Dr. Ottonello Massimo - Genova (Italy)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Aggiornato al 14/10/2013
by GECSI sas 

Patologie anorettali.

EMORROIDI


- Classificazione

- Caratteristiche

- I sintomi

- Le terapie:

Legatura elastica

Iniezioni sclerosanti

Terapia sclerosante all'infrarosso

Crioterapia

- Terapie chirurgiche

La trombosi emorroidaria

EMORROIDI

MARISCHE, PAPILLE ANALI

RAGADI ANALI

CISTI PILONIDALE

PRURITO ANALE

CONDILOMI ANALI

 

 

 

Le emorroidi possono essere classificate in “INTERNE” ed “ESTERNE”, in relazione alla loro posizione rispetto alla ”linea dentata” che è una linea orizzontale irregolare formata dalla continuità tra le valvole anali e la base delle colonne rettali. 
Al di sopra della linea dentata sono localizzate le emorroidi interne che, rivestite da mucosa, si presentano come dei rigonfiamenti, a mò di cuscinetti, che rivestono il canale anale. Sono costituite dai plessi emorroidari, formazioni anatomiche normalmente presenti nella sottomucosa del canale anale, e formati da tessuto angio-cavernoso (arterie e vene) sostenuti da tessuto elastico e muscolare.

Al di sotto della linea dentata sono localizzate, sul bordo anale, le emorroidi esterne, composte dai vasi che costituiscono il plesso venoso sottocutaneo, e rivestite da cute. Le due componenti sono in comunicazione vascolare. Al di sotto della linea dentata è inoltre presente una innervazione sensitiva dolorosa, di solito assente al di sopra della linea stessa. Questa innervazione è di grande importanza nella pratica della chirurgia ambulatoriale delle emorroidi, in particolare nella metodica delle legature elastiche. Le emorroidi interne vengono inoltre distinte, in base alla classificazione di Goligher (1975) in 4 gradi: 

1° grado:ectasie vascolari del canale anale, possono sanguinare ma non prolassano
2° grado:prolasso emorroidario con la defecazione, spontaneamente riducibile
3° grado:prolasso emorroidario con la defecazione riducibile solo manualmente
4° grado:prolasso emorroidario permanentemente esterno, irriducibile


La “MALATTIA EMORROIDARIA” si caratterizza istologicamente per la frammentazione del connettivo e delle fibre muscolari di sostegno, con conseguente prolasso (scivolamento) di questi cuscinetti ed iperafflusso vascolare causato da uno squilibrio tra l’afflusso arterioso e il deflusso venoso, che risulta ostacolato dall’angolatura dei vasi a causa del prolasso. Tra le cause principali di malattia emorroidaria un ruolo preminente spetta alla stipsi;oltre a questa incidono le errate abitudini alimentari;le epatopatie croniche, la gravidanza, la ridotta attività fisica.


I sintomi più frequenti della malattia emorroidaria sono:sanguinamento (80-90%) di colore rosso vivo;sensazione di malessere locale (65%) descritto come una sensazione di pienezza nell’ano;prurito anale (62%) prolasso (50%) ovvero scivolamento dei cuscinetti emorroidari, che rappresenta uno stadio più avanzato della malattia; gonfiore (45%) ;dolore (35%) ;perdite di muco ( (30%). I sintomi della malattia emorroidaria si manifestano e scompaiono con peggioramenti e remissioni anche spontanee e possono essere associati fra di loro. La frequenza dei sintomi costituiscono un fattore importante ai fini della malattia, e vanno attentamente valutati dal PROCTOLOGO.

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LA TERAPIA DELLA MALATTIA EMORROIDARIA

Negli ultimi anni vi è stata una marcata tendenza ad abbandonare l’emorroidectomia, in favore di metodi di trattamento più conservativi. Questo cambiamento di tendenza è dovuto in gran parte alla sviluppo di una varietà di tecniche che consentono di curare il paziente ambulatorialmente. La scelta del trattamento dipende dal tipo di sintomi, dalla loro frequenza e gravità, e dall’esperienza del Proctologo. Accanto a delle norme igieniche locali e dietetiche appropriate alla patologia, il proctologo potrà prescrivere una terapia medica che si basa a secondo dei casi, sull’impiego di farmaci ad azione protettiva sulla parete venosa (flavonidi), ad una azione antiossidante locale (Vit. E), o anti-infiammatoria (es. cortisonici). Molto importante è peraltro il controllo della stipsi, spesso associata alla malattia emorroidaria

Le linee guida del trattamento delle emorroidi in relazione alla loro gravità sono state messe a punto dalla Società Italiana di Chirurgia ColonRettale che si è espressa in tal senso: 

Emorroidi di 1°grado:trattamento conservativo dietetico e farmacologico (grado di raccomandazione B). Solo nei casi resistenti alla terapia medica viene consigliata la legatura elastica, o la scleroterapia o la fotocoagulazione (grado di raccomandazione C)

Emorroidi di 2°grado:legatura elastica (grado di raccomandazione A), legatura arteriosa transanale ecoguidata, HAL e THD, (grado di raccomandazione B), emorroidopessi con stapler, scleroterapia (grado di raccomandazione C).

Emorroidi di 3°grado:emorroidopessi con stapler (grado di raccomandazione A), Emorroidectomia (grado di raccomandazione B), legatura elastica e HAL/THD (grado di raccomandazione C).

Emorroidi di 4°grado:emorroidectomia (grado di raccomandazione B), emorroidectomia con stapler (grado di raccomandazione C)

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LEGATURA ELASTICA DEI GAVOCCIOLI EMORROIDARI

La legatura elastica delle emorroidi interne è una tecnica indolore, praticata ambulatorialmente, senza anestesia. Può essere eseguita nelle emorroidi di 2° e 3° grado. Tale metodica consiste nel far assumere al paziente la posizione di Sims, e mediante l’ausilio di un anoscopio, si afferra con una pinza il nodulo emorroidario, nella zona insensibile al dolore, ovvero al di sopra della linea dentata. Si posiziona quindi, alla base del gavocciolo emorroidario, un elastico. Il paziente subito dopo il trattamento può far ritorno a casa o recarsi al lavoro, senza aver bisogno di alcun ricovero. Nel giro di 4-8 giorni si realizza la necrosi del nodulo emorroidario legato, e la sua spontanea eliminazione. Viene legato un solo nodulo emorroidario a seduta. Possono essere dunque necessarie più sedute per completare il trattamento. Nei giorni successivi il paziente non dovrà eseguire attività sportiva. Al momento della caduta del nodulo emorroidario legato potrà verificarsi, ma non necessariamente, un minimo sanguinamento.

Quali sono le possibili complicanze legate a questa tecnica?

1) Il dolore, dopo l’applicazione dell’elastico dovuto per lo più ad un non corretto posizionamento dello stesso, o ad una intolleranza del paziente. In tale situazione l’elastico viene rimosso. In caso di una modesta dolorabilità locale, ci si può avvalere di analgesici orali. 
2) Una eventuale modesta perdita ematica, che si può manifestare alla caduta della cicatrice del nodulo legato, e che non necessita, solitamente, di alcun trattamento. 
3) raramente sono riportati nella letteratura casi di infezione post-legatura (con conseguente instaurazione di terapia antibiotica mirata), riconducibili peraltro a casi di 2 o 3 legature eseguite in un’unica seduta. Ciò è spiegabile come la conseguenza di una eccessiva necrosi tessutale da legature multiple che favorisce l’infezione da parte di germi anaerobi. Questo è il motivo per cui è consigliabile la legatura di un gavocciolo emorroidario a seduta.

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TRATTAMENTO SCLEROSANTE CON INIEZIONI

Le Iniezioni sclerosanti possono essere eseguite nelle emorroidi di 1° grado, e nelle emorroidi di 2° e 3° grado in presenza di ipertono sfinteriale., soprattutto se sanguinanti, o quando è controindicata la legatura elastica in presenza di emorroidi sviluppate in basso verso la linea pettinea. Il trattamento sclerosante può inoltre essere utilizzato a complemento della legatura elastica. Nei casi di trattamento eseguito in pazienti sanguinanti, le proctorragie possono cessare il giorno stesso dell’applicazione, o nella settimana successiva.

Controindicazioni: 
nella malattia di Crohn, nelle emorroidi ad impianto molto basso, in presenza di criptiti e/o papilliti.

Complicanze: 
dolore o bruciore al momento dell’iniezione;in casi eccezionali intolleranza alla sostanza sclerosante;raramente sanguinamento e dolore da ulcerazione post-necrosi o complicanze infettive con sviluppo di ascessi.

Nel trattamento di eventuali recidive la metodica non risulta efficace come nella prima applicazione ed è gravata da maggior possibilità di complicanze, per un limite di questa terapia, che determina aree di tessuto indurite e poco distendibili, là dove si è praticata l’iniezione della sostanza sclerosante.

TERAPIA SCLEROSANTE CON COAGULAZIONE ALL’INFRAROSSO

La metodica si basa sull’effetto emostatico e coagulativo determinato da raggi infrarossi, con conseguente sclerosi dei vasi emorroidari e formazione di tessuto cicatriziale. La procedura non richiede anestesia, permette di dosare l’estensione e la profondità della coagulazione, è indolore. La reazione infiammatoria risulta inoltre circoscritta. I risultati che si ottengono con la coagulazione all’infrarosso risultano superiori a quelli del trattamento con iniezioni sclerosanti nelle emorroidi di 1° grado, mentre non ci sono significative differenze con la tecnica delle legature elastiche dei gavoccioli emorroidari di 2°-3° grado. Il metodo non è indicato nelle emorroidi di 4° grado, nelle trombosi emorroidarie, né in presenza di altre patologie proctologiche associate.

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CRIOTERAPIA

La metodica è applicabile nelle emorroidi di 1°, 2°, 3° grado, può essere utilizzata in associazione alla legatura elastica, nelle emorroidi marginali e nella trombosi emorroidaria. E’ consigliabile eseguire una buona preparazione intestinale preoperatoria mediante clistere.

Il trattamento crioterapico dei gavoccioli emorroidari, non necessita solitamente di anestesia in quanto questa viene ottenuta immediatamente grazie alle bassissime temperature che si raggiungono localmente all’inizio dell’applicazione della sonda criogenica sui gavoccioli emorroidari. In alternativa si può eseguire una semplice anestesia locale. Nell’immediato postoperatorio il paziente può accusare dolore e bruciore, che si riducono spontaneamente nel breve volgere di 1-2 ore.

Dopo l’intervento, che non necessita l’ospedalizzazione, il paziente può tornare alle proprie attività. Occorre mantenere le feci morbide seguendo una dieta ricca di fibre ed acqua, e curare molto l’igiene locale. Infatti a causa del congelamento che distrugge il microcircolo locale, il trattamento crioterapico provoca nei primi giorni postoperatori perdite sierose o sieroematiche maleodoranti (soprattutto dopo il trattamento di emorroidi esterne) che si riducono progressivamente fino a scomparire nel termine di 2-4 settimane. In caso di secrezioni abbondanti si può verificare, oltre al prurito, macerazione della cute perianale. E’ pertanto consigliabile che il paziente trattato indossi un pannolino protettivo. Possibili complicanze sono, seppur in basse percentuali, le infezioni, la depigmentazione della cute perianale, la ragade anale, l’ulcera cronica e la proctalgia.

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LA TERAPIA CHIRURGICA

L’evoluzione del trattamento chirurgico delle emorroidi

Il trattamento chirurgico delle emorroidi risulta essere stato uno dei primi interventi praticati nella storia della chirurgia, fin dai tempi dell’antichità. Nell’antico Egitto vengono descritte nel papiro di Chester Beatty del 1200 a. C. che risale alla XIX-XX dinastia, le prime tecniche chirurgiche di emorroidectomia, che si basavano essenzialmente, sull’utilizzazione di unguenti caustici che applicati localmente, causavano l’essiccazione del gavocciolo emorroidario, e la sua eliminazione per caduta. Un altro metodo descritto è la cauterizzazione dell’emorroide mediante l’introduzione di apposite cannule nel canale anale. Nell’antica Grecia tecniche di terapia chirurgica delle emorroidi vengono descritte da Ippocrate. (460 a. C. ) di Cos, isola delle Sporadi, nota in tutta l’antichità per la sua Scuola di Medicina. Ippocrate, ”Filosofo della Natura” e diciassettesimo discendente del grande Medico Asclepio, suggerisce alcune metodiche chirurgiche di emorroidectomia: la legatura della base d’impianto dei gavoccioli emorroidari con successiva loro caduta;la cauterizzazione ;l’escissione dell’emorroide con strumento tagliente con successiva applicazione di polvere cicatrizzante ottenuta tramite l’evaporazione al sole dell’urina, il cui residuo veniva calcinato. Nell’antica Roma una figura rilevante nell’arte proctologica, è senza dubbio quella di Aulo Cornelio Celso (30 d. C. ) che nel “De re medica”descrive esaurientemente le tecniche chirurgiche di emorroidectomia, tra cui la legatura dei gavoccioli più piccoli alla base e la loro escissione o l’asportazione diretta dei gavoccioli più voluminosi la cui base veniva poi legata con l’utilizzo di ago e filo. Nel Medio Evo vengono descritti interventi di emorroidectomia che consistevano nel legare, senza anestesia, il gavocciolo emorroidario comprendendo nel laccio cute e mucosa, e nell’escissione dell’emorroide al di là del nodo. L’intervento era molto doloroso e mal sopportato dai pazienti. Il trattamento chirurgico emorroidario evolve nell’era moderna grazie a Frederick Salmon (1796-1868) fondatore nel 1835 a Londra del St. Mark’Hospital per il trattamento specifico delle malattie del retto. L’intervento di emorroidectomia da Lui proposto prevedeva l’estirpazione dell’emorroide a partire dalla giunzione muco-cutanea, nel legarla alla base e tagliarla al di là del nodo. Questa variante rispetto al passato determinava un decorso postoperatorio meno doloroso. Tuttavia provocava facilmente a causa di aree estese di cruentazione, delle stenosi anali che richiedevano successive dilatazioni. Per ovviare a questa complicanza nel 1934 Lockhart-Mummery ideò una variante della tecnica di Salmon consistente nel fissare alla cute anale con un punto le code del laccio di legatura. Fu Miles (1919) che propose di praticare l’incisione non dalla giunzione muco-cutanea, bensì nella cute anale procedendo verso la giunzione mucocutanea ma non oltre la stessa, praticando quindi rispetto all’intervento di Salmon una legatura bassa. L’emorroide quindi non veniva asportata al di là del nodo, ma lasciata cadere per proprio conto. Fu nel 1937 che i Chirurghi Milligan e Morgan descrissero, prendendo spunto dall’intervento di Miles, una tecnica di legatura bassa del gavocciolo emorroidario. L’intervento consiste in un’incisione a V a partire dalla cute perianale e procede con la dissezione della mucosa e del plesso artero-venoso fino alla linea pettinea. Quindi si passa un punto trafisso alla base del lembo scollato che viene annodato nel laccio ed asportato al di là del nodo. Tra le colonne emorroidarie escisse rimangono dei ponti cutaneo-mucosi da cui si avvia la rigenerazione epiteliale, con completamento della guarigione delle ferite chirurgiche da 4 a 6/7 settimane. In questa tecnica definita “aperta”, i peduncoli emorroidari vengono mantenuti fissi alla porzione inferiore del canale anale dalle fibre longitudinali dello sfintere anale interno, impedendo così la risalita della mucosa ed una minor estensione dell’area di cruentazione. La copertura mucosa inoltre determinerebbe, a loro giudizio, un deterrente alla formazione delle stenosi anali descritte nelle tecniche di legatura alta.
La tecnica di Milligan-Morgan è ancor oggi la più utilizzata dai Chirurghi Proctologi

Nel 1956 Parks propose una nuova tecnica di emorroidectomia, ovvero una emorroidectomia sottomucosa con legatura alta. La tecnica viene eseguita interamente all’interno del canale anale praticando previa infiltrazione della sottomucosa e del sottocute con soluzione adrenalinica, una incisione longitudinale a racchetta, il cui manico è posto sul versante mucoso. Quindi, sezionato il legamento sospensore della mucosa, si disseca il gavocciolo emorroidario fino al margine del canale anale. Il peduncolo viene legato e si esegue l’emorroidectomia al di là del nodo. I lembi scollati possono essere riuniti con punti staccati. I vantaggi di questa tecnica sono costituiti da una minor intensità del dolore post-operatorio ed in una minor estensione delle zone cruentate., quindi minor incidenza di stenosi. Gli svantaggi sono soprattutto determinati dalla difficoltà tecnica di separare il gavocciolo emorroidario dalla mucosa, con sanguinamento anche copioso, ma soprattutto da una percentuale di recidive più alto rispetto a quelle registrate dopo l’intervento di Milligan-Morgan.

Tra le tecniche che prevedono l’ectomia dei gavoccioli emorroidari e la successiva sutura (tecniche chiuse) va menzionato l’intervento di Whitehead (1882) che ideò e descrisse l’ectomia completa dell’intera area emorroidaria del canale anale, seguita dalla sutura del margine inferiore della mucosa rettale con la cute del canale anale. Tale tecnica determina durante l’esecuzione una considerevole perdita ematica, e a causa dell’asportazione della porzione sensitiva della mucosa anale e rettale inferiore, disturbi del normale meccanismo di continenza, di tipo sensitivo. Inoltre la tecnica è gravata da un’elevata incidenza di stenosi anale. A. B. Mitchell di Belfast (1903) propose una tecnica che prevedeva l’escissione dei singoli gavoccioli emorroidari mediante il loro clampaggio alla base prendendo sia la zona rivestita da mucosa sia quella cutanea, seguita dall’ectomia dell’emorroide, e successiva sutura continua. Con tale metodica non permanevano zone cruentate. Mitchell tuttavia non fornì mai notizie precise sui casi trattati. Earle (1911) modificò la tecnica, tagliando subito la cute per preparare il gavocciolo emorroidario, che veniva quindi clampato e suturato come nell’intervento di Mitchell. Nel 1947 Bacon di Philadelphia modificò ancora la tecnica, utilizzando una sutura continua a materassaio non sotto ma sopra il clamp, con positive ripercussioni sul controllo del sanguinamento.

Ferguson e Heaton nel 1959 hanno proposto una emorroidectomia completa con legatura alta e sutura immediata senza eseguire il clampaggio. Lord nel 1968 affermò che le emorroidi interne sono dovute alla presenza nel tratto inferiore del retto o del canale anale di bande fibrose circolari che determinerebbero un impedimento alla regolarità dell’alvo, con conseguente aumento della pressione intrarettale e congestione venosa. Sulla base di questa teoria (le bande fibrose non sono mai state evidenziate) propose una divulsione forzata dell’ano e del retto basso. Tre sono le complicanze descritte in tale tecnica:fissurazione della cute anale e perianale;prolasso mucoso;incontinenza anale.

Nel 1993 un Chirurgo Italiano, A. Longo, ha proposto una nuova tecnica nel trattamento chirurgico delle emorroidi, che ha trovato larghi consensi in tutto il mondo. L’intervento da Lui ideato non è una emorroidectomia, bensì una emorroidopessi, ovvero la correzione del prolasso mucoso ed emorroidario mediante l’escissione di una banda trasversale di mucosa anale prolassata utilizzando una suturatrice circolare di 33 mm (P. P. H. ). La tecnica si basa sui seguenti principi enunciati dall’Autore : la correzione del prolasso ripristinando un normale rapporto tra mucosa anale e sfinteri determina un miglioramento del deflusso venoso e comporta il riposizionamento dei cuscinetti emorroidari nel canale anale, migliorando la continenza. Inoltre, afferma l’Autore della tecnica, l’interruzione dei rami terminali dell’arteria emorroidaria superiore, comporta l’eliminazione dei fattori determinanti il sanguinamento. La diminuzione del dolore postoperatorio è dovuto al fatto che viene eseguita una sutura muco-mucosa in una zona povera di recettori sensitivi, risparmiando mucosa anale ed anoderma. Le indicazioni che il Dr. Longo diede inizialmente per l’applicazione della metodica erano le seguenti: prolasso emorroidario di 2°, 3°, 4° grado, ad eccezione dei casi di un singolo cuscinetto emorroidario prolassato di 2° e 3° grado, e nel prolasso di 4° grado quando l’anoderma, a causa di processi fibrotici, non possieda la necessaria scorrevolezza per essere ricondotto nel canale anale. Possibili complicanze dell’intervento sono le recidive del prolasso emorroidario (percentuali molto variabili a sec. dei varii Autori), e l’urgenza defecatoria (2%). E’ da tener presente che l’emorroidopessi con stapler non asportando i cuscinetti emorroidari non permette il loro esame istologico. Pertanto in casi di emorroidi polipoidi, dure o ulcerate in modo sospetto, o ricoperte da lesioni leucoplasiche, soprattutto in pazienti HIV positivi, è preferibile l’emorroidectomia classica, che permette di eseguire l’esame istologico dei gavoccioli asportati.

Un’ulteriore tecnica recentemente proposta per il trattamento chirurgico della patologia emorroidaria è la dearterializzazione trans-anale emorroidaria doppler guidata (T. H. D. )
La tecnica consiste nel localizzare mediante un anoscopio dotato di una guida doppler, le branche terminali dell’arteria emorroidaria superiore, che vengono quindi allacciate con punti transfissi a 2-3 cm. dalla linea dentata. La metodica viene proposta per il trattamento delle emorroidi di 2°, 3° e 4° grado, soprattutto se sanguinanti. Le controindicazioni sono costituite da emorroidi inveterate di 4° grado ed in caso di un marcato prolasso mucoso. Il dolore post-operatorio avvertito dai pazienti così trattati è minimo, così come il sanguinamento post-intervento, dal momento che non asportando tessuti, non rimangono ferite chirurgiche, mentre i cuscinetti emorroidari vengono riposizionati nella loro sede naturale, mediante una mucopessia.
Per tutte queste caratteristiche la T.H.D. può essere, a ragione, definita come 'tecnica mini-invasiva' nel trattamento chirurgico delle emorroidi. La ripresa della normale attività lavorativa avviene in pochi giorni.

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LA TROMBOSI EMORROIDARIA

La trombosi emorroidaria costituisce una complicanza frequente della malattia emorroidaria. La trombosi emorroidaria interna, che rimane confinata all’interno del canale anale, si presenta come una tumefazione rosso-bluastra che determina una viva sintomatologia dolorosa che può durare da qualche giorno a 2 settimane, mentre a volte si esaurisce con una emorragia spontanea La terapia è medica, ma in molti casi è necessario praticare una incisione in anestesia locale con evacuazione del trombo. La trombosi del prolasso emorroidario può essere limitata ad un singolo gavocciolo emorroidario prolassato o coinvolgere più gavoccioli contemporaneamente. I gavoccioli trombizzati si presentano voluminosi, induriti, con aree scure, dolorosi ed irriducibili, con edema della cute perianale. Se opportunamente riconosciuti e trattati con un’adeguata terapia medica, possono evolvere alla guarigione in 15-20 giorni. L’incisione e l’evacuazione del trombo in anestesia locale determina una pronta risoluzione della sintomatologia dolorosa. La trombosi emorroidaria esterna si può verificare anche in assenza di emorroidi visibili clinicamente. Se ne identificano due forme: la trombosi esterna semplice (ematoma perianale) che si evidenzia in seguito ad un eccesso alimentare, o dopo uno sforzo di defecazione, o in seguito ad un prolungato periodo in posizione seduta. Si manifesta come una tumefazione bluastra, tesa e dolente localizzata sul margine anale. La terapia medica ne determina la guarigione in un periodo di 2-3 settimane, con una residua marisca. L’incisione e l’evacuazione del trombo in anestesia locale determina un subitaneo beneficio. L’edema perianale è più voluminoso, e può essere costituito da più trombi immersi in un tessuto edematoso. La guarigione è quindi più lunga rispetto a quella dell’ematoma perianale, inoltre l’incisione e drenaggio non sono seguiti da un immediato beneficio. E’ anche possibile un’evoluzione verso la formazione di una piccola fistola o di un ascesso perianale.

 
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