Presentazione
 
Presentazione
Non amo le biografie ed ancor meno le autobiografie, se non come pretesto per parlare d’altro. Mi limiterò pertanto a poche notizie personali. Fin da bambino ero affascinato da tutto ciò che aveva a che fare con la scienza e con l’elettricità in particolare. Inoltre, mi affascinava l’applicazione della scienza e della tecnologia ai fenomeni misteriosi (tali, naturalmente, finché non se ne scopra la natura). Ero un lettore insaziabile di tutto (narrativa, saggi, pubblicazioni tecniche, etc.) ed un assiduo frequentatore del piccolo cinema vicino casa; in particolare, ero attratto dai film di fantascienza. Mi dava molto fastidio che gli invasori alieni venissero regolarmente sconfitti dagli arretrati terrestri con improbabili stratagemmi: era scientificamente inattendibile. Nella mia stanza mi divertivo a fare degli esperimenti ed a costruire “strane” apparecchiature elettriche e meccaniche con le quali stupivo i miei amici. Ho frequentato l’Istituto Tecnico, stancandomene ben presto in quanto non era ciò che mi aspettavo ed inoltre, in quel momento, ero interessato di più alle materie cosiddette umanistiche. All’università mi iscrissi alla facoltà di Sociologia. Furono anni dedicati agli studi di economia, scienze sociali, filosofia, psicologia, psicoanalisi. Mi sono laureato con una tesi di storia. Anche in quegli anni costruii delle apparecchiature (alcune sono visibili in un’altra pagina del sito) che mi erano di ausilio negli esperimenti di ipnotismo, di sofrologia e di suggestione durante il sonno che conducevo con alcuni amici su incaute cavie volontarie. Cominciai anche ad interessarmi ai cosiddetti “fenomeni paranormali”, alle filosofie orientali ed alle pratiche di meditazione ed esse connesse. Successivamente, ho insegnato diritto, economia e psicologia sociale. Attualmente lavoro in una grande società. Il mio lavoro ha ben poco a che fare con i miei studi e con i miei interessi. Del resto, per me, il lavoro è sempre stato -e non poteva essere altrimenti- esclusivamente un mezzo per vivere e per potermi dedicare a quello che mi interessa. Non ho mai smesso di occuparmi di quegli aspetti della ricerca scientifica che mi affascinavano nell'infanzia, inserendoli però in un più ampio ambito di analisi e di critica sociale. Da bambino e da adolescente, infatti, non riuscivo a spiegarmi perché le previsioni degli scienziati su come sarebbe stata la vita negli anni futuri fossero state (e lo sono ancora) puntualmente disattese, nonostante esistessero le conoscenze scientifiche e tecnologiche perché quelle previsioni si avverassero. Non riuscivo anche a comprendere perché invenzioni o scoperte in vari campi dello scibile umano, che avrebbero potuto risolvere innumerevoli problemi, fossero cadute nell’oblio. La spiegazione di questo, ovviamente, non può che essere sociale. In questa società non manca la scienza, ma è una scienza particolare, parcellizzata. Manca la visione globale che indichi cosa razionalmente farsene di tutte le scoperte scientifiche. Inoltre, la logica che la guida non è scientifica ma economica. Qualcuno potrebbe obiettare che la scienza nell’ultimo secolo ha fatto progressi inimmaginabili. In realtà, non si comprende quanto poco si sia progredito rispetto alle enormi potenzialità reali. E poi, di quale progresso scientifico si tratta? Lo scienziato assembla DNA di tabacco con quello di topo, per superare l’assuefazione indotta dalla chimica dei pesticidi nei parassiti che infestano la pianta, per fabbricare poi sigarette cancerogene nelle quali aggiunge additivi che aumentano artificialmente l’assuefazione del fumatore; clona organismi animali che replicano all’infinito quei caratteri utili alla produzione ma poi deve combattere la debolezza di questi organismi con trattamenti medici massicci che poi assumiamo, alimentandoci; progettano automobili sempre più potenti ed inquinanti che stanno ferme la maggior parte del tempo e che, quando si muovono, sono condannate a viaggiare meno velocemente di un calesse e che fanno direttamente ogni anno 250.000 morti (senza contare i morti per inquinamento), quando prototipi di automobili elettriche, ad aria compressa, ad aria liquida, a idrogeno od anche a combustione interna ma ad alto rendimento (100 km con 2 litri negli anni '40) sono già realtà da molti decenni. Alla logica mercantile non interessa se l'irrazionale ed inquinante circolazione automobilistica provoca un aumento del tasso di anidride carbonica nell'atmosfera terrestre e conseguente surriscaldamento del pianeta con tutto ciò che drammaticamente ne consegue. La medicina si è ridotta ad un catalogo di malattie correlato ad un catalogo di farmaci che cambia a seconda dei profitti che si ricavano dalla loro vendita (non si vende il farmaco più efficace ma quello che rende di più). Del resto, un numero crescente di giovani si ammala di cancro e sono in aumento i casi di leucemie infantili derivanti da ciò che si mangia, dall'aria che si respira e da un inquinamento ambientale generalizzato. Si potrebbe continuare all'infinito.
Questa società è incapace di utilizzare correttamente anche le conoscenze scientifiche ormai socialmente acquisite. Quello che fa è distruttivo, il rimedio alle devastazioni che vengono prodotte è peggiore del male ed inoltre ciò che non si accorda alla sua logica demenziale viene soppresso.
Al tempo dei “Lumi” la scienza era rivoluzionaria. Oggi, in una società che è affetta da grave e terminale patologia sociale (tanto più pericolosa, quanto più le potenzialità scientifiche e tecniche sono grandi), la scienza non è solo banalmente asservita al potere ed alla logica del profitto ma non è strutturalmente in grado di riconoscere meritevole di indagine tutto ciò che non si accordi immediatamente con un sapere accademico cristallizzato. Ciò che non è immediatamente spiegabile, semplicemente non esiste. Le macchine che producono, apparentemente, energia dal nulla non possono esistere perché sarebbe violato il principio di conservazione dell'energia; l’omeopatia non può funzionare per un numero detto di Avogadro (per quanto concerne la sperimentazione, esistono studi che inficiano la validità dell'omeopatia o che, al contrario, la confermano: due studi, con opposte conclusioni, sono apparsi anche su "Lancet"); tutte le guarigioni ottenute con terapie non convenzionali sono dovute all’effetto placebo (ma allora la mente avrebbe un potere psicocinetico che viene, ovviamente, escluso); questo effetto,inoltre, con gli animali ovviamente non funziona (sono stato personalmente testimone di un trattamento omeopatico sugli alveari con risultati incontestabilmente positivi). I fenomeni impropriamente definiti “paranormali” non esistono anche se -per citare solo un paio di casi - gli esperimenti (ripetibili come piace a questi signori) sugli animali dimostrano il contrario e le pratiche meditative possono modificare lo stato fisico in maniera profonda ed incontestabile (gli appartenenti ad una setta buddista sono in grado, ad esempio, di automummificarsi quando decidono di lasciare questo mondo). Non è inutile ricordare, inoltre, che la scienza accademica, quando si è pronunciata, ha regolarmente sbagliato le previsioni non solamente su ciò che sarebbe accaduto ma anche su ciò che invece non si sarebbe dovuto verificare: il volo di oggetti più pesanti dell’aria era impossibile; i treni non si sarebbero mossi sui binari perché il peso lo avrebbe impedito; nessun oggetto volante sarebbe mai riuscito a liberarsi dall’attrazione gravitazionale; trasmettere segnali elettrici via etere era pura follia; il “personal computer” non avrebbe avuto futuro; la sterilizzazione delle sale operatorie non serviva a nulla e le morti dei malcapitati malati erano dovute a complicazioni post-operatorie; l' eliminazione del dolore negli interventi chirurgici era una chimera; etc. etc. etc. Stendiamo un velo pietoso sulle cosiddette “scienze sociali” le cui previsioni sull’evoluzione della società anche a breve termine sono regolarmente e clamorosamente smentite, mentre invece previsioni fatte anche un secolo fa e puntualmente verificabili sono ignorate. Ma questo è un altro discorso che esula da ciò di cui in questo sito ci si interessa.
Quando un inventore tenta di brevettare un’apparecchiatura cosiddetta “free energy”, in prima istanza si vede rifiutare il brevetto perché (apparentemente) la macchina viola il principio della conservazione dell'energia. In seconda istanza –se la macchina in questione fosse veramente valida- l’inventore si vedrebbe offrire un assegno sostanzioso per cedere la sua invenzione che poi sarebbe distrutta. In caso di ostinato rifiuto, farebbe una brutta fine, sperimentando personalmente il cambiamento di stato della materia. Naturalmente, non sempre è necessario arrivare a tanto; normalmente basta il silenzio, la derisione e la disinformazione. Lo stesso Galileo si lamentava del fatto che nessuno avesse voluto guardare nel suo cannocchiale e si narra che prese un cane che passava e lo pose davanti all’oculare dicendo: “potrò dire che almeno un cane ha guardato attraverso il mio cannocchiale”. Non comprendeva pienamente che non era in discussione solamente una visione del cosmo ma la stabilità stessa dell'ordine costituito. Dovette cedere, affermando a denti stretti che “eppur si muove”.
Non si pensi che ciò accada solamente quando si tratta di questioni importanti: un oggetto prodotto oggi (anche quello di uso più banale) potrebbe essere indistruttibile e invece dura molto meno di un analogo oggetto prodotto nel passato ; è stata inventata una calza che non si smaglia ed una importante marca di collant ha comprato il brevetto per distruggerlo; esiste un pneumatico antiscoppio che non viene prodotto a prezzo di molte migliaia di incidenti mortali all'anno; e così via.
Quanto alla cosiddetta "ricerca scientifica", essa è completamente assoggettata agli imperativi economici dei finanziatori.
Nell'uomo fare e sapere sono, generalmente, coincidenti con la differenza sostanziale che l' "homo oeconomicus" traduce questa unione dialettica in qualche cosa di totalmente triviale che chiama, senza vergognarsene, "ricerca sperimentale". Molto spesso esso procede in modo casuale per vedere se trova qualche cosa (in particolare un finanziamento che gli garantisca un buon guadagno). Quanti cattedratici sono disposti a rischiare il loro lauto stipendio o la loro reputazione -faticosamente conquistata a prezzo di molteplici compromessi- per sostenere teorie normalmente non accettate? Quelle rare volte che ho avuto a che fare con questi ambienti (dai quali, normalmente, mi tengo ben distante), mi sono imbattuto -a parte casi rarissimi- in chiusure contrassegnate da una superficialità liquidatoria e da un'ignoranza veramente notevoli anche in presenza di prove schiaccianti che mettevano in discussione le loro miserabili certezze; per non parlare di quei casi in cui la malafede e la disonestà intellettuale erano palesi. Questi signori non sono diversi dagli inquisitori che non vollero guardare attraverso il cannocchiale di Galileo. Quelli che si oppongono a costoro (e che, in genere, sono fuori dalle accademie di cui, forse, vorrebbero far parte) lo fanno utilizzando un approccio metafisico anche peggiore. L'approccio corretto non sta nel mezzo ma sta altrove; lontano da una scienza che vaneggia sulla "falsificabilità" delle teorie scientifiche -dimostrando quanto sia "debole" il suo pensiero- e da un' "antiscienza" che ha bisogno di aiuti ultraterreni per capire qualche cosa. Se una nave fa acqua da tutte le parti, è irrilevante stare a prua o a poppa; parimenti irrilevante è anche stare in plancia di comando. Occorre stare su un'altra nave in grado di solcare sicura gli oceani.
In ogni caso, ai fatti non interessa di essere in accordo con questa o quella teoria più o meno scientifica e seguitano a verificarsi a dispetto di ciò che pensano questi signori; sia nella società (sconfessando puntualmente le loro previsioni) , sia nella natura (dove si verificano, incontrovertibilmente, fenomeni che non sanno spiegare).
L’unico atteggiamento corretto è quello classico galileiano per muoversi attraverso il “tenebroso labirinto” che era il mondo -secondo Galileo- per coloro che non erano in grado di decifrarlo con l’aiuto del linguaggio dei matematici. Se un fenomeno esiste lo si indaga e se, al momento, non si trova una spiegazione non è detto che non la si trovi successivamente.
Tutto il resto sono inutili chiacchiere accademiche.

Alberto Valentini
Magritte -  La clef des champs (1936)
     
alberto.valentini@tin.it