’uditorio per ore intere, affascinandolo con la sua eloquenza e innamorandolo col suo esempio del Sacramento Eucaristico. Con sommo ardore ne promoveva la devozione tra i fedeli, i Seminaristi, i Cadetti, i Convittori, i Militari, gli Studenti e i gentiluomini, a cui teneva frequenti conferenze, introducendo tra loro la visita giornaliera e la Comunione frequente.
Quando perciò vide oppugnata dai giansenisti e loro adepti la bella dottrina del Principe dei Moralisti, S. Alfonso, sulla Comunione frequente, egli, l’amante dell’Eucarestia, prese tra i primi la spada della penna per difendere a un tempo il suo Santo Padre, in ogni modo oltraggiato dai suddetti eretici e rigoristi, e il suo dolcissimo Gesù, che si è nascosto sugli altari sotto le specie di pane, unicamente per essere il << Pane quotidiano >> dell’anima nostra.
Né men tenera fu la devozione del P. Di Meo alla Vergine Immacolata.
Anche in ciò imitatore perfetto del Grande Amante di Maria SS., S. Alfonso, egli non risparmiava né tempo né fatica né sacrificio pur di crescere ognora nell’amore della << Mamma sua>> e di farla amare da tutti. A Lei doveva la vocazione, a Lei la vittoria contro il demonio, a Lei tutto. Ogni sabato non lasciò mai il digiuno in pane e acqua, cominciato da giovane. Con somma pietà si preparava con Novene e Tridui alle sue Festività; con gioia e devozione le recitava il Rosario giornaliero; e spesso spesso lungo il giorno, al suono delle ore specialmente, le rivolgeva il pensiero, e la salutava con l’Ave Maria, secondo il bel costume, introdotto da S. Alfonso tra i suoi Figli.
Particolare devozione ebbe ancora D. Alessandro per il glorioso Patriarca S. Giuseppe, di cui portava il nome ( 1 ) e di cui aveva letto quanto si era scritto dai santi e dotti sulle sue glorie. Ne aveva sempre l’effigie sul suo tavolino, la guardava frequentemente e la baciava , rivolgendo al Santo devoti affetti e cocenti sospiri.
Molto s’industriò e operò per diffonderne la devozione, specialmente fra i suoi penitenti. Si deliziava oltremodo, quando gli fosse riuscito di far chiamare un neonato con il bel Nome del suo Santo Patriarca Giuseppe.
Una volta predicò una novena del S. Patriarca, ma con tanta pietà, ma con tanta dottrina, ma con tanto zelo, che entusiasmò tutti : Confratelli, Sacerdoti e Secolari, e invogliò tutti ad essere grandi devoti del castissimo Sposo della Vergine Madre.
Era anche devotissimo di S. Michele fin da quando, Studente ancora, fece il cele bre pellegrinaggio al Gargano con i compagni e S. Gerardo, che disseminò il tragitto di prodigi e miracoli.


1) Prevalso nell’uso il secondo nome, Alessandro.


Ubbidienza.


Tralasciando altri ammirabili tratti di pietà, tacendo ogni altra virtù, sempre eroica nel Servo di Dio, diremo qualcosa soltanto dell’ubbidienza, la quale si rivelò tanto eroica in Lui, che di Lui, come del Redentore, si può dire che si era fatto obbediente fino alla morte factus oboediens usque ad mortem, poiché fu per vero vittima dell’ubbidienza.
Per un religioso la più perfetta obbedienza sta nella scrupolosa osservanza delle Regole :
il P. Don Alessandro Di Meo dai primi albori della sua vita religiosa, come vedemmo, fino al termine di essa fu osservantissimo della Regola Redentorista, che guida il suo religioso, e l’accompagna con precetti dovunque e sempre, dal primo sorgere del giorno fino alla tarda sera.
Il silenzio, l’osservanza dei voti, l’orazione, lo studio, l’esattezza negli esercizi comuni e privati, la venerazione e sommissione ai Superiori brillavano in ogni momento del suo vivere.
A qualsiasi Superiore, in Casa o in Missione, nel Dolce e nell’amaro, ubbidiva con prontezza e con ilarità, uniformandosi al suo giudizio, anche quando gli era dura il comando, come quando già di 57 anni e Consultore Generale, nel 1783, gli fu ordinato di ritornare sulla cattedra a leggere ai giovani Studenti la s. Teologia.
Ubbidì loro, anche quando sentendosi agli estremi, dovè recarsi a Nocera Inferiore per gli Esercizi ai Fratelli di una Congregazione, ove poi fu colpito per la prima volta da aplopessia.
Ubbedì sempre ; anzi anelava di consumare i suoi giorni per l’ubbidienza. E il Signore l’esaudì.
Tra le mille richieste del P. D. Alessandro Di Meo, vi fu quella del Canonico Di Lucia, che lo desiderava a Nola per gli Esercizi ai Fratelli della Congregazione.
Sentendosi in fin di vita dopo l’ultimo colpo apopletico, il Servo di Dio voleva rifiutare l’invito; ma, non credendo bene dare una negativa al suo caro amico, rimise la decisione al Superiore, P. D. Andrea Villani, Vicario Generale della Congregazione.
Questi – così permettendo il Signore, perché non voleva che mancasse al P. Di Meo l’ultima corona di santità, il martirio di ubbidienza – decise di mandarlo, anzi richiestone dal Cavaliere Acton, Ministro della Guerra, volle ancora che prima predicasse ai Cadetti e al Reggimento della Brigata di Napoli.
<< Chi in vita rifiutato non aveva mai veruna fatica, esclama qui il P. Tannoia, in questa occasione umilmente disse che, non era in forza e sentivasi la morte alle spalle >>. L’umile Padre voleva far noto soltanto il suo stato al Superiore, pur rimanendo disposto ad ubbidire.
<< E non sa V. R.., gli disse il pio Padre Villani, non pensando che davvero fosse agli estremi, che il soldato deve morire con la spada in mano ? >>
A tali parole il P. Di Meo chinò il capo al Divino Volere ; ma nel licenziarsi disse in modo commovente :
<< Padre mio, raccomandatemi a Gesù Cristo. Io vado ma non torno più >>, e replicò più forte : << io vi dico che vado e non ritorno più >>.
L’eroe e la vittima dell’ubbidienza profetizzò.
Intanto un altro Santo autenticava la predizione del buon Padre. Era il novantenne Vegliardo S. Alfonso M. de’ Liguori, che infinitamente amava il Padre Di Meo, decoro e lustro della sua Congregazione, << prodigio di scienza e miracolo di santità >> come ei lo chiamava.
Dopo che il P. Di Meo con le lacrime agli occhi si era per un’ultima volta veduto, abbracciato e baciato col suo amantissimo Padre, dopo che ne aveva ricevuta per l’ultima volta la santa benedizione ed era partito, licenziandosi dai suoi Confratelli, col triste presentimento di non doverli più rivedere in terra, S. Alfonso, seduto sulla poltrona ambulante, si rivolge commosso al Servo Pollio e gli susurra decisamente all’orecchio: << In questi giorni una grave disgrazia colpirà la Congregazione >>.


Le profezie si realizzarono appuntino . il P. D. Alessandro Di Meo più non tornò tra i suoi Confratelli su questa terra, e la Congregazione Liguorina fu colpita dalla più grande disgrazia, perdendo nel P. Di Meo uno dei suoi più illustri Figli. 1).






1) Riportiamo questa iscrizione posta sotto una sua tela che a tratti scultori conferma quanto siamo venuti dicendo.
Alexander De Meo C. SS. R. – Vir ad omnia summa natus – vere secundum nomen auxiliator virilis – altissimam scientiam cum pari animi modestia coniunxit – Erga Deum ac Dei Matrem huiusque Sponsum mire pietatis ferebatur adfectu – Qui vere magnus ab juventute dicendo scribendoque laboribus exantkantis – dum Nolae e sacro suggestu pro virtute contra vitia generosa tonat eloquentia – repente concidens – mortalem vitam cum Beatorum immortalitate commutat die Martii XX A. C. MDCCLXXXVI.


II


Prodigio di Scienza .

Il lustro più bello della santità è la sapienza, la quale non di rado le è compagna.
Indarno lungo i secoli hanno blaterato gli empi e gli increduli, accusando il Cattolicismo
di oscurantismo e di ignoranza, qualificandolo nemico del progresso e delle scienze.
Falso !
Dio, che della santità è la sorgente, è anche Signore delle scienze, Deus scientarum Dominus, onde niente più falso e blasfemo dell’asserto degli empi e degl’increduli.
Viceversa la storia del Cattolicismo può dimostrare con fatti inconfondibili che ordinariamente i più grandi eroi della scienza sono stati e sono anche i grandi eroi della santità.
Non ha invero il Cattolicismo regalato all’umanità in ogni secolo i sommi geni in quasi ogni ramo dello scibile ?
Altra prova e conferma la da il nostro P. D. Alessandro Di Meo, grande eroe della santità e della scienza.
In lui sin dall’infanzia brillarono i primi raggi del suo genio portentoso, forieri sicuri di un fulgido sole.



Primi studii.



Per tempo andò alla scuola e quivi, benché d’indole collerica, incostante e in qualche modo svogliata, eclissò tutti i condiscepoli. Ma ben presto non volle saperne più di scuola e di maestro, dacché fu barbaramente percosso, legato e chiuso in una stanza, come altrove narrammo. Solo dopo un anno, dietro preghiere, promesse e minacce, ritornò ai banchi della scuola, ma presso altro maestro. Quivi profittava meglio dei compagni, di cui sempre in tutto era il primo ; nonostante fosse dedito ai trastulli, ai passatempi, pure in breve ora imparava ciò, che altri in un mese.
Nemico dello studio regolato e metodico, si dava con passione a leggere qualsiasi libro gli capitasse e ne rendeva esatto conto, per quanto difficile ne fosse il contenuto.
Un giorno, all’età di 15 anni appena, vide nella camera dello zio Arciprete, D. Nicola, un trattato teologico. Senz’altro lo prende e in fretta ne divora una decina di fogli, quando è sorpreso dallo zio, D. Antonio Pennetti, il quale con un disprezzante ed amaro sogghigno lo riprende dicendo:
-- << Credi forse di capire quel che leggi ? >>
Offeso come in punto d’onore, l’ardito giovane :
--<< Forse mi avrà ella preso per qualche babbeo ? >>
-- << Cosa mai hai letto? >>
Per tutta risposta il baldo Alessandro gli rendé conto minuto della lettura fatta con franchezza, precisione e vivacità tale che meravigliò il dottissimo medico. Il quale, volendo togliere dal fango quella perla e mettere quel genio sul candelabro, lo animò e invogliò a studiare davvero, anzi ei medesimo gl’insegnò un po’ di belle lettere e filosofia ; poi lo indusse col fratello Arciprete ad abbracciare lo stato sacerdotale ed entrare in Seminario.



Sprazzi di genio.


Nel Seminario di Montemarano il giovane chierico portò seco l’incostanza e l’irrequietezza ; ma anche qui eclissò tutti i seminaristi e convittori col suo ingegno a niuno secondo. E lo dimostrò coi fatti.
Un dì essendo usciti i chierici a sollievo per le vie di Fontanarosa, si accese una calorosa disputa scientifica su non so quale argomento tra loro e il chierico Di Meo. Questi con dialettica inesorabile ridusse al silenzio tutti un dopo l’altro. Il Professore presente credé suo dovere e onore d’intervenire e confondere l’orgoglioso Alessandro.
Disuguale fu la pugna nel campo filosofico – etico ; ma alla fine il Professore, incalzato anch’esso, restò avvilito, e dié vittoria al baldo giovane.
Quando però il Di Meo – vinto dalla divina grazia al vedere il suo Vescovo umiliarsi dinanzi a S. Alfonso sino a tenergli la staffa – riformò la sua vita, e decise di tutto abbandonare : patria, seminario, fulgido avvenire per seguire da vicino le vestigia di Colui, al quale anche i Vescovi s’inchinavano reverenti, volle riformare ancora la sua bizzarra maniera di studiare, tutto ordinando e tutto facendo con duplicato ardore alla gloria del Signore.
A Ciorani fin dai primi giorni non indugiò a rivelare a tutti il suo gran talento, non solo nell’esame di ammissione sostenuto avanti a dottissimi Padri, ma anche quando, non ancora Novizio, parlandosi in ricreazione dai Padri dei vari sistemi filosofici, egli recitò l’intera prefazione della filosofia di Edmondo Purcozio, che appena aveva leggicchiata, e interloquì da competente nelle più difficiliquestioni, che gli proposero, con unanime soddisfazione e ammirazione.



Lo Studente Lettore.


Rivestito dell’abito santo, egli trascorre nella dolcezza e soavità il S. Noviziato, e, nonostante l’infernale insidia, progredisce all’ombra dell’Addolorata nella virtù correndo, qual gigante, le vie della perfezione.
La celesta grazia, come dicemmo, aveva riformato tutto in lui, anche il suo carattere incostante ; sicché, finito il Noviziato, egli si trovò anche meglio disposto agli studi regolari e metodici.
Però, mentre interveniva alla scuola e imparava le lezioni comuni, eclissando anche in Congregazione i più bell’ ingegni ; privatamente studiava altre svariate materie, particolarmente spettanti alla storia, di tutto facendo tesoro e a tutti recando contendo, in particolare al suo glorioso Padre S. Alfonso. Il quale, avendo intuito il portentoso intelletto del giovane Studente, gli dava molta libertà negli studii, anzi l’incoraggiava e aiutava fino a volere che apprendesse l’ebraico a Napoli alla scuola del celeberrimo Prof. D. Ignazio La Calce, che davvero glielo insegnò a meraviglia.
Onde, allorché fu espulso il P. Lettore Muscari per aver corrotto e fatto perdere la vocazione a non pochi Studenti con le sue fantasticherie, il S. Dottore decise di eleggere a sostituirlo Fratel Di Meo, non ancora Sacerdote, e volle che in sua vece leggesse ai suoi Compagni Teologia e Filosofia! Lo elesse però, non perché difettassero allora Lettori o Padri capaci, che anzi in quel tempo appunto fiorivano nella Congregazione i migliori ingegni : i Cafaro, i Caione, i Mazzini, i Rizzi e altri ancora ; malo elesse perché era sicuro che questo giovane Lettore avrebbe illustrato degnamente la Congregazione, e perché già in lui aveva intuito il << prodigio di scienza >>.
Invero il giovane Lettore dimostrò coi fatti come l’elezione di S. Alfonso fosse ispirata, perché con universale soddisfazione ridonò allo Studentato con la pace, perturbata dal P. Muscari, lo splendore della dottrina ; anzi riuscì molto meglio del dotto Basiliano nel difficilissimo e delicatissimo compito.
I Compagni infatti, ora suoi discepoli, ne profittarono molto, e dalla scuola del P. Di Meo uscì una falange di dotti religiosi e zelanti Missionari.
Consacrato Sacerdote con dispensa dell’età, il Padre D. Alessandro Di Meo seguitò l’insegnamento per molti anni ancora e sempre applaudito e ammirato sia dagli interni come dagli esterni.




Dispute gloriose.



L’erudizione frattanto del giovane Padre prendeva proporzioni sempre maggiori, ne mancarono occasioni per rivelarla, malgrado l’umiltà e il suo nascondimento.


Una delle tante occasioni gliela dié un Prelato.
Questi discreditava i PP. Redentoristi e ne faceva quel conto che si suol fare di gente
dabbene e idiota.
Or, facendo il P. Di Meo coi suoi Studenti e col Taumaturgo S. Gerardo il pellegrinaggio in onore di S. Michele al Gargano, s’imbatte col suddetto Prelato.
Questi vedendo il Lettore più giovane dei discepoli, sorrise ironicamente e indiscretamente introdusse nella conversazione discorsi eruditi per umiliarlo. Propose tra l’altro la questione del diluvio universale e le sue varie ipotesi, credendo i Nostri lontani da simili erudizioni.
Il P. Di Meo umilmente entrò in questione. Mostrò semplicemente di aver tutto letto e studiato in Augusto Calmet ; ma tanto bastò per confondere il buon Prelato, che, punto sul vivo, lo licenziò con apparente garbatezza, invitandolo a prendere un caffè con lui al ritorno dal Gargano, proponendo in cuor suo di prendersi la rivincita.
Il Padre non mancò alla promessa: ritornò. Ma quale non fu la sua sorpresa nel trovare il Prelato non più solo, ma in compagnia di un dotto Religioso?
Intuisce tutto e visi prepara.
Il Religioso infatti senz’altro introduce il discorso sull’intricatissima questione della grazia, sicuro di opprimere il giovane Lettore sotto una valanga di citazioni del Dottore della grazia.
Il P. Di Meo gli fa freddamente questo esordio:
<< doversi in tale questione togliere di mezzo Sant’Agostino, perché ognuno lo vuole per sé : il Domenicano, l’Agostiniano, perfino l’Eretico, perfino Giansenio nel suo famoso << Augustinus >> , perciò, non essendo nessuno di tanti eruditi penetrato ancoranel vero senso del S. Dottore, non potevano essi servirsene, ma dovevano discutere con altre risorse. >> --
Il colpo fu mortale. Questa semplice osservazione confuse il bravo Religioso, il quale si vide tolta di mano l’arma più poderosa e, forse, l’unica. Più confuso restò il Prelato, che per verità in queste materie era poco addentro.


Un altro aneddoto.


Altra volta fu mandato il P. Di Meo a dare gli Esercizi Spirituali a taluni Sacerdoti.
Questi si disgustarono altamente nel vedersi dato per predicatore un giovane Padre. Un giorno però si sdegnarono oltremodo, perché l’Oratore in una delle conferenze li aveva trattenuti sulla necessità della scienza per il Sacerdote ; e, tocchi sul vivo, ne giurarono vendetta.
Temendo di loro capacità, invitarono un celebre Professore di scienze sacre e profane, e gli promisero grandi doni, se avesse confuso il giovane Oratore.
Si recano infatti come a fargli visita ; ma il buon Padre si vede subito assalito dal Professore con imprudenti domande sugli studi fatti in Congregazione.
L’umile Religioso risponde << che aveva studiato qualche cosa da se e solo per ubbidire ai Superiori si trovava Lettore di Teologia. >>
<< Mi meraviglio, riprende il Professore con aria beffarda, non di V. R., ma del
P.D.Alfonso, che, in questa età e così fornito di lumi, vi abbia posto a leggere ! >>
Il P. Di Meo tutt’umile, quando si disprezzava l’onor suo, ma tutto fuoco, quando si toccava quello della sua adorata Congregazione e del suo veneratissimo Padre, S. Alfonso, risponde con enfasi :
<< Rispetto a me, vi perdono tutto ; ma non posso perdonarvi, vedendo attaccato il Padre mio. V. S. scelga qualunque materia, e sia pure in legge, che io son pronto a discutere >>.
<< In Teologia >>
-- < E in Teologia vi farò dire cento eresie >> .
Infatti molte ne disse l’ingenuo Professore, che cedeva ognora il campo alla potente, inesorabile dialettica e Alla poderosa erudizione del P. Di Meo, il quale per dargli il colpo di grazia concluse :
 << Eh ! Signor mio, se volete intendere i vocaboli della Teologia, dovete prima per tre anni andare a scuola e non so se vi convenga entrare in questa materia.>>
La battaglia fu vinta : il Professore, abbattuto; i Sacerdoti, Confusi.


La gloria lo segue.



Molti altri lo trattarono in simile guisa ; e davvero ne dava occasione il suo fisico.
Era infatti di non bello aspetto : bruna la faccia, depressa la fronte, bassa, ma corpulenta la statura, ruvido piuttosto che gentile nell’assieme.
Però bastava solo ascoltarlo per riformare il concetto, perché davvero << prodigiosa>> era la sua dottrina, la quale ei ben volentieri e con apostolico zelo metteva a disposizione di tutti, specialmente degli Studiosi, cui alle volte regalava i suoi preziosi manoscritti, come al P. Blasi, Benedettino di Cava, al Professore Romano di Roma, a un Consigliere del Re ecc., e tutta la profondeva dal pergamo a prò del clero, della nobiltà e del popolo.
Egli era eloquentissimo, e dovunque affascinava, conquideva, riduceva a Dio i più ostinati peccatori, gl’indifferenti e perfino gli eretici e luterani, mentre incamminava i giusti per la via della perfezione e ne dirigeva egli stesso la vita esemplare.
Perciò Vescovi, Sacerdoti, Chierici, Nobili, Popolo gli tributavano un plebiscito di ovazioni ; e, -- oggi sembrerebbe un paradosso – gli Ufficiali e i Militari erano all’avanguardia !
La gloria pareva lo seguisse dovunque, benché l’umile Religioso la sfuggisse sempre.
Per tutti era un prodigio ; da tutti unanimemente era chiamato . << gran Missionario>>, <<illustre Conferenziere >>, << S. Paolo redivivo >>.
Mons. Moia, Vescovo di Muro, giunse a dire parlando dell’efficacia dell’eloquenza del P. Di Meo : << Se un demonio assistesse alle sue prediche, non potrebbe non convertirsi >>.



Vasta erudizione.

L’erudizione del P. Di Meo, da tutti ammirata ed encomiata, era davvero enciclopedica.
Era eccellente in Filosofia e Teologia così dommatica che morale, profondo nelle Lettere.


A niun secondo nella Storia sia sacra che profana, ne possedeva tutte le scienze ausiliarie, specie la Cronologia, la Diplomatica e la Critica, alle quali ultime scienze ridonò l’antico splendore e altro ve ne aggiunse. Conosceva esattamente la lingua e la letteratura italiana, greca e latina ; conosceva anche l’ebraico e non pochi dialetti meridionali, per altro molto affini, ne era da meno nella conoscenza delle Matematiche e del Diritto sia canonico che civile....
Munito da tanta erudizione, dotato di naturale tendenza per la Storia, colla sua ferrea volontà, col suo acuto e critico intelletto, con la sua prodigiosa memoria intraprese ad illustrare i periodi più oscuri, intricati e barbari della Storia del Regno di Napoli. Si pose all’opera, e , per trenta e più anni, rovistò tutte le Biblioteche e gli Archivi pubblici, privati, abbaziali, parrocchiali e comunali per attingervi quell’immenso materiale e quelle anche minutissime notizie, di cui difettano anche i più insigni storici. Egli frugò anche nelle Biblioteche e Archivi dei privati, dei religiosi e delle Chiese, ove si recava per ministero apostolico. Ovunque osservava, indagava, studiava libri, manoscritti, pergamene, iscrizioni, monumenti, medaglie, vagliando il tutto alla luce della sana critica e facendo di tutto tesoro.
Ma tutto questo immane lavoro di pazienza non lo avrebbe certamente potuto fare, se Iddio non gli avesse donato oltre l’intelletto, fatto per la critica, che tutto intuiva e vagliava, una veramente prodigiosa memoria, con cui scorreva i fogli con la velocità della folgore, conservandone però di tutto, anche dopo anni, una conoscenza chiara, precisa, certa.




Opere poderose.



Da tanta erudizione e da tanto genio uscirono opere colossali, non tanto per numero, quanto per valore, che resero immortale il dottissimo Redentorista.
Eccone l’elenco :

1) Nota Cronologica dei Mansoni e dei Duchi di Amalfi, regalata dall’Autore
al Signor D. Gaetano Mansi, improba fatica di molti anni 1).
2) Dissertazione sopra le ragioni di taluni feudi contro alcuni regolari, regalata al fratello del P. Blasi Salvatore, Benedettino, Archivista di Cava. ( Inedita ).
3) Cronologia dell’Egira di Maometto colle varie epoche greche, donata ad un Consigliere del Re. ( Inedita ).
4) Cronologia dei Principi di Salerno, offerta allo stesso P. Blasi, dal quale venne pubblicata 2 ).

1) Questi la pubblicò ( pare sotto suo nome).
2) Infatti di questa si servì largamente Don Salvatore De Blasi, pubblicandola come roba propria (!)
opera Series Principum qui Longobardorum aetate Salernum imperarunt etc. – Napoli Tip. di Raimondi.
In una nota del libro è solo detto che la cronologia è dovuta al Di Meo, il quale peraltro nell’Apparato
Cronologico rivendica a sé lo scritto nella sua integrità : << La mia nuda Tavola Cronologica di questi principi
è stata ora pubblicata, sodamente stabilita e con molte erudizioni ornata dal dotto Padre Cassinese D. Salvatore
dé Blasi. ( Cap. V p. 281 ).


5 ) Scrittura ( o Trattato ) sul Casale di Bolena, ( Balnea ? ) un tempo appartenente alla
Mensa del Vescovo, dotto e laborioso studio, donata ad un altro Consigliere del Re.
( Inedita ).
6 ) Dissertazione ( latina ), << De Natali et emortuali anno Christi >> di grandissima
importanza storica, ove dimostra come van contati gli anni di Cristo 1). (Inedita ).
7 ) Confutazione della Lettera e Replica di D. Cipriano Aristasio a Mons. dé Liguori …
sopra la Frequente Comunione. – Napoli 1764, presso Giuseppe Di Domenico . Fu
scritta in difesa della Dottrina del S. Dottore della Chiesa : << vero capolavoro del
genere, >> come la chiamava il Vescovo di Melfi, Mons. Teodoro Basta, in cui tutti i
Padri Greci e Latini si presentano per confermare con la loro autorità le asserzioni di
S. Alfonso.
La pubblicò senza il suo nome 2 ).






1 ) Si conserva presso la famiglia dell’Avv. Luigi Di Meo di Volturara, pronipote del Servo di Dio, insieme ad altri manoscritti di cui alcuni furono donati alla Biblioteca Provinciale di Napoli, come assicura il Pennetti e l’Arciprete D. Alessio Lepore. Citiamo per saggio l’epilogo del trattato :
<< Christus ergo vixit annos 32 et dies 90 ; natus die 25 Decembris ante eram 5 ; baptizatus die 6 Januarii anni erae 26 ; mortuus est die 25 Martii ( quo die et conceptus fuerat ) anni erae 29 ; et resurrexit die Dominica 27 Martii, propter iustificationem nostram, cui sit omnis honor gloria et gratiarum actio per infinita saecula saeculorum. >>
2 ) L’Avv. Di Meo a detta del Pennetti e del Candela conserva un manoscritto : << De Frequentia Communionis >> ( Pennetti ) o : << Sentimenti di tutti i secoli della Chiesa sulla frequenza, frutti frutti e disposizione della Sacramentale Comunione >> ( Candela ) ; diversi titoli della stessa opera , che ( noi opiniamo ) il P. Di Meo pubblicò poicome sopra.
La Confutazione che consta di un Volume di XXXI – 391 pagine con copioso indice alfabetico – analitico è densa di dottrina e formidabile per la serena, insistente, inesorabile dialettica. L’Opera ebbe origine per la difesa di S. Alfonso.
Avendo il S. Dottore ingaggiato una poderosa crociata a favore della Comunione Frequente insieme ai suoi Figli contro l’eretico malvezzo del tempo, che allontanava piccoli, grandi e specialmente coniugati dalla Comunione, ne scrisse di proposito un trionfale capitolo nella sua Teologia Morale. Quando apparve nel 1655, mentre ne gioirono i buoni, i giansenisti, sentendosi sul cuore il colpo mortale, clamitarono. D. Cipriano Aristasio – pseudonimo -- << Prete Missionario della Santa Chiesa di Napoli >> ne prese le difese e consumò un falso zelo per discreditare presso tutti la Dottrina di S. Alfonso, con una << Lettera al M. R. P. D. Alfonso Dé Liguori della Congregazione del SS. Redentore, da servire di avvertimento ai Confessori sulla frequente Comunione >> , e che ebbe la bontà – nota il P. Di Meo nella prefazione alla sua Opera – d’inviare per posta a quel Vescovo ( S. Alfonso ) e a tutte le Case della sua Congregazione >> .
<< Con questa occasione – seguita il P. Di Meo – essendomi capitata in mano, l’aprii curioso, ma subito accortomi non essere altro quel libercolo che un misero centone di pezze rubacchiate dall’opera di Arnaldo –
( dell’esercito giansenista Arnauld : << De Comunioni Frequenti >> ) – e che malamente farcite non andavano a stabilire o a concludere cos’alcuna, non ebbi la pazienza di continuare la lettura. >>.
S.Alfonso intanto, a Roma per la consacrazione episcopale, ne riferì a Papa Clemente XIII, il Quale,
meravigliatosi per non aver il Santo dato alcuna risposta all’audace, glielo impose. Onde il S. Dottore diede in
Roma stessa alle stampe ( 1762 ) la nota << Risposta apologetica alla Lettera di D. Cipriano Aristasio sulla
Frequente Comunione >>, ed Egli stesso ne fe dono al Papa, ai Cardinali e ad altri eminenti Personaggi, che l’applaudirono.
Colto sul vivo, Aristasio invece di arrendersi alle gravi ragioni dell’esimio Moralista, riprese la penna e
diffuse per le stampe la celebre << Replica >> alla << Risposta >> del Santo.
Questa << Replica >> diede origine al poderoso libro del Padre Di Meo in difesa della Dottrina di
Q. Alfonso, che era la sua stessa, meritando perciò col S. Dottore di essere annoverato tra i più strenui Difensori, Propagatori ed Apostoli della Comunione Frequente e tra i Precursori del risveglio della vita Eucaristica dei nostri tempi, inaugurata dai Sommi Pontefici, soprattutto da Pio X di venerata memoria.





8 ) Esercitazioni storico – morali sulla Sacramentale Comunione, opera poderosa fatta di dottrina e di pazienza. Si conserva manoscritta presso l’Avvocato Luigi Di Meo 1).
9 ) Commentarius Historico-dogmaticus de Prohibitione et abolitione librorum nocuae lectionis
Sono 109 paginette manoscritte con 9 capitoli, opera eruditissima e pazientissima 2).
10 ) Studi preparatorii agli Annali, concernenti la varie cronologie di Consoli,
Imperatori, Papi, Antipapi, Concilii ecc. 3 ) ( Inedita ).
11 ) Compendio del primo tomo del Petavio, regalato a un suo concittadino 4 ).
( Inedito ).
12 ) Vari trattati Teologici << fatica di più anni. >>. Saranno questi in gran parte le
Institutiones, ordinate da S. Alfonso e compilate dal P. Di Leo, sui lavori precedenti del
P. Cafaro e del P. Di Meo.
13 ) Apparato alla Cronologia generale del Mondo fino ai suoi tempi, inedito e
forse perduto.
14 ) Un Frammento di un’importante Dissertazione, in cui cronologicamente son
riportate le notizie biografiche di tutti gli Eretici, vissuti fin dal primo secolo del
Cristianesimo, che oltre a servire per le sue Opere, dové servire, pensiamo, anche a
S. Alfonso per la sua << Storia delle eresie e loro Confutazioni , non essendo raro il ca

1 ) Quest’Opera – inedita per volere di S. Alfonso – era l’apologia della sua << Confutazione >>, a cui l’Aristasio aveva preteso di ribattere. Non fu pubblicata per consiglio di persona eminente .
2 ) Il manoscritto è conservato dall’Avv. Di Meo.
3 ) Presso l’Avv. Di Meo si conserva in un bel volume manoscritto inedito una importantissima << Raccolta di appunti cronologici : >> dovettero anch’essi servire all’Apparato Cronologico e agli Annali ; perciò possiamo comprenderla in questi << Studi preparatori …>> In essa v’è 1 ) un Raffronto tra le diverse epoche storiche prima di Cristo ( troiana, olimpiade, giuliana, ebraica, fenicia, romana … ) ; -- 2 ) un Elenco dei Consoli Romani dall’anno 364 a. C. ; -- 3 ) un Elenco di Papi, Antipapi, Concilii, Imperatori, Re, Duchi, Conti, Membri di Case Regnanti, ecc. ; -- 5 un Elenco dei Patriarchi di Alessandria, di Antioca, di Gerusalemme e di Costantinopoli.
4 ) Il Pennetti attribuisce al P. Di Meo un intero << Compendio della Teologia del Patavio >> e gli nega la paternità del Compendio o Sunto del primo Tomo, che viene invece affermata dal Sac. D. Antonio Candela e dal P. Tannoia ; anzi il Candela assicura di possederne il manoscritto.
A noi pare che le diverse opinioni possano conciliarsi attribuendo tutto al P. Di Meo – solo avvertendo che il Pennetti avrà potuto confondere il suo Compendio della Teologia del Petavio, con una vera e completa Teologia, manoscritta, di cui parla il P. Berthe nella vita di S. Alfonso . – Vol. I, Lib. III, c. I n. 638. Infatti il lavoro immane ordinato da Sant’Alfonso al Ven. P. D. Paolo Cafaro, appena iniziato, fu proseguito dal P. Alessandro Di Meo e condotto a termine dal suo successore nella cattedra di Teologia Dommatica, il P. D. Francesco Di Leo ( + 1811 ) a modo di Institutiones Theologicae, destinate ad uso dei nostri Studenti, e rimaste inedite.
Del Petavio perciò il P. Di Meo avrebbe lasciato solo il Compendio del I Tomo, secondo il Tannoia e il Candela ; e avrebbe compilato quasi tutta una Teologia, anche in Compendio, ad uso dei Studenti ; il che coinciderebbe con l’opinione del Pennetti. Pare convenga lo stesso Tannoia che annovera fra le opere inedite del P. Di Meo Vari Trattati Teologici .




che il Santo ricorresse per consiglio ed aiuto al suo illustre Figlio 1). ( Inedito ).
15 ) Apparato Cronologico edito il 12 settembre 1785, dallo stesso P. Di Meo chiamato
<< chiave degli Annali >>. Ne riparleremo.
16 ) Finalmente gli “ Annali Critico – Diplomatici ,, … di cui parleremo a lungo, poiché
formano il Capolavoro dell’esimio Annalista.
Aggiungiamo altre Opere inedite o smarrite o comunque disperse in Archivi, Case Religiose e presso persone private.
17 ) Un piccolo Trattato di Morale , scritto per la cugina D. Teresa Pennetti, conservato presso
la suddetta famiglia.
18 ) Una Raccolta di poesie 2 ) in lingua italiana, latina, greca, ebraica e dialettale, scritte forse in
occasione di diverse solennità e accademie ad uso dei nostri Studenti in Materdomini
( Caposele ).
19 ) Molti Scritti predicali per Missioni, Novene, Esercizi Spirituali, Conferenze ad Ecclesiastici
e secolari ecc. – tutti inediti – che regalava a Confratelli ed estranei 3 ) .


1 ) Il Frammento consta di 28 pagine con 19 paragrafi ( da 41 a 60 ). Si conserva in Casa Pennetti di Volturara.
2 ) Il manoscritto trovasi in Casa Pennetti.
3 ) P. Di Meo scriveva quasi sempre le sue prediche, ecc. specie nei primi anni del suo vasto Apostolato e lo mandava a memoria. Spesso richiestone le scriveva espressamente per altri.




Plauso universale.


Queste opere e specialmente l’Apparato Cronologico, foriero degli Annali, aumentarono la venerazione e l’ammirazione, che si aveva dell’umile Redentorista, e la diffusero per tutto : onde ad ogni parte si ricorreva al dottissimo Padre, come ad << oracolo >>, e da ogni parte gli piovevano gloria ed encomi.
Il P. Giuseppe M. Romano, dei Servi di Maria, Dottore in Roma, si stimò fortunatissimo di potere abboccarsi col P. Di Meo, e da lui attinse lumi, che pieno d’entusiasmo lo chiamava il << Portento dei letterati >>. Dopo averlo altra volta consultato per lettera, scrisse ad un nostro Padre tra l’altro : << La lettera del P. D. Alessandro Di Meo mi ha veramente sorpreso per la vasta erudizione e critica che meco ha dimostrato, specialmente in un piccolo foglio di carta, e, quando penso a tutti i monumenti che ha raccolti, resto sempre più stordito >>.
Alle lodi del Padre Romano si aggiunsero quelle di numerosi altri Storici, Vescovi, Consiglieri, Ministri Reali e dello stesso Sovrano.
Mons. Laezza diceva ad uno dei nostri : << L’opera del P. Di Meo in Napoli ha fatto in tutti la più alta impressione, ( parlava dell’Apparato Cronologico ) e ne sono restati ammirati non solo i dotti, ma anche gli spiriti forti e sprezzanti >>.
Il Marchese Battiloro : << Io ho studiato ed ho fatto grandi ricerche sopra questa materia dell’età mezzana, ma sento dal Signor Conforto ( Revisore regio ) che si legge un portento, leggendo il P. Di Meo. >>
E ne restò si ammirato che andò di persona a Pagani per conoscere l’Autore.
Mons. Gervaso aggiungeva << Quest’opera ( l’Apparato ) ha fatto rumore, e quello, che più ci fa senso, si è che se la prende con i Capisquadra della Storia >> , alludendo alla severa critica dell’Autore, specie in fatto di cronologia in fatto di Muratori, Pagi, ( altri ) Paggi ), Assemani, ( o Assemandi ), Mazzocchi, Pellegrino, Ughelli, Patrilio, Mabillon ecc.
Così afferma anche il Giornale Enciclopedico del Regno di Napoli. Nel num. Dicembre 1785, è detto :
--<< In quest’Opera ( Apparato Cronologico ) si mettono in chiaro molte date interessanti e si discovrono molti abbagli presi dal Paggi, da Mons. Assemandi, dal Muratori, dal Can. Mazzocchi, dal Pellegrino, dal Patrilio, e da altri scrittori nostrali in ordine ai tempi più rimarchevoli dei secoli bassi . >> --
Finalmente ( per non tediare i lettori ) l’insigne storico Cestari, che stava componendo una simile opera, criticata dallo stesso P. Di Meo, la smise sconfortato, dicendo però : << Con ragione il P. Di Meo, mi batte, e, ancorchè mi batte, non posso non confessare che l’opera veramente è ammirevole. Questa non è penna da uomo, ma da Angelo >>.
Così si propagava per l’Italia la fama dell’immortale Autore dell’Apparato Cronologico, anzi si diffindeva rapidamente pel mondo scientifico tanto che due dotti Danesi si mossero dal loro lontano paese per ammirare da vicino un tanto genio. Vennero infatti a Pagani ; ma qual non fu la loro sorpresa e più l’indignazione nel sapere che poc’anzi -- il 29 marzo 1786 – era volato al cielo da Nola, colpito da apoplessia nell’atto di predicare ?! … Rimasero come fulminati e nel furore della loro indignazione esclamarono : << Ci vorrebbero due bottoni di fuoco in fronte ai Superiori ! … Sono soggetti questi da perdere nella predica ? >>
Poveretti ! essi ignoravano che la santità è superiore alla scienza, e che tutto pospone a sé ; ignoravano ancora che il P. Di Meo era prima eroe di santità e di ubbidienza, poi eroe e prodigio di scienza. Non fu dunque volere o colpa dei Superiori ; ma fu disposizione e volere del Cielo che morisse vittima della sua santità e del suo zelo.




Raggio della

Sapienza di Dio.



Oh ! che avrebbe detto allora il mondo scientifico, quali onori non gli avrebbe tributato, se, lui vivente, fossero apparsi per le stampe gli << Annali Critico – Diplomatici >> , Capolavoro del grande scomparso ? Essi, secondo il Dottor Hirsch , Professore dell’Università di Berlino, che li studiati a fondo, << formano la base, da cui le nuove ricerche devono cominciare per rimontare indietro e progredire >> .
In una iscrizione a piè del ritratto del P. Di Meo con gli Annali in mano è ben detto :
-- Eloquentiae vi doctrinaeque amplitudine nulli secundus – aniun sesecondo per il vigore dell’eloquuanza e la vastità del sapere . >> 1 ).
Che fiumana di lodi infatti non avrebbe allora inondato l’umile, osservante e santo Religioso Liguorino, sempre intento a passersela con Dio nel coro, << coi morti >> nella camera o colle anime sui pulpiti e nei confessionali ! …
Allora con più ragione e con maggiore entusiasmo si sarebbe chiamato << l’oracolo >>, il
<< portento della natura e della grazia >>, la << Biblioteca portatile >>, il << dotto impareggiabile, >> il << genio sublime >>, come esclamavano i contemporanei.
Però la lode più bella e autentica gli venne fatta da S. Alfonso Maria dei Liguori, adequato conoscitore della sapienza dell’immortale Annalista.
Un giorno Mons. Borgia Vescovo di Aversa, parlando col Santo Dottore del defunto P. Di Meo, esclamò entusiasta :
<< Tutto è stupore in lui ; non vi è stato, né si vedrà altro simile >>.
Allora S. Alfonso, commosso e acceso nel volto aggiunse, concludendo e indicando il cielo :
“ Il p. D. Alessandro Di Meo è tale che fa fare idea della Sapienza di Dio ! ,,






1 ) Riportiamo intera l’iscrizione, che trovammo nel nostro Collegio di S. Angelo a Cupolo :
Pater D. Alexander De Meo e Vulturaria Hirpinorum – Congregationis SS. Redemptories, loquentiae vi doctrinaeque amplitudine nulli secundus . – Inter concionandum repentino apoplexiae ictu periculoso obiit Nolae – A. D. 1786 die 20 Mensis Martii – Vixit ann. 59 mens. fere 5 .
.

III


Il Capolavoro .

Si sa da ognuno che gli << Annali Critico – Diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età >> sono il Capolavoro del P. D. Alessandro Di Meo della Congregazione del SS. Redentore, che hanno meravigliato il mondo e reso immortale il suo Autore.
Quantunque infatti non editi dal Servo di Dio, gli Annali ne sono per vero il Capolavoro, giacché quasi tutti gli altri poderosi studi e scritti, compreso l’Apparato Cronologico non ne erano che il sostrato e la preparazione.
Negli Annali infatti il P. Di Meo profuse tutta la sua altissima sapienza e, nel diuturno e snervante lavoro di oltre sei lustri, raccolse, vagliò, criticò ed espose quanto scrissero o trascrissero, innumerevoli autori e amanuensi nelle migliaia di Storie, Cronache, Monografie, Pergamene, nei Diplomi, Diari, tramandati in molteplici Archivi, Biblioteche pubbliche e private ecc.
Sarà ben fatto perciò rievocare la storia e i pregi dell’Opera insigne.



Il Precursore degli Annali.


Il Capolavoro del P. Di Meo fu preceduto dell’ << Apparato Cronologico >> , altro lavoro originale, in cui con critica sana e inappuntabile l’Autore esamina, discute, e risolve l’intricatissimo problema della cronologia nel << primo medio evo >>, fino allora insoluto, spianando il sentiero ai futuri storici e rimettendo in onore tanti e tanti cronologi , storici, documenti, diplomi e monumenti, trascurati la maggior parte, perché dai più male interpretati.
In esso, dopo aver trattato delle varie questioni cronologiche, dopo aver determinato ed elencato i varii sistemi di cronologia allora in uso, dopo aver precisato e indicato gli autori e seguaci di quei sistemi, pone una completa << Tavola cronologica >>, in cui a prima vista si possono discernere le varie date dei vari sistemi cronologici, concordate tutte con la data dell’era volgare, anch’essa previamente discussa e determinata.
Uscì col titolo : -- Apparato Cronologico – agli Annali – del Regno di Napoli – della Mezzana età – del Padre D. Alessandro Di Meo – Sacerdote della Congregazione del SS. Redentore.
Napoli, MDCCLXXXV – nella Stamperia Simoniana – Con licenza dei Superiori – ( Pag. XI – 426 ) .
Ebbe una ristampa in Spoleto ( Tipografia Vincenzo Bossi 1851 ), nitida e ben condotta edizione.
Molti elogi ebbe l’apparato di cui qualcuno noi riportammo 1 ) – oltre le postille


1 ) Vedi pag. 43 e seg.



di Carlo Troya, conservato nella Biblioteca dei Gerolomini << Collezione Carlo Toya >> , che talora severissimamente critica e spesso con passione il P. Di Meo, non lasciando per altro di decantarne l’altissimo sapere.
Precede una dottissima prefazione, in cui espone i motivi che lo hanno indotto a dar fuori l’Opera, specialmente quelli di porre in luce molti Santi ignorati, di rettificare molte sbalestrate opinioni, di distruggere molte falsità, e difendere, non << con il diletto di un dir fecondo e soave per grazie ed ornamenti>>, la verità, ma col mostrarla << senza altra cura fuori di quella di farlo il più
brevemente possibile >> .
Seguono 7 capitoli, suddivisi in articoli, in cui indica il metodo sanamente critico per computare anni, mesi, egira, le epoche diverse degli anni di Cristo, degl’Imperatori Greci e Latini, dei Re d’Italia, degli Augusti d’Occidente, dei Sommi Pontefici.
Il Capo V è dedicato esclusivamente ai Principi del Regno di Napoli, mentre nel sesto si diffonde in una serrata dissertazione sulla Diplomatica, combattendo con zelo i falsari e i trascurati circa i così detti Titoli e altri Documenti e Diplomi.
Critica severamente D’Esperton, Conrigio, Heidero, Marsham, Warton, Lannoy ecc. , che negano l’autenticità di vari Diplomi ; mentre ne rivendica contro taluni l’autenticità di altri antichissimi 1 ) .
Termina il volume il Capo VII : è una preziosissima Tavola Cronologica con un sistema di confronto generale e preciso, molto più sicuro di quello indicato ne << L’arte di verificare le
date >>, pubblicato dai Benedettini Francesi di S. Mauro e molto diffuso in quel tempo.
Basterebbe , dice il Pennetti, il solo Apparato a dimostrare quanto originale fosse il Di Meo nel concepire la scienza della Diplomatica >> per cui è divenuto per tutti guida sicura nell’oscuro laberinto della << mezzana età >> , così che ben poté attestare Luigi Elefante , Revisore Ecclesiastico : -- << che l’opera avrebbe apportata tanta luce da confermare la storia di quel tempo e guidare gli studiosi inoffenso pede nello studio degli scrittori di Annali . >>
Ma ben altro splendore, proietta sulla gloriosa figura del Grande Cronologista, il suo Capolavoro.
Studiamolo.


Due illustri Nipoti.


L’apparato Cronologico, edito del medesimo Autore il 12 settembre 1785 con plauso universale, era solamente un prodomo, un proemio, il fondamento, meglio collo stesso P. Di Meo,
<< la chiave degli Annali Critico – Diplomatici >> , di quegli Annali, che già cominciava a preparare per le stampe, ma che la sua umiltà e un colpo apopletico gl’impedì di stampare, rapendolo ai suoi ammiratori.


1 ) Per esempio il Di Meo osa senza ambiguità affermare : la falsità degli strumenti con cui i Benedettini di Subiaco sostenevano diritti su terre, non mai ad essi appartenute. ( Cap. VI 3 ) ; -- l’impostura dei privilegi dei monaci di S. Valerio ( ivi ) ; -- la falsità della bolla , pubblicata dal Mabillon, sulla vita di S. Stefano, << Mera favola, che spira impostura sciocchissima ( ivi ) ; -- la falsità dell’opinione o asserzione che S. Stefano fosse stato in Calabria fra i Benedettini, quando in non fiorirono che Basiliani 8 ivi ) , -- la vacuità di una supposta lettera, con cui Giovanni IV avrebbe concesso ai monaci l’amministrazione delle Parrocchie, non ancora esistenti ( ! ) ( ivi ) , -- gl’imbrogli ingenui nella Cronologia dei Vescovi ( Prefazione ) . . .

L’opera perciò giacque.
Ma qualche anno appresso due illustri fratelli nipoti dal P. D. Alessandro Di Meo, il Sac. D. Pasquale e il Redentorista P. D. Giuseppe Di Meo 1 ) , decisero di portare a compimento l’opera dello zio , e con lodevolissima cura e premura si accinsero all’immane lavoro di revisione, ordinazione ed edizione del prezioso manoscritto.
Superando gravissime difficoltà letterarie ed economiche, diedero finalmente alle stampe il primo volume degli Annali nel 1795, nove anni appena dopo il decesso dell’insigne Autore, con questa intestazione :

ANNALI CRITICO –- DIPLOMATICI

DEL

REGNO DI NAPOLI

DELLA MEZZANA ETA’

DEL

P. D. ALESSANDRO DI MEO

DELLA CONGREGAZIONE DEL SS. RED.

TOMO PRIMO

IN NAPOLI MDCCXCV

NELLA STAMPERIA SIMONIANA

CON LICENZA DEI SUPERIORI



1 ) Giuseppe e Pasquale Di Meo erano figli di Domenico e Carmina Picone. Il primo nacque il 5 Marzo 1753, morì a Pagani il 2 Maggio 1831 ; Pasquale nacque il 29 Ottobre 1765 e morì il 21 Ottobre 1814 in Volturara.
Di Pasquale il Pennetti conserva un prezioso manoscritto su << Gli errori del P. Di Meo negli Annali>>.
Bartolomeo Capasso nel Bollettino dell’Accademia di Archeologia e Belle Arti ( Anno 1868, Vol. 4 p. 319 )
dichiara l’editore degli Annali << sagace e diligentissimo >> , che anche nel Catalogo del Bonello apportò la sua ordinaria critica e diligenza.
Riportiamo un epigrafe sottoposta a una pittura del Padre D. Giuseppe Di Meo nel Nostro Collegio di Pagani, che ne da il perfetto ritratto morale con un rapido cenno biografico.
Joseph De Meo – Consultor – Generalis – Vir – fuit – in re Litterarum puplica – vere eximius – ob miram ingenii – praestantiam – vitaeq. innocentiam – quam ab ipso ortu – ad extremam usque senectutem delicat.me custodivit. A Fundatore Nostrae Cong.nis hilariter receptus est - Prudentia – obaedientia – sed praesertim humilitate et animi modestia – regulariq : observantia – supra quam dici potest – conspicuus . Regni Annalia obseur : Tempo : a Patruo incepta – ad perfectam unguem redegit - confecit – et – in lucem edere – curavit . Obiit Nuceria Paganor : Die II Maii – An. Reparat : Salut : MDCCCXXXI – aetatis sune - LXXVIII.



I bravi Nipoti, << prodigi anch’essi di alto sapere >> non meno dello zio, come attesta Mons. D. Alessandro De Risio Redentorista, altro biografo del P. Di Meo, qua e là delucidano, commentano, perfezionano il testo, ovvero lo difendono dagl’inevitabili attacchi, e ciò fanno specialmente negli altri tomi, o con note e con capitoletti in fine del volume.
Il primo tomo è dedicato alla << Sacra Regal Maestà di Ferdinando IV , Re delle Due
Sicilie >> , il quale con real dispaccio, 30 giugno 1795, con gradimento accettò << che gli Annali si fregiassero del suo Nome regale >> .
Questo volume volò per le mani di tutti i dotti, che non risparmiarono encomi all’immortale Autore e congratulazioni, incoraggiamenti e applausi ai degni Nipoti ; i quali ebbero la consolazione di vedere accolto entusiasticamente ovunque, in Europa e fuori, il frutto del loro immenso lavoro, come si esprime in una lettera il P. D. Giuseppe di Meo.

Peripezie degli
altri manoscritti.


Già i Nipoti lavoravano con alacrità e costanza per l’edizione degli altri manoscritti, quando per ordine del Sovrano furono tolti al Collegio di Pagani per arricchire la città di Napoli di un tanto tesoro. In tal guisa, dopo essere passati per le mani di personaggi illustri, finirono quei manoscritti nella nuova Biblioteca Regia, ove ebbero distintissimo posto 1 ).
Il poderoso lavoro e la ferma volontà dei due illustri Nipoti vennero così grandemente ostacolati.
Ma pur di riuscire nell’intento supplicarono insistentemente il Re a permettere loro di trarne almeno copia. L’ottennero.



1 ) Gli autografi degli Annali anche oggi si trovano nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Alfonso Meola, Bibliotecario, in una lettera dell’Agosto 1894, assicura che << guardando quella nitida scrittura dalle lettere ritte, staccate, minutissime, senza tratti superflui e senza quasi cancellature, che si dispiega in righe serrate e dritte, sembra di vedervi entro specchiato l’animo dello scrittore, modesto, quasi umile, paziente ,ordinato, instancabile. E vi appare anche, qual fu di fatto, fermamente sicuro di se e della via da tenere per attuare i vasti disegni concepiti ; onde non si arresta per difficoltà, che gli si presentino, per fatica o lunghezza di studi e d’indagini >>.
Sono tuttora conservati in una scatola di latta nella Sala dei Manoscritti della suddetta Biblioteca Nazionale.




Solo in tal modo, dopo immensi sacrifici, pazientissimo lavoro e tormentoso riscontro, poterono condurre al bramato compimento l’edizione del Capolavoro del P. Di Meo 1 ) .
L’immenso lavoro di trascrizione, revisione, riscontro, annotazione, compilazione, difesa ed edizione degli Annali del P. Di Meo durò circa trenta anni, a cagione anche delle vicende politiche, molto burrascose in quel periodo di storia.
Ma né i rivolgimenti politici, né l’immatura morte del valoroso Sac. D. Pasquale Di Meo trattennero il P. D. Giuseppe Di Meo, principale revisore ed editore. Questi, benché afflittissimo per aver perduto nel desideratissimo fratello -- venuto meno sotto l’immane lavoro – l’uomo più caro al suo cuore e anche l’infaticabile collaboratore, continuò nondimeno da solo con ammirabile pazienza e costanza a pubblicare gli ultimi due tomi, i più faticosi e noiosi ; e con somma consolazione vide nel 1819 uscire a vita l’ultimo volume degli Annali.
Tutta l’opera, compresi gl’indici, consta di XII Tomi ( in foglio ) di 5013 pagine complessive 2 ) .


Fonte inesauribile.

Appena pubblicati, gli Annali furono dovunque accolti con vivissimi applausi e fin d’allora numerosi storici italiani e stranieri di ogni età studiarono il critico e originale Capolavoro dell’insigne Annalista. Anzi alcuni presero addirittura a commentarlo con postille , come Carlo Troya, mentre altri a larghi sorsi ne attinsero, come da fonte inesauribile, e con grande autorità lo citarono particolarmente per la cronologia certa e inconcussa. Così Mons. Angelo Iannacchino nella sua << Storia della Telesia, sua Diocesi e Pastori >>, il Cav. Gino Zingarelli nella sua << Storia Civile della Città di Avellino >>, specie nella difficilissima enunerazione dei Castaldi e Conti di Avellino, come anche nell’altra sua << Storia della Cattedra di Avellino e dei suoi Pastori >>, nonostante sostenga in essa qualche opinione contraria al Padre Di Meo, come intorno a S. Sabino, ecc.
Edoardo Winkelmann, Professore di Storia all’Università Imperiale di Heidelberg e autore degli << Acta Imperi inedita Saeculi XIII >> in una lettera del 1° settembre 1894 scrive fra l’altro :
<< Tutti noi altri moderni, che investighiamo e scriviamo sulla Storia dell’Italia del Medio Evo, dove andremmo a finire, se non avessimo avuto il P. Di Meo sulle cui spalle ci poggiamo ? Egli fece tutto nel suo secolo e giovò ai posteri ancora : la sua perciò fu vita bene spesa >> .
Il Dott. Gaetano Milanesi, Arciconsole dell’Accademia della Crusca, Direttore Dell’Archivio di Stato di Firenze ecc. chiama gli<< Annali dell’eminente Storico Alessandro Di Meo opera veramente dotta e magistrale >> .
Lo Schipa, Redattore dell’ << Archivio Storico Napoletano, >> encomia << la base granitica che posero alla nostra Storia Medievale l’erudizione, le ricerche operose e molteplici, l’acume critico, lo spirito fieramente indipendente del P. Di Meo >>, dei cui Annali << si è fatto e si fa largo uso in Italia e fuori . . . sfruttati con segni palesi di riverente gratitudine. >>
E molti lo citano con onore in Dizionari Geografici, ecc. come il Carta, in Monografie, Storie, Memorie, Riviste, come l’Acocella , Stroffolini ecc.
Tacendo molti altri, citiamo solo, e valga per tutti, il Dott. D. Ferdinando Hirsch, Professore all’Università di Berlino, il quale ha fatto seri e profondi studii sugli Annali Critico – Diplomatici del P. Di Meo. In una sua lettera così sintetizza le lodi di tutti intorno all’opportunità, al valore e



1 ) Molte furono anche le difficoltà pecuniarie, editrici, onde si dovè formare un’Associazione di Abbonati.
2 ) Ferdinando IV Re di Napoli concorse alle spese dell’ultimo Volume ( XII ) edito il 1819.
alla celebrità del Capolavoro del P. Di Meo.
--<< Nei miei studi sulla storia dell’Italia Meridionale, al tempo dei Longobardi e dei Normanni , mi sono sempre persuaso che gli Annali di Di Meo formano la base, da cui le nuove ricerche devono cominciare per rimontare indietro e progredire. Degne di ammirazione sono la diligenza, la perseveranza, l’erudizione e la critica sottile che si riscontrano in questo indagatore della Storia, il quale specialmente si è acquistato grandi meriti per la Storia della sua piccola Patria e per le estese ricerche e per l’uso giudiziario dei documenti >>.
Studiosi degli Annali furono anche Michele Amari, Nunzio Faraglia, l’Abate Tosti, Bartolomeo Capasso, Giuseppe De Blasiis, Mauro Schiani, Morcaldi, De Stefano, De Aragonia, Teodoro Von Sickel, Eduardo Winkelmann, Giulio Fischer, Teodoro Mommsen, Dumler, Potthast, Fischer, Ruge e altri moltissimi.



Pregi degli Annali.


E davvero quel Capolavoro è degno di ogni ammirazione e di encomio immortale sia per l’estensione del soggetto, sia per le difficoltà innumerevoli sormontate, sia per la critica logicamente e storicamente esatta, sia, in particolar modo, per la Cronologia e Diplomatica restituite al loro posto di onore.
Solo un genio d’intelletto perspicace, di tenacissima memoria e di ferrea volontà poteva intraprendere, continuare e condurre a compimento un’opera tanto vasta, tanto difficoltosa e insieme tanto necessaria e pregevole.
Tale fu il P. Alessandro Di Meo.
Egli possedeva invero tutte le facoltà e tutti i pregi di un eminente storiografo.
Amava la verità. Nei suoi Annali cercò sempre tenacemente ed esattamente la verità, ne mai vile scopo o bassa passione di partito, di orgoglio e di guadagno l’allontanò da essa; anzi la difesa efficacemente contro chiunque le si opponesse. Come il suo Padre e Fondatore, S. Alfonso M. dei Liguori, tutta consumò la vita in ricercare e difendere il << vero drammatico – morale >> contro
eretici, rigoristi e lassisti, così il degno Figlio consumò la sua esistenza, preziosissima davvero, in ricercare e difendere il << vero storico >> contro scettici, creduli e spiritosi.
Con assiduo e paziente lavoro preparò l’immenso materiale, separando dal grano il loglio, il vero dal falso, con una critica rigorosa, ma giusta, critica in quei tempi e nei precedenti ancora poco nota e meno amata, in quei tempi, in cui più che alla qualità si badava alla quantità, agli accidenti più che alla sostanza delle cose, e, peggio! taluni della << maestra della vita >> si servivano per tingere a nero luoghi, persone e tempi tutt’altro che tali ; altri, peggio ancora per dar morte alla vita della società, della famiglia, dell’individuo.
Non faccia senso tale asserzione. Se il Maestro dei Censori, Melchior Cano, ebbe severe parole pel dottissimo Bellovacense e pel santissimo Antonino di Firenze, perché pochi critici, quanto più meriterebbero tali censure Summonte, Giannattasio, Vitignano, Capaccio, De Petris, Pacicchelli, Trojli ed altri storici del Regno, tacendo pure del Giannone e di altri di peggior risma ?
Ma è necessario che l’imperfetto preceda il perfetto. Come gli scorretti Pisone, Fabio e Catone prepararono i sommi Cesare, Cornelio, Livio, così quei buoni storici prepararono il nostro illustre Annalista ( per tacere di altri anche degnissimi di lode ), il quale col suo luminoso e critico intelletto penetra nel << laberinto >> della mezzana età, laberinto invero spaventoso sia per le diversissime dominazioni, sia per le numerose rivoluzioni e catastrofi politiche, sia per difetto di monumenti, per imperfette, mutilate e pessime trascrizioni e difficilissima interpretazione dei documenti e diplomi, sia per varietà di lingue, di dialetti, di scritture, sia finalmente per i differentissimi sistemi cronologici. Vi penetra il nostro eroe nel tenebroso labirinto, e, come l’aurora, fuga le tenebre e dovunque apporta luce, ordine, certezza, conforto.

Indarno tanti storici anteriori e posteriori tentarono di apportare questa luce alla << barbara mezzana età >> solo al grande Redentorista, al suo provvidenziale genio era riservato arrecare luce in tanta tenebra.


Doti dell’Autore.

Infatti il P. D. Alessandro Di Meo, pur servendosi di tutti gli storici e cronisti precedenti e anche contemporanei, fu storico originale e geniale : ne possideva tutte le qualità.
Alle prodigiose doti mentali, univa una scienza una scienza veramente enciclopedica, come notammo altrove 1 ).
Profondo Teologo, Moralista e Filosofo, era perito anche nel Diritto canonico – civile e illustre nelle Belle Lettere. Possedeva benissimo la Numismatica, Paleografia, Epigrafia, Filologia, Geografia e specialmente la Diplomatica, Critica e Cronologia, in cui ( per usare un termine moderno ) fu specialista. Conosceva a fondo, oltre la patria favella e vari dialetti meridionali, il latino, il greco, l’ebraico ; né era in lui inferiore la scienza delle Matematiche : a tutti infine facilmente superiore nella Storia sia sacra che profana.
Con queste doti, con questo << emporio scientifico >>, stiamo per dire, il grande Liguorino decise e si accinse a illustrare il periodo più oscuro, difficile e << barbaro >> della Storia del Regno di Napoli, << l’età mezzana >>, cioè il primo medio evo, passando in rassegna gli anni, che decorrono dal 568 al 1128 d. C.
Dopo un lavoro di otre trent’anni compì l’opera. Soltanto, a cagione dell’improvvisa morte, lasciare alcuni pochi anni intatti, benché ne avesse raccolta la materia.
Il lavoro fu immenso davvero.
Raccolse il materiale rovistando tutte le fonti e consultando tutti gli storici. Studiò e frugò,


1 ) Vedi pag. 35 e seg.


come accennammo, nelle Biblioteche e Archivi della Badia di Cava 1 ) e in Napoli inquelle di S. Angelo a Nilo, di Tarsia, dei PP. Gerolomini, dei PP. Gesuiti, di S. Biagio in Aversa, di Concersano, Salerno, Oria, Acerenza, Nocera e dovunque gli capitasse di aver tra mano storici e documenti, specialmente nelle sue perigrazioni apostoliche.
Studiava inoltre nei Musei e dovunque avesse potuto trovare monumenti, documenti, medaglie, iscrizioni, strumenti, atti, cause, diplomi ecc. Di tutto prendeva nota o sulla carta o nella sua predigiosa memoria, emula di quella di Pico e di Mezzofante, perché gli bastava leggere anche una sola volta una cosa qualsiasi, per ricordarla dopo anni con la medesima chiarezza, precisione e sicurezza.


Critica – Cronologia –
Diplomatica.



Così dopo immensa fatica di anni mise in assetto un materiale copiosissimo.
Questo però era il meno : bisognava fare il più, criticare le fonti : sceverare il vero dal falso, dal verosimile, dal fantastico, nonostante fosse sostenuto e difeso anche da sommi storici, dare ordine e vita all’inerte materia.
Studiò perciò le raccolte dei Diplomi del Leibnitz, Ludewigh, Lunigh, Reiner, Martene per la Germania, Francia e Italia in genere ; per l’Italia poi in particolare il Gottola per Montecassino, Muratori per le altre città. Studiò pure sui lavori storici del Muratori, Pagi, Mabillon, Bollandisti, Manzi, Pappebrochio, Assemani, Ughelli ed altri.
Di tutti ei vaglia le opinioni, le pone in confronto tra loro, con le fonti originali e coi diplomi, da lui scoperti o raccolti ; in mancanza di questi discute le varie sentenze; infine con critica spassionata e inesorabile si scosta da loro, qualora si oppongano alla verità, confutandoli con ogni argomento.
Ben sapendo però che la chiave , il faro, la stella polare della Storia è la Cronologia, il P. Di Meo ne fa un minuzioso studio, studio originale; anzi compone l’Apparato Cronologico, in cui, come si disse, tratta << ex professo >> della cronologia e la pone con geniale intuito a base dei suoi Annali.
Infatti dopo un immenso, paziente e perseverante lavoro di critica, egli stabilisce i vari sistemi anticamente in uso nel computo degli anni; giacché alcuni cominciavano l’anno da gennaio; altri dal marzo precedente, altri dal seguente; questi dal Natale, quelli dalla Pasqua; e altri in altri modi, pur tacendo dei sistemi più antichi.
Ora, accertati i sistemi, l’Annalista ne determina i seguaci e li difende dalle accuse e dal disprezzo, in cui erano caduti non per propria colpa, ma per l’ignoranza dei loro sistemi e la noncuranza che di essi fecero molti storici, i quali in tal guisa incorsero in molte falsità storiche e specialmente in assurdità cronologiche, a volte spaventevoli. Basta leggere solo qualche pagina degli Annali o dell’Apparato Cronologico per incontrarsi nelle assurdità di cotesti storici, disprezzatori degli antichi storici e cronisti, che giustamente il P. Di Meo chiama << esattissimi >>,

! ) P. Di Meo fu all’Archivio di Cava nel 1770.
Questo Archivio consta di 120 Arche e due Armadi, in cui si conservano 70.000 Carte, gran porzione delle quali, 20.000 circa, son pergamene o membrane. Vi sono in altro luogo molti codici antichi, ascetici e di varie scienze.
Detto Archivio fu commentato dal Mabillon, dal Bacchini e da altri; fu fucina, rifugio e pascolo di dotti. P. Di Meo lo chiamò << immacolato >>.
Quindici anni prima di dare in luce << l’Apparato Cronologico >> cioè nel 1770, P. Di Meo prese a consultarlo, come risulta dall’Albo degli autografi dei visitatori.


ciascuno nel proprio sistema, fondato su Diplomi sicuri.
Finalmente aperta e indicata a tutti la via da percorrere, s’inoltra l’immortale Annalista con pié sicuro in essa e invita tutti a seguirlo con fiducia.
Munito in tale modo, egli si dichiara formidabile e imparziale difensore della verità, e chiama dinanzi a sé, quasi a giudizio, fonti, avvenimenti e storici della mezzana età; li critica con invincibile dialettica, fondata su basi sicure e inoppugnabili; e, purificando il Regno di Napoli da tutte le scorie, ombre, calunnie e falsità, lo illustra in tutta la sua pienezza, per quanto è dato a manchevole umano intelletto. 1 )



Esteriorità degli Annali.



Al suo Capolavoro il P. Di Meo dà il nome di Annali sì, ma di Annali Critico – Diplomatici, perché, pure raccontando i fatti storici di anno in anno, ha voluto il suo Capolavoro sicuro assertore del vero, basato sulla sana critica e sulla diplomatica, scienze riportate al loro primiero onore e valore dal grande Annalista. Molta varietà e, vorremmo dire, gaiezza e più precisione egli dona all’opera colla testuale citazione delle fonti.
Ma, cosa affatto singolare, è un bel prospetto cronologico, che si ripete insistente in fronte a ogni anno o capitolo. In esso pone la data dell’era volgare coi corrispondenti anni dell’indizione romana ( periodo di 15 anni ), dell’era greca, spagnuola, antiochena, alessandrina del mondo e alessandrina di Cristo, e, a suo tempo, dell’egira o era maomettana. Inoltre nota, sempre in corrispondenza dell’era volgare, l’anno del Pontificato del Sommo Pontefice regnante, dell’Incoronazione o Principio di governo dell’Imperatore, greco e latino, del Re, Duca, Esarca, Principe e Conte. Finalmente indica la Pasqua dell’anno in corso con le lettere domenicali, il ciclo solare e lunare.
Il dottissimo Padre ha composto, come dicemmo, una Tavola Cronologica nel modo anzidetto, che cominciando dall’anno 568 giunge anno per anno fino al 1128, percorrendo tutto il periodo di tempo preso a illustrare.
Questa eruditissima e molto comoda tavola cronologica, unica nell’Apparato Cronologico, è riportata più nutrita negli Annali, divisa nei diversi volumi.
Eccone un esempio. E’ L’inizio del primo capitolo, ossia dell’anno 568. Esso corrisponde in posizione verticale in due colonne allo stesso anno della Tavola Cronologica finale in posizione orizzontale.



1 ) Così per esempio stabilisce che la fondazione del monastero di forfa nel 552 è una chimera ( Annali tom. I an. 570,1 pag. 39 ) ; -- dichiara che molte carte antiche che parlano delle fondazioni sono << imposture >> ( ivi an. 594,6 ) ; chiama strana l’interpretazione data alla Chiesa del Settimo Cielo, << vera fandonia >> , poiché fu così detta da Septimus Coelius , S. Abitinensis Africane Ecclesiae Pontifex, soggiungendo che da Settimo Celio si concluse Settimo Cielo ( ! ) ( ivi an. 695,5 ) ; -- stabilisce che il Papa , ai tempi di Onorio I, non aveva nessun domino su Napoli, contro l’opinione del Card. Deusdedit , poiché i Duchi di Napoli, eletti dal popolo, riconoscevano la sovranità degli Imperatori Greci, e spesso erano avversi al Papa ( ivi an. 627,4 in nota ) ; -- determina l’anno 686, quale data precisa della traslazione del Corpo di S. Benedetto da Montecassino a Fleury, contro il Cointe ( che la pone nel 663 ) , il Paggi ( nel 654 o 655 ), il Muratori ( nel 667 ) ( ivi tomo II an. 661,2 pag. 92 ) ; ecc.




Anno di Cristo 568. Ind.(zione) I . A. g. ( lett. dom. )
Ciclo sol(are) 17. lun(are) 18.
Pasqua 1 aprile.
( Anno) Dell’Era dei Greci 6076.
Dì Spagna 606.
Antiocheno 617 da settembre.
Alessandrino del mondo 6061.
Alessandrino di Cristo 560.

Papa Giovanni III . 9 ( an. del suo Pont. Cominciato ) dal 18 lug.
Giustino II . Imp. ( d’Oriente ) 4 ( an. dell’Imperatore ) dal 14 nov.
Alboino Re d’Italia 1 ( an. del Regno ) dal 2 aprile.
Faroaldo Duca di Spoleto 1 .
Longino Esarca di Ravenna 1 .

Con questo prospetto, chi non si sente al sucuro contro gli errori e le falsità e le ambiguità ? chi non si affiderà fiducioso, come il bambino alle braccia della mamma, a una guida così esperta, precisa e sicura ?
Ottemperando poi al precetto di Cicerone : << nihil in historia illustri brevitati dulcius >>, il P. D. Alessandro adopera uno stile conciso, chiaro, esatto, e rifugge dallo stile puramente retorico, non perché gli manchi elevatezza, forbitezza ed eleganza di dettato – era un grande letterato -- , ma perché vuole attendere a essere storico preciso, non retore, né oratore, badando più alla sostanza ed esattezza storica, tanto più che a ogni pié sospinto s’imbatte in difficoltà da sormontare e opinioni e fonti da esaminare, discutere e criticare. Però al suo stile non manca maestosità, varietà e anche un tal che di sobria e piacevole eleganza.


Preziosi indici .


Il Capolavoro del P. Di Meo finisce a pag. 154 del XI volume, perché l’esimio Autore non poté condurlo a termine per l’improvvisa morte ; ma aveva lasciato tutta la materia necessaria, e in qualche modo anche ordinata, per compiere l’Opera.
L’egregio Nipote P. Giuseppe Di Meo, solo ormai da più anni, condusse ei medesimo al termine sospirato gli Annali, aggiungendo i pochi restanti capitoli, e arricchendo la bell’Opera di molti preziosi indici alfabetico – analitici, 1 ) servendosi del materiale già accumulato dallo zio e aggiungendovi gran copia del suo.
Gli stupendi indici, che occupano gran parte del XI e tutto il XII ed ultimo tomo, sono svariatissimi. Essi non contengono come al solito l’indicazione alfabetica del nome con la rispettiva pagina, ove di quello si tratta; ma di ogni nome riassumono in breve l’etimologia, l’origine, la storia, il tempo, le cose insomma più rilevanti con l’indicazione delle singole pagine, ove se n’è più diffusamente discusso. Sono come il compendio degli Annali.
Vi è dunque l’indice :
1 ) dei Papi, Cardinali, Arcivescovi, Vescovi ;
2 ) dei Santi Napoletani e Siciliani ;

1 ) Ogni tomo per verità si chiude con una ben chiara e nutrita Tavola Cronologica.





3 ) delle misure ;
4 ) delle monete ;
5 ) degli Ufficiali Saraceni e
6 ) Greci ;
7 ) di alcune voci antiche, per noi affatto nuove ; ( es. amud far libero ; clasma rapina; colobio veste talare ; ecc. )
8 ) dei casi strani ( straordinari ) ; es. Acque del lago bollenti [ an. ( no ) 519, n. 1 ] ; -- Acque del golfo di Napoli osservate dolci a Cuma ( an. 957, n. 3 ) ; -- Fanciulla, che passa un anno senza cibo ( an. 823, n. 1 ) ; -- Fuoco greco, inventato da Callinico, che ardea nell’acqua. ( Nota an. 678 p. 152 ) ; -- Miracoli ( an. 823, n. 1. ) ; Mostro nato in Novera, ( an. 1068 n. 1 ) ; -- Donna che dà fuori ad un parto 5 figliuoli, due dei quali parean mures absque cauda ( an. 1077 n. 1 ) , ecc. Ciò nel Volume XI .
Nel XII volume poi vi è :
1 ) l’indice dei Monasteri, Celle, Ubbidienze, Chiese, Oratori, Ospedali e loro Abbati ; Preposti, Rettori, Custodi, Beni e Privilegi ;
2 ) l’indice topografico, in cui si dà un cenno ai luoghi, città ecc.
3 ) l’indicolo delle cose più memorabili.


Onore al merito .


Così dopo tanto lavoro e tanto tempo, circa 60 anni fu condotto a perfezione l’immortale Capolavoro del P. D. Alessandro Di Meo, Capolavoro tanto più pregevole e degno di perenne encomio e di gloria immortale perché elaborato senza precedente guida sicura attraverso secoli cotanto oscuri e oscurati, anzi vilipesi, con documenti di tanta difficoltà, in tempi così poveri di critica, specialmente cronologica.
Con ragione dunque il mondo scientifico ha tributato al chiarissimo Redentorista l’onore dovutogli per tanti titoli, onore del resto già tributatogli, essendo ancora vivente, benché non fossero di pubblica ragione i suoi Annali, poiché già se ne aveva sentore ed erano già preannunziati dall’Apparato Cronologico.
Onde da ogni parte gli piovvero encomii, e molti, fin dalla freddo settentrione si movevano positivamente per ammirare personalmente e venerare lui, che chiamavano << gloria d’Italia >> , << onore degli storici >> , << miracolo d’erudizione >>, << uomo impareggiabile >> << oracolo dei dotti , lustro della Congregazione del SS. Redentore >> , << decoro della Patria e della Chiesa>> .
Perciò tutti volevano aver con lui relazione, specialmente gli storici, tanto in fiore in quello scorcio del secolo XVIII , per aver lume, aiuto e anche per poco o per sempre i suoi crudissimi manoscritti. Tutti poi gli tributavano onori e gli facevano pressione, affinché stampasse quel Capolavoro.
Ma questa consolazione era riserbata al degnissimo Nipote di tanto genio, al P. D. Giuseppe Di Meo, emulo dello zio nella dottrina e nella virtù, il quale sopravvisse anni ancora alla pubblicazione degli Annali, e dormì il sonno dei giusti, ricco di anni e di meriti, il 2 maggio 1831 in Nocera dei Pagani nella tarda età di 78 anni.
L’Opera del P. Di Meo servì davvero di << base >> a molti storici, come si notò, i quali molto tolsero a imprestito da quella miniera inesauribile di ogni ricchezza per formare le loro storie universali, ecclesiastiche, nazionali, regionali, provinciali e cittadine.



Alcuni anzi con sommo onore citarono l’immortale Autore ; mentre altri attinsero sontuosamente alla fonte, senza rivolgerle uno sguardo riconoscente e, peggio, senza neanche nominarla ! , . ,
A coronamento di questo piccolo studio sul Capolavoro Dimeano, riportiamo la duplice approvazione civile ed ecclesiastica, che da sé sola canta eloquentemente e in modo degno i meriti del P. Di Meo 1) , tacendo innumerevoli altri encomi.
Il Revisore regio, D. Salvatore Canonico Ruggiero, così esprime il suo giudizio :
<< E’ degno di lode chi le sue fatiche impiega nell’illustrare la Storia del Nostro Regno e coll’aiuto delle vecchie carte impegnasi di portare lume nell’età oscure, regolandone la cronologia e rischiarandone gli avvenimenti. Questa adunque non è da negarsi al dotto P. D. Alessandro Di Meo, che è stato di splendore ed ornamento della Congregazione del SS: Redentore, il quale versato nella lettura dei Diplomi e fornito delle regole della Critica ha compilati gli Annali del Nostro Regno, supplendo ciò, che manca in altri storici, e rendendo più corretta la Storia Napoletana >> . . .
Più bellamente però l’eminente revisore ecclesiastico, D. Ignazio Canonico Falanga, nella sua relazione al Card. Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli.
-- << Gli Annali Critico – Diplomatici . . . del Regno di Napoli . . . essendo un’Opera, di cui si è potuto dal pubblico formare un anticipato giudizio nella grata accoglienza fatta al Prodromo ( Apparato Cronologico ) di detta Opera, già dato alle stampe, posso assicurare l’Em. V. che, se laude immortale meritamente per quello ha riscosso l’Autore, per questi al certo forzerà il pubblico a colmare la sua memoria di mille benedizioni. Imperocchè un sano giudizio in esso si scorge ed una esatta maturità nel rivangare i monumenti della Storia, e, quel che più vale, una precisione così netta nel distinguere caratteri del vero dalla barbarie dei mezzani tempi offuscato, che non può il Lettore non abbandonarsi, anche nei punti più dubbiosi, al criterio di una Guida si dotta >> . . . –
Chi non ammira in simili giudizi come l’eco anticipata del plauso universale ?
Chi non si sente come susurrare ancora una volta all’orecchio quelle parole, già riferite, del Santo Dottore Alfonso M. dé Liguori, che perfettamente conosceva il grande Annalista e la sua Opera : << essere il Padre Di Meo come un raggio della Sapienza di Dio ? >>


1 ) Vedi per altri giudizi ed encomi a pag. 43 e seg. ; 56 e seg.



IV
Tomba Gloriosa


Tutto volge al tramonto quaggiù !
Anche il P. D. Alessandro Di Meo tramontò. Ma, come il sole tramonta per risorgere più bello ancora, così il P. Di Meo tramontò per risorgere a vita novella, vita di gloria in terra, vita di beatitudine nel Cielo.

Beati mortui qui in
Domino moriuntur !

Era il 19 marzo 1786. Verso sera giunge a Nola col P. Rastelli il P. D. Alessandro Di Meo, reduce da Napoli, ove aveva predicato ai Cadetti e Militari, secondo l’ordine avuto da P. D. Andrea Villani 1).
Ma, ahimè ! l’indomani si sente male.
Tutto il giorno ei parla solo di morte, di eternità, e, presago della sua prossima fine, vi si prepara da santo. La mattina celebra con immenso fervore ; ascolta poi in ginocchio un’altra Messa in ringraziamento.
A pranzo a stento gli si fa prendere qualche boccone.
Nel pomeriggio, dopo poca e santa conversazione, recita il Mattutino pel domani, il S. Rosario e fino all’ora della predica ai Confratelli della Congregazione, diretta dal Can. Di Lucia, se ne rimane solo col suo Dio.
Mezz’ora prima il buon Padre si reca all’altare di Maria SS. , poi terminato il Rosario dei Fratelli, ascende il pergamo, e comincia il discorso con più affetto e carità del solito. S’inoltra nell’esordio, sta per giungere alla proposizione . . . quando all’improvviso tace e cade, appoggiando le braccia sul para petto come per pregare. . .


1 ) vedi pag. 22 e seg.


Gli spettatori gelano !
Accorrono subito alcuni col Canonico Di Lucia, che l’assolve lì lì, e, adagiatolo sopra una sedia, lo collocano a destra della statua di Maria SS. Tutti i rimedi, inutili ; tutte le cure vane. I medici, disperando guarirlo, ordinano l’Estrema Unzione, mentre il popolo con lacrime e singhiozzi prega, fervorosamente prega la Divina Madre per la salute del suo caro Missionario.
Sparsa la lugubre notizia dell’attacco apopletico del venerato Padre, tutta Nola si riversa nella Chiesa per vedere un’ultima volta << il Missionario >> , << il Santo >> , << come muore un Santo >> . Però la calca, come torrente in piena, aumenta ognora più, sicché è necessario affidare l’ordine pubblico a numerosi soldati.
Accorre infine anche il Vescovo Mons. Lopez col proprio medico ; fa adagiare il moribondo sopra un lettino, sempre accanto alla Madonna.
La tenerissima Madre celeste, orgogliosa del suo figlio d’amore, il quale con tanto zelo, con tanta perseveranza e con tanta efficacia aveva con gli scritti, con la parola e più con la santità della vita propagato il Regno del suo Gesù e la gloria di Lei, vuole a se quella esistenza preziosa. Confortando l’estremo anelito del Servo di Dio, Ella medesima, la pia Madre, prende quell’anima, ricca di meriti e di virtù, e la porta colle sue immacolate mani ai gaudi eterni del Cielo, il 20 marzo del 1786.



Alla Tomba del Santo.

Appena spirato, tutti vogliono vedere o rivedere il << santo >> e tutti ne reclamano qualche reliquia.
Chi gli strappa l’abito, chi bagna pannolini nel sangue del Padre o nell’acqua, ove la sera precedente si era bagnato i piedi, e tutti con fede ne invocano il valido patrocinio.
Gli uomini avevano presa la cura di onorare nel P. D. Alessandro Di Meo l’eroe e il << prodigio della scienza >> ; Iddio all’incontro volle serbato a sé l’onore, stiamo per dire, di far noto a tutti e di glorificare nel P. Di Meo l’eroe e il << miracolo della santità >> .
Gli donò infatti la potestà dei miracoli.
Invero numerosi miracoli avvennero sulla tomba del Servo di Dio, onde i funerali parevano solennissime feste di trionfo, avendovi preso parte Vescovo, Capitolo, Clero, Religiosi, Milizia, Nobiltà e Popolo.
Eccone qualcuno.
Il pittore è già pronto per ritrarre l’effigie del defunto Missionario, quando improvvisamente gli viene trafitta la mano parte a parte da un forcone di ferro. Istintivamente si raccomanda con fede al P. Di Meo, tuffando insieme la mano nell’acqua, ove il Padre aveva bagnato i piedi. All’istante la mano è guarita e solo vi rimane la cicatrice.
Cristina Della Montagna ha sano il ginocchio da un grosso tumore venefico al tocco della prodigiosa.
Un’altra donna aveva un braccio arido da più anni; al contatto di quell’acqua lo rivede vegeto, fresco e pien di vita.
Un giovane moribondo col parroco al capezzale si sta preparando al grande passaggio ; ma non appena è asperso di quell’acqua miracolosa, ritorna come a novella vita . . .
Il bimbo Samuele Troccola, offeso dalla nascita nel piede destro da non poterlo appoggiare senza spasimi, lo cava sano dall’acqua prodigiosa.
Al Notar Francesco Avella, suo amico, ottenne la grazia di morire al tempo richiesto, preparatissimo al Cielo.
In Lioni ( Avellino ) un Sacerdote, con applicare una di lui reliquia, ebbe libero il capo da una piaga, creduta cancrenosa ; e una donna fu sanata da febbre persistente.
In S. Vitaliano di Nola un prete fu libero da podagra ; un giovane da vomito di sangue ; mentre dallo stesso male veniva liberato in Ciorani il Sacerdote D. Vito Nola.
E molti altri ne operò di prodigi il buon Dio a mezzo del suo Servo fedele.
Non è questa forse una festa di prodigi ? il trionfo di un santo ?
Mosso perciò da tanti prodigi e da tanto plebiscito di fede e di entusiasmo, il degno Successore di San Paolino vuole che si eriga un mausoleo simile a quello del suo Predecessore Mons. Sanchez, affin di eternare la memoria dell’Uomo dotto e santo, e comanda che sia disposto quest’artistico monumento là, ove la sera precedente dié l’ultimo respiro, a lato della Statua della Madonna, con questa iscrizione, dettata dal Canonico D. Salvatore Di Lucia, amicissimo del Servo di Dio :


QUIETI -- AETERNAE

ALEXANDRI -- DI -- MEO

CONGREGATIONIS – SANCTISSIMI -- REDEMPTORIS

PRAESBITERI

QUI -- EVANGELI I -- PROECONIO

SINGULARI -- DOCTRINA -- AC PIETATE

OMNIBUS -- REGNI -- ORDINIBUS -- CARUS

HEIC

HERCULEO -- MORBO -- CORREPTUS

CONCIONABUNDUS -- OBUT

AN : AET : SUAE LX -- P . M .

CIVIBUS -- ADVENIS -- CONVENIS

ILLACRIMANTIBUS

SODALITII -- HUIUS -- MAGISTRI

LOCUM -- UBI -- ANTE HAC -- NEMINI

DEDERE

AN : REP : S . MDCCLXXXVI





Degna di essere riportata è anche l’epigrafe posta di fronte al sontuoso cataletto erettogli pei funerali.




INCOMPARABILI VIRO
ALEXANDRO DE MEO
PIETATE , DOCTRINA SPECTATISSIMO
QUI
VIX PERACTO VERE VITAE VERE FLORIDISSIMO
OB INCENS PENITIORIS DISCIPLINAE DEMERENDAE
STUDIUM
SACRAE THEOLOGIAE PRINCIPATUM
NON FORTUNAE FAVORE
SED SUORUM SUFFRAGIO MERITORUM
EST ASSECUTUS
QUO IN MUNERE HAUD FACILIS ADMISSIONIS
SUMMA PERSPECTA MENTIS SAGACITATE
CONQUISITIS UNDE UNDE
RARISSIMIS ANIMI FACULTATIBUS
VARIIS HUJUS REGNI PLAGIS
UT ALIENAE CONSULERET SALUTI
DESTINATUR .
MERITIS TANDEM VIRTUTEQUE CONFECTUS
HEIC
DUM SACRA TONARET ELOQUENTIA
HERCULEO MORBO CORREPTUS
MORTALE SUI CORPORIS PIGNUS
ILLACRIMANDUM
RELIQUIT .
MONUMENTUM ISTUD PIETATIS AC LUCTUS
TESTEM .
HUJUS COLLEGII MAGISTRI AC AEDITUI
PP .


Chiusa .



Così benedetto dagli uomini, lacrimato dai suoi devoti, ammiratori e Confratelli, glorificato da Dio, questo << prodigio di scienza e miracolo di santità >> terminò il suo esilio, dopo aver sempre lavorato con tutto il cuore e con tutte le energie per l’onore di Dio e della Vergine Madre, per il decoro della sua Congregazione, per il bene delle anime e per la gloria della Patria, lasciando dietro a sé orme indelebili.
Ben egli potrebbe proporsi a modello della Gioventù Studiosa, degli Uomini Apostolici e degli Scienziati dei nostri tempi, di cui molti purtroppo si ostinano a credere nell’incompatibilità della pietà con la scienza, non accorgendosi , poverini ! . . . di essere vittime dell’errore e forse anche del vizio, unico irreconciliabile nemico della pietà e del Dio della scienza e della santità.
Ma ingiustamente dimenticato dai dotti, dagli storici particolarmente, il nome del P. Di Meo è tuttavia sempre ricordato, benedetto e onorato nella Congregazione del SS. Redentore e da altri ancora.
E noi, mentre facciam voti perché si rimetta in debito rilievo la grande figura del Servo di Dio e del dottissimo Annalista e si rimpastino le sue Opere immortali, fatte sempre più rare, assistiamo con letizia somma ad un risveglio di savi e di popoli, che si propongono di eternare la memoria insieme a coloro che del P. Di Meo furono e sono invidiati Confratelli di Religione e illustri Discendenti.
Segnaliamo il risveglio, che quasi quasi era per prendere la proporzione di plebiscito, specialmente in Volturara, sua patria, nel 1894 in occasione dell’inaugurazione della lapide commemorativa alla Casa Comunale 1 ) e nel 1926 nella ricorrenza bicentenaria della nascita 2 ).
Si volle solennizzare allora l’Eroe della Santità e della Scienza, promotori attivi ed entusiasti le Famiglie Di Meo e Pennetti, discendenti del Grande, i Rev.mi D. Antonio Candela e D. Alessio Lepore e altri molti, con l’adesione piena di eminenti personaggi civili ed ecclesiastici, italiani e stranieri, come Guido Baccelli, Ministro della Pubblica Istruzione, Giulio Fischer, Prof. all’Università di Berlino, Teodoro Sickel, Prof. a quella di Vienna, l’Abate Tosti di Montecassino, Giovan Battista De Rossi, l’immortale Archeologo, Cesare Cantù, Benedetto Croce, Giuseppe Faraone, lo Schipa, il Padiglione, Iannelli, Meola, Manno, Milanesi, Belock, Cardinale Capocelatro, Winkelmann, Hirsch, e moltissimi altri.
Ben fecero dunque quelli, che incoraggiatidai Di Meo fondarono un’Associazione in America, intitolata ad << Alessandro Di Meo >> ; e meglio l’Avv. Luigi Di Meo, che volle intitolato in Avellino ad << Alessandro Di Meo >> l’Istituto Scolastico da lui fondato, per << additarlo alla gioventù studiosa, come esempio di alta moralità e di profondo sapere >>.


1 ) Riportiamo l’Epigrafe apposta sulla facciata esterna del Palazzo Comunale di Volturara Irpina, dettata dal celebre Avvocato D. Vincenzo Pennetti, autore del << contributo di ricerche su la Vita e le Opere di Alessandro Di Meo >> e promotore col Comm. Capasso e l’apposito Comitato dei festeggiamenti in onore di lui.
Ad – Alessandro Di Meo -- vissuto LIX anni sino al MDCCLXXXVI – Fu tra i più grandi rinnovatori – della Diplomatica Napoletana dei mezzi tempi – e lasciò nei suoi Annali – un singolare Monumento – di limpida intuizione storica – di profondo acume critico – di meravigliosa erudizione – I suoi Concittadini – a ricordare che ebbe qui la sua Patria – posero – MDCCCXCIV .
2 ) Ecco l’epigrafe della lapide apposta alla Casa Natia dettata dal Comm. Bartolomeo Capasso, Ispettore Generale dei Monumenti della Provincia di Napoli :
In questa Casa -- ai III Novembre MDCCXXVI -- nacque – Alessandro Di Meo – Prete Liguorino – che – prima portò la luce della Critica e della Diplomatica – e segnando un immenso progresso nei nostri studi storici – onorò con la sua Opera Magistrale – la Patria e l’Italia – La sua Patria Natia – perché sia perennemente ricordata – tanta domestica gloria – questa lapide – P .


A Volturara Irpina, Patria del Santo, oltre la lapide alla Casa Natia, e i celebri festeggiamenti per la lapide alla Casa Comunale, si sono intitolati all’immortale Nome del Padre D. Alessandro Di Meo l’Asilo Infantile e una strada. Inoltre – fallito il disegno del grande monumento, che si era proposto di erigergli in occasione del II centenario della Nascita di Lui ( 1726 – 1926 ) – gli si eresse una statua di bronzo, che tuttora può vedersi all’ingresso dell’Asilo, inaugurata con grande solennità, concorrendovi due pronipoti, che inviarono la somma necessaria, raccolta in America, anche tra i soci dell’Associazione << Alessandro Di Meo >>.
Ne per verità si è mancato di celebrare altrove la memoria del grande Servo di Dio e del
<< più infaticabile ricercatore e critico dei documenti storico – diplomatici . . . il cui nome vivrà perciò lungo i secoli nella mente dei dotti >>. ( Stroffolini ).
Né soltanto nella mente dei dotti vivrà quel nome, ma pure nella mente e nel cuore dei popoli, per cui tanto lavorò e si sacrificò, per poco che se ne divulghi fra loro l’altissimo merito religioso – scientifico e l’esimia santità. Si riconoscerà allora e universalmente si acclamerà in lui il Santo e il Dotto dalla tempra adamantina, << il prodigio di scienza e il miracolo di santità >>, e uno dei più grandi e strenui Apostoli e Vindici del vero non soltanto storico, ma pure religioso – morale.
E’ perciò con soddisfazione piena e giocondita immensa che constatiamo e segnaliamo come – nonostante tanta incomprensione e tanto oblio – pure dell’Eroe Dimenticato ossia del gran Servo di Dio , P. D. Alessandro Di Meo


<< . . . la fama ancor nel mondo dura
e durerà quanto ‘l mondo lontana . >>





INDICE
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Al Lettore . . . . . . . . . .pag. XI
Bibliografia . . . . . . . . . “ XIII
Introduzione . . . . . . . . . “ 1


I – Miracolo di Santità .
Primi albori . . . . . . . . “ 5
Le vittorie della grazia . . . . . . “ 6
Ascensioni sublimi . . . . . . “ 8
L’Addolorata . . . . . . “ 9
La calma dopo la burrasca . . . . . . “ 11
L’Apostolo . . . . . . “ 12
Pertransiit benefaciendo . . . . . . “ 14
L’imitazione di Gesù . . . . . . “ 16


II – Prodigio di scienza .

Primi studii . . . . . . . . “ 28
Sprazzi di genio . . . . . . . “ 29
Lo Studente Lettore . . . . . . . “ 30
Dispute gloriose. . . . . . . . “ 31
Un altro aneddoto . . . . . . . “ 33
La gloria lo segue . . . . . . . “ 34
Vasta erudizione . . . . . . . “ 35
Opere poderose . . . . . . . . “ 37
Plauso universale . . . . . . . “ 43
Raggio della Sapienza di Dio . . . . . “ 45


III – Il Capolavoro .

Il Precursore degli Annali . . . . . . “ 50
Due illustri Nipoti . . . . . . “ 52
Peripezie degli altri manoscritti . . . . . “ 55
Fonte inesauribile . . . . . . . “ 56
Pregi degli Annali . . . . . . . “ 59
Doti dell’Autore . . . . . . . “ 61
Critica – Cronologia – Diplomatica . . . . . “ 63
Esteriorità degli Annali . . . . . . “ 65
Preziosi indici . . . . . . . “ 67
Onore al merito . . . . . . . “ 69


IV. – Tomba Gloriosa .
Beati mortui qui in Domino moriuntur . . . . pag . 75
Alla tomba del Santo . . . . . . . “ 77
Chiusa . . . . . . . . “ 81