Si chiama "SoundWord" il software "genetico" messo a punto dai ricercatori del dipartimento di Informatica dell'Università di Genova, capace di trasformare testi di tutte le lingue in note e di suonarle poi come uno strumento. La presentazione ufficiale avverrà il 20 settembre. I brani generati da SoundWord sono stati ribattezzati "meta-musica" e assomigliano un po' a certe suite contemporanee, poco melodiche ma suggestive. L'idea di base è semplice: come creare note senza conoscere il pentagramma? E la risposta è ancora più semplice, ovvero trasformare le parole in suoni. SoundWord, spiega al Corriere della Sera Paola Magillo, docente di Informatica nell'ateneo genovese, "traduce ogni parola in una battuta di quattro quarti. Ciascuna lettera genera una nota all'interno della stessa". Il percorso funziona anche al contrario: ogni melodia può diventare testo, con risultati ovviamente piuttosto surreali. Tra le applicazioni pratiche previste, quelle per la didattica, o per stimolare la creatività dei compositori. E grazie a una versione del software per cellulari, anche i messaggi sms diventeranno "serenate".
IL MONDO COME VIRTUALITA' E PROGRAMMAZIONE
Piergiorgio Odifreddi
Gennaio 1994
" interattività fra fruitore e opera è tipica di un'intera concezione
artistica del nostro secolo (si pensi ad esempio ai libri con inizi o finali
multipli, in cui il lettore può scegliere percorsi alternativi). Essa ha
ispirato il progetto Xanadu, proposto nel 1960 da Ted Nelson con l'intento di
creare un archivio elettronico dell'intera letteratura di lingua inglese, da
cui si potessero attingere a volontà testi per la creazione di collage
letterari chiamati ipertesti, mediante strumenti di manipolazione detti
ipermedia (quali i word processors, che all'epoca non esistevano ancora, oltre
ad evoluti sistemi di riferimenti e concordanze). Tali ipertesti avrebbero
dovuto soppiantare il libro come testo fisso sequenziale stabilito
dall'autore, e sostituirlo con un prodotto multidimensionale
in continua evoluzione e personalizzato dal lettore."
La scommessa dell'arte interattiva
di Cristina Cilli
...< Sono molti
gli artisti che si stanno dedicando a questa nuova frontiera
dell'arte digitale, tanto per citarne alcuni : Dona J. Cox, Edoardo
Kac, Peter Anders, Mark Napier. Roy Ascott e' il fondatore e
direttore del programma di ricerca CaiiA+Star e i suoi lavori
sono stati presentati alla Biennale di Venezia e ad Ars
Electronica a Linz. Secondo lui il ruolo fondamentale della
sperimentazione artistica nel campo del digitale e' quello di
modificare il rapporto dello spettatore con l'opera artistica: " Credo che la comprensione della coscienza di se sia di grande
importanza, sia per il mondo scientifico che per quello artistico.
Si tratta di un mistero con il quale stiamo ancora lottando. La
scienza vuole spiegare la coscienza, noi artisti, vogliamo
esplorarla. Questo può avvenire proprio grazie all' Arte
Interattiva che mette colui che guarda, l'utente, al primo posto.
L'utente e' colui che da' inizio a una sorta di trasformazione delle
immagini, e, colui che e' al centro dell'esperienza percettiva di un
sistema interattivo. In questo modo lo spettatore diventa sempre
più in grado di trovare se stesso stabilendo una relazione
differente con la propria coscienza " . Sempre secondo Roy
Ascott, l' Arte interattiva modifica anche lo statuto dell'artista che
deve essere anche un ricercatore, in un certo qual modo un
filosofo, questo perchè: "Il campo dell'Arte Interattiva e' un
settore emergente della pratica artistica e che non ha ancora dei
confini ben stabiliti come altre forme d'arte. Per questo motivo il
ruolo storico dell'artista si deve modificare per essere in grado di
costruire nuovi mondi e realtà continuamente trasformabili.
Infatti,l'Arte Interattiva, ha a che fare con sistemi di interazione
per lo spettatore, mediati dal computer, da dispositivi digitali e
dalla telematica. A tutto ciò, dobbiamo aggiungere, quella che io
chiamo la dimensione della cultura post biologica dove i pixel di
uno schermo o i dispositivi robotici informatizzati si incontrano
con la dimensione biologica dell'individuo"
Ed e' proprio la dimensione biologica dell'individuo al centro
della ricerca artistica di Thecla Schiphorst. L'artista canadese ha
creato una video installazione, Felt Histories, che agisce solo a
contatto con i visitatori di una galleria: per lei lo scopo dell'arte
interattiva e' di arricchire l'interfaccia tecnologica dell'opera
d'arte con i cinque sensi tipici del corpo umano. Thecla
Schiphorst ha anche sviluppato Life Forms, un sistema
informatico per l'animazione e la coreografia, collaborando a
lungo con il padre della danza post-moderna, Merce
Cunningham. La Schiphorst che insegna alla Techinacal
University of British Columbia, a Vancouver, ha una formazione
nel campo dell'informatica, ma anche la danza e la performance
artistica. " durante la mia carriera in questo campo ho maturato
l'interesse a capire come la pratica del corpo, la sua intelligenza
conoscitiva possa definire e modificare il design tecnologico,
possa sviluppare la tecnologia in se; così come, parallelamente,
voglio scoprire come la tecnologia cambia il nostro modo di
pensare il corpo e anche il modo di usare il corpo" afferma la
Schiphorst e continua: " Felt Histories e' una video- installazione
con la quale volevo esplorare le relazioni tra i nostri cinque sensi,
ma volevo anche rompere con le nostre abitudini percettive,
soprattutto con il senso del possesso visivo. Felt Histories si
svolge all'interno di una galleria utilizzata come un contenitore; si
cammina lungo un corridoio buio; quando si entra nel corridoio in
lontananza si intravede l'arco di una porta che ha la forma
tradizionale proprio di una cornice. All'interno c'e' l'immagine
fissa di una donna anziana in piedi e in silenzio. L'opera rimane
silente e ferma fino a che qualcuno si avvicina e inizia realmente
ad accarezzare l'immagine contenuta nella cornice della porta.
L'intera opera e' realmente lì che aspetta la presenza di qualcuno
che la tocchi e il tipo di risposta del partecipante: l'azione non
inizia fino a che il visitatore non interagisce in tempo reale con
l'opera. L'arco della porta contiene dei sensori che ci fanno
entrare, si potrebbe dire, all'interno della video- installazione, così
entriamo in contatto, potremmo dire con la pelle dell'opera, con
il punto di contatto tra noi e la pelle della macchina così,
scopriamo e indaghiamo la sensazione di toccare una superficie.
In questo modo questa video- installazione ci permette di
esplorare lo spazio occupato dalla macchina e quindi di
percepire lo spazio al confine tra quello che noi siamo, quello che
percepiamo e come ci risponde la machina stessa. Si è indotti
quasi a una esperienza di trance quando interagiamo con questa
opera: si e' portati ad avere un ritmo molto lento, molto molto
vicino al respiro del corpo, ai ritmi interni del corpo. E più
interagisci con l'opera, ossia ti lasci coinvolgere fisicamente dal
toccare più riesci ad andare a scoprire un altro livello della storia
che si svolge all'interno della video- installazione. Io credo che le
tecnologie informatiche nell'estendere al di fuori di noi i nostri
sensi perdano molto il senso del tatto; invece il tatto è uno dei
nostri sensi più importanti, e' quello che usiamo per conoscere il
mondo, in particolare il nostro mondo sensuale che non e'
particolarmente utilizzato per arricchire le nostre interfacce
tecnologiche. Il tatto e' un senso che mette in relazione tutti gli
altri sensi ed e' quello che maggiormente ci viene a mancare nelle
nostre interfacce tecnologiche" >...
Videogiochi, nuova forma d'arte
di Mila Cataldo
Fino a poco tempo fa venivano considerati
prodotti "di serie b", ma a poco a poco stiamo assistendo a una
progressiva rivalutazione dei videogiochi che possono essere
considerati a pieno titolo vere e proprie forme d'arte espressiva,
quasi come dei film, non solo per l'elaborazione delle animazioni,
con effetti di un realismo sempre più sfrenato, ma anche perché
necessitano di budget molto alti, con cifre che si avvicinano
sensibilmente a quanto richiesto per la realizzazione di un
prodotto cinematografico di costo medio alto.
L'Italia, nonostante un certo ritardo, sembra oggi offrire un
panorama creativo piuttosto articolato. Eclectica multimedia
publishing è una realtà editoriale di rilievo, specializzata
soprattutto nel settore dell'edutainment che ha da poco realizzato
un videogioco ambientato nell'epoca dell'Impero romano, dal
quale in tempi brevi dovrebbe essere ricavato il soggetto per un
film di novanta minuti, naturalmente in animazione 3d. "Abbiamo
progettato un'enciclopedia della Roma antica con un gioco, ma a
poco a poco il gioco è venuto ad acquistare una sua dimensione
sempre più strutturata e preponderante - dice Eugenio De Rosa,
amministratore delegato Eclectica - così l'enciclopedia c'è, ma è
nascosta, bisogna trovarla".
Pensiamo alla Roma dei Cesari, tra il II e III sec. dopo Cristo,
tra avvincenti combattimenti di gladiatori nel Colosseo e
spettacolari corse delle bighe nel Circo Massimo. Immaginiamo
ambienti virtuali quali le Terme di Caracalla o la biblioteca del
Foro di Traiano, riprodotti attraverso una ricostruzione accurata,
quasi filologica e avremo "The Emperor's Seal", un videogioco di
intrattenimento educativo prodotto da Eclectica in collaborazione
con Tf1, in uscita a settembre 2001. Le ricostruzioni degli
ambienti hanno richiesto un'accurata documentazione
archeologica, nulla è stato lasciato al caso, e pochissimi sono gli
elementi dettati dalla fantasia. Solo il pretesto da cui trae origine
l'avventura è decisamente fittizio: il prezioso anello con sigillo
dell'imperatore, dotato di strabilianti poteri magici, viene rubato.
Scopo del gioco è ritrovarlo.
"E' un gioco che si svolge all'interno di una serie di ambienti
ricostruiti con una fedeltà filologica straordinaria - rilancia De
Rosa. Saremmo stati pronti per immetterlo sul mercato prima del
film Il gladiatore, ma quello che ci è mancato sono stati solo i
quattrini. Sono convinto che in Italia vi siano forze creative
capaci di competere con il resto del mondo, ma il vero problema
sta nel fatto che nel nostro paese un'idea non ha alcun valore, in
banca un progetto, un business-plan anche dettagliatissimo non
porta a nulla. Dateci un sistema creditizio che funzioni e vedrete
che di videogiochi in Italia ne nasceranno tantissimi e verranno
esportati ovunque".
Sono poche le aziende italiane in grado di realizzare
integralmente un videogioco: una di queste è la Trecision di
Rapallo, società di sviluppo nata nel 1991. Al suo interno
esistono diverse unità creative che seguono tutte le varie fasi
della produzione di un videogioco. Il ciclo si apre con l'idea
iniziale, concepita dai creativi, che abbozzano prima un
documento cartaceo molto stringato, per poi procedere alla
stesura di quella che in gergo viene definita una game-bible, una
sorta di sceneggiatura, trasmessa successivamente a grafici e
programmatori.
Sulla base del documento di design gli artisti, o meglio i
caracter-designer, realizzano la grafica del gioco, disegnando
ambientazioni e personaggi, in modo da fornire direttive di
massima su stile, forme e colori a chi poi dovrà occuparsi della
modellazione tridimensionale. Questa è forse la parte più
delicata, nella quale si delineano i tratti e le fisionomie dei vari
protagonisti e viene creata la giusta atmosfera nella quale si
troverà immerso il giocatore.
La modellazione tridimensionale dei personaggi viene elaborata
attraverso l'uso di software specifici che consentono ai
personaggi di prendere forma e di animarsi, dotandoli di
movimenti che saranno poi visualizzati nello svolgimento del
gioco. Nel mondo 3d vengono utilizzati i poligoni in sostituzione
dei pixel (unità di misura di quello bidimensionale), così
l'immagine risulta composta da una serie di piccoli triangoli.
Mentre nel cinema, o per scenari fissi si utilizza un insieme
elevato di poligoni, per ottenere un effetto realistico di alto livello,
nel mondo virtuale creato per i videogiochi il numero dei poligoni
adoperato deve essere relativamente basso, tale che possa
essere calcolato in tempo reale. La sfida sta proprio nel riuscire a
creare scene di grande impatto visivo servendosi però di una
quantità di poligoni limitata. Sempre ai grafici è affidato il
compito di plasmare gli elementi scenografici con i quali il
giocatore può interagire, o che assolveranno esclusivamente a
una funzione scenografica. Le immagini 3d vengono poi ricoperte
da una texture, da una sorta di tessuto che conferisce loro
l'aspetto definitivo e grande solidità al gioco.
Infine si arriva alla programmazione, il cuore pulsante di un
videogioco, che comprende elementi quali l'intelligenza artificiale
(che sovrintende al comportamento dei singoli personaggi e
oggetti sullo schermo) e il motore grafico che determina la
visualizzazione di quanto concepito dalle menti degli artisti. Il
futuro dei videogiochi va ricercato soprattutto negli sviluppi
on-line. " Ciò a cui stiamo puntando - afferma Marco Caprelli,
direttore della Divisione on-line di Trecision - è il settore dei
cosiddetti web game, che al momento non possono competere in
termini di qualità grafica e di tecnologia con quello che è a
disposizione per il mercato delle consolle, ma aprono prospettive
straordinarie perché consentono a più di un giocatore di
interagire, magari via chat".
Tra le più solide realtà italiane nella produzione di videogiochi la
Microïds Italia, presenta una filosofia editoriale particolare, che
punta alla creazione di giochi d'autore di alto livello contenutistico
e di elevato valore artistico.
Materia da cui trarre trame e idee per i videogiochi non è solo il
fumetto, come nel riuscitissimo caso di Druna conturbante
protagonista della storia Morbus gravis del disegnatore Paolo
Eleutieri Serpieri (che ha preso parte attiva anche alla
sceneggiatura), o ancora Amerzone, l'incredibile avventura
ambientata in un'Amazzonia rivisitata in modo fantasioso e
popolata da strani animali preistorici, concepita dal genio
creativo del celebre fumettista Benoit Sokal, ma anche la
letteratura: uno su tutti il caso dell'Impero delle formiche, gioco
strategico derivato dal best-seller francese di Bernard Werber.
La scelta della Microïds è quella di lavorare su principi di qualità,
offrendo a un pubblico sempre più variegato e maturo
videogiochi capaci di avere contenuti, raccontare storie,
trasmettere emozioni, anche con l'ausilio della musica quale
elemento che ne potenzia pathos e incisività. Anche grazie ai
traguardi tecnologici raggiunti per la resa di atmosfere,
ambientazioni e animazioni i giochi d'autore sembrano oggi poter
essere davvero complementari a forme d'espressione artistica più
blasonate quali libri e film.
Lo stereotipo del videogioco come inutile moderno passatempo,
dal nocivo potere estraniante, ozioso test per la prontezza dei
riflessi dell'utente sembrerebbe destinato a svanire, per lasciare il
posto a piccoli capolavori di design, tecnica ed emozioni
inimmaginabili appena venti anni fa.