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Perchè?

Autore: Emanuele Cinelli
Data pubblicazione: 18 maggio 2009

Il viso tondo e paffutello, due occhi grandi, neri come il fondo di un pozzo, espressivi, ti guarda e sorride. Sta imparando a conoscere il mondo!

Stanno passeggiando per le vie del paese di villeggiatura, un piccolo ma grazioso paesino di mare, qualche decina di case in tutto direttamente costruite a margine della spiaggia; una lunghissima spiaggia di fine sabbia bianca, chiusa sui due lati da punte rocciose. Un bel sentiero costeggia tutta la spiaggia e permette di fare lunghe ed entusiasmanti passeggiate, assaporando l’aria di mare, odorando il profumo dei fiori e della vicinissima pineta, godendo dei paesaggi e dei colori di questa magnifica terra.

Papàààà, perché il mare è blu? Papàààà, perché ci sono le onde? Papààà, perché le nuvole corrono nel cielo?

Già, è nell’età dei perché! Un’età meravigliosa, a cavallo tra la spensieratezza dell’infanzia e i problemi dell’adolescenza, l’età delle scoperte più importanti, l’età che ne formerà la mente, lo spirito e il corpo, l’età che ne condizionerà in maniera indissolubile tutto il resto della vita.

Il padre risponde paziente a tutti i perché del figlio, alcuni, invero, lo mettono in seria difficoltà ma, quando possibile, cerca di non farlo avvertire, quando proprio la risposta non viene o non è a lui nota, beh allora spiega al figlio che non esiste l’onniscienza, nessuno può sapere tutto e chi pretende di essere onnisciente in realtà è meno colto degli altri che ammettono i propri limiti.

Passeggiando, fra le mille domande del figlio  e le relative risposte del padre, escono dal paese e si inoltrano lungo la spiaggia. Il bambino osserva attento le persone che affollano la spiaggia, l’espressione denota sorpresa; è la prima volta che viene in questo posto. Papààààà, ma … ma … ma perché sono tutti vestiti? Perché fanno il bagno col costume? Perché quella signora fa tutti quei movimenti strani avvolta nell’’asciugamano?

Già perché?  Il padre spiega al figlio che quando si arriva ad una certa età non si può più girare nudi sulla spiaggia, non si può più giocare e fare il bagno nudi, bisogna vestirsi con quel piccolo, a volte piccolissimo, pezzo di stoffa che si chiama costume.

Gli occhi del bimbo si aprono immensamente e il nero diventa ancora più nero, le guancie si ingrossano e dalla bocca esce uno sbuffo di disapprovazione e incomprensione. Ma perché? Perché? A cosa serve quel pezzetto di stoffa?

Il padre cerca di spiegare al figlio che ad un certo punto i genitali non si possono più esporre, ma il figlio non comprende è incalza con tante altre domande: perchè, perché perché!

Già, risulta difficile motivare in modo inappuntabile e incontestabile l’atteggiamento del costumarsi, risulta difficile spiegare perché fino ad una certa età si possa stare nudi e poi basta, costume!

Ovviamente questa è una storiella inventata, ma non assurda, alzi potenzialmente possibile e fortemente realistica; d’altra parte chi non ha assistito ai pianti di un bimbo costretto dai genitori a mettersi il costume. Più chiaro e semplice di questo, il costume non è un piacere, il costume è una limitazione, il costume è un fastidio, il costume è un non senso.

Perché portare il costume? A che serve il costume? Sono stati abbattuti tutti i tabù che riguardavano il sesso e oggi di sesso se ne parla liberamente e pubblicamente; pubblicità, spettacoli televisivi, articoli giornalistici, trasmissioni radio, tutto parla di sesso, tutto mostra senza vergogna immagini ammiccanti e, spesso, ambigue, eppure… eppure in spiaggia ancora bisogna portare il costume, eppure nelle saune ancora bisogna portare il costume, eppure nelle piscine ancora bisogna fare la doccia in costume, eppure, eppure, eppure. Che controsenso, che incoerenza, che ipocrisia!

Forse non si può rinunciare al costume perché questo per quanto piccolo pezzo di stoffa permette di differenziarsi socialmente, ovvero distinguere tra chi può permettersi il costume di grido e griffato e chi no? Forse non si può rinunciare al costume perché questo permette di praticare lo sport oggigiorno più diffuso: guardare e criticare gli altri, il loro aspetto fisico, i loro atteggiamenti? Forse non si può rinunciare al costume in ragione di un artificioso e insulso concetto di bellezza e bruttezza, di ciò che si può esporre e ciò che  non è esponibile? Forse non si può rinunciare al costume perché si ha paura di un eventuale confronto, non sapendo che una volta tutti nudi non esiste più il confronto, tutti sono uguali, tutti mostrano quello che sono e quello che non sono? Ah già, forse è proprio questo che spaventa: mostrare quello che si è e quello che non si è? Forse non si può rinunciare al costume perché così facendo si possono scaricare le colpe della società tessile (devianze e timori sessuali) su coloro che al costume hanno rinunciato?

Per altro il costume è solo il simbolo del tessilismo, una piccola parte, sebbene la più evidente, della rinuncia allo stato originario e naturale. Ci sono moltissime occasioni in cui si potrebbe far a meno del vestiario, eppure no, si preferisce soffrire, si preferisce violentarsi ma il vestito deve stare al suo posto.

Perché stare vestiti quando il caldo è opprimente? Ovvio, per consumare inutilmente le poche risorse energetiche accendendo centinaia, migliaia, milioni di condizionatori!

Perché stare vestiti quando si suda facendo attività sportiva? Ovvio per spendere i pochi soldi che abbiamo in abbigliamento sportivo di alta tecnologia, abbigliamento che risulti il più traspirante possibile, ma che, comunque, lo è sempre meno della nuda pelle!

Perché stare vestiti quando si è in casa? Boh, qui proprio una risposta non esiste, solo per convenzione e per abitudine, probabilmente, solo perché così si è stati educati e mai ci siamo posti il problema che, forse, si potrebbe anche fare diversamente, si agisce per mente degli altri e non per pensiero proprio!

Il tessilismo è antiecologico: l’inquinamento delle fabbriche che creano i tessuti sintetici; l’inquinamento delle sostanze coloranti; il problema dello smaltimento dei vestiti ormai inutilizzabili; il doversi lavare più spesso per contrastare l’aumento di sudorazione (e i saponi per quanto ecologici sono comunque fattori inquinanti).

Il tessilismo è antieconomico: il costo dei vestiti; il consumo più o meno rapido degli stessi; la moda che spinge al ricambio anche quando non necessario.

Il tessilismo è antisociale: moda e vestiti griffati; chi ha soldi e chi no; chi spreca e chi ricicla; io sono bello e tu sei brutto.

Il tessilismo è antisalutare: riduzione delle capacità di autoregolazione termica del corpo umano; abbattimento delle capacità di autodifesa dell’organismo; permanenza del sudore sulla pelle e correlativo maggiore sviluppo di batteri e altri agenti patogeni; l’abrasione cutanea e altre dannose azioni del doversi lavare spesso.

Allora, perché stare vestiti? Il nudismo è salute, il nudismo è socialità, il nudismo è economia, il nudismo è ecologia! Viva il nudismo, pratichiamo il nudismo, diffondiamo il nudismo, sarà un vantaggio per ognuno di noi e per la società intera. Perchè dovrei rinunciarci? Perchè dovremmo rinunciarci? Perchè la società dovrebbe rinunciarci?

 

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