Biografia di Giuseppe Piazzi

di

Pippo Battaglia

 

Nel sud dell’Italia e in particolare in Sicilia il 1790, oltre ad indicare l’anno in cui iniziò a operare l’Osservatorio Astronomico di Palermo, segna anche l’ avvio di una ricerca astronomica sistematica, sostenuta da istituzioni pubbliche, spesso in collaborazione con altri Osservatori Astronomici  italiani ed europei. Prima di allora certamente vi  sarà stata  in Sicilia una sorta di ricerca astronomica però non coordinata e dettata dalla “curiosità” di singoli astronomi la cui opera, molto spesso, rimase fine a se stessa. In tal senso è esemplare  il caso di Giovan Battista Hodierna  (Ragusa  1597 - Palma di Montechiaro 1660) il quale fu uomo di scienza, tra l’altro dedito anche all’Astronomia, tanto che pubblicò a Palermo, nel 1654, un libello denominato “ De Systemate Orbis Cometici; Deque Admirandis Coeli…” che contiene addirittura il primo catalogo di nebulae, che sia mai stata dato alle stampe: realizzato dall’astronomo ragusano allo scopo di distinguere le nebulose dalle comete. Hodierna fu, dunque, un precursore di quegli astronomi che sistematicamente osservarono le nebulae  con il suo stesso intento, anticipando, con il catalogo da lui stilato, di  circa un secolo quello più famoso e più noto di C. Messier. Nonostante la rilevanza della sua opera nessuno  ne era a conoscenza sino agli inizi degli anni Ottanta, quando furono ritrovati a Vigevano alcuni suoi manoscritti. Probabilmente, prima  del 1790 altri notevoli astronomi avranno operato nel sud dell’Italia, i cui lavori, forse, rimarranno per sempre sconosciuti; sicchè, le ricerche del Piazzi e la fondazione dell’Osservatorio Astronomico di Palermo rappresentano il momento topico, per quanto riguarda l’Italia meridionale, da cui si può iniziare a fare una storia dell’Astronomia suffragata da dati ben precisi. La costruzione di un Osservatorio Astronomico a Palermo è legato a una serie di concause politiche e culturali verificatesi durante la seconda metà del Secolo dei Lumi in  Europa: quegli anni furono contrassegnati da sconvolgimenti sociali e culturali notevoli che ebbero ripercussioni anche nel Regno delle Due Sicilie. A quell’epoca  Palermo, dopo i fasti dei secoli precedenti che la videro addirittura sede imperiale ai tempi di "Stupor Mundi", era soltanto la seconda capitale del Regno delle Due Sicilie il cui Re, Ferdinando I,  salito al trono per volontà del padre Carlo III Re di Spagna, nel 1759, a soli nove anni, per la sua giovane età, fu subito affidato ad un consiglio di reggenza composto tra gli altri da B.Tanucci. che in accordo con Carlo III diede corso a un’opera di rinnovamento sociale del Regno delle Due Sicilie la quale spaziò dalla riforma della chinea, alla riforma della legislazione, dal riordinamento dell’esercito a quello degli studi che culminò, nel 1767, con l’espulsione dal Regno delle  Due Sicilie dei gesuiti da cui dipendeva totalmente la gestione della pubblica istruzione: sebbene giustificabile il loro allontanamento nel disegno riformista che animava il governo borbonico non furono tuttavia rimpiazzati, in breve tempo, con istituzioni che supportassero l’insegnamento pubblico, questa condizione generò un vuoto culturale che perdurò per diversi anni. Della questione dell’insegnamento pubblico  in  Sicilia e in particolare a Palermo s’interessarono prima  Domenico Caracciolo e in un secondo tempo Francesco D’Aquino  Principe di Caramanico, entrambi Viceré, intellettualmente coinvolti dalle idee illuministiche, tentarono di trovare una soluzione per ridare un sistema d’istruzione pubblica in Sicilia: in tal senso sensibilizzarono Ferdinando I che per suo diretto interessamento, nel 1779,  fece  costituire  l’Accademia de Regj Studi di Palermo destinata a divenire, nel 1805, l’Università degli Studi di Palermo. Una Deputazione d’intellettuali dell’epoca, composta da nobili ed ecclesiastici si assunse il compito di trovare dei dotti disponibili  a ricoprire  incarichi d’insegnanti nella Accademia de Regj Studi: a tal scopo furono contattati  scienziati di diverse discipline già affermati in Europa: in particolare, il  Principe di Torremuzza cercò di far venire a Palermo il naturalista Spalanzani, il matematico  Lagrange, e per quanto concerne l’Astronomia  fu contattato  Oriani all’epoca Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera: tutti rifiutarono di trasferirsi in Sicilia sia per la poca retribuzione e sia per la scarsa possibilità di poter condurre ricerche scientifiche di un certo livello. Dunque, la Deputazione dei Regj Studi dovette operare delle scelte di ripiego, trovando dei docenti tra studiosi di scienza sconosciuti: questa fu la causa precipua per cui,  il 30 dicembre 1786, fu sottoposta Al Viceré Principe di Caramanico  la nomina di Giuseppe Piazzi come docente di Astronomia. In quell’anno, Piazzi aveva già 40anni non era un astronomo ma bensì un matematico e neanche di rinomate capacità, giacché non aveva dato alle stampe nulla di significativo tranne un breve scritto “Notizie astronomiche che si premettono al notiziario di Palermo”: tuttavia anche se nessun membro della Deputazione era convinto che Piazzi potesse raggiungere notevoli risultati nell’ambito della scienza degli astri si risolse di affidargli oltre all’incarico di lettore di matematica anche la cattedra di Astronomia

Giuseppe Piazzi

         Nato a Ponte di Valtellina, nel 1746, le prime notizie che si hanno sulla sua vita si riferiscono a quando aveva 21 anni; e   provengono da un suo manoscritto, datato Torino 1767, che contiene appunti di un corso di Filosofia Naturale da egli seguito in quell'anno, da cui si evince, inequivocabilmente, che compì studi nel capoluogo piemontese, forse, sotto la guida di Giovan Battista Beccaria. In egual modo si hanno poche indicazioni su un suo  soggiorno romano, che va dal 1768 al 1770: si sa per certo che in quegli anni ebbe fissa dimora presso l'Ordine dei Teatini di Sant'Andrea della Valle e in quel lasso di tempo Piazzi si dedicò, prevalentemente, allo studio della matematica sotto la guida Francesco Jacquier curatore dell'edizione edita a Ginevra dell’opera di I. Newton Philosophiae Naturalis Principia Matematica, mentre non esistono incertezze sul fatto che dal luglio del 1770 occupò nell'Università di Malta la cattedra di Matematica, come pure è documentato il suo ritorno in Italia, che avvenne tre anni dopo.  Nel 1773, Piazzi si trasferì a Ravenna svolgendo presso il Collegio dei Nobili, l'incarico, che lo stesso Collegio gli aveva affidato, di lettore di filosofia e matematica. Nella città romagnola trascorse circa sei anni, dopo, dal 1779 in poi, si trattenne per diversi mesi a Cremona da dove in seguito si trasferì a Roma; fu durante il suo soggiorno capitolino, nel marzo del 1781, che l'Accademia dei Regj Studi di Palermo lo invitò ad occupare il posto di lettore di Matematica nel capoluogo siciliano. Quasi sei anni dopo, il 1 gennaio 1787, ricevette dall'Accademia de Regj Studi palermitana la nomina di docente di Astronomia; trascorso poco tempo dalla sua nomina la Deputazione l’invito a recarsi  a Parigi e  a Londra, per (come diremmo oggi) specializzarsi nella tecnica delle osservazioni. Della necessità di questo “viaggio d’istruzione” ne doveva essere consapevole anche il Piazzi e dunque è più che probabile che fu concertato assieme ad alcuni membri della Deputazione.

Piazzi durante il suo soggiorno parigino incontrò diversi  astronomi , tra questi ve ne erano alcuni già famosi in quell’epoca. Infatti frequentò assiduamente Charles Messier e diventandone amico potette utilizzare a suo piacimento l’Osservatorio dell’astronomo francese  all' Hotel de Cluny  dove apprese i rudimenti dell'arte di analizzare la volta stellata:  conobbe  anche il costruttore di strumenti E. Lenoir, e nel suo laboratorio parigino ebbe modo  d’incontrare  J. P. Delambre, anche questi astronomo, a cui si deve una monumentale storia dell’astronomia in cinque volumi edita nel 1827: tra i due nacque una sincera amicizia. Il direttore dell’Osservatorio Astronomico di Parigi J. J. de Lalande, noto all’epoca per aver misurato con buona precisione la paralasse della Luna, fu per Piazzi un maestro dell’osservazione dei corpi celesti dal quale apprese l’arte dell’Astronomia di precisione: nel periodo in cui lavorarono assieme, i due astronomi, portarono avanti alcuni studi imperniati, per l’appunto, sulle osservazioni delle stelle. Piazzi fu notevolmente influenzato  dagli studi della volta stellata condotti da J. J. de Lalande,  tantocché decise di continuare a Palermo lo stesso tipo di ricerca astronomica.

In quegli anni in tutto il Regno delle Due Sicilie non esistevano specole: neanche a Napoli capitale del Regno vi era  un Osservatorio Astronomico pur avendo la sua Università una cattedra di Astronomia già dal 1735, pertanto per realizzare uno studio della volta celeste di elevata precisione si doveva erigere eventualmente un Osservatorio Astronomico a Palermo. L'astronomo valtellinese per il tipo di ricerca che si era prefisso di portare avanti aveva bisogno dunque di uno strumento ottico, affidabile, di ottima qualità, e necessariamente di estrema precisione: era risaputo, nella comunità degli astronomi dell'epoca, che in Inghilterra vi operavano i migliori artigiani specializzati nella realizzazione di strumenti di elevate prestazioni per le osservazioni celesti; perciò, Piazzi, per rendersi conto delle potenzialità degli strumenti ottici prodotti dagli inglesi decise di abbandonare Parigi per recarsi a Londra; dove vi giunge agli inizi del mese di ottobre del 1787. Piazzi, pur non avendo ancora  una profonda cultura astronomica, arrivò nella capitale inglese arricchito dagli insegnamenti sulle tecniche di osservazione che, in circa sei mesi di soggiorno parigino, aveva appreso dai suoi amici astronomi francesi: quindi, era sufficientemente edotto sulla funzionalità e le caratteristiche degli strumenti di quell'epoca tanto da stabilire a priori quale peculiarità dovesse possedere lo strumento ottico che gli avrebbe consentito di attuare il tipo delle ricerche che si era imposto.

Giunto in Inghilterra si stabilì a Londra e frequentò assiduamente l'osservatorio di Greenwich, in quell'epoca diretto dall'astronomo reale Nevil Maskelyne, così ebbe modo di poter apprezzare nei minimi dettagli gli strumenti di cui era dotata la specola inglese: questi ultimi univano alla pregevole fattura un'eguale qualità, tuttavia, nonostante le loro innegabili caratteristiche, furono analizzati da Piazzi minuziosamente alla ricerca di eventuali difetti che, in effetti esistevano, e che non gli sfuggirono, per il fatto che non gli avrebbero permesso di realizzare quelle osservazioni di alta precisione a cui aveva deciso di dedicarsi. In quegli anni la precisione cercata dall'astronomo valtellinese si poteva ottenere soltanto se un telescopio fosse stato dotato di una scala circolare, che avrebbe "corretto" una gran parte dei possibili errori di lettura. Jesse Ramsden, uno dei migliori progettisti e fabbricante di strumenti di quell'epoca, aveva già iniziato la costruzione di un telescopio altazimutale, un grande cerchio dal diametro di otto piedi, con le caratteristiche cercate dal Piazzi, per la specola Caetani del Duca di Sermoneta ma non ne aveva continuato l'esecuzione poiché di difficoltosa realizzazione. In realtà la tecnologia XVIII secolo non si era raffinata a tal punto da rendere attuabile la fabbricazione di strumenti dotati di scale circolari, queste ultime erano state previste già da molto tempo ma risultava oltremodo complesso la loro applicazione agli strumenti ottici. Agli inizi del 1788 Piazzi conobbe Ramsden ed ebbe modo di apprezzare la cura con cui questi progettava e costruiva strumenti ottici, e, come egli stesso riferisce in una sua memoria, quando gli propose di fabbricare un telescopio dotato di una scala circolare, dovette insistere per far accettare all'artigiano inglese il suo progetto; poiché, Ramsden si dimostrava contrario a realizzare quel particolare tipo di strumento, per il fatto che le difficoltà incontrate nel definire la costruzione di un telescopio dalle eguali caratteristiche di quello voluto da Piazzi, lo avevano costretto, anni prima, ad accantonare lo strumento ottico senza ultimarlo. Infatti, l'astronomo valtellinese non ebbe dal fabbricante inglese la certezza che potesse riuscire nell'intento di realizzare quel tipo di telescopio; dunque sembrava destinata a restare inappagata l'aspirazione di Giuseppe Piazzi di dotare un eventuale Osservatorio Astronomico da costruire a Palermo  di uno strumento ottico raffinatissimo, che gli avrebbe permesso di dedicarsi all'Astronomia con una precisione superiore al secondo di arco. Ramsden, comunque, intraprese la sua opera di costruzione, e con molto scetticismo ricominciò ad operare sullo strumento da tempo accantonato: dopo più di un anno di continuo lavoro l’artigiano inglese riuscì a realizzare un telescopio all'avanguardia per quel secolo, unico per le sue prestazioni, che subito attrasse l'interesse di tutta la comunità scientifica. L’astronomo valtellinese soggiornò per circa due anni in Inghilterra e alla fine dell'estate del 1789, ultimata la costruzione dello strumento ottico, partì da Londra il 17 agosto; arrivato a Parigi vi sostò per diverso tempo e tra l’altro relazionò  All’Académie des Sciences sul nuovo strumento realizzato da Ramsden; un altro lasso di tempo lo trascorse a Milano dove rincontrò parenti e amici, infine giunse a Palermo nel dicembre di quell’anno. Arrivato nel capoluogo siciliano rincominciò a frequentare gli amici che non vedeva d'anni, tra questi il Viceré Principe di Caramanico a cui confidò che avrebbe preferito condurre le sue ricerche astronomiche da una specola da erigere ex novo, piuttosto che da un luogo adattato ad osservatorio astronomico; chiese a Caramanico di farsi carico di suffragare questa sua idea presso la corte borbonica: in breve tempo ottenne da Re Ferdinando  il consenso di poter edificare  un Osservatorio Astronomico, con un'autorizzazione datata 1 luglio 1790, nel contempo ebbe anche ampia libertà di potere scegliere il miglior sito dove ubicarlo. In quel secolo gli Osservatori Astronomici si potevano costruire all'interno delle città, per il fatto che non esisteva l'attualissimo problema dell'inquinamento luminoso: dunque, al Piazzi non restava che individuare un sito adatto alle osservazioni della volta stellata su una fabbrica ben edificata che sovrastava i palazzi più alti di Palermo, nel contempo capace di sopportare il peso della sopraelevazione a cui doveva essere sottoposta, derivante dalla costruzione della specola. In questa sua ricerca si fece coadiuvare dal suo amico architetto Giuseppe Veneziano Marvuglia, quest’ultimo già noto a  Re Ferdinando I  per aver edificato a Palermo la sua residenza estiva e di  caccia all'interno del parco della Favorita: il miglior sito per una specola venne individuato  nella sommità della torre detta di Santa Ninfa del Palazzo dei Normanni  la scelta di quel luogo fu compiuta in comune accordo tra Piazzi e Marvuglia. La costruzione dell'Osservatorio fu portata a termine nel volgere di otto mesi e dopo circa un anno di continue osservazioni, Piazzi tramite il Cerchio di Ramsden  la notte del 1 gennaio 1801 scoprì un corpo celeste del tutto nuovo: rivelatosi in seguito il primo asteroide, denominato dal Piazzi  Cerere  Fedinandea, che successivamente non riuscì più a rintracciare: l'asteroide fu di nuovo osservato in seguito ai calcoli dell'orbita compiuti da Gauss. Della scoperta riportiamo le annotazioni di Piazzi; stilate in modo così preciso da sembrar quasi una cronaca di quel che accadde quella notte a Palermo: - Risultati delle osservazioni della nuova Stella scoperta il dì 1 gennajo all'Osservatorio Reale di Palermo - Palermo 1801 "Già da nove anni travagliando io a verificare le posizioni delle stelle, che si trovano raccolte ne' varj Cataloghi degli Astronomi, la sera del 1 Gennajo dell'anno corrente, tra molte altre cercai la 87a del Catalogo delle Stelle Zodiacali dell'Abate. La Caille. Vidi per tanto, che era essa preceduta da un'altra, che secondo il costume volli osservare ancora, tanto maggiormente, che non impediva l'osservazione principale. La sua luce, era un poco debole, e del colore di Giove, ma simile a molte altre, che generalmente vengono collocate nell'ottava classe rispetto alla loro grandezza. Non mi nacque quindi alcun dubbio sulla di lei natura. La sera del due replicai le mie osservazioni, ed avendo ritrovato, che non corrispondeva né il tempo, né la distanza dal Zenit, dubitai sulle prime di qualche errore nell'osservazione precedente: concepii in seguito un leggiero sospetto, che forse esser potesse un nuovo Astro. La sera dé tre il mio sospetto divenne certezza, essendomi assicurato, che essa non era Stella fissa. Nientedimeno avanti di parlarne aspettai la sera dei 4, in cui ebbi la soddisfazione di vedere, che si era mossa colla stessa legge, che tenuto aveva né giorni precedenti..."Per molti  anni Piazzi e  Oriani coltivarono un’amicizia contrassegnata da uno scambio epistolare iniziato nel 1791 e finito nel 1826; quindi, in realtà terminata con la morte di Piazzi:  il carteggio che è rimasto testimonia, quasi in tempo reale, la vita dei due astronomi in quegli anni  ed è infatti a Oriani che Piazzi comunica, con un sua lettera datata  Palermo 24 gennaio 1801, che il primo gennaio osserva nella spalla del Toro, una stella di ottava grandezza, la quale nella sera seguente si mostrava spostata di qualche primo d'arco: Piazzi  pur essendo certo di aver avvistato un nuovo astro con molto pudore chiede di verificare le sue osservazioni all’amico Oriani. In Breve Tempo la comunità astronomica dell’epoca confermò la scoperta del Piazzi.

 

Le opere di Giuseppe Piazzi

 

Giuseppe Piazzi fu un astronomo molto eclettico e ricordarlo soltanto per la scoperta di Cerere significherebbe sminuire quanto seppe realizzare nell’ambito dell’astronomia, in effetti la scoperta del primo Asteroide è soltanto un aspetto, seppure importante, della sua opera di ricercatore; tanto che la scoperta di Cerere si può ritenere, sicuramente, consequenziale alle osservazioni condotte per la  prima realizzazione di un catalogo stellare  pubblicato nel 1803, successivamente ampliato, dopo  oltre dieci anni di osservazioni, da un secondo catalogo edito nel 1814 il Praecipuarum stellarum inerrantium positiones mediae ineunte seculo XIX,  che  comprende ben 7646 stelle divenuto, nel volgere di pochi mesi, un riferimento essenziale per la ricerca astronomica di quel secolo. I due  cataloghi furono tanto apprezzati dalla comunità scientifica dell’epoca che per entrambe le opere G. Piazzi ricevette  il premio annuale dell’Académie des Sciences di Parigi sia nel 1803 e sia nel 1814 per il miglior lavoro edito nell’ambito astronomico.  Il quattro giugno dello stesso anno in cui scoprì il primo asteroide, Piazzi,  portò a compimento la meridiana di Palermo.

 La realizzazione di questo strumento astronomico che doveva essere di pubblica utilità, giacché introduceva un nuovo metodo di scandire il tempo;, sostituendo la misura italiana con quella francese e fissando l’inizio del giorno civile col passaggio del Sole all’antimeridiano; fu compiuta dal Piazzi in concomitanza ai lavori di restauro e di rinnovamento della Cattedrale di Palermo iniziati nel 1781 e finiti nel 1801. Il promotore  di quest’opera fu lo stesso astronomo valtellinese che chiese e ottene da Lopez y Royo, Arcivescovo di Palermo e Monreale,  l’incarico di abbellire la Cattedrale di Palermo di una meridiana 

Piazzi  ottenuto il permesso  si accorse  che l’interno della Cattedrale  era poco adatto  alla  realizzazione di una grande meridiana: Infatti, l’orientamento della chiesa sudovest-nordest, il Sole occultato per certi periodi dell’anno  da alcune  fabbriche per cui  i raggi solari non arrivano  di continuo sulla fiancata della chiesa nonché l’ordinamento delle colonne che dividono le navate, furono delle cause determinanti affinché  Piazzi decidesse di situare  la meridiana in una zona della cattedrale affatto idonea: ossia, nei pressi  dell'altare maggiore. 

La meridiana della cattedrale di Palermo  appartiene a quelle cosiddette a camera oscura, che a quell’epoca furono disposte all’interno di grandi fabbriche, soprattutto chiese, e consistono in una verga metallica o marmorea, di solito incastonata nel pavimento,  la quale rappresenta un tratto del meridiano locale, che quando è toccata da un fascio di luce solare indica con estrema precisione l’ora del mezzogiorno. Nelle meridiane l’ora locale si ricava tramite uno gnomone. Quest’ultimo in quella progettata dal Piazzi è un foro praticato ad un’altezza di m. 11,776 quasi alla base di una delle tante cupole che costellano il tetto della navata laterale destra della Cattedrale di Palermo da cui entra un fascio di raggi solari che cade sulla verga nel momento in cui il Sole transita sul meridiano locale. Giorno dopo giorno il fascio di luce solare tocca punti diversi della meridiana in funzione del variare dell’altezza del Sole sull’orizzonte: la meridiana di Palermo ha una verga abbellita, nei suoi 18,726 metri di distanza tra i punti solstiziali, dalla  raffigurazioni in marmi policromi dei dodici segni zodiacali. Quest’ultima purtroppo è occultata nella regione autunno - inverno da un pulpito da dove i preti tengono i loro sermoni: ormai è più di un lustro che questo scempio si perpetua e a nulla valgano le proteste perché si arretri anche soltanto di un metro il suddetto pulpito, lasciando libera la verga nella sua interezza 

Ritornando al teatino Piazzi, questi passò molto tempo ad osservare le stelle per la compilazione dei suoi due cataloghi, ripetendo le stesse osservazioni per ogni stella almeno per quattro notti di seguito  ebbe modo di accorgersi dei moti propri delle stelle fisse: abbiamo notizie che condusse ricerche in tal senso e sulla loro paralasse; tanto che, Piazzi nel 1804 era riuscito a misurare il moto proprio di 61 Cygni pubblicando i suoi studi nel 1806: anticipando di molto le ricerche di F.W. Bessel;  quest’ultimo non conoscendo le osservazioni di Piazzi misurò il moto della stessa stella nel 1812, come si evince dal suo lavoro pubblicato su Monatliche Correspondenz, e ne riuscì a misurare la paralasse nonché la distanza nel 1838.  Piazzi al culmine della sua carriera di Astronomo fu incaricato nel 1817 dal governo Borbonico di completare i lavori dell’Osservatorio Astronomico di Napoli; iniziati, nel 1812, durante il regno di Giacchio Murat: si era allora in un periodo di  vicende politiche piuttosto tortuose; infatti, Ferdinando IV dopo aver perso il regno  riconquistò, nel 1815, il trono di Napoli come Ferdinando I Re delle Due Sicilie;  ritornato a governare trovò tra l’altro incompleta l’opera di costruzione della specola di Napoli e diede il suo consenso e l’appoggio economico affinché  l'Osservatorio Astronomico, sito nella collina di Capodimonte, fosse portato a termine. La sovrintendenza ai lavori fu affidata a Giuseppe Piazzi, e furono conclusi nel 1819; come direttore dell'Osservatorio di Capodimonte fu designato, su consiglio dello stesso Piazzi, Carlo Brioschi che mantenne l'incarico fino al 1833. Giuseppe Piazzi morì a Napoli nel 1826: fu astronomo celebre durante la sua vita e riuscì a dare alle stampe tutte le sue ricerche e opere tranne un’ambiziosa “Storia Celeste” contenete la raccolta completa e sistematica  delle sue osservazioni originali, che comunque furono edite  postume a partire dal 1849 negli annali dell’Osservatorio Astronomico di Vienna, a cura dell’allora direttore  Karl L. von Littrow.