Emanuele Cinelli                     clicca qui per conoscermi Marchio.gif

CHIACCHIERE E CONSIGLI

 

Subacquea

 

Alpinismo

 

Tempo libero e salute

 

Informatica

 

Opinioni


A come... Alpinismo

Colle del Gigante (Monte Bianco), anno 1978, il naturalista ginevrino Horace-Bénédict de Saussure scrive: <<Queste cime hanno voluto cercare di lasciare in noi un senso di rimpianto, abbiamo avuto una sera semplicemente stupenda: tutte le vette che ci circondano e la neve che le separa erano colorate delle più belle sfumature del rosa e del porpora, l’orizzonte verso l’Italia era limitato da una enorme cintura rossa dalla quale la luna piena è sorta con la maestà di una regina. L’anima si eleva, l’orizzonte dello spirito sembra allargarsi, e, in mezzo a questo maestoso silenzio, sembra di sentire la voce della Natura, di diventare i confidenti dei suoi più riposti segreti>>.

I motivi che inducono l’illustre professore a salire sull’alpe sono, come lui stesso afferma, esclusivamente scientifici, tuttavia non gli è possibile restare indifferente dinnanzi a simili paesaggi e le sue parole sfuggono alla ristrettezza del linguaggio scientifico per allargarsi in quello letterario. Di conseguenza le sue relazioni, pubblicate in gran parte dell’Europa, non possono passare inosservate, tanto più che, leggendole, ci si sente coinvolti e sembra di provare le stesse intense emozioni in esse descritte.

Oltre alla conoscenza delle Alpi, si diffonde anche la passione per la montagna, anche se per molti anni ancora l’unica motivazione che possa giustificare un’ascensione d’alta montagna è quella scientifica: <<Per chi non è spinto da motivi scientifici è pura follia affrontare le sofferenze e i pericoli di un’ascensione ben al di sopra della linea del gelo eterno>> (H. D. Inglis, 1833). Nel frattempo, però, avviene un importante mutamento ideologico: decade la fede assoluta nella ragione, incrinata dal suo stesso estremismo materialistico, e subentra l’esaltazione del sentimento.

La decadenza del razionalismo e la diffusione dell’ideale romantico portano ad un cambiamento del modo di concepire l’andar per monti e, grazie anche al superamento di molti preconcetti avvenuto a seguito dell’attività svolta dagli Illuministi, si diffonde un diverso atteggiamento mentale: <<Il silenzio di questi luoghi dove nulla vive, dove non può arrivare il chiasso del mondo abitato, contribuisce a rendere le meditazioni più profonde, a dar loro quella tinta cupa, quel carattere sublime che esse acquistano quando l’anima plana sull’abisso del tempo>> (R. de Carbonnieres). È la nascita d’una nuova e ben individuata attività.

Molto probabilmente è a questo punto che viene coniata la parola Alpinismo, la cui formazione avviene partendo dalla parola alpino, dal latino Alpinus  “della montagna, che si riferisce alla montagna”, e aggiungendovi il suffisso –ismo, indicante un movimento, un’ideologia, un atteggiamento o una disposizione dell’animo.

Al momento la nuova disciplina è praticata quasi esclusivamente da scienziati e filosofi, ossia dai principali artefici del Romanticismo. Pertanto l’Alpinismo viene inevitabilmente concepito come particolare disposizione dell’animo volta alla ricerca dell’intimo colloquio con la natura alpina, con la montagna. Presto, però, la pratica alpinistica acquista una discreta notorietà e, pur restando nell’ambito di un ristretto ceto sociale, si diffonde anche al di fuori del contesto culturale, acquistando un significato meno idealistico: svago, divertimento, interessante e… snobistica attività.

A seguito del nuovo atteggiamento la montagna non è più “il fine” ma soltanto un mezzo che consente il raggiungimento del massimo piacere personale. L’alpinismo, di conseguenza, inizia a differenziarsi in più livelli tecnico-concettuali: c’è che si accontenta di girovagare per valli e con valli, chi sale fino ai ghiacciai, e chi si spinge fin sulle più alte vette; c’è chi si limita a ripercorrere quanto da altri già fatto e chi, invece, si dedica esclusivamente all’esplorazione di nuove zone e ala salita dei monti ancora inviolati.

Presto tutte le principali cime delle Alpi sono raggiunte, mentre il numero degli alpinisti è in continuo aumento. La ricerca di nuove mete conduce alla considerazione delle cime minori, delle creste secondarie, delle pareti, nel cui superamento s’incontrano pericoli e si sopportano sacrifici sempre più gravosi e numerosi. In poco tempo si forma e si diffonde l’idea della “lotta con l’alpe”: <<Trasferite la vostra febbre nelle Alpi, voi che avete lo spirito ammalato; salite, torturate le vostre membra, lottate fra le vette, gustate il pericolo, il sudore, trovate il riposo; imparate a scoprire senza amarezza che la fatica feroce è una presa di contatto con la più splendida delle visioni e che il riposo è la più bella delle ricompense. Volete sapere che cosa significa sperare e avere tutte le speranze a portata di mano? Affrontate le rocce là dove il pendio è tale che ogni passo dimostri quello che siete e quello che potete diventare>> (G. Meredith); <<Io credetti e credo la lotta coll’Alpi utile come il lavoro, nobile come un arte, bella come una fede>> (G. Rey).

Da questo momento l’alpinismo è e dev’essere conquista, pertanto la sua esemplificazione pratica è data solo è soltanto dalla scalata: <<Il vero alpinista è l’uomo che tenta nuove ascensioni>> (A. F. Mummery).

L’uso, per universale diffusione, e l’abuso, per ovvi interessi personali e commerciali, del tropo[1] “alpinismo uguale arrampicata”, fanno si che anche dopo la decadenza dell’idea di “lotta con l’alpe” e, quindi, dell’alpinismo di conquista, esso (il tropo) si possa mantenere invariato, perpetuandosi fino ai nostri giorni. Oggi, però, s’arrampica per ogni dove: sui sassi d’una cava, sulle scogliere marine, sui muri delle case, su strutture artificiali appositamente create. L’arrampicata non è più soltanto sport alpino, ma può anche essere fine a sé stessa (l’arrampicata per l’arrampicata), indipendente in luogo come in forma (con la stessa visione si può arrampicare anche sulle montagne), l’una, quindi, non è più sinonimo dell’altro, indissolubilmente legato alla montagna: nasce l’esigenza di rivedere il concetto di Alpinismo.

Ancora non si è sopravvenuti a una soluzione univoca e convivono, più o meno pacificamente, diverse opinioni. È però possibile individuare una corrente di pensiero che, seppur ancora debole, potrebbe risultare risolutiva: quella filosofica. Infatti se le limitazioni oggettive (tipo di attività, livello delle difficoltà, parametri morfologici o altimetrici, eccetera) sono tutte decisamente opinabili, il carattere soggettivo (rapporto mentale) è, al contrario, inopinabile: se l’ente alpinismo è diveniente e mutevole, l’idea Alpinismo è immutabile ed eterna.

Ecco quindi che l’Alpinismo non può essere inteso come un determinato modo di “andare in montagna”, ma dev’essere inteso come un particolare modo di “pensare” la montagna: l’Alpinismo è e dev’essere passione, rispetto e comunione con la montagna; l’Alpinismo è… vivere con la Montagna, per la Montagna, dentro la Montagna; ogni altra specificazione appare superflua.

<<Un uomo può amare la scalata ed infischiarsene dei paesaggi di montagna; può essere appassionato per le bellezze della natura ed odiare la scalata; ma può anche provare in egual misura entrambi i sentimenti. Si può senz’altro presumere che coloro i quali più si sentono attirati dalle montagne, e con maggior costanza tornano ai loro splendori, sono proprio quelli che in gran misura fruiscono di queste due fonti di godimento e possono abbinare la fantasia e la gioia d’uno sport magnifico, con l’indefinibile diletto che deriva dall’incanto delle forme, dalle tonalità, dal colore delle imponenti catene montuose>>.

A.F. Mummery

P.S.

Chi è l’alpinista? Alpinista è colui che intende l’Alpinismo come spazio, non come dimensione.

Emanuele Cinelli


[1] Termine tecnico della retorica indicante un trasferimento semantico, un’estensione del significato di una parola.

Torna ad inizio pagina
Torna ad inizio pagina

 

© Copyright Emanuele Cinelli. Tutti i diritti sono riservati.