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LA VECCHIA  FORMULA DELL'EQUALIZZATORE SOPPRESSA DAL 4/8/2001.

L'equalizzatore rappresentava una formula di "matematica finanziaria" con la quale venivano capitalizzate le plusvalenze maturate anno per anno, sulle quali si calcolavano le imposte dovute, applicando un certo tasso di capitalizzazione, ovvero al cd. "Rendistato" (tasso di rendimento dei Titoli di Stati), pari a circa il 4-6 % annuo.

Questa capitalizzazione era applicabile per i soli titoli posseduti per più di 12 mesi; venivano capitalizzate le  plusvalenze maturate ogni anno solare, fino al mese della cessione. La quota di plusvalenza maturata nell'anno nel corso del quale veniva fatta la cessione non veniva capitalizzata, essendo inferiore a 12 mesi.

Nel calcolare il periodo si doveva tenere conto della data di acquisto o di cessione a prescindere dal momento in cui c'era stato il pagamento del corrispettivo. Pertanto si doveva considerare la data in cui si era perfezionata la cessione o l'acquisto.

Prima di fare la capitalizzazione, le eventuali plusvalenze erano compensate con le precedenti minusvalenze, le quali comunque non erano capitalizzabili. Questa interpretazione, supportata dallo stesso Ministero delle Finanze, eliminava una parte delle storture possibili del meccanismo dell'equalizzatore.

Si pensi al caso di forti plusvalenze realizzate nei primi anni di possesso del titolo, cui seguivano delle minusvalenze fino alla data di cessione: in tal caso le plusvalenze erano capitalizzate e poi venivano ridotte delle minusvalenze, che però non erano capitalizzabili. Applicando la formula dell'equalizzatore ne derivava un'imposta da pagare nonostante il titolo fosse stato ad esempio acquistato a 1.000 e venduto dopo 5 anni a 1.000. In questa ipotesi, non tanto peregrina, oltre al danno di non aver "guadagnato" nulla si subiva la beffa di dover pagare anche le imposte.

Ciò contrastava certamente con i principi di capacità contributiva reale, che doveva sussistere all'atto della cessione del titolo, coerentemente con il principio di tassazione dell'Irpef subordinato al "possesso" di redditi, che era da intendersi come possesso attuale  e non passato, futuro o potenziale.

                                                                                                                    Dott. Giuseppe Rocco