Biografia di Giuseppe
Piazzi
di
Pippo Battaglia
Nel
sud dell’Italia e in particolare in Sicilia il 1790, oltre ad indicare
l’anno in cui iniziò a operare l’Osservatorio Astronomico di Palermo, segna
anche l’ avvio di una ricerca astronomica sistematica, sostenuta da
istituzioni pubbliche, spesso in collaborazione con altri Osservatori
Astronomici italiani ed europei.
Prima di allora certamente vi sarà
stata in Sicilia una sorta di
ricerca astronomica però non coordinata e dettata dalla “curiosità” di
singoli astronomi la cui opera, molto spesso, rimase fine a se stessa. In tal
senso è esemplare il caso di
Giovan Battista Hodierna (Ragusa
1597 - Palma di Montechiaro 1660) il quale fu uomo di scienza, tra
l’altro dedito anche all’Astronomia, tanto che pubblicò a Palermo, nel
1654, un libello denominato “ De Systemate Orbis Cometici; Deque Admirandis
Coeli…” che contiene addirittura il primo catalogo di nebulae, che sia mai
stata dato alle stampe: realizzato dall’astronomo ragusano allo scopo di
distinguere le nebulose dalle comete. Hodierna fu, dunque, un precursore di
quegli astronomi che sistematicamente osservarono le nebulae con
il suo stesso intento, anticipando, con il catalogo da lui stilato, di
circa un secolo quello più famoso e più noto di C. Messier. Nonostante
la rilevanza della sua opera nessuno ne
era a conoscenza sino agli inizi degli anni Ottanta, quando furono ritrovati a
Vigevano alcuni suoi manoscritti. Probabilmente, prima
del 1790 altri notevoli astronomi avranno operato nel sud dell’Italia,
i cui lavori, forse, rimarranno per sempre sconosciuti; sicchè, le ricerche del
Piazzi e la fondazione dell’Osservatorio Astronomico di Palermo rappresentano
il momento topico, per quanto riguarda l’Italia meridionale, da cui si può
iniziare a fare una storia dell’Astronomia suffragata da dati ben precisi.
La costruzione di un Osservatorio
Astronomico a Palermo è legato a una serie di concause politiche e culturali
verificatesi durante la seconda metà del Secolo dei Lumi in
Europa: quegli anni furono contrassegnati da sconvolgimenti sociali e
culturali notevoli che ebbero ripercussioni anche nel Regno delle Due Sicilie. A
quell’epoca Palermo, dopo i fasti
dei secoli precedenti che la videro addirittura sede imperiale ai tempi di
"Stupor Mundi", era soltanto la seconda capitale del Regno delle Due
Sicilie il cui Re, Ferdinando I, salito
al trono per volontà del padre Carlo III Re di Spagna, nel 1759, a soli nove
anni, per la sua giovane età, fu subito affidato ad un consiglio di reggenza
composto tra gli altri da B.Tanucci. che in accordo con Carlo III diede corso a
un’opera di rinnovamento sociale del Regno delle Due Sicilie la quale spaziò
dalla riforma della chinea, alla riforma della legislazione, dal riordinamento
dell’esercito a quello degli studi che culminò, nel 1767, con l’espulsione
dal Regno delle Due Sicilie dei
gesuiti da cui dipendeva totalmente la gestione della pubblica istruzione:
sebbene giustificabile il loro allontanamento nel disegno riformista che animava
il governo borbonico non furono tuttavia rimpiazzati, in breve tempo, con
istituzioni che supportassero l’insegnamento pubblico, questa condizione generò
un vuoto culturale che perdurò per diversi anni. Della questione dell’insegnamento pubblico
in Sicilia e in particolare
a Palermo s’interessarono prima Domenico Caracciolo e in un secondo tempo Francesco D’Aquino
Principe di Caramanico, entrambi Viceré, intellettualmente coinvolti
dalle idee illuministiche, tentarono di trovare una soluzione per ridare un
sistema d’istruzione pubblica in Sicilia: in tal senso sensibilizzarono
Ferdinando I che per suo diretto interessamento, nel 1779,
fece costituire l’Accademia
de Regj Studi di Palermo destinata a divenire, nel 1805, l’Università degli
Studi di Palermo. Una Deputazione
d’intellettuali dell’epoca, composta da nobili ed ecclesiastici si assunse
il compito di trovare dei dotti disponibili
a ricoprire incarichi
d’insegnanti nella Accademia de Regj Studi: a tal scopo furono contattati
scienziati di diverse discipline già affermati in Europa: in
particolare, il Principe di
Torremuzza cercò di far venire a Palermo il naturalista Spalanzani, il
matematico Lagrange, e per quanto
concerne l’Astronomia fu
contattato Oriani all’epoca
Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera: tutti rifiutarono di
trasferirsi in Sicilia sia per la poca retribuzione e sia per la scarsa
possibilità di poter condurre ricerche scientifiche di un certo livello.
Dunque, la Deputazione dei Regj Studi dovette operare delle scelte di ripiego,
trovando dei docenti tra studiosi di scienza sconosciuti: questa fu la causa
precipua per cui, il 30 dicembre 1786, fu sottoposta Al Viceré Principe di
Caramanico la nomina di Giuseppe
Piazzi come docente di Astronomia. In quell’anno, Piazzi aveva già 40anni non
era un astronomo ma bensì un matematico e neanche di rinomate capacità, giacché
non aveva dato alle stampe nulla di significativo tranne un breve scritto
“Notizie astronomiche che si premettono al notiziario di Palermo”: tuttavia
anche se nessun membro della Deputazione era convinto che Piazzi potesse
raggiungere notevoli risultati nell’ambito della scienza degli astri si risolse
di affidargli oltre all’incarico di lettore di matematica anche la cattedra di
Astronomia
Giuseppe Piazzi
Nato a Ponte di Valtellina, nel 1746, le prime notizie che si hanno sulla sua
vita si riferiscono a quando aveva 21 anni; e
provengono da un suo manoscritto, datato Torino 1767, che contiene
appunti di un corso di Filosofia Naturale da egli seguito in quell'anno, da cui
si evince, inequivocabilmente, che compì studi nel capoluogo piemontese, forse,
sotto la guida di Giovan Battista Beccaria.
In egual modo si hanno poche indicazioni su un suo
soggiorno romano, che va dal 1768 al 1770: si sa per certo che in quegli
anni ebbe fissa dimora presso l'Ordine dei Teatini di Sant'Andrea della Valle e
in quel lasso di tempo Piazzi si dedicò, prevalentemente, allo studio della
matematica sotto la guida Francesco Jacquier curatore dell'edizione edita a
Ginevra dell’opera di I. Newton Philosophiae Naturalis Principia Matematica,
mentre non esistono incertezze sul fatto che dal luglio del 1770 occupò
nell'Università di Malta la cattedra di Matematica, come pure è documentato il
suo ritorno in Italia, che avvenne tre anni dopo.
Nel 1773,
Piazzi si trasferì a Ravenna svolgendo presso il Collegio dei Nobili,
l'incarico, che lo stesso Collegio gli aveva affidato, di lettore di filosofia e
matematica. Nella città romagnola trascorse circa sei anni, dopo, dal 1779 in
poi, si trattenne per diversi mesi a Cremona da dove in seguito si trasferì a
Roma; fu durante il suo soggiorno capitolino, nel marzo del 1781, che
l'Accademia dei Regj Studi di Palermo lo invitò ad occupare il posto di lettore
di Matematica nel capoluogo siciliano.
Quasi sei anni dopo, il 1 gennaio 1787, ricevette dall'Accademia de Regj Studi
palermitana la nomina di docente di Astronomia; trascorso poco tempo dalla sua
nomina la Deputazione l’invito a recarsi
a Parigi e a Londra, per
(come diremmo oggi) specializzarsi nella tecnica delle osservazioni. Della
necessità di questo “viaggio d’istruzione” ne doveva essere consapevole
anche il Piazzi e dunque è più che probabile che fu concertato assieme ad
alcuni membri della Deputazione.
Piazzi
durante il suo soggiorno parigino incontrò diversi astronomi , tra questi ve ne erano alcuni già famosi in
quell’epoca. Infatti frequentò assiduamente Charles Messier e diventandone
amico potette utilizzare a suo piacimento l’Osservatorio dell’astronomo
francese all' Hotel de Cluny
dove apprese i rudimenti dell'arte di analizzare la volta stellata:
conobbe anche il costruttore
di strumenti E. Lenoir, e nel suo laboratorio parigino ebbe modo
d’incontrare J. P. Delambre, anche questi astronomo, a cui si deve una
monumentale storia dell’astronomia in cinque volumi edita nel 1827: tra i due
nacque una sincera amicizia. Il direttore dell’Osservatorio Astronomico di
Parigi J. J. de Lalande, noto all’epoca per aver misurato con buona precisione
la paralasse della Luna, fu per Piazzi un maestro dell’osservazione dei corpi
celesti dal quale apprese l’arte dell’Astronomia di precisione: nel periodo
in cui lavorarono assieme, i due astronomi, portarono avanti alcuni studi
imperniati, per l’appunto, sulle osservazioni delle stelle. Piazzi fu
notevolmente influenzato dagli
studi della volta stellata condotti da J. J. de Lalande, tantocché decise di continuare a Palermo lo stesso tipo di
ricerca astronomica.
In
quegli anni in tutto il Regno delle Due Sicilie non esistevano specole: neanche
a Napoli capitale del Regno vi era un
Osservatorio Astronomico pur avendo la sua Università una cattedra di
Astronomia già dal 1735, pertanto per realizzare uno studio della volta celeste
di elevata precisione si doveva erigere eventualmente un Osservatorio
Astronomico a Palermo. L'astronomo valtellinese per il tipo di ricerca che si
era prefisso di portare avanti aveva bisogno dunque di uno strumento ottico,
affidabile, di ottima qualità, e necessariamente di estrema precisione: era
risaputo, nella comunità degli astronomi dell'epoca, che in Inghilterra vi
operavano i migliori artigiani specializzati nella realizzazione di strumenti di
elevate prestazioni per le osservazioni celesti; perciò, Piazzi, per rendersi
conto delle potenzialità degli strumenti ottici prodotti dagli inglesi decise
di abbandonare Parigi per recarsi a Londra; dove vi giunge agli inizi del mese
di ottobre del 1787.
Piazzi, pur non avendo ancora una
profonda cultura astronomica, arrivò nella capitale inglese arricchito dagli
insegnamenti sulle tecniche di osservazione che, in circa sei mesi di soggiorno
parigino, aveva appreso dai suoi amici astronomi francesi: quindi, era
sufficientemente edotto sulla funzionalità e le caratteristiche degli strumenti
di quell'epoca tanto da stabilire a priori quale peculiarità dovesse possedere
lo strumento ottico che gli avrebbe consentito di attuare il tipo delle ricerche
che si era imposto.
Giunto
in Inghilterra si stabilì a Londra e frequentò assiduamente l'osservatorio di
Greenwich, in quell'epoca diretto dall'astronomo reale Nevil Maskelyne, così
ebbe modo di poter apprezzare nei minimi dettagli gli strumenti di cui era
dotata la specola inglese: questi ultimi univano alla pregevole fattura
un'eguale qualità, tuttavia, nonostante le loro innegabili caratteristiche,
furono analizzati da Piazzi minuziosamente alla ricerca di eventuali difetti
che, in effetti esistevano, e che non gli sfuggirono, per il fatto che non gli
avrebbero permesso di realizzare quelle osservazioni di alta precisione a cui
aveva deciso di dedicarsi. In quegli anni la precisione cercata dall'astronomo
valtellinese si poteva ottenere soltanto se un telescopio fosse stato dotato di
una scala circolare, che avrebbe "corretto" una gran parte dei
possibili errori di lettura.
Jesse Ramsden, uno dei migliori progettisti e fabbricante di strumenti di
quell'epoca, aveva già iniziato la costruzione di un telescopio altazimutale,
un grande cerchio dal diametro di otto piedi, con le caratteristiche cercate dal
Piazzi, per la specola Caetani del Duca di Sermoneta ma non ne aveva continuato
l'esecuzione poiché di difficoltosa realizzazione. In realtà la tecnologia
XVIII secolo non si era raffinata a tal punto da rendere attuabile la
fabbricazione di strumenti dotati di scale circolari, queste ultime erano state
previste già da molto tempo ma risultava oltremodo complesso la loro
applicazione agli strumenti ottici.
Agli inizi del 1788 Piazzi conobbe Ramsden ed ebbe
modo di apprezzare la cura con cui questi progettava e costruiva strumenti
ottici, e, come egli stesso riferisce in una sua memoria, quando gli propose di
fabbricare un telescopio dotato di una scala circolare, dovette insistere per
far accettare all'artigiano inglese il suo progetto; poiché, Ramsden si
dimostrava contrario a realizzare quel particolare tipo di strumento, per il
fatto che le difficoltà incontrate nel definire la costruzione di un telescopio
dalle eguali caratteristiche di quello voluto da Piazzi, lo avevano costretto,
anni prima, ad accantonare lo strumento ottico senza ultimarlo. Infatti,
l'astronomo valtellinese non ebbe dal fabbricante inglese la certezza che
potesse riuscire nell'intento di realizzare quel tipo di telescopio; dunque
sembrava destinata a restare inappagata l'aspirazione di Giuseppe Piazzi di
dotare un eventuale Osservatorio Astronomico da costruire a Palermo di uno strumento ottico raffinatissimo, che gli avrebbe
permesso di dedicarsi all'Astronomia con una precisione superiore al secondo di
arco.
Ramsden, comunque, intraprese la sua opera di
costruzione, e con molto scetticismo ricominciò ad operare sullo strumento da
tempo accantonato: dopo più di un anno di continuo lavoro l’artigiano inglese
riuscì a realizzare un telescopio all'avanguardia per quel secolo, unico per le
sue prestazioni, che subito attrasse l'interesse di tutta la comunità
scientifica.
L’astronomo valtellinese soggiornò per circa due anni in Inghilterra e alla
fine dell'estate del 1789, ultimata la costruzione dello strumento ottico, partì
da Londra il 17 agosto; arrivato a Parigi vi sostò per diverso tempo e tra
l’altro relazionò All’Académie
des Sciences sul nuovo strumento realizzato da Ramsden; un altro lasso di tempo
lo trascorse a Milano dove rincontrò parenti e amici, infine giunse a Palermo
nel dicembre di quell’anno. Arrivato nel capoluogo siciliano rincominciò a
frequentare gli amici che non vedeva d'anni, tra questi il Viceré Principe di
Caramanico a cui confidò che avrebbe preferito condurre le sue ricerche
astronomiche da una specola da erigere ex novo, piuttosto che da un luogo
adattato ad osservatorio astronomico; chiese a Caramanico di farsi carico di
suffragare questa sua idea presso la corte borbonica: in breve tempo ottenne da
Re Ferdinando il consenso di poter
edificare un Osservatorio
Astronomico, con un'autorizzazione datata 1 luglio 1790, nel contempo ebbe anche
ampia libertà di potere scegliere il miglior sito dove ubicarlo.
In quel secolo gli Osservatori Astronomici si potevano costruire all'interno
delle città, per il fatto che non esisteva l'attualissimo problema
dell'inquinamento luminoso: dunque, al Piazzi non restava che individuare un
sito adatto alle osservazioni della volta stellata su una fabbrica ben edificata
che sovrastava i palazzi più alti di Palermo, nel contempo capace di sopportare
il peso della sopraelevazione a cui doveva essere sottoposta, derivante dalla
costruzione della specola. In questa sua ricerca si fece coadiuvare dal suo
amico architetto Giuseppe Veneziano Marvuglia, quest’ultimo già noto a
Re Ferdinando I per aver edificato a Palermo la sua residenza estiva e di
caccia all'interno del parco della Favorita: il miglior sito per una
specola venne individuato nella sommità della torre detta di Santa Ninfa del Palazzo
dei Normanni la scelta di quel
luogo fu compiuta in comune accordo tra Piazzi e Marvuglia.
La costruzione dell'Osservatorio fu portata a termine nel volgere di otto mesi e
dopo circa un anno di continue osservazioni, Piazzi tramite il Cerchio di
Ramsden la notte del 1 gennaio 1801
scoprì un corpo celeste del tutto nuovo: rivelatosi in seguito il primo
asteroide, denominato dal Piazzi Cerere
Fedinandea, che successivamente non riuscì più a rintracciare:
l'asteroide fu di nuovo osservato in seguito ai calcoli dell'orbita compiuti da
Gauss. Della scoperta riportiamo le annotazioni di Piazzi; stilate in modo così
preciso da sembrar quasi una cronaca di quel che accadde quella notte a Palermo:
- Risultati delle osservazioni della nuova Stella scoperta il dì 1 gennajo
all'Osservatorio Reale di Palermo - Palermo 1801 "Già da nove anni
travagliando io a verificare le posizioni delle stelle, che si trovano raccolte
ne' varj Cataloghi degli Astronomi, la sera del 1 Gennajo dell'anno corrente,
tra molte altre cercai la 87a del Catalogo delle Stelle Zodiacali dell'Abate. La
Caille. Vidi per tanto, che era essa preceduta da un'altra, che secondo il
costume volli osservare ancora, tanto maggiormente, che non impediva
l'osservazione principale. La sua luce, era un poco debole, e del colore di
Giove, ma simile a molte altre, che generalmente vengono collocate nell'ottava
classe rispetto alla loro grandezza. Non mi nacque quindi alcun dubbio sulla di
lei natura. La sera del due replicai le mie osservazioni, ed avendo ritrovato,
che non corrispondeva né il tempo, né la distanza dal Zenit, dubitai sulle
prime di qualche errore nell'osservazione precedente: concepii in seguito un
leggiero sospetto, che forse esser potesse un nuovo Astro. La sera dé tre il
mio sospetto divenne certezza, essendomi assicurato, che essa non era Stella
fissa. Nientedimeno avanti di parlarne aspettai la sera dei 4, in cui ebbi la
soddisfazione di vedere, che si era mossa colla stessa legge, che tenuto aveva né
giorni precedenti..."Per molti anni
Piazzi e Oriani coltivarono un’amicizia contrassegnata da uno
scambio epistolare iniziato nel 1791 e finito nel 1826; quindi, in realtà
terminata con la morte di Piazzi: il
carteggio che è rimasto testimonia, quasi in tempo reale, la vita dei due
astronomi in quegli anni ed è
infatti a Oriani che Piazzi comunica, con un sua lettera datata
Palermo 24 gennaio 1801, che il primo gennaio osserva nella spalla del
Toro, una stella di ottava grandezza, la quale nella sera seguente si mostrava
spostata di qualche primo d'arco: Piazzi pur
essendo certo di aver avvistato un nuovo astro con molto pudore chiede di
verificare le sue osservazioni all’amico Oriani. In Breve Tempo la comunità
astronomica dell’epoca confermò la scoperta del Piazzi.
Le
opere di Giuseppe Piazzi
Giuseppe
Piazzi fu un astronomo molto eclettico e ricordarlo soltanto per la scoperta di
Cerere significherebbe sminuire quanto seppe realizzare nell’ambito
dell’astronomia, in effetti la scoperta del primo Asteroide è soltanto un
aspetto, seppure importante, della sua opera di ricercatore; tanto che la
scoperta di Cerere si può ritenere, sicuramente, consequenziale alle
osservazioni condotte per la prima
realizzazione di un catalogo stellare pubblicato
nel 1803, successivamente ampliato, dopo oltre
dieci anni di osservazioni, da un secondo catalogo edito nel 1814 il
Praecipuarum stellarum inerrantium positiones mediae ineunte seculo XIX, che
comprende ben 7646 stelle divenuto, nel volgere di pochi mesi, un
riferimento essenziale per la ricerca astronomica di quel secolo. I due
cataloghi furono tanto apprezzati dalla comunità scientifica
dell’epoca che per entrambe le opere G. Piazzi ricevette
il premio annuale dell’Académie des Sciences di Parigi sia nel 1803 e
sia nel 1814 per il miglior lavoro edito nell’ambito astronomico.
Il
quattro giugno dello stesso anno in cui scoprì il primo asteroide,
Piazzi, portò a compimento la meridiana di Palermo.
La
realizzazione di questo strumento astronomico che doveva essere di pubblica
utilità,
giacché
introduceva un nuovo
metodo di scandire il tempo;, sostituendo la misura italiana con quella francese
e fissando l’inizio del giorno civile col passaggio del Sole
all’antimeridiano;
fu compiuta dal
Piazzi in concomitanza ai lavori di restauro e di rinnovamento della Cattedrale
di Palermo iniziati nel 1781 e finiti nel 1801. Il promotore
di quest’opera fu lo stesso astronomo valtellinese che chiese e ottene
da Lopez y Royo, Arcivescovo di Palermo e Monreale,
l’incarico di abbellire la Cattedrale di Palermo di una meridiana
Piazzi
ottenuto il permesso
si accorse
che l’interno della Cattedrale
era poco adatto
alla
realizzazione di una grande meridiana: Infatti, l’orientamento della
chiesa sudovest-nordest, il Sole occultato per certi periodi dell’anno
da alcune
fabbriche per cui
i raggi solari non arrivano
di continuo sulla fiancata della chiesa nonché l’ordinamento delle
colonne che dividono le navate, furono delle cause determinanti affinché
Piazzi decidesse di situare
la meridiana in una zona della cattedrale affatto idonea: ossia, nei
pressi
dell'altare maggiore.
La
meridiana della cattedrale di Palermo
appartiene
a quelle cosiddette a camera oscura, che a quell’epoca furono disposte
all’interno di grandi fabbriche, soprattutto chiese, e consistono in una verga
metallica o marmorea, di solito incastonata nel pavimento,
la quale rappresenta un tratto del meridiano locale, che quando è
toccata da un fascio di luce solare indica con estrema precisione l’ora del
mezzogiorno. Nelle meridiane l’ora locale si ricava tramite uno gnomone.
Quest’ultimo in quella progettata dal Piazzi è un foro praticato ad
un’altezza di m. 11,776 quasi alla base di una delle tante cupole che
costellano il tetto della navata laterale destra della Cattedrale di Palermo da
cui entra un fascio di raggi solari che cade sulla verga nel momento in cui il
Sole transita sul meridiano locale. Giorno dopo giorno il fascio di luce solare
tocca punti diversi della meridiana in funzione del variare dell’altezza del
Sole sull’orizzonte: la meridiana di Palermo ha una verga abbellita, nei suoi
18,726 metri di distanza tra i punti solstiziali, dalla
raffigurazioni in marmi policromi dei dodici segni zodiacali.
Quest’ultima purtroppo è occultata nella
regione autunno - inverno da un pulpito da dove i preti tengono i loro sermoni:
ormai è più di un lustro che questo scempio si perpetua e a nulla valgano le
proteste perché si arretri anche soltanto di un metro il suddetto pulpito,
lasciando libera la verga nella sua interezza
Ritornando
al teatino Piazzi, questi passò molto tempo ad osservare le stelle per la
compilazione dei suoi due cataloghi, ripetendo le stesse osservazioni per ogni
stella almeno per quattro notti di seguito
ebbe modo di accorgersi dei moti propri delle stelle fisse: abbiamo
notizie che condusse ricerche in tal senso e sulla loro paralasse; tanto che,
Piazzi nel 1804 era riuscito a misurare il moto proprio di 61 Cygni pubblicando
i suoi studi nel 1806: anticipando di molto le ricerche di F.W. Bessel;
quest’ultimo non conoscendo le osservazioni di Piazzi misurò il moto
della stessa stella nel 1812, come si evince dal suo lavoro pubblicato su
Monatliche Correspondenz, e ne riuscì a misurare la paralasse nonché la
distanza nel 1838.
Piazzi al culmine della sua carriera di Astronomo fu incaricato nel 1817 dal
governo Borbonico di completare i lavori
dell’Osservatorio Astronomico di
Napoli; iniziati, nel 1812, durante il regno di Giacchio Murat: si era allora in
un periodo di vicende politiche
piuttosto tortuose; infatti, Ferdinando IV dopo aver perso il regno riconquistò, nel 1815, il trono di Napoli come Ferdinando I
Re delle Due Sicilie; ritornato a
governare trovò tra l’altro incompleta l’opera di costruzione della specola
di Napoli e diede il suo consenso e l’appoggio economico affinché l'Osservatorio Astronomico, sito nella collina di Capodimonte,
fosse portato a termine. La sovrintendenza ai lavori fu affidata a Giuseppe
Piazzi, e furono conclusi nel 1819; come direttore dell'Osservatorio di
Capodimonte fu designato, su consiglio dello stesso Piazzi, Carlo Brioschi che
mantenne l'incarico fino al 1833.
Giuseppe Piazzi morì a Napoli nel 1826: fu astronomo celebre durante la sua
vita e riuscì a dare alle stampe tutte le sue ricerche e opere tranne
un’ambiziosa “Storia Celeste” contenete la raccolta completa e sistematica
delle sue osservazioni originali, che comunque furono edite
postume a partire dal 1849 negli annali dell’Osservatorio Astronomico
di Vienna, a cura dell’allora direttore Karl
L. von Littrow.
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