TESTI
ESPOSTI NELLA MOSTRA ALLESTITA
PRESSO LA
SALA CONSILIARE DI VERDELLINO NEL GENNAIO 2001
"DAL
BUNIGO PICCOLO AL PONCHIONE DI S. MARIA"
Etimologia
L'origine
del nome 'Verdellino', cioè 'piccolo
Verdello', appare controversa. L'etimo potrebbe essere
ricondotto al latino Viridis, (Verde) forse in riferimento alle
praterie erbose un tempo esistenti. Secondo un'altra ipotesi
invece, il nome Verdello sarebbe di origine Celtica e si sarebbe
formato dal prefisso nominale vir.
Prime
tracce
La testimonianza archeologica più
antica del paese, rinvenuta a Verdellino, è costituita da un
frammento di epigrafe romana, murata nella facciata posteriore
della Casa Parrocchiale e osservata la prima volta nel 1888. La
scritta riportata " Stati…/VAR…" menziona la “gens
degli Statii”, una delle più illustri famiglie del territorio
Bergamasco, forse insediata a Stezzano, come farebbe supporre il
nome di quest'ultimo paese.
Testimonianze
alto medievali
Tracce
degli antichi abitanti di Verdellino si possono trovare in alcune pergamene
conservate nell'archivio Capitolare della Curia Arcivescovile
di Bergamo. Si tratta di una serie di documenti che attestano
passaggi di proprietà, atti di compravendita, donazioni di
terreni ed edifici disseminati in città e nel territorio.
Il
gruppo più antico di pergamene
prese in considerazione, risale ad un periodo compreso tra la fine
del IX secolo e gli inizi del X secolo.
Aprile 896, Bergamo;
in un atto che sancisce la permuta da parte del vescovo di
Bergamo, di alcuni beni posseduti a Pontirolo con altri siti in
Fara d'Adda, di proprietà del diacono Albeno, tra gli "homini
estimatores"
nominati compare un "Rodevertus de Verdelo
Minore".
Marzo
941, Capriate;
Rechimberto "filio bone memorie
Rotefridi de Verdelo Minore"
funge da testimone ad una vendita di due appezzamenti di
prato che si trovano a Levate.
Novembre
949, Bergamo;
in calce ad un atto di permuta di un appezzamento, in parte
a vigna, sulle colline cittadine con un appezzamento di bosco, tra
il vescovo di Recone ed un prete della Cattedrale, citato sempre
in qualità di testimone, Regimberto figlio del defunto Rotefredo
di Verdello Minore.
Maggio
954, Bergamo;
"Iohannes abitator in Verdello
Minore" testimone di un atto di donazione di un "massaricio
posto in Sabbio", da parte del vescovo di Bergamo alla chiesa
di S. Alessandro.
Risalgono invece al
secolo XI altre due pergamene che conservano tracce del passato
del nostro paese.
Maggio
1010, Levate
; due coppie di coniugi residenti a Levate rinunciano formalmente
a qualsiasi tipo di rivendicazione futura su quattro appezzamenti
di terra posti nella medesima località, nei confronti di Pietro,
figlio del defunto Grausone "de loco Verdelo Minore"
Febbraio
1036,
Calfe S. Tommaso de' Calvi
Bergamo;
un certo Lupo dispone che "in qualora muoia senza eredi"
tutti i beni da lui posseduti fuori Bergamo, passino alla chiesa
di S. Alessandro. Tra le proprietà elencate vi è anche la quota
di un mulino situato presso Casalio, ossia in "Virdello
Minore"
Eventi
Tre-Quattrocenteschi
Tra
il 1300 ed il 1400 il territorio bergamasco fu sconvolto da una
violenta e prolungata guerra, sorta fra le fazioni
Guelfe e Ghibelline. Sui monti e nella pianura si
scontravano numerosi e piccoli eserciti che recavano morte e
distruzione nei paesi in cui si imbattevano. Nel 1358, mentre il
signore di Bergamo "Bernabò Visconti"
intraprendeva una guerra contro le milizie pontificie per
il possesso di Bologna, riaccendendo così le ostilità mai sopite
tra Guelfi e Ghibellini, le campagne a sud di Bergamo furono
invase da una Compagnia di Ventura capitanata dal condottiero
tedesco "Corrado di Landau", noto come "Conte
Lando".
Il
notaio Benvenuto da Bonate che nelle sue minute ha lasciato una
testimonianza di ciò che avvenne in quei giorni, racconta che il
22 Marzo i soldati del Conte giunsero nei pressi di Verdello,
appiccando il fuoco a Comunnuovo, Verdellino e Verdello e
uccidendo in quest'ultimo paese, ben 300 persone che si erano
rifugiate in una torre.
A
Verdellino sorgeva un Castello appartenente ai Suardi, potente
famiglia Ghibellina che poteva contare sul possesso di molte altre
fortezze distribuite su tutto il territorio bergamasco, confiscate
loro a seguito degli eventi bellici
sfavorevoli. Nel 1408, in seguito al passaggio di Bergamo
sotto la signoria di Pandolfo Malatesta, i Suardi poterono
rientrare in possesso dei castelli che gli erano stati confiscati.
E' così che a Pietro e Recolasio Suardi vengono restituite le
fortezze di Verdello e Verdellino.
Confini
Trecenteschi
I
confini tardo trecenteschi di Verdellino possono essere
ricostruiti a partire da un atto notarile redatto tra i mesi di
Giugno e Luglio dell'anno 1392 ed oggi conservato nell'archivio
della Biblioteca Apostolica Vaticana, all'interno del "codice
Patetta n.1387
".
Allo
scopo di definire i limiti del territorio comunale rispetto ai
paesi circostanti, furono convocati alla presenza del notaio,
secondo una procedura ricorrente, alcuni rappresentanti di
Verdellino accanto ai Consoli di Ciserano. Si tratta di due vicini
chiamati Zambono fu Bonomo Granera e Bonomo di Bonomo Deliprandi.
I
confini comunali, non dissimili da quelli che oggi conosciamo,
furono definiti secondo questi termini:
La
località "Prato Cerito" confinante a nord con la strada
Francesca, separava Verdellino da Ciserano e Minervio (centro poi
accorpato a Verdello).
Il
luogo detto "ad Ramum de Terenis" era il termine al di
la del quale si estendeva Ciserano.
Dove
si diceva "ad Voltam de Russino" lungo la via attraverso
la quale si andava da Ciserano ad Osio Sotto si trovava un altro
termine di confine con Boltiere e Ciserano, in corrispondenza di
un fossato.
Il
fosso "Ussolii " segnava i confini con i comuni di
Boltiere e Osio Sotto.
Lungo
la "via de Bunicho" che collegava Verdello e Osio Sotto
correva il confine tra Verdellino e Osio.
Un
altro termine di confine era situato all'incrocio tra due vie
dette " Molendinum de Folze" e " de Sancto Georgio"
a separare Verdellino dai territori di Osio e Levate.
XVI
Secolo
Nella
seconda metà del 1500, la comunità di Verdellino
contava circa 330 anime e faceva parte della "Quadra
di mezzo" una delle circoscrizioni amministrative in cui la
Repubblica di Venezia aveva suddiviso i territori bergamaschi
passati in suo potere nel 1428.
Da
uno "stato delle Anime", sorta di censimento
parrocchiale, redatto nel 1574, nel quale vengono riportate le
professioni di tutti gli uomini di età superiore ai 10 anni,
residenti in paese, risulta che su una popolazione di 336
individui, il mestiere più comune fosse
quello del bracciante (36 uomini) seguito da quello del
fittavolo e del massaro.
Pochi
sono coloro che si dedicano a professioni non legate
all'agricoltura (4 tessitori di tela) o che sono artigiani ( il
ciavattino, il calzolaio, il ligmamaro)
La
maggior parte dei Verdellinesi viveva in paese negli
"stalli" di proprietà delle ricche famiglie bergamasche
come gli Olmo, i Gratarolo, i Morandi ecc. o di enti ecclesiastici
o benefici quali i Padri di S. Agostino e il Consorzio della
Misericordia.
Alcune
famiglie risiedevano nelle case del Castello mentre un solo
massaro viveva nella "cassina Morlotto" di proprietà di
" Guardino Ciuccho".
Nella
celebre descrizione del territorio bergamasco che il capitano
veneziano Giovanni da Lezze scrisse nel 1596, a Verdel Picolo
venivano contate 330 anime e 49 famiglie e secondo il capitano
"qui non son ricchezze
che il più riccho ha
pertiche di terra 40, gli altri lavoradori et brazenti senza
traffichi"
La
maggior parte della terra (3613 pertiche bergamasche in
tutto)apparteneva ad enti ecclesiastici o cittadini di Bergamo ed
anche le poche terre che il Comune continuava a possedere (poco più
di 300 pertiche) erano sotto la minaccia di potenti patrizi:” il Comune ha alcune rive sotto il Castello ma il s.r. Antonio
Gratarolo lì fa fortuna che non vorebbe
privare esso comune minaciando gli huomini di amazarli
opponendosi”.
Due
avvenimenti molto importanti per il paese furono le visite
pastorali compiute da S. Carlo Borromeo e dal Cardinal Federico
Borromeo ( il cardinale Borromeo dei Promessi sposi) secondo
quanto dicono gli atti delle visite pastorali, S. Carlo Borromeo
visitò Verdellino nel Giugno del 1566.
La
Parrocchia di Verdellino e quelle di Verdello, Osio Sopra e Sotto,
Ciserano, Boltiere, Levate, Lurano, Pognano, Arcene, Mariano,
Sforzatica, Sabbio, Brembate sotto, Grignano e Capriate S.
Gervasio, fino al 1788 appartennero alla Diocesi di Milano ed il
30 Dicembre 1598 furono staccate dalla Pieve di Pontirolo per
essere unite nella Pieve di Verdello.
Il
consorzio della Misericordia
Il
consorzio della Misericordia venne fondato intorno al 1265 per
iniziativa del Vescovo e dei Padri predicatori, come libera
associazione di pie e ricche persone, allo scopo di aiutare i
poveri, i carcerati ed i malati sia di Bergamo che del territorio.
La
prima sede di quella che in seguito iniziò ad essere indicata
anche con il nome di Mia, fu la basilica di S. Maria Maggiore che
però dovette essere abbandonata circa 20 anni dopo.
Lo
statuto del consorzio imponeva ai ‘fratelli’
dell’associazione di mantenere una condotta onesta e rispettosa
della legge e di rifuggire dai vizi quali il gioco ed il vino.
A
presiedere l’associazione erano nominati un Capo
o Ministro e dodici
consiglieri che dovevano occuparsi della gestione del
patrimonio della Misericordia e dell’organizzazione delle
adunanze dei fratelli che si tenevano obbligatoriamente due volte
al mese al fine di ascoltare la predica e di fare l’elemosina.
Il
cospicuo patrimonio di quello che per lungo tempo fu il più
importante ente benefico bergamasco, non consisteva solo in
denaro, ma anche in beni immobili e fondiari distribuiti in
pianura, soprattutto nell’isola e nei territori di Curno,
Treviolo, Campagnola, Seriate e Verdellino.
Questo
vasto complesso fondiario era sorvegliato da ‘Deputazioni’
costituite da membri del Consiglio
che venivano ogni anno preposte a ciascuna ‘possessione’,
con il compito di decidere eventuali migliorie, di controllare
l’operato dei dipendenti ed il rispetto da parte di questi
ultimi dei patti contrattuali.
Tuttavia
un controllo più efficace era svolto dai Fattori
insediati sul posto e
responsabili della gestione dei fondi che erano scelti mediante
concorsi e dipendevano dal Consiglio della Mia.
In
cambio di un salario, in parte corrisposto in denaro ed in parte
in quote di prodotti agricoli quali olio, vino, frumento i fattori
si impegnavano a svolgere le più svariate mansioni che andavano
dal ritiro e conservazione delle quote padronali all’esazione
dei debiti fino all’amministrazione e direzione tecnica delle
possessioni loro affidate.
A
Verdellino le proprietà del Consorzio della Misericordia furono
sempre molto estese. Tra il 1600 ed il 1630 si aggiravano intorno
alle 580 - 590 pertiche bergamasche fino a superare le 600
pertiche tra il 1630 e il 1693.
Ancora
nel 1768 i terreni della Mia, raggiungevano una estensione di 584
pertiche. Tra il 1601 ed il 1610 il reddito netto della
possessione verdellinese ammontava a 2958,62 lire bergamasche che
salirono dopo una forte flessione negli anni
trenta a 3724 nel decennio 1640 - 50. Tra il 1691 ed il
1700 il reddito netto imputato era vicino alle 2660 lire
bergamasche.
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